Tirocinio a distanza in Cure palliative (PC) e in Terapia del dolore (TP) per studenti di medicina: esperienza pilota della Università di Ferraran.85, 2020, pp. 3778-3787, DOI: 10.4487/medchir2020-85-5

Abstract

Nell’anno accademico 2019-2020 la Università di Ferrara ha realizzato, con modalità di insegnamento a distanza (DL), 1 CFU-F in CP e 1 CFU-F U, di 25 ore l’uno, per gli studenti del sesto anno in Medicina e Chirurgia. 211 su 235 studenti (89.7%) iscritti al sesto anno di corso hanno frequentato entrambi i CFU-F. Il gradimento degli studenti ed il livello di acquisizione di competenze e di apprendimento negli aspetti chiave delle materie sono stati molto elevati. Un punto più critico è stata la modalità di insegnamento. Il 30% e il 27% degli studenti, rispettivamente per i corsi in PC e in TD, hanno ritenuto inadeguato il metodo didattico a distanza Questa esperienza dimostra che il desiderio di apprendere abilità e competenze nell’area clinica della palliazione e del controllo del dolore è molto forte negli studenti di Medicina e Chirurgia, che il livello di conoscenze della materia è ancora piuttosto basso, ma che la modalità di insegnamento a distanza necessita di miglioramento. Sono auspicabili studi comparativi tra DL e insegnamento in presenza, che potrebbero costituire la base sia per un’educazione flessibile in relazione alla continua evoluzione delle tecnologie, che per una rivisitazione degli obiettivi formativi del medico in queste aree.

Abstract

In the academic year 2019-2020 the University of Ferrara has achieved, with distance teaching modalities (DL), 1 CFU-F in CP and 1 CFU-F U, of 25 hours each, for sixth year students in Medicine and Surgery. 211 out of 235 students (89.7%) enrolled in the sixth year of the course attended both CFU-F. Student satisfaction and the level of skill acquisition and learning in key aspects of the subjects were very high. A more critical point was the way of teaching. 30% and 27% of students, respectively for PC and TD courses, considered the teaching method inadequate. This experience shows that the desire to learn skills and competences in the clinical area of palliation and pain control is very strong in students of Medicine and Surgery, that the level of knowledge of the subject is still quite low, but that the teaching modality at a distance it needs improvement. Comparative studies between DL and face-to-face teaching are desirable, which could form the basis both for a flexible education in relation to the continuous evolution of technologies, and for a review of the educational objectives of the doctors in these clinical areas.

Articolo

Introduzione

Le cure palliative (CP) e la terapia del dolore (TD) sono in evoluzione e crescita nei paesi occidentali. (1,2) È peraltro unanimemente riconosciuto che questa crescita debba essere affiancata da un’adeguata formazione degli operatori della salute. (3-6)

In Italia, il Ministero dell’Università ha emesso raccomandazioni a tutte le sedi universitarie nazionali per includere programmi di formazione PC e TP nei corsi universitari pre-laurea di Medicina e Chirurgia, (MC), Infermieristica, Psicologia, Servizio Sociale. (7)

Le raccomandazioni del Ministero comprendono anche le competenze specifiche e le abilità che gli studenti del Corso di MC dovrebbero acquisire in PC e in TD (TABELLE I, II).

A partire dall’Anno Accademico. 2019-2020, gli studenti in MC delle Università italiane avrebbero dovuto seguire un tirocinio pratico (CFU-F) obbligatorio in CP e uno in TP, della durata di 25 ore ciascuno, già iniziato in presenza nel 2018/19 a Ferrara, preferibilmente inseriti al sesto anno, l’ultimo anno prima della laurea.

Sfortunatamente, la pandemia COVID-19 ha impedito lo svolgimento del tirocinio sul campo. Per garantire il rispetto delle raccomandazioni ministeriali e continuare così ciò che era stato iniziato l’anno precedente, il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Ferrara ha sviluppato una metodologia di insegnamento a distanza.

Il contesto teorico dell’insegnamento a distanza

L’apprendimento a distanza (Distance Leraning-DL) chiamato anche istruzione a distanza, e-learning e apprendimento online, è una forma di istruzione in cui gli elementi principali includono la separazione fisica di insegnanti e studenti durante l’istruzione e l’uso di varie tecnologie per facilitare la interazione studente-insegnante e studente- studente. (8)

I programmi di DL sono in aumento nel mondo, come risposta ad una richiesta diffusa di formazione a cui le Università non riescono a rispondere, per limiti economici e logistici. (9) Sono state proposte diverse teorie per descrivere la DL. È necessario sottolineare però che in un contesto ambientale in cui la tecnologia, la società, l’economia, la politica e gli approcci all’apprendimento sono tutti temi in transizione, le teorie, le definizioni e la pratica della DL continueranno sempre ad essere oggetto di dibattito.

Il tema del cambiamento metterà alla prova e motiverà educatori e ricercatori “a distanza” mentre si sforzano di comprendere e sviluppare modi efficaci per soddisfare le esigenze degli studenti. (10)

Oggi la tecnologia e l’Internet consentono di accedere a materiali per lo studio personale, di attivare seminari e discussioni per piccoli gruppi, di interfacciarsi con l’insegnante o tutor su casi simulati, di affrontare i processi decisionali in clinica con passaggi a scelta multipla. tutte queste attività possono essere svolte in modalità sincrona o differita.

La pandemia di COViD-19 ha prodotto un contesto in cui la richiesta di DL è improvvisamente aumentata per le questioni legate alla protezione della salute e all’isolamento sociale. Pertanto, molti corsi universitari per studenti di medicina sono stati effettuati anche con procedure di DL.

L’università italiana non ha però ancora formalizzato metodologie condivise e omogene. In particolare, le procedure educative di tirocinio a distanza non sono standardizzate. Quindi, ogni sede universitaria ha deciso come istituire un DL all’interno dell’autonomia decisionale che le appartiene.

Le raccomandazioni del Ministero della Università italiana per il tirocinio pratico in PC e in TD degli studenti in MC.

La Conferenza permanente dei Presidenti CLM di Medicina e Chirurgia a raccomandato a tutte le Università italiane di inserire 1 CFU-F in PC e 1 CFU-F in TD. La Conferenza ha raccomandato anche di implementare i Corsi Integrati di interesse con attività didattiche riguardanti gli obiettivi specifici su PC e TP in campo pediatrico, adulto e geriatrico.

Dal punto di vista dell’organizzazione curriculare, il CFU-F in PC può essere. inserito in uno dei corsi clinici del 5°-6° anno come Medicina Interna, Oncologia, Anestesia-Rianimazione-Terapia Intensiva e del Dolore. Il CFU-F in TD può essere inserito al 6° anno nel raggruppamento di Anestesia-Rianimazione-Terapia intensiva e del Dolore, preferibilmente senza ridurre gli spazi didattici del raggruppamento della Emergenza Medico-Chirurgica e con un piano didattico che sottolinei l’importanza di un approccio trasversale e possibilmente multidisciplinare alla TD.

Raccomandazioni ministeriali suggeriscono, a titolo esemplificativo, un possibile corso di formazione, con la stessa struttura curricolare sia per le PC che per la TD.

Le 25 ore del CFU-F potrebbero essere articolate in:

• 5 ore di insegnamento seminario didattico di 5 ore di didattica in laboratorio

• 15 ore di stage in ambiente clinico

Il seminario didattico (5h). È un contesto adeguato per affinare la conoscenza contributiva e sviluppare specifiche capacità cognitive e interpretative-decisionali. Due-tre riunioni in aula possono essere utilizzate per:

o) rapida valutazione delle conoscenze contributive

o) mini-letture (10 minuti) sui contenuti fondamentali legati a specifiche abilità cognitive; ogni mini-lettura dovrebbe essere seguita immediatamente da un esercizio applicativo o esercitazioni su casi clinici, illustrate e poi condotte da gruppi, con commento finale del docente.

La didattica in laboratorio (5h). È un contesto adeguato per sviluppare capacità interpretativodecisionali e comunicativo-relazionali. Gli incontri devono essere per piccoli gruppi e consentire:

o) la visione di video, con discussione guidata su aspetti specifici e di interesse didattico. l’incontro con i pazienti simulati, con valutazione formativa della performance

o) l’utilizzo di tecniche di simulazione utili per sviluppare abilità tecnico-manuali, ma anche comportamentali e comunicativo-relazionali (abilità non tecniche) o ulteriori esercizi sui materiali clinici, che incorporano quelli svolti in aula nei seminari.

Lo stage clinico (15 h). È il contesto appropriato per lo sviluppo di tutte le capacità interpretativo-decisionali e comunicative-relazionali. Viene ribadita l’importanza che sia strutturato con un esplicito briefing iniziale e debriefing finale e che chi esercita il ruolo di tutor sia preparato al compito. Lo stage deve terminare con la produzione di uno scritto riflessivo che esprima l’esperienza vissuta dallo studente e illustri l’apprendimento che lo studente ritiene di aver raggiunto.

Metodologia

The University of Ferrara (TABELLA III)

L’Università degli Studi di Ferrara, dall’Anno Accademico 2018-19, ha già applicato la raccomandazione ministeriale inserendo i 2 CFU-F di formazione professionale negli obiettivi dei propri corsi, associando il CFU-F in PC ai corsi di Medicina interna e il CFU-F in TD ai corsi di Anestesiologia e Rianimazione.

Nel presente anno accademico 2019-2020 i due CFU-F sono stati sviluppati in modalità didattica a distanza (DL), causa pandemia da COVID-19.

I CFU-F

Nell’anno accademico 2019-220 sono gli studenti totali iscritti al Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Ferrara sono 2054 e al 6 anno sono 235.

I corsi PC e TP sono stati inseriti nel 6 ° anno di corso e sono stati realizzati in modalità DL. La prima parte dei corsi è stata erogata in modalità asincrona.

Le video-lezioni e il materiale di consultazione sono stati inseriti in una classe virtuale. (Classroom) Chi aveva domande o dubbi poteva scrivere le proprie domande in questo ambiente virtuale appositamente creato e il docente poteva rispondere contestualmente.

I corsi si sono conclusi con due video-incontri sincroni, che hanno consentito di parlare con gli studenti e chiarire i loro dubbi. Il colloquio ha anche consentito al docente di avere un’idea del grado di comprensione dei materiali di studio.

Trattandosi di un corso professionalizzante non è stato previsto un vero e proprio esame finale, sostituito da un’idoneità concessa in base alla quota di partecipazione attiva di ogni studente, stabilita in non meno dell’80% delle ore di lezione.

Al termine del Corso è stato consegnato un questionario per la valutazione di soddisfazione. Duecentoundici studenti su 235 iscritti al 6° anno di corso (89,8%) hanno frequentato e compilato il questionario.

Corso di PC

Allo studente è stato presentato il corso con una breve audio-lezione online sulle cure palliative fornendo elementi concettuali di base delle cure palliative attraverso articoli di letteratura internazionale e il breve saggio di Eduardo Bruera sulle cure palliative. (11) Sono stati inoltre inseriti i testi delle normative legislative (legge 38, 15 Marzo 2010 e legge n. 219, 22 Dicembre 2017) e d alcune video lezioni ia su temi di approfondimento alle cure palliative e alla loro organizzazione nei contesti clinici, in particolare una sulla early palliative care e una sulla palliazione nella cronicità. Inoltre, sulla base della esperienza maturata nell’ambito dei workshops sulla comunicazione in oncologia in Italia sono state inserite altre video lezioni tratte dall’Online International Psycho-Oncology Society multilingual core-curriculum in psycho-oncology e relativi articoli di riferimento sulla tecnica comunicativa SPIKES. (12-15)

Sono stati infine inseriti files di immagini inerenti l’area palliativistica in geriatria e alcuni articoli e capitoli di libri sulla sedazione palliativa, sulla dignità nelle cure palliative e sugli interventi psicoterapici alla fine della vita. (16-18). Si è infine concluso con una discussione in modalità sincrona (in google meet) con gli studenti.

Corso di TD

Allo studente è stata fornita inizialmente la letteratura medica di maggior significato relativamente particolare, le più recenti linee guida sul trattamento del dolore oncologico, dolore postoperatorio e circa le buone pratiche di uso degli analgesici maggiori.

Il materiale fornito relativo alla normativa nazionale sulla tematica del dolore, a partire dalla Legge 38/2010, alla declinazione legislativa applicativa, a cascata, nazionale, regionale e aziendale e le videolezioni hanno avuto come obiettivo la presa di coscienza della attenzione alla persona, al centro del sistema salute, all’umanizzazione in equità senza differenze.

In particolare sono stati presentati percorsi e processi, per definire gli HUB e gli SPOKE del dolore, le caratteristiche organizzative degli ambulatori di terapia antalgica, i possibili trattamenti terapeutici, farmacologici e invasivi, differenziati per singola area, per dare sollievo dalla sofferenza, in sicurezza, nel rispetto della medicina basata sull’evidenza, dei principi normativi in essere gestionali ed organizzativi, considerando anche quanto previsto dall’assicurazione della qualità.

La definizione di inchiesta epidemiologica, la costruzione della stessa e l’applicazione pratica per la contestualizzazione del problema dolore può avviare la sensibilizzazione e la presa di coscienza dello studente, che già a partire dal percorso di studi universitario può strutturare le competenze sul tema e affrontare le fragilità dell’individuo, il diritto alla non sofferenza, nel percorso di cura con una consapevolezza diversa.

Sono state condivise una decina di pubblicazioni scientifiche dalle più prestigiose riviste dei vari settori, con una attenzione anche agli aspetti organizzativo-gestionali estremamente importanti in questo ambito disciplinare e spesso non sufficientemente svolte nei normali corsi di medicina.

Dopo la pubblicazione di questo materiale sono state erogate in modalità asincrona video-lezioni, moduli di circa 30 minuti per spiegare un approccio metodologico pratico per la valutazione del singolo paziente e la personalizzazione della terapia nei vari contesti clinici.

Al termine del percorso sono stati effettuati due incontri in modalità sincrona (in google meet) dividendo gli studenti per piccoli gruppi (4 sottogruppi per ogni incontro di circa 10 studenti per gruppo) per rispondere alle domande e discutere qualche caso clinico. Durante la discussione dei casi clinici è stato possibile valutare che gli studenti partecipanti hanno attenatmente valutato il materiale fornito è stato riscontrato che effettivamente questa modlaità sincrona di discussione di casi clinici a piccoli gruppi sono un potente strumento di verifica.

Feed-back (TABELLA IV)

L’interesse per i temi PC e TD è stato ricavato da un questionario consegnato prima e al termine dei corsi. Interesse prima dell’inizio delle lezioni è stato manifestato dall’83% e dal 92% degli studenti rispettivamente per le PC e per la TD, ed è passato al 94% e al 97% al termine di corsi, segnalando un incremento del 10% e del 6%.

La percezione di conoscenza della materia nelle sue varie articolazioni è aumentata nel 84-91% e nel 89-95% degli studenti, rispettivamente per le PC e per la TD. Il livello di comprensione e discussione dei casi clinici è anche esso aumentato in un range di 81-89% e nel 85-93% dopo i corsi rispettivamente sulle PC e sulla TD.

La qualità dei docenti e l’anno di studio in cui sono stati inseriti i corsi hanno trovato l’apprezzamento di quasi il 100% e il 90% e dell’88% e del 87% degli studenti rispettivamente per le PC e per la TD.

La durata dei corsi, 25 ore, è stata invece considerata insufficiente dal 19% degli studenti del corso in PC e nel 17% di quelli nel corso di TD.

Infine, le modalità didattiche sono state considerate insufficienti dal 30% e dal 26% degli studenti rispettivamente per il corso di PC e di quello in TD. Cioè quasi uno studente su tre non è stato soddisfatto della metodologia di DL scelto.

Discussione

La pandemia da CoViD-19 ha indotto profonde alterazioni nel nostro comune stile di vita. L’allontanamento e l’isolamento individuale sono stati gli effetti sociali più devastanti. (19)

Nel mondo della formazione studentesca, in particolare quella degli studenti di Medicina e Chirurgia, molte Università in Italia hanno modificato i metodi di insegnamento per rispettare le regole della distanza personale e, allo stesso tempo, per mantenere il programma di studi, come stabilito dai piani universitari.

I programmi di tirocinio a distanza sono stati accettati nel nostro Paese dal Ministero dell’Università per studenti prossimi al termine degli studi e per i quali la pandemia aveva bloccato la possibilità del tirocinio obbligatorio, necessario per il conseguimento della laurea abilitante.

Tuttavia, per non interrompere i piani di studio degli studenti in corso, questa metodologia di insegnamento è stata applicata anche ad altri tirocini pratici obbligatori durante gli studi e tra questi i CFU-F in CP e in TD.

L’esperienza della Università di Ferrara è molto utile per due motivi. Il primo è quello relativo all’interesse da parte degli studenti di approfondimento sui due temi di CP e di TD. E’ una conferma di quanto già osservato l’Anno Accademico 2018-2019, quando la stessa Università era già partita con i CFU-F delle due materie realizzati con metodologia “in presenza” (Bellini, comunicazione personale, Convegno Nazionale SICP, Riccione 2018).. Ancora prima dell’inizio dei corsi gli studenti hanno manifestato, sia l’anno scorso che questo anno, lo stesso elevato interesse per entrambe le materia.

In secondo luogo, altissima è stata anche la percezione di un aumento della consapevolezza e della omprensione dei problemi negli ambiti della palliazione e del controllo del dolore. In ultima analisi lo studio sostiene che ci sia un grande bisogno di formazione nelle due materie, che è evidentemente mancata durante gli anni di studio precedenti.

A fronte del successo sulle tematiche contenutistiche dei corsi, nella indagine della Università di Ferrara è emerso un certo grado di insoddisfazione sulla struttura metodologica del DL. Il 30% e il 26% degli studenti rispettivamente dei corsi di PC e di TD ha riferito che il metodo di insegnamento era inappropriato.

Una possibile causa di questa discreta percentuale di insoddisfazione è forse da cercare sia dalla complessità del periodo che si stava vivendo chenegli obiettivi didattici che sono stati scelti. I corsi si sono concentrati principalmente su obiettivi cognitivi, lasciando nell’ombra gran parte degli obiettivi interpretativi e clinici, che costituiscono invece una parte importante della formazione sia in PC che in TD, sottolineata dalle raccomandazioni del ministero dell’Università. Questi obiettivi però sono comunque molto complicati da raggiungere, in ogni caso e anche senza una pandemia in corso, sono criticità insite nelle attuali modalità di insegnamento telematico.(10)

Le PC sono cariche di una componente psicologica, empatica, di coinvolgimento personale nella relazione con il paziente sofferente, che spesso necessita di un percorso di comunicazione lungoe continuo. Se seminari e strumenti di simulazione di casi sembrano essere adatti per gran parte della formazione a distanza, l’insegnamento che deriva dal contatto fisico ed emotivo con il paziente e la famiglia, come richiesto dalle PC, sembra essere più difficile da ottenere con una modalità telematica.

Nel campo della formazione in TD, un approccio alla formazione digitale sembra invece essere più fattibile che non nel campo delle PC. La TD si basa su basi farmacologiche e tecniche ben definite, codificate da regole basate sull’evidenza. Rimane comunque da implementare la quota interpretativa del programma didattico. Le opzioni per fare fronte a queste difficoltà sono in continua evoluzione ed includono (1) lo spostamento precoce nel piano di studi delle sessioni di didattica clinica online per consentire un successivo ingresso anticipato in un ambiente clinico “reale” per cogliere e colmare la carenza selettiva di una modalità didattica, quindi un minor tempo di esposizione “in presenza”, oppure (2) l’integrazione per brevi periodi di DL con insegnamento faccia a faccia, oppure ancora (3) l’analisi del possibile impiego di alcuni strumenti già di largo utilizzo come le video-chiamate con paziente e famiglia moderate da un tutor, medico o infermiere. Sono comunque tutte ipotesi non mutualmente esclusive.

C’è incertezza su quanto a lungo persisterà la situazione attuale e non è escluso che si vada verso un ambiente “diversamente normale”, in cui potrebbero essere nuovamente necessarie le quarantene e le distanze fisiche La sfida quindi consiste nel come fornire esperienze autentiche agli studenti di medicina come componente chiave dell’educazione medica in queste circostanze.

Ma non è solo questo, la questione della formazione professionale, soprattutto in PC, va oltre l’attuale periodo di emergenza. Il contatto personale con un paziente in pericolo di vita e la sua famiglia richiede sempre un ambiente riservato in cui possono partecipare pochi addetti ai lavori e pochi studenti. Ciò implica che anche in una condizione di ritorno alla normalità del passato la formazione pratica in PC non possa ammettere la partecipazione massiccia di discenti come avviene in altre tematiche formative. Inoltre, a differenza di altre discipline consolidate come la Medicina Interna, la Chirurgia e molte altre specializzazioni, le PC e le cure di fine vita non offrono una mole di personale e di ambienti molto ampia.

Studenti e docenti sono pertanto chiamati al disegno ed alla applicazione di modelli sperimentali di insegnamento a distanza, per proposte di nuovi principi e pratiche per il futuro, con particolare riguardo per la formazione in PC e in TD.

Conclusioni

La didattica telematica (DL) per gli studenti in Medicina e Chirurgia dovrebbe essere considerata non solo per le lezioni accademiche ma anche per il tirocinio. Il processo decisionale clinico a scelta multipla e la simulazione video-assistita sono esempi peraltro già forniti da molti programmi online (7).

Con l’aumentare della loro necessità, le PC stanno diventando a pieno titolo un campo di cure mediche. Poichè una buona assistenza si fa con buoni operatori della salute, è ovvio che PC e TD di qualità possano essere realizzate solo se c’è una buona formazione del personale.

Il tema della educazione, soprattutto in PC, non è però semplice. I molti ostacoli sono: (a) la mancanza di una lunga tradizione e di un’adeguata concettualizzazione delle PC, (b) il significato degli aspetti psicologici, emotivi e spirituali, (c) l’importanza ma una comprensione inadeguata del controllo dei sintomi, (d) il fatto che le cure palliative non siano curative secondo il senso comune del termine; (e) la natura multi-professionale, delle PC, (f) la gamma dei diversi contesti in cui le PC si snodano, g) il fatto che i caregiver “palliativi” debbano svolgere i propri compiti in situazioni in cui le richieste emotive e psicologiche sono spesso immense.

Sul piano operativo immediato emerge anche il tema delle risorse (numero e disponibilità dei docenti) e la necessità di tempo e di ambienti adeguati. I problemi sono già stati individuati in un contesto di educazione tradizionale, ma sembrano ora diventati più pressanti con la “obbligatorietà” di un distanziamento fisico.

Dovrebbero essere rapidamente pianificati studi su diverse metodologie di insegnamento e accurate valutazioni dei risultati tra DL e insegnamento faccia a faccia in PC e in TD. Anche fuori dalla pandemia. Essi potrebbero costituire la base per una formazione flessibile in relazione alla continua evoluzione delle tecnologie.

Punto particolarmente caldo è il tirocinio pratico. Analisi comparative dovranno soppesare i punti di forza di un tirocinio pratico in presenza e quelli di un tirocinio pratico a distanza, come pure le rispettive debolezze. L’una o l’altra modalità implicitamente porterà a risultati formativi differenti, verosimilmente più rilevanti rispetto a quelli inerenti la didattica accademica “ex-cathedra”. La innovazione portata dal DL potrebbe peraltro indurre una necessaria rivisitazione del tipo di professionista che sarà possibile formare. In condizioni estreme, come la pandemia che stiamo vivendo, sarà un processo obbligatorio e non solo di scelta. Inoltre ,avere una conoscenza di base delle PC e TD diventa fondamentale per chi vorrà continuare con la nuova scuola di specializzazione appena istituita.

Questo è un momento senza precedenti per la educazione medica: se le metodiche didattiche innovative, di cui la DL sembra essere la punta di diamante, dimostreranno che i vantaggi rispetto alla didattica tradizionale saranno superiori ai potenziali svantaggi, e tra questi la realizzazione di un concetto tradizionale di educazione al rapporto medico-paziente, allora questo può aprire il campo anche alla riflessione su paradigmi e obiettivi di molte discipline della medicina. (20) Tra queste le PC e, forse ma in minor misura, le TD, sembrano essere in “pole position”.

Bibliografia

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18. Grassi L., Chochinov M., Moretto G., Nanni M.G.: Dignity-Conserving Care in Medicine. In Grassi L, Riba M., Wise T. (Eds) Person Centered Approach to Recovery in Medicine, Springer-Verlag Berlin Heidelberg, 2019, pp 97-115

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20. Rose S. Medical Student Education in the Time of COVID-19. JAMA 2020; 323: 2131-2132

Cita questo articolo

Bellini, T., et al, Tirocinio a distanza in Cure palliative (PC) e in Terapia del dolore (TP) per studenti di medicina: esperienza pilota della Università di Ferrara, in Medicina e Chirurgia, 85, 3778-3787, 2020. DOI: 10.4487/medchir2020-85-5

Affiliazione autori

Tiziana Bellini, Luigi Grassi – Dipartimento di Scienze Biomediche e Chirurgico Specialistiche Università di Ferrara

Stefano Volpato – Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Ferrara

Riccardo Ragazzi – Dipartimento di Morfologia, chirurgia e medicina sperimentale Università di Ferrara

Teresa Matarazzo – Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara

Fabrizio Consorti – Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università Sapienza di Roma e Soc. it. di Pedagogia Medica (SIPeM)

Guido Biasco – Dipartimento di Medicina Diagnostica e Sperimentale, Università di Bologna

«Après moi le déluge.» Strategie per la continuità nella gestione di un corso di laurea magistrale in Medicinan.82, 2019, pp. 3655-3657, DOI: 10.4487/medchir2019-82-3

Abstract

The famous sentence “Après moi le déluge” (“After me the flood”), attributed to Louis XV, king of France, makes reference to the perception that one’s own successor is not going to be suitable to the task. The situation seems to apply to plenty of the Italian Presidents of the Undergraduate Curriculum in Medicine, who continually succeed one another, with the new President too often bound to restart from the beginning.
The most obvious solution to this problem is to institutionalize the handover process. However, the presence of collegiate bodies, helping the President to manage the Curriculum, is another important tool to ensure continuity between the succeeding Presidents. Technical Committee for Planning teaching and education (TCP) was created in 2000 by the Permanent Conference of Presidents of the Undergraduate Curricula in Medicine and every Italian Undergraduate Curriculum should have such a structure. However, the functions attributed to TCP are changing because of the new tasks the President is nowadays facing, from faculty development, to the quality assurance, to the needs to second the paradigm shift from a teacher-based teaching to a student-centred learning. As a consequence, TCP requirements are changing and it is time to give birth to a 2.0 TCP to help Presidents to face nowadays challenges.

Key words: Medical Education; Management Continuity; Collegiate Bodies for the Undergraduate Curriculum
Parole chiave: Pedagogia Medica; Continuità di Gestione; Organi Collegiali per il Corso di laurea.

Articolo

Questo articolo riferisce sugli scopi e su alcune delle conclusioni del Forum “Après moi le déluge” che si è tenuto durante la riunione della Conferenza Permanente dei Presidenti di CCLM in Medicina che si è svolta presso l’Università di Varese il 12 Aprile 2019.

Spunto iniziale
Il titolo del Forum prende spunto da una frase famosa (“Dopo di me il diluvio”) attribuita al re Luigi XV di Francia, o alla sua favorita, madame de Pompadour. Chiunque l’abbia detta, la frase ha assunto il significato della percezione di una fine imminente e, ancor più, della mancanza di stima verso il proprio successore.
In seno alla Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina si assiste ad un continuo rinnovo dei Presidenti e questo ha la valenza positiva del continuo apporto di forze sempre nuove, ma dà anche l’idea che si sia spesso costretti a ricominciare ogni volta da capo, perdendo quanto acquisito dal precedente Presidente. Le ragioni possono essere molteplici, perché il CLM ha voluto voltare pagina, o perché il Presidente uscente non si è fatto carico di costruire una continuità con il suo successore, o anche perché il nuovo Presidente ha progetti nuovi. Sta di fatto che il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica ha avvertito un bisogno di continuità da parte della Conferenza, e per questo ha organizzato questo Forum.

I contenuti del Forum
La soluzione più ovvia al problema di continuità nella gestione del CLM è stata quella di proporsi di migliorare il passaggio di consegne tra Presidenti di CLM, arrivando a ipotizzare l’adozione del nuovo Presidente da parte della Conferenza. Il tema è stato affrontato in un articolo che appare separatamente da questo nei Quaderni della Conferenza.
Ma la presenza di organi collegiali che affiancano e coadiuvano il Presidente può essere uno strumento di continuità nella gestione del CLM almeno altrettanto importante.
Se la gestione del CLM è affidata ad un organo collegiale, diretto dal Presidente di CLM, la questione della continuità tra un Presidente e l’altro viene radicalmente ridimensionata in quanto sarà la struttura collegiale di riferimento ad assicurare – per quanto necessario ed opportuno – la continuità tra una governance e l’altra.
Il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica ha deciso di porre all’attenzione dei Presidenti nel Forum di Varese tre tra le strutture collegiali che affiancano abitualmente il Presidente del CLM nel nostro Paese: la Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica, la Commissione Medical Education e un gruppo di lavoro dedicato alla formazione dei docenti.

La Commissione Tecnica di Programmazione Didattico-pedagogica (CTP) fu ideata ai tempi nei quali Luciano Vettore è stato Presidente della Conferenza ed è stata poi formalizzata nel 2000 nel Regolamento Didattico dei CL elaborato dalla Conferenza (Binaglia, 2000). Questo regolamento fu poi approvato dai singoli Corsi di Laurea con lievi modifiche necessarie per adattarlo alle peculiarità delle singole Sedi. Si riporta qui il passaggio cruciale del regolamento che istituzionalizzava la CTP: Il CCLS, su mandato del Consiglio di Facoltà, istituisce una Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica (CTP). La CTP è presieduta dal Presidente del Corso di Laurea ed è costituita su indicazione del Consiglio di Facoltà da Docenti e, se necessario, da altri professionisti qualificati, scelti in base alle loro competenze tecniche specifiche in ambito didattico e pedagogico, in relazione alle necessità formative e alle risorse del CdL. L’invenzione della CTP è stata una delle realizzazioni più feconde della nostra Conferenza e rappresenta un patrimonio pressoché sconosciuto nei Corsi di Studio delle altre Facoltà.
Già sei anni più tardi (Gallo et al, 2006), tuttavia, si richiedeva una nuova messa a punto delle funzioni della CTP alla luce delle mutate esigenze. Oggi si affermano ulteriori nuove necessità, a partire dalla composizione della CTP che tende ora a includere rappresentanti degli studenti, docenti-tutor come i medici di medicina generale, i manager didattici ed eventualmente i rappresentanti di altri gruppi di lavoro che agiscono su mandati specifici.

Ma, al di là della composizione e dell’architettura della CTP, rispetto alla struttura iniziale si sono imposte nuove funzioni. All’esigenza storica di un’organizzazione didattica fondata su una riflessione pedagogica, che è ancora più complessa oggi che si è in parte affievolito il ruolo della struttura di raccordo (facoltà o scuola), si sono ora affiancate la necessità di un sistema di assicurazione di qualità e quella di assicurare il faculty development.
L’irruzione dell’ANVUR nel mondo accademico ha caricato Presidenti di CLM – e docenti – di una serie di nuovi adempimenti e il Presidente – e la CTP – devono assicurarsi che questi nuovi documenti non siano vissuti meramente come un nuovo fardello burocratico ma come un’opportunità, una reale occasione di riflessione sulla qualità della didattica erogata e di spinta al miglioramento continuo.
Il faculty development si è da tempo imposto come uno dei temi cruciali della Pedagogia Medica nella Letteratura Internazionale (Steinert, 2009). In questo contesto, Presidente di CLM e CTP si devono far carico quanto meno della formazione dei docenti. Il Forum di Varese ha dedicato ampio spazio alla formazione iniziale dei docenti. Questa viene rivolta in genere ai Ricercatori a Tempo Determinato di tipo B, meno spesso ad altre figure docenti (come gli RTD-A) o non ancora docenti (assegnisti, dottorandi). Ma è evidente come il passaggio di paradigma da una didattica basata sul docente e sull’insegnamento ad una centrata sullo studente e sull’apprendimento, implica la necessità di una formazione continua dei docenti di ruolo. Nelle Sedi più grandi, la formazione dei docenti eccede ormai i compiti della CTP e viene affidata a strutture ad essa subordinate.
La necessità, all’interno del CLM, di una riflessione pedagogica organica e della formazione di gruppi di lavoro dedicati organicamente alla medical education ha fatto nascere, nelle Sedi più ampie, vere e proprie Commissioni medical education (Gallo et al, 2007), mentre in altre sedi queste funzioni sono rimaste all’interno della CTP. Una messa a punto del tema è stata effettuata in uno dei laboratori del Forum di Varese.

Conclusioni del Forum
Dalle relazioni presentate e dal dibattito nei laboratori è emersa la necessità di dare maggiore continuità alla governance del Corso di Laurea Magistrale in Medicina. Questo obiettivo può essere perseguito curando di più il passaggio di consegne tra un Presidente e l’altro e valorizzando il ruolo di continuità offerto dalla presenza della Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM. Me è uno strumento fondamentale di continuità il fatto che il Presidente sia affiancato da una struttura collegiale di sostegno (la CTP).
L’analisi dell’esistente, compiuta nel Forum di Varese, fa tuttavia emergere una notevole variabilità di soluzioni adottate nelle diverse Sedi. Di più, la riforma dell’Università e la creazione dell’ANVUR hanno caricato Presidente e CTP di compiti nuovi e gravosi, per cui il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica della Conferenza è giunto alla determinazione di allestire una consensus conference con tutti i Presidenti allo scopo di identificare una “CTP 2.0” con una struttura rinnovata (e adeguata alle dimensioni della Sede) e con funzioni chiaramente determinate, come l’organizzazione delle attività didattiche (valutazione dell’apprendimento inclusa), la riflessione in campo di innovazione didattica, la formazione – iniziale e continua – dei docenti, e l’assicurazione di qualità.

Bibliografia

• Binaglia L: Per un nuovo regolamento del corso di laurea. Med. Chir. 14: 502-503, 2000.
• Gallo P, Binetti P, Della Rocca C, Familiari G, Maroder M, Valanzano R, Vettore L: Finalità, composizione e modalità di lavoro della Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica. Med. Chir. 33: 1337-1340, 2006.
• Gallo P, Binetti P, Cittadini A, Della Rocca C, Familiari G, Valanzano R, Vettore L: Finalità, fattibilità, composizione e compiti di una Commissione Medical Education di Corso di Laurea. Med Chir 36: 1494-1497, 2007.
• Steinert Y: Staff development. In: Dent JA, Harden RM (eds): A Practical Guide for Medical Teachers. Churchill Livingstone, Edinburgh, 2009.

Cita questo articolo

Gallo P., et al, «Après moi le déluge.» Strategie per la continuità nella gestione di un corso di laurea magistrale in Medicina, Medicina e Chirurgia, 82, 3655-3657, 2019. DOI: 10.4487/medchir2019-82-3

Affiliazione autori

Pietro Gallo – Università La Sapienza, Roma

Isabella Barajon – Università Humanitas, Milano

Tiziana Bellini – Università di Ferrara

Giuseppe Familiari – Università La Sapienza, Roma

Lorella Franzoni – Università di Parma

Fausta Lui – Università di Modena e Reggio Emilia

Bruno Moncharmont – Università del Molise

Isabelle Perroteau – Università Orbassano, Torino

Oliviero Riggio – Università La Sapienza, Roma

Maria Grazia Strepparava – Università Bicocca, Milano

Maurizia Valli – Università di Pavia

Linda Vignozzi – Università di Firenze

Piattaforme online e Nuovi Median.80, 2018, pp. 3575-3576, DOI: 10.4487/medchir2018-80-1

Abstract

Viviamo in un mondo sempre più interconnesso e tecno-logico in ogni ambito. Questo processo sta coinvolgendo anche la medicina ed il suo insegnamento, attraverso l’uso di strumenti derivati dall’innovazione tecnologica. Tra questi abbiamo fonti di consultazione, videolezioni e clip e ambienti interattivi erogati da università, studenti e terze parti. L’integrazione intelligente di tali strumenti può migliorare l’erogazione della didattica. Pertanto è importante averne consapevolezza.


Nowadays our world is more and more interconnected and technological in every field. This process is also about medicine and medical education thanks to the tools technology innovation is providing us. We have several consultations sources, videoclasses and clips till interactive environment provided by university, students and third parts. The smart integration of these tools can definitely improve the quality of teaching so awareness about it is very important.

Articolo

Viviamo in un mondo sempre più interconnesso e tecnologico in ogni ambito. Questo processo sta coinvolgendo anche la medicina ed il suo insegnamento (1,2,3), attraverso l’uso di strumenti derivati dall’innovazione tecnologica. Poiché però, come ci ricorda il poeta:

“Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco” – William Yeats

in questo testo passeremo in rapida rassegna gli obiettivi formativi coerenti con l’uso di strumenti didattici come le piattaforme online e i nuovi media. Saper sfruttare al meglio queste nuove opportunità rappresenta una sfida che vale la pena vincere perché aiutano ad offrire una didattica migliore.

Quali obiettivi formativi?

Come è noto, un obiettivo formativo è il risultato atteso di un’azione di insegnamento/apprendimento ed è espresso attraverso una frase introdotta da un verbo. Facciamo riferimento alla classica tassonomia di Bloom, che classi-fica gli obiettivi formativi cognitivi in livelli di astrazione crescente. In anni recenti la tassonomia è stata integrata con l’aggiunta di una “tassonomia digitale“ (vedi figura 1). Come è evidente, ai verbi tipici dei livelli più bassi sono stati aggiunti verbi relativi ad azioni tipiche del mondo digitale, come “googling” o “scaricare”. Tuttavia se prendiamo in considerazione i verbi più tradizionali, risulta evidente che ambienti e media elettronici si prestano bene ai livelli cognitivi più bassi, come descrivere, illustrare, riconoscere (strutture, funzioni, procedure, …) e a quelli di livello medio: correlare, utilizzare (conoscenze per decisioni). Un’attenzione particolare rivestono infine le possibilità di usare questi ambienti e strumenti per formare le abilità di comunicazione e cooperazione tipiche dell’interazione sociale contemporanea, fortemente orientata alla co-produzione di prodotti attraverso processi collaborativi che prescindono dalla co-presenza fisica.

Quali sono gli strumenti nella nostra cassetta degli attrezzi dell’e-learning?

Li abbiamo raggruppati per tipologia (consultazione, clip e videolezioni, interattivi) e fonte (Università, Studenti, Terze Parti)

Strumenti di consultazione – Università

Tutte le università sottoscrivono l’abbonamento a numerose riviste e che sono a disposizione di docenti e studenti. Questa potrebbe apparire come una banalità, ma molti studenti ne sono all’oscuro o comunque non hanno idea di come fare ad accedere a tali servizi, anche attraverso l’uso di server proxy.

Sono inoltre disponibili ulteriori vari servizi di cui le università possono dotarsi come Access Medicine e UpToDate, vasti repertori di informazione bibliografica indicizzata per argomenti e referenziata alle fonti.

Strumenti di consultazione – Studenti

Le tanto chiacchierate e controverse sbobinature, piacciano o meno, sono una realtà e rappresentano uno strumento fondamentale per gli studenti per destreggiarsi soprattutto nel triennio clinico a causa dei programmi fumosi e delle peculiari inclinazioni dei docenti.

Strumenti di consultazione – Terze Parti

Wikipedia, Dr. Google e Mypersonaltrainer sono così importanti che figurano sempre più spesso nei ringraziamenti delle tesi dei nostri studenti. Vengono usati per approfondire o fare chiarezza sulle questioni più disparate. Piuttosto che demonizzarli, varrebbe la pena insegnare a farne un uso consapevole.

Clip e videolezioni – Università

In Italia è meno diffuso, ma all’estero è pratica comune soprattutto da parte di università prestigiose l’erogazione di corsi e-learning. Esistono diverse hub che poi li mettono a disposizione. Tra le più diffuse c’è Coursera che consente di seguire moltissimi corsi in inglese sottotitola-to gratuitamente o con certificazione a prezzi simbolici.

Clip e videolezioni – Studenti e Terze Parti

Youtube rappresenta una delle hub video più grandi al mondo. Qui sono disponibili numerosissimi canali più o meno professionali dedicati alle varie branche della medicina. Tra i più celebri segnaliamo “Geeky Medics” per esami obiettivi OSCE, “Osmosis” per la patologia generale e fisiopatologia e le italianissime “Agorà Scienze Biomediche” per le materie del primo triennio e “Surgical Team H3” per tecniche chirurgiche di base.

Strumenti interattivi – Università

Uno degli strumenti più diffusi, ma al contempo meno sfruttati è la piattaforma Moodle a disposizione delle università. Infatti oltre che semplice bacheca avvisi e contenitore per le slides ed eventuali letture consigliate, con un po’ di creatività può essere sfruttato per creare dei momenti di didattica interattiva (somministrando casi clinici, richiedendo elaborati riflessivi ecc…)

Strumenti interattivi – Studenti e Terze Parti

I social network come Facebook hanno sostituito i vecchi forum dove ci si scambiano informazioni e consigli.

Siti di filesharing come GoogleDrive e Dropbox invece risultano utili per la condivisione tra pari di file. Esistono poi vari programmi ed applicativi per computer e device molto interessanti che vanno dagli atlanti di anatomia, ai casi clinici fino a piattaforme come “Kahoot!” che consentono di somministrare domande in tempo reale “gamificando” le classiche lezioni frontali aumentando molto l’engagement della platea.

Strumenti extra

Segnaliamo in ultimo piattaforme come “Slideshare” e “Medscape” per trarre ispirazione. La prima consente di attingere ad un variegato numero di presentazioni, il secondo di numerose risorse cliniche e didattiche utili.

Come implementare questi strumenti?

Ci sono livelli crescenti di implementazione possibili. Si può andare dalla semplice segnalazione all’integrazione nella didattica frontale, fino all’inserimento nella valutazione ai fini della prova d’esame. Tali strumenti sono tanto numerosi quanto versatili che consentono, se ben sfruttati, di integrarsi perfettamente allo stile del docente rispondendo però alle specifiche esigenze degli studenti. Tale equilibrio può essere raggiunto con la sperimentazione ed il dialogo pensando al binomio docente-discente come ad una squadra con un obiettivo in comune: la miglior formazione possibile.

“TEAM – Together wE Achieve More”

Bibliografia

1: Hillman T, Sherbino J. Social media in medical education: a new pedagogical paradigm? Postgrad Med J. 2015 Oct;91(1080):544-5. doi: 10.1136/postgradmedj-2015-133686. Epub 2015 Sep 3. Review. PubMed PMID: 26338982.

2: Madanick RD. Education Becomes Social: The Intersection of Social Media and Medical Education. Gastroenterology. 2015 Oct;149(4):844-7. doi: 10.1053/j. gastro.2015.08.037. Epub 2015 Aug 24. Review. PubMed PMID: 26311278.

3: Rasmussen A, Lewis M, White J. The application of wiki technology in medical education. Med Teach. 2013;35(2):109-14. doi: 10.3109/0142159X.2012.733838. Epub 2012 Oct 26. Review. PubMed PMID: 23102056.

Cita questo articolo

Agresti G., Consorti F., Bellini T., Streppafava M.G., Piattaforme online e Nuovi Media, Medicina e Chirurgia, 80, 3575-3576, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-80-1

Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. I. Da una didattica basata sull’insegnamento ad una centrata sull’apprendimenton.78, 2018, pp. 3494-3496, DOI: 10.4487/medchir2018-78-3

Abstract

The aim of this editorial is to recall the paradigm shift from teacher-centred to student-centred undergraduate education, in order to introduce a series of three articles on the topic of learning strategies of Italian medical students.

The shift towards student-centred education begins with the curriculum design, aimed to modulate the learning objects on the different outcome competencies that medical students have to acquire. Then, the various kinds of competencies must be aligned with the consistent modes of teaching and of learning assessment.

To favour this shift, the working group of medical education of the Italian Conference of the Presidents of Undergraduate Curricula in Medicine opened a debate on the question whether the teaching strategies carried out in our curricula are in keeping with the learning attitudes of our students. A forum was accordingly organized to discuss three of these learning strategies: the study groups; students’ transcriptions of lectures; and IT platforms and new media.

Three different articles will follow on these subjects, aimed to evaluate how to verify, validate, promote and integrate students’ learning strategies with our teaching tools.

Key words: Medical Education; Student-centred education; Competencies; Learning Objects

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Lo scopo di questo editoriale e di richiamare il cambio di paradigma da una didattica universitaria centrata sul docente a una centrata sullo studente, al fine di introdurre tre articoli sul tema delle strategie di apprendimento degli studenti in medicina italiani.

Lo spostamento verso la didattica centrata sullo studente inizia con la pianificazione del curriculum degli studi, finalizzato a modulare gli obiettivi di apprendimento sulle diverse competenze in uscita che gli studenti in medicina devono acquisire. Successivamente, i diversi tipi di competenze devono essere allineati con le pertinenti modalità di insegnamento e di valutazione dell’apprendimento.

Per favorire questo spostamento di paradigma, il gruppo di lavoro Innovazione Pedagogica della Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina ha aperto un dibattito sul quesito se le strategie di insegnamento portate avanti nei nostri corsi di laurea sono coerenti con le attitudini di apprendimento dei nostri studenti. È stato così organizzato un forum per discutere tre di queste strategie di apprendimento: i gruppi di studio; le trascrizioni delle lezioni (le cosiddette sbobinature); e le piattaforme informatiche e i nuovi media.

Seguiranno tre differenti articoli su questi temi, finalizzati a valutare come verificare, validare, promuovere e integrare le strategie di apprendimento degli studenti con i nostri strumenti di insegnamento.

Parole chiave: Pedagogia medica; Didattica centrata sullo studente – Competenze – Obiettivi di apprendimento

Articolo

È in atto, nella didattica universitaria, un cambio di paradigma con il passaggio da una dimensione della didattica centrata sul docente, e sull’insegnamento, a una basata sullo studente, e sull’apprendimento. Non si tratta di modificare solo l’angolo di visuale, ma di un mutamento radicale, che investe dimensioni molteplici (Tabella I).

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Il mondo universitario ha finora visto come la propria missione principale – se non unica – quella di produrre nuove conoscenze attraverso la ricerca scientifica, con il fine subalterno di trasferirleagli studenti.

Grazie ai progressi della pedagogia e della ricerca didattica, tuttavia, sta maturando progressivamente la consapevolezza che la promozione efficace dell’apprendimento dello studente non è una missionsubalterna per l’Accademia. In questa ottica, l’asse lungo il quale si sviluppa il curriculum degli studi universitari non è più quello di un “programma da svolgere” scelto “a priori” dal corpo docente ma quello delle “competenze che gli studenti devono acquisire”, individuate d’intesa con gli stakeholders.

Programmare per competenze significa rendersi conto che queste si distribuiscono su un ampio spettro di acquisizioni cognitive: dalle conoscenze(da apprendere, memorizzare, richiamare, rielaborare criticamente) che costituiscono il saperedello studente, alle abilità(interpretative, relazionali e operative) che attengono al campo del saper fare, alle attitudini(professionali ed etiche) che rientrano nella sfera del saper essere, alle meta-competenze clinicheche implicano il richiamo delle conoscenze e delle abilità da mettere al servizio della capacità di risolvere problemi e prendere decisioni e che richiedono la formazione di un professionista riflessivo.

Lo spettro delle competenze trasversali ha trovato un’efficace codifica nei cosiddetti Descrittori di Dublino: conoscenza e capacità di comprensione; conoscenza e capacità di comprensione applicate; autonomia di giudizio; abilità comunicative; capacità di apprendere.

Partire dall’apprendimento e dalle competenze da acquisire significa poi ripercorrere – e allineare– tutto il processo di definizione delle modalità di insegnamento e di verifica dell’apprendimento. Decenni di ricerca pedagogica, e di “buone pratiche” didattiche, hanno insegnato che non esiste né un’unica modalità di insegnamento efficace, né “la” forma migliore di insegnamento se avulsa dal contesto. La lezione frontale mantiene il suo impatto, specie se orientata alla pratica della flipped class, nell’insegnamento delle conoscenze, mentre la didattica a piccoli gruppi, al letto del paziente, nello skill lab o sul campo, nel territorio, è indispensabile per l’apprendimento delle abilità. Parimenti, le competenze cliniche si apprendono in contesti reali o in simulazioni realistiche.

Lo stesso discorso vale per la valutazione dell’apprendimento.

C’è ancora spazio per l’esame orale, ma l’acquisizione delle conoscenze può essere verificata più rapidamente – e in modo più obiettivo – con prove scritte. L’apprendimento delle abilità deve essere necessariamente valutato con una prova pratica, così come le competenze cliniche vanno verificate “in contesto”.

Procedura essenziale del lavoro di insegnamentoapprendimento è quindi il cosiddetto “allineamento” tra competenze, modalità di insegnamento e forme di valutazione in modo che queste siano coerenti tra loro.

Il sistema internazionale TUNING, con le sue matrici, offre uno strumento assai efficace per realizzare questo allineamento (Figura 1).

Schermata 2018-09-04 alle 16.30.23

In questo contesto di cambio di paradigma, la Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina si è interrogata sullo scarto esistente tra modalità di insegnamento e forme di apprendimento.

Il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogicaha messo a punto una serie di eventi pedagogici che si seguiranno per tutto l’anno 2018.

Abbiamo iniziato (Roma, 21 Gennaio 2018) con la lettura magistrale tenuta da Fabrizio Consorti, dal titolo “Il cambiamento del ruolo del docente nel grande gruppo: da chi trasmette informazioni (lezione frontale) a chi facilita l’apprendimento (flipped class)”e abbiamo proseguito con il Forum (Trieste, 20 Aprile 2018) dal titolo “I nostri strumenti didattici sono adeguati all’apprendimento dello studente?”. In questo Forum, tre laboratori paralleli si sono interrogati su altrettante forme di apprendimento che sembrano essere privilegiate dagli studenti in Medicina italiani: i gruppi di studio, le trascrizioni delle lezioni (le cosiddette sbobinature) e le piattaforme informatiche e i nuovi media.

A questo breve testo introduttivo, seguiranno altri tre articoli, pubblicati sempre su Medicina e Chirurgia, che faranno il punto su queste tre forme di apprendimento, interrogandosi sul ruolo che il docente può svolgere per integrarle, verificarle, validarle, al fine di realizzare una sinergia tra le forme di insegnamento messe in atto dal docente e quelle di apprendimento messe in essere dallo studente.

Cita questo articolo

Gallo P., et al., Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. I. Da una didattica basata sull’insegnamento ad una centrata sull’apprendimento, Medicina e Chirurgia, 78: 3494-3496, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-78-3

Medicina di genere: un ambiente strutturato on line per condividere conoscenze di basen.77, 2018, pp.3466-3569, DOI: 10.4487/medchir2018-77-3

Abstract

L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che “il genere” rappresenta la parola chiave per la salute pubblica in termini di miglioramento degli approcci diagnostici e terapeutici disegnati sulla persona.

Le variabili genere-specifiche, che includono ovviamente anche il sesso, dovrebbero essere inserite nei modelli di prevenzione e cura. Questo ha portato, fin dal 2007, l’inserimento di percorsi specifici orientati al genere in molti corsi di laurea. Inoltre, nel 2016 la Conferenza Permanete dei Presidenti di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia ha indicato, attraverso una Mozione firmata dal Presidente, la necessità di integrare il “core curriculum” dei Corsi di Laurea in Medicina Italiana con una declinazione dedicata al genere. L’Università di Ferrara e l’Azienda USL di Ferrara hanno creato “un ambiente strutturato on line per condividere conoscenze di base” che contiene 7 aeree tematiche ricche di documenti e bibliografia, che possono essere utili come supporto ai Professori Universitari per la implementazione dei loro corsi con integrazioni di medicina di genere. Questo ambiente online sarà fruibile e ottimizzabile dai membri della Conferenza utilizzando credenziali dedicate che verranno inviate dopo validazione del gruppo di lavoro dedicato

Parole chiave: Medicina di Genere, aggiornamenti online

Summary The WHO affirmed that gender is the main driver for health to develop diversified therapeutic approaches, and the need to adopt “gender policies” useful for remedying health inequalities due to sex-gender specifity and since year 2007 the gender sensitive perspective is placed among the training objectives in many degree program as Medicine and Surgery. In the 2016 during the #124 Italian Permanent Council of the Deans of Medical Curricula the President signed a Motion which recommend integrating and developing Gender Medicine educational activities in all Italian curricula in Medicine and Surgery In support of this important new decision, an updating/ training tool has been set up “Elements of Gender Medicine – A structured environment of online documentation accessible at a distance – Advanced level for University Professors” organized in seven thematic areas accompanied by an updated bibliography. This online structured environment is a fully managed area for each Degree Program concerned with links and related credentials provided by the Conference to each Educational Dean of the Degree Course in Medicine and Surgery .

Key Words: Gender Medicine, updates online

Articolo

Introduzione

L’orientamento da parte della medicina a considerare importanti gli aspetti sessuali (biologici anatomici, funzionali) e di genere, fattore che attiene alla percezione della propria identità sessuale, del ruolo che si riveste nella società in quanto donna, uomo, o altro, parte dagli anni Settanta del secolo scorso, sullo stimolo dei movimenti femministi che individuavano nella pratica medica discriminazioni basate sul sesso. Questo nuovo orientamento, che offre un nuovo sguardo attento alle differenze umane, ha visto dapprima un’attenzione specifica per la salute della donna, in particolare quella sessuale – riproduttiva, poi, nel considerare tutto il corpo, un’analisi delle differenze tra il corpo dell’uomo e quello della donna che sta arricchendosi di sempre nuove importanti conoscenze, tendenti all’appropriatezza e personalizzazione della cura .

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma da tempo, e con convinzione, la necessità di adottare “politiche di genere” utili a rimediare le disuguaglianze di salute dovute al sesso-genere .

E’ del 2007 il documento del Dipartimento Gender, Women and Health dell’OMS “Integrating gender into the curricula for health professionals” nel quale, per la prima volta, viene messo in luce in modo dettagliato come la chiave per raggiungere l’obiettivo di ridurre le diseguaglianze di salute dovute al sesso-genere, consista nel rendere le considerazioni e conoscenze riguardanti il genere, parte integrante dei programmi di formazione degli operatori sanitari pre – servizio, cioè prima che inizino a lavorare, quindi durante il percorso universitario, in particolare degli studenti di medicina, infermieristica e ostetricia. Nelle poche iniziative in Australia e Nord America si erano riscontrate resistenze da parte delle istituzioni e difficoltà nel coinvolgere i docenti, in particolare, gli uomini .

Un altro ostacolo era ravvisato dalla poca condivisione e aggiornamento sulle questioni di differenze sesso genere come sui dati di ricerca gender-oriented, aspetti necessari per insegnare genere e salute, in ottica evidence-based .

La medicina di genere in Italia

Nel 1998 parte il progetto ministeriale “Una salute a misura di donna” i cui risultati confermavano una disattenzione e sottovalutazioni dei problemi di salute delle donne. Nel 2005 Ministero, Istituto Superiore di Sanità, AIFA e AgeNaS pubblicano le prime linee guida sulle sperimentazioni cliniche e farmacologiche con un approccio di genere. Nel 2007 escono i primi bandi della Ricerca Finalizzata sulla medicina di genere. L’anno successivo il Comitato Nazionale per la Bioetica pubblica il rapporto “La Sperimentazione farmacologica sulle Donne” e parte il Progetto “La medicina di genere come Obiettivo strategico per la Sanità pubblica: l‘appropriatezza della cura per la tutela della salute della donna”. E’ del 2009 il primo Congresso Nazionale sulla Medicina di Genere, a Padova (nel 2017 arrivato alla quarta edizione). Nel 2008 viene istituto il Centro Di Ricerca per la Valutazione della Qualità in Medicina e Medicina di Genere dell’Università di Roma “La Sapienza. Nel 2017 nasce il “Centro nazionale di riferimento per la medicina di genere” dell’Istituto Superiore di Sanità,” e a gennaio 2018 il Centro Universitario di studi sulla Medicina di Genere a Ferrara .

L’esempio della Medical University di Innsbruck

L’integrazione della medicina di genere nel curriculum medico nella Medical University di Innsbruck (Austria) ci fornisce un decennale esempio europeo (Hochleitner et al., 2013) che ha preso le mosse da due considerazioni: 1) le politiche di gender mainstreaming (attenzione al genere in ogni aspetto della vita) derivate dal Trattato di Amsterdam, entrato in vigore nel 1999, che, oltre a fornire le indicazioni necessarie a promuovere la presenza delle donne nelle posizioni dirigenziali delle organizzazioni e negli ambiti della ricerca, sono state interpretate come utile riferimento normativo per introdurre la medicina di genere nella formazione; 2) le indicazioni metodologiche di Elisabeth Tisdell (1995) per la costruzione di curricula inclusivi e gli esempi da lei riportati, che possono sembrare un po’ datati poiché riferiti a come ricomprendere la teoria e pedagogia “femminista” nell’insegnamento agli adulti, ma che hanno il pregio di sottolineare come puntare l’attenzione sul sesso e genere ed includerne contenuti ed espressioni in un percorso formativo di persone adulte, significhi mettere in discussione modelli di pensiero tradizionali, più o meno consolidati, spesso difficilmente ri-orientabili. Solo quando la medicina di genere è stata implementata nel curriculum, come obbligatoria, è diventata aspetto strutturale. Se anche si parte da una prospettiva di materia proposta in lezioni interdisciplinari, occorre aver chiaro l’obiettivo e cioè che applicare la medicina di genere al curriculum universitario significa esaminare ogni progetto di ricerca, ogni trattamento medico e ogni nuovo sviluppo per le sue conseguenze per donne e uomini e farla diventare una parte pratica dell’istruzione medica .

La medicina di genere nelle Università Italiane

Nel Decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca del 4 ottobre 2000 la prospettiva gender sensitive è posta tra gli obiettivi formativi in sei classi di corso di laurea triennale (tra cui scienze delle attività motorie e sportive) su ventisei e in undici classi di laurea magistrale (tra cui medicina e chirurgia e la Magistrale di Scienze delle attività motorie) su cinquantadue .

Nel 2013 all’interno del Convegno nazionale “Genere, sociologia e Università” promosso dall’Università di Roma Tre è stata presentata la ricerca “La formazione universitaria e post-universitaria gender sensitive in Italia”. Dai dati riferiti all’anno accademico 2011-12, su un campione di 57 Atenei pubblici, è stato rilevato che solo 16 Atenei avevano attivato qualche Corso “sul genere”, il 20% dei quali nell’area della medicina. Sono poi nati alcuni insegnamenti facoltativi: dopo il corso in Medicina di genere dell’Università di Padova avviato dall’a.a. 2013-14 (organizzata a seminari interdisciplinari), viene avviata quello di Siena dall’a.a. 2014-15, mentre l’Università di Ferrara approva un insegnamento specifico a partire dall’a.a .

2015-16. In questi anni si stanno attivando vari centri di ricerca sul genere, anche declinati alla salute e alla sanità (citiamo gli esempi di Milano, Bologna, Trento, Sassari, Foggia, Pavia, Napoli e Bari) .

Mentre a gennaio 2018 l’Università di Ferrara ha fatto nascere il primo Centro Universitario denominato “Centro Studi di Medicina di Genere” finanziato dal MIUR e in convenzione con l’Istituto Superiore di Sanità Nel dicembre 2016 a Roma, in occasione della 124a Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina il Presidente Prof .

Andrea Lenzi ha proposto una Mozione approvata da tutti i CdS di Medicina Italiani per l’inserimento nel Core Curriculum del tema trasversale della Medicina di Genere, che, su indicazione di un gruppo di lavoro (Bellini et al., 2017) ha visto l’aggiornamento dell’offerta formativa inserendo obiettivi specifici riguardanti l’attenzione al sesso/genere nella Scheda Unica Annuale del CdS e all’interno dei programmi di almeno un insegnamento per anno di corso nella maggioranza dei CdS di Medicina e Chirurgia Italiani .

Questo nell’intento di formare futuri medici con un insieme di conoscenze omogene e strutturate nel percorso di formazione .

Un ambiente strutturato di documentazione per condividere conoscenze di base

A supporto di questa importante nuova decisione, si è allestito uno strumento di aggiornamento/formazione “Elementi di Medicina di Genere – Ambiente strutturato di documentazione online fruibile a distanza –– Livello avanzato per Docenti Universitari” .

Si tratta di quello che in termini informatici viene definito repository, organizzato in sette aree tematiche corredate da una bibliografia aggiornata a disposizione .

Un primo paragrafo tratta il significato dei termini sesso e genere, approfondendo sia le caratteristiche anatomo-biologiche-fisiologiche, sia ciò che attiene agli aspetti di vissuti psicologici, di relazione, di ruolo sociale che le persone vivono in quanto sessualmente caratterizzate come maschio o femmina. Prendendo spunto da un articolo della cardiologa americana Marianne Legato del 2011 nel quale viene anche introdotta la tematica delle identità sessuali e di genere “altre” oltre alla definizione binaria di maschio e femmina, viene sviluppato il concetto di human continuuum e si afferma il fatto che se parliamo di medicina “di genere” occorrerà ricomprendere anche le identità sessuali e di genere ascrivibile ai profili gay, lesbiche, bisessuali, transgender, etc. LGBT. Tra gli allegati si trova il Quaderno 26/16 del Ministero della Salute dal titolo “Il genere come determinante di salute. Lo sviluppo della medicina di genere per garantire equità e appropriatezza della cura” che può chiarire diversi snodi clinici. Un approfondimento sui ruoli sociali maschio e femmina di Brigitte Nielsen Docente di sociologia alla Johannes Gutenberg – Universität di Mainz, Germania, testimonia l’elaborazione che le scienze sociali hanno fatto della materia in questi decenni. Due articoli introducono ai temi della violenza di genere, senza velleità esaustive, ma con l’intento a confermare che il tema rientra a pieno titolo nella trattazione della medicina di genere .

Il secondo paragrafo contiene descrizioni di come la medicina, che dagli anni Settanta del secolo scorso, dopo secoli di interpretazione della donna come “piccolo uomo”, abbia progressivamente maturato un’attenzione alla salute e al corpo delle donne che supera le tradizionali aree legate alla riproduzione (apparato sessuale e seni), per considerare ogni parte del corpo, con l’intento di analizzare le caratteristiche dell’uomo e della donna ed effettuare una comparazione che consenta di apprezzare somiglianze e differenze. Alcune definizioni della medicina di genere e un commento di Nicla Vassallo, Docente di Filosofia Teoretica all’Università di Genova, anticipano la definizione e l’articolo originale che molti considerano il documento fondativo della medicina di genere, di Bernardine Healy, cardiologa, prima Direttrice dei NIH americani, sulla “Yentl Syndrome” a commento del sistematico sotto-trattamento delle patologie cardiovascolari nelle donne. “Why sex really matters” è la conversazione di David Page, Docente e Ricercatore Biologo, Direttore del Whitehead Institute del MIT, che studia le differenze genetiche tra uomo e donna ed afferma l’inevitabile urgenza di trattare gli aspetti legati al sesso in relazione con le malattie .

Basi cliniche della medicina di genere

Il terzo paragrafo dell’ambiente strutturato di documentazione, rappresenta, attraverso lavori di ricerca considerati precursori di tutte le successive trattazioni, una esaustiva rassegna di madri e padri fondatrici e fondatori di questo filone di pratica. Così si avvicendano scritti delle americane Marianne Legato, cardiologa di fama internazionale, già Docente alla Columbia University, Londa Schiebinger Docente di Storia delle scienza alla Standford University, Virginia Miller, Direttrice di ricerca Specialized Center for gender differences, Mayo Clinic, di Vera Regitz-Zagrosek autorevole cardiologa dell’ Università Charitè di Berlino, di Marek Glezerman, Past President dell’International Society of Gender Medicine e degli italiani Andrea Lenzi, Docente di Endocrinologia Direttore della sezione di Fisiopatologia medica ed Endocrinologia del dipartimento di Medicina Sperimentale della Sapienza Università di Roma; Flavia Franconi, già Docente e Ricercatrice di Farmacologia Molecolare, Università di Sassari e di Giovannella Baggio dell’Università di Padova .

Il report “Gender in health” dell’EU riassume, in visione europea, i temi delle differenze di salute uomo- donna, delle diseguaglianze nell’accesso ai servizi, con una prima breve introduzione al tema della formazione attenta al genere che viene poi ripreso e sviluppato nel quinto paragrafo .

Il quarto paragrafo parte con la ricerca preclinica ed i lavori di Walter Malorni, Alessandra Carè e i gruppi di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità, quindi studi che trattano di come applicare principi-guida per una biomedicina attenta alle differenze sessuali, di come incrementare il numero di donne nei trials clinici e farmacologici e della posizione dei NIH americani sulla metodologia di ricerca. Offre una carrellata di testimonianze di applicazioni pratiche della medicina orientata e attenta alle differenze sessuali e di genere .

Viene quindi offerta una carrellata di testimonianze di applicazione: cardiologia (Patrizia Presbitero-Humanitas Milano; Giorgio Noera–Villa Maria Cecilia- Cotignola (RA) – Regione Emilia Romagna; Marcello Galvani Azienda Ospedaliera della Romagna; Biagio Sassone, Azienda Sanitaria Locale di Ferrara); cronobiologia (Roberto Manfredini, Università di Ferrara); diabetologia (Annali AMD; Valeria Manicardi, Aziensda Sanitaria Locale di Reggio Emilia); epatologia (Erica Villa, Università do Modena e Reggio Emilia); farmacologia (AIFA, Flavia Franconi, Università di Sassari; Katia Varani, Università di Ferrara); medicina generale (Raffaella Michieli, SIMMG nazionale); sicurezza sul lavoro con gli atti di un convegno tenuto a Piacenza. Una sezione specifica approfondisce statement e linee guida, trattando sia della prevenzione dello stroke, dell’analisi del trattamento dell’infarto nelle donne, ma anche gli aspetti metodologici utili a costruire linee guida gender oriented .

Formare all’orientamento al genere in medicina

Il quinto paragrafo dell’ambiente strutturato di documentazione, è dedicato ai temi legati alla formazione al genere e l’inserimento di questo orientamento nel curriculum formativo dei professionisti della salute .

Dopo un pamphlet dell’OMS con precise indicazioni, si analizza l’esperienza decennale dell’Università di Innsbruck. L’editoriale di Andrea lenzi e l’approfondimento di Tiziana Bellini, Università di Ferrara e Stefania Basili, Università La Sapienza di Roma ed i rispettivi gruppi di ricerca, descrivono le considerazioni che hanno rappresentato il “motore” della costruzione di “Elementi di Medicina di Genere – Ambiente strutturato di documentazione online fruibile a distanza –– Livello avanzato per Docenti Universitari”, auspicando di poter condividere linguaggio e conoscenza comune a tutte le Facoltà di Medicina italiane. Infine, una ricerca su studenti di medicina delle Università inglesi, ci ricorda l’opportunità di inserire fin da subito nella programmazione didattica le tematiche e la conoscenza del rapporto salute e mondo LGBT .

Un ultimo paragrafo tratta della parte normativa legata alla medicina di genere, presentando sia il testo della Proposta di legge sulla medicina di genere che la sua sintesi, l’articolo 3 del cosiddetto DDL Lorenzin, approvato nel dicembre 2017, quindi operativo e l’articolo che comprende anche la parte della Formazione.

L’ambiente strutturato “a misura” di ogni Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia

L’ambiente strutturato di documentazione si presenta poi come strumento aperto e in divenire nella sua completezza, aperto alle eventuali integrazioni e suggerimenti che si intendano utili .

Le proposte da parte dei vari Presidenti di Medicina per quello che definiamo “parte generale”, andranno indirizzate a presidenti.medicina@gmail.com per il vaglio della Conferenza Permanente dei presidenti di Corso di laurea in Medicina e Chirurgia .

La piattaforma poi consente ad ogni Università di ritagliare una “area personalizzata” che una volta approvata dalla Conferenza può essere condivisa da tutti i CdS di Medicina Italiani o restare in alternativa un bagaglio del singolo CdS .

Questo ambiente di documentazione on line è un’area a piena gestione di ogni Corso di Laurea interessato con link e relative credenziali dedicate. Questi link con user e password (forniti gratuitamente dal centro Se@ dell’Università di Ferrara) verranno inviati dalla Conferenza ad ogni Presidente dopo la validazione del Gruppo di Lavoro dedicato della Conferenza .

(Per ulteriori informazioni contattare: sgnflv@unife.it, blt@unife.it)

Bibliografia

Bellini T., Raparelli V., Moncharmont B., Basili S., Lenzi A. Una proposta per la formazione degli studenti di Medicina e Chirurgia alla Medicina di Genere. Med. Chir .73. 3310-3314, 2017.

Hochleitner M. Nachtschatt U. Siller H. How Do We Get Gender Medicine Into Medical Education? Health Care for Women International 2013, 34:3–13

Signani F. Medicina di genere: a che punto è l’Italia? Ital J Gender-Specifi c Med 2015; 1(2): 73-77.

Tisdell, E. J. (1995). Creating inclusive adult learning environments: Insights from multicultural education and feminist pedagogy. Washington, DC: ERIC Clearinghouse on Adult, Career, and Vocational Education, Ohio State University. Report no. 361:1 – 122

World Health Organization (2007) Integrating gender into the curricula for health professionals. Meeting report . Department of Gender, Women and Health (GWH), Geneva, Switzerland

Cita questo articolo

Signani F., Basili S., Bellini T., Medicina di genere: un ambiente strutturato on line per condividere conoscenze di base, Medicina e Chirurgia, Medicina e Chirurgia, 77: 3566-3469, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-77-3

La formazione pre-laurea in cure palliative e in terapia del dolore: una raccomandazionen.77, 2018, pp. 3446-3450, DOI: 10.4487/medchir2018-77-1

Abstract

La Legge 38 del 15 aprile 2010 indica che il MIUR e il Ministero della Salute hanno l’obbligo di individuare criteri per la realizzazione di specifici percorsi formativi in materia di Cure Palliative e di Terapia del Dolore. Ad oggi sono stati pianificati a tale scopo numerosi masters. Tuttavia, alla luce della legge e dei bisogni di una Società Civile è necessario sviluppare insegnamenti specifici in tutti i corsi che si occupano di formare professionisti della salute. Per tale motivo la Conferenza Permanente dei Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CPPCLMM& C) è stata sempre al centro di discussioni e dibattiti su tali argomenti. Nel gennaio 2018, la CPPCLM-M&C ha ritenuto opportuno approvare una mozione per incentivare l’introduzione di percorsi specifici, debitamente indirizzati alle cure palliative e alla terapia del dolore, nei Corsi di Laure .

Parole chiave: le cure palliative, la terapia del dolore .

The law 38 released in 2010 clearly states that the MIUR and the Ministry of Health must design masters courses and identify criteria for the implementation of specific training courses in the fields of the Palliative Care and of the Therapy of Pain. While the Masters have already been planned and activated throughout the country, as regards specific training courses in the various pre- and post-graduate university courses, nothing has been done yet. Today the statement, considered by all civil society and not only by the Law, that the training in Palliative Care and in Therapy of Pain is of fundamental importance and it has to be developed for all who will be involved in the protection of health, has not yet found a practical realization. The Conference of the Presidents of the Degree Course in Medicine and Surgery (CPPCLM-M&C) has for years opened a debate on the topics and today we can see a possible solution, approved by the Assembly of the Conference that was held 22 January 2018 .

Key Words: Palliative Care, Treatment of Pain, End of Life, Pre-graduate Course

Articolo

Introduzione

La Legge 38 del 15 aprile 2010 recita chiaramente che il MIUR e il Ministero della Salute hanno l’obbligo di arrivare alla formulazione di corsi di Master ed alla individuazione di criteri per la realizzazione di specifici percorsi formativi in materia di Cure Palliative e di Terapia del Dolore1. Mentre i Master sono stati già pianificati e attivati su tutto il territorio nazionale, per ciò che riguarda la stesura specifici percorsi formativi nell’ambito dei diversi corsi universitari pre- e postlaurea, ancora non si è fatto nulla. Eppure, la affermazione, ritenuta da tutta la società civile, e non solo dalla Legge, che la cultura e la formazione in Cure Palliative è essenziale e venga sviluppata a tutti i livelli formativi di coloro che saranno addetti alla tutela della salute, non ha trovato ancora una realizzazione pratica .
La Conferenza dei Presidenti di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia (CPPCLM-M&C) già da anni ha aperto un dibattito sul tema ed oggi si intravede una possibile soluzione, proposta e approvata dalla assemblea della Conferenza del 22 gennaio 2018 ed oggi in fase di attuazione .

L’Impegno della CPPCLM-M&C

Il tema dell’insegnamento universitario delle Cure Palliative e della Terapia del Dolore è stato oggetto di un paio di articoli pubblicati da questa rivista2,3 .
In entrambi sono state esposte esplorazioni e possibili soluzioni tecniche per realizzare nei corsi di Medicina e Chirurgia un programma dedicato alle due aree .
Nel primo articolo, datato 2013, era stata formulata la ipotesi di una “dorsale didattica” in modo tale che gli insegnamenti, in particolare quello delle Cure Palliative, potessero essere trattati gradatamente durante lo svolgimento del piano di studi nell’ambito di corsi con contenuti inerenti ai temi dei bisogni nelle fasi finali della vita di coloro che sono affetti da malattie croniche degenerative2 .
Nel secondo articolo, quello del 2017, sono stati esposti i risultati di un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti della CPPCLM-M&C e della Conferenza Permanente dei Direttori di Master Universitari in Cure Palliative e in Terapia del Dolore3 .
In questo articolo era proposta la realizzazione di un programma di studio che fosse flessibile in relazione alla disponibilità delle diverse sedi universitarie ma i cui principi costitutivi fondamentali fossero delineati da una posizione definita dal corso di studio e riportata nella Scheda Unica Annuale (SUA). Nell’articolo si riprendeva la possibilità di una dorsale didattica ma veniva segnalata anche la esperienza di alcune sedi universitarie che hanno basato l’insegnamento su un corso specifico, in genere di un CFU-T, “imprestato” dalla Medicina Interna o dalla Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore. In questi corsi l’insegnamento era tenuto da docenti a contratto provenienti dal mondo professionale .
Quest’ultimo approccio rileva un aspetto importante che è quello di dedicare un corso specifico al tema affrontato e non inserire l’argomento all’interno di problematiche, anche cliniche, diverse, con un approccio metodologico differente a seconda dei docenti coinvolti. Il problema della didattica, in particolare anche se non esclusivamente delle Cure Palliative, di chi e come insegna, e su quali basi culturali è un problema delicato perché la Università sta iniziando ora a metabolizzare la necessità di insegnare gli argomenti della palliazione e del dolore nei malati inguaribili a prognosi infausta. Il corpo docente quindi deve affrontare ancora qualche passaggio prima di riuscire ad essere completamente solido per affrontare il tema .
Il docente universitario oggi deve ancora affinare la “cultura della palliazione” e inserirla in maniera sintonica al fianco della” cultura tecnica” della cura della malattia. E’ un processo di penetrazione e di affermazione culturale di materia “nuova” all’interno dell’Accademia che si prospetta inevitabilmente lungo .
Però non è possibile attendere ancora quindi l’idea di corsi dedicati, anche con il contributo di docenti esterni alla Università, è apparsa come una soluzione da percorrere in questo momento.

I problemi di inserimento di corsi specifici in Cure Palliative e in Terapia del Dolore nel CdL e ipotesi di soluzione

Nel percorso di formazione del CLM i crediti obbligatori teorici (CFU-T) sono 300 e quelli obbligatori pratici professionalizzanti (CFU-F) sono 60 per un totale di 360 crediti. I crediti formativi teorici (CFU-T) sono affidati ai settori scientifici disciplinari (SSD) e sono obbligatori .
Un primo ostacolo all’inserimento di un nuovo corso nei piani di studio è trovare la disponibilità di CFU. Così come sono organizzati oggi i corsi di Laurea, e tra questi anche quello in Medicina e Chirurgia, togliere crediti agli insegnamenti già formati all’interno dei CFU-T è una operazione difficilmente perseguibile .
Inoltre, non esiste oggi un SSD specifico per le Cure Palliative e né un SSD specifico per la Terapia del Dolore (anche se comunque quest’ultimo tema si trova nella declaratoria del MED/41-Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore) .
Per aggirare questi ostacoli si è ipotizzato di prendere i crediti formativi dai CFU-F obbligatori perché questi non hanno l’obbligatorietà di un SSD e, anche se si devono aggregare ad un SSD, possono essere svolti in maniera autonoma. Peraltro, i 60 CFU-F non sempre riescono ad essere impiegati tutti, quindi la loro attribuzione non presenta confini conflittuali particolarmente rigidi. Infine, a sostegno della validità didattica, i CFU-F possono essere espletati come seminari professionalizzanti o altre forme didattiche che non necessariamente implicano un approccio al letto del malato .
Sulla base delle considerazioni sopra esposte, il Gruppo di Lavoro ha proposto alla CPPCLMC l’inserimento nel percorso di formazione del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia di 2 CFU-F: 1 CFU-F in Cure Palliative (o Medicina Palliativa) e 1 CFU-F in Terapia del Dolore (o Medicina del Dolore) .
I crediti dovrebbero essere presi tra i 60 CFU-F obbligatori e sono di 25 ore/cfu. Questi crediti prevedono una valutazione finale con idoneità che, aggregata ad un SSD specifico, potrà confluire in un voto che nella valutazione complessiva terrà conto di questa idoneità. Si possono aggiungere a tal scopo anche abilità certificate sul libretto studente .
I CFU-F saranno associati ad un SSD: la proposta è quella di aggregare il CFU-F in Cure Palliative a Medicina Interna (MED 09) oppure a Oncologia Medica (MED 06) o ad uno degli altri 7 SSD citati dal DL ovvero oncologia medica (MED06), malattie infettive (MED17), radioterapia (MED36), ematologia (MED15), medicina interna (MED09), neurologia (MED26), pediatria (MED38), geriatria (MED09), anestesia e rianimazione (MED41) e di aggregare il CFU-F in Terapia del Dolore ad Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore (MED 41). Si propone inoltre l’inserimento nel quadro A4b2 della SUA dei Corso di Studio (CdS) dei diversi Atenei l’obiettivo specifico del sapere e saper fare con frasi riguardanti gli obiettivi sulle cure palliative e sulla terapia del dolore in ambito adulto, geriatrico, pediatrico (Tavola I). Con questa proposta un Corso in Cure Palliative e un Corso in Terapia del Dolore entrano di fatto con il loro titolo nel piano di studi dei CdL in Medicina e Chirurgia. Questi due insegnamenti saranno frequentati da tutti gli studenti perché fanno parte dei 60 CFU-F obbligatori, pertanto: (1) possono essere riconosciuti come denominazione a sè stante anche se con una aggregazione che dipende da ogni singolo CdS, (2) devono essere svolti per il conseguimento del diploma di laurea, (3) devono essere certificati .
L’attivazione dei due CFU-F viene completata attraverso l’inserimento negli obiettivi della SUA-CdS Quadro A4b2 (non RAD o non ordinamentale) di ogni singolo Ateneo e non devono passare necessariamente alla approvazione di CUN e MIUR .
La scelta dei docenti è affidata ad ogni CdS e si basa su criteri di qualità raccomandati dalla CPPCLMC riferibili principalmente a indicatori bibliometrici e a esperienza didattica in ambito accademico .

Conclusioni

La proposta, elaborata e presentata da Tiziana Bellini, è stata recepita dalla CPPCLM-M&C nella assemblea del 22 gennaio 2018 ed è stata l’oggetto della raccomandazione proposta dal Prof. Andrea Lenzi, Presidente della Conferenza, approvata alla unanimità ”… a tutti i CLM in Medicina e Chirurgia di integrare, a partire dall’aa 2017-2018, con 2 CFU-F di tirocinio professionalizzante, ricompresi nei 60 CFU F obbligatori dell’ordinamento dei CLM in Medicina e Chirurgia, denominando rispettivamente 1 CFU-F Cure Palliative (o Medicina Palliativa) e 1 CFU-F Terapia del Dolore ed associandoli ai SSD più opportuni, in funzione delle Sedi nell’ambito di quelli previsti nelle normative sopracitate, e di implementare i singoli CLM con attività didattiche riguardanti gli obiettivi specifici sulle Cure Palliative e sulla Terapia del Dolore in ambito pediatrico, dell’adulto e geriatrico.” (Tavola II) .
La raccomandazione considera pertanto lo sviluppo della didattica in Cure Palliative e in Terapia del Dolore non solo nel contesto di CFU dedicati ma anche all’interno di materie in cui dovrebbero essere affrontate tematiche e patologie che nella loro storia naturale possono evolvere nella cronicità e nella inguaribilità .
Prima dell’estate del 2017 è stato istituito un “Tavolo tecnico misto MIUR-Ministero della Salute per la individuazione dei criteri generali per la disciplina degli ordinamenti didattici di cui all’Articolo 8 della Legge 38”. Il tavolo tecnico ha elaborato proposte per l’inserimento degli insegnamenti in Cure Palliative e in terapia del Dolore nelle Scuole di Specializzazione Mediche, nei Corsi dei Laurea delle Professioni Sanitarie e in quelli di Psicologia, nei Corsi di formazione dei Medici di Medicina Generale. Il tavolo ha recepito anche la proposta del CPPCLM-M&C. Il punto di arrivo di tali proposte sarà la produzione di Decreti Ministeriali per la regolamentazione della formazione universitaria nell’area della palliazione e della medicina del dolore, in analogia a quanto avvenuto nel 2012 per i Master .
Il tavolo di lavoro e quanto recepito e approvato dalla CPPCLM-M&C sottolineano l’impegno delle Istituzioni nello sviluppo di una cultura palliativa che venga generata con con una didattica formalizzata e condivisa .
Il passo fatto dalla CPPCLM-M&C è veramente importante e pone la Accademia italiana al passo con quella di altre “leading countries” occidentali nel contesto della formazione dei nuovi medici4,5. In fase applicativa la raccomandazione deve confrontarsi con le disponibilità delle diverse sedi universitarie che dovrebbero agire sulla base di criteri generali condivisi. Certamente, perlomeno che ciò che riguarda le Cure Palliative, non è pensabile che tutti gli studenti possano svolgere le 25 ore dei CFU-F su pazienti in cure palliative. Appare opportuno quindi ipotizzare piani di formazione che devono escludere la didattica frontale ma potrebbero includere quella seminariale professionalizzante, e-learning, partecipazione a briefing multidisciplinari nei nodi delle reti. Anche la scelta dei docenti dipenderà dalle disponibilità locali ma è importante che avvenga sulla base di profili di conoscenza del tema e di provata capacità didattica e scientifica .
L’inserimento delle Cure Palliative e della Terapia del Dolore nel Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia pone inevitabilmente la necessità di un confronto del mondo universitario, che si responsabilizza nella formazione in tali ambiti su cui è ancora un po’ acerbo, con quello delle professioni, che, soprattutto nell’area delle Cure Palliative ha sviluppato temi di applicazione clinica e organizzativa ma che deve avviare una riflessione interna per definire quale idoneità scientifica e didattica è in grado di offrire a supporto di una formazione universitaria di qualità.
Lo stesso percorso dovrà essere fatto anche dalle altre figure professionali coinvolte nella cura palliative e del dolore perché tutta la formazione implica un confronto non solo tra Università e mondo delle professioni ma anche tra discipline mediche, specialistiche, infermieristiche per la caratteristica fortemente multidisciplinari delle Cure Palliative e per la interazione di queste con la Terapia del Dolore .
La qualità della docenza, la regolarità dello svolgimento del piano didattico e la conformità degli obiettivi formativi nel rispetto delle SUA, delle raccomandazioni della Conferenza, e di possibili futuri decreti legge potrebbero essere oggetto di valutazione da parte degli studenti che hanno dimostrato già da tempo interesse e bisogno di conoscere le problematiche del fine vita e del dolore per completare la loro formazione professionale.

Tavola I: un esempio di SUA CdS QUADRO A4.b2 che sostiene gli insegnamenti di Cure Palliative e di Terapia del Dolore nel CdL in Medicina e Chirurgia (in grassetto) (Università di Ferrara cortesia della Prof.ssa Tiziana Bellini)Schermata 2018-05-03 alle 12.43.41

Bibliografia

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2. Scarone S, Biasco G, Cetto G, De Marchi, Di Virgilio F, Golino P, Mazzanti L. Le tematiche didattico-pedagogiche delle Cure Palliative, Medicina e Chirurgia, 58: 2580-2581, 2013 .
3. Biasco G, Tellan G, Basili S, Bellini T, De Placido S. Le Cure Palliative e il loro Insegnamento nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia. Med. Chir. 75. 3391-3393, 2017
4. Moroni M, Bolognesi D, Muciarelli PA, Abernethy AP, Biasco G. Investment of palliative medicine in bridging the gap with academia: a call to action. Eur J Cancer. 47: 491-495, 2011 5. Noguera Tejedor A, Bolognesi D, Centeno C, Biasco G .
Genesis & development of palliative care teaching in Undergraduate Medical Education. Case Study of eight European Countries (J Pall Med, in press)

Cita questo articolo

Biasco G., Bellini T., Lenzi A., La formazione pre-laurea in cure palliative e in terapia del dolore: una raccomandazione, Medicina e Chirurgia, 77: 3446-3450, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-77-1

Le Cure Palliative e il loro insegnamento nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgian.75, 2017, pp.3391-3393, DOI: 10.4487/medchir2017-75-3

Guido Biasco1, Guglielmo Tellan2, Stefania Basili2, Tiziana Bellini3, Sabino De Placido4

1 Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2 Università “La Sapienza” di Roma, 3 Università di Ferrara, 4 Università di Napoli “Federico II”..

Corrispondenza: Guido Biasco, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, guido.biasco-unibo.it

Abstract

Il bisogno di una organizzazione che si prenda cura del malato inguaribile e della sua famiglia è sempre più pressante. In risposta a questo bisogno è necessaria la formazione di professionisti dedicati. E’ un compito della Università creare una cultura clinica di base che parta da processi formativi inseriti nel prelaurea e non solo nel post-laurea, area dedicata alla formazione di specialisti nel settore. In Italia la formazione pre-laurea in Cure Palliative è ancora molto frammentaria. Non tutte le sedi universitarie hanno disponibilità di corsi dedicati e i pochi corsi presenti sono differenti per modalità formative e durata. La Conferenza prende atto delle necessità di un adeguamento nella formazione in Cure Palliative dello studente in Medicina e chirurgia e ha attivato un gruppo di lavoro per la pianificazione di programmi educativi omogenei ma flessibili e realizzabili in tutte le sedi universitarie.

Parole chiave: Cure Palliative, Cure di fine vita, Master

Summary An efficient organization for the care of patients at the end of life and their families is an increasing ethical and social need. In response to this, a corpus of trained professionals is required. The task of the University is to create a basic clinical culture starting from the medical students. In Italy, this policy is weak and fragmentary. Not all Universities offer dedicated courses in Palliative Care and the few available courses show differences in terms of program contents and duration. The Conference acknowledges the deficiency. A working group for the planning of homogenous but flexible educational programs that could be implemented at all Universities of the Country has been set up.

Key words: Palliative Care, End of Life Care, Master

Articolo

Introduzione Il tema delle Cure Palliative è sempre più dibattuto in ambito clinico, organizzativo, etico, scientifico1,2.

Il dibattito è alimentato dalla consapevolezza sociale delle problematiche dell’inguaribilità e del fine vita che richiedono una risposta che parta dalla realizzazione di un approccio clinico che migliori la qualità di vita del paziente e della sua famiglia.

E’ pertanto evidente la necessità di un corpo di professionisti in grado di rispondere ai bisogni di una persona che non ha più prospettive di guarigione e della sua famiglia.

La OMS ha quantificato il bisogno di Cure Palliative nella popolazione mondiale dichiarando che: “the National Health Systems need to include Palliative Care in the continuum of care. It should not be considered as an optional extra …… ensuring that education about Palliative Care (including ethical aspects) is offered to students in undergraduate medical and nursing levels, in accordance with their roles and responsibilities and as a part of human resource development” 3.

Nel documento viene quindi sottolineata la importanza di una educazione alle Cure Palliative che venga avviata nel pre-laurea di medici e infermieri, e non sia solo realizzata con la formazione di specialisti nella materia.

Il compito spetta alla Università che non sempre risponde in maniera adeguata.

Nei Paesi occidentali la formazione in Cure Palliative sia nel pre-laurea che nel post-laurea si muove in maniera disorganica 4,5. Tipologia, durata, certificazione dei corsi sono differenti tra le diverse nazioni portando ad un livello formativo molto diverso con un divario tra “leading” e“non leading countries” ancora piuttosto elevato 6,7. Però la Accademia si sta muovendo un po’ dappertutto e, nonostante le disparità, il movimento delle Cure Palliative sta richiamando l’attenzione del mondo accademico anche nelle nazioni più “resistenti” alla presa d’atto di una necessità sociale non più differibile.

La situazione in Italia La Legge 38 del 15 aprile 2010 riporta che il MIUR e il Ministero della Salute hanno l’obbligo di arrivare alla formulazione di corsi di Master ed alla individuazione di criteri per la realizzazione di specifici percorsi formativi in materia di Cure Palliative e di Terapia del Dolore 8.

Nel 2011 un tavolo di lavoro congiunto tra i due Ministeri ha disegnato 5 tipologie di Master. Le caratteristiche principali di questi modelli formativi sono le seguenti: 1) possono essere attivati solo da Università con requisiti formativi definiti (consolidata attività didattica nel settore, presenza o convenzione con strutture assistenziali riconosciute dal SSN), 2) devono avere obiettivi formativi qualificanti definiti per ogni Master, 3) devono avere un piano di formazione teorica e di attività pratiche obbligatorie, 4) il contenuto formativo deve rispettare quanto riportato in un DM stilato ad hoc nel marzo 2012 9.

Il piano per la formazione postlaurea in questi anni è andato avanti. Nel 2016 sul territorio nazionale erano attivi 42 Master, oggetto di verifica di qualità sulla base di un programma coordinato dalla Conferenza Permanente dei Direttori di Master in Cure Palliative e in Terapia del Dolore.

Al contrario del post-laurea la formazione pre-laurea è rimasta piuttosto indietro.

Nel 2013 un gruppo di lavoro della Conferenza Permanente dei Coordinatori di CdL in Medicina aveva ipotizzato la realizzazione di una dorsale didattica “palliativa” 10.

Il modello prevedeva un lavoro didattico frontale su tre livelli successivi di complessità: 1) approccio molto precoce, di tipo valoriale e relazionale, in Medical Humanities o Introduzione alla Medicina su concetti generali legati alle Cure Palliative quali, ad esempio, il problema del confronto del medico con la morte, il fine vita nei suoi aspetti umani ed etici (II-III anno, 2) l’approccio palliativista alla Clinica attraverso una formazione fornita, nel corso di Metodologia Clinica da docenti in grado di fornire agli Studenti le basi del sapere in Cure Palliative, standardizzate sulla consuetudine consolidata alla pratica terapeutica (oncologi degli adulti, oncologi pediatri) (IV-V anno), 3) approfondimenti sulle Cure Palliative Specialistiche, con riferimento specifico ai 9 ambiti clinici specialistici equipollenti al Settore Concorsuale in “Cure Palliative” previsto dal SSN (V-VI anno).

Questa formula didattica non è stata di fatto applicata.

Oggi è presente solo la esperienza di un percorso “longitudinale” che si basa su Etica e Medical Humanitìes realizzato dalla Università di Ferrara. Nel programma didattico sono comprese anche, ma non esclusivamente, le Cure Palliative, tema peraltro trattato anche nei corsi di Oncologia Medica, Psichiatria, Psicologia Clinica.

Altre Università (Milano Statale, Trieste, Genova) hanno realizzato corsi monotematici di 1 o 2 CFU con la partecipazione alla didattica di docenti a contratto che provengono dal SSN. I crediti formativi, in assenza di un SSD in Cure Palliative, sono stati “concessi” da altri SSD, in particolare dal settore MED 09-Medicina Interna.

In campo di Oncologia Medica, la branca che più di altre è coinvolta nella formazione in Cure Palliative, all’argomento sono dedicate poche e molto variabili ore di didattica. Un recente studio osservazionale condotto dal Collegio degli Oncologi Medici Universitari segnala che solo 15 su 26 Corsi di Oncologia Medica dedicano da 2 a 10 ore alle Cure Palliative.

Anche la Attività Didattiche Elettive in Cure Palliative sono state realizzate in poche Università. Solo 7 corsi su 42 Università esaminate con una survey personale hanno attivato corsi elettivi in Cure Palliative o argomenti affini dedicando a questi Corsi 1-4 CFU.

Infine una attività di tirocinio elettivo è stata realizzata dalla Università di Bologna sulla base di un accordo con strutture Hospice convenzionate con il SSN.

Il tirocinio è offerto a studenti del 5° e del 6° anno ed ha durata rispettivamente di 3 e 16 settimane.

Conclusioni

E’ evidente che la formazione pre-laurea in Cure Palliative nelle nostre Università va rivista e regolamentata.

Modelli di corsi obbligatori dedicati dovrebbero essere disegnati in maniera flessibile in modo da poter essere realizzati in funzione delle disponibilità di ogni singola sede universitaria.

La Università ha un impegno anche morale che non può lasciare le Cure Palliative in un alveo senza regole affidato alla iniziativa di singole sedi. L’insegnamento in tal modo rimarrebbe carente e disomogeneo.

Certamente la mancanza di un SSD in Cure Palliative aumenta la difficoltà di una didattica formalizzata nel Corso di Laurea. Tuttavia esperienze positive sia su più corsi che su corsi dedicati possono essere prese ad esempio e analizzate.

Nel Curriculum formativo dello studente in Medicina e Chirurgia sono entrate recentemente 7 Unità Didattiche Elementari dedicate alle Cure Palliative. E’ un punto importante che segnala il riconoscimento della necessità di una formazione specifica. Spetta alla Conferenza fare proposte. In questo senso il dibattito aperto nella riunione del 10 luglio 2017 e la costituzione di un gruppo di lavoro dedicato indicano che l’impegno ad affrontare il tema è ripartito in maniera più consapevole e fattiva di quanto avvenuto sino ad ora.

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Cita questo articolo

Biasco G., Tellan G., Basili S., Bellini T., De Placido S.,  Le Cure Palliative e il loro insegnamento nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, Medicina e Chirurgia, 75: 3391-3393, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-75-3

Analisi delle cause del ritardo studentesco nel CLM in Medicinan.74, 2017, pp. 3366-3371, DOI: 10.4487/medchir2017-74-2.

Abstract

Although the number of inactive students is rather high in Italian University (35%), the figures are distinctively lower for medical students (14% of inactive students and 3-5% of renouncing). A recent survey among medical students at La Sapienza University of Rome has singled out the following as the main causes of graduation delay: difficulties in studying (43%); delayed matriculation (due to controversies in the application competition) (16%); psychological upset (13%); family (6%) or health (3%) problems; and economical difficulties (3%).

The causes of graduation delay have been debated by the National Conference of the Undergraduate Curricula Presidents in a Forum held in Novara. Four types of causes and solutions have been discussed: i) teaching causes and active tutoring; ii) psychological upset and counselling; iii) social, cultural and economic hardships and counter window interventions; and iv) disproportion between didactic load and learning capabilities, and educational interventions.

In conclusion, the need for monitoring student upset and for reducing disciplinary learning objects (subject to quick obsolescence) in favour of methodological ones (that favour a lifelong learning) has been assessed.

Key words: Medical Education; Graduation Delay; Tutoring; Counselling

Parole chiave: Pedagogia Medica; Ritardo Studentesco; Tutoraggio; Assistenza Psicologica

Questo articolo riferisce sui risultati del Forum “Le cause del ritardo studentesco” che si è tenuto durante la riunione della Conferenza Permanente dei Presidenti di CCLM in Medicina che si è svolta presso l’Università del Piemonte Orientale il 31 marzo 2017.

Articolo

Introduzione

Una notevole percentuale degli studenti in Medicina arriva alla laurea con “ritardo” (dati 2013-14, fonte: Sapienza, Università di Roma): il 60% degli studenti si laurea in medicina con oltre 1 anno di ritardo.

Nel 2011 un gruppo di lavoro della commissione “Medical Education” della Sapienza, ha svolto una indagine su 50 studenti “inattivi” che non avevano effettuato esami da almeno 12 mesi. (Merli et al., 2012). I principali problemi rilevati risultarono prevalentemente di carattere logistico (pendolarismo, difficoltà a frequentare i corsi, studenti lavoratori) o amministrativo-burocratico (soprattutto per gli studenti stranieri). Nel 2016 abbiamo voluto ripetere questa indagine rivolgendo la nostra attenzione agli studenti “irregolari” che, pur avendo effettuato esami negli ultimi 12 mesi, risultavano carenti per il numero di crediti raggiunti rispetto agli attesi. La situazione dei crediti individuali è stata richiesta alla “banca dati di Infostud” al termine dell’AA per gli iscritti al 2°, 3° e 4° anno. La carenza di crediti è stata definita la situazione in cui lo studente non raggiunge il totale dei crediti acquisibili nell’anno precedente (uno studen-te che alla fine del 3° anno non ha ancora raggiunto i crediti ottenibili alla fine del 2° anno). Sono stati individuati 170 studenti “irregolari” (su 648 iscritti) ed è stata loro inviata una mail con un breve questionario per individuare il principale motivo del ritardo. Le risposte (ottenute dal 27%) hanno individuato come cause prin-cipali le “difficoltà nello studio” (56%), l’essere “entrati con ritardo” per problemi di scorrimento della gradua-toria o ricorsi legali (16%), cause familiari (6%), motivi di salute (3%), motivi economico lavorativi (3%).

In conclusione, il ritardo si instaura già dai primi anni di studio e l’università dovrebbe concentrare in questa fase uno specifico supporto alle “difficoltà nello studio” (Manuela Merli).

I  Laboratorio: Ritardo per cause didattiche: interventi di tutoring

Relazioni introduttive

Sicuramente, il passaggio dal mondo scolastico a quello universitario è un punto cruciale per uno studente in medicina: in molti riescono ad affrontarlo, mentre per altri rappresenta un ostacolo. “Classi” più grandi, la necessità di uno studio autonomo e di conseguenza di un metodo di studio efficace che però non da tutti è posseduto, la difficoltà del nuovo rapporto studente-docente, diverse modalità di apprendimento, sono tutte possibili situazioni che possono portare al ritardo, in particolare proprio nei primi anni. Per questo forse è necessario un accompagnamento degli studenti nel loro percorso, e il tutorato può rappresentare uno strumento utile a questo scopo (Federica Viola).

Il ritardo studentesco per cause didattiche nasce nei primi anni di corso dove si concentrano le scienze di base, impegnative e non molto attrattive per un aspirante medico, cui si aggiungono carenze nelle conoscenze preliminari, disagi sia nell’affrontare il passaggio dalla scuola superiore all’università sia legati allo scorrimento della graduatoria nazionale. È importante mettere in atto varie azioni di tutorato per ridurre il rischio di ritardo e rendere più agevole l’ingresso nella vita universitaria. Un primo intervento è puramente didattico, volto a colmare carenze derivate dal percorso pre-universitario o da iscrizioni a semestre inoltrato. È però altrettanto importante modificare l’approccio allo studio, “imparare a studiare” e stimolare la formazione di una comunità studentesca che consenta l’apprendimento attraverso un confronto tra pari. Gli studenti sono parte attiva, presen-tano e discutono tra loro un argomento del programma, il docente ha il ruolo di moderatore e interviene solo per correggere e puntualizzare (Maurizia Valli).

Il ritardo medio nazionale alla Laurea rilevato da Alma Laurea si declina in modo diverso nelle varie sedi, rendendo necessario identificare strumenti e interventi correttivi “confezionati su misura”.

Il PdQ dell’Università di Chieti ha sviluppato due sistemi S.I.Ca.S. e M.E.P. che, estraendo i dati da Esse3, forniscono di default un’analisi delle carriere studenti, per criteri specifici, consentendo di individuare studenti in ritardo o “a rischio” ed aiutando nell’identificazione della/e causa/e. Questa analisi, condotta già dai primi anni di corso sta permettendoci di effettuare interventi mirati di “tutorato attivo”. Nel nostro CdL coesistono diverse tipologie di tutor: docenti-consiglieri che seguono lo studente fino alla Laurea; docenti-tutor che su richiesta svolgono attività didattiche mirate; e infine, più re-centemente, studenti-tutor, impegnati in attività didattiche di supporto, di counselling e di studio guidato.

La nostra esperienza suggerisce che uno stretto monitoraggio delle carriere degli studenti può consentire interventi precoci e mirati di tutorato attivo svolto da docenti e/o studenti più anziani (Raffaella Muraro).

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel I laboratorio

Indicatori del ritardo studentesco: Dal laboratorio sono emerse diverse criticità, che sono particolarmente sensibili nei primi anni di corso:

  • il disagio provocato negli studenti dal cambiamento del metodo di studio dalla scuola secondaria all’univer-sità e dalla delusione per un biennio di base che non viene avvertito come realmente finalizzato al percorso clinico;
  • la difficoltà nell’affrontare gli esami di profitto, che spesso non tengono conto del patto formativo e dipen-dono troppo dalla soggettività del docente.

Metodi di rilevazione del ritardo studentesco: I migliori risultati sembrano emergere dalle osservazioni personali messe in atto dai Presidenti di CLM e dai docenti, anche tramite le esperienze di orientamento. La scheda del riesame dovrebbe essere uno strumento utile anche se le domande poste dall’ANVUR non sono sem-pre adeguate al rilevamento del disagio studentesco. Rimane essenziale il monitoraggio delle carriere messo in atto dal singolo Presidente di CLM, che permette di valutare anche l’influenza socio-culturale specifica del proprio territorio.

Possibili strumenti di intervento sul ritardo studentesco: Accanto alle attività di orientamento, il tutorato è unanimemente considerato la strategia più efficace, purché venga messo in atto un tutorato attivo con la creazione di piccole comunità di studenti assistite da docenti, studenti anziani e counsellor (Licia Montagna: testo non rivisto dall’Autore).

Laboratorio: Ritardo per cause di disagio psichico: interventi di counselling

Relazioni introduttive

Durante gli anni di Medicina, il tipo di disagio psi-chico che noi studenti più sentiamo come vicino noi è quello della “ipocondria”, che da alcuni è stata definita come la “sindrome dello studente di Medicina”. Si inizia-no a studiare i sintomi, la semeiotica, le patologie ma la nostra abilità diagnostica è limitata, forse molto sensibile a captare qualsiasi minimo sintomo ma altamente aspe-cifica per qualsivoglia reale malattia. Da ciò, nasce che studenti che percepiscono un minimo tremore o una lieve miochimia possano convincersi di essere affetti da malattie neurologiche gravi come la SLA. In studenti fuori sede, con pochi amici, con una scarsa rete di sup-porto e con una determinazione non troppo stabile, tale convinzione può portare facilmente ad ansia debilitante e ritardo studentesco (Adolfo Mazzeo).

La compromissione della salute psichica può influire grandemente sull’andamento della carriera universitaria fino a spingere lo studente ad abbandonare gli studi o a rimanere fermo, inattivo, incapace di riprendere il cammino.

I quadri clinici più frequenti, come d’altra parte nella popolazione generale, sono rappresentati da stati depressivi e vissuti ansiosi, spesso correlati a fatti perso-nali della loro vita ma anche alla difficoltà di studiare in modo soddisfacente e di superare le prove d’esame. Queste condizioni possono influenzare le funzioni cognitive di base come la memoria, l’attenzione, la capacità di concentrazione, rendendo ancora più laborioso l’apprendimento e mettendo a rischio la possibilità di superare con serenità gli esami. Da ciò spesso insorge una vera fobia dell’esame. La difficoltà di superare gli esami a sua volta può indurre uno stato di demoralizzazione e di sfiducia che comporta spesso una diminuzione della propria autostima. Più raramente, gli studenti presentano patologie psichiatriche particolarmente invalidanti che necessitano di un supporto farmacologico.

Per questi studenti problematici va programmato un percorso di tutorato attivo, su misura e personalizzato, che consiste nell’aiutare lo studente nella preparazione dell’esame e nell’accompagnarlo in sede di esame.

Come si fa ad intercettare il malessere psicologico dello studente? La prima persona che può cogliere uno stato di disagio dello studente è tutor clinico o il docente, sia durante le lezioni, sia durante le ore di ricevimento, ma soprattutto durante lo svolgimento dell’esame, che permette di conoscere più a fondo la reattività emotiva e lo stile relazionale dello studente. Il docente può indirizzare lo studente verso servizi dedicati, come il Servizio di Ascolto e di Consultazione (SACS) che dal 1991 è attivo presso l’Università dell’Aquila.

Il Ritardo studentesco viene preso come un indicatore di efficienza del sistema ma in realtà va ribadito che spesso le cause che portano una persona a ritardare il suo percorso universitario possono essere oggettive, quali per esempio una malattia fisica, metabolica, neurologica, psichiatrica, o condizioni socioeconomiche che spesso comportano la necessità per lo studente di lavorare durante gli studi (Massimo Casacchia).

Negli ultimi anni la raccolta del profilo e delle caratteristiche degli studenti che accedono ai servizi di counselling psicologico si è fatta sempre più sistematica (Strepparava et a., in stampa, Strepparava et al., 2016, Monti et al., 2014; Menozzi et al., 2016; Biasi et al., 2017) e ha evidenziato come, accanto a difficoltà di transizione evolutiva, vengano portate sempre più spesso problematiche di natura clinica.

Analizzando i dati di circa 300 studenti che hanno avuto accesso al nostro servizio di counselling psicologico, circa una metà degli studenti si presenta all’ingresso con una sofferenza di livello medio basso, in linea con la tipologia di difficoltà che questo tipo di servizio dovrebbe gestire, ma l’altra metà porta invece una sofferenza di livello medio alto, non di rado anche con un elevato ri-schio auto o etero lesivo. È quindi evidente che, proprio sulla base della rilevanza clinica di buona parte delle richieste di counselling, i servizi universitari debbano i) essere di fatto pensati e strutturati in modo tale da pre-vedere interventi differenziati, validati e adeguati ai vari gradi di sofferenza, ii) essere adeguatamente inseriti e collegati con gli altri servizi pubblici della rete territoriale per la salute mentale e soprattutto iii) avere operatori adeguatamente formati per fronteggiare questo tipo di casistica e saper lavorare in rete. I servizi universitari di counselling costituiscono spesso un primo (quando non l’unico) punto di accesso all’intervento e alla cura per giovani adulti che non arriverebbero all’attenzione dei servizi di salute mentale, in una fase di vita in cui i percorsi evolutivi patologici o di sofferenza possono ancora essere cambiati per una risoluzione più positiva.

La formazione degli operatori e l’organizzazione (sia interna che con la rete dei servizi territoriali) sono una delle sfide del futuro per i servizi di counselling: attualmente non vi sono linee guida comuni e ogni Ateneo ha strutturato i propri servizi in modo autonomo, sulla base delle diverse sensibilità dei coordinatori dei servizi, privilegiando in molti casi la dimensione tutoriale o degli interventi legati al sostegno allo studio, aspetti sicuramente rilevanti, ma non sufficienti alla gestione adeguata degli utenti. La formazione degli operatori deve, a nostro avviso, essere primariamente clinica, per garantire la sufficiente competenza nella diagnosi e nell’identificare le situazioni di maggiore gravità; la for-mazione clinica è importante soprattutto per evitare il rischio di sottostimare situazioni critiche e di ritardare interventi necessari. Anche la formazione dei docenti, che costituiscono le principali figure di riferimento per gli studenti, può facilitare il riconoscimento di situazioni di crisi e l’invio al servizio, anche se solo in poche occasioni gli Atenei riescono a lavorare con i docenti per fornire loro adeguate chiavi di lettura atte a riconoscere i campanelli di allarme, identificare chi può aver bisogno di aiuto e indirizzare nel modo più adeguato gli studenti ai servizi adatti.

Un ulteriore elemento di riflessione è dato dal legame tra la performance accademica e il disagio psichico: solo due studenti su 10 che accedono al servizio di counselling sono fuori corso; circa la metà riferisce di essere in ritardo con gli esami; questo significa che al servizio di counselling non si rivolgono solo «cattivi studenti», come una visione un po’ ingenua a volte sostiene: gli interventi devono essere sufficientemente articolati da prevedere anche un focus sulla performance acca-demica, ma la valutazione dell’efficacia dell’intervento non può passare solo attraverso la verifica del ripristino della carriera accademica (Maria Grazia Strepparava e Marco Bani).

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel II laboratorio

Dalle relazioni introduttive e dal dibattito, sono emersi i seguenti spunti:

Indicatori del ritardo studentesco: Il disagio psicologico è particolarmente diffuso tra gli studenti dei corsi di laurea delle professioni di cura e insorge in studenti vulnerabili. Si manifesta con ansia, da cui disturbi cognitivi che portano a difficoltà nello studio e a fallimento negli esami, con riduzione dell’autostima.

Metodi di rilevazione del ritardo studentesco: Docenti e tutor dovrebbero cogliere anomalie di comportamento dello studente come la difficoltà di relazione con il paziente. Gli strumenti sono l’osservazione diretta durante il tirocinio o l’invito a produrre scritti riflessivi.

Possibili strumenti di intervento sul ritardo studentesco: Docenti e tutor dovrebbero dare: a) consigli sulla metodologia di studio; b) suggerimenti per migliorare lo stile di vita; c) stimoli all’autovalutazione delle proprie difficoltà; d) inviti al ricorso ai servizi di counselling psicologico per la “gestione del fallimento”, o a interventi di terapia psicologica o ai servizi psichiatrici di secondo livello (Pietro Gallo).

III Laboratorio: Ritardo per cause di disagio sociale, culturale e scolastico: interventi di sportello studentesco

Relazioni introduttive

L’Università di oggi è un ambiente in cui gli studenti sono meno seguiti, la mole di studio è elevata, i professori giustamente poco flessibili, gli esami lunghi da preparare. Poco adatta quindi a studenti lavoratori come sono tuttora io, al mio settimo anno di Medicina. Pur rendendomi conto che le mie esperienze lavorative mi hanno resa una persona indipendente e capace di muoversi nel mondo del lavoro, gestirlo insieme allo studio non è stato semplice.

Credo quindi che sia necessario rendere sostenibile per tutti il carico di studi, anche per chi lavora. D’altronde, il primo passo, nonché il più difficile, per risolvere un problema, è ammetterne l’esistenza (Martina Cavagnero)

L’esperienza di Sapienza sul disagio sociale, culturale e scolastico si è centrata sul modo più efficace per intercettare il disagio sociale e culturale, sperimentando modelli tendenti a risolverne gli effetti sul rendimento accademico.

Sono state descritte, in estrema sintesi, due iniziative, tra le tante attualmente in corso.

La prima riguarda l’istituzione di una Mentoring Committee, operante da tre anni accademici, costituita da tre Docenti molto motivati a dialogare con gli stu-denti ed a coglierne i diversi problemi attraverso una prospettiva molto ampia, utilizzando le metodiche di tutoring, mentoring e remediation, cercando di personalizzarle sui singoli studenti, anche in collaborazione con il centro di Counselling Psicologico e con i docenti per concordare piani di recupero personalizzati.

La seconda, centrata sulla prevenzione del ritardo scolastico, riguarda il “programma orientamento in rete” (Falaschi et al., 2017), attivo da 18 anni, che fornisce risultati di successo e di allineamento efficace degli studenti soprattutto nei primi due anni di corso (Familiari et al., 2016) (Giuseppe Familiari).

Disagio scolastico: riguarda i debiti formativi che lo studente accumula quando rimane indietro con lo svol-gimento degli esami. Un peculiare debito formativo, che può incidere notevolmente al I anno di corso, è quello che deriva dalla diversa efficacia degli studi secondari. A questo si fa fronte con gli OFA (Obblighi Formativi Aggiuntivi). Questi possono essere attribuiti dai Corsi di Studio a quegli studenti che hanno superato il test d’ingresso a Medicina ma con un basso punteggio in aree tematiche quali la Biologia, la Chimica e la Matematica/ Fisica. Al termine di un corso di recupero, gli OFA si intendono assolti con il superamento della prova di profitto nella relativa area disciplinare, o in alternativa con il superamento di un test specifico.

Disagio culturale: è in genere imputabile alla difficoltà di adattamento, da parte dello studente, al contesto socio-culturale nel quale viene a situarsi, specie se fuori sede o straniero. Difficoltà ulteriori possono derivare da abusi e dipendenze. La strategia per farvi fronte parte da iniziative di supporto e indirizzo e, in particolare, dai servizi di counselling. Alla Sapienza è in elaborazione un servizio di sportello telematico che indirizza gli studenti con determinate problematiche verso servizi specifici in modo autogestito e con la possibilità di conservare l’anonimato.

Disagio socio-economico: può essere facilmente individuato grazie alla valutazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) e la principale strategia per affrontarlo è l’attribuzione di un bonus fiscale. A questo proposito, si riferiscono i risultati di uno studio condotto sui 120 studenti del IV anno di corso del polo Pontino della Sapienza. Tra gli studenti ripetenti e fuori corso, un terzo apparteneva alla fascia con ISEE ≤ 10.000 € e un ulteriore 17.6 % a quella con ISEE ≤ 20.000 €, mentre non vi erano studenti con ISEE ˃70.000 €. L’entità dell’ISEE, tuttavia, non ha mostrato correlazioni significative con il numero di esami soste-nuti. In definitiva se ne deduce che il bonus fiscale è un giusto intervento “di sistema”, che aiuta ma non risolve il ritardo studentesco, per il quale rimangono determinanti interventi di tipo pedagogico.

In conclusione, l’approccio al disagio scolastico, culturale e sociale:

  • deve essere di sistema
  • deve prevedere una precoce individuazione del pro-blema
  • deve essere integrato da interventi pedagogici mirati

(Carlo Della Rocca)

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel III laboratorio

Importanti indicatori di questo tipo di ritardo studentesco sono:

  • la frequenza degli studenti ripetenti/anno
  • il rapporto tra il numero di esami effettuati/numero esami attesi
  • il numero di studenti lavoratori

I metodi di rilevazione sono il monitoraggio delle carriere da parte del Consiglio di Corso di Studi, anche tramite analisi ISEE e il rilevamento dei debiti formativi (OFA).

Il disagio adattativo e relazionale può essere intercettato precocemente con analisi mirate e counselling psicologico Per il disagio scolastico sono utili tutor metodologici e una maggiore flessibilità delle date degli esami. Per gli studenti lavoratori è utile l’utilizzo di piattaforme online di recupero.

Resta comunque fondamentale un approccio precoce “di sistema”, allestendo un portale che censisca il disagio studentesco e lo indirizzi verso lo sportello più congruo (Tiziana Bellini).

IV Laboratorio: Ritardo per cause di sproporzione tra carico didattico e capacità di apprendimento: interventi pedagogici

Relazioni introduttive

La sproporzione fra carico didattico e capacità dello studente si può certo intendere come “quantità di studio eccessiva” ma anche come “qualità dell’insegnamento non adeguata”.

Il punto più critico, e su cui l’intervento durante il Laboratorio si è soffermato maggiormente, riguarda la formazione dei docenti in quanto pedagoghi. Quasi sempre, in particolare durante il triennio clinico, le lezioni sono tenute da professionisti o da giovani docenti privi della necessaria esperienza. Purtroppo, conoscere a fondo una materia non significa automaticamente possedere l’abilità di trasmetterla. Uno standard pedagogico non adeguato non può che complicare lo studio, allungando i tempi di preparazione degli esami e portando dunque al ritardo (Umberto Rosso).

Il contenimento/recupero del ritardo nel percorso di studi può essere perseguito con due tipi di intervento.

  • intervento sul carico didattico. Mentre appare difficile contrarre gli obiettivi formativi a causa del continuo progresso delle conoscenze, vi è ampio margine per una razionalizzazione nel raccordo tra obiettivi -> risultati di apprendimento attesi -> programmi di insegnamento, attraverso un uso appropriato del core curriculum nella (ri)progettazione del corso di studi.
  • Rafforzamento dell’apprendimento durante le ore di docenza.

– Il ritardo nell’avanzamento di carriera obbliga lo studente a seguire corsi per i quali non ha ancora acquisito conoscenze propedeutiche. Un oculato ricorso alla iscrizione part time (guidato da un tutor) può favorire la frequenza degli studenti in aula coerente con la loro capacità di comprendere/apprendere gli argomenti trattati.

– Investimenti sulla formazione pedagogica dei docenti consentirebbero l’adozione sistematica di modalità di insegnamento attivo che facilitino l’apprendimento in aula (maggiore efficacia delle ore di didattica in presenza del docente) (Bruno Moncharmont).

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel IV laboratorio

Il laboratorio ha identificato i seguenti punti per con-trastare il ritardo studentesco:

–  ridimensionamento del numero degli obiettivi formativi privilegiando l’insegnamento metodologico rispetto ai contenuti disciplinari.

– applicazione del Core Curriculum che tenga conto dei successivi anni di studio dopo la scuola di medicina, che sono ormai la regola per la maggior parte degli studenti

– ridimensionamento del numero dei docenti coinvol-ti nei vari corsi considerando che gli specialisti tendono ad allargare il numero degli obiettivi formativi.

–  una didattica per competenza che faciliti l’apprendimento in aula.

– esami adeguati, obiettivi e leali superabili con una buona preparazione alla fine di corsi altrettanto leali e con obiettivi educativi ben esplicitati

– ridimensionamento dei blocchi annuali e della propedeuticità:

– attivazione di un tutorato vero (Oliviero Riggio).

Conclusioni del Forum

Dalle relazioni presentate nei laboratori e dal dibattito finale in assemblea plenaria sono emersi due ordini di cause di ritardo studentesco:

– cause strutturali che esulano dall’ambito di intervento dei Presidenti di CLM:
Negli ultimi anni il ritardo studentesco è stato fortemente alimentato dalla graduatoria nazionale per l’accesso al CLM in Medicina che, con il suo lento scorrimento, ha portato ad immatricolazioni tardive, con conseguente ritardo nella progressione degli esami. Questa condizione è stata esasperata dall’esito di ricorsi al TAR da parte degli studenti esclusi che ha non solo accentuato i ritardi ma anche provocato un rilevante numero di abbandoni.

– cause che sfidano l’organizzazione didattica e la struttura del curriculum studiorum del CLM:
La struttura del curriculum medico dovrebbe sfron-dare gli obiettivi disciplinari (soggetti a rapida obsolescenza) e privilegiare gli obiettivi metodologici (che favoriscono il lifelong learning) e rivedere il numero di CFU assegnati ai corsi, in funzione dei reali tempi di apprendimento dello studente. Inoltre, il curriculum dovrebbe prevedere elementi di flessibilità in funzione della capacità di apprendimento degli studenti.

Vista la correlazione esistente tra basso reddito dello studente e insuccesso scolastico, occorre anche monito-rare precocemente il disagio economico dello studente.

Cruciale rimane, infine, la formazione pedagogica dei docenti, che dovrebbero essere in grado di svolgere un tutorato attivo e di cogliere il disagio emozionale degli studenti, osservandoli durante il tirocinio e stimolandoli al pensiero riflessivo (Pietro Gallo).

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Una proposta per la formazione degli studenti di Medicina e Chirurgia alla Medicina di Generen.73, 2017, pp. 3310-3314, DOI: 10.4487/medchir2016-73-1.

Tiziana Bellini1, Valeria Raparelli2, Bruno Moncharmont3, Stefania Basili4, Andrea Lenzi2,5.

1 Presidente Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Ferrara.

2 Sezione di Fisiopatologia Medica ed Endocrinologia del Dipartimento di Medicina Sperimentale di SAPIENZA, Università degli Studi di Roma.

3 Presidente Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi del Molise.

4 Presidente Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia “D”, SAPIENZA, Università degli Studi di Roma.

5 Presidente dell’Associazione Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CPPCLMM&C)

Abstract

“Gender ass a determinant of health” has recently been promoted by the Ministry of Health, whounderlines how gender dimension in health is not only a requirement for methodology and analysis, but also represent an instrument of government and health planning. Recently, a law proposal on”Recommendations to support the application and dissemination of Gender Medicine” has been presented tothe Italian Parliament. Thus, the Association of Permanent Conference of Presidents of Courses in Medicine and Surgery (CPPCLMM&C), approved the final draft of the new Core Curriculum including Gender Medicine as knowledge and competence element for medical students. In addition, CPPCLMM&C President signed a motion in which recommendto integrate and develop Gender Medicine educational activities in all Italian curriculain Medicine and Surgery.

Key words: Core Curriculum, Gender Medicine.

Parole chiave: Core Curriculum, Medicina di Genere.

Articolo

Introduzione

Anche se l’osservazione che uomini e donne sono diversi è probabilmente antica quanto la vita umana, in ambito biomedico la consapevolezza che il sesso di un individuo sia un determinante cruciale dello stato di salute o di malattia è solo un’acquisizione degli ultimi decenni. Per poter comprendere la rivoluzione attualmente in corso, si tenga in considerazione che le donne hanno cominciato ad essere incluse negli studi clinici in numero congruo per testare le ipotesi sperimentali solo di recente. I termini “sesso” e “genere”, ben lungi dall’essere sinonimi, sono invece integralmente connessi e possono avere delle diverse ripercussioni sullo stato di salute.

Il sesso è considerato una componente biologica, definita dal corredo cromosomicoche produce differenze a livello sia cellulare che molecolare. I termini maschio e femmina dovrebbero, quindi, essere usati quando si fa riferimento a fattori biologici o fisiologici determinati dalla differenza di sesso. Le donne, infatti, hanno una fisiologia unica e la loro esperienza di malattia, nonché le risposte agli interventi terapeutici, sono spesso significativamente diversi da quelle degli uomini. Nonostante la crescenti evidenze che il sesso di un individuo è uno tra i più importanti modulatori del rischio di malattia e di risposta al trattamento, la considerazione del sesso del paziente nelle decisioni cliniche (compresa la scelta di testdiagnostici, farmaci e altri trattamenti) è spesso carente.

Quando, invece, usiamo il termine genere facciamo riferimento a un concetto più complesso che comprende aspetti sociali, ambientali, culturali e comportamentali, nonché tutte le scelte che influenzano l’identità di un individuo e il suo stato di salute. Il genere include l’identità di genere (come l’individuo e la collettività si percepiscono e si mostrano), le norme di genere (norme non scritte, nel contesto familiare, lavorativo, istituzionale o nella cultura in generale, che influenzano le attitudini e i comportamenti dell’individuo) e le relazioni di genere (rapporti tra individui di diverse identità di genere). Quindi il genere comprende differenze sociali tra donne e uomini, apprese e modificabili nel corso del tempo, con caratteristiche diverse dentro e tra le culture.

Lo stato di salute o di malattia, pertanto, può essere influenzato sia da aspetti biologici legati al sesso sia da aspetti socio-economici e culturali, propri del genere: di questi aspetti si occupa la Medicina di Genere. La Medicina di Genere, quindi non è la medicina che studia malattie che colpiscono prevalentemente le donne rispetto agli uomini. La Medicina di Genere analizza come lo stato di salute risenta della complessa interazione ed integrazione fra sesso (inteso come differenza biologica e funzionale dell’organismo) ed il comportamento psicologico e culturale dell’individuo che deriva dalla sua formazione etnica, educativa, sociale e religiosa.

Pertanto la Medicina di Genere è una scienza multidisciplinare e traslazionale che ha come obiettivo quello di valutare l’influenza che sesso e genere hanno sulla fisiologia, la fisiopatologia e la clinica delle malattie, nonché sulla risposta ai trattamenti, per giungere a decisioni terapeutiche basate sull’evidenza sia nell’uomo che nella donna.

La Medicina di Genere si pone come una medicina personalizzata che utilizza evidenze scientifiche e metodi che consentano la personalizzazione della cura. Negli ultimi anni anche le istituzioni internazionali hanno riconosciuto nella Medicina di Genere un obiettivo strategico di sanità pubblica e molta attenzione è stata data alle differenze di sesso e genere nella programmazione delle politiche sanitarie attuali. Infatti, l’approccio di genere in medicina migliora significativamente la qualità e l’appropriatezza delle cure, con una riduzione favorevole in termini di costi del sistema sanitario.

La Medicina di Genere rappresenta pertanto una nuova ed innovativa modalità di approccio alla ricerca e alla scienza in ambito biomedico, che mette al centro l’individuo nella sua complessità. Risulta pertanto indispensabile approfondire, caratterizzare e informare la collettività sui fattori attraverso cui le differenze legate al sesso e al genere agiscono sull’andamento di molte patologie, nonché sulla risposta alle terapie. Sarà pertanto necessario nel prossimo futuro strutturare nuovi percorsi di prevenzione, diagnosi e terapia tenendo in considerazione di queste differenze 1, 2.

Da tali premesse sembra indispensabile sensibilizzare le nuove generazioni di medici già durante il loro percorso formativo nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, strutturando l’approccio per genere come parte integratanegli obiettivi di apprendimento.

La Medicina di Generenon deve essere una specialità o disciplina a sé stante, ma un’integrazione trasversale di conoscenze e competenze mediche tali da formare una cultura finalizzata alla presa in carico della persona, che tenga nella dovuta attenzione le differenze di genere.

Il numero 26/2016 dei Quaderni del Ministero della Salute3 ha avuto come titolo “Il genere come determinante di salute”.  Il Ministro scriveva nella sua prefazione “La dimensione di genere nella salute è pertanto una necessità di metodo e analisi che può anche divenire strumento di governo e di programmazione sanitaria. Per arrivare a questo obiettivo è però necessario:

  • promuovere un’attività scientifica e di ricerca con un’ottica di genere;
  • sviluppare attività di prevenzione e individuare fattori di rischio genere-specificiin tutte le aree della medicina;
  • includere uomini e donne nei trials clinici;
  • sviluppare percorsi di diagnosi e cura definiti e orientati al genere;
  • formare e informare il personale sanitario;
  • includere gli aspetti di genere nella raccolta e nell’elaborazione dei flussi informativie nella formulazione dei budget sanitari”.

Inoltre, del tutto recentemente è in corso di valutazione la proposta di Legge di iniziativa parlamentaren. 3606 (la cui prima firmataria è l’Onorevole Paola Boldrini) in merito a “Disposizioni per favorire l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere” che ha compreso un ampio capitolo sulla formazione.

L’Associazione Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CPPCLMM&C) allo scopo di produrre un Core Curriculum comune al raggiungimento degli obiettivi specifici della Classe LM41, ha trasformato i contenuti dell’apprendimento in unità didattiche elementari (UDE), definite come “particelle del sapere medico con un contenuto tematico circoscrivibile e coerente, caratteristiche didattico-pedagogiche omogenee, descritte in un linguaggio comprensibile in modo univoco dagli studenti e dai docenti e verificabili nel grado di apprendimento”. In questi ultimi anni il Core Curriculum è stato rivisto per il raggiungimento, in tutti i corsi di laurea, di obiettivi formativi qualificanti5.

Ritenendo le differenze di genere come uno degli elementi fondamentali, dalla diagnosi alla terapia, da fornire al futuro laureato in Medicina e Chirurgia per migliorare la pratica clinica ed anche la ricerca ad essa correlata6 l’Associazione, rivedendo il Core Curriculum, ha inserito UDE relative alla Medicina di Genere5.Nel settembre 2016, l’Associazione Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia ha approvato la stesura finale del Core Curriculum con la sua articolazione in UDE, fra cui quelle relative alla Medicina di Genere.

Inoltre, Il 12 dicembre, in occasione della 124a Conferenza che si è tenuta a Roma, il Presidente, Prof. Andrea Lenzi, anche alla luce della proposta di legge, ha firmato una Mozione votata all’unanimità (vedi pag. 3344), nella quale ravvisa la necessità di inserire la Medicina di Genere in modo trasversale e longitudinale nei Corsi Integrati dei CLM in Medicina e Chirurgia, al fine di dare ai discenti la necessaria cultura su tale argomento. Coerentemente co questa mozione, l’Associazione CPPCLMM&C ha raccomandato a tutti i CLM in Medicina e Chirurgia di integrare e implementare in ciascuna sede attività didattiche relative alla Medicina di Genere, inserendo le UDE ad essa pertinenti nella descrizione del percorso di formazione a partire dall’aa 2017-2018.

Allo scopo di rendere operativa la Mozione dell’Associazione devono essere condotte formalmente 2 azioni fondamentali a livello di ciascun CLM in Medicina e Chirurgia:

  • Integrare l’approccio di Genere nella descrizione degli Obiettivi Formativi specifici del Corso di Studio esplicitandolo anche nei risultati di apprendimento (learning outcomes).
  • Attivare, in coerenza con gli obiettivi di cui al punto precedente, una filiera di unità didattiche, sia all’interno di corsi integrati che come attività didattiche elettive o seminari, nella formula più conveniente a ciascun Corso di Studio (CdS) e dandone appropriata evidenzia nella Scheda Unica Annuale del Corso di Studio (SUA CdS).

L’inserimento nella SUA CdS, lo strumento di trasparenza e informazione completa sul Corso di Studio, in particolare nella descrizione degli obiettivi formativi specifici del Corso di studio, di appropriati richiami alla dovuta attenzione per le differenze di genere consentirà lo sviluppo di una corretta consapevolezza nello studente durante il suo percorso universitario.

La indicazione operativa da parte della Associazione CPPCLMM&C è quella di apportare nell’A.A. 2017/2018 integrazioni alla SUA-cds. Per quei corsi che hanno adottato e riportato nella SUA-cds la formulazione degli obiettivi formativi specifici e dei risultati di apprendimento (descrittori di Dublino) suggeriti e condivisi dalla CPPCLMM&C, le modifiche sono quelle evidenziate di seguito in corsivo e grassetto.

Quadro A4a della SUA CdS -Obiettivi formativi specifici del corso

Ai fini del raggiungimento degli obiettivi didattici, …

  • una profonda conoscenza delle nuove esigenze di cura e di salute, incentrate non soltanto sulla malattia, ma, soprattutto, sull’essere umano ammalato, considerato nella sua globalità di soma e psiche, nella sua specificità di genere e di popolazione, inserito in uno specifico contesto sociale.…..
  • La conoscenza dei processi morbosi e dei meccanismi che li provocano, anche al fine di impostare la prevenzione, la diagnosi e la terapia anche in una ottica di genere;…

L’acquisizione della metodologia scientifica, medica, clinica e professionale rivolta ai problemi di salute del singolo e della comunità, con la doverosa attenzione alle differenze di popolazione e di sesso/genere. …..

Schermata 2017-04-26 alle 14.01.20

Inoltre nel quadro successivo (scheda SUA CdS- A4b) vi è l’indicazione a modulare i risultati di apprendimento relativi a Conoscenza e capacità di comprensione (Descrittore di Dublino #1) e Capacità di applicare conoscenza e comprensione (Descrittore di Dublino #2)

con la annotazione: con attenzione alle differenze di sesso/genere e di popolazione.

Di seguito sono illustrati alcuni esempi di differenti azioni intraprese o da intraprendere per dare esecuzione a quanto sopra descritto sotto forma di predisposizione di una filieradi argomenti da porre in vario modo alla attenzione discenti, distribuiti longitudinalmente nel piano formativo.

Nel CLM in Medicina e Chirurgiadell’Università di Ferrara almeno un insegnamento per anno di corso evidenzia l’approccio per genere di cui viene fatta esplicita menzione nella relativa Scheda d’Insegnamento (vedi Tabella 1).

Il CLM del’Università del Molise ha invece predisposto una lista di temi specifici della Medicina di Genere (periodicamente aggiornabile) su cui ciascun docente, per le relative competenze, deve far convergere l’attenzione dello studente durante lo svolgimento del corso (Tabella 2).

Un ulteriore utile strumento, disponibile agli studenti del CLM di Ferrara, è il corso FAD “Elementi di Medicina di Genere -responsabile: Dott. Fulvia Signani),fruibile gratuitamente grazie alla collaborazione tra AUSL e UNIFEe già testato.

Attualmente la maggior parte dei CdS stainserendo la Medicina di Genere nella sua offerta formativa nell’ottica di quanto l’Associazione CPPCLMM&C ha sempre sostenuto: formare un medico che sappia curare e prendersi cura della persona e la cui formazione sia, grazie ad un Core Curriculum nazionale comune, il più possibile omogenea nel rispetto, però, delle autonomie.

Tab. 1: Filiera di unità didattiche nel CdS di Ferrara

Anno di Corso Insegnamento Obiettivi
I Medical Humanities Nel corso si pone molta attenzione al problema delle giustizia e delle pari opportunità quando vi sono in gioco questioni etiche legate alla diversità (di età, sesso, genere, etnia, cultura, alfabetizzazione, stato socio-economico ecc.) del paziente. Si dedica particolare riflessione al tema della diversità di sesso e genere.
II Anatomia Implicazioni morfologiche e di valutazione differenziale legate al sesso/genere
III Patologia generale Diagnostica per Immagini Le malattie autoimmunitarie coniugate al femminile: la donna come bersaglio sensibile alle patologie autoaggressive Metodologia clinica radiologica: i percorsi diagnostici sono riferiti agli aspetti della Medi-cina di Genere. La radioprotezione nell’adulto, nella donna in età fertile, nel bambino.
IV Farmacologia Medicina Interna Endocrinologia Illustrare le differenze farmacodinamiche e farmacocinetiche in relazione al sesso/ genere per capirne l’influenza in termini di risposta farmacologica e rapporto rischio/ beneficio dei diversi farmaci Integrare la conoscenza dei fattori sesso/genere-specifici, con particolare attenzione alle differenze, all’interno del percorso diagnostico-terapeutico e del ragionamento cli-nico olistico in medicina interna Identificare il ruolo delle differenze di genere in termini di incidenza, fisiopatologia, percorso diagnostico e terapeutico delle endocrinopatie
V Psichiatria Neurologia/Cardiologia Implicazioni eziopatogenetiche, psicopatologiche e terapeutiche legate al genere e superamento dello stigma. Implicazioni eziopatogenetiche, sintomatologiche e terapeutiche legate al sesso/genere
VI Medicina del lavoro Geriatria e Medicina del Territorio Emergenze-Urgenze Valutare il ruolo delle differenze di genere nel determinismo dei rischi per la salute legati all’ambiente professionale e alla tipologia del lavoro Illustrare le differenze legate al genere a livello di demografia e modificazioni fisiopatologiche età correlate per comprenderne la rilevanza sulle modalità d’invecchiamento e come determinanti della qualità di vita della persona anziana. Analisi di reazioni e comportamenti diversi in rapporto al genere nelle situazioni di urgenza-emergenza

 

Tab. 2: Filiera di unità didattiche nel CdS del Molise

  • Adattamento evoluzionistico del dimorfismo sessuale
  • I processi metabolici con specificità di sesso o di razza
  • Il dimorfismo sessuale nel metabolismo del ferro
  • Dimorfismo sessuale ed emostasi
  • Considerazione delle differenze di genere negli studi epidemiologici
  • Variabilità delle risposte ai farmaci in relazione alle differenze di sesso e popolazione
  • Considerazione delle differenze di genere e delle specificità di popolazioni nei trials clinici
  • Fattori sesso/genere ed etnico-specifici come determinanti della salute mentale.
  • Fattori sesso/genere ed etnico-specifici quali determinanti dell’invecchiamento di successo e della demenza senile
  • Fattori sesso/genere ed etnico-specifici nelle cure primarie
  • Considerazione dei fattori sesso/genere ed etnico-specifici nel percorso diagnostico-terapeutico delle patologie cardio-respiratorie
  • Considerazione dei fattori sesso/genere ed etnico-specifici nel percorso diagnostico-terapeutico delle patologie endocrino-metaboliche
  • Considerazione dei fattori sesso/genere ed etnico-specifici nel percorso diagnostico-terapeutico delle patologie autoimmuni
  • Considerazione dei fattori sesso/genere ed etnico-specifici nel percorso diagnostico-terapeutico delle patologie dell’apparato locomotore e nella riabilitazione
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Cita questo articolo

Bellini T., Raparelli V., Moncharmont B., Basili S., Lenzi A., Una proposta per la formazione degli studenti di Medicina e Chirurgia alla Medicina di Genere, Medicina e Chirurgia, 73: 3310-3314, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-73-1

Innovazione didattica: qualità e formazione pedagogica interdisciplinare per i docenti dei Corsi di studio della Scuola di Medicinan.66, 2015, pp.2985-2988, DOI: 10.4487/medchir2015-66-4

Abstract

The School of Medicine, University of Ferrara, launched a project of educational training for clinicians, teachers and tutors.

This paper will present the basic elements of the project which, with an ongoing similar event in Rome “Sapienza”, is a pilot experience to innovate and to update the teaching methodology and the quality of training in the curricula for healthcare professionals.

The goal of this project is to create conditions for an advanced methodologically sound teaching with particular implementation on interdisciplinary aspects, in order also to standardize training curricula with European directives.

The organization of the project is to be seen in a perspective period of three years with classroom seminars and interactive workshops.

This series of meetings is therefore intended for all teachers of the School of Medicine, for tutors, for health care organizers, and the aim is to present a series of teaching methods whose effectiveness is based on evidence from international literature, and above all to begin a process of serious reflection leading to feasible and innovative solutions

Articolo

La Scuola di Medicina dell’Università di Ferrara ha varato un progetto di formazione pedagogica per docenti e tutors clinici dei Corsi di Studio che ad essa fanno riferimento.

In questo articolo saranno presentati gli elementi fondamentali di questo progetto che, insieme ad un evento analogo già in corso a Roma “Sapienza”, si presenta come esperienza pilota per innovare e aggiornare la metodologia didattica e la qualità dei percorsi formativi dei Corsi di Studio di area medica.

L’obiettivo è di creare le premesse pedagogiche per una didattica avanzata, con particolare implementazione degli aspetti di interdisciplinarietà, con lo scopo di uniformare i Curricula formativi alle direttive europee.

L’articolo sarà anche l’occasione per puntualizzare lo stato dell’arte nella letteratura internazionale riguardo ai metodi e temi del “Faculty development”.

La formazione pedagogica dei docenti di area medica

Da sempre le “professioni” hanno formato i loro futuri aspiranti membri attraverso l’affiancamento ad un professionista in esercizio, associato al processo di apprendimento basato sulle fonti bibliografiche. In questo modello didattico, la formazione del futuro professionista avverrebbe per assorbimento diretto di valori, prassi e attitudini. Non mancherebbero esempi che contraddicono questo assunto. Le Facoltà di Medicina nascono circa 900 anni fa e prevedevano certamente numeri di studenti più ridotti, e un’organizzazione della didattica già allora incentrata sulla lezione magistrale, accompagnata certamente dalla pratica, ma non in misura tale da impedire la famosa protesta degli studenti padovani che già nel 1597 scrivevano al Rettore dell’Università di Padova: “Pochi di noi sono venuti fin qui attirati soltanto dalle lezioni e tutti noi siamo venuti per imparare la pratica. Non ci mancano le lezioni nel nostro paese di origine, o altrove, e a casa nostra abbiamo libri che possiamo ben leggere stando là come facciamo qua. E’ lo studio della pratica che ci ha portato ad attraversare tante montagne e con così tante spese”.

Il problema di formare i docenti alla funzione didattica esiste in tutto il mondo.

Nella gran maggioranza dei paesi il reclutamento avviene sulla base della qualificazione professionale e scientifica, dando per scontato che se un professionista sa “cosa” deve insegnare, sappia automaticamente anche “come” lo deve fare.

Se questo ragionamento fosse valido, la pedagogia come scienza non avrebbe alcun motivo di esistere e meno che meno i corsi di studio in scienze della formazione, a meno che non si intenda che ad essi sia pertinente solo la preparazione degli insegnanti della scuola primaria e secondaria.

La realtà è che nella letteratura scientifica della medical education l’argomento della formazione pedagogica dei docenti (indicato di solito come “faculty development”) è talmente vivo da aver indotto la Best Evidence Medical Education collaboration (la BEME in pedagogia medica è l’equivalente della Cochrane collaboration per la medicina clinica) a produrre una revisione sistematica sull’argomento1.

Più recentemente Academic Medicine, prestigiosa rivista dell’Association of American Medical Colleges, ha dedicato una nuova review all’argomento2.

Estraiamo da questi due articoli alcune idee fondamentali sulle tendenze relative a modalità e argomenti di formazione pedagogica.

Gli elementi di qualità, maggiormente associati all’efficacia includevano l’uso di metodi di apprendimento esperienziali e basati su successivi feed back e l’uso di strumenti diversificati all’interno dello stesso programma di formazione.

Tuttavia il metodo più frequentemente usato è la serie di seminari, indirizzati soprattutto ai docenti clinici e dedicati ai temi della tutorship, ai metodi attivi di insegnamento sia in classe che nel piccolo gruppo, ai metodi di insegnamento nel contesto clinico.

La modalità più frequente di valutazione di efficacia è il questionario di gradimento e la survey di follow up con cui si esplora l’utilizzo di quanto appreso nella didattica routinaria a distanza di tempo dal corso.

Un tema particolare a cui sempre più facoltà dedicano attenzione è lo sviluppo delle capacità di leadership dei docenti3, intesa soprattutto come capacità di formare gli studenti ad affrontare la complessità e capacità di sviluppare la propria azione formativa in contesti organizzativi complessi, come quelli che caratterizzano oggi i corsi di laurea in medicina, sia nei policlinici universitari che nelle aziende ospedaliero universitarie e sanitarie.

Il “progetto pilota” di Ferrara

Il progetto nasce dalla necessità di innovare e aggiornare la metodologia didattica per migliorare la qualità dei percorsi formativi dei Corsi di studio afferenti alla Scuola di Medicina.

L’obiettivo è di creare le premesse pedagogiche per una didattica avanzata con implementazione degli aspetti di interdisciplinarietà e, a medio termine anche la creazione di un Medical Teaching Learning Centre in grado di costituire e sviluppare strategie di sostegno alla professionalità docente, nella logica della progettazione curricolare, della valutazione, della governance e dei servizi con una crescita progressiva delle competenze nella metodologia didattica.

La formazione continua del corpo docente è peraltro uno dei requisiti richiesti dal sistema AVA (Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento) dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).
A livello strategico, l’organizzazione del progetto viene vista nella prospettiva di un triennio con seminari teorico formativi ma soprattutto atelier pratici interattivi.

Seminari e Ateliers interattivi saranno tenuti da docenti esperti di pedagogia e metodologia didattica in ambito sanitario, con coinvolgimento della Società Italiana di Pedagogia Medica e della Conferenza dei Presidenti di Corso di Laurea di Medicina.

A tutto ciò si aggiunge la necessità di aumentare la pratica professionalizzante con l’acquisizione più estesa delle varie metodologie di simulazione di casi clinici (High Fidelity Simulation) e integrazione multidisciplinare per garantire agli studenti una maggiore professionalità e gestione del rischio.

In questa prima fase di attivazione sono stati progettati sei incontri seminariali, aperti da una prima parte di presentazione frontale, seguita da una ampio intervallo di tempo dedicato alla discussione orientata a risolvere dubbi e soprattutto a riflettere sulle possibilità di implementazione locale di quanto ascoltato nella prima parte.

Argomenti dei Seminari

Atelier 1 – 13 giugno 2015

Learning (PBL). Metodologie efficaci per un insegnamento orientato alle competenze: Case Based Learning (CBL) e Problem Based

La competenza è la capacità di usare conoscenze teoriche, abilità pratiche e atteggiamenti personali per risolvere problemi professionali. E’ evidente quindi che una didattica orientata all’acquisizione di competenze si debba fondare sui metodi tradizionali di acquisizione delle conoscenze teoriche e delle abilità pratiche elementari, ma poi debba aprirsi a metodi che pongano lo studente in posizione attiva nella soluzione di problemi, dapprima guidata e poi autonoma. Verranno presentati ed illustrati con esempi i principali metodi didattici di questo tipo e verrà lasciato ampio spazio finale al dibattito di approfondimento.

Atelier 2 – 14 settembre 2015

Integrazione di materie precliniche e cliniche: metodi di insegnamento e core curriculum

Il “core curriculum” è uno dei primi strumenti atti a favorire lo sviluppo organico ed equilibrato dei Corsi di Studio italiani. Si presenta non come un elenco di prescrizioni ma come un termine di riferimento e rappresenta l’essenziale della materia cioè ciò che lo studente deve sapere.

La sua recente revisione va nel senso di promuovere una integrazione sempre maggiore dei contenuti disciplinari, perché solo dall’integrazione ci si può attendere la formazione di competenze cliniche mature.

Verranno presentate alcune esperienze di integrazione di successo, con lo scopo di favorire la riflessione per la progettazione di soluzioni adatte al contesto locale.

Atelier 3 –   14 settembre 2015

Ruolo e importanza della didattica interprofessionale: integrazione fra discipline e docenti

Negli ultimi anni il tema della collaborazione interprofessionale diventa sempre più centrale nelle strategie di management delle organizzazioni sanitarie italiane a causa della crescente complessità delle configurazioni dei servizi socio sanitari, dei bisogni sempre più complessi dei pazienti e della eterogeneità dei profili professionali impegnati a diverso titolo nelle pratiche di cura.

Il lavoro di squadra diventa sempre più importante e fondamentale. Ne deriva che la formazione continua verso le skills interprofessionali diviene inderogabile nella definizione e valutazione delle competenze professionali.4

Pertanto se ci si spinge avanti sulla strada dell’integrazione, lo sbocco più naturale diventa considerare l’integrazione fra professioni e quindi la didattica interprofessionale.

Diventa quindi indispensabile la ricerca di competenze di collaborazione interprofessionale nella pratica clinica predisponendo ad esempio, periodi di tirocinio interprofessionale contemporanei, per studenti, sia di Medicina che Infermieristica o Fisioterapia o Ostetricia o altri corsi di laurea in cui si intersecano competenze didattiche di corsi di studio differenti ma che diventano utili per affrontare con un approccio integrato le problematiche cliniche.

Verranno presentati alcuni standard internazionali in questo settore, i vantaggi e i limiti di metodi didattici basati sull’integrazione interprofessionale. Concluderà l’atelier un ampio spazio di dibattito.

Atelier 4 –   16 novembre 2015

I gruppi tutoriali e la High Fidelity Simulation per la didattica Interprofessionale: una strada per uniformarci con le Direttive Europee

Le direttive europee che hanno costretto i corsi di laurea italiani a ricalcolare i propri monte ore perché le nostre lauree rimanessero valide in Europa, ha creato di fatto un ampio spazio orario che non è certo opportuno riempire di ulteriore didattica d’aula.

E’ quindi l’occasione per riflettere su alcune modalità alternative di didattica

Verranno rapidamente presentati i principi e alcuni esempi sia di didattica tutoriale che di didattica basata sulle simulazioni, fino alle cosiddette Simulazioni ad Alta Fedeltà.

In questo campo esistono alcune delle esperienze più avanzate di didattica inter-professionale della letteratura internazionale.

Atelier 5 – 16 novembre 2015

I problemi posti dallo studente: la relazione docente-studente e il ritardo.

La Commissione Paritetica docenti – studenti (CPDS): un aiuto e un controllo per docenti e studenti.

Gli studenti sono i principali committenti dell’attività didattica delle Università e ne rappresentano la maggior risorsa, ma anche la prima fonte di problemi pedagogici.

L’atelier analizzerà una serie di esempi del ruolo propositivo e di partnership che gli studenti possono incarnare per una modernizzazione ed aumento di efficienza dei Corsi di Laurea dell’area Sanitaria. La Commissione Paritetica Docenti studenti recentemente introdotta ha in questo contesto il compito di esprimere il proprio parere sulle proposte dell’attività programmata dai Corsi di studio verificare la coerenza tra i Crediti Formativi e obiettivi specifici e formulare proposte per il miglioramento didattico. La sua funzione è pertanto quella di ascoltare gli studenti nei loro giudizi ed esperienze contestualmente ai loro docenti, controllare ad aiutare i docenti a verificare le modalità dell’erogazione didattica sia per la qualità che per la congruenza con i crediti assegnati per disciplina.

In questo Atelier verranno anche presentati i problemi di identificazione e di recupero del ritardo studentesco, perché portare il maggior numero di studenti alla laurea in corso e con buona preparazione non sia solo un ossequio alle norme sugli indicatori premiali ma una pratica pedagogicamente fondata.

Atelier 6 – 14 dicembre 2015

La Valutazione delle competenze cliniche

Da più di 10 anni si sta affermando un movimento pedagogico orientato a progettare i Corsi di studio di area medica a partire dalla definizione del risultato finale, espresso come competenze che si intendono far raggiungere alla fine del percorso (competency-based medical education – CBME). E’ evidente come nell’ottica della CBME (ma anche nell’ottica di una laurea abilitante) l’uso appropriato di metodi di valutazione delle competenze (la capacità di usare conoscenze, abilità e atteggiamenti) e dei loro elementi costituenti sia fondamentale.

L’atelier passerà in rassegna alcuni dei principali metodi descritti in letteratura e già sperimentati in Italia, per poi lasciare spazio alla discussione.

Conclusioni

L’insegnamento nelle Facoltà o Scuole Mediche deve affrontare cambiamenti radicali.

Sono cambiati i bisogni di salute della popolazione e la stessa composizione del corpo sociale, ne sono esempi: anziani con poli-patologie croniche, cure palliative lunghe, dipendenze di diverso tipo, multi-culturalità. E’ cambiata pertanto anche la percezione che il cittadino ha del medico, che oscilla tra attese bio-tecnologiche miracolistiche e la richiesta di ridefinire un rapporto più paritario ed umano con il curante.

Infine la crisi economica e politica ha prodotto scelte di governo del sistema universitario forse discutibili, ma su cui l’Accademia nel suo complesso non ha mai provato ad aprire un confronto realistico, consapevole e propositivo.

Si deve recuperare la centralità del fatto formativo come ragione d’essere delle Università e i Corsi di Laurea in Medicina possono essere l’avanguardia di questa operazione, se sapranno concretamente dimostrare di saper formare professionisti competenti innovando la propria didattica e sfruttando appieno l’intero sistema integrato delle cure, senza rivalità e nel rispetto delle specificità dell’Università e del Sistema Sanitario Nazionale.

La ricerca e l’assistenza devono servire quindi per fornire una didattica di qualità.

Questo ciclo di incontri è perciò destinato a tutti i docenti dei Corsi di studio della Scuola di Medicina, nonché ai tutors e Direttori delle attività didattiche delle lauree sanitarie e si propone di presentare una serie di metodologie didattiche la cui efficacia sia basata su evidenze di letteratura internazionale, e soprattutto di avviare un processo di riflessione locale che conduca alla progettazione di soluzioni innovative e fattibili.

Bibliografia

1) Steinert Y, Mann K, Centeno A, Dolmans D, Spencer J, Gelula M, Prideaux D. A systematic review of faculty development initiatives designed to improve teaching effectiveness in medical education: BEME Guide No. 8. Med Teach. 2006;28(6):497-526.

2) Leslie K, Baker L, Egan-Lee E, Esdaile M, Reeves S. Advancing faculty development in medical education: a systematic review. Acad Med. 2013;88(7):1038-45.

3) Steinert Y, Naismith L, Mann K. Faculty development initiatives designed to promote leadership in medical education. A BEME systematic review: BEME Guide No. 19. Med Teach. 2012;34(6):483-503

4) Ronald M. Epstein, MD; Edward M. Hundert, MD Defining and Assessing Professional Competence JAMA. 2002;287(2):226-235.

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Consorti F., Bellini T., Trombelli L., Innovazione didattica: qualità e formazione pedagogica interdisciplinare per i docenti dei Corsi di studio della Scuola di Medicina, Medicina e Chirurgia, 66: 2985-2988, 2015. DOI:  10.4487/medchir2015-66-4