Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. II. I gruppi di studion.78, 2018, pp. 3497-3502, DOI: 10.4487/medchir2018-78-4

Abstract

Study groups are part of the educational approach known as Collaborative Learning (CL) consisting in students working together in small groups, for short or extended periods of time, towards a common goal. The two key elements of CL are individual accountability and positive interdependence. The purpose of a study group can either be defined by the faculty and related to a specific course syllabus (in-class study groups) or defined by students themselves and usually related to revising course content for the purpose of passing the exam (out-of-class study groups). Regardless of its type, CL should provide students with academic, social and psychological benefits. This is the case only if the tenets behind CL are clear to all the stake-holders of the process, otherwise CL activities may prove discouraging, time-consuming, lacking focus and generating an overall negative experience.

A degree course that decides to implement CL should therefore instruct both faculty and students with the appropriate tools to develop this educational approach and favor the realization of a collaborative learning environment.

Key Words:Collaborative learning, study groups, positive interdependence, individual accountability

 

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L’utilizzo dei gruppi di studio fa parte di un approccio educativo noto come Collaborative Learning (CL). In tale approccio gli studenti lavorano assieme in piccoli gruppi, per periodi di tempo più o meno lunghi, al fine di raggiungere un obbiettivo comune. I due elementi chiave del CL sono la responsabilità individuale e l’interdipendenza costruttiva. Lo scopo di un gruppo di studio può essere definito dal corpo docente e legato agli obbiettivi di insegnamento di uno specifico corso (gruppi di studio “in classe”) oppure definito dagli studenti stessi. In quest’ultimo caso il gruppo di studio ha generalmente come obbiettivo quello di revisionare il contenuto di un corso al fine di superare l’esame (gruppi di studio “fuori dalla classe”).

Indipendentemente dalla sua tipologia, il CL dovrebbe fornire agli studenti dei benefici accademici, sociali e psicologici. Tali benefici hanno la possibilità di realizzarsi solo se i principi che reggono il CL sono chiari a tutti gli interessati nel processo. Se ciò non avviene, le attività di CL possono dimostrarsi una perdita di tempo, mancare di una chiara focalizzazione, esser scoraggianti e in generale dimostrarsi o essere percepite come un’esperienza negativa. Per questo motivo, un Corso di Laurea che decida di implementare il CL dovrebbe fornire sia al corpo docente che agli studenti gli strumenti necessari e appropriati per sviluppare questo tipo di approccio educativo e favorire lo sviluppo di un ambiente di apprendimento collaborativo.

Parole chiave:Apprendimento collaborativo, gruppi di studio, responsabilità individuale, interdipendenza costruttiva

Articolo

Introduzione

Il “collaborative learning, CL” (5) è una forma di apprendimento in cui gli studenti lavorano in un piccolo gruppo (gruppo di studio – GS) per raggiungere un obiettivo comune. La premessa su cui si basa il CL è l’osservazione che l’interazione sociale è fondamentale per lo sviluppo di funzioni cognitive superiori (13) e che di conseguenza le conoscenze e competenze si acquisiscano meglio in un contesto sociale rispetto ad un contesto individuale.

Il GS non è inteso come una sostituzione dello studio individuale, ma offre proprio per il suo aspetto sociale delle indubbie opportunità. Attraverso il CL, lo studente chiarisce e consolida i contenuti dell’apprendimento e si confronta con modi diversi di pensare ed imparare acquisendo consapevolezza della diversità di approcci per uno stesso problema. I vantaggi del CL non sono solo di natura cognitiva. Nello scambio tra pari gli studenti, oltre che raggiungere obbiettivi accademici sviluppano anche competenze trasversali come la capacità di lavorare in team e di comunicare, il pensiero analitico e critico, e strategie metacognitive di apprendimento. Inoltre, il lavoro in gruppo può ridurre la procrastinazione nello studio, aumentare la motivazione e la fiducia in se stessi e diminuire l’ansia.

La modalità di studio e apprendimento presenti nel CL sono differenti da quelle che caratterizzano lo studio individuale e si fondano sui seguenti aspetti (5, 6,10,11):

1) il successo del singolo è legato al successo del gruppo;

2) tutti lavorano insieme in maniera attiva;

3) occorre imparare non solo i contenuti accademici ma anche a lavorare in team

4) la responsabilità del lavoro è sia del gruppo sia del singolo;

5) gli studenti valutano il progresso e l’efficacia del loro lavoro.

Gli elementi chiave del CL sono in conclusione la coesistenza di responsabilità individuale e d’interdipendenza costruttiva (7,10,11).

Il CL, come tutti i processi, non è esente da minacce, che non devono essere sottovalutate per non comprometterne gli evidenti vantaggi.

Una scarsa chiarezza sulla finalità del gruppo rende poco proficuo e dispersivo il lavoro; allo stesso modo una mancata definizione di regole sulla sua conduzione può alterare le dinamiche interne al gruppo, con partecipanti passivi o, all’opposto, predominanti. Non vanno trascurati nemmeno gli aspetti logistici, ad esempio aule adeguate e orari stabiliti.

Lo studente può scegliere di non partecipare ad un gruppo di studio per motivi che appartengono alla sfera personale (impossibilità a parteciparvi per motivi logistici, preferenza per lo studio individuale, problemi di relazione e confronto con i colleghi), ma anche per aver avuto o sentito di esperienze negative. Un aspetto molto rilevante che scoraggia gli studenti dal partecipare ai GS è il fenomeno del “social loafing o pigrizia sociale” ossia la presenza nel gruppo di studenti che si avvantaggiano dello sforzo degli altri senza contribuire personalmente in maniera rilevante al raggiungimento degli obbiettivi (4).

Il tema dei GS è stato oggetto di discussione durante un forum dedicato al tema dell’appropriatezza degli strumenti didattici rispetto all’apprendimento dello studente, che ha avuto luogo durante una riunione della Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia (Trieste, 20-21 Aprile 2018)

  • Esperienze raccolte tra i docenti Nel laboratorio che ha fatto seguito alle microletture i docenti hanno raccontato brevemente le loro esperienze sui GS. Generalmente si tratta di gruppi proposti dal docente con due finalità: sperimentazione di un diverso approccio didattico rispetto alla lezione frontale, oppure tutorato di supporto, sia per recuperare carenze nella preparazione iniziale sia per facilitare il superamento dell’esame.

In entrambi i casi il docente attribuisce un compito ai gruppi.

Nel primo caso il docente assegna argomenti precisi, parti del programma o approfondimenti, su cui lavorare, e i risultati del gruppo sono presentati e discussi in aula, sostituendo la lezione tradizionale.

Nel secondo caso il docente affida gruppi di studenti a un tutore (studente “anziano”, neolaureato, dottorando) come guida nell’apprendimento di quanto fatto in aula, per facilitare il recupero di parti di programma o il superamento dell’esame.

La discussione rende evidente la presenza di ambiguità su natura, ruolo, obiettivi e modalità organizzative del gruppo di studio e la necessità di una sua precisa definizione perché possa diventare uno strumento didattico utile. I dubbi principali riguardano, oltre alla costituzione del gruppo e all’individuazione del o degli obiettivi, la definizione dei ruoli degli studenti e del docente e la possibilità di intervento se il gruppo è disfunzionale.

  • Esperienze raccolte tra gli studenti Gli studenti partecipanti al laboratorio riportano la loro esperienza che si riferisce soprattutto a GS non formali organizzati tra studenti, senza intervento di docenti, il cui obbiettivo è quello di studiare insieme per superare gli esami; in casi estremi questi diventano gruppi difensivi per sopravvivere al “docenti killer”.

In questo caso i gruppi sono molto più fluidi nella composizione e molto meno strutturati rispetto ai gruppi organizzati dai docenti. Le difficoltà principali riscontrate sono sostanzialmente di natura logistica e organizzativa (trovare spazi adeguati, costanza nella partecipazione, studenti pendolari o impegnati in altre attività didattiche).

A seguito delle esperienze riportate da docenti e studenti, è stato chiarito che i GSpossono essere di diversa natura e dunque avere diversi obiettivi specifici.

Tipologie dei GS e loro finalità

  1. A) GS “d’aula”, il cui lavoro è legato ai contenuti di un corso e agli obbiettivi di apprendimento del suo syllabus; il lavoro di questi gruppi può sostituire in parte o totalmente la lezione frontale. Il docente definisce il lavoro di ogni gruppo e può fornire il materiale; i risultati vengono condivisi in aula come parte integrante dei contenuti del corso. Il gruppo riceve un feedback in aula dai pari e dal docente.
  2. B) GS “fuori aula” incoraggiati e supervisionati dal docente direttamente o attraverso persone da lui identificate (studenti, dottorandi), ma che non sono né obbligatori né parte dell’attività d’aula. L’obiettivo in questo caso è promuovere l’apprendimento collaborativo tra studenti e aiutare gli studenti a rimanere al passo con il corso. Il docente o il tutore possono seguire il gruppo, soprattutto dal punto di vista della definizione degli obiettivi, e dare un feedback sul lavoro fatto.
  3. C) GS “fuori aula” che si costituiscono in maniera autonoma allo scopo di prepararsi per superare un esame attraverso il chiarimento e la ripetizione dei contenuti.

In questo caso la composizione del gruppo viene determinata dagli studenti stessi. Il feedback sull’efficacia del lavoro consiste in genere nel risultato dell’esame e nella sua tempistica di svolgimento.

Composizione del GS

Nel caso dell’esempio A il docente può scegliere i partecipanti attraverso un metodo casuale, può lasciare che la composizione del gruppo sia determinata dagli studenti, oppure può scegliere gli studenti che partecipano ad ogni gruppo su una base di criteri predefiniti.

Nel caso dell’esempio B, il gruppo può formarsi in maniera autonoma e il docente può incoraggiare o stimolare alcuni studenti a parteciparvi. Nel caso de gruppo C, la scelta della composizione è determinata da una serie di fattori legati alla vita dello studente (amicizia, vicinanza, ecc.) e se richiesto dagli studenti può essere guidata da un docente.

Numerosità del GS

La maggior parte della letteratura suggerisce che, nel CL classico, un gruppo di studio dovrebbe essere formato da quattro a sei elementi. Tuttavia questo dato non è univoco e se gli aspetti organizzativi e la formazione al lavoro di gruppo funzionano bene i gruppi possono essere anche più numerosi (3,11, 12)

I tutor e la facilitazione del gruppo

I gruppi possono essere tutorati o facilitati da un docente, oppure da altri studenti attraverso un processo di insegnamento alla pari (peer to peer), o quasi-alla-pari (near to peer, studenti senior). In questo caso la formazione del tutore è importante affinché il gruppo di studio rimanga nel contesto del collaborative learning. La presenza di un tutor o di un facilitatore in gruppo di studio non è sempre necessaria, ma lo può diventare se il gruppo di studio è formato da studenti in una situazione di ritardo negli esami e/o con difficoltà nello strutturare un metodo di studio e nel definire gli obiettivi di apprendimento.

Feedback e valutazione:

Un aspetto molto importante nel determinare il successo di un gruppo di studio dipende dal feedback, che dovrebbe essere sia di natura cognitiva che relazionale.

Il feedback può arrivare dall’esterno, ossia dal docente, e/o dal confronto con altri gruppi di studio che hanno lavorato sugli stessi argomenti, oppure può essere di natura intrinseca, ossia derivare dai componenti del gruppo stesso soprattutto nel caso dei gruppi di studio che nascono fuori dalla classe e in maniera autonoma. L’autovalutazione singola e di gruppo attraverso test autosomministrati e un processo di valutazione tra pari tra i membri del gruppo possono dimostrarsi uno strumento importante per validare il modo di procedere del gruppo e per portare alla luce le dinamiche di interazione.

RIFLESSIONI FINALI

Qualsiasi sia l’obbiettivo di un GS è importante che esso contribuisca anche allo sviluppo delle capacità di lavoro di gruppo e alle competenze trasversali, nonché allo sviluppo di un approccio metacognitivo che porti lo studente a riflettere sulle proprie modalità di apprendimento e a “guidarle” in una direzione più efficace ed efficiente anche al di fuori del lavoro di gruppo.

In questo senso, gli obiettivi di un GS dovrebbero idealmente procedere nel tempo attraverso una sorta di tassonomia di Bloom (1,8) ossia i partecipanti dovrebbero passare progressivamente dalla conoscenza, alla comprensione, all’applicazione, all’analisi, alla sintesi e alla valutazione di quanto stanno studiando. Questo sviluppo di un gruppo di studio, sebbene ambizioso, costituisce la base per un processo di apprendimento continuo (life-long learning).

Un corso di laurea che voglia inserire in maniera efficace i gruppi di studio nel suo curriculum (area delle strategie didattiche centrate sullo studente) dovrebbe prevedere un processo di formazione sia dei docenti che degli studenti e favorire un ambiente didattico e di studio (eventualmente anche virtuale, 2,9) che faciliti la loro formazione e progressione.

E’ molto importante che gli studenti ricevano una preparazione sul CL e sui GS sin dall’inizio del loro percorso formativo, in modo che tali gruppi non nascano solo dalla necessità immediata e transitoria di superare un esame ma possano inserirsi come uno strumento fondamentale e integrante del percorso di studio. E’ importante inoltre che le prime esperienze di lavoro di gruppo abbiano una valenza positiva, per minimizzare il rischio che lo studente le ritenga inefficaci e per evitare che si rivelino potenzialmente lesive per la sua autostima e capacità di lavorare in team.

Indipendentemente dal fatto che i GS siano d’aula o fuori aula, legati o non legati al syllabus di un corso, è altrettanto importante che un corso di laurea che intende sostenere questo tipo di forma di apprendimento formi i suoi docenti in tal senso, in modo da creare un ambiente accademico che sia conduttivo e favorevole ai processi di apprendimento collaborativo.

I seguenti elementi di formazione dovrebbero comparire in un CdS che intenda avvalersi dei gruppi di studio e promuoverli.

 Formazione dei docenti

Formazione al CL Cos’è il CL, cosa sono i GS, di quale tipo possono essere.

Organizzazione e gestione di un gruppo di studio d’aula o fuori aula Formazione alla didattica metacognitiva Preparazione sulle dinamiche di piccolo gruppo (inclusi esercizi di troubleshooting)

Formazione degli studenti

Introduzione al CL e ai suoi benefici, sia dal punto visto cognitivo che dal punto di vista delle competenze trasversali Esercizi Introduzione alla didattica metacognitiva e ai suoi benefici Metodi di valutazione tra pari dei risultati del lavoro di gruppo Introduzione alle dinamiche di gruppo Strumenti di team building Organizzazione di un gruppo di studio Essere tutor nel tra pari (peer-to-peer) e tutor senior (near-to-pear) Qui di seguito viene presentato un piccolo vademecum che può esser fornito agli studenti per aiutarli nella formazione e conduzione di un GS autonomo fuori aula ma che contiene anche molti elementi utili per la gestione dei gruppi formali d’aula.

Piccolo vademecum per la formazione di un gruppo di studio autonomo non tutorato fuori aula

Quante persone

La letteratura suggerisce che i gruppi di studio siano composti da 4 a 6 studenti. Non è impossibile tuttavia organizzare gruppi di studio un po’ più numerosi se le regole vengono definite e seguite con attenzione

Composizione del gruppo di studio. Come trovare le persone per formare un gruppo di studio

Nella composizione di un gruppo di studio entrano diversi fattori: vicinanza, amicizia, obbiettivi comuni, ecc.

Osservare nella propria classe quali siano gli studenti più coinvolti nelle lezioni e chiedere loro se desiderino formare un gruppo di studio per migliorare e condividere il proprio processo di apprendimento. Scegliere studenti che abbiano obbiettivi di apprendimento simili.

Considerare che l’eterogeneità, sia essa cognitiva, culturale o di genere, arricchisce il lavoro del gruppo e il processo di apprendimento.

Dinamiche di Gruppo

L’apprendimento collaborativo contribuisce al miglioramento delle proprie conoscenze e competenze in molti modi. Lavorare con gli altri non è però sempre facile e include delle responsabilità di cui bisogna essere consapevoli per fare si che il gruppo di studio rimanga coeso ed efficace.

Aspetti da tenere in considerazione quando si decide di formare un gruppo di studio.

  • Abilità e personalità: ogni componente del gruppo porta con sé differenti abilità e la propria personalità, che possono contribuire o meno al successo del gruppo. E’ pertanto necessario stabilire quali comportamenti sono accettabili o appropriati durante l’interazione e la partecipazione al gruppo
  • E’ necessario che le sessioni di lavoro del gruppo siano focalizzate – occorre per esempio evitare che si trasformino nel luogo in cui ci si lamenta o si fa del pettegolezzo
  • Ogni partecipante deve sentirsi a proprio agio e considerato all’interno del gruppo – i membri devono essere educati e pazienti – occorre evitare risposte troppo critiche e aggressive che potrebbero inibire qualcuno dei partecipanti – non bisogna interrompere – bisogna essere rispettosi delle opinioni altrui.
  • E’ necessario che ogni membro del gruppo sia incoraggiato a partecipare e che chi ha una personalità dominante sia aiutato a non monopolizzare il gruppo
  • I conflitti devono essere riconosciuti e risolti rapidamente.

Occorre decidere all’inizio come gestire i disaccordi e il processo decisionale.

  • Il gruppo di studio non è un sostituto dello studio individuale e del tutoraggio. Ogni membro potenziale del gruppo deve chiedersi se ha l’interesse, il tempo, l’energia, la volontà per impegnarsi attivamente nel gruppo.
  • In un gruppo di studio è necessario essere cooperativi e non competitivi. Occorre utilizzare al meglio le capacità di tutti per il successo comune.
  • E’ fondamentale una valutazione periodica del lavoro del gruppo (risultati cognitivi, aspetti relazionali).

Aspetti organizzativi

Primo incontro:

  • Conoscersi, condividere le aspettative, definire gli obbiettivi del gruppo di studio e le regole del gruppo. Condividere il proprio metodo di studio.
  • Revisionare il syllabus e definire un’agenda di incontri.
  • Definire lo svolgimento del lavoro durante gli incontri (formato degli incontri), ad esempio: Ripetizione e spiegazione a turno di argomenti, discussione di argomenti poco chiari, confronto di appunti, risposte a domande d’esame, lavoro su problemi, provare a formulare delle domande d’esame o dei quiz sul materiale oggetto dello studio.

ecc.

  • Qualsiasi sia il formato, dare a tutti la possibilità di spiegare agli altri quello che hanno capito.
  • L’argomento specifico della sessione e i suoi obbiettivi influenzano il modo in cui la sessione sarà organizzata e condotta. E’ importante accordarsi sull’agenda alla fine di ogni incontro, in modo che ognuno possa partecipare in maniera preparata.
  • Può essere anche utile definire dei formati temporali che determinino per esempio quanto tempo ha una persona per spiegare un argomento, in modo da sviluppare una consapevolezza della rilevanza dei contenuti e della loro modalità di esposizione.
  • Definire quale materiale portare al gruppo di studio
  • Definire un luogo di incontro che faciliti la partecipazione di tutti.
  • Identificare un leader/facilitatore del gruppo, che può anche cambiare a rotazione
  • Il ruolo di questo studente è quello di mantenere la sessione di studio entro i suoi obbiettivi e di favorirne la progressione. Deve inoltre facilitare il contributo di ogni partecipante cercando di evitare che ci sia qualcuno che domini il gruppo. La stessa persona può agire da persona di contatto.

Nel gruppo può essere identificato anche un “segretario”.

  • Definire dei momenti in cui il gruppo si autovaluta, sia dal punto di vista cognitivo che relazionale, e in cui si condividono eventuali modifiche intervenute nel proprio metodo di studio.
  • Il gruppo deve darsi delle regoleche sono fondamentalmente legate all’affidabilità e all’impegno dei componenti

» Studio pregresso: Ogni componente del gruppo si impegna a prepararsi sugli argomenti che saranno discussi durante l’incontro

» Partecipazione: i componenti del gruppo si impegnano a partecipare ad ogni incontro e ad essere puntuali, salvo che per motivi seri

» Collaborazione: i componenti del gruppo si impegnano a collaborare per il miglioramento e il successo di tutti i componenti

» Risoluzione di conflitti: i componenti del gruppo si impegnano a lavorare per risolvere eventuali situazioni di conflitto e di disagio

  • Dove e quando: scegliere un posto che permetta a tutti di sentirsi a proprio agio e offra la possibilità di utilizzare diversi strumenti di studio (lavagna, fogli bianchi…).
  • Definire un agenda precisa, possibilmente con gli incontri fissati sempre nello stesso giorno e alla stessa ora in modo che il lavoro del gruppo diventi un impegno imprescindibile.
  • Possibile suggerimento:
  • Condividere con i professori la presenza del proprio gruppo di studio e decidere se chiedere una loro supervisione

Durante ogni sessione di lavoro del gruppo

  • Durata della sessione: ogni sessione non dovrebbe durare più di due-tre ore. Stabilire un limite alla durata aiuta a focalizzarsi sugli obbiettivi. Definire quando fare le pause e la loro durata.
  • Parte iniziale: revisionare il risultato della sessione precedente e condividere se vi sono alcuni argomenti ancora poco chiari. Nel caso sia necessario, prevedere un’ulteriore sessione su tali argomenti.
  • Per focalizzare il lavoro, il leader ricorda a tutti quali siano gli obiettivi della sessione di studio.
  • Durante la sessione: La sessione si svolge in base al formato che è stato definito. Vedi sopra. Il leader ha un ruolo importante nel favorire la possibilità che tutti partecipino, che i tempi vengano rispettati e che il lavoro proceda. Confrontare differenze non solo sui contenuti ma anche sul modo di esporli/presentarli. Definire la gerarchia di importanza delle informazioni apprese. Vedi “Dinamiche di Gruppo”

Alla fine della sessione

Dedicare una decina di minuti per capire se gli obbiettivi della sessione siano stati raggiunti dal gruppo e dai singoli componenti del gruppo.

Definire chiaramente gli obiettivi della sessione successiva.

Bibliografia

1) Bloom B. Taxonomy of educational objectives. The classificationof educational goals, Handbook I Cognitive Domain.David McKayCompany, Inc; (1956).

2) Brindley J., Walti C., Blaschke L.M. Creating Effective Collaborative Learning Groups in an Online Environment. The International Review of Research in Open and Distributed Learning, Vol 10, No 3 (2009)

3) Kooloos J.G.M, Klaassen T., Vereijken M., Van Kuppeveld S., Bolhuis S., and Vorstenbosch M. Collaborative group work: Effects of group size and assignment structure on learning gain, student satisfaction and perceived participation. Medical Teacher, 33:983-988 (2011)

4) Jassawalla A., Sashittal H., Malshe A. Students’ Perceptions of Social Loafing: Its Antecedents and Consequences in Undergraduate Business Classroom Teams. Academy of Management. Learning & Education, Vol. 8, No. 1, 42–54. (2009)

5) Johnson DW, Johnson RT. Boston, MA: Allyn and Bacon; Learning Together and Alone: Cooperative, Competitive, and Individualistic Learning, 5th ed. (1999).

6) Johnson, D.W., Johnson, R.T., and Smith, K.A. Cooperative learning: Improving university instruction by basing practice on validated theory. Journal on Excellence in College Teaching 25, 85-118. (2014)

7) Roger T. and David W. Johnson. An overview of cooperative learning Published in: J. Thousand, A. Villa and A. Nevin (Eds), Creativity and Collaborative Learning; Brookes Press, Baltimore, 1994.

8) Seddon G. The properties of Bloom’s taxonomy of educational objectives for the cognitive domain. Rev Educ Res. 48(2): 303 (1978)

9) Seralidoua E., Douligerisb C. Identification and Classification of Educational Collaborative Learning Environments. Procedia Computer Science 65 ( 2015 ) 249 – 258 International Conference on Communication, Management and Information Technology (ICCMIT 2015)

10) Slavin, R.E. Cooperative learning: theory, research and practice. Boston: Allyn & Bacon. (1995)

11) Slavin, R.E. Educational Psychology: theory and practice (5th ed.). Needham Heigts, MA: Allyn & Bacon. (1997)

12) University Of Copenhagen. The Teaching And Learning Unit Of Social Sciences. Study groups for international students. https://samf.ku.dk/pcs/pdf_filer/Samlet_study_groups_ NY_2010.pdf

13) Vygotsky, L.S. (Mind in Society: The development of higher psychological processes. Cambridge,MA: Harvard university press (1978)

Cita questo articolo

Barajon I., et. al., Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. II. I gruppi di studio, Medicina e Chirurgia, 78: 3497-3502, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-78-4

Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. I. Da una didattica basata sull’insegnamento ad una centrata sull’apprendimenton.78, 2018, pp. 3494-3496, DOI: 10.4487/medchir2018-78-3

Abstract

The aim of this editorial is to recall the paradigm shift from teacher-centred to student-centred undergraduate education, in order to introduce a series of three articles on the topic of learning strategies of Italian medical students.

The shift towards student-centred education begins with the curriculum design, aimed to modulate the learning objects on the different outcome competencies that medical students have to acquire. Then, the various kinds of competencies must be aligned with the consistent modes of teaching and of learning assessment.

To favour this shift, the working group of medical education of the Italian Conference of the Presidents of Undergraduate Curricula in Medicine opened a debate on the question whether the teaching strategies carried out in our curricula are in keeping with the learning attitudes of our students. A forum was accordingly organized to discuss three of these learning strategies: the study groups; students’ transcriptions of lectures; and IT platforms and new media.

Three different articles will follow on these subjects, aimed to evaluate how to verify, validate, promote and integrate students’ learning strategies with our teaching tools.

Key words: Medical Education; Student-centred education; Competencies; Learning Objects

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Lo scopo di questo editoriale e di richiamare il cambio di paradigma da una didattica universitaria centrata sul docente a una centrata sullo studente, al fine di introdurre tre articoli sul tema delle strategie di apprendimento degli studenti in medicina italiani.

Lo spostamento verso la didattica centrata sullo studente inizia con la pianificazione del curriculum degli studi, finalizzato a modulare gli obiettivi di apprendimento sulle diverse competenze in uscita che gli studenti in medicina devono acquisire. Successivamente, i diversi tipi di competenze devono essere allineati con le pertinenti modalità di insegnamento e di valutazione dell’apprendimento.

Per favorire questo spostamento di paradigma, il gruppo di lavoro Innovazione Pedagogica della Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina ha aperto un dibattito sul quesito se le strategie di insegnamento portate avanti nei nostri corsi di laurea sono coerenti con le attitudini di apprendimento dei nostri studenti. È stato così organizzato un forum per discutere tre di queste strategie di apprendimento: i gruppi di studio; le trascrizioni delle lezioni (le cosiddette sbobinature); e le piattaforme informatiche e i nuovi media.

Seguiranno tre differenti articoli su questi temi, finalizzati a valutare come verificare, validare, promuovere e integrare le strategie di apprendimento degli studenti con i nostri strumenti di insegnamento.

Parole chiave: Pedagogia medica; Didattica centrata sullo studente – Competenze – Obiettivi di apprendimento

Articolo

È in atto, nella didattica universitaria, un cambio di paradigma con il passaggio da una dimensione della didattica centrata sul docente, e sull’insegnamento, a una basata sullo studente, e sull’apprendimento. Non si tratta di modificare solo l’angolo di visuale, ma di un mutamento radicale, che investe dimensioni molteplici (Tabella I).

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Il mondo universitario ha finora visto come la propria missione principale – se non unica – quella di produrre nuove conoscenze attraverso la ricerca scientifica, con il fine subalterno di trasferirleagli studenti.

Grazie ai progressi della pedagogia e della ricerca didattica, tuttavia, sta maturando progressivamente la consapevolezza che la promozione efficace dell’apprendimento dello studente non è una missionsubalterna per l’Accademia. In questa ottica, l’asse lungo il quale si sviluppa il curriculum degli studi universitari non è più quello di un “programma da svolgere” scelto “a priori” dal corpo docente ma quello delle “competenze che gli studenti devono acquisire”, individuate d’intesa con gli stakeholders.

Programmare per competenze significa rendersi conto che queste si distribuiscono su un ampio spettro di acquisizioni cognitive: dalle conoscenze(da apprendere, memorizzare, richiamare, rielaborare criticamente) che costituiscono il saperedello studente, alle abilità(interpretative, relazionali e operative) che attengono al campo del saper fare, alle attitudini(professionali ed etiche) che rientrano nella sfera del saper essere, alle meta-competenze clinicheche implicano il richiamo delle conoscenze e delle abilità da mettere al servizio della capacità di risolvere problemi e prendere decisioni e che richiedono la formazione di un professionista riflessivo.

Lo spettro delle competenze trasversali ha trovato un’efficace codifica nei cosiddetti Descrittori di Dublino: conoscenza e capacità di comprensione; conoscenza e capacità di comprensione applicate; autonomia di giudizio; abilità comunicative; capacità di apprendere.

Partire dall’apprendimento e dalle competenze da acquisire significa poi ripercorrere – e allineare– tutto il processo di definizione delle modalità di insegnamento e di verifica dell’apprendimento. Decenni di ricerca pedagogica, e di “buone pratiche” didattiche, hanno insegnato che non esiste né un’unica modalità di insegnamento efficace, né “la” forma migliore di insegnamento se avulsa dal contesto. La lezione frontale mantiene il suo impatto, specie se orientata alla pratica della flipped class, nell’insegnamento delle conoscenze, mentre la didattica a piccoli gruppi, al letto del paziente, nello skill lab o sul campo, nel territorio, è indispensabile per l’apprendimento delle abilità. Parimenti, le competenze cliniche si apprendono in contesti reali o in simulazioni realistiche.

Lo stesso discorso vale per la valutazione dell’apprendimento.

C’è ancora spazio per l’esame orale, ma l’acquisizione delle conoscenze può essere verificata più rapidamente – e in modo più obiettivo – con prove scritte. L’apprendimento delle abilità deve essere necessariamente valutato con una prova pratica, così come le competenze cliniche vanno verificate “in contesto”.

Procedura essenziale del lavoro di insegnamentoapprendimento è quindi il cosiddetto “allineamento” tra competenze, modalità di insegnamento e forme di valutazione in modo che queste siano coerenti tra loro.

Il sistema internazionale TUNING, con le sue matrici, offre uno strumento assai efficace per realizzare questo allineamento (Figura 1).

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In questo contesto di cambio di paradigma, la Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina si è interrogata sullo scarto esistente tra modalità di insegnamento e forme di apprendimento.

Il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogicaha messo a punto una serie di eventi pedagogici che si seguiranno per tutto l’anno 2018.

Abbiamo iniziato (Roma, 21 Gennaio 2018) con la lettura magistrale tenuta da Fabrizio Consorti, dal titolo “Il cambiamento del ruolo del docente nel grande gruppo: da chi trasmette informazioni (lezione frontale) a chi facilita l’apprendimento (flipped class)”e abbiamo proseguito con il Forum (Trieste, 20 Aprile 2018) dal titolo “I nostri strumenti didattici sono adeguati all’apprendimento dello studente?”. In questo Forum, tre laboratori paralleli si sono interrogati su altrettante forme di apprendimento che sembrano essere privilegiate dagli studenti in Medicina italiani: i gruppi di studio, le trascrizioni delle lezioni (le cosiddette sbobinature) e le piattaforme informatiche e i nuovi media.

A questo breve testo introduttivo, seguiranno altri tre articoli, pubblicati sempre su Medicina e Chirurgia, che faranno il punto su queste tre forme di apprendimento, interrogandosi sul ruolo che il docente può svolgere per integrarle, verificarle, validarle, al fine di realizzare una sinergia tra le forme di insegnamento messe in atto dal docente e quelle di apprendimento messe in essere dallo studente.

Cita questo articolo

Gallo P., et al., Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. I. Da una didattica basata sull’insegnamento ad una centrata sull’apprendimento, Medicina e Chirurgia, 78: 3494-3496, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-78-3

Notizie dall’ANVUR, dal CUN, dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie, dal SISMn.78, 2018, pp.3506-3512

Agenzia Nazionale Valutazione Università e Ricerca – ANVUR

Questi mesi come ogni anno sono stati densi di scadenze per ANVUR: forse la più importante per il mondo medico è la finalizzazione degli accreditamenti delle Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria che è esitata nel relativo decreto che fissa la data per il Concorso Nazionale al 17 Luglio. Nella penultima settimana di Giugno è stato anche raggiunto l’accordo sul numero e la distribuzione delle borse in Conferenza Stato Regioni per cui il processo si è appunto avviato al termine con il lusinghiero risultato di avere l’esame di ammissione prima della pausa estiva. ANVUR esprime ovviamente la propria soddisfazione a riguardo dell’adeguamento sempre crescente delle Scuole all’indicatore ASN che riflette come noto la qualificazione scientifica del Collegio Docente rispetto al numero di soglie raggiunte nell’esercizio appunto dell’ Abilitazione Scientifica Nazionale.

Il 20 Giugno sono stati poi approvati con relativa delibera i Corsi di nuova istituzione fra cui non pochi riferibili all’Area Medica in generale, alcuni dei quali in lingua inglese. La lista è già disponibile per tutti gli Atenei nel sito loro dedicato.

Nella stessa seduta si è provveduto ad approvare la lista definitiva dei dottorati accreditati con particolare riferimento alla loro qualifica di innovatività declinata nelle tre specifiche categorie di internazionalizzazione, interdisciplinarietà e intersettorialità. Questa parte del processo valutativo si è sviluppata indipendentemente dal semplice accreditamento generale dei dottorati che invece era già stato portato a termine a fine Maggio come previsto.

Prosegue il lavoro in Agenzia per la determinazione delle soglie da proporre al MIUR: si ricorda che il Ministero emana il decreto soglie su proposta dell’ANVUR e sentito il CUN; dall’uscita del decreto gli aspiranti Commissari hanno sessanta giorni di tempo per fare la domanda di immissione nella lista dei sorteggiabili che verrà poi validata da ANVUR.

Questo potrebbe portare a finalizzare l’intero processo entro l’Autunno permettendo così l’apertura di questa prima finestra concorsuale. Il MIUR ad ogni modo prevede di emanare il decreto soglie entro la metà di Luglio allo scopo appunto di permettere l’attuazione del crono programma nei termini sopra indicati.

Il 20 Giugno inoltre il Consiglio Direttivo ha esaminato ed approvato la lista degli Esperti Disciplinari, come da relativo bando, destinati a formare i panel che esamineranno le richieste di borse di dottorato aggiuntive finanziate nell’ambito del progetto PON. Si ricorda che tali finanziamenti dell’Unione Europea sono destinati esclusivamente agli Atenei del Sud e delle Isole.

Il 12 Luglio avrà luogo la presentazione del consueto Rapporto biennale di ANVUR: l’evento si terrà, come nella scorsa occasione, all’Auditorium Antoniano in Viale Manzoni. Tale evento è una importante occasione per tutto il mondo accademico per osservare da vicino lo stato della formazione superiore, della Ricerca e della Terza Missione non solo degli Atenei ma anche degli Enti Pubblici di Ricerca.

Prof. Paolo Miccoli

Presidente del Consiglio Direttivo ANVUR

 

Consiglio Universitario Nazionale

I primi di maggio il CUN ha concluso il lavoro istruttorio ed ha elaborato un modello generale – per la classificazione dei saperi e per la manutenzione delle classi di corso di studio – che possa essere portato al confronto con i soggetti del sistema universitario, suoi destinatari, ed essere poi ulteriormente sviluppato negli aspetti di dettaglio e applicativi.

Il parere (2 maggio 2018, n. 22) che il CUN ha approvato è articolato in tre sezioni. Nella prima, dopo un’analisi del percorso che ha condotto all’attuale sistema di classificazione dei saperi, il CUN propone un nuovo modello, informato a considerazioni culturali e funzionali nonché a criteri di semplificazione e razionalizzazione.

Nella seconda sezione, dopo una descrizione dell’evoluzione del sistema delle classi dei corsi di studio, propone un modello per la sua manutenzione che risponda agli obiettivi indicati di aggiornamento, flessibilità e internazionalizzazione. Tale modello è congruente con il sistema di classificazione dei saperi proposto nella prima sezione. Infine, nella terza sezione il CUN indica quali interventi di adeguamento e di coordinamento sostanziale del contesto normativo siano necessari ad assicurare al modello proposto una disciplina di sviluppo coerente con le logiche e con le ragioni che lo informano. Il 29 maggio 2018, presso la Sala Aldo Moro del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, si è svolta la presentazione del Parere generale del 2 maggio 2018, n. 22, con il quale CUN , in attuazione del mandato ricevuto dalla sede ministeriale, ha proposto il nuovo modello per l’aggiornamento e la razionalizzazione della classificazione dei saperi accademici e del sistema delle classi di corso di studio, nel quale sono state portate a sintesi e a composizione le esigenze espresse dalle diverse Comunità scientifiche.

Alla giornata di presentazione e dibattito sono intervenuti, oltre alla Presidente CUN, Carla Barbati, e ai componenti del CUN, il Capo Dipartimento per la formazione superiore e la ricerca Marco Mancini, il Presidente CRUI Gaetano Manfredi, il Presidente ANVUR Paolo Miccoli e il Presidente CNGR Andrea Lenzi e, inoltre, i rappresentanti delle Comunità scientifiche che, con interventi e osservazioni, hanno animato un importante dibattito che apre le successive fasi di interlocuzione.

E’ possibile visionare le slides sul sito www.cun.it.

Il CUN, nel proseguire le attività di ascolto e di confronto funzionali alla migliore definizione e implementazione del modello proposto per l’aggiornamento e la razionalizzazione del sistema delle classi di studio, dà avvio a un ciclo di audizioni con i soggetti interessati al fine di acquisire elementi valutativi in merito alla possibile formulazione di nuove classi di laurea e di laurea magistrale come proposto nel Parere generale 2 maggio 2018, n. 22. (www.cun.it) Nel periodo febbraio-maggio 2018 il CUN, tramite l’attività istruttoria della III Commissione Permanente “Politiche per la valutazione, la qualità e l’internazionalizzazione della Formazione Universitaria”, ha vagliato gli ordinamenti di 1074 Corsi di Laurea e Laurea Magistrale (l’anno precedente ne erano stati esaminati 949). Si tratta di quasi un quarto dell’intera offerta formativa universitaria italiana. Nello stesso periodo il CUN ha inoltre esaminato l’ordinamento di 31 Scuole di Specializzazione di area medica, tutte di nuova istituzione, e l’ordinamento di 1 Scuola di Specializzazione dell’area dei Beni Culturali.

Nelle ultime adunanze il CUN si è occupato anche dei passaggi di settore scientifico-disciplinare in seguito ad una nota che la Direzione Generale per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle Istituzioni della formazione superiore del MIUR, ha trasmesso, in data 29 maggio 2018, ai Rettori e ai Direttori Generali delle Università statali e non statali in merito ai passaggi di settore. La nota fa riferimento ai Professori di recente immissione in ruolo che, a pochi mesi dalla presa di servizio, chiedono il passaggio a un Settore Concorsuale (SC) diverso da quello in cui sono stati assunti. “Si tratta, in alcuni casi, di docenti che provenendo da un SC e da una qualifica inferiore sono chiamati nella qualifica superiore ma in altro SC, salvo poi chiedere di essere reinquadrati nel SC originario in cui però non hanno ottenuto l’ASN per la qualifica superiore”.

A fronte di ciò, la nota richiama l’attenzione affinché le richieste di passaggio di SC siano anzitutto presentate dopo un congruo termine di tempo che giustifichi una mutata esigenza dell’ateneo in termini di ricerca e di didattica.

A tale proposito il CUN, viste le sempre più numerose richieste di acquisire pareri relativamente ai passaggi di SSD di ricercatori assunti con contratto a tempo determinato, al fine di ampliare gli elementi per valutare la congruenza tra l’attività di ricerca svolta dal ricercatore con quella ricompresa nel SSD verso il quale si chiede il passaggio, nell’adunanza del 13 giugno ha adottato una determinazione, rivolta a tutti gli Atenei, nella quale sottolinea l’opportunità che ai documenti richiesti per i passaggi di settori dei docenti di ruolo sia allegato, nel caso dei ricercatori a tempo determinato, il contratto stipulato con l’Ateneo. La determinazione sarà inviata a tutti i Rettori delle Università italiane e, per conoscenza, al Ministro, nonché pubblicata sul sito CUN, nell’apposita finestra informativa dedicata alle procedure per i passaggi di settore.(www.cun.it). Questo anche considerando quindi la produzione scientifica dell’interessato oppure il possesso dell’Abilitazione scientifica nazionale nel SC in cui il docente chiede di essere inquadrato.

Nel mese di Luglio termineranno le audizioni con i soggetti interessati al fine di acquisire elementi valutativi in merito alla possibile formulazione di nuove classi di laurea e di laurea magistrale come proposto nel parere generale 2 maggio 2018, n. 22, di interesse dell’area medica il 24 luglio 2018, ore 15:00-17:30 è prevista l’audizione dei soggetti interessati per classe di laurea magistrale in “Neuroscienze”.

Prof. Manuela Di Franco

Consigliere CUN Area 06, Segr. Generale

 

Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie

Sono numerosi gli eventi che hanno caratterizzato la vita della Conferenza Permanente delle Professioni Sanitarie negli ultimi mesi.

  1. a) È stata lanciata la Summer School (vedi Box 1) dedicata ai Coordinatori/Direttori/Responsabili delle attività formative professionalizzanti di nuova nomina. Dopo la prima importante esperienza di pionieri che hanno contribuito a creare ed a costruire gli allora Diplomi Universitari, oggi si stanno affacciando nuove generazioni di Coordinatori/ Direttori/Responsabili (hanno infatti assunto diverse denominazioni nel contesto italiano) che spesso (a) non dispongono di un sistema di tutorship – perché nella prevalenza dei contesti è una funzione unica; (b) non dispongono di fonti su cui prepararsi perché la funzione è spesso ricca di sapere prassico, contesto-dipendente, influenzato anche dalle attese del Presidente del corso di laurea e dei docenti di riferimento. Per questo è nata l’esigenza di disegnare e creare una scuola di alta formazione, di natura residenziale: dopo un percorso di progressiva legittimazione nel contesto universitario, questo ruolo sta sollecitando continui ripensamenti anche in accordo alle istanze crescenti del setting accademico, degli studenti, delle professioni e dei servizi. Si sono infatti evoluti negli anni i principi entro i quali è attesa la performance professionale, ma anche i criteri di reclutamento, le modalità operative, le responsabilità e le interconnessioni all’interno ed al di fuori del setting accademico. Comprendere il contesto in cui il ruolo è inserito, riconoscere le tappe storiche più importanti della sua evoluzione e individuare le competenze necessarie per svolgere efficacemente il ruolo, sono le finalità principali che la Summer School si propone. Creare una rete di Coordinatori/Direttori/Responsabili per scambiare buone pratiche ed esperienze e continuare a costruire il sapere professionale da mettere a disposizione delle future generazioni sono finalità non secondarie che la Summer School si popone di affrontare. La Summer School si svolgerà il 10 e 11 luglio in una struttura residenziale del veronese; il percorso è in fase di accreditamento ECM e le iscrizioni sono già al completo. Una nuova edizione sarà realizzata probabilmente in autunno per soddisfare le numerose richieste pervenute.
  2. b) Si è conclusa la prima sperimentazione su scala nazionale della trasformazione del Progress Test in TECO-D (sistema di valutazione delle competenze disciplinari) e l’avvio del TECO-T (sistema di valutazione delle competenze trasversali, literacy e numeracy) per i Cds di Fisioterapia, Infermieristica e Tecnici di Radiologia Medica con la collaborazione dell’ANVUR e il supporto di CINECA. Gli studenti, i CdS e gli Atenei stanno ricevendo i dati di esito in forma individuale ed aggregata. Hanno nel frattempo chiesto di poter sviluppare il proprio TECO-D le Commissioni nazionali degli Igienisti dentali; dei Tecnici della riabilitazione psichiatrica; dei Tecnici ortopedici; dei Dietisti; dei Terapisti della psicomotricità; di Ostetrica/o; di Logopedia.

Si tratta una innovazione davvero importante che non solo ha migliorato la qualità e l’affidabilità dei Progress Test (su cui, prima della sua trasformazione in TECO -D sono state realizzate prove di validità, difficoltà e ‘tenuta’ delle domande) ma anche creato e stabilizzato un sistema informatizzato di somministrazione ed elaborazione dei dati, arricchendo il monitoraggio anche rispetto a come gli studenti procedono sulle competenze trasversali che costituiscono ambito importante della formazione universitaria.

  1. c) Sono state assunte all’unanimità due importanti Mozioni:

1) la prima inerente alle Cure Palliative ed alla Terapia del Dolore: la mozione è stata assunta in accordo alla profonda convinzione della Conferenza di potenziare la formazione degli studenti su queste problematiche nonché alla Circolare Ministeriale che ha sintetizzato i lavori del Tavolo tecnico presso il Ministero della Salute ed in cui si raccomandava la Conferenza di operare come peraltro già efficacemente realizzato dalla Conferenza dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Con tale Mozione, la nostra Conferenza ha raccomandato

– i Coordinatori/Presidenti dei Corsi di Laurea in Infermieristica, Infermieristica Pediatrica, Fisioterapia e Terapia Occupazionale di integrare i piani di studio con specifiche attività/ programmi formativi in materia di cure palliative e di terapia del dolore, in accordo alla Circolare Ministeriale;

– i Coordinatori/Presidenti di sensibilizzare alla tematica delle cure palliative e della terapia del dolore tutti gli studenti dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie delle quattro classi al fine di assicurare, nei diversi momenti di presa in carico multidisciplinare, la più elevata qualità delle cure;

– i Coordinatori/Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale di tutte le classi, con particolare riferimento alla prima ed alla seconda classe, di includere nei propri ordinamenti didattici opportunità didattiche mirate affinché i futuri professionisti sanitari prestino, nella loro pratica clinica, nel management, nella ricerca e nella formazione professionalizzante degli studenti, la più elevata attenzione a queste problematiche;

– le Commissioni Nazionali dei Corsi di Laurea Triennali e Magistrali di monitorare l’evoluzione degli ordinamenti didattici anche fornendo supporto alla definizione degli obiettivi formativi, dei programmi e delle modalità di valutazione da includere nelle prove finali, declinando le indicazioni contenute nella Circolare – Allegato 3 – più volte richiamata.

2) la seconda rispetto alla numerosità minima dei CdS: con il Decreto Ministeriale MIUR del 12 dicembre 2016 n. 987 l’indicazione specifica sulla numerosità minima per i CdS delle professioni sanitarie è stata omessa mentre è stata mantenuta quella attinente alla numerosità massima. Nell’esperienza maturata dai CdS prima della rimozione del vincolo di cui sopra, in particolare dai Corsi che formavano a profili molto specialistici ed a cui era affidata una limitata quantità di posti, la presenza di 10 studenti assicurava una efficacia formativa in quando consentiva, tra gli altri, la creazione di una comunità studentesca, l’individuazione di un sistema di rappresentanza, una didattica innovativa facilitata dalle dimensioni, nonché la possibilità di negoziare sedi e risorse tutoriali dedicate anche in coerenza con le risorse economiche previste dai Protocolli di intesa fra Regioni e Università. Dalla rimozione del vincolo, è emersa una diffusa percezione di perdita dell’efficacia formativa oltre che una oggettiva percezione di disequilibrio tra i ‘requisiti minimi docenti’ necessari per assicurare la sostenibilità del CdS ai sensi della normativa vigente e la numerosità degli studenti, disequilibrio che può aggravarsi negli anni successivi al primo per effetto anche di poche carriere non regolari. Inoltre, con il sistema di autovalutazione, valutazione, accreditamento AVA 2.0 è stata attribuita particolare importanza ai dati di regolarità del percorso di studio e agli indicatori da essi derivati: specificatamente, nel caso di variabilità nella numerosità minima tra un anno accademico e l’altro, ma anche per CdS localizzati in aree geografiche attigue, tali indicatori possono subire variazioni importanti anche per effetto di uniche o poche carriere non regolari. Pertanto, dopo ampia discussione la Giunta all’unanimità ha chiesto ai competenti organi ministeriali di considerare

– una revisione dell’allegato D del DM 987 del 12 dicembre 2017, per reintrodurre la numerosità minima per i CdS delle professioni sanitarie;

– nel numero di 10 (dieci) la numerosità minima dei CdS delle Lauree e Lauree Magistrali delle Professioni Sanitarie.

La Conferenza si sta preparando al Meeting Annuale che si terrà il 28 e il 29 settembre 2018 a Bologna ed in cui si terranno le elezioni delle cariche.

Alvisa Palese

Segretario Generale della Conferenza Permanente

 

Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie Presidente

Prof. Luisa Saiani

Segretario Generale Prof. Alvisa Palese

 

Summer School

per Neo-Coordinatori/Direttori/Responsabili della didattica professionalizzante dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie Verona, Centro San Fidenzio Via Pradelle, 62 10-11 luglio 2018

 

Programma

Martedì 10 Luglio 2018

 

9.30

Arrivo e registrazione partecipanti

 

10.00 – 10.30

Il ‘senso’ che vorremmo dare a questa Summer School

 

10.30 -12.30

Appartenere alla comunità accademica italiana di Medicina e dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie.

Storia e finalità della Conferenza Permanente delle Lauree Sanitarie .

Decreti istitutivi dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie.

Luisa Saiani, Valerio Dimonte ‘I numeri’ delle lauree sanitarie e la programmazione dei fabbisogni Angelo Mastrillo

 

14.00- 18.30

Dimensioni della funzione di direzione e coordinamento delle attività formative professionalizzanti Docente di disciplina Luisa Saiani Coach del team tutorato Patrizia Massariello Progettista e manager delle attività professionalizzanti Giulia Randon

 

Sessioni di lavoro in sottogruppi tutorati, alternati da momenti di plenaria

Dopo cena

Le possibili derive della funzione: alcune ‘patologie’, sintomi premonitori, meccanismi fisiopatologici e danni

Alvisa Palese

 

Programma

Mercoledì 11 Luglio 2018

 

8.30 – 9.30

Il sistema di governo dei Corsi di Laurea nel contesto dell’università e di una filosofia di collegialità Bruno Moncharmont

 

9.30 – 12.00

Tra kit di ‘sopravvivenza’ e strategie di efficacia del Coordinatore Consensus Conference sui Tirocini Stefano da Dalt Consensus Conference valutazione competenze Oliva Marognolli Consensus Conference sull’Esame Abilitante Valerio Dimonte

 

13.30 – 16

Preparare il rientro e chiusura dei lavori Intervista ad un Presidente “Strategie di integrazione Presidente- Coordinatore” Criteri di autovalutazione di un Coordinatore/Direttore Riflessioni sugli apprendimenti

 

ACCREDITAMENTO

Il percorso verrà accreditato nel sistema ECM.

 

SEDE E ASPETTI ORGANIZZATIVI

La partecipazione è gratuita e offerta dalla Conferenza Permanente dei Corsi di laurea delle professioni sanitarie. A carico dei partecipanti saranno le spese di vitto e alloggio (circa 70 e). L’evento sarà organizzato in forma residenziale nei dintorni di Verona e le informazioni per come raggiungere la sede saranno trasmesse con la conferma di iscrizione.

 

COMITATO SCIENTIFICO E RELATORI

Luisa Saiani – Presidente Conferenza PLPS; Alvisa Palese – Segretario Generale Conferenza; Angelo Mastrillo – Segretario Conferenza; Valerio Dimonte – Pres. Com. Naz CLI Univ Torino; Stefano Dadalt – Coordinatore Attività Professionalizzanti Univ Udine; Oliva Marognolli – Coordinatore Attività Professionalizzanti Univ Verona; Patrizia Massariello – Coordinatore Attività Professionalizzanti Univ Torino; Giulia Randon – Coordinatore Attività Professionalizzanti Univ Verona; Bruno Moncharmon – Vice-Presidente Vicario Conferenza Permanente Corsi di Laurea Magistrali a ciclo unico in Medicina e Chirurgia

 

MOTIVAZIONI E PARTECIPANTI

La Summer School è dedicata prioritariamente a colleghi che sono stati nominati nell’ultimo triennio nella funzione di coordinatore/direttore/ responsabile delle attività didattiche professionalizzanti; tuttavia saranno accettate, qualora disponibili, le richieste di coloro che hanno una più consolidata esperienza nella funzione.

Questo ruolo si è via via inserito e legittimato nel contesto universitario, caratterizzandosi per le sue peculiarità in continua evoluzione, anche in accordo alle istanze crescenti del setting accademico, degli studenti, delle professioni e dei servizi sanitari.

Negli anni si sono evoluti i principi entro i quali è attesa la sua performance ma anche i criteri di reclutamento, le modalità operative, le responsabilità e le interconnessioni all’interno e al di fuori del setting accademico. Dopo la prima importante esperienza di molti pionieri che hanno contribuito a creare e a costruire questi spazi professionali, oggi si stanno affacciando nuove generazioni di Coordinatori/Direttori, che spesso non dispongono di un sistema di tutorship – perché nella prevalenza dei contesti è una funzione unica- ma anche perché la funzione è spesso ricca di sapere prassico, contesto- dipendente.

 

OBIETTIVI DELLA SUMMER SCHOOL

  • comprendere il contesto in cui il ruolo è inserito
  • riconoscere le tappe storiche più importanti della sua evoluzione
  • individuare le competenze necessarie a svolgere efficacemente quanto atteso dal sistema
  • creare una rete di Coordinatori/Direttori ed appartenervi per scambiare pratiche, esperienze e continuare a costruire il sapere professionale da mettere a disposizione delle future generazioni.

Per l’iscrizione e la registrazione all’evento collegarsi al link SummerSchool2018 o trasmettere via mail il modulo allegato a jessica.longhini@univr.it entro il 25 giugno 2018

 

CONFERENZA DEI CORSI DI LAUREA DI SCIENZE MOTORIE

La Conferenza dei corsi di laurea di Scienze Motorie è stata istituita nel 2013 ed è composta dai referenti (presidenti o coordinatori) degli 89 corsi di laurea presenti in 36 sedi universitarie.

L’area didattica delle scienze motorie comprende una laurea triennale (L22- Scienze e Tecniche delle attività motorie e sportive) e tre lauree magistrali (LM47 – Sport Management, LM67 – Attività preventive ed adattate; LM 68 – Scienze dello sport) complessivamente presenti in tutte le regioni ( ad eccezione di Valle d’Aosta e Basilicata) con un numero complessivo di nuovi iscritti di circa 10000 unità all’anno.

Si tratta quindi di una realtà che, per quanto recente (i primi corsi di laurea universitari nelle scienze motorie sono stati avviati ad inizio del duemila) si è pienamente affermato nel sistema italiano. Molti di questi corsi fanno riferimento nelle proprie sedi alle locali scuole/facoltà di medicina da cui derivano anche una parte non piccola dei docenti, come è ragionevole attendersi data la rilevanza dell’are biomedica per la formazione di laureati che devono primariamente occuparsi di movimento umano nelle sue diverse espressioni, non solo per l’ambito motorio-sportivo ma anche per i contesti educativo e ri-educativo.

Le scienze motorie hanno anche sviluppato uno specifico ambito di competenza didattica e scientifica rappresentato dei settori disciplinari M-EDF/01 e M-EDF/02 oggi raggruppati nell’area CUN 6 entro il settore concorsuale 06/N2 con la denominazione di Scienze dell’esercizio fisico e dello sport.

Questi settori contano oggi circa 170 docenti incardinati nelle varie fasce, con una netta prevalenza di ricercatori, come è logico ed anche coerente attendersi per un contesto scientifico di nuova istituzione.

Pur essendo il completo sviluppo e la piena maturità di questi settori ancora lontani va segnalato che la ricerca italiana nell’ambito delle scienze motorie ha già acquisito una significativa collocazione internazionale con una crescita esponenziale delle pubblicazioni prodotte nei laboratori di ricerca presenti nei vari corsi di studio.

Il legame tra ricerca e didattica trova una buona espressione nella gran parte delle sedi seppure lo sviluppo dei corsi di studio, avvenuto di fatto solo negli ultimi 10 anni, abbia certamente risentito del periodo complesso ed in parte anche problematico vissuto dal nostro sistema universitario nazionale e della ridotta presenza di un background scientifico comparabile a quello presente per molti altri ambiti di studio.

La continua relazione con molte aree biomediche e la possibilità che ci è stata offerta di essere presenti all’interno delle Conferenze di medicina sono ulteriori e continui stimoli che i corsi di scienze motorie intendono cogliere in modo pieno e produttivo al fine di accelerare nel percorso di piena integrazione nel sistema accademico, senza tuttavia disperdere quegli aspetti peculiari e caratterizzanti il significato dell’esercizio fisico e dello sport nel contesto della promozione della salute e della cura, che sono stati costruiti in questi anni e che rappresentano una peculiarità ed un valore aggiunto che confidiamo possa essere sempre più compreso ed apprezzato.

 

Giunta della Conferenza

Presidente

Federico Schena Verona

 

Vice Presidente

Antonio Palma , Palermo

 

Segretario Giuseppe

Calcagno, Campobasso

 

Componenti

Laura Capranica, Roma Foro Italico

Francesco Casolo, Milano Cattolica,

Fabio Esposito, Milano,

Giuliana Gobbi, Parma,

Laura Guidetti, Roma Foro Italico

Ludovico Magaudda, Messina

Claudio Orizio, Brescia

Alberto Rainoldi, Torino

 

Segretariato Italiano Studenti in Medicina – SISM

Il progetto scambi Segretariato Italiano Studenti in Medicina (SISM): un’occasione per fare esperienza di Salute Globale Ogni anno più di 13000 studenti in tutto il mondo partono per vivere un’esperienza di tirocinio in un Paese estero grazie all’ International Federation of Medical Students’ Associations (IFMSA): il progetto, creato e gestito da studenti per studenti, è un’occasione per crescere umanamente e professionalmente, ma anche un modo per creare relazioni con futuri medici e dar vita a una rete mondiale di professionisti della Salute.

Nato nel 1952 in Belgio e diffusosi in Italia all’inizio degli anni ’70, fino ad arrivare a un network di 104 Paesi partecipanti a inizio 2018, il Progetto Scambi ha come “mission” quella di offrire agli studenti di Medicina di tutto il mondo la possibilità di partire per un mese di tirocinio in un ospedale universitario all’estero.

I valori e principi alla base dell’identità del progetto sono quindi accessibilità, equità, qualità accademica, apprendimento interculturale e Salute Globale.

Non è volontariato, non é “un elective”: é uno scambio bidirezionale. Più di 800 studenti partono dall’Italia ogni anno, e altrettanti ne arrivano: è uno scambio di conoscenze e competenze professionali, umane e culturali.

In un mondo in cui i confini politici e geografici diventano via via più labili, in cui i flussi migratori sono inarrestabili, in cui non esiste quasi più la malattia endemica di un solo Paese perchè gli aerei viaggiano più veloci del ciclo vitale di un virus, in cui le risorse e competenze ci sono ma sono spesso mal distribuite, è impossibile non parlare di Salute Globale, della quale questa esperienza offre un breve scorcio agli studenti.

Non viene data loro l’opportunità di sentirsi superiori o inferiori, ma solo di mettersi in discussione, imparare di più da se stessi nel confronto col diverso, creare nuove idee per migliorare il nostro sistema sanitario e offrire propri spunti e riflessioni nei Paesi in cui si va.

Vogliamo fare tornare studenti ispirati, motivati, con la voglia di cambiare (in meglio) il proprio Paese e il mondo. Ecco perché è indispensabile offrire agli studenti un approccio alla medicina più ampio e comprensivo.

Ecco perché è necessario parlare di Salute Globale, integrarla nei Corsi di Laurea e offrire agli studenti la possibilità di provarla sulla propria pelle.

Allo stesso tempo questo progetto ci offre la possibilità di accogliere studenti provenienti da America, Asia, Africa, Medio-oriente per mostrare loro tutto ciò che il nostro sistema sanitario può offrire: eccellenza, qualità, equità.

I nostri tutor hanno la possibilità di lasciare un segno indelebile nella crescita dei futuri medici che partecipano al progetto: assumere il ruolo di mentori e insegnare loro per quattro settimane come diagnosticare e curare patologie tipiche del nostro Paese e delle nostre latitudini.

Per assicurare la qualità del programma si parte da un’attenta selezione degli studenti in uscita, basata su un test di lingua, media dei voti, pubblicazioni e collaborazioni con il SISM.

Vengono poi formati tramite dei momenti di educazione informale al Pre-Exchange Training, in cui vengono affrontati temi quali Intercultural Learning, Salute Globale e Etica medica. Durante il tirocinio, poi, gli studenti compilano giorno per giorno l’handbook – un diario clinico aggiornato con le competenze apprese – e alla fine, se rispettate tutte le regole del progetto (frequenza, compilazione evaluation form, ecc.) ottengono un certificato ufficiale di partecipazione al programma.

E per migliorare di anno in anno, oltre all’evaluation form, viene chiesto agli studenti di compilare un impact assessment, per poter valutare l’incremento di competenze apprese durante il mese di clerkship e l’impatto del progetto nella sua complessità.

Un’esperienza di Salute Globale è un apporto essenziale alla formazione professionale e umana dello studente di medicina come futuro professionista della salute; inserirla in un contesto più ampio di corsi, workshop e, in generale, di approccio a uno studio e una pratica più “globali” della Medicina è di fondamentale importanza in un mondo che, a partire proprio dalla salute, diventa ogni giorno più interconnesso.

Giorgia Soldà

National Exchange Officer for Outgoings 2018

Storia e medicina di generen.78, 2018, pp. 3503-3505, DOI: 10.4487/medchir2018-78-5

Articolo

La salute non è un campo neutrale. Il concetto di diversità, declinato sui temi del sesso e del genere, è uno degli strumenti della riflessione clinica, ma anche di quella bioetica – quando discute, in particolare, del principio di uguaglianza. Il tema ha una storia medica recente. Proviamo rapidamente, attraverso un riesame della letteratura, a verificare se, in prospettiva storica, questa affermazione di ‘contemporaneità’ sia effettivamente condivisibile.

Il concetto di genere ha fornito significativi risultati alla ricerca storica negli ultimi venti anni su temi che riguardano il rapporto tra concezione del corpo femminile, l’evoluzione del concetto di malattia e di salute, le variabili ambientali e socio-culturali che hanno storicamente prodotto o modificato comportamenti legati alle differenze di sesso, il ruolo stesso delle donne nella storia della medicina. Prospettive anche cronologiche diverse sono state affrontate per rispondere a domande su come si sia prodotta una competenza medica sul corpo delle donne, e su come essa sia stata tramandata e modificata in contesti diversi1. Ogni domanda posta per epoche storiche e contesti diversi ha dimostrato di essere strettamente connessa ad altre, in una tessitura della quale non è semplice sciogliere i nodi. Come è stato concettualizzato il corpo delle donne; come il suo funzionamento; quali competenze si sono esercitate su questo “corpo segreto”; quali sono le tappe nodali che vanno analizzate per comprendere come si sia generata l’idea di una ‘diversità’ femminile; e, infine, come e se questa idea abbia influenzato la pratica medica. Molte le difficoltà: in primis, la voce delle donne, pressoché inesistente nei documenti fino ad epoche recenti. La medicina, in particolare, è un territorio paludoso, dove le donne sono assenti o, se presenti, con ruoli marginali e non facilmente ricostruibili. Su un arco cronologico esteso più di qualsiasi altra scienza, la medicina, la biologia e la filosofia naturale hanno assunto posizioni molto diversificate, anche all’interno di epoche e culture coerenti: lavori come quelli di Joan Cadden hanno messo in luce che, anche solo nell’ ambito dell’antico, esiste una diversità molto notevole tra le posizioni assunte dagli autori di opere mediche e biologiche in tema di salute femminile, fisiologia e concettualizzazione sessuale2; e questa molteplicità di punti di vista trascina la sua eredità almeno sino alle soglie dell’epoca contemporanea.

In secondo luogo, pesa il fatto evidente che in ogni epoca storica le conoscenze anatomiche, fisiologiche e patologiche non possono essere scisse dal panorama culturale nel quale si collocano – con la conseguenza che ogni concettualizzazione del corpo è in qualche modo “gendered”, inscindibile dalla tessitura sociale e dai ruoli imposti nelle società che la produce. Può essere, pertanto, difficile ‘isolare’ e ricostruire qualcosa che, soprattutto a un pubblico medico, possa essere presentato come una ‘storia della medicina di genere’. 

Un dibattito storiografico

Il dibattito storico, già avviato negli anni ‘80 del Novecento, si fa più si fa intenso a partire dal 1990, anno di pubblicazione del libro di Thomas Laqueur, Making Sex. Body and Gender from the Greeks to Freud3. Per Laqueur, tutta la tradizione medica occidentale è stata occupata in modo pervasivo da un “one sex-model”, in cui l’anatomia femminile è la semplice inversione del maschile. Questo modello (maschile/paradigma; femminile/ devianza), sarebbe derivato da un’elaborazione della concettualizzazione aristotelica del femminile come versione dimensione diminuita, fredda ed incompleta del maschile: la donna, ferma a uno stato intermedio sin dal momento dell’embriogenesi, è un mostro – necessario alla riproduzione della specie, ma pur sempre teras4.

Questo modello sarebbe stato traghettato attraverso Galeno al Medioevo e all’Età moderna: tanto la tradizione di iconografia anatomica (cfr. le tavole anatomiche in Andrea Vesalio De Humani corporis fabrica, in cui gli organi riproduttivi femminili richiamano, introiettati, quelli del maschio), quanto un dibattito di Evo moderno sull’ esistenza di uomini ‘mestruanti’ testimonierebbero per la correttezza della tesi proposta da Laqueur. Il modello ‘one sex’ sarebbe stato soppiantato da un modello di diversità solo a partire dal 1700, quando l’Occidente medico avrebbe intrapreso un dibattito sulle differenza sessuali e, conseguentemente, avrebbe introdotto nuove modalità di relazione sociale basate sull’idea del dimorfismo biologico.

La posizione di Laqueur è stata appoggiata da L.

Schiebinger5 che, analizzando una serie di trattati anatomici pubblicati in Europa in ambiti diversi a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, sostiene che sia stato solo il secolo dei Lumi a definire il corpo nelle sue differenze sessuali.

Testi come quello di E. Th. Moreau, J. Ackermann6, o illustrazioni come quelle di G.-Ch.Thiroux d’Arconville e S. Th. von Soemmering, pubblicati tra metà e fine del Settecento, hanno in questa prospettiva lo scopo di estendere l’indagine delle differenze sessuali dagli organi riproduttivi all’intero corpo, a partire dallo scheletro, che ne costituirebbe fondamento e impalcatura. Trovare differenze nelle ossa significherebbe, per un nutrito gruppo di autori che lavorano tra il 1730 e il 1790 in Francia, Germania ed Inghilterra, postulare l’estensione di queste differenze a tutto il corpo, dagli organi alla pelle, e sancire l’idea di disuguaglianza su base ‘scientifica’, in accordo con la legge naturale che assegna alle donne il solo ruolo di madri. Insomma, questi testi, che sembrerebbero archiviare definitivamente l’idea di una ‘imperfezione’ del corpo femminile, utilizzano invece proprio il concetto di perfezione del progetto naturale per inchiodare le donne in un ambito sociale e culturale estremamente ristretto. Il dibattito settecentesco (in realtà, già la medicina seicentesca aveva intrapreso una discussione medico-legale sulla possibilità che la diversità femminile si potesse esprimere attraverso un odore differente del sangue, che ne avrebbe testimoniato differente composizione chimica) viene ripreso e armonizzato, in tal senso, nel corso dell’Ottocento, da una nuova ‘medicina evoluzionistica’: nel 1820, John Barclay, nel cercare una mediazione tra le rappresentazioni anatomiche di d’Arconville (le donne hanno crani piccoli, costole strette e pelvi allargate) e von Soemmering (minori disparità tra scheletro maschile e femminile, soprattutto in relazione alle misure del cranio, che nelle donne è più largo in proporzione e più pesante), sostiene che le proporzioni maggiori del cranio femminile non siano da ricollegare in alcun modo a una maggiore intelligenza (come sostenuto da Gall), ma semplicemente a uno stadio interrotto dell’evoluzione, in cui le donne hanno arrestato la crescita, essendo di fatto simili alla struttura anatomica dei bambini o a quella di determinate popolazioni ‘primitive’.

Alle tesi proposte da Laquer e Schiebingen ha risposto, in prima istanza, M. Stolberg, che ha sostenuto che l’origine di un dibattito anatomico e scientifico sulla diversità di costruzione e funzionamento del corpo femminile debba essere fatta risalire più indietro, al Rinascimento.

Le sue tesi hanno raccolto un grande consenso tra studiosi che, a partire da un celebre convegno a Harvard nel 20067, hanno protestato il fatto che il modello ‘one sex’ abbia semplicemente rappresentato uno solo dei modi in cui la medicina e la biologia hanno affrontato il dibattito sulla natura della diversità del femminile.

Possiamo selezionare due esempi storici per illustrare l’inadattabilità del modello laqueriano all’intera medicina occidentale: da un lato l’antico, a partire dal mito esiodeo di Pandora fino ai testi ippocratici sulle malattie delle donne, in cui il corpo femminile è rappresentato come diversità pervasiva, che non si limita a colpire gli organi della riproduzione, ma è fondata su una alterità strutturale (le carni femminili, di tessitura porosa, trattengono umido) che codifica per una diversità anatomica, fisiopatologica e temporale.

Nei testi ippocratici questa diversità innata (che non dipende da un difetto: in CH sono predicati due semi, due contribuzioni diverse e ugualmente necessarie alla generazione) produce la conseguenza che le donne non possono essere medicalmente trattate come gli uomini.

Hanno bisogno di una terapia ad hoc, fatta di sostanze mai testimoniate come componenti di farmaci destinati all’uso sugli uomini. Ora, se è vero che queste richiamano quasi sempre il mito di un femminile fecondo (Afrodite, Era) o guerriero (Artemide, le Amazzoni), è altrettanto vero che esiste una farmacopea del femminile, alla cui costruzione devono aver contribuito direttamente anche le stesse donne greche8.

A questo modello, soprattutto durante il Medievo, si affianca il modello ‘one sex’ , la cui fortuna appare in larga parte dipendente dalla tradizione scolastica aristotelica.

Dal Cinquecento, invece, la riscoperta e la pubblicazione dei testi medici antichi dedicati alle malattie delle donne apre una nuova stagione di interesse sulle modalità di funzionamento (e non funzionamento) dei corpi femminili. I titoli di queste opere rinascimentali spesso ingannano: il ricorso al classico titolo Gynaekia (parola di per se multisignificante, che copre le sfere della mestruazione, della riproduzione e del parto, dell’isteria e dei disturbi correlati, del trattamento farmacologico delle donne), cela spesso opere collettanee, raccolte di estratti da testi non ginecologici, selezionati nelle sole parti che trattano dei disturbi del femminile. Gianna Pomata9 ci ha mostrato, d’altro canto, che anche nelle Curationes e Observationes di età moderna (raccolte di casi clinici), le pazienti donne sono numerose, e che nella quasi totalità dei casi i disturbi che i medici ritengono interessanti non riguardano affatto gli organi della riproduzione. In tutti questi testi, che si ispirano all’idea di diversità ippocratica, le donne hanno manifestazioni diverse delle stesse patologie che colpiscono gli uomini: diverse manifestazioni delle affezioni polmonari, diverse manifestazioni del morbo gallico. Diversi sono, di conseguenza, i trattamenti applicati (come lo erano nella medicina ippocratica, del resto: un solo esempio, quello del salasso, quasi mai prescritto in antico alle donne, che sono purificate attraverso il ciclo mestruale).

Il medico spagnolo Luis Mercado si meraviglia di come non sia evidente che persone che hanno stili di vita e condizioni di salute diverse debbono essere trattare con la consapevolezza che le manifestazioni delle malattie saranno in loro peculiarmente connesse alle diverse condizioni che li caratterizzano.

Il dibattito avrà echi importanti ancora alla fine del Settecento: per esempio, nella questione dell’”anatomizzazione” dell’isteria, che una tradizione tardo seicentesca, ancora viva e attestata in Morgagni, interpreta non come una malattia legata all’utero in sé , ma ad alterazione degli impulsi dei nervi trasmessi in date parti anatomiche: con la conseguenza che ciò che nelle donne è l’isteria negli uomini diventa affezione ipocondriaca, alterazione del funzionamento degli ipocondri – che ha le stesse cause della malattia nelle donne, ma peculiari manifestazioni cliniche a seconda del sesso e del genere.

In conclusione

La medicina da sempre ha avuto interesse a discutere del dimorfismo sessuale, della natura delle donne, della fisiologia e patologia della diversità. Rimane da chiedersi perché in certi momenti storici lo studio scientifico delle differenze ha assunto centralità, diventando in altri momenti (fine Settecento-Ottocento) una vera priorità. Ciò è ovviamente da ascriversi al fatto che la medicina è cultura specialistica centrale in ogni epoca storica e in ogni contesto: costruisce e decostruisce immagini del corpo necessarie a prescrivere ruoli sociali diversi, talvolta subalterni, talvolta complementari. Si è sempre prestata alla costruzione di un concetto di genere; nel mondo antico, postulare la diversità strutturale e fisiopatologica serve a indicare un ruolo apparentemente fondamentale per la polis, la generazione del futuro cittadino. Nella realtà storica, è noto invece che, a parte casi eccezionali, le donne rivestono ruoli solo là dove gli uomini non entrano- nel gineceo, nella stanza dove si nasce o si muore, nelle dimensioni riservate del rito.

Nel Rinascimento, se pur attraverso la riscoperta dei testi ippocratici, le cose cambiano: la Riforma introduce un dibattito teologico e sociale sul ruolo dei generi nel matrimonio; l’opposizione alla scolastica impone alla dottrina medica di cercare modelli alternativi alla fisiopatologia della mutilazione e della minoranza di matrice aristotelica; le donne di classe sociale elevata guadagnano ruoli nelle corti come patrone degli intellettuali e degli artisti. La medicina non è indifferente a questo mutamento di prospettiva: nuovi ruoli femminili impongono maggiore attenzione a nuove pazienti e cure di efficacia per i loro malanni. La medicina dotta deve, inoltre, riguadagnare un’utenza tradizionalmente in mano alle maie-ostetriche. In questo senso, costruire una teoria del funzionamento peculiare del corpo femminile significa indicare che la necessità di particolare competenza, da parte di uomini che abbiano studiato per essere in grado di trattare condizioni fisiopatologiche peculiari con mezzi terapeutici adeguati.

L’apparente cambio di rotta nei testi anatomici e medici tra Settecento e Ottocento non deve, infine, trarre in inganno. Si tratta solo dello sforzo congiunto di filosofia, medicina e politica di tratteggiare una ‘legge naturale’ che indichi le donne come diversità irriducibile- inadeguata a funzioni socio culturali che siano altro rispetto alla maternità e alla cura dei figli.

La costruzione medica di una diversità anatomica, fisiopatologica e terapeutica continua a servire il compito antico: predicare la necessità della rinuncia alla vita attiva e confinare le donne nel recinto della naturalità, lasciando agli uomini costruzione culturale e progettazione politica del vivere sociale.

Attualmente è proprio la necessità di particolare competenza, da parte di uomini e donne che abbiano studiato, che viene richiesta al fine di riconoscere, trattare adeguatamente e prevenire nel genere femminile condizioni patologiche che, pur essendo simili, possono avere come substrato condizioni fisiopatologiche peculiari e/ o espressione sintomatologica diversa.

Bibliografia

1 M. Green, Gendering the History of Women’s Healthcare. Gender and History 2008; 20,3: 487-518. V. Andò, Ancient Greece and Gender Studies, in Greek Science in the Long Run: Essays on the Greek Scientific Tradition(4th. c. BCE-17th c. CE), Cambridge Scholars Publishing, 2012, pp. 27-52.

2 J. Cadden, Meanings of Sex Difference in the Middle Age: Medicine, Science and Culture. Cambridege University Press, 1993.

3 T. Laqueur, Making sex. Body and gender to the Greeks to Freud. Harvard University Press, 1990.

4 Aristotele, De gen. anim. 775a, 15-16 5 L. Schiebinger, Skeletons in the closet. The first illustrations of the Female Skeletons in Eighteenth-Century Anatomy. Representation 1986;14: 42-82 6 E. T. Moreau, A medical Question: Wheter Apart from genitalia There is a Difference Between the Sexes? Paris, 1750.

7 “Remaking Sex in Classical, Medieval and Early Modern Medicine,” Radcliffe Institute for Advanced Study, Harvard University , June 2006. Stolberg M., A women down to her bones. The anatomy of sexual differences in the sixteenth and early seventeenth centuries.Isis 2003; Jun 94 (2): 274-99

8 V. Andò, Terapie ginecologiche, saperi femminili e specificità di genere, in Aspetti della terapia nel Corpus hippocraticum, Olschki,Firenze 1999, pp. 255-270.

9 G. Pomata, Was there a Querelle des femmes in Early Modern medicine? Arenal 2013; 20,2: 313-341.

Cita questo articolo

Gazzaniga V., Basili S., Sciomer S., Storia e medicina di genere, Medicina e Chirurgia, 78: 3503-3505, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-78-5

Analisi dei Risultati del Progress Test 2017 dei Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentarian.78, 2018, pp. 3487-3493, DOI: 10.4487/medchir2018-78-2

Abstract

On March 29, 2017 the first Progress Test (PT) was made in all Italian Dental Schools, on a voluntary basis, as an initiative of the “Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria”.

The percentage of Italian Dental Schools participating was very high, only 3 Schools, Catanzaro, Perugia and Milano Cattolica, did not participated. The number of participating students was high ranging from 44% to 97% in the different Schools.

In this first Progress Test 3572 students participated to the first session, 3484 to the second session considering 5192 students of all Dental Schools (69% in the first session and 67% in the second session). Considering the good results, the “Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria” decided to program a new Progress Test for March 2018.

Key words:Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Progress Test

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Il 29 marzo 2017 è stato effettuato il primo Progress Test (PT) nelle sedi dei Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria delle sedi italiane, su base volontaria, come iniziativa della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria. La percentuale di scuole dentali italiane che hanno partecipato è stata molto alta, solo 3 scuole, Catanzaro, Perugia Milano Cattolica, non hanno aderito alla iniziativa. Il numero di studenti partecipanti è stato elevato, oscillando dal 44% al 97% nelle diverse sedi.

In questo primo PT, 3572 studenti hanno partecipato alla prima sessione, 3484 alla seconda sessione su un numero complessivo di 5192 (69% nella prima sessione e 67% nella seconda sessione). Considerando i buoni risultati, la Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso Magistrale di Odontoiatria e Protesi Dentaria ha deciso di programmare un nuovo Progress Test per marzo 2018.

Parole Chiave:Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria, PROGRESS TEST

Articolo

Introduzione

Il giorno 29 marzo 2017 alle ore 9.00 si è svolto il primo Progress Test effettuato nei Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria degli Atenei Italiani.

In Italia attualmente sono attivi 36 Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, i cui curricula sono per lo più sovrapponibili in tutte le sedi, situazione che fa sì che il prodotto finale, ossia il laureato in Odontoiatria e Protesi Dentaria, sia sufficientemente sovrapponibile indipendentemente dalla sua sede di formazione.

L’introduzione dell’ammissione a numero programmato sulla base del superamento di una prova di ingresso uguale in tutte le sedi permette, inoltre, che la popolazione ammessa sia piuttosto omogenea. È, comunque, essenziale, per verificare l’efficacia della didattica valutare il reale grado di apprendimento del discente.

Per tali motivi, il 15 novembre 2006, la Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia aveva aggiunto un nuovo tassello alla “mission” di migliorare la qualità della formazione degli studenti di Medicina e, di conseguenza, dei futuri medici organizzando in 25 Corsi di Laurea un progetto pilota centrato sul “Progress Test” somministrato a studenti del primo, quarto e sesto anno di corso.

I principali obiettivi che erano alla base di questo progetto pilota erano i seguenti: “1) capire e verificare se l’acquisizione cognitiva delle informazioni ottenute nel corso degli insegnamenti è una variabile continua oppure no; 2) valutare se vi è una perdita di conoscenze relative alle Scienze di Base nel corso degli ultimi anni del curriculum medico; 3) promuovere la responsabilità dello studente verso un’auto-valutazione oggettiva della propria preparazione, così da renderlo capace di porre autonomamente rimedio alle carenze della propria preparazione; 4) valutare se il Progress Test possa essere considerato una possibile forma di valutazione routinaria (annuale) nel corso di laurea; 5) fornire un’occasione per riflettere sulla struttura del curriculum valutando l’eventualità di attuare azioni correttive”(1). Questo primo “progetto pilota” aveva coinvolto 3496 studenti. Da allora la Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia ha inserito il Progress Test tra i metodi di valutazione degli studenti di Medicina.

Il 27 luglio 2016 la Conferenza Permanente dei Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria ha deliberato all’unanimità di attivare il Progress Test anche per gli studenti di Odontoiatria e Protesi Dentaria. La Conferenza ha deliberato, inoltre, di sottoporre al test tutti gli studenti di tutti e 6 gli anni di Corso.

Il test è stato somministrato in tutta Italia nello stesso giorno, il 29 marzo 2017, in contemporanea. Il test è stato suddiviso in due prove: la prima prova dalle 9:00 alle 12:00, la seconda dalle 14:00 alle 17:00. Il test era composto complessivamente da 300 domande del tipo a scelta multipla (“nozionistiche” e “di ragionamento”) e le domande sono state divise per ambiti disciplinari: 150 nell’area delle Discipline di Base e Mediche e 150 nell’Area delle Discipline Odontoiatriche. Le domande sono state preparate da vari docenti dei diversi corsi di Laurea Italiani. Per il risultato del test sono state valutate solo le risposte corrette alle quali è attribuito un punto.

Dalle premesse si può evidenziare che è stata studiata ed istituita già da molti anni la metodologia del Progress Test come strumento idoneo ai fini della valutazione sul grado di progressione e/o regressione relativo alle conoscenze acquisite dagli studenti lungo gli anni di corso nei diversi atenei italiani.

Il Progress Test

Le diverse branche della medicina in questo periodo storico hanno a disposizione grandi e differenti quantità di conoscenze attinenti le varie patologia, gli strumenti diagnostici a disposizione, le risorse terapeutiche e le tecniche riabilitative. Tuttavia un problema di particolare rilievo che affligge il mondo della sanità in generale è che i medici non sono spesso preparati ad affrontare i fondamentali bisogni di salute provenienti dalla società.

Nel passato vi era una forte convinzione che la valutazione della didattica, per produrre risultati efficaci, dovesse essere orientata soprattutto alla valutazione delle capacità di apprendimento significativo da parte dello studente (2). L’apprendimento dello studente, accanto alla necessaria considerazione degli aspetti qualitativi e quantitativi orientati ad un’ottica di un continuo processo di miglioramento, rappresenta perciò il maggior punto di riflessione e di analisi del sistema universitario in generale ed in particolare dei Dipartimenti di Scienze Mediche. Tuttavia è importante realizzare che il vero apprendimento può essere gestito solo dallo studente.

E’ un processo cognitivo in cui i docenti non possono interferire e proprio per tale ragione può essere ottenuto solo da lui stesso (2).

Il processo formativo dello studente, in passato, era basato sulla qualità di insegnamento del professore. Il docente aveva l’accesso all’intera conoscenza della materia e solo lui era a conoscenza dei segreti e del codice deontologico per esercitare in modo ottimale la professione.

Per questo motivo egli era considerato sia la “fonte” sia la “risorsa” del processo educativo medico. L’obiettivo dell’educazione medica è sempre stato quello di far assimilare allo studente un insieme di conoscenze non solo nella forma di dati ma anche e soprattutto sul piano concettuale, cognitivo e delle abilità manuali, addestrandolo nello stesso momento su come utilizzare tutte queste abilità per gestire in modo efficace il paziente.

Tuttavia con la velocità di espansione delle conoscenze mediche in atto ai nostri giorni, diventa sempre più evidente che non è possibile insegnare la disciplina in maniera esaustiva, considerato anche la crescente complessità dei programmi di studio che rende difficile la comprensione in toto dei diversi aspetti.

Un tentativo per operare la concreta riforma dell’educazione medica al fine di ottenere un buon risultato verte sulle tre componenti di un programma di formazione professionale e richiede che vengano riformate contemporaneamente.

Le tre componenti in questione sono:

  • Curriculum
  • Strategie per un apprendimento efficace
  • Valutazione

Il “Core Curriculum”è considerato il sapere minimo necessario per essere certificati come “conoscitori” della materia. Rappresenta uno strumento avente la funzione di guidare i docenti nell’insegnamento, e allo stesso momento funge da guida per gli studenti nel loro processo di apprendimento.

La scelta dei contenuti da includere nel Core Curriculum risponde a precise finalità e necessità oggettive nonchè al tempo reale che gli studenti possono dedicare all’apprendimento nell’arco della durata del loro corso di laurea. Il Core Curriculumcontiene e delimita i diversi aspetti che i futuri medici devono apprendere come indispensabile all’inizio del loro iter professionale. L’obiettivo principale è quello di formare medici che non solo siano addestrati ed istruiti, ma anche formati ed educati ad esercitare una professione che richiede molte competenze tecniche ma che deve anche, necessariamente, sviluppare i fondamenti umanistici sul piano delle relazioni umane.

Il Core Curriculum, in pratica:

  • consente il raggiungimento degli obiettivi formativi qualificanti presenti nel decreto istitutivo della classe del Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria nell’ottica di un sistema che vede protagonista l’apprendimento degli studenti;
  • definisce una linea di confine tra i contenuti essenziali e i contenuti culturali accessori, utili ma non indispensabili al neolaureato;
  • facilita la mobilità internazionale degli studenti, consentendo il riconoscimento dei crediti formativi universitari (CFU) a livello europeo (3).

La formazione teorica e tecnica ha lo scopo di educare i nuovi medici creando i presupposti necessari affinché siano in grado di affrontare in modo agevole e con professionalità le situazioni cliniche del paziente, definendo di volta in volta i diversi scenari diagnostici con l’obiettivo finale di preparare professionisti competenti.

Se la formazione medica si propone di raggiungere gli obiettivi della con conoscenza nelle discipline mediche, allora gli educatori medici devono svilupparne gli obiettivi di apprendimento. Secondo alcune ricerche psicopedagogiche effettuate su campioni di studenti è emerso che, attraverso il normale processo di apprendimento, solo per brevi periodi gli studenti riescono a recepire ed a ricordare una vasta quantità di informazioni.

Molti di loro, inoltre, sembrano dimenticare le nozioni superata la prova di esame e, soprattutto, sembrano non avere una completa padronanza di quello che hanno studiato. Molti studenti non riescono a ricordare le conoscenze acquisite, perché non hanno sviluppato una consapevolezza critica. Difettano di una prospettiva chiara del contesto e dell’importanza clinica del loro processo di apprendimento durante i primi anni universitari soprattutto a causa della mancanza di integrazione fra gli insegnamenti delle due grandi categorie di studi: Scienze di Base e Scienze Cliniche. Purtroppo, ancora oggi, la maggioranza dei curriculum degli studi medici in Italia si basa su una visione “teacher-centered”, in quanto la formazione del medico era basata sul docente, e non “student-centered”, cioè globale e basata sullo studente.

La maggior parte dei docenti italiani continua ad insegnare la propria materia come se fosse quella più importante del percorso di studi, non essendo matura la visione che l’obiettivo principale è quello di sviluppare nello studente le abilità necessarie al problem solving, oltre ad una necessaria capacità critica, di analisi e di sintesi.

Questo bagaglio di conoscenze, di capacità e di abilità dovrà essere reso operativo in tutte le situazioni che si presenteranno durante la futura vita professionale del medico. Queste rappresentano le “skills” necessarie che si ritiene il docente debba trasmettere allo studente assieme alla gran mole di nozioni che, seppur utili, rivestono poca praticità.

Quindi per poter raggiungere questi scopi è importante che ci sia:

  1. un addestramento pratico più efficace;
  2. sviluppo di nuovi metodi di valutazione che si focalizzino sulle competenze;
  3. miglioramento degli standards di ricerca per l’educazione medica;
  4. superamento del concetto negativo di valutazione.

La valutazione non ha fini meramente statistici, ma deve essere concepita come un momento informativo e di ausilio per gli studenti teso a migliorare il proprio lavoro. Un simile concetto si discosta molto dalla percezione che si ha della valutazione come momento di giudizio del proprio operato, molto spesso in negativo.

Tradizionalmente i docenti tendono ad attribuire una valutazione solo dopo che il processo di apprendimento è finito. In questo modo si crea un divario tra l’apprendimento dello studente ed il risultato ottenuto. In realtà la valutazione è parte integrante del processo di apprendimento e deve essere contestuale ad esso. Gli insegnanti devono avere una idea chiara circa gli obiettivi che lo studente deve raggiungere al termine del corso e al quale devono essere comunicati. Tuttavia, si deve cercare di andare oltre al tipico esame di valutazione.

ANALISI GENERALE DEI RISULTATI DEL PT DELL’AA 2016-7

I dati che sono stati analizzati riguardano PT somministrato agli studenti dei Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria dei seguenti Atenei:

Università degli Studi de L’Aquila;

Università degli Studi di Bari;

Università degli Studi di Bologna;

Università degli Studi di Brescia;

Università degli Studi di Cagliari;

Università degli Studi di Catania;

Università degli Studi di Chieti;

Università degli Studi di Ferrara;

Università degli Studi di Firenze;

Università degli Studi di Foggia;

Università degli Studi di Genova;

Università degli Studi di Messina;

Università degli Studi di Milano;

Università degli Studi di Milano “Bicocca”;

Università Milano Vita- Salute San Raffaele;

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia;

Università degli Studi di Napoli Federico II;

Università degli Studi della Campania;

Università degli Studi di Palermo;

Università degli Studi di Padova;

Università degli Studi di Parma;

Università degli Studi di Pavia;

Università degli Studi di Pisa;

Università Politecnica delle Marche;

Università degli Studi di Roma La Sapienza;

Università degli Studi di Sassari;

Università degli Studi di Trieste;

Università degli Studi dell’Insubria;

Università degli Studi di Verona.

Schermata 2018-09-04 alle 15.39.53

Nella Tabella 1 sono indicate le materie di Scienze di Base e Scienze Cliniche oggetto del Test somministrato agli studenti di Odontoiatria.

Schermata 2018-09-04 alle 15.41.07

Nella Tabella 2 sono riportati i partecipanti per sede alle due prove, nel complesso hanno partecipato oltre il 67% degli studenti attesi in 31 sedi universitarie.

ANALISI DI SCIENZE DI BASE

La partecipazione al Test per Scienze di Base dunque è stata complessivamente buona.

Schermata 2018-09-04 alle 15.43.14

La Tabella 3 invece riguarda l’evoluzione temporale della preparazione degli studenti a livello nazionale.

Viene così evidenziato che per la disciplina di “Anestesiologia e Chirurgia Generale”, ma soprattutto per la “Radiologia”, vi è stato un progressivo miglioramento negli anni; quest’ultima ha raggiunto l’85% di risposte esatte al 6° anno.

Schermata 2018-09-04 alle 15.39.21 Schermata 2018-09-04 alle 15.39.35

Le percentuali medie delle risposte corrette date dagli studenti di tutte le Università sono confrontate per ogni disciplina con l’aiuto di un Diagramma Target (Grafico 2).

Si può vedere che la più bassa percentuale di risposte esatte fornite dagli studenti su scala nazionale è, per Scienze di Base, la disciplina di “Scienze comportamentali”.

La più alta risulta “Istologia e Anatomia”. Le stesse analisi sono svolte anche per l’altra categoria di domande oggetto del PT, cioè Scienze Cliniche.

ANALISI DI SCIENZE CLINICHE

Dalla Tabella 4 si evince che gli studenti hanno, a livello nazionale, migliorato la propria preparazione per tutte le materie cliniche, in particolar modo per “Conservativa” ed “Endodonzia” dove gli studenti hanno totalizzato all’ultimo anno rispettivamente il 77% e il 78% di risposte giuste. Per la disciplina di “Clinica Odontostomatologica” all’ultimo anno è stato totalizzato mediamente l’88%, quindi un ottimo risultato complessivo.

Schermata 2018-09-04 alle 15.44.04

Per Scienze Cliniche, la percentuale più bassa risulta la materia di “Gnatologia” con il 20%, mentre la percentuale massima è stata raggiunta per “Patologia Orale” con il 62%.

Schermata 2018-09-04 alle 15.43.31Schermata 2018-09-04 alle 15.43.42

CONCLUSIONI

Il Progress Test rappresenta un buon indicatore per la valutazione dei progressi delle conoscenze acquisite nel corso degli anni di formazione. I risultati spingono a continuare con questa metodologia perché può essere utilizzata per migliorare, sotto tutti i punti di vista, la didattica/apprendimento della odontoiatria nelle nostre sedi, sfruttando al massimo quello che è uno degli obiettivi più importanti del Progress Test, cioè fornire allo studente una riflessione sul suo personale sviluppo di conoscenze e competenze.

Nell’analisi statistica sui Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria viene in particolar modo evidenziato l’andamento delle discipline individuali degli studenti dal 1° anno fino all’ultimo e la valutazione concerne gli scenari di crescita e/o decrescita circa il livello di preparazione degli studenti e i risultati complessivi globali per Scienze di Base e Scienze Cliniche per ogni ateneo.

Dall’analisi emergono dati in grado di far confluire la valutazione su molteplici aspetti. Infatti dal confronto tra la loro performance e la media italiana viene messo in evidenza quali sono le discipline di Scienze di Base o Scienze Cliniche che hanno minore rendimento per aumentare la qualità della didattica e per far sì che gli studenti al termine dei 6 anni abbiano una preparazione adeguata perché saranno loro i medici odontoiatri del futuro e devono essere in grado di affrontare ogni tipo di problema di salute attraverso la conoscenza della materia e lo sviluppo di un pensiero critico, il quale può essere raggiunto solo attraverso uno studio indotto proprio dall’efficacia dell’insegnamento dei docenti.

Bibliografia

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  2. Skelton AM. Promoting Teaching Excellence, through fellowship schemes, three important issues to consider. Medical Education. 2003;37(3):188-90.
  3. Council. GM. Tomorrow’s doctors. Recommendations on undergraduate medical education. London: Keik & Reid; 1993.

Cita questo articolo

Crocetta C., Brindisi M., Lo Muzio L., Analisi dei Risultati del Progress Test 2017 dei Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Medicina e Chirurgia, 78: 3487-3493, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-78-2

Gli Studenti subentranti al primo anno nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e le frequenze da recuperare: una ipotesi di razionalizzazionen.78, 2018, pp. 3485-3486, DOI: 10.4487/medchir2018-78-1

Abstract

This short article deals with the problem of late admission of first-year medical students and the recovery of unattended lessons. We propose an hypothesis for rationalization at the national level.

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In questo breve articolo viene affrontato il problema degli studenti che entrano con ritardo ai corsi di laurea di medicina e chirurgia, il problema delle frequenze da recuperare e una ipotesi di razionalizzazione a livello nazionale.

Articolo

Il problema nel Contesto normativo

La Direttiva 2013/55/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 novembre 2013 prevede: “La formazione medica di base comprende almeno cinque anni di studio complessivi, che possono essere espressi in aggiunta anche in crediti ECTS equivalenti, consistenti in almeno 5500 ore d’insegnamento teorico e pratico svolte presso o sotto la supervisione di un’università.” Ne deriva che anche gli Studenti che entrano in ritardo al primo anno di corso, per effetto dei subentri, debbono recuperare le frequenze perse, allo scopo di poter raggiungere, al termine del corso di studio, il numero di ore complessivo determinato dalla Comunità Europea.

Il problema dei subentri origina dall’introduzione del concorso di ammissione a medicina con graduatoria unica nazionale. All’interno di quanto previsto dalle norme concorsuali, infatti, ogni studente in concorso stila un elenco di preferenze di sede, cui avrà accesso sulla base del punteggio ottenuto. All’interno di questo meccanismo, pertanto, il CINECA, espletato il concorso stesso, elabora una graduatoria nazionale unica con le prime assegnazioni, dove ai candidati con i punteggi migliori viene assegnata la prima sede da loro indicata e ivi si immatricolano. A seguito della prima fase, iniziano le assegnazioni successive e gli scorrimenti di graduatoria. Vi sono pertanto quelli che si definiscono “candidato assegnato”, dove è obbligatoria l’immatricolazione nella prima preferenza utile in cui è presente un posto disponibile tra quelle indicate, pena l’esclusione dal concorso; vi sono poi coloro definiti “candidato prenotato”, quelli cioè che hanno ottenuto un posto dalla loro seconda preferenza indicata in giù. In quest’ultimo caso, il candidato potrà immatricolarsi, ma anche aspettare gli scorrimenti della graduatoria nazionale, allo scopo di entrare in una sede migliore rispetto alle scelte fatte, confermando il proprio interesse all’immatricolazione, sino a quando il MIUR non emetterà un decreto di chiusura della graduatoria. Quest’ultimo atto, come è noto, avviene dopo molti mesi, ed è alla base del problema delle frequenze da recuperare.

Il problema del recupero delle frequenze, in relazione ai subentri, interessa, quasi sicuramente, in modo diverso gli Atenei italiani, in relazione alle scelte di sede effettuate, ma soprattutto sulla base della preparazione iniziale degli studenti partecipanti alla prova di ammissione, là dove gli Studenti residenti nel Nord Italia ottengono generalmente risultati migliori rispetto a quelli residenti nel Centro e nel Sud Italia (Familiari et al., 2014). Gli Atenei del Centro-Sud Italia sono pertanto i più interessati al fenomeno, avendo liste in attesa più lunghe, per cui i subentri possono avvenire anche a conclusione delle lezioni del primo semestre o anche, in alcuni casi, a conclusione delle lezioni del secondo semestre.

Deve anche essere specificato, inoltre, che i nostri Regolamenti Didattici prevedono generalmente la obbligatorietà della frequenza ai fini del sostenimento degli esami, frequenza che, mediamente, viene considerata utile se assolta per almeno i 2/3 del monte ore previsto.

Non vi sono, attualmente, normative ministeriali che disciplinino questo punto specifico per quanto riguardi le modalità con cui debbano essere recuperate le attività perse. Su questo specifico punto, in realtà, ogni Consiglio di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia delibera in piena autonomia. Non vi è alcun dubbio, al contrario, sul fatto che queste attività perse debbano essere fatte recuperare dai Corsi di Laurea, cui gli studenti si iscrivano con ritardo. Infatti, nei Decreti Ministeriali relativi alle prove di ammissione degli ultimi due anni accademici 2017-2018 (DM 477/2017) e 2018-2019 (DM 337/2018) si prevede specificamente, all’Articolo 10, comma 10, che “La chiusura degli scorrimenti delle graduatorie viene disposta con successivo provvedimento ministeriale, da emanarsi nel secondo semestre accademico al fine di consentire agli studenti di raggiungere la frequenza obbligatoria minima per poter sostenere i singoli esami”.

Quali corsi integrati da recuperare e come affrontare il problema I Corsi integrati su cui si pone il problema del recupero delle frequenze sono generalmente quelli che normalmente insistono nel primo semestre del primo anno e con esame al termine, come ad esempio i corsi integrati di Fisica medica, di chimica e propedeutica biochimica, ma anche i corsi che si svolgono nel secondo semestre con esame al termine, come ad esempio i corsi integrati di istologia, di biologia e genetica, o eventuali altri corsi specifici presenti all’interno del primo anno di corso. Il problema del recupero delle presenze pone certamente minori problematiche se ad essere persi siano stati dei moduli di corsi integrati insegnati nel primo anno di corso, ma che appartengono generalmente a corsi integrati con esame al secondo anno di corso, come ad esempio il corso integrato di anatomia umana. In questo caso, infatti, vi è certamente più tempo a disposizione per mettere in atto valide strategie di recupero delle frequenze perse.

Le frequenze perse possono essere recuperate in diverse modalità di insegnamento, tra cui i corsi in presenza, spesso sostituiti o integrati da attività di tipo tutoriale, i corsi in modalità e-learning o metodologie miste che prevedano entrambe le modalità.

I Corsi in presenza richiedono: la disponibilità di aule per un numero di ore compatibile con la frequenza obbligatoria minima; la disponibilità di docenti a ripetere corsi già svolti nel semestre precedente; orari che non coincidano con quelli delle altre lezioni del secondo semestre; un numero congruo di ore da svolgere, per poter avere una reale efficacia formativa e rispondere all’obbligo minimo di orario. Gli ostacoli che possono trovarsi su questa metodologia di erogazione sono pertanto di tipo strutturale, in relazione alla cronica mancanza di docenti delle discipline di base, in relazione alla difficoltà che vi può essere nel reperimento di aule libere per tali attività, ma anche difficoltà di tipo organizzativo, dovendo programmare attività che non vadano a coincidere con quelle che gli studenti stiano regolarmente frequentato dopo l’ammissione al corso di laurea.

I Corsi in E-learning richiedono: una piattaforma efficace che consenta il monitoraggio della frequenza con azioni specifiche in alcuni momenti della sessione di login, potendola così certificare in modo attendibile; la erogazione in differita del corso stesso, fruibile in base alle esigenze personali di ogni studente; la consapevolezza che tale didattica non è una variante mimetica della lezione frontale, per le abilità pedagogiche specifiche, per il materiale multimediale reso disponibile (testo, audio e video), per il grado di interattività. Con l’utilizzo della modalità E-learning si risolve pertanto il problema di aule, docenti e della organizzazione, molto complessa, di particolari turnazioni; l’utilizzo corretto di tale tipologia didattica pone però il problema metodologico della progettazione di lezioni efficaci pedagogicamente e della disponibilità di una piattaforma informatica efficiente e funzionale.

 

Una proposta operativa

Una esperienza già in corso presso Sapienza da alcuni anni accademici, ha visto la collaborazione con Unitelma Sapienza (https://www.unitelmasapienza.it/it), per il recupero delle frequenze di studenti subentranti, per alcuni corsi integrati nei Corsi di Laurea delle professioni sanitarie.

Il carattere di Ateneo telematico di Unitelma Sapienza la mette in grado di saper gestire corsi in E-learning anche in convenzione con altri Enti. Come infatti si legge al punto 8 dell’Articolo 3 dello statuto, “Per il raggiungimento delle proprie finalità, «Unitelma Sapienza» intrattiene rapporti con enti pubblici e privati, italiani ed esteri. Può stipulare contratti e convenzioni per attività didattica e di ricerca, di consulenza professionale e di servizi a favore di terzi”.

Sulla scorta di questa esperienza, dopo aver valutato le migliori condizioni economiche ottenibili e la sussistenza di un congruo interesse da parte dei Corsi di Laurea Italiani, si potrebbe ipotizzare l’organizzazione di alcuni corsi integrati, comuni a tutti i corsi di laurea, in tali modalità, da poter essere erogati su tutto il territorio, per i Corsi di Laurea interessati. Dovrà sicuramente essere svolta un’indagine di mercato, tra le Università telematiche italiane di carattere pubblico, allo scopo di individuare quella in grado di erogare gli stessi servizi in modo economicamente più vantaggioso. La qualità intrinseca delle lezioni telematiche è data dal fatto che tali corsi dovranno essere realizzati e registrati, nel modo pedagogicamente corretto, da Docenti che dovranno essere scelti tra i Docenti dei nostri corsi di Laurea magistrale in Medicina e Chirurgia.

La proposta di rendere maggiormente efficaci le condizioni di recupero delle frequenze, deve essere anche considerata ai fini della valutazione dell’attività dei nostri studenti in relazione al numero di CFU che debbono essere acquisiti (almeno 20 CFU/anno per essere considerati “attivi”) in ogni anno di corso. Infatti, un maggiore numero di studenti subentranti, in difficoltà con le frequenze e quindi in difficoltà con la propria preparazione, porterà all’acquisizione di un minore numero di CFU; questo penalizzerebbe certamente quegli Atenei dove sono più lunghe le liste dei subentri, rispetto ad altri Atenei dove questo problema non è rilevante.

Allo scopo di analizzare in dettaglio la situazione e ragionare sulla fattibilità di tale proposta la CONFERENZA PERMANENTE DEI PRESIDENTI DI CONSIGLIO DI CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA ha avviato una indagine nazionale, attraverso la somministrazione di un breve questionario a tutti i Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia i cui risultati verranno a breve resi noti.

E’ possibile accedere al questionario cliccando qui

Bibliografia

Familiari G, Baldini R, Lanzone A, Valli M, Di Liegro I, Locatelli V, Morini S, Muraro R, Strepparava MG, Cavaggioni G, Barbaranelli C, Heyn R, Relucenti M, Gaudio E. Studio osservazionale comparativo su un campione di studenti del Nord, del Centro e del Sud con valutazione della Maturità, del Test di accesso e delle scelte di sede effettuate al concorso con graduatoria nazionale 2013-2014. Osservazioni preliminari. Med Chir 2014; 62: 2794-2796.

Cita questo articolo

Familiari G., Capacchione G., Basili S., Moncharmont B., Gli Studenti subentranti al primo anno nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e le frequenze da recuperare: una ipotesi di razionalizzazione, Medicina e Chirurgia, 78: 3485-3486, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-78-1

Numero programmato, prova di selezione e trasferimenti: stato dell’arten.78, 2018, pp. 3478-3483.

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  1. Premessa

La adozione del numero programmato ed il conseguente concorso per la selezione dei candidati furono alcune delle novità introdotte dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 95/1986, demandando ai consigli di corso di laurea ed ai consigli di facoltà la definizione del numero massimo degli studenti iscrivibili al primo anno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia sulla base del potenziale didattico a disposizione delle facoltà per il corretto svolgimento del corso stesso.

Dopo circa un decennio di applicazione, la programmazione dei posti disponibili e, di conseguenza, il concorso di selezione divennero nazionali.

Ha oramai 19 anni la legge che ha istituito l’accesso a numero programmato nazionale ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia (legge n. 264 del 2 agosto 1999).

Tale legge, tuttora in vigore, vincola la determinazione dei posti alla valutazione dell’offerta potenziale sulla base della dotazione di risorse strutturali e di docenza e della disponibilità di strutture adeguate allo svolgimento del tirocinio, “tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo”.

La stessa legge attribuisce al Ministro dell’Università la competenza per la definizione di modalità e contenuti della prova di ammissione, demandandone agli Atenei l’organizzazione e l’espletamento. Per ovviare alla incongruenza tra prova unica nazionale e formulazione di graduatorie locali, che comportava la esclusione in alcune sedi di candidati che avevano ottenuto un punteggio superiore a quello di candidati ammessi in altre sedi, si è resa necessaria l’adozione, a partire dal 2013, di una graduatoria unica e nazionale per la prova di ammissione.

Con l’avvento della graduatoria unica nazionale, i ricorsi alla giustizia amministrativa per presunte irregolarità procedurali nell’espletamento della prova hanno avuto risonanza e ricadute nazionali, con la ammissione al corso di laurea di diverse migliaia di studenti in soprannumero in esecuzione di provvedimenti, cautelari e definitivi, dell’autorità giudiziaria.

Fino al 2015, comunque, il trasferimento di sede con iscrizione ad anni successivi al primo era consentito esclusivamente da altro Ateneo italiano e, nei limiti dei posti disponibili nella sede di accoglienza rispetto al contingente assegnato per la coorte di riferimento, a condizione che lo studente fosse stato ammesso al corso di studi di provenienza previo superamento della prova di ammissione.

Nell’ultimo decennio molti candidati, non avendo conseguito punteggi che li ponevano in posizione utile nella graduatoria, hanno optato per iscriversi a corsi di laurea in Medicina in Università estere. Sebbene gli Atenei abbiano sistematicamente negato il nulla osta al trasferimento in entrata a questi studenti, ottenendo – in caso di ricorso degli interessati – provvedimenti giudiziari che confermavano la legittimità del loro operato, una recente sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha drammaticamente ribaltato la situazione.

  1. La sentenza del Consiglio di Stato

La sentenza del Consiglio di Stato (Ad. Plenaria n.1/2015) ha completamente stravolto la materia dei trasferimenti da una università straniera ad una università italiana.

Il ricorso così deciso dai giudici di Palazzo Spada era incentrato sulla questione «se possa essere accolta la richiesta di quegli studenti che – da iscritti in corsi di laurea dell’area medico-chirurgica presso università straniere – hanno chiesto il trasferimento, con riconoscimento delle carriere e la iscrizione ad anni di corso successivi al primo, presso università italiane; e ciò tenendo presente che essi non si erano sottoposti al previsto test di accesso o che, pur avendolo affrontato conseguendo (…) il punteggio minimo richiesto per l’idoneità, non si erano comunque collocati in posizione utile per ottenere l’accesso ad una università italiana».

I giudici, partendo dalla distinzione tra “ammissione” (alla quale si riferisce l’art. 4 della legge n. 264 del 2 agosto 1999) intesa come “primo accoglimento dell’aspirante nel sistema universitario” (significato deducibile dall’art. 6 del D.M. n. 270 del 22 ottobre 2004, che, nell’indicare i “requisiti di ammissione ai corsi di studio”, fa esclusivo riferimento, ai fini della ammissione ad un corso di laurea, al “possesso del diploma di scuola secondaria superiore”) ed “iscrizione” (ad anni di corso successivi al primo), affermano che l’accertamento al quale è finalizzata la prova di cui alla legge n. 264/99 «ha senso solo in relazione ai soggetti che si candidano ad entrare da discenti nel sistema universitario, mentre per quelli già inseriti nel sistema (e cioè già iscritti ad università italiane o straniere) non si tratta più di accertare, ad un livello di per sé presuntivo, l’esistenza di una “predisposizione” di tal fatta, quanto piuttosto, semmai, di valutarne l’impegno complessivo di apprendimento (v. art. 5 del D.M. n. 270/2004) dimostrato dallo studente con l’acquisizione dei crediti corrispondenti alle attività formative compiute».

Di conseguenza, tali trasferimenti vengono considerati “legittimi” e la loro disciplina è rimessa alla «sola autonomia regolamentare degli Atenei, che, anche eventualmente condizionando l’iscrizione-trasferimento al superamento di una qualche prova di verifica del percorso formativo già compiuto», devono:

  • determinare per ogni coorte i posti resisi disponibili per i trasferimenti in ingresso a seguito di rinunce, passaggi di corso o trasferimenti ad altra sede;
  • stabilire «nell’àmbito delle disponibilità per trasferimenti»le modalità di graduazione delle domande;
  • fissare «criteri e modalità per il riconoscimento dei crediti, anche prevedendo “colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute” (art. 3, comma 8, del D.M. 16 marzo 2007)»;
  • determinare i criteri «con i quali i crediti riconosciuti (in termini di esami sostenuti ed eventualmente di frequenze acquisite) si tradurranno nell’iscrizione ad un determinato anno di corso, sulla base del rispetto dei requisiti previsti dall’ordinamento didattico della singola università per la generalità degli studenti ai fini della iscrizione ad anni successivi al primo».

Da ultimo, la sentenza specifica che, qualora lo studente non abbia superato alcun esame e conseguito alcun credito ovvero abbia superato un numero di esami tale da poter essere iscritto al solo primo anno, rimane indefettibile per lo stesso l’obbligo di «munirsi del requisito di ammissione di cui all’art. 4 della legge n. 264/1999», vale a dire il superamento della prova selettiva e solo in tal caso la sua posizione «non determinerebbe alcun vincolo per la sede di destinazione ai fini di una sua iscrizione».

  1. I trasferimenti di sede dopo la sentenza del Consiglio di Stato – Ad. Plenaria n. 1/2015

Per effetto di tale sentenza e conformemente anche alle disposizioni ministeriali nel frattempo emanate, a partire dall’a.a. 2015/2016 gli Atenei stanno accogliendo le richieste di trasferimento da sedi estere purché le stesse soddisfino le condizioni richieste (sostanzialmente: sussistenza di posti nella coorte di riferimento ed iscrivibilità dell’interessato ad un anno di corso successivo al primo).

Nello specifico, per l’a.a. 2017/2018 il MIUR ha esplicitamente disposto (punto 12 dell’Allegato 2 del D.M. n. 477/2017) che «le iscrizioni ad anni successivi al primo, a seguito delle procedure di riconoscimento crediti da parte dell’Ateneo di destinazione, possono avvenire esclusivamente nel limite dei posti resisi disponibili a seguito di rinunce, trasferimenti, abbandoni nell’anno di corso di riferimento, in relazione ai posti a suo tempo definiti nei decreti annuali di programmazione. Ai fini di cui ai punti 11 e 12 non è richiesto il superamento della prova di ammissione esclusivamente a coloro che sono già iscritti ai medesimi corsi di laurea magistrale a ciclo unico in altra sede universitaria italiana ovvero comunitaria ovvero extracomunitaria»e che (punto 13 dell’Allegato 2 del D.M. n. 477/2017)«l’iscrizione ad anni successivi al primo di uno studente proveniente da un Ateneo comunitario ovvero extracomunitario è sempre subordinata all’accertamento, da parte dell’Università italiana di destinazione, del percorso formativo compiuto dallo studente che richiede il trasferimento, con segnato riguardo alle peculiarità del corso di laurea, agli esami sostenuti, agli studi teorici compiuti e alle esperienze pratiche acquisite nell’Ateneo di provenienza nonché all’ineludibile limite del numero di posti disponibili fissato per ciascun anno di corso in sede di programmazione annuale. A tal fine, per ciascuno dei corsi di cui al presente decreto gli Atenei specificano analiticamente nei loro bandi sia i criteri per il riconoscimento dei crediti acquisiti nell’Ateneo estero e per la valutazione delle equipollenze sia il numero dei posti disponibili per il trasferimento a ciascun anno successivo al primo».

  1. La giurisprudenza successiva: iscrizioni ad anni successivi dei già laureati in corsi “affini”

Gli effetti della sentenza n. 1/2015 si sono nel frattempo riverberati anche su un altro terreno che è diventato il nuovo “campo di battaglia” per gli avvocati che tradizionalmente osteggiano il numero programmato.

Nell’ottobre del 2016 un laureato in Odontoiatria ha richiesto ad un Ateneo italiano l’iscrizione – previa valutazione del percorso formativo precedentemente svolto – ad un anno di corso successivo al primo del corso di laurea in Medicina e Chirurgia, senza essersi sottoposto alla prova selettiva.

L’istanza è stata respinta dalla Segreteria amministrativa competente perché ritenuta inammissibile, non avendo l’interessato superato la prova di ammissione di cui alla legge n. 264/99.

Il richiedente ha impugnato il diniego ottenuto presentando ricorso – con annessa domanda cautelare – al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. Il giudice, con l’ordinanza n. 916 del 24 febbraio 2017, ha accolto l’istanza cautelare sulla base delle seguenti motivazioni:

  • innanzitutto il T.A.R. ha rilevato l’esistenza di una lacuna normativa, considerato che la fattispecie sottoposta alla sua attenzione non risulta espressamente disciplinata né dal D.M. che annualmente definisce modalità e contenuti della prova di ammissione ai corsi ad acceso programmato nazionale (nel caso di specie: il D.M. n. 546/2016) né dal Regolamento didattico dell’Università resistente;
  • ha riconosciuto, «anche alla luce dei principi recentemente affermati dal Consiglio di Stato con la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 2015», l’analogia della condizione del ricorrente, ai fini dell’immatricolazione”, a quella in cui si trovano «“coloro che sono già iscritti ai medesimi corsi di laurea magistrale a ciclo unico in altra università italiana….”, i quali sono esonerati dal superamento della prova di ammissione (punti 11 e 12 Allegato 2 al D.M. n. 546/2016)»;
  • ha rilevato che la prova di ammissione «è unica per entrambi i corsi di medicina e chirurgia, da un lato e di odontoiatria, dall’altro».

Di conseguenza, il giudice ha disposto che la domanda di iscrizione di parte ricorrente, stante anche – a suo parere – l’incompetenza dell’organo dal quale proveniva il diniego (Segreteria amministrativa in luogo del Consiglio di corso di studio), dovesse essere riesaminata «da parte dell’Organo competente ai sensi del Regolamento didattico dell’Università resistente, alla luce dei rilievi sopra enunciati (…)».

Dopo la fase cautelare, il ricorso è stato deciso anche nel merito con la sentenza n. 11315 del 14 novembre 2017, con la quale il giudice ha sostanzialmente confermato il contenuto dell’ordinanza, tanto nelle motivazioni quanto nel dispositivo, annullando l’atto di diniego impugnato, considerato che il ricorrente: a) ha «già superato apposito test di ammissione al corso di laurea in odontoiatria, ora in comune a quello per l’accesso al corso di medicina»; b) «avendo conseguito il diploma di laurea in odontoiatria, in seguito al riconoscimento degli esami utili sostenuti, accederebbe ad un anno di corso successivo al primo» per cui nei suoi confronti da un lato «risulta soddisfatta la logica sottesa ai test del perseguimento di alti standard formativi, dall’altro che non si sottraggono posti agli attuali aspiranti».

Ne consegue anche la condanna in solido del M.I.U.R. (che aveva chiesto – non ottenendola – l’estromissione dal giudizio sostenendo il proprio difetto di legittimazione passiva) e dell’Università soccombenti al pagamento in favore del ricorrente delle spese di giudizio.

Lungi dal “fare stato soltanto dalle parti”, queste pronunce, ormai, rappresentano un precedente che – come in un ordinamento di common law – “riscrivono” la materia e scardinano l’intero impianto del numero programmato.

Di recente, infatti, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, con l’ordinanza n. 57/2018, ha accolto la domanda cautelare annessa ad un ricorso simile al precedente proposto da una laureata in Biologia che – parimenti – aveva ottenuto un diniego alla propria domanda di iscrizione ad anni successivi al primo del corso di laurea in Medicina e Chirurgia, senza aver previamente superato la prova selettiva.

Anche in questo caso il giudice ha fatto riferimento alla «più recente giurisprudenza formatasi a partire da Cons. Stato, Ad. Plen., n. 1 del 2015»affermando che il diniego motivato dal mancato superamento del test di ammissione previsto dalla legge n. 264/99 è legittimo «solo con riferimento all’accesso al primo anno del corso di studi», mentre per le iscrizioni ad anni successivi al primo «il principio regolante l’iscrizione è unicamente quello del riconoscimento dei crediti formativi ed è sottoposto all’indefettibile limite di posti disponibili».

Con la conseguenza che la domanda cautelare anche in questo caso viene accolta «ai fini del riesame dell’istanza della ricorrente».

Sostanzialmente, sulla base di una interpretazione estensiva dei principi di Ad. Plen. n. 1/2015 e tenuto conto della lacuna normativa in materia rilevata da diversi giudici, si sta affermando il principio dell’iscrizione diretta (senza test di ammissione) al corso di laurea in Medicina e Chirurgia dei laureati in “materie affini” (non solo Odontoiatria, ma anche Farmacia, Scienze Biologiche ecc.) basato sul presupposto (si veda, ex multis, T.A.R. Sicilia – sezione staccata di Catania, sentenza 9 marzo 2018, n. 518) che se il principio affermato in quella sentenza vale per gli studenti “stranieri” che intendano iscriversi presso un’università italiana non possa non valere «anche per gli studenti italiani che (…) siano già in possesso di laurea conseguita presso altra università italiana e chiedano la valutazione del titolo ai fini dell’iscrizione ad un corso universitario a “numero chiuso”» spostandosi il problema sulla necessità di verificare se e quanto il titolo già posseduto «sia oppure no “affine” a quello presso il quale intende iscriversi, al fine del riconoscimento dei c.d. crediti formativi».

  1. La giurisprudenza successiva: iscrizioni ad anni successivi degli iscritti a corsi “affini” e pronunce negative

Dall’orientamento fin qui descritto si distacca qualche importante pronuncia che respinge la domanda cautelare o il ricorso perché non viene riconosciuto il carattere “affine” dei due percorsi formativi.

In particolare, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (ordinanza n. 1383/2018) respinge la domanda cautelare del ricorrente che, in ragione del fatto di aver superato alcuni esami nell’ambito del Corso di Ingegneria (a cui è iscritto), chiede di iscriversi ad anni successivi al primo (e senza avere superato il test di ammissione) presso il corso di laurea in Medicina in quanto «il corso di laurea in Ingegneria – laurea ancora non conseguita dal ricorrente – attiene a classe di laurea (L-9 Classe di Laurea in Ingegnere industriale) del tutto differente dalla classe di laurea di medicina (…) Ritenuto, altresì, che gli esami superati…, nel corso di laurea in Ingegneria Meccanica ., si riferiscono a discipline (inglese, sistemi industriali, fisica generale ecc.) che esulano da quelle che sono oggetto caratterizzante di studio nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia (..). Rilevato che le classi di laurea sono definite con specifici Decreti del competente MIUR (…) come raggruppamenti di corsi di studio dello stesso livello, aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le conseguenti attività formative indispensabili».

In altri casi il giudice (Consiglio di Stato, ordinanza n.

645/2018) ha respinto la richiesta di iscrizione ad anni successivi ribadendo quanto affermato dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (ordinanza n. 1941/2017), poiché l’Università resistente aveva dichiarato di non avere posti vacanti: l’appello cautelare viene respinto, ma è fatto comunque «salvo il potere dell’Amministrazione universitaria di individuare posti liberi per un eventuale subentro dei richiedenti aventi diritto».

In alcuni casi, invece, il ricorso viene rigettato perché la domanda di iscrizione ad anni successivi «è stata presentata in ritardo dall’odierno ricorrente, rispetto al termine fissato dell’Università»(Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, ordinanza n. 02806/2018).

Particolarmente significativa è la pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (sentenza 3 aprile 2018, n. 293) che si discosta completamente dall’orientamento giurisprudenziale finora prevalente, affermando altresì la totale estraneità della materia de qua a quella dei trasferimenti.

Il ricorso – proposto da una studentessa iscritta al 3° anno del corso di laurea magistrale in Farmacia – era finalizzato ad ottenere l’accoglimento della domanda di ammissione ad anni successivi senza subordinarla alla necessità di superare la prova di ammissione e tenendo conto soltanto della sussistenza del medesimo settore scientifico disciplinare, dei crediti necessari per l’ammissione ad anni successivi al primo e della disponibilità dei posti.

Il giudice lo ha respinto, dichiarandolo non fondato sulla base delle seguenti – innovative – motivazioni:

  • affermando innanzitutto «la competenza del Responsabile dell’Ufficio procedure di ammissione per area medica e relazioni esterne che ha firmato l’atto impugnato. Il Consiglio di corso di studio è competente ad esaminare i crediti ottenuti nel corso di laurea di provenienza laddove la domanda sia stata ritenuta ammissibile. Ma la domanda della ricorrente tesa ad essere ammessa ad anni successivi al primo senza sostenere la prova di ingresso è stata ritenuta inammissibile e quindi la competenza appartiene al titolare dell’ufficio che deve vagliare la proponibilità dell’istanza»;
  • sottolineando le differenze a livello di SSD tra Farmacia e Medicina: «non può condividersi una delle affermazioni poste a sostegno della domanda di iscrizione nei termini indicati dalla ricorrente; il D.M. 4.10.2000 inserisce la farmacologia nell’area biologica, mentre dedica un’area autonoma a Scienze mediche quindi non vi è l’appartenenza al medesimo settore scientifico disciplinare»;
  • riconoscendo il carattere inequivoco del dettato normativo, considerando che «il rigetto della richiesta di iscrizione ad un anno successivo al primo senza sostenere la prova di ingresso è fondato sul punto 12 dell’Allegato 2 al D.M. n. 477/2017 che si esprime in termini inequivoci sul fatto che non è richiesto il superamento della prova di ammissione esclusivamente a coloro che sono già iscritti ai medesimi corsi di laurea magistrale a ciclo unico in altra sede universitaria italiana ovvero comunitaria ovvero extracomunitaria”.

Peraltro tale indicazione era presente negli esatti termini anche nel D.M. 546/2016»;

  • affermando che la sentenza n. 1/2015 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato richiamata nel ricorso insieme ad altre pronunce di merito dei Tribunali Amministrativi Regionali si riferiscono «a studenti già iscritti alla facoltà di medicina od odontoiatria che chiedevano il trasferimento.

Si tratta quindi di precedenti che non si attagliano al caso di specie».

  1. Il D.M. n. 337 del 26 aprile 2018

Il D.M. di quest’anno (D.M. n. 337 del 26 aprile 2018), lungi dal chiarire la materia in questione, stabilisce al punto 12 dell’Allegato n. 2 quanto segue:

«le iscrizioni ad anni successivi al primo, a seguito delle procedure di riconoscimento crediti da parte dell’Ateneo di destinazione, possono avvenire esclusivamente nel limite dei posti resisi disponibili a seguito di rinunce, trasferimenti, abbandoni nell’anno di corso di riferimento, in relazione ai posti a suo tempo definiti nei decreti annuali di programmazione. Ai fini di cui ai punti 11 e 12 non è richiesto il superamento della prova di ammissione esclusivamente a coloro che sono già iscritti ai medesimi corsi di laurea magistrale a ciclo unico – o che sono già iscritti al Corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia (classe LM/41) oppure al Corso di laurea magistrale a ciclo unico in Odontoiatria e protesi dentaria (LM/46),per i quali è previsto il superamento della stessa prova di ammissione – in altra sede universitaria italiana ovvero comunitaria ovvero extracomunitaria».

Al successivo punto 13 ribadisce l’indicazione degli anni precedenti: «l’iscrizione ad anni successivi al primo di uno studente proveniente da un Ateneo comunitario ovvero extracomunitario è sempre subordinata all’accertamento, da parte dell’Università italiana di destinazione, del percorso formativo compiuto dallo studente che richiede il trasferimento, con segnato riguardo alle peculiarità del corso di laurea, agli esami sostenuti, agli studi teorici compiuti e alle esperienze pratiche acquisite nell’Ateneo di provenienza nonché all’ineludibile limite del numero di posti disponibili fissato per ciascun anno di corso in sede di programmazione annuale. A tal fine, per ciascuno dei corsi di cui al presente decreto gli Atenei specificano analiticamente nei loro bandi sia i criteri per il riconoscimento dei crediti acquisiti nell’Ateneo estero e per la valutazione delle equipollenze sia il numero dei posti disponibili per il trasferimento a ciascun anno successivo al primo».

  1. Gli scenari possibili per il 2018/2019

In un contesto così poco chiaro, che favorisce la proliferazione del contenzioso – come hanno evidenziato nella mozione presentata al M.I.U.R. e alla C.R.U.I. il 18 giugno 2018 anche gli Organismi di rappresentanza delle Facoltà di Medicina e dei corsi di laurea di Medicina – sorge per gli operatori pratici il problema di cosa fare per l’aa 2018/2019.

Le opzioni sono sostanzialmente 3:

  1. applicare gli stessi principi dello scorso anno e riconoscere soltanto, perché imposto dal D.M.

337/2018, la possibilità di ammettere ad anni successivi di Medicina – per trasferimento di sede – anche l’iscritto ad Odontoiatria (e viceversa);

  1. applicare i principi sostenuti dalla giurisprudenza prevalente (ex multis, si legga la sentenza T.A.R. Lazio n. 11315 del 14 novembre 2017 richiamata nel paragrafo 4) e predisporre un bando per i trasferimenti e le iscrizioni agli anni successivi aperto non soltanto agli iscritti ad Odontoiatria, ma anche ai laureati in Odontoiatria;
  2. applicare in maniera estensiva i principi discendenti dalla sentenza del Consiglio di Stato – Ad.

Plenaria n. 1/2015 e predisporre un bando per tutte le iscrizioni ad anni successivi al primo, sia di studenti provenienti dallo stesso corso di altra sede (italiana, comunitaria o extracomunitaria), sia di studenti già laureati in materie “affini” (compresi i laureati all’estero che chiedano l’equipollenza), sia di studenti attualmente iscritti a corsi di studio “affini” i quali potrebbero teoricamente aspirare ad un posto eventualmente disponibile sulle coorti anteriori alla 2018/2019.

Alla luce di quanto esposto, sarebbe auspicabile un intervento da parte del M.I.U.R. per prevenire le possibilità di contenzioso nella gestione dell’accesso programmato e per ribadire ufficialmente il senso selettivo del test di ingresso e il carattere vincolante delle prescrizioni contenute nella legge n. 264/99. Inoltre, un intervento ministeriale sarebbe molto utile per tutti gli Atenei per definire una strategia comune di risposta alle istanze di ammissione ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia in assenza di superamento del test di ingresso.

Pertanto, “La Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia” con “La Conferenza Permanente delle Facoltà e delle Scuole di Medicina e Chirurgia” e “L’Intercollegio di Area Medica” hanno firmato una Mozione indirizzata al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e alla CRUI che troverete allegata.

Allegato – Mozione

MOZIONE della Conferenza Permanente delle Facoltà e delle Scuole di Medicina e Chirurgia, della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e dell’Intercollegio di Area Medica

 

Al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Alla CRUI

Mozione

La Conferenza Permanente delle Facoltà e delle Scuole di Medicina e Chirurgia

La Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

L’Intercollegio di Area Medica

 

VISTAla sentenza 4193/17 con la quale il Tar del Lazio ha ammesso alla Facoltà di Medicina i candidati che avevano svolto il test nell’anno accademico 2014-2015 e che avevano fatto ricorso contro le presunte irregolarità dei test di quell’anno e pertanto erano stati ammessi con riserva alla frequenza dei corsi in virtù dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato (Ordinanza n. 2557/15), sostanzialmente ritenendo consolidate le iscrizioni al corso di laurea ottenute indipendentemente dal dall’esito del test di ammissione in quanto i ricorrenti erano ormai di fatto studenti di medicina.

VISTEle sentenze del marzo 2018 dei TAR del Lazio, della Sicilia e della Lombardia con le quali si ipotizza la possibilità dell’accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia senza necessità di superare il test di ingresso per gli studenti provenienti da corsi di laurea affini che abbiano maturato crediti sufficienti per essere ammessi ad anni superiori al primo e le analoghe sentenze di diversi TAR con le quali si ipotizza la medesima possibilità per l’accesso ai corsi di laurea magistrale in odontoiatria e protesi dentaria

CONSIDERATAl’ingente quantità di richieste di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia in assenza di superamento del test di ammissione che stanno pervenendo pressoché a tutti gli attenei in funzione delle menzionate sentenze e l’evidente pericolo del ripetersi di situazioni di “consolidamento” di iscrizioni ottenute con riserva stante che di fatto consegue ad ogni espletamento dei test di ingresso annuali

EVIDENZIATOche l’alta percentuale di contenzioso è verosimilmente in relazione a criticità che negli ultimi anni di esperienza hanno caratterizzato la gestione dei test di accesso in questione e a fraintendimenti sul reale scopo del test medesimo (selettivo vs attitudinale)

SOTTOLINEATOil grave rischio di insostenibilità della situazione di soprannumero degli studenti dei corsi in questione, che si sta reiteratamente verificando negli ultimi anni, in termini di impossibilità per gli anni futuri di mantenere i livelli necessari per l’accreditamento europeo della formazione erogata (obbligo di frequenza, almeno 60 CFU Professionalizzanti, ecc)

La Conferenza Permanente delle Facoltà e delle Scuole di Medicina e Chirurgia

La Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

L’Intercollegio di Area Medica

AUSPICANOl’adozione immediata da parte del MIUR di tutte le possibili azioni volte a prevenire il perdurare di tali tassi di contenzioso affrontando in modo condiviso ed efficace le criticità che si sono di volta in volta verificate nella gestione dell’accesso programmato agli studi medici a causa verosimilmente anche dell’esclusione dal momento decisionale del contributo delle competenze delle realtà accademiche che da decenni lavorano sull’argomento in modo puntuale e scientifico e ribadendo ufficialmente il senso selettivo del test di ingresso ai fini del reale rispetto nell’ambito dell’area della formazione medica, del diritto costituzionale allo studio in termini non solo di accesso, ma anche di qualità.

CHIEDONOai Magnifici Rettori di discutere la possibilità di mettere in essere una strategia condivisa tra tutti gli Atenei al fine di dare una risposta omogenea alle istanze di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia in assenza di superamento del test di ingresso anche tramite il ricorso a tutti i livelli di opposizione legale possibili.

SI RISERVANOdi interagire in modo propositivo con il Ministro e con gli Uffici del MIUR in collaborazione con la CRUI, ai fini di una completa sinergia di azione per il raggiungimento di un quadro normativo e operativo funzionale mantenimento e al miglioramento continuo della qualità del percorso formativo della figura del medico in funzione anche di una programmazione indispensabile per l’ottimale funzionamento del Sistema Sanitario Nazionale e per garantire l’utilizzo effettivo ed efficace delle figure professionali adeguatamente formate.

Roma 18 giugno 2018

Il Presidente della Conferenza Permanente

Facoltà e Scuole di Medicina e Chirurgia

Prof. Carlo Della Rocca

 

Il Presidente della Conferenza Permanente

Dei Corsi di Laurea Magistrale in

Medicina e Chirurgia

Prof. Stefania Basili

 

Il Presidente dell’Intercollegio di Area Medica

Prof. Andrea Lenzi

Cita questo articolo

Moncharmont, B., Cefaratti M., Numero programmato, prova di selezione e trasferimenti: stato dell’arte, Medicina e Chirurgia, 78: 3478-3483, 2018.

Editorialen.78, 2018, pp. 3477

Schermata 2017-04-26 alle 14.01.00Da questo numero l’Editoriale su “The Journal of Italian Medical Education “sarà a mia firma come Editor-in-Chief della rivista. Infatti, come molti di voi sanno, il 21 aprile 2018 è terminato il mio mandato, dopo tredici anni di Presidenza della Conferenza, e non ho ritenuto di ripresentare la mia candidatura.
Al mio posto è stata eletta, all’unanimità per acclamazione, la Prof. Stefania Basili per anni mio vicepresidente vicario. Rimarrò sempre presente e vicino alla Conferenza, come Presidente della Associazione Conferenza PCCLMMC, ma l’ingresso di Stefania Basili, con i Vice-presidenti Giuseppe Familiari e Bruno Moncharmont, è sicuramente un segno di grande coesione della Conferenza e mi fa presagire un grande impegno di tutti i componenti della Conferenza nel supportare questo “giovane gruppo”. In questo numero della rivista ospitiamo importanti contributi.
Il primo che voglio segnalare è quello relativo all’analisi dei risultati del Progress Test dei Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria. Il Presidente, Professor Lorenzo Lo Muzio, riporta i dati relativi all’anno 2017, quando per la prima volta la Conferenza dei Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria ha coinvolto più di 3500 studenti in un progress test riuscendo a far partecipare quasi il 70% degli iscritti.
Nella sezione “Opinioni Istituzionali” Bruno Moncharmont riferisce in maniera puntuale sul problema dei trasferimenti dando quindi il razionale alla Mozione, a firma congiunta della nostra Conferenza, della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e dell’Intercollegio di Area Medica, che auspica che venga messa in essere una strategia condivisa tra tutti gli Atenei al fine di dare una risposta omogenea alle istanze di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia in assenza di superamento del test di ingresso.
I “lavori delle conferenze”, contengono anche l’ottimo contributo di Giuseppe Familiari sul problema degli studenti subentranti al primo anno di corso e le possibili strategie per il recupero delle frequenze.
Il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica della CPPCCLM in Medicina, guidato spavaldamente dal Prof. Gallo, inizia in questo numero la sua trilogia dedicata alle “Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina”. Nel primo dei tre articoli, Isabella Barajon ci introduce l’utilizzo dei gruppi di studio come parte dell’approccio educativo noto come Collaborative Learning (CL). In tale approccio gli studenti lavorano assieme in piccoli gruppi, per periodi di tempo più o meno lunghi, al fine di raggiungere un obbiettivo comune.
Nella sezione “News”, anche in questo numero, abbiamo l’onore di ospitare il contributo del Presidente dell’ANVUR, il Prof. Paolo Miccoli.
Sempre nella sezione “News” troverete l’invito ad una brillante iniziativa della “Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie”, le novità del CUN che il segretario generale, Manuela di Franco, ci racconta costantemente e per la prima volta il contributo della “Conferenza dei Corsi di Laurea di Scienze Motorie” guidata da Federico Schena. A concludere il fascicolo, c’è l’articolo di Valentina Gazzaniga che in modo affascinante porta la medicina di genere nella storia.

Andrea Lenzi
Editor-in- Chief of JIME
(Journal of Italian Medical Education)

Indice n.78/2018

MEDICINA E CHIRURGIA
QUADERNI DELLE CONFERENZE PERMANENTI DELLE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

78/2018

(scarica qui il l’intero numero in PDF)

SOMMARIO

Editoriale, di Andrea Lenzi

Opinioni Istituzionali

Numero programmato, prova di selezione e trasferimenti: stato dell’arte, di Bruno Moncharmont, Mariacristina Cefaratti

I lavori delle Conferenze Permanenti

Gli Studenti subentranti al primo anno nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e le frequenze da recuperare: una ipotesi di razionalizzazione, di Giuseppe Familiari, Giulietta Capacchione, Stefania Basili, Bruno Moncharmont.

Analisi dei Risultati del Progress Test 2017 dei Corsi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, di Corrado Crocetta, Michele Brindisi, Lorenzo Lo Muzio

Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica della CPPCCLM in Medicina

Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. I. Da una didattica basata sull’insegnamento ad una centrata sull’apprendimento, di Pietro Gallo, Giuseppe Agresti, Isabella Barajon, Stefania Basili, Tiziana Bellini, Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Davide Festi, Fausta Lui, Adolfo Mazzeo, Manuela Merli, Bruno Moncharmont, Laura Recchia, Oliviero Riggio, Maria Grazia Strepparava e Maurizia Vallij (Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica della CPPCCLM in Medicina).

Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. II. I gruppi di studio, di Isabella Barajon, Fausta Lui, Adolfo Mazzeo, Maurizia Valli

Uomini, scuole, luoghi e immagini nella Storia della Medicina

Storia e medicina di genere, di Valentina Gazzaniga, Stefania Basili, Susanna Sciomer

Notiziario

Notizie dall’ANVUR, dal CUN, dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie, dal SISM, di Paolo Miccoli, Manuela di Franco, Alvisa Palese, Giorgia Soldà