La revisione dell’ordinamento didattico del CdS in Fisioterapia: la nostra esperienzan.85, 2020, pp. 3810-3816, DOI: 10.4487/medchir2020-85-9

Abstract

L’articolo si propone di presentare l’esperienza di revisione dell’ordinamento didattico del Corso di studio in fisioterapia dell’università di Brescia.

Obiettivo: al fine di migliorare la nostra proposta formativa abbiamo cercato di comprendere punti di forza e di debolezza dell’ordinamento didattico.

Metodi: abbiamo utilizzato come riferimento l’ambito “cura e riabilitazione” del documento nazionale “core competence e core curriculum” del fisioterapista (AIFI 2010). Abbiamo predisposto un questionario sugli obiettivi di competenza indicati dal core competence, chiedendo agli intervistati di esprimere -attraverso una scala da 1 a 5- il grado di preparazione fornito dal Corso per ciascuno degli obiettivi.

Il questionario è stato somministrato con modalità telematica agli studenti del terzo anno, ai neolaureati degli ultimi 5 anni e agli assistenti di tirocinio delle sedi di Brescia, Cremona e Mantova, nel periodo luglio-agosto 2019; nel mese di settembre sono stati rielaborati i risultati, che ci hanno permesso di individuare le necessarie modifiche all’ordinamento.

Risultati: i risultati sono sovrapponibili sulle tre sedi del corso e omogenei per tipologia di rispondente. Indicano con chiarezza gli ambiti di maggiore criticità. Conclusioni: il core competence si è dimostrato un buon indicatore del grado di qualità della formazione fornita dal Corso di laurea. Tuttavia, il contenuto strettamente professionale non ha consentito di estendere l’intervista ad alcuni stakeholders del CdS, come ad esempio i gestori dei servizi e gli assistiti. Per raccogliere queste od altre opinioni sarebbero necessari strumenti differenti che potrebbero adeguatamente completare l’indagine.

Parole chiave: ordinamento didattico; core competence; fisioterapia;

Abstract

This paper aims at introducing the experience of the revision of the didactic organization of the BSc in Physiotherapy at the University of Brescia.

Objective: In order to improve our training proposal, we tried to understand the strengths and weaknesses of the teaching programme.

Methods: As a reference, we used the “care and rehabilitation” area of the national paper “core competence and core curriculum” of physiotherapists (AIFI 2010). We prepared a questionnaire on the target competences indicated by the core competence, asking the interviewees to express, by using a 1 to 5 numerical rating scale, the degree of preparation provided by the course for each objective.

The questionnaire was administered electronically to third year students, to recent graduates of the last 5 years and to traineeship assistants, during the months of July and August. In September, the results were processed, which allowed us to identify the required changes to be implemented in the teaching programme.

Comparable results can be observed on the three course locations (Brescia, Cremona, Mantova) and are quite consistent according to the type of respondent. They clearly point out the most critical domains.

Conclusions: the core competence has proven to be a good marker of the quality level in the education provided by the degree programme. However, the strictly professional content did not allow to extend the interview to some other specific stakeholder of the degree course, such as the service providers and recipients. In an effort to gather these or other opinions, different tools would be needed with the purpose of completing the investigation adequately.

Keywords: didactic organization, core competence, physiotherapy.

Translated by Carro Laura and Pelizzari Nicola – May 2020

Articolo

Il contesto

Il Corso di studio (CdS) in Fisioterapia dell’Università di Brescia è organizzato su tre sedi – Brescia, Cremona e Mantova, autonome nella gestione delle attività didattiche ma con un unico syllabus condiviso tra i docenti delle diverse sedi. L’attuale ordinamento didattico risale all’anno 2011 ed è il risultato della prima applicazione della legge 270/2004. In questi ultimi anni l’Università di Brescia ha attivato percorsi di miglioramento dei CdS, a partire dalle sollecitazioni dell’agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), attraverso i presidi di qualità di ateneo (PQA) e i gruppi di riesame. L’impostazione secondo criteri di qualità raccomanda di raccogliere da diverse fonti i feedback sul funzionamento del CdS, e di utilizzare le azioni preventive e correttive in modo sistematico a supporto della governance del CdS. A tal fine vengono annualmente presi in esame i verbali della commissione paritetica docenti e studenti (CPDS), i giudizi degli studenti e dei docenti sulla didattica e l’organizzazione del corso, oltre alle relazioni annuali dei rappresentanti degli studenti. L’analisi di questi elementi ha suggerito di ripensare l’ordinamento didattico del CdS.

L’analisi del bisogno

Sulla base dei dati raccolti il CdS si è interrogato sulle modifiche utili a rendere il percorso di studio più aderente alle necessità del mondo del lavoro. Infatti, il mutato profilo epidemiologico della popolazione, l’evoluzione dell’organizzazione sanitaria e della tecnologia, chiedono un rinnovamento delle competenze del fisioterapista. Quali sono i bisogni emergenti? Quali le innovazioni da intercettare?

Quale dovrà essere il profilo di competenze del professionista del futuro? E soprattutto: attraverso quali strumenti è possibile individuare le necessarie modifiche all’ordinamento? Qual è il gold standard delle competenze del fisioterapista a cui fare riferimento? Abbiamo quindi cercato questionari validati relativi alle competenze fornite dai CdS in fisioterapia. La letteratura ci ha suggerito alcuni lavori sulle competenze infermieristiche, come ad esempio il modello tuning europeo, ma non abbiamo trovato nulla di simile in ambito fisioterapico. Abbiamo allora ricercato in esperienze di altri CdS, ed abbiamo trovato una relazione presentata in un convegno dell’Università di Siena (Bielli- Di Tondo 2016), che ci ha suggerito l’utilizzo del core competence e core curriculum (core integrato) per diagnosticare punti di forza e di debolezza del nostro percorso formativo.

Il core curriculum del fisioterapista (fig. n°1)

“Il Core Curriculum è il complesso di contenuti essenziali (conoscenze, competenze, abilità e comportamenti) che tutti i neo-laureati devono avere acquisito in modo completo e permanente per l’esercizio iniziale della professione” (Luciano Vettore). In particolare, il core curriculum individua gli obiettivi educativi specifici per raggiungere le necessarie conoscenze e competenze professionali.

Il core competence del tirocinio descrive invece le competenze specifiche e trasversali indispensabili per la professione. L’integrazione di questi due strumenti compone il “core integrato” del fisioterapista, pubblicato da AIFI nel 2010. Il core competence del fisioterapista si divide in 8 ambiti, ciascuno dei quali si articola in obiettivi. Ogni obiettivo prevede livelli di conoscenza specifici per ogni unità didattica, denominati “stringhe del core curriculum”. Il core curriculum prevede in totale 470 stringhe che costituiscono i prerequisiti teorici per gli obiettivi del core competence.

La scelta metodologica

1 – Scegliere le informazioni da raccogliere Abbiamo scelto di indagare unicamente l’ambito “Cura e riabilitazione” per avere informazioni sulle competenze tecniche che il CdS fornisce ai futuri fisioterapisti. L’ambito è suddiviso nelle nove aree che caratterizzano il processo fisioterapico, dall’identificazione del bisogno, alla valutazione clinica, alla realizzazione dell’intervento fisioterapico e alla verifica del risultato. Per ognuna delle aree ci sono obiettivi specifici, e a ciascun obiettivo sono sottese più stringhe. Nell’indagine sono stati presi in considerazione tutti gli obiettivi previsti dal core competence per l’area “cura e riabilitazione”.

Per raggiungere informazioni più dettagliate inoltre, le aree “valutazione” e “realizzazione dell’intervento” sono state declinate nelle stringhe di riferimento.

2 – Predisporre il questionario

È stato predisposto un questionario con 57 domande riguardanti obiettivi specifici e stringhe dell’ambito “cura e riabilitazione”. Il quesito era il seguente: a tuo avviso, come il CdS in fisioterapia dell’Università degli studi di Brescia prepara i futuri professionisti nei seguenti ambiti? Per le risposte è stata scelta una scala a 5 livelli, con le seguenti possibilità: per nulla, poco, discretamente, molto, moltissimo. A queste è stata aggiunta la risposta “non saprei”, perché rispetto ad alcuni ambiti specialistici, come ad esempio la riabilitazione perineale o il linfodrenaggio, non tutti i professionisti potevano essere competenti a rispondere. A titolo esemplificativo, la tabella seguente (fig. n° 2) riporta una parte della matrice del questionario: sono visibili le 9 aree indagate e 5 degli obiettivi previsti per l’area n° 7 “Realizzazione dell’intervento fisioterapico”. La matrice completa è disponibile presso il CdS.

3 – Scegliere i soggetti da intervistare

Sono stati considerati soggetti idonei a rispondere gli assistenti di tirocinio ed i tutor clinici, i neolaureati degli ultimi 5 anni e gli studenti del terzo anno, per un totale di 955 soggetti tra le sedi di Brescia, Cremona e Mantova.

Gli assistenti di tirocinio e i tutor clinici sono stati suddivisi secondo l’anzianità di servizio, +/- 15 anni di attività. Il periodo corrisponde all’incirca alla trasformazione dei corsi regionali in D.U.

Non avrebbero potuto rispondere i fisioterapisti che non seguono abitualmente gli allievi, i responsabili delle aziende sanitarie che utilizzano fisioterapisti, o altri stakeholder del CdS che non sono pertanto stati inclusi nel numero dei possibili intervistati.

4 – Realizzare l’indagine

Il questionario è stato somministrato on line attraverso il Servizio Valutazione e Reporting dell’Ateneo. Lo strumento utilizzato è stato “Lime Survey”, un prodotto open source scelto dall’Università per la sua versatilità e immediatezza nella creazione delle maschere. La costruzione del questionario ha seguito lo schema della matrice in Fig. 2 ed è stata relativamente semplice, considerato che la batteria di domande non necessitava di filtri, basati sulle risposte, in relazione ai quali proporre uno o più sottoinsiemi di quesiti. Per la somministrazione sono stati acquisiti nell’applicativo gli elenchi degli indirizzi e-mail dei soggetti selezionati secondo i criteri sopra descritti, in modo da generare per ciascuno un “link” cliccabile personalizzato, detto “token”, in grado di consentire la ripresa della compilazione dopo averla eventualmente interrotta. L’anonimato è stato garantito dal disaccoppiamento operato dal programma, in sede di salvataggio del questionario, fra “token” e risposte fornite. La finestra di compilazione è stata compresa tra il 12 luglio e il 4 agosto 2019, durante la quale agli indirizzi e-mail, per i quali il sistema non aveva ancora rilevato l’esistenza di un questionario completato, sono stati inviati fino a un massimo di due solleciti nelle ultime due settimane.

Risultati

Sul totale di 955 inviti spediti è stata avviata la compilazione di 446 questionari, di cui 430 sono stati terminati ed elaborati, così suddivisi:

– studente terzo anno: 65 (15.12%)

– neolaureato (ultimi 5 anni): 109 (25.35%)

– fisioterapista da 5 a 15 anni: 104 (24.19%)

– fisioterapista da oltre 15 anni: 139 (32.33%)

– Altro: 8 (1.86% )

– Nessuna risposta: 5 (1.16% )

Hanno risposto in buona percentuale gli studenti del terzo anno (67%), così come gli assistenti di tirocinio (243, pari al 56%).

I risultati sono stati valutati per tipologia di rispondente, sede del CdS, media di punteggio per area del processo (raccolta dati, valutazione, diagnosi fisioterapica, realizzazione dell’intervento ecc) e per settore della fisioterapia indagato (geriatrico, ortopedico, neurologico…).

La figura n° 3 mostra le percentuali di risposte suddivise per tipologia di rispondente: si evidenzia come gli studenti del terzo anno (in blu) e i neolaureati (in giallo) abbiano risposto a tutte le domande, mentre i fisioterapisti tra 5 e 15 anni (in arancio) e oltre 15 anni (in grigio) abbiano avuto difficoltà in alcune risposte. Ad esempio non hanno risposto alla domanda A3Q10 sul bambino: “enunciare i principi fondamentali di valutazione e gli strumenti dell’intervento fisioterapico nei dismorfismi”; o alla domanda A7Q2: “prestare il primo soccorso alla persona raccogliendo elementi anamnestici essenziali, rilevando i parametri vitali e effettuando le procedure BLS su manichino in condizioni di emergenza”; oppure ancora al quesito A7Q25: distinguere le indicazioni e le controindicazioni di utilizzo terapeutico di Biofeedback, F.E.S. e cinesiterapia del piano perineale.

La piccola percentuale in azzurro corrisponde ai soggetti che non si sono identificati.

La figura 4 mostra invece i punteggi medi per ciascuna domanda. Si evince un giudizio sul CdS mediamente più severo da parte degli studenti del terzo anno e dei neolaureati, più generoso da parte dei colleghi più anziani. È interessante notare che, ad eccezione della linea azzurra che riguarda la piccola percentuale di soggetti non identificati, i picchi positivi e, soprattutto, quelli negativi, sono convergenti per tutti gli intervistati: A7Q30 “ Conoscere i programmi informatici per la riabilitazione cognitiva, comunicativa, della memoria, delle eminegligenze, delle aprassie, delle acinesie del parkinsoniano “, così come A7Q13 “eseguire le manovre di base del linfodrenaggio nei diversi distretti corporei”, riportano punteggi negativi per tutte le tipologie di rispondente.

Anche le valutazioni sul trattamento neurologico non sono positive (da A7Q 14 a A7Q19). Gli ambiti relativi alla valutazione invece risultano discreti, sia nell’ambito della motricità (A3Q4) che, ad esempio, in quello specialistico geriatrico (A3Q8). In linea generale si può affermare che gli studenti ed i giovani laureati ritengono la preparazione fornita dal CdS più efficace nella valutazione del paziente rispetto al trattamento. Dall’indagine risulta inoltre che le valutazioni espresse sono sovrapponibili sulle tre sedi del CdS.

Conclusioni

La figura 5 sintetizza il risultato complessivo, obiettivo dell’indagine: la preparazione che il CdS fornisce in alcuni ambiti della fisioterapia risulta carente, mentre in altri sufficiente o discreta. L’indagine sintetizza un risultato generale, dal quale partire per un’analisi puntuale del corso.

Le lacune in bioingegneria della riabilitazione, o in riabilitazione perineale saranno colmabili inserendo ore di didattica oggi non presenti nell’ordinamento. Una diversa valutazione andrà fatta, per esempio, per l’ambito neurologico, poiché nel piano attuale sono previste molte ore di didattica ed anche percorsi di tirocinio. Cosa non sta funzionando in questo ambito? La didattica? Il tirocinio? Entrambi? Il questionario non lo spiega, sarà necessario indagare più a fondo questo ambito.

Utilizzare il core competence-core curriculum come base di partenza dell’indagine ci ha consentito di ottenere una descrizione molto puntuale delle competenze che il CdS fornisce ai futuri fisioterapisti, almeno per quanto riguarda l’ambito “cura e riabilitazione”. Lo strumento è stato quindi idoneo allo scopo, perché ha individuato gli ambiti da inserire o curare maggiormente nella definizione del nuovo ordinamento.

Bibliografia

La formazione “core del fisioterapista”, AIFI 2010

S. Bielli, S. Di Tondo “Metodiche Vs Metodologia Riflettere sulla didattica professionale del Corso di Laurea in Fisioterapia” V^ Giornata nazionale di approfondimento di studio, Siena 2-3 dicembre 2016

Riitta Meretoja, “Nurse Competence Scale: development and psychometric testing”, Journal of Advanced Nursing, 47(2), 124–133, 2016

Cita questo articolo

Bosoni, R., et al., La revisione dell’ordinamento didattico del CdS in Fisioterapia: la nostra esperienza, in Medicina e Chirurgia, 85, 3810-3816, 2020. DOI: 10.4487/medchir2020-85-9

Affiliazione autori

La laurea magistrale impatta sulle conoscenze, l’occupazione e l’upgrading professionale?n.85, 2020, pp. 3802-3808, DOI: 10.4487/medchir2020-85-8

Abstract

Questa indagine esplora aspettative, percezione dello sviluppo delle conoscenze, situazione lavorativa, sviluppo professionale e upgrading in un gruppo di studenti e di laureati magistrali in Scienze Riabilitative (LMSR) dell’Università di Milano (UNIMI).

Sono stati reclutati tutti gli studenti iscritti dall’A.A. 08/09 al 16/17 (n=213) e intervistati con tre questionari creati ad hoc e somministrati all’immatricolazione (T0), alla laurea (T1) e dopo un anno (T2). Gli intervistati sono stati arbitrariamente suddivisi in junior (età < 40) e senior (≥40). A T0-T1 ha risposto il 58.68% della popolazione; a T2, il 68.8%. Abbiamo rilevato: abbassamento dell’età media e maggiore differenziazione dei profili professionali degli iscritti alla LMSR, diminuzione dell’aspettativa dell’upgrading, percezione di incremento delle conoscenze a T1, soprattutto pedagogiche. Nella popolazione generale, l’occupazione passa dal 58 (T0) al 93% (T1) e secondo gli intervistati la LMSR ha avuto un ruolo rilevante. Il 96% è soddisfatto del percorso di studio. A un anno dalla laurea (T2), il 43% migliora/stabilizza la condizione lavorativa. L’autonomia decisionale passa dal 33% (T0) a 55% (T2). Il 19% prosegue gli studi (50% Master; 25% Dottorato). Ulteriore ricerca, anche in altre LM, è necessaria per comprendere come trasformare/migliorare la formazione post-base alla luce di bisogni e carriere degli studenti.

Parole chiave: Laurea Magistrale in Scienze della Riabilitazione, stato occupazionale, survey, sviluppo professionale, valutazione

Abstract

This survey explores expectations, perception of knowledge improvement, employment, professional development and upgrading in a group of students and graduates of the Master of Science in Rehabilitation (MScR), University of Milan (UNIMI). All students enrolled from the A.Y. 08/09 to 16/17 (n=213) have been included and interviewed with three questionnaires administered at registration (T0), graduation (T1) and after one year (T2). The interviewees were arbitrarily divided into junior (age <40) and senior (≥40). Fifty-eight% of the enrolled students answered (population T0-T1). At T2, 68.8% of the T0-T1 population responded. We found a decreasing of the average age of those registered in MScR, a greater differentiation of the rehabilitative professional profiles enrolled in the program, a reduction of the expectation of upgrading, a perception of increasing knowledge at T1, especially pedagogical. Employment increased from 58% (T0) to 93% (T1); according to the interviewees, the MScR played an important role in that change. Ninetysix% were satisfied. One year after graduation (T2), 43% improve/stabilize their working conditions. Perceived decision-making autonomy increases from 33% (T0) to 55% (T2). Nineteen% continued their studies (50% Master; 25% Doctorate). Further research is needed, to understand how to transform/improve postgraduate training, according to MScR students’ needs and careers.

Key words: Employment, evaluation, Master of Science in Rehabilitation, survey, professional development

Articolo

Introduzione

Le Lauree Magistrali (LM) sanitarie rispondono all’esigenza di formare figure con competenze per ricoprire posizioni manageriali, progettare e attuare la formazione e fare ricerca. Tali ruoli in passato erano attribuiti senza una specifica regola, per anzianità di servizio o acquisizione di merito; attualmente, invece, il titolo magistrale è un requisito legislativo e contrattuale per ricoprire cariche apicali nelle aziende, incarichi di docenza per i settori MED/45-50 e per accedere al Dottorato.

A oltre dieci anni dallo loro istituzione, in Conferenza e in Giunta si discute se siano percorsi ancora rispondenti al mandato istitutivo e sulla necessità di rivederli in termini di contenuti e organizzazione.

Nel sistema universitario italiano, la cultura della valutazione, intesa come analisi della soddisfazione anche lavorativa, dell’occupazione e delle prospettive economiche (Gianbalvo et al, 2015; Mastrillo, 2018), è divenuta in questi ultimi anni un argomento di sempre maggiore interesse. Si sono sperimentati metodi di indagine sui laureati e occupati (ISTAT, 2009) e introdotte pratiche che ne garantiscono la validità, nonché processi di autovalutazione. La condizione occupazionale è indagata da AlmaLaurea e concorre a dare una visione più chiara sul possibile “cambiamento lavorativo” in relazione agli sbocchi professionali previsti/auspicabili del percorso formativo analizzato, sul tasso occupazionale, sulle difficoltà a trovare un’occupazione coerente rispetto al profilo del laureato e sull’adeguatezza della retribuzione rispetto al titolo (1).

Questo non è tuttavia l’unico modo per valutare gli effetti della formazione. Nell’ECM infatti, uno dei modelli maggiormente utilizzati per la valutazione della formazione è quello di Kirkpatrick (1994), che descrive quattro livelli: gradimento, apprendimento, comportamento sul lavoro e impatto sull’organizzazione.

Se traslato alla formazione sanitaria universitaria, i primi due livelli possono essere considerati pienamente interni all’accademia e pertanto di più immediata valutabilità, mentre per gli ultimi due concorrono fattori ambientali e sociali esterni, che rendono il processo più diffi-coltoso, ma altresì importante e significativo. In particolare, la valutazione delle ricadute formative di un percorso universitario viene effettuata sia mediante la raccolta di dati oggettivi (analisi di varie tipologie di documenti) sia attraverso sistemi di valutazione diretta dei soggetti, come accade nei processi di valutazione interna delle aziende o in quelli di certificazione o ri-certificazione delle competenze (Tian et al, 2007).

La letteratura attribuisce altresì grande importanza a pratiche di autovalutazione da parte di soggetti, chiamati a esprimersi, spesso con questionari, sull’evoluzione delle loro conoscenze e competenze (Casebeer et al., 2004; Leong et al., 2010; Trewet & Fjortoft, 2013; Lawton et al., 2017).

Nonostante ciò, la valutazione viene spesso sottovalutata e considerata inutile dispendio di tempo e risorse. Il suo rafforzamento favorirebbe invece la crescita, lo sviluppo e l’innovazione del mondo accademico, in termini di efficienza e di efficacia.

Lo scopo del nostro lavoro è stato di valutare l’impatto della LMSR di UNIMI sulla percezione dell’evoluzione delle proprie conoscenze e capacità in diversi ambiti disciplinari pre- e post-laurea, sull’occupazione e sulle progressioni di carriera in un gruppo di studenti e di laureati mediante alcuni questionari creati ad hoc. Al contempo, è stato possibile mappare tale popolazione.

Metodo

È stata condotta un’indagine osservazionale descrittiva tra gli immatricolati e i laureati dal A.A. 08/09 al 16/17. Il percorso è attivo dall’A.A. 08/09 con un potenziale formativo di 20 posti, aumentato a 25 nel 12/13.

Per analizzare la popolazione degli immatricolati, il livello iniziale di conoscenze percepite, lo stato occupazionale e le aspettative, è stato somministrato all’immatricolazione (T0) il Questionario Entering Behaviour (QEB) (Bernardelli et al., 2013), introdotto nel 08/09 e reso obbligatorio dal 10/11; esso caratterizza lo studente per età, profilo professionale, titolo di studio, stato occupazionale, background formativo ed esperienziale e indaga, mediante un processo di autovalutazione, le co-noscenze iniziali nei tre ambiti della magistrale: area della ricerca, pedagogica (formazione/didattica) e del management.

Per indagare la percezione dell’efficacia del percorso formativo, intesa come miglioramento di conoscenze, lo stato occupazionale, l’upgrading professionale e la soddisfazione, è stato somministrato alla laurea (T1) l’Outcome Behaviour (QOB) introdotto nell’A.A. 10/11. Per misurare la percezione del mantenimento/sviluppo delle conoscenze e la ricaduta formativa, le condizioni lavorative, l’upgrading professionale e la soddisfazione a distanza di tempo, è stato somministrato telefonicamente a un anno dalla laurea (T2) l’Upgrading Map (QUM) introdotto nell’anno accademico 14/15.

I questionari prevedono domande a risposta chiusa con una sola opzione possibile su una scala Likert da 1 a 4 (insufficiente/assolutamente no, sufficiente/più no che sì, adeguato/più sì che no, eccellente/assolutamente sì) e a risposta aperta. I punteggi 1 e 2 sono considerati negativi; i punteggi 3 e 4 positivi.

Tutti gli studenti firmano un consenso informato al trattamento dei dati per il QEB e il QOB; per il QUM viene richiesto prima di iniziare l’intervista telefonica.

I dati raccolti sono stati analizzati utilizzando tecniche di statistica descrittiva, mediante il software Excel 97-2003. Ai risultati ottenuti mediante le risposte aperte sono stati, invece, applicati metodi di analisi del contenuto (Metastasio, Cini, 2009).

La popolazione è stata arbitrariamente suddivisa tra studenti junior (età<40 anni) e senior (età≥40 anni), per l’individuazione di eventuali differenze.

Risultati

Sono presentati i principali risultati relativi alla popolazione T0-T1 e T2, ossia le aspettative circa il percorso formativo, la percezione dell’efficacia,lo stato occupazionale, l’eventuale upgrading professionale e la soddisfazione.

Popolazione T0-T1

Negli anni accademici considerati per lo studio, si sono immatricolati 213 studenti di tutti i profili della Classe, seppur con percentuali e distribuzione differenti: Fisioterapisti (FT) (45%), Logopedisti (15%), Ortottisti (4%), Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE) (15%), Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica (TRP) (15%), Podologi (1%), Terapisti Occupazio-nali (TO) (2%) ed Educatori Professionali (EP) (4%). Si rileva un trend in aumento dei profili TNPEE, TRP e Logopedisti rispetto ai FT, che nel 2008 rappresentavano il 68% della popolazione.

Degli iscritti, 125 (59%) hanno compilato correttamente sia il QEB che il QOB e, quindi, rappresentano la popolazione T0-T1. A T0, 34 (27%) erano senior e 91 (73%) junior con età compresa tra 21-56 anni (media: 30 anni; mediana: 25 anni), con un trend in diminuzione negli anni presi in esame (Grafico 1). Il 74% aveva la Laurea e il 26% un titolo abilitante; il 12% aveva anche un Master in coordinamento e il 2% un’altra Laurea. A T0, il 58% era lavoratore (di cui, il 33% dichiarava di avere autonomia decisionale percepita nella propria professione) e il 42% era non occupato.

Aspettative a T0

La Tabella 1 mostra le aspettative per macroaree, suddivise tra senior e junior, che risultano sostanzialmente equivalenti: l’aspettativa di un upgrading è doppia nei senior rispetto al desiderio di confronto col docente e coi pari che, viceversa, è doppia nei junior.

Percezione dell’efficacia del percorso formativo: evoluzione delle conoscenze da T0 a T1

Nelle Tabelle 2, 3 e 4 è rappresentata, in percentuale, la percezione generale del livello di conoscenze suddivisa tra senior e junior, rispettivamente nell’area della ricerca, pedagogica e del management.

Dai risultati emerge una bassa percezione delle conoscenze in tutte e tre le aree a T0, soprattutto nella ricerca e management. Al contrario, a T1 emerge un’evoluzione di tale percezione in tutte e tre le aree; in maggior misura nell’area pedagogica.

Si osserva un miglioramento della percezione delle conoscenze nelle aree di ricerca e pedagogica maggiore nei junior rispetto ai senior, mentre c’è solo una lieve differenza riguardo il miglioramento delle conoscenze manageriali, percepite a T1 più adeguate dai senior.

Stato occupazionale ed eventuale upgrading professionale a T1

A T1, il 93% è occupato; il 30% ha migliorato la sua posizione: il 13% ha acquisito migliore posi-zione contrattuale (12% senior, 14% junior), il 9% ha un contratto di docenza (6% senior, 11% ju-nior) e il 7% (22% senior, 78% junior), ha ottenuto un upgrading professionale, inteso come nuova posizione (ruolo apicale in azienda, ruolo di direzione o coordinamento di un corso di studio o nell’ambito della ricerca). Di questi, il 100% ritiene che il percorso abbia avuto un ruolo decisivo; l’88% che le competenze acquisite abbiano avuto un ruolo decisivo e il 13% un ruolo importante.

Soddisfazione a T1

Il 96% si dichiara soddisfatto del percorso di studio (86% junior, 89% senior) e il 76% si iscriverebbe allo stesso corso di studio e nello stesso Ateneo (94% junior, 90% senior). Per il 78% le aspettative per le quali è stata effettuata la scelta di iscriversi alla LM espressa a T0 sono state realizzate (76% junior e 81% senior).

Popolazione T2

Hanno risposto e dato il consenso all’intervista telefonica (QUM) 86 soggetti (69% della popolazione T0-T1): rappresentano, quindi, la popolazione T2. Di questi, 28 (33%) erano senior e 58 (67%) junior L’età era compresa tra 22-59 anni (media: 34; mediana: 30).

La popolazione T2 include i laureati negli anni accademici dal 14/15 al 17/18 e tutti i profili professionali della Classe, escluso il Podologo, così rappresentati: FT (49%), TRP (14%), TNPEE (14%), Logopedista (10%), Ortottista (5%), EP (6%) e TO (2%). Tutti sono nella condizione di lavoratore.

Efficacia del percorso: mantenimento delle conoscenze come ricaduta formativa da T1 a T2

Nella Tabella 5, è rappresentata, in percentuale, la percezione dell’evoluzione delle conoscenze nelle tre aree da T1 a T2. Complessivamente, le conoscenze manageriali rimangono stabili, mentre diminuisce la percezione di adeguatezza delle conoscenza in ambito di ricerca e formazione.

Stato occupazionale ed eventuale upgrading professionale a T2

Il 43% ha modificato la posizione lavorativa (25% senior, 52% junior): il 32% dichiara di avere modificato il regime lavorativo o la tipologia di contratto o di avere avuto un avanzamento di carriera (43% senior, 29% junior); il 27% di ricoprire posizioni apicali in azienda (dirigenza, responsabilità di area e coordinamento) (43% senior, 26% junior): e l’8% di ricoprire ruoli nell’ambito della formazione accademica (10% senior, 0% junior). Il 19% (tutti junior) ha proseguito gli studi: di questi, 50% si è iscritto a un Master e il 25% a un dottorato.

Di questi, il 33% ritiene che il titolo conseguito abbia avuto un ruolo decisivo e il 44% un ruolo importante; il 28% che le competenze acquisite abbiano avuto un ruolo decisivo e il 53% un ruolo importante. A T2, il 55% dichiara di avere autonomia decisionale nella propria professione.

Soddisfazione a T2

L’80% rimane soddisfatto del percorso: il 53% per un incremento di conoscenze e il 15% per una crescita professionale/personale. Il 78% risponde che le aspettative espresse a T0 sono state realizzate (81% senior, 76% junior).

Discussione

Lo studio considera una popolazione di studenti immatricolati e laureati dal 08/09 al 16/17 (9 su 11 anni di attivazione), con una percentuale di soggetti indagati a T0-T1 del 59% (e del 69% di T0-T1 a T2): sembra pertanto possibile affermare che i dati siano adeguatamente rappresentativi.

Osserviamo come l’età media in generale degli studenti sia diminuita progressivamente: il trend sembra voler indicare come l’interesse verso il percorso formativo fosse maggiore durante i primi anni di attivazione per i senior, che probabilmente volevano consolidare con tale titolo ruoli e fun-zioni che già ricoprivano. Rileviamo, inoltre, come la popolazione fosse meno diversificata per profilo professionale; infatti, quello maggiormente rappresentato era il FT, mentre negli ultimi anni emergono i profili del TRP, del TNPEE e del Logopedista. Queste diversificazioni dei profili, che potrebbero essere presenti anche in altre Classi, hanno imposto un ripensamento della didattica, soprattutto nella tipologia e nell’approfondimento delle discipline cliniche e una riorganizzazione dei tirocini, con stipula di nuove convenzioni.

Per le aspettative all’iscrizione alla LMSR, abbiamo osservato come sembrino equivalenti tra senior e junior: infatti, il 40% dei senior e il 42% dei junior si aspetta di migliorare il sapere in generale o la crescita professionale (14% senior, 16% junior). Solamente il 12% dei senior, contro il 6% dei junior, dichiara di iscriversi alla LM per un possibile upgrading professionale, ottenuto per il 7% alla Laurea e per il 43% a distanza di un anno, sebbene con delle differenze, a favore dei senior. Sembra, quindi, che l’upgrading ricopra un ruolo sempre meno rilevante tra le motivazioni.

Il percorso di studio è percepito come efficace per la maggior parte dei laureati: le percezioni delle conoscenze sono migliorate da T0 a T1 in tutte le tre aree, maggiormente in quella pedagogica e poi in quella della ricerca e del management. I dati evidenziano un maggior miglioramento percepito nelle aree della ricerca e pedagogica per i junior e un lieve vantaggio nell’area del management per i senior. Questo si potrebbe spiegare con il fatto che l’incremento della conoscenza è legato, da un lato, al substrato su cui essa s’innesta e, dall’altro, al suo utilizzo (Santoianni, Striano, 2003). Probabilmente i senior usano maggiormente le conoscenze manageriali nel lavoro quotidiano mentre i junior sembrano maggiormente ricettivi verso la ricerca e la formazione, con più possibilità di ottenere un contratto di docenza.

I dati evidenziano anche un cambiamento dello stato occupazionale: infatti, se a T0 il 42% non è occupato, a T1 i lavoratori sono il 93%. Per il 33% il titolo ha avuto un ruolo decisivo e per il 44% importante nella condizione occupazionale e per il 58% le conoscenze acquisite sono state cruciali. Questi dati ci inducono a ipotizzare che il titolo di studio in qualche modo favorisca la condizione lavorativa, anche se il risultato potrebbe essere “fisiologico”, dovuto cioè al biennio magistrale, che è il tempo in cui gli studenti continuano a cercare (e trovare) lavoro.

Nel 30% si verifica un miglioramento della condizione lavorativa già alla Laurea (13% miglior contratto, 9% inizio di una docenza, 7% upgrading) e per il 43% a distanza di un anno: il titolo sembra avere avuto un ruolo decisivo o importante, così come le conoscenze acquisite, in particolare per i chi, grazie alla LMSR, ha avuto accesso a ruoli apicali in aziende e nella formazione.

Alla Laurea (T1) il 96% è soddisfatto e il 93% si iscriverebbe nuovamente (dati che si equivalgono stratificando il campione in senior e junior).

Gli intervistati segnalano la percezione di una diminuzione delle conoscenze a un anno dal titolo per le aree della ricerca e pedagogica e un mantenimento costante solo nell’area del management. Una spiegazione potrebbe essere che tali conoscenze sono quelle più utilizzate nei contesti organizzativi. Un altro dato interessante è che, tra gli occupati, a T2 un partecipante su due dichiara di avere auto-nomia decisionale nella propria professione (a T0 era così per il 33%); inoltre, il 19% dei laureati (tutti junior) ha proseguito gli studi, iscrivendosi a un Master (il 50%) o a un dottorato (il 25%). Sarebbe interessante comprendere se ciò è avvenuto a causa di bisogni formativi non soddisfatti o perché la LMSR ha svolto un ruolo di volano nella ricerca di sviluppo delle conoscenze/competenze, attraverso l’iscrizione a nuovi percorsi. Sempre a T2, la soddisfazione è in calo (80%) rispetto a T1 (96%), aspetto che potrebbe essere spiegato con il bisogno di approfondire/utilizzare maggiormente nella pratica alcune conoscenze che non sono state fornite nella LMSR (per esempio, di tipo clinico).

Tra i limiti del nostro studio vi è il non aver potuto utilizzare strumenti validati e aver indagato un solo corso, senza confrontare i dati con altri simili, per esempio nella stessa area geografica.

Conclusioni

Crediamo che i dati raccolti mediante la nostra indagine, anche se con alcuni limiti, stimolino la riflessione su come sta cambiando la popolazione che s’iscrive alla LMSR, evidenziando il ruolo che questa ha sullo sviluppo percepito di conoscenze, il cambiamento della condizione lavorativa, l’eventuale upgrading e la soddisfazione per il CdS. Se nella prima metà degli Anni Duemila la LM era un percorso rivolto a studenti già lavoratori che desideravano consolidare/migliorare il proprio ruolo professionale, oggi sembra rivolta a studenti con meno di 40 anni, che si iscrivono alla LM sia per migliorare la propria condizione lavorativa e l’autonomia decisionale sia per accedere ad altri gradi della formazione.

Ulteriore ricerca è necessaria per comprendere e monitorare, in tutte le LM delle professioni sanitarie, la trasformazione della popolazione degli studenti, l’utilità percepita della conoscenza/competenza acquisita, l’impatto effettivo non solo sulla condizione lavorativa, ma anche sullo sviluppo professionale, grazie alla maggiore autonomia decisionale nella pratica e all’accesso all’alta formazione.

NOTE

  1. Si veda almalaurea.it/universita/statistiche/metodologia-di-rilevazione (ultimo accesso 10/4/2020).

Bibliografia

– AlmaLaurea e l’Indagine sulla Condizione occupazionale dei laureati, dottori di ricerca e diplomati di master. https://www.almalaurea.it/universita/statistiche/metodologia-di-rilevazione (ultimo accesso 3 aprile 2020).

– Bernardelli G., Vizzotto L., Mari D., Bernabè B., Filippini F., Moscheni C. (2013). Il portfolio. Studio preliminare dell’Entering Behaviour delle competenze, conoscenze e aspettative degli Studenti del CLM in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie. Medicina e Chirurgia, 59:2637-2641.

– Casebeer L., Kristofco R.E., Strasser S., Reilly M., Krishnamoorthy P., Rabin A., Zheng S., Karp S., Myers L. (2004), Standardizing evaluation of on-line continuing medical education: physician knowledge, attitudes, and reflection on practice. Journal of Continuing Education in the Health Professions, 24(2):68-75.

– Giambalvo O., Fasola S., Romano C. (2015), Flexible latent trait aggregation to analyze employa-bility after the Ph.D. in Italy. Journal of Applied Statistics:1-15.

– ISTAT (2009), L’indagine sui dottori di ricerca: un’esperienza pilota. https://www.istat.it/it/files//2018/07/doc_10_2009.pdf (ultimo accesso: 3 aprile 2020).

– Lawton A., Manning P., Lawler F. (2017), Delivering information skills training at a health profes-sionals continuing professional development conference: an evaluation. Health Information & Li-braries Journal, 34(1):95-101.

– Leong L., Ninnis J., Slatkin N., Rhiner M., Schroeder L., Pritt B., Kagan J., Ball T., Morgan R. (2010), Evaluating the impact of pain management (PM) education on physician practice patterns–a continuing medical education (CME) outcomes study. Journal of Cancer Education, 5(2):224-228.

– Mastrillo A. (2018), Professioni sanitarie e occupazione, Almalaurea: vince la libera attività. https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2018-06-19/professioni-sanitarie-e-occupazione-almalaurea-vince-libera-attivita-114606.php?uuid=AEbkgp8E&refresh_ce=1 (ultimo accesso: 3 aprile 2020).

– Metastasio, R., Cini F. (eds.) (2009). L’Analisi del contenuto. Procedure di analisi dei dati con il programma SPAD. Milano:FrancoAngeli.

– Santoianni F., Striano M. (2003), Modelli teorici e metodologici dell’apprendimento, Roma-Bari: Laterza.

– Tian J., Atkinson N.L., Portnoy B., Gold R.S. (2007), A systematic review of evaluation in formal continuing medical education.

Journal of Continuing Education in the Health Professions, 27(1):16-27.

– Trewet C.B., Fjortoft N. (2013), Evaluation of the impact of a continuing professional development worksheet on sustained learning and implementing change after a continuing pharmacy education activity. Research in Social and Administrative Pharmacy, 9(2):215-221. 3810 Med. Chir. 85. 3810-3816, 2020

Cita questo articolo

Bernardelli, G., et al., La laurea magistrale impatta sulle conoscenze, l’occupazione e l’upgrading professionale? in Medicina e Chirurgia, 85, 3802-3808, 2020. DOI: 10.4487/medchir2020-85-8

Affiliazione autori

Giuseppina Bernardelli – Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità; Responsabile del Progetto di tirocinio Corso di Laurea magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni sanitarie Università degli Studi di Milano.

Katia Daniele – Università degli Studi di Milano Bicocca.

Erica Amenta – Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie Università degli Studi di Milano.

Elisa Alberti – Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni sanitarie Università degli Studi di Milano.

Antonella Delle Fave – Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti, Presidente del Collegio Didattico Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie Università degli Studi di Milano.

Lucia Zannini – Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano

Analisi delle attività di orientamento universitario svolte negli Atenei Italianin.85, 2020, pp. 3797-3801, DOI: 10.4487/medchir2020-85-7

Abstract

Parole chiave: Orientamento universitario, abbandono degli studi, qualificazione, istituti superiori, ordini dei Medici provinciali

Keywords: university orientation, dropout rates, qualification, higher education institution, Provincial Medical Associations

Un’azione mirata congiunta del Ministero dell’istruzione e di quello dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica può consentire di svolgere efficaci attività di informazione e orientamento, per ridurre gli abbandoni, l’eccessivo prolungamento degli studi, e stimolare la partecipazione attiva degli studenti nell’ambiente scolastico e nelle facoltà. Tutte queste azioni sono rese indispensabili alla luce dei cambiamenti nella società e nel mercato del lavoro. Per comprendere come le università italiane gestiscano l’orientamento universitario, è stato distribuito un questionario con 33 domande riguardanti l’organizzazione dell’orientamento universitario nelle varie università italiane. Hanno partecipato alla nostra indagine 30 Presidenti dei corsi di laurea in medicina e chirurgia di vari atenei. I risultati ottenuti indicano come vi siano rapporti soddisfacenti con gli Istituti di istruzione superiore e con gli Ordini dei Medici Provinciali, anche se questi sono principalmente focalizzati su iniziative di informazione ed orientamento (100/60%) e meno indirizzati in percorsi di formazione specifica nelle diverse tipologie (60/12%). Emerge anche la necessità di implementare le iniziative di supporto psicologico alla scelta (36%). L’orientamento, nelle sue varie dimensioni (diffusione di informazioni, formazione, facilitazione delle scelte e supporto per l’inclusione negli ambienti di studio e di lavoro), deve essere inserito nel quadro delle iniziative di riforma delle scuole e delle università; ciò richiede una forte connessione istituzionale tra scuole e università e tra queste e altre entità pubbliche e private che si impegnano in processi di qualificazione professionale.

Abstract

A joint targeted action of the Ministry of Education and the Ministry of University and Scientific and Technological Research, can enable effective information and guidance activities to be carried out in order to reduce dropout rates, excessive extension of studies, and to stimulate the active participation of students in the school environment and faculties.

All these actions are made indispensable in the light of changes in society and the job market. In order to understand how Italian universities manage university orientation, a questionnaire with 33 questions concerning the organization of university orientation in the various Italian universities was distributed. 30 Presidents of the degree courses in medicine and surgery of various universities participated in our survey. The results obtained indicate that there are satisfactory relations with higher education institutions and with the Provincial Medical Associations, even if these are mainly focused on information and orientation initiatives (100/60%) and less addressed in specific training courses in the different types (60/12%). It also emerges the need to implement initiatives of psychological support to the choice (36%). Orientation, in its various dimensions (dissemination of information, training, facilitation of choices and support for inclusion in study and work environments), must be included in the framework of the reform initiatives of schools and universities; this requires a strong institutional connection between schools and universities and between these and other public and private entities that are involved in professional qualification processes.

Articolo

Introduzione

L’Unione Europea ha conferito un ruolo strategico all’università, alla formazione e all’orientamento per una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva proponendosi di realizzare uno sviluppo economico basato sulla conoscenza (Comunicazione della Commissione [COM (2010) 2020] https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2010/IT/1-2010-2020-IT-F1-1.Pdf). Fin dal suo lancio nel 2010 e si è tradotta nel programma “Istruzione e Formazione 2020” (2009/C119/02) (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:C:2009:119:FULL&from=HR).

Di molto interesse risulta essere anche la Circolare Ministeriale n.43 del 15 aprile 2009, che ha fissato da tempo le coordinate delle attività di orientamento in ambito scolastico, sottolineando la necessità di un “passaggio da una prassi di orientamento di tipo quasi esclusivamente informativa e limitata ai momenti di transizione e decisione, ad un approccio olistico e formativo per cui l’orientamento investe il processo globale di crescita della persona, si estende lungo tutto l’arco della vita, è presente nel processo educativo sin dalla scuola primaria ed è trasversale a tutte le discipline” (https://www.istruzione.it/archivio/web/istruzione/cm43_09.html).

I principi su cui l’attività di orientamento si dovrebbe fondare sono quindi rappresentati da due importanti pilastri:

1. considerare l’orientamento come un lungo processo formativo attraverso il quale i giovani maturano le competenze per scegliere il proprio futuro e partecipare attivamente con maggiore efficacia negli ambienti di studio;

2.Diffondere, durante il percorso di studio, non solo informazioni, ma soprattutto formazione, che aiutino lo studente nel suo cammino universitario.

Su questi due principi si basa, ad esempio, il progetto di “orientamento in rete” dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, nato nel 1999 e continuamente aggiornato ed ampliato nel tempo (Longo et al., 2019).

Considerando la fondamentale l’importanza dell’orientamento, e le scarse pubblicazioni presenti nella letteratura internazionale (Ellaway et al., 2014), abbiamo proposto una survey nazionale sulle attività di orientamento svolte oggi in Italia, allo scopo di porre l’attenzione su quanto viene svolto, sul nostro territorio, in tema di transizione scuola-università.

Lo scopo è quello di porre delle basi conoscitive sistematiche, in modo da poter promuovere iniziative efficaci e che seguano le indicazioni della Comunità Europea.

Materiali e metodi

L’analisi delle attività di orientamento universitarioattualmente presenti in Italia, è stata condotta mediante somministrazione di un questionario compilato online attraverso il servizio Moduli di Google. Il questionario è stato inviato via e-mail tramite link ipertestuale ai Presidenti dei Corsi di Laurea di Medicina e Chirurgia dei diversi atenei italiani. Il questionario era articolato su 33 quesiti, divisi in 6 sezioni:
a) esistenza di rapporti con gli istituti secondari e gli ordini dei medici;
b) tipologie di attività di informazione e orientamento in atto;
c) tipologie di attività formative in atto;
d) costi delle attività di formazione;
e) gestione delle attività di orientamento;
f) durata dei corsi di formazione e orientamento (Tabelle 1-6).

Risultati

I corsi di laurea in medicina e chirurgia in linguaitaliana che hanno partecipato alla nostra indagine sono 30 su un totale di 49, il numero totale di studenti gestiti dai corsi di laurea esaminati è di 7.618 su un totale di 10.807 (anno accademico 2019-2020). In particolare, hanno risposto al questionario i seguenti Corsi di Laurea in medicina e chirurgia in lingua italiana: Bologna, Brescia, Catanzaro, Chieti-Pescara, Ferrara, Firenze, Genova, Insubria Varese, Messina, Milano polo centrale, Milano San Paolo, Milano Bicocca, Milano San Raffaele, Modena e Reggio Emilia, Napoli Federico II, Napoli secondo Ateneo Luigi Vanvitelli Napoli e polo Caserta, Padova, Parma, Perugia, Piemonte Orientale, Pisa, Roma Sapienza Corsi A-E e Sant’Andrea, Roma Tor Vergata, Roma Campus Biomedico, Salerno Baronissi, Trieste, Verona.

Nelle Tabelle 1-6 sono riportati i dati relativi ai risultati delle varie sezioni del questionario. I risultati sono espressi come percentuali di risposte positive alla domanda posta.

Discussione

I risultati della nostra indagine possono essere considerati rappresentativi della realtà nazionale, poiché abbiamo analizzato il 61,2% dei corsi di laurea in medicina e chirurgia in lingua italiana, frequentati dal 70,5 % del totale degli studenti immatricolati nell’anno accademico 2019-2020.

L’analisi della modalità dei rapporti intrattenuti dagli atenei con gli istituti secondari e gli ordini dei medici (Tabella 1) mostra come la totalità degli atenei abbia rapporti con gli istituti superiori di secondo grado, tuttavia la percentuale scende molto se si considerano le convenzioni (solo il 60%) e scende ulteriormente (40%) quando si valuta la presenza di reti. Sono da apprezzare i progetti PCTO-Asl, percorsi di orientamento e laboratori specifici all’interno dell’offerta formativa, che permettono agli studenti di acquisire competenze spendibili nel cammino universitario. Sebbene questi progetti siano portati avanti da un gruppo ancora piccolo di atenei (16%) rappresentano sicuramente una buona opportunità per intensificare i rapporti scuola-università. In moltissimi indirizzi scolastici si è recentemente attivato il liceo biomedico che prevede la stipula di convenzioni con Atenei o con l’Ordine dei Medici. Attualmente, solo il 24% degli Atenei dichiara di avere attive convenzioni con licei con curvatura biomedica, mentre il 60 % degli Atenei italiani dichiara di avere convenzioni con l’Ordine dei Medici provinciale con il fine dell’orientamento universitario.

I risultati concernenti le tipologie di attività di informazione e orientamento svolte dagli atenei (Tabella 2) mostrano che tutti gli atenei svolgono giornate dedicate all’orientamento, sebbene tali attività vengano svolte principalmente presso le loro sedi (100%), e in misura minore presso gli istituti superiori (84%).

Una recente innovazione è stata quella dell’introduzione di questionari di orientamento nei portali degli atenei, portata avanti, per il momento, dal 60% delle sedi esaminate. Circa il 50% delle sedi considerate sta attuando un nuovo progetto: “Una giornata da matricola”, nel quale gli studenti delle superiori hanno la possibilità di assistere ad alcune lezioni del primo anno del corso di Laurea di Medicina. Gli studenti delle superiori, immersi nella realtà di una giornata universitaria, saranno maggiormente consapevoli della loro scelta. Le attività di orientamento e tutorato, svolte mediante uno sportello dedicato (SORT) sono messe in atto solo dal 36% degli Atenei. Questa percentuale dovrebbe essere incrementata, infatti la presenza di Psicologi che siano in grado di supportare gli Studenti nella loro scelta, anche per quanto riguarda l’aspetto motivazionale ad essa legato, aiuta a prevenire gli abbandoni del corso di studi.

Le diverse tipologie di attività formative svolte dagli atenei sono state esaminate nella Tabella 3; queste attività sono volte a colmare il gap di conoscenze e competenze richieste per l’accesso universitario. I nostri dati mostrano come molti atenei italiani abbiano predisposto piattaforme di e-learning con materiale didattico scaricabile (52%) simulazioni e test (48%) o semplicemente simulazioni (60%), durante le quali lo studente può auto valutarsi prendendo coscienza delle proprie attitudini, della propria preparazione e impegnarsi ad integrarla e potenziarla in relazione alle richieste dell’accesso universitario. Solo il 40% degli Atenei organizza corsi in presenza al termine delle lezioni scolastiche, e solo il 12% di essi organizza corsi in presenza durante il periodo scolastico. Molto utile per gli studenti è la possibilità, fornita dal 44% degli atenei, di svolgere l’esame di inglese scientifico prima dell’esame di Maturità. I risultati mostrano che almeno la metà delle sedi considerate deve migliorare le attività in e-learning e anche quelle in presenza durante il periodo estivo, e che la maggior parte delle sedi (78%) devono impegnarsi ad organizzare attività formative durante l’anno scolastico.

Per quanto riguarda il costo dei corsi di formazione (Tabella 4), dalla nostra indagine emerge come il 28% delle sedi considerate offra questi corsi gratuitamente, mentre altri Atenei chiedano quote minime (soprattutto se considerate alle migliaia di euro richieste dai privati) che variano dai 50 ai 100 Euro, e solo nel 20% dei casi siano superiori a 100 Euro.

La gestione dei corsi (Tabella 5) risulta essere maggiormente in carico all’Ateneo (52%), mentre meno coinvolte direttamente sembrano essere le Facoltà (36%). E’ presente la figura di un management didattico specifico (52%), il cui coordinamento è maggiormente in carico ad un Docente Universitario (24%), anche se in alcuni casi esso è affidato ad un Docente di Scuola Superiore (16%) o ad altre figure (12%).

La durata dei corsi di formazione (Tabella 6) evidenzia come la metà delle sedi considerate organizzi corsi di durata inferiore alle 40 ore, mentre la restante parte organizza corsi più corposi, fino ad un massimo di 70 ore ed oltre. Anche in questo casosi registra una differenza significativa nella consistenza dell’offerta formativa proposta, in relazione a risultati di apprendimento molto probabilmente diversi, ma tutti da analizzare in dettaglio.

Conclusioni

Nostri Studi precedenti mostrano una relazione positiva tra attività di orientamento di tipo prevalentemente formativo e motivazionale che si manifesta inizialmente nell’esito favorevole al test di ingresso (Falaschi et al., 2002; 2007; 2013; Familiari et al., 2002, 2006) e, successivamente, nella presenza di migliori risultati nella progressione e nella qualità accademica, soprattutto nei primi due anni del Corso di Medicina e Chirurgia (Familiari et al., 2004; Falaschi et al., 2011; Eleuteri et al., 2016; Longo et al., 2019). Deve essere inoltre essere notato come anche attività di e-learning siano da considerarsi molto utili nell’offrire un adeguato supporto di preparazione ai test di ingresso per Medicina e Chirurgia (Falaschi et al., 2006; Familiari et al., 2017; Longo et al., 2018; Longo et al., 2019). Questo studio mette in evidenza come oggi, in Italia, sia molto ben sviluppato l’orientamento di tipo informativo e di indirizzo, mentre debba essere ampliato quello di tipo formativo. Anche non molto presenti sembrano essere i servizi di tipo psicologico, di aiuto e di sostegno per quegli Studenti che non hanno ancora ben chiaro se intraprendere gli studi in area medica.

Allo scopo di favorire le interazioni scuola-università, è necessaria una forte integrazione fra le istituzioni educative (scuole ed università), auspicando la costituzione di una “rete” reale di relazioni e di iniziative comuni sulla base del principio della corresponsabilità di tutti rispetto ai problemi.

PCTO, POT e liceo biomedico rappresentano sicuramente due momenti importanti per creare questa rete, e che debbono essere implementati nell’immediato futuro. In questi ambiti stanno nascendo diverse attività che permettano agli studenti di frequentare il mondo universitario, di conoscerlo e di integrare le proprie conoscenze e competenze sanando il gap tra scuola e università, che è causa dei fenomeni di dispersione, dell’abbandono e del ritardo nella conclusione degli studi universitari.

In ultima analisi, il solo l’orientamento informativo ci sembra essere poco utile, è invece di grandeutilità un orientamento di tipo formativo, che comprenda lo sviluppo di competenze trasversali (soft skills), utili agli studenti per definire e poi gestire un proprio progetto di sviluppo professionale, mettere al centro dell’attività la soggettività di ogni studente, per aiutarlo ad esplorare i propri obiettivi, gli interessi e le proprie potenzialità, individuando nel mondo esterno alla scuola gli spazi e i contesti futuri di apprendimento e di studio che meglio rispondono alle proprie aspirazioni e caratteristiche.

L’orientamento deve essere ormai considerato un cammino, un percorso che inizia nel terzo anno della scuola superiore e termina nei primi anni dell’università. Gli atenei negli anni passati hanno già organizzato attività per gli Obblighi Formativi Aggiuntivi (OFA), tutorato peer to peer, sportelli SORT, ma è necessaria un’azione più capillare che non sia presente solo nel mondo universitario nei primi anni di corso, ma che sia calata anche nella realtà scolastica e che fortifichi lo studente rendendolo partecipe della vita universitaria già dagli anni del secondo biennio e dell’ultimo anno di scuola superiore.

Bibliografia

– Eleuteri S, Familiari G, Longo F, Ditoma K, Barbaranelli C, Falaschi P, The impact of specific preparatory courses upon academic success during Medical Degree-Course Studies at Sapienza University, Conferenza Internazionale AMEE, Association for Medical Education in Europe, 27-31, August 2016, Barcellona, Spagna.

– Ellaway RH, Cooper G, Al-Idrissi T, Dubè T, Graves L. Discourses of student orientation to medical education programs. Med Educ Online 19:23714, 2014.

– Falaschi P, Brienza L, Morisani L, Familiari G. Orientamento e successo formativo. Medic. 2002; 10: 9-15.

– Falaschi P, Brienza L, Morisani L, Relucenti M, Gaudio E, Familiari G. Vocational guidance and educational success: six years’ experience of an e-learning network, conferenza internazionale AMEE, Association for Medical Education in Europe, 14-18 September 2006 Genoa, Italy.

– Falaschi P, Longo F, Fancetti E, Eleuteri S, Relucenti M, Familiari G. The role of specific preparatory courses for entry to the Medical, Bio-medical and Health-care course degrees in Italy, Conferenza Internazionale AMEE, Association for Medical Education in Europe, 24-28, August 2013, Praga, Repubblica Ceca.

– Falaschi P, Morisani L, Brienza L, Relucenti M, Baldini R, Heyn R, Cicone F, Gaudio E, Ziparo V, Familiari G. Effect of a preuniversity orientation course on applicants’ ranking in the medical admission test, conferenza internazionale AMEE, Association for Medical Education in Europe, 25-29 August 2007 Trondheim, Norway.

– Falaschi P, Relucenti M, Familiari G, Longo F, Fancetti E, Morisani L, Redler A, Gaudio E, Ziparo V. Online pre-university orientation project improves students’ performance for the medical school admission test: ten years experience, conferenza internazionale AMEE, Association for Medical Education in Europe, 29-31, August 2011, Vienna, Austria.

– Familiari G, Falaschi P, Morisani M, Brienza L, Gaudio E, Frati L, Ziparo V, Lenzi A. Corsi di orientamento in preparazione alle prove di accesso ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e nelle Professioni Sanitarie: una proposta di cooperazione Scuola-Università. Med. Chir. 35: 1413-1417, 2006.

– Familiari G, Gaudio E, Frati L et al. Indagine nazionale su “ingresso a Medicina e risultati del I e II anno”. Dati preliminari sulla correlazione tra maturità, test di ingresso ministeriale e media degli esami del I e II anno. Med. Chir. 2004; 25: 943-947.

– Familiari G, Longo F, Eleuteri S, Elia M, Farulla C, Falaschi P. Online pre-university orientation project improves students’ performance for the medical school admission test: eighteen years experience Atti Moodle Moot 2017

– Familiari G, Gallo P, Lenzi A et al. Orientamento, accesso a Medicina e debito formativo. Ipotesi di studio e prospettive future. Med. Chir. 2002; 19: 695-703.

– Longo F, Farulla C, Eleuteri S, Relucenti M, Barbaranelli C, Elia M, Basili S, Familiari G. Preparare i giovani insieme: Un esempio di continuità Scuola-Università. Il Progetto Orientamento in Rete di Sapienza: riallineamento dei saperi minimi. Med Chir 83: 3680-3684, 2019.

– Longo F, Farulla C, Elia M, Familiari G. Moodle come piattaforma per la preparazione ai test di accesso alle facoltà biomediche: il progetto orientamento in rete Atti Moodle Moot 2018.

Cita questo articolo

Longo F., et al., Analisi delle attività di orientamento universitario svolte negli Atenei Italiani, in Medicina e Chirurgia, 85, 3797-3801, 2020. DOI: 10.4487/medchir2020-85-7

Affiliazione autori

S. Basili – Facoltà di Medicina e Odontoiatria, Università di Roma La Sapienza

F. Longo – Facoltà di Medicina e Psicologia, Università di Roma La Sapienza, MIUR, IIS G. De Sanctis

C. Farulla, C. Barbaranelli, M. Elia – Facoltà di Medicina e Psicologia, Università di Roma La Sapienza

M. Relucenti, G. Familiari – Facoltà di Farmacia e Medicina, Università di Roma La Sapienza

Medicina alla prova. La validazione del Progress Test a cura dell’ANVURn.85, 2020, pp. 3788-3796, DOI: 10.4487/medchir2020-85-6

Abstract

In analogia con le esperienze fatte in altri paesi, circa 15 anni fa le Facoltà di Medicina hanno cominciato a somministrare il Progress Test (PT) anche in Italia.

Si tratta di uno strumento longitudinale la cui funzione principale consiste nel monitorare l’acquisizione di conoscenze e competenze da parte degli studenti. Più recentemente, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca ha avviato il progetto TECO che prevede la realizzazione e somministrazione di test in grado di rilevare le competenze trasversali (TECO-T) e disciplinari (TECO-D) acquisite dagli studenti durante la carriera universitaria. In particolare, il TECO-D promuove una definizione condivisa dei contenuti disciplinari core e la loro declinazione rispetto ai 5 Descrittori di Dublino, e i risultati che ne derivano possono venire utilizzati per l’autovalutazione dei singoli Corsi di Studi. Lo scopo del presente lavoro è stato di verificare se anche il Progress Test utilizzato dai CLM in Medicina e Chirurgia, dopo un’adeguata analisi delle domande che lo costituiscono e l’eventuale risoluzione delle criticità, abbia le caratteristiche proprie degli altri TECO-D già in uso. Abbiamo pertanto condotto delle analisi statistiche su risultati parziali della rilevazione avvenuta nell’a.a. 2019/20 del Progress Test di Medicina e Chirurgia, che permettono di controllare se e in quale misura le prove siano valide e attendibili, ovvero in grado di misurare i livelli di conoscenza e competenza in entrata e quelli raggiunti dagli studenti ad ogni anno di corso e al termine del percorso di studi. Gli indici calcolati mostrano come il test sia in grado di misurare i livelli di conoscenze e competenze acquisite dagli studenti, con ottimi livelli di affidabilità e coerenza interna. Inoltre, le analisi condotte sulla funzionalità dei distrattori rivelano un impianto solido degli item nel loro complesso. In conclusione, i risultati ottenuti suggeriscono che il Progress Test di Medicina e Chirurgia ha le caratteristiche degli altri TECO-D già in uso e può pertanto essere utilizzato allo scopo di autovalutazione dell’offerta formativa da docenti e Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgia.

ABSTRACT

In analogy with the experience of other countries, about 15 years ago the Faculties of Medicine began to administer the Progress Test (PT) also in Italy. It is a longitudinal tool whose main function is to monitor students’ acquisition of knowledge and skills. More recently, the National Agency for the Evaluation of the University and Research System has launched the TECO project which involves the creation and administration of tests for assessing transversal (TECO-T) and disciplinary (TECO-D) competences, acquired by the students during their university career. In particular, TECO-D promotes a shared definition of the core disciplinary contents and their declination with respect to the 5 Dublin Descriptors, and its results can be used for the self-assessment of the single academic programmes. The purpose of this article was to verify whether the Progress Test of Medicine and Surgery, after an adequate analysis of its items and the solution of eventual critical issues, meets the characteristics of the other TECO-D already in use. We therefore conducted a statistical analysis on a sample of the test results of the Progress Test of Medicine and Surgery (academic year 2019/20), which allowed us to check whether and to what extent the items were valid and reliable, i.e. able to measure the levels of knowledge and competence at the beginning and those achieved by students at each year of the course and at the end of the study path. The indices thus obtained showed how the test is able to measure the levels of knowledge and skills acquired by students, with excellent levels of reliability and internal consistency. In addition, analysis performed on the distractor functionality revealed that the whole item list is solid. In conclusion, the results obtained suggested that the Progress Test of Medicine and Surgery has the characteristics of the other TECO-D already in use and can therefore be used for the purpose of self-evaluation of the teaching in the MD curricula.

Articolo

Introduzione

In analogia con l’esperienza fatta in altri paesi, quali gli Stati Uniti e l’Olanda, le Facoltà di Medicina adottarono il Progress Test (PT) anche in Italia circa 15 anni fa. Nel 2010, Alfred Tenore pubblicò un articolo in questa stessa rivista in cui presentava il primo Progress Test (PT), somministrato agli studenti delle Facoltà di Medicina italiane che, secondo l’autore, non erano al passo con quelle degli altri paesi perché mancavano di un core curriculum, di adeguate strategie didattiche e, soprattutto, di un metodo di autovalutazione. Secondo alcuni autori citati da Tenore (si veda Mennin e Kalishman, 1998), il ritardo con cui la valutazione degli apprendimenti degli studenti è stata implementata è dovuto, in generale, alla percezione impropria che la valutazione sia uno strumento di controllo e potere e non uno strumento di autovalutazione.

Il PT utilizzato in Italia nelle Facoltà di Medicina comprendeva 300 domande a scelta multipla che coprivano tutte le discipline mediche e chirurgiche, oltre che quelle di base. I risultati del PT, somministrato per quattro anni a circa 39 mila studenti, hanno dimostrato come l’aumento delle conoscenze degli studenti ci sia stato, ma di entità modesta, suggerendo la necessità di adottare metodi didattici più efficaci a sviluppare conoscenze e a mantenerle nel tempo. Tenore proponeva inoltre che il PT poteva essere implementato come prova per l’Esame di Stato nazionale per l’abilitazione all’esercizio della professione.

Quest’ultima profezia si era concretizzata nel D.M. del 9 maggio 2018 no. 58 del MIUR, in cui si annunciava che la prova per l’Esame di Stato “assumerà la forma di un test con domande a scelta multipla non note in anticipo dai candidati”. Così nel 2018 il PT test fu trasformato nel Training Test (TT), con lo scopo di preparare gli studenti al superamento dell’Esame di Stato (si veda Recchia e Moncharmont, 2019). Ultimamente però l’art. 102 del D.L. 17 marzo 2020, no. 18 ha abolito la il test con domande a scelta multipla come parte dell’Esame di Stato.

Le domande che sono state inserite nel TT riflettono il core curriculum dei corsi di laurea in Medicina e misurano le conoscenze in uscita dello studente relativamente alla loro ricaduta sulla competenza clinica.

Come il PT anche il TT è uno proxy non solo delle conoscenze / competenze ma anche della formazione impartita. Tuttavia un’analisi metodologicamente adeguata di queste prove non è mai stata eseguita.

Il progetto TECO

Con il progetto TECO (TEst sulle COmpetenze), avviato nel 2012, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) ha risposto al mandato di rilevare i livelli di conoscenze e competenze acquisite dagli studenti al termine del percorso di studi universitari, con l’obiettivo principale di contribuire al miglioramento della qualità dei processi formativi e di attivare meccanismi di autovalutazione interni al mondo accademico. A tal fine sono stati definiti e somministrati test in grado di misurare sia le competenze trasversali (TECO-T: Literacy, Numeracy 1, Problem Solving 2, Civics) sia quelle disciplinari (TECO-D). Le competenze disciplinari, diversamente da quelle trasversali, sono strettamente legate ai contenuti formativi specifici del percorso intrapreso dallo studente e possono essere confrontate solo tra corsi di analoga natura. La costruzione del test disciplinare segue un approccio bottom-up, che si avvale dell’adesione volontaria di Gruppi disciplinari composti da docenti universitari rappresentativi della comunità accademica. Compito della comunità accademica è individuare i learning outcomes e costruire le domande, mentre l’ANVUR supporta i gruppi nella definizione del test per quanto riguarda la validazione statistica e la revisione delle prove e, a seguire, coordina le fasi di somministrazione del test attraverso una piattaforma informatica gestita dal CINECA.

L’anima disciplinare del progetto TECO presenta diversi elementi di innovazione per le comunità accademiche. In primo luogo, basandosi su un approccio bottom-up, promuove una definizione condivisa da ciascun gruppo disciplinare dei contenuti disciplinari core e la loro declinazione rispetto ai 5 Descrittori di Dublino. In secondo luogo, i contenuti disciplinari core individuati dai gruppi disciplinari vengono resi accessibili attraverso la pubblicazione di documenti denominati framework e struttura della prova sul sito dell’ANVUR e, in questo modo, condivisi a livello nazionale dagli Atenei e dai singoli CdS che decidono liberamente se aderire o meno al progetto TECO ad ogni nuova rilevazione (prevista tra settembre e dicembre di ogni anno).

Tale processo, consentendo la creazione di test disciplinari caratterizzati da contenuti di base omogenei per area disciplinare, pone le basi per effettuare confronti inter- e intra-ateneo nell’ambito del singolo corso di studi. Inoltre, in ottica autovalutativa, le rilevazioni a cadenza annuale utilizzando le stesse prove consentono di monitorare la qualità della formazione universitaria e l’efficacia di eventuali azioni di miglioramento poste in essere nel corso del tempo. Infine, TECO-D, avvalendosi di una piattaforma informatica per l’erogazione di test, garantisce una gestione centralizzata e certificata per la somministrazione e la raccolta dei dati, senza ulteriori oneri per Atenei e CdS.

I Gruppi di Lavoro che hanno già completato e validato il proprio test disciplinare sono: Filosofia (L-5), Pedagogia (L-19) e numerose Professioni Sanitarie: Fisioterapia, Infermieristica, Tecniche di Radiologia Medica, Ostetricia, Infermieristica pediatrica, Logopedia, Terapia occupazionale, Terapia della Neuro- e Psico-motricità dell’età evolutiva, Dietistica, Tecniche di Laboratorio biomedico.

Altri Gruppi di Lavoro, quali Lettere, Psicologia e Medicina veterinaria stanno proficuamente lavorando all’identificazione dei contenuti core della disciplina e alla definizione del test. Al fine di verificare se le prove del PT/TT di Medicina e Chirurgia abbia caratteristiche metodologiche confrontabili con quelle degli altri TECO-D già in uso, ne abbiamo analizzato i risultati.

Materiali e metodi

Il Progress Test di Medicina e Chirurgia somministrato nel 2018 è composto da 200 item a scelta multipla, con 5 alternative di risposta. La validazione del PT di Medicina e Chirurgia è stata effettuata su un’unità di analisi composta complessivamente da 9.928 studenti, iscritti dal primo al sesto anno di un corso di Medicina e Chirurgia (LM-41).

Le Università che hanno fornito i dati per questa validazione sono in tutto sei, distribuite sull’intero territorio nazionale: l’Università degli Studi di Udine, l’Università degli Studi di Torino, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, l’Università degli Studi di Foggia, l’Università degli Studi di Salerno. Nella Tabella 1 sono riportate le frequenze relative alla partecipazione degli studenti per Ateneo e per anno di corso.

Le procedure di controllo dell’efficacia del PT

Le analisi statistiche effettuate sui risultati del PT, permettono di verificare se e in quale misura le domande siano valide e attendibili e, quindi, in grado di misurare i livelli di conoscenza e comprensione applicata prefissati dal Corso di studi (CdS). In particolare, l’Item analysis permette di ricavare informazioni sia sulla validità di una prova nel suo complesso e sia sul funzionamento dei singoli item (Lucisano e Salerni, 2002; Rasch, 1960; Wright, 2005). Gli aspetti che sono stati analizzati sono i seguenti (Benvenuto, 2003; Corbetta, 1992; Di Franco, 2001):

Coerenza interna del test: è stata verificata la coerenza interna del PT attraverso il calcolo del coefficiente Alfa di Cronbach, che misura il grado con cui un test rileva un singolo fattore. I test che misurano più di un fattore hanno valori di Cronbach bassi, mentre i test omogenei tendono a valori più elevati. L’Alfa può assumere valori compresi tra 0 e 1, per cui più i valori si avvicinano a 1, più forte sarà la coerenza interna del test suggerendo, in quest’ultimo caso, che esso raccoglie informazioni solo su di un fattore o tratto.

La formula dell’Alfa di Cronbach è la seguente:


Dove n è il numero di item, σ2tot è la varianza del punteggio totale e σ2i la varianza dell’item i per l’insieme di individui in esame. Le soglie di accettabilità dell’Alfa di Cronbach sono riportate nella Tabella 2.

Efficacia degli item: l’efficacia dei singoli item può essere verificata calcolando alcuni parametri: Indice di Facilità (P) L’Indice di Facilità permette di sintetizzare il livello di facilità dell’item e in generale dell’intero test, mettendo in relazione gli studenti che hanno risposto correttamente al quesito con tutto il gruppo. Più è ampio il gruppo degli studenti che ha risposto in maniera corretta all’item, tanto più questa risulterà facile. La formula per il calcolo dell’Indice di Facilità è la seguente:

Dove xi è il punteggio dell’item i (dunque Σi xi è pari al numero delle risposte corrette) e N il numero di soggetti. Questo indice permette quindi di rivedere l’intera prova con l’obiettivo di rendere più difficili o più semplici alcuni quesiti in modo tale da ottenere una prova eterogenea. Esistono soglie di accettabilità di questo indice: gli item che ottengono un punteggio compreso tra 0,25 e 0,75 possono essere considerati generalmente accettabili (Tabella 3). Tuttavia l’analisi di questo indice deve essere effettuata considerando gli scopi per i quali la prova è costruita. Nel caso specifico del PT, ci si aspetta valori più elevati al termine di un percorso formativo (sesto anno), e valori più bassi, che indicano un elevato livello di difficoltà degli item, all’inizio del corso di studi (primo anno).

Punto-Biseriale (P-Bis)

La discriminatività di un item è calcolabile attraverso la correlazione Punto-Biseriale e spiega se il quesito è in grado di distinguere gli studenti più preparati da quelli che lo sono meno. Si tratta di un coefficiente che si ottiene mettendo a confronto i risultati ottenuti da tutti gli studenti che hanno risposto correttamente a un singolo item, con i punteggi di tutti gli studenti all’intero test, meno quell’item. La formula per il calcolo del Punto-Biseriale è la seguente:

Dove xe è la media dei punteggi al test dei soggetti che hanno dato la risposta corretta all’item, xt è la media dei punteggi al test di tutti i soggetti, σ è la deviazione standard dei punteggi di tutti i soggetti e p è la frequenza relativa delle risposte esatte: p =( xi / N ).

L’indice varia da – 1 a + 1. Il valore massimo di + 1 viene raggiunto quando tutti gli studenti più competenti rispondono in maniera corretta al quesito, mentre nessuna risposta corretta viene data dal gruppo dei meno preparati. Il valore minimo teorico -1 si presenta quando tutti i migliori sbagliano e tutti i peggiori rispondono in maniera corretta. Se l’indice si avvicina a 0 sta a significare la mancanza di discriminatività e che l’item non è in grado di distinguere realmente i due gruppi di studenti. Le soglie di accettabilità del Punto-Biseriale sono riportate nella Tabella 4.

Come per l’Indice di Facilità, anche l’analisi dei valori che assume il Punto-Biseriale deve essere effettuata considerando gli scopi per i quali la prova è costruita. Nel caso specifico di una prova disciplinare, all’inizio del corso di studi (primo anno) ci si aspetta un valore alto, mentre al termine di un percorso formativo (sesto anno) sarà normale ottenere valori più bassi, ma pur sempre accettabili (> 0,20). Al termine di un percorso universitario, infatti, tutti gli studenti dovrebbero raggiungere più o meno gli stessi livelli di competenza e, di conseguenza, le eventuali differenze iniziali tra di loro dovrebbero essere ridimensionate per effetto dell’attività didattica.

Funzionalità dei distrattori

Per ogni item abbiamo analizzato la distribuzione delle risposte degli studenti alle alternative del singolo quesito(4). Questa analisi permette di capire se e in quale misura i distrattori (le modalità di risposta non corrette) abbiano funzionato in maniera efficace.

Una domanda a scelta multipla con distrattori efficaci è caratterizzata da un’elevata frequenza di risposte per l’alternativa corretta e da una bilanciata attrattività dei distrattori. Di conseguenza, un distrattore non svolge adeguatamente la propria funzione quando viene scelto troppo spesso (probabilmente perché presenta troppi elementi in comune con la risposta corretta) o al contrario quando non viene mai scelto (presenta elementi poco plausibili). Nel caso specifico di una prova disciplinare ci si aspetta che al termine del percorso universitario le risposte corrette attirino maggiormente le preferenze degli studenti, a scapito di una buona distribuzione di scelte anche per i distrattori, mentre al primo anno ci si aspetta una più omogenea scelta da parte degli studenti anche delle alternative errate.

Gli indici illustrati considerano il gruppo come un solo insieme, ma dal momento che il gruppo è formato da studenti che possono raggiungere livelli di conoscenza, comprensione e competenza diversi, si esamina il grado di omogeneità o eterogeneità del gruppo attraverso il calcolo del Coefficiente di Variazione (CdV), indice che si ottiene dal rapporto tra due parametri di una distribuzione, la media e la deviazione standard, espresso in percentuale:

Il CdV fornisce un’informazione relativa alla dispersione dei punteggi: quanto più è alto il suo valore tanto più i punteggi sono dispersi rispetto alla media. Quando il coefficiente è inferiore a 10 significa che un gruppo è omogeneo, mentre un coefficiente che supera il valore di 20 indica una forte eterogeneità del gruppo. Nel caso in cui la deviazione standard dalla media sia superiore alla media stessa si ottiene un CdV superiore a 100. Nel caso di una prova disciplinare, ci si attende che un CdV elevato all’inizio del percorso universitario (primo anno) diminuisca gradualmente negli anni successivi.

Risultati

Per la validazione della prova del PT sono state analizzate le risposte di 9.928 studenti, appartenenti ai sei anni di corso, ai 200 item a scelta multipla con cinque alternative di risposta che compongono la prova. Di seguito vengono riportati i dati analizzati per tutti gli anni di corso. Nella Tabella 5 sono riportati gli indici di coerenza interna del test (Alfa di Cronbach), e i valori medi dell’Indice di Facilità e del Punto-Biseriale, per anno di corso.

Per quanto riguarda la coerenza interna del test, si registrano valori dell’Alfa di Cronbach ottimi (superiori a 0,90) per tutti gli anni di corso, indicando complessivamente un’ottima coerenza interna del test. I valori medi dell’indice di Facilità raggiungono un livello medio-difficile (0,28) per gli studenti del primo anno e un livello medio-facile (0,62 – 0,68) per gli studenti del quinto e sesto anno. Nonostante i punteggi medi non raggiugano mai il livello di Facilità più alto (> 0,75), neanche al sesto anno, è possibile comunque sostenere che gli studenti al termine del percorso di studi siano complessivamente più preparati ad affrontare con successo le domande del test. Queto dato trova riscontro nel fatto che il numero di item facili (cfr. Tabella 6; cioè con un Indice superiore a 0,75) aumenta dal primo (4%) al sesto anno (53,5%); allo stesso modo, gli item medio-difficili e difficili al primo anno sono complessivamente 166 (83%), mentre al sesto anno scendono a 45 (22,5%).

Il Punto-Biseriale medio presenta valori adeguati (> 0,20) per tutti gli anni di corso, suggerendo che il PT è in grado di distinguere gli studenti più preparati da quelli che lo sono meno lungo tutto il percorso formativo (Tabella 5). Inoltre, la discriminatività degli item si mantiene su valori > 0,20 per circa il 70% dei quesiti (o più) per tutti gli anni di corso, mentre gli item non discriminativi non superano mai il 20% della prova (Tabella 7).

Se osserviamo l’andamento degli item per livello di discriminatività (Tabella 7) notiamo che la percentuale di item con un buon livello di discriminatività passa dal 71,5% del primo anno al 79,5% del sesto, con un picco di 82,5% al quinto anno, mentre la percentuale di item con Punto-Biseriale inadeguato rimane intorno al 14% al primo e al sesto anno (28 e 27 item rispettivamente). In linea generale, l’andamento della discriminatività dei singoli item conferma quanto detto rispetto al PBis medio della prova distinto per anno, in quanto la capacità di discriminare dei quesiti migliora durante il percorso universitario (il numero di item deboli si dimezza e aumentano gli item con buona discriminatività).

Nelle Tabella 8 sono riportati i principali indicatori utilizzati per analizzare la prova:

– numero di item che compongono il test;

– anno di corso degli studenti;

– numero degli studenti che hanno risposto al test (per anno di corso);

– punteggio (numero di risposte esatte) minimo ottenuto (per anno di corso);

– percentuale di studenti che hanno ottenuto il punteggio (numero di risposte esatte) minimo (per anno di corso);

– punteggio (numero di risposte esatte) massimo ottenuto (per anno di corso);

– percentuale di studenti che hanno ottenuto il punteggio (numero di risposte esatte) massimo (per anno di corso);

– punteggio (numero di risposte esatte) medio ottenuto (per anno di corso);

– deviazione standard dal punteggio medio (per anno di corso);

– punteggio medio normalizzato (rapporto tra punteggio medio e numero degli item, varia da 0 a 1) (per anno di corso);

– coefficiente di variazione (per anno di corso).

Assegnando il valore di 1 a ogni risposta corretta e 0 a ogni risposta sbagliata o non data, il test può raggiungere un punteggio massimo teorico di 200 punti. Analizzando i punteggi grezzi, la media dei punteggi totali degli studenti è pari a 56,17 per il primo anno e a 135,47 per il sesto, con un incremento significativo al termine del percorso di studi. Il Coefficiente di Variazione (CdV), che offre un’informazione relativa alla dispersione dei punteggi e quindi all’eterogeneità dei gruppi, diminuisce progressivamente dal primo al sesto anno, indicando che al termine del percorso universitario gli studenti raggiungono livelli di preparazione più omogenei.

La progressione delle prestazioni degli studenti al test ad ogni passaggio d’anno è ulteriormente confermata dal valore medio dell’Indice di Facilità per anno (Figura 1).

Dalla Figura 1 risulta evidente che mentre al primo anno gli studenti rispondono in modo corretto mediamente a circa il 28% delle domande proposte, la quota di risposte corrette aumenta progressivamente a ogni passaggio d’anno, arrivando al 68% di risposte corrette mediamente date dagli studenti del sesto anno. Lo scarto maggiore si registra tra il terzo e il quarto anno, intervallo all’interno del quale si evidenzia un incremento di risposte corrette del 14%.

Di seguito si riportano le rappresentazioni grafiche delle distribuzioni di frequenza dei punteggi (numero di risposte esatte) per anno di corso per l’intera prova. Queste rappresentazioni hanno lo scopo di facilitare la lettura delle differenze tra le distribuzioni dei punteggi per i sei anni di corso.

Sull’asse verticale sono riportate le frequenze in numero assoluto degli studenti per anno di corso, mentre sull’asse orizzontale è riportata la distribuzione dei punteggi dal minimo al massimo ottenuto. Per maggiore chiarezza abbiamo riportato la distribuzione dei punteggi dei primi tre anni di corso nella Figura 2 e dei restanti tre anni di corso (quarto, quinto e sesto) nella Figura 3. In generale, è possibile affermare che dal primo al sesto anno si registra un miglioramento progressivo delle prestazioni degli studenti.

La distribuzione dei punteggi grezzi mostra un’evidente differenza tra le prestazioni degli studenti del primo anno e quelle negli anni successivi (Figura 2): la curva dei punteggi del primo anno si trova all’estrema sinistra del grafico, evidenziando quindi punteggi minimi e massimi raggiunti dagli studenti più bassi rispetto agli altri due gruppi, secondo e terzo anno, le cui curve di distribuzione si spostano progressivamente verso le posizioni centrali del grafico, associate a punteggi minimi e bassi più alti. Le curve dei primi tre anni di corso assumono una forma appiattita (platicurtica), con code laterali abbastanza lunghe, a indicare una certa disomogeneità nei risultati al test ottenuti dagli studenti.

A partire dal quarto anno (Figura 3), e sempre di più al quinto e al sesto, le distribuzioni dei punteggi occupano un range meno ampio, assumendo una forma più allungata verso l’alto (normocurtica o leptocurtica). Questo Aspetto evidenzia una maggiore omogeneità di prestazioni negli ultimi tre anni di corso, verosimilmente per effetto dell’azione didattica, e un progressivo miglioramento delle prestazioni degli studenti, confermato anche dallo spostamento delle curve verso la parte destra del grafico, associata a punteggi minimi e massimi più elevati.

Analisi delle criticità degli item

L’analisi della prova è accompagnata da un’analisi puntuale delle caratteristiche dei singoli item utilizzando i principali indici dell’Item Analysis classica: l’Indice di Facilità (P), il coefficiente Punto-Biseriale (P-Bis), l’analisi delle frequenze per ogni modalità di risposta (distrattori/alternative e risposta esatta) e la frequenza delle omissioni. Per ogni item viene proposta una segnalazione per una revisione a cura del Gruppo di Lavoro, sulla base dei seguenti punti di attenzione:

Facilità stabile

L’item riceve questa segnalazione quando registra valori dell’Indice di Facilità relativamente stabili dal primo al sesto anno. In questi casi, l’item potrebbe richiedere livelli di conoscenza già ampiamente acquisiti dagli studenti, risultando quindi facile sia all’inizio sia al termine del percorso di studi; viceversa, l’item potrebbe risultare estremamente difficile per tutti gli anni di corso. In entrambi i casi, il valore dell’indice potrebbe essere spiegato da un’effettiva facilità o difficoltà rispetto ai contenuti, oppure da un mancato bilanciamento dei distrattori, che possono risultare troppo deboli o troppo attrattivi, polarizzando le risposte in un senso o in un altro.

Facilità decrescente

L’item riceve questa segnalazione quando registra valori decrescenti di facilità tra il primo e il sesto anno, cioè quando risulta più difficile al termine del percorso universitario, suggerendo una perdita di informazioni acquisite negli anni precedenti.

Discriminatività debole o inadeguata

L’item riceve queste segnalazioni quando registra valori del Punto-Biseriale deboli o inadeguati (al di sotto dello 0,20), spesso persino negativi, suggerendo che gli studenti migliori rispondono in modo corretto meno frequentemente dei compagni che conseguono risultati peggiori al test.

Discriminatività crescente

L’item riceve questa segnalazione quando registra valori del Punto-Biseriale crescenti nel passaggio dal primo al sesto anno di corso. Il dato contraddice l’aspettativa di riscontrare per i singoli item una discriminatività minore man mano che si procede verso il termine del percorso di studi. In base all’analisi condotta, nessun item presenta una chiara discriminatività crescente tra il primo e il sesto anno.

Distrattori attrattivi o deboli

L’item riceve questa segnalazione quando alcuni item presentano distrattori poco bilanciati, che risultano troppo attrattivi rispetto all’alternativa corretta o troppo deboli.

Per ragioni di chiarezza espositiva gli item critici sono divisi in tre categorie:

a) item con uno o più distrattori attrattivi;
b) item con uno o più distrattori deboli;
c) item con distrattori attrattivi e distrattori deboli.

Gli item della categoria a) contengono dei distrattori troppo plausibili, a volte scelti più frequentemente della risposta esatta. In questo caso, la revisione dell’item richiede di riformulare l’alternativa di risposta (o le alternative) in modo da renderla meno attrattiva. Tuttavia, è possibile che anche altri parti dell’item debbano essere riformulate. Ad esempio, la polarizzazione delle risposte verso un’alternativa sbagliata potrebbe essere dovuta anche a una cattiva formulazione del quesito, oppure a una errata elaborazione della risposta corretta.

Gli item della categoria b), invece, sono caratterizzati da uno o più distrattori deboli. L’item riceve questa segnalazione quando registra almeno un’alternativa con una frequenza di scelta inferiore a 0,05. In questi casi occorre rendere più plausibili le alternative, altrimenti il rischio è che alcune domande risultino troppo semplici, con un livello di facilità stabile nel passaggio da un anno di corso all’altro, e non in grado di discriminare adeguatamente gli studenti migliori.

Infine, gli item della categoria c) presentano sia distrattori troppo attrattivi sia distrattori troppo deboli. In questo caso, è necessario rivedere l’item a causa dell’evidente mancato bilanciamento dei distrattori.

Omissioni

L’item riceve questa segnalazione quando registra percentuali di omissioni superiori al 10%. In nessun caso si è presentata questa criticità all’interno del PT.

Discussione e conclusioni

In generale, la validazione del Progress Test / Training Test di Medicina e Chirurgia ha dimostrato che il test funziona adeguatamente anche se ci sono margini per migliorarlo. Infatti su 200, 115 item non registrano nessun tipo di criticità e 41 evidenziano una sola criticità e solo quattro item presentano più di tre criticità. La tipologia di criticità maggiormente riscontrata riguarda la funzionalità dei distrattori che in alcuni casi si rivelano troppo deboli o troppo attrattivi, mentre restano marginali le segnalazioni riguardanti l’Indice di Facilità. Infine, non sono stati riscontrati problemi riferibili a una discriminatività crescente dell’item, né percentuali elevate di omissioni in nessuno degli anni di corso presi in considerazione.

La nostra analisi dimostra che il Progress Test / Training Test di Medicina e Chirurgia può a tutti gli effetti essere utilizzato come TECO-D disciplinare perché ha un impianto solido, tecnicamente coerente e in grado di misurare effettivamente i livelli di conoscenze e competenze acquisiti dagli studenti al termine del percorso di studi universitari, contribuendo così al miglioramento della qualità dei processi formativi e all’attivazione di meccanismi di autovalutazione interni al mondo accademico stesso. Infine, è importante continuare a rimpinguare il bacino con nuove domande che abbiano le stesse caratteristiche di quelle validate.

NOTE

1 Per un approfondimento sulle prime sperimentazioni ANVUR dedicate agli ambiti di Literacy e Numeracy si veda Rumiati e collaboratori (2018).

2 Per un approfondimento sul Problem Solving definito da ANVUR si veda Rumiati e collaboratori (2019).

3 La Sapienza – Università di Roma ha rilasciato i dati per 4 Corsi di Laurea, denominati A, B, C, D. In questa tabella abbiamo riportato il dato aggregato, più utile ai fini della nostra analisi.

4 Nel caso specifico del TECO-D di Medicina e Chirurgia, ogni domanda è composta da cinque alternative di risposta, di cui una sola corretta e quattro distrattori plausibili.

Bibliografia

Benvenuto, G. (2003). Mettere i voti a scuola. Introduzione alla docimologia. Carocci Editore, Roma.

Corbetta, P. (1992). Metodi di analisi multivariata per le scienze sociali. Il Mulino, Bologna.

Di Franco, G. (2001). EDS: esplorare, descrivere e sintetizzare i dati. Guida pratica all’analisi dei dati nella ricerca sociale. Franco Angeli, Milano.

Lucisano, P. Salerni, A. (2002). Metodologia della ricerca in educazione e formazione. Carocci Editore, Roma. ISBN-10: 8843023667.

Mennin, S.P. Kalishman, S. (1998). Student assessment Acad Med, 73 (Suppl.): S46-S54

Rasch, G. (1960). Probabilistic models for some intelligence and attainment tests. Denmarks Pedagogiske Institut Copenaghen (rist. Chicago University Press, Chicago, 1980).

Recchia L., Moncharmont B., Dal Progress Test al Training Test: analisi dei risultati finali 2018, Medicina e Chirurgia, 82, 3650-3654, 2019. DOI: 10.4487/medchir2019-82-2

Rumiati R., Ciolfi A., Di Benedetto A., Sabella M., Infurna M., Ancaiani A., Checchi D. : (2018). Key-competences in higher education as a tool for democracy, Form@Re – Open Journal Per La Formazione In Rete, 18(3), 7-18, disponibile su https://oaj.fupress.net/index.php/formare/issue/view/312.

Rumiati R.I., Checchi D., Ancaiani A., Ciolfi A., Sabella M., Infurna M.R., Di Benedetto A. (2019). Il Problem Solving come competenza trasversale. Inquadramento e prospettive nell’ambito del progetto TECO, Scuola Democratica, 1, 239-257. ISSN 1129-731X.

Tenore, A. (2010). Il Progress Test. Considerazioni e speranze per il futuro delle Facoltà di Medicina italiane. Medicina e Chirurgia, 49, 2123-2130.

Wright, B.D. (2005). Solving measurement problems with the Rasch model. Journal of Educational Measurement, 14 (2): 97 – 116. DOI: 10.1111/j.1745-3984.1977.tb00031.x

Cita questo articolo

Bacocco, B., et al., Medicina alla prova. La validazione del Progress Test a cura dell’ANVUR, in Medicina e Chirurgia, 85, 3788-3796, 2020. DOI: 10.4487/medchir2020-85-6

Affiliazione autori

Barbara Bacocco, Federica Delli Zotti, Maria Rita Infurna, Alessia Pozzi, Morena Sabella – ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca), Roma

Raffaella Rumiati – Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA), Trieste

Università e insegnamento della medicina del territorio: un percorso longitudinale realizzato nel CLMC “C” dell’ Università “La Sapienza ”di Roma84, 2019, pp. 3738-3743, DOI: 10.4487/medchir2019-84-3

Abstract

The current approach regarding General Medicine teaching during Medical School is not consistent with the restructured protocol of the qualifying examination for medical profession, due to be active in 2020, which
establishes a pre-lauream internship.
It is crucial to include General Medicine as a subject of study for Italian medical students, in order to match Italian Medical Schools with European Union’s regulation.
The Medical Education Inter-faculty Commission (CMEI) entrusted a group of Academics and General Practitioners to draw up a new and more pragmatic protocol for teaching General Medicine in Medical School.
The students of the CLMC “C” of Sapienza University in Rome experienced a model of this new protocol for the first time and reacted with positive feedbacks, emphasizing the relevant need for a deep modification of
the existing didactics, in order to acquire and improve their General Medicine skills during University.
It is important to coordinate a course of lectures starting from the first year, improving it in time in order to complete the knowledge during the last year and perform a period of internship in which the students could
practically train their skills while supervised by a tutor.


Key words: Medical Education; CMEI; General Medicine Teaching; General Medicine’s Skills; Longitudinal Course;

Riassunto
L’attuale approccio all’insegnamento della Medicina Generale nell’Università non è in linea con le modifiche del protocollo per lo svolgimento dell’Esame di Stato che entreranno in vigore nel 2020 e che istituiscono l’obbligo di un tirocinio pre lauream. È di cruciale importanza includere la Medicina Generale in Italia come materia di studio per
gli studenti di Medicina e Chirurgia, al fine di equiparare l’Università Italiana ai regolamenti dell’Unione Europea.
La Medical Education Inter-faculty Commission (CMEI) ha incaricato un gruppo di Accademici e Medici di Medicina Generale di stilare un protocollo
nuovo e più pragmatico per l’insegnamento di questa materia nell’Università.
Gli studenti del CLMC-C dell’Università La Sapienza Di Roma hanno sperimentato per la prima volta un modello pratico di questo protocollo fornendo feedback totalmente positivi, esprimendo particolare enfasi sulla sempre più rilevante necessità di una profonda modifica della didattica esistente, al fine di acquisire e perfezionare durante il percorso universitario le skill in Medicina Generale.

È importante coordinare quindi un corso longitudinale in cui si incrementino i contenuti dal primo all’ultimo anno al fine di completare il corso tramite un periodo di tirocinio sul territorio nel quale gli studenti potranno mettere in pratica le competenze acquisite con la supervisione di un tutor.

Parole chiave: Pedagogia Medica; CMEI; Insegnamento della Medicina Generale; Competenze in Medicina Generale; Percorso Longitudinale Universitario;

Articolo

Introduzione

Le attività didattiche presso il medico di famiglia hanno delle caratteristiche peculiari: gli studenti sono messi a contatto per la prima volta con la medicina territoriale e di prossimità. Conosceranno in questo ambito la differenza rispetto all’attività in reparto nel rapporto con il paziente soprattutto in stato di malattia cronica, l’assistenza domiciliare e le campagne di prevenzione sul territorio. 
La situazione attuale riguardante l’insegnamento della Medicina Generale andrebbe adattata quindi alle normative che saranno applicate dal prossimo anno accademico in base alla recente modifica dello svolgimento dell’esame di stato nel suo iter pre-laurea. 

È necessario sottolineare il concetto che la valutazione richiesta nel libretto del nuovo esame di stato per il tirocinio pre-laurea nel territorio contiene degli item specifici (illustrati in seguito) che inevitabilmente devono essere conseguenza di un insegnamento ad hoc in modo da metter in condizione gli studenti di essere valutati durante il tirocinio. In Italia la riforma dell’esame di stato per l’abilitazione alla professione di Medico-Chirurgo pone quindi il problema dell’attuazione di un tipo di didattica che prepari il medico in formazione al Tirocinio Valutativo pre-laurea, richiesto per l’esame di stato e, di conseguenza l’insegnamento della Medicina Generale, al pari di altri percorsi post-laurea, deve essere adeguatamente rappresentato nel curriculum formativo del Medico Chirurgo italiano.

In particolare: 

–   I metodi e i contenuti della Medicina Generale sono un riferimento imprescindibile per tutti i professionisti sanitari;

–   Parte dei laureati in Medicina e Chirurgia eserciterà la Medicina Generale nel proprio futuro professionale;

–   Le direttive Comunitarie Europee prevedono l’insegnamento clinico sul territorio;

–   Gli obiettivi formativi del Nuovo Ordinamento della Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (LM/41) includono, fra gli altri, un’adeguata conoscenza della medicina di famiglia e del territorio;

–   In ultimo, ma non per questo di minore importanza, “il Sistema Sanitario Nazionale (e Regionale) trova nel ruolo del medico di Medicina Generale il suo primo e più diretto snodo di approccio al cittadino sano o malato, contribuendo inoltre all’eventuale inserimento nell’iter diagnostico/terapeutico, condizionando così il funzionamento di tutto il Sistema Sanitario del nostro Paese.” (E.Gaudio)

La CMEI (Commissione Medical Education Interfacoltà) delle Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza, Università di Roma ha affidato ad un gruppo di lavoro composto da diverse figure professionali sia universitarie che della Medicina Generale un mandato per stilare le modalità concrete di applicazione dell’insegnamento di questo corso nelle università. Questo gruppo di lavoro ha definito un percorso spendibile in tutti i Corsi di Laurea con la possibilità, altresì, di organizzare nei vari Corsi Integrati un’offerta di Attività Didattiche Elettive come primo approccio formativo di scelta libera dello studente. Il gruppo ha inoltre cercato di stabilire i requisiti dei medici di Medicina Generale con ruolo di Tutor degli studenti. A tale proposito è stato proposto un percorso formativo alla Medicina Generale da inserire nel curriculum degli studi. La proposta è stata presentata alle CTP dei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia della Sapienza. Nel corso di Laurea C, allo scopo di ovviare alle tempistiche imposte dalle modifiche di ordinamento e per offrire tale percorso formativo nell’immediato, sono state approvate 12 ADE complessive sulla Medicina Generale da svolgere dal primo al sesto anno di corso. 

I temi che questo articolo vuole toccare sono:

–   la revisione dei CFU affidati alla medicina del territorio considerando che attualmente i Corsi di Laurea attribuiscono solo 1 o 2 CFU alla didattica della medicina del territorio 

–   gli obiettivi formativi dell’insegnamento 

–   come distribuire nel percorso di laurea l’offerta formativa alla MG.

–   a quali figure professionali affidare l’insegnamento e come impostare la didattica

Alcuni temi peculiari dello svolgimento dell’attività medica nel territorio, peraltro previsti nel libretto di tirocinio sono: 

•   Prescrivere e certificare (invalidità, malattia, ricettazione ecc.)

•   Programmare e gestire interventi di prevenzione (es. campagna vaccinale) 

•   Visitare i pazienti a domicilio (assistenza domiciliare programmata)

•   Gestire la terapia domiciliare (FARMACAP, teleassistenza)

•   Programmare e gestire il CAD /ADI (assistenza domiciliare)

•   Interagire e utilizzare i servizi extra-ospedalieri (RSA, post acuzie, riabilitazione, Hospice)

•   Gestire e collaborare con la rete degli specialisti 

•   Mettere in atto le pratiche del rapporto medico-paziente gestendo l’accoglienza e strutturando la consultazione (colloquio, relazione, informazione, chiarezza, acquisizione del consenso informato)

•   Raccogliere l’anamnesi e di eseguire un esame obiettivo in un contesto domiciliare 

•   Individuare i motivi della richiesta di aiuto, la natura e la priorità del problema

•   Orientarsi sui processi decisionali relativi alla prescrizione di un corretto trattamento e sulla richiesta di una consulenza specialistica

•   Indicare azioni di prevenzione, di promozione della salute e di un corretto stile di vita

•   Dimostrazione di conoscenza e consapevolezza delle regole di organizzazione e funzionamento dello studio medico.

Il percorso della Medicina Generale proposto dalla CMEI è riportato nella Tabella 1.  

La presente proposta è stata formulata considerando il contributo che i servizi sanitari territoriali possono offrire nell’integrare l’esperienza formativa degli studenti di medicina italiani. Tale proposta, suddivisa per anni, semestri ed area tematica tiene conto di tutte le possibili opportunità presenti sul territorio nazionale. Tale modello dovrà dunque essere riadattato per poter essere attuato nelle realtà locali; a volte l’ambito di competenza di gestione di un paziente tra specialista e territorio non è così netto, così la prestazione medica è subordinata alla scelta fatta dal paziente nel recarsi presso una determinata struttura. Dovere del (futuro) medico è dunque saper discriminare ed eventualmente gestire ciò che a lui compete, sia in ambito ospedaliero che territoriale. Altre premesse che descrivono le modalità di compilazione della proposta ed eventuali criticità presenti sono elencate di seguito:

 •  L’applicabilità di tale modello è territorio-specifica, potrebbero essere inserite altre opportunità che per il momento però abbiamo escluso, come centri di accoglienza ed ascolto su temi quali la violenza sulle donne o maltrattamenti su minori.

•   L’applicabilità di tale modello è subordinata, per la parte attuativa, alla presenza di uno skill lab in cui gli studenti devono conseguire una certificazione riguardo il saper effettuare le procedure che successivamente potrebbero eseguire sui pazienti in ambito territoriale. 

Le ADE realizzate nel CLMC-C della Sapienza nell’anno accademico 2017-18 sono state le seguenti:

I Semestre 

•   1 ANNO: Gli Invisibili (Rom – Migranti – Senza Fissa Dimora): intervento sociosanitario nel territorio di Roma (0.3 CFU) Partecipanti: 70 studenti (maggioranza del 1 anno ma con presenza di tutti i 6 anni di corso) 

•   2 ANNO: Quali orizzonti dopo la laurea oltre l’Ospedale? (0.2 CFU) Partecipanti: 66 studenti (56 del 2 anno, 3 del 3 anno e 7 del 6 anno) 

•   3 ANNO: La cartella clinica informatizzata (0.2 CFU), con la partecipazione del Prof. Consorti Partecipanti: 55 studenti

•   4 ANNO: Elementi di Pedagogia Medica – Introduzione al biennio clinico nel territorio (0.2 CFU) Partecipanti: 13 studenti

•   5 ANNO: Le vaccinazioni agli invisibili nel territorio (I.E. 1 CFU)

•   6 ANNO: Le vaccinazioni agli invisibili nel territorio (I.E. 1 CFU)

II Semestre

•   1 ANNO: La gestione della salute mentale del territorio, opportunità e criticità (0.3 CFU) 

Partecipanti: 67 studenti (con presenza di tutti i 6 anni di corso) 

•   2 ANNO: La relazione Medico –Paziente nel territorio. I rapporti con le Istituzioni (0.2 CFU) Partecipanti: 50 studenti (con presenza dal 2 al 6 anno di corso) 

•   3 ANNO: Prevenzione primaria e secondaria orientata sulla storia familiare (0.3 CFU) con la partecipazione di Neolaureati del Canale C che hanno svolto tesi su questo tema 

Partecipanti: 26 studenti (con presenza dal 3 al 6 anno di corso) 

•   4 ANNO: La visita domiciliare: la borsa del Medico di Famiglia e del Medico di Continuità Assistenziale (0.3 CFU) Partecipanti: 36 studenti (con presenza dal 4 al 6 anno di corso) 

•   5 ANNO: La gestione del paziente fragile nel territorio: monitoraggio dei soggetti over 65 a rischio nel periodo estivo 2018 (Le ondate di calore e il rischio per la Salute) (0,2 x l’ADE/ 1 cfu per il percorso estivo). Partecipanti: 32 studenti (con presenza di 5 e 6 anno di corso) dal 15 giugno ’18 con il progetto di sorveglianza. Grazie alle numerose adesioni ricevute sono stati seguiti e contattati circa 150 pazienti. Il progetto è terminato il 15 settembre. 

•   6 ANNO: Le certificazioni essenziali nel territorio Partecipanti: 53 studenti. 

Bibliografia

-F.Consorti, Didattica professionalizzante nei corsi di Laurea in Medicina – Edra Editore Cap.6 – L’apprendimento clinico nello studio medico territoriale

– E. Gaudio – Magnifico Rettore Università di Roma – L’Opinione Delle Libertà, art. del 24/09/2018 (V. Seffer)

-Pietro Gallo et al., L’integrazione nel territorio del sistema delle cure: ricadute sul processo formativo, Quaderni di Medicina della Conferenza Permanente dei Presidi delle Facoltà di Medicina e Chirurgia 58/2013, Firenze 5/10/2012

– L. Pagano, G. Familiari, C. Durante, M. Maranghi, C. Protano, M. Sabatini, R. Romano, F. Sperandeo, G. Cavaggioni, Poster SIMG Congresso Nazionale Firenze Novembre 2017 – CMEI Gruppo di Lavoro L’insegnamento della Medicina Generale nella formazione universitaria del Medico Chirurgo in Italia

-Percorso Longitudinale Medicina Di Prossimità Per Gli Studenti Del Corso CLMC-C https://corsidilaurea.uniroma1.it/sites/default/files/allegati_frequentare/corso_c_2018-19_guida_dello_studente.pdf

-P. Gallo, L. Pagano, M. Marceca, G. La Torre (CLMC-C Roma La Sapienza), Dalle idee ai fatti, una proposta realizzata per l’introduzione di un percorso longitudinale di Medicina Generale nel Curriculum di un Corso di Laurea in Medicina, Quaderni di Medicina della Conferenza Permanente dei Presidi delle Facoltà di Medicina e Chirurgia 63/2014

-L.Pagano, G. La Torre, Libro Principi Di Management Sanitario – Un Approccio Metodologico.

S.E.U. 1 ED 2018 PAGG 229/240, Rivista Igiene e Sanità Pubblica Periodico Bimestrale Volume LXXIII N°5 Settembre/Ottobre 2017 igSanPubbl – Issn 0019-1639 (L.Pagano et al)

Cita questo articolo

Pagano L, Misasi R, Riggio O, Università e insegnamento della medicina del territorio: un percorso longitudinale realizzato nel CLMC “C” dell’ Università “La Sapienza ”di Roma, Medicina e Chirurgia, 84, 3738-3743, 2019. DOI: 10.4487/medchir2019-84-3

Affiliazione autori

Università La Sapienza di Roma

I risponditori d’aulan.83, 2019, pp. 3694-3696, DOI: 10.4487/medchir2019-83-4

Abstract

There is a growing pressure toward a more student-centered teaching/learning, both at international and national level. This movement calls for new methods and tools, to be used in different settings: in the usual lecture, in the context of a case-based activity and of the flipped classroom approach. The automated response systems are cheap, commercially available communication systems, based on mobile technology. They allow the students to interact with the teacher in other ways than the simple verbal direct question-answer duet. Many different kinds of questions are supported: multiple-choice, true/false, short open-ended, and Likert-like surveys. The result of each poll can be immediately displayed to give the student a feedback, to foster a discussion, to recall previous knowledge.
Three different commercially available systems are presented and their features comparatively discussed.

Articolo

Introduzione

L’applicazione dei principi della formazione cen- trata sullo studente nella didattica accademica ordi- naria sta ricevendo un’attenzione sempre maggiore, fino ad essere diventata uno degli indicatori considerati nei processi di valutazione da parte dell’ANVUR. Questa attenzione corrisponde al rilievo sperimentale, indicato dalla letteratura internazionale, che una percezione positiva dell’ambiente formativo da parte degli studenti è inversamente correlata ad una organizzazione più rigidamente tradizionale, docente-centrica dei corsi (1).
Mentre il coinvolgimento attivo degli studenti è implicito nei metodi didattici per piccolo gruppo (problem-based learning, case-based learning, esercitazioni pratiche o applicative, simulazione), risulta molto più difficile ottenere un ruolo attivo degli studenti nella situazione di aula con il grande gruppo. Esistono diversi accorgimenti, fondati su teoria, che consentono di rendere più attiva una lezione (2), così come tecniche di animazione per ottenere un coinvolgimento degli studenti, molto più efficaci che non la domanda diretta al gruppo intero, che di solito produce o un silenzio imbarazzato nell’attesa che il docente si risponda da soloouncolloquiofra docente e i “soliti studenti del primo banco”.
Un supporto tecnologico di notevole valore per attivare il gruppo classe sono i “risponditori d’aula”. Fino a qualche anno fa si trattava di dispositivi dotati di un tastierino (perciò detti anche clickers), connessi wireless con un ricevitore centrale collegato ad un computer, che consentiva ai partecipanti di interagire durante la lezione rispondendo a domande e ricevendo un feedback immediato circa la performance del gruppo. Da qualche tempo sono disponibili appper telefono mobile che consentono funzionalità di interazione ancora più sofisticate, a costi ridottissimi o nulli. Questa breve nota tecnica ricapitola i principi didattici d’uso dei risponditori e presenta tre prodotti, con caratteristiche diverse.

Contesti didattici

I risponditori possono essere usati in diversi contesti didattici:

  1. Nel contesto di una lezione basata sull’esposizione di argomenti, i risponditori possono esse- re usati all’inizio della lezione per richiamare le conoscenze propedeutiche all’argomento che si sta per trattare e rendere più animati i consueti “richiami di …” oppure al termine di una sezione o dell’intera lezione per una verifica/rinforzo di quanto è stato compreso circa i concetti chiave della lezione stessa
  2. Nel contesto di una lezione che preveda momenti di apprendimento basato su casi (case based learning – CBL), i risponditori sono un eccellente sistema di interazione per “giocare” il caso con gli studenti. Giova ricordare che i “casi” non sono solo clinici, ma possono essere anche esercizi applicativi di tipo interpretativo, inseriti in una lezione delle discipline di base (biochimica, ana- tomia, fisiologia…)
  3. Nel contesto di un approccio di flipped class, i risponditori trovano la loro più piena applicazione. Consentono infatti a inizio lezione di valutare l’apprendimento mnemonico dei contenuti da studiare prima della lezione stessa, di interagire con la classe per le attività di utilizzo dei contenuti (interpretazione, risoluzione di problemi, progettazione), a fine lezione di effettuare una verifica formativa di sintesi

I risponditori sono concepiti di norma per un uso personale, ma possono essere usati anche per attività di piccolo gruppo o di squadra. Nel primo caso i sistemi di risposta consentono sia l’interazione anonima che l’indicazione dell’identità (ad esempio il cognome o la matricola), nel secondo e terzo caso il grande gruppo può essere suddiviso in gruppi di dimensione varia. La dimensione migliore è di 6 persone, perché ciò consente una comunicazione viso a viso anche in un’aula tradizionale ad emiciclo, se i 3 componenti sono seduti tre per fila in file contigue, ma si riesce a lavorare con un’accettabile interazione interna al gruppo anche con gruppi fino a 10 studenti. Nel lavoro per gruppo si concede un po’ di tempo per risolvere un problema e poi il gruppo fornisce una risposta unica, usando un unico risponditore. Nelle attività di squadra, la soluzione del problema o la risposta corretta forniscono punti nel contesto di una competizione (game based learning – GBL).

Tipi di interazione
I risponditori disponibili consentono modali- tà molto articolate di risposta, sia quantitativa che qualitativa.

  1. Domande a scelta multipla e domande vero/fal- so: è l’interazione più abituale. È possibile sfruttare l’intera gamma delle possibili formulazioni di questo tipo di domande, sia per esplorare la conoscenza fattuale che le capacità interpretative e decisionali (3). I sistemi di risposta infatti consentono di inserire nelle domande immagini (ad es. ECG, imaging, panel di test di laboratorio, preparati istologici, …)
  2. Risposte a scala Likert: questa interazione consente di misurare le opinioni e le percezioni degli studenti circa un certo argomento. Ciò costituisce un ottimo trigger per avviare discussioni in aula. Tuttavia, è possibile anche valutare la capacità degli studenti di mettere in priorità (o nella sequenza corretta) una serie di scelte. In questo secondocaso, la domanda sarà “Ti verranno proposte in sequenza 5 azioni possibili e corrette; per ognuna indica il grado di priorità (o l’ordine di esecuzione) da 1 a 5. Non puoi assegnare lo stesso grado di priorità a due scelte”
  3. Risposte aperte brevi: alcuni sistemi consentono anche di gestire risposte aperte brevi (singole parole o brevi frasi). Questa interazione può essere usata a scopo valutativo formativo, se la risposta corretta è estremamente univoca (il nome di un farmaco, di un organo, …). L’uso più abituale è però quello di produrre elenchi di termini, avviando un brain storming dopo uno stimolo iniziale. Il risultato viene poi rappresentato sotto forma di liste di parole con frequenza relativa o di “cloud” di parole. Come detto in precedenza per le scale likert, questa interazione è un ottimo sistema per avviare una discussione sulla base delle opinioni, credenze o anche conoscenze dimostrate dal gruppo classe

Descrizione di tre sistemi di risposta d’aula

Qui di seguito verranno brevemente presentati tre sistemi comunemente usati. Non sono gli unici, ma servono ad esemplificare le diverse potenzialità, costi, pregi e difetti dei risponditori. Tutti e tre sono basati sul concettodi “presentazione”: le singole domande costituiscono le pagine di una presentazione, come in power point. In una presentazione si possono avere tipi diversi di domanda.
Tutti e tre i sistemi richiedono che il docente abbia a disposizione unpc per governare la successione delle domande e far apparire le statistiche relati- veai risultati. Gli studenti possonoaccederecoi loro cellulari, preferibilmente con la loro connessione 3G o 4G. Le wireless d’aula di solito sopportano male la connessione simultanea di 100 e più cellulari.
Infine, tutti e tre i sistemi hanno una versione free e versioni ad abbonamento, con importi annuali che oscillano intorno ai 100 euro.

È il più completo e potente fra i tre sistemi qui presentati, anche se le funzionalità complete e illimitate sono disponibili solo per la versione Pro, con abbonamento. La versione base (free) consente un numero illimitato di  studenti,  un  numero  illimitato di presentazioni ma ogni presentazione  può  avere solo due pagine. Questo significa che se volessimo sottomettere 6 domande ai nostri studenti, dovremo creare tre presentazioni. Ciò rende un po’ più farraginosa l’interazione, perché per accedere ad una presentazione lo studente dovrà ogni volta digitare il codice di accesso. L’accesso avviene al link http://www.menti.com, tramite smartphone otablet. Mentimeter mette a disposizione tutti i tipi di domande indicate in precedenza,  consente  l’introduzione di immagini, di esportare i risultati dei test, nella versione Pro di usare molti template grafici e di personalizzare la presentazione con il logo dell’Università.

Kahoot nasce per la scuola primaria e media ed è perciò caratterizzato da colori molto vivaci e da effetti grafici e sonori buffi mentre passa il tempo stabilito per rispondere (la durata del timer può essere stabilita a piacere). La versione free consente solo domande a scelta multipla o vero/falso, ma la possibilità grafica è molto avanzata e non ci sono limiti al numero di domande e di studenti. Le versioni a pagamento consentono più tipi di  domande, la condivisione delle domande fra più docenti, l’effettuazione di gare, offrono una reportistica più completa dei risultati nonché di inserire fra le domande delle slide vere e proprie, creando così una presentazione completa per una lezione. L’accesso degli studenti avviene al link https://kahoot.it/, anche in questo sistema digitando un codice che viene indicato dal docente

Socrative rappresenta uncompromessofra le ca- ratteristiche di Mentimeter e di Kahoot. Il limite più grande della versione free è di essere limitata a 50 accessi contemporanei, risultandoinadatta alla gran maggioranza dei gruppi classe dei CLM.
Consente un numero illimitati di domande per test e gestisce domande a scelta multipla, vero e falso, aperte a risposta breve. Consente di inserire
immagini e di rendere condivisibili ad altri utenti i test.
Una caratteristica peculiare è la disponibilità di gare da giocare secondo i principi del GBL. L’accesso degli studenti avviene al link https://socrative.com/login/student/ , digitando il “nome dell’aula” indicato dal docente, invececheuncodice numerico. Un docente può avere molte aule diverse, in cui si trovano test in comune o diversi.

L’uso di questi sistemi per la realizzazione di attività d’interazione d’aula è piuttosto facile ed intuitivo. La redazione di “manualetti d’uso” è fuori dagli scopi di questa nota tecnica, la cosa migliore è registrarsi per la versione free e fare un po’ di prove!

Bibliografia

  1. Chan CYW, Sum MY, Tan GMY, Tor PC, Sim K. Adoption and correlates of the Dundee Ready Educational Environment Measure (DREEM)  in the evaluation of undergraduate learning environments – a systematic review. Med Teach. 2018 Dec;40(12):1240-1247.
  2. Consorti F., Di Pace A., Lochner L., Loperfido FF., Lotti A. La didattica per il grande gruppo. Idelson-Gnocchi ed, Napoli, 2019
  3. Montcharmont B., et al., I test con risposte ascelta multipla nel percorso formativo del medico, Medicina e Chirurgia, 77: 3451-3465, 2018

Cita questo articolo

Consorti, F., I risponditori d’aula, Medicina e Chirurgia, 83, 3694-3696, 2019. DOI: 10.4487/medchir2019-83-4

Affiliazione autori

Università di Roma “Sapienza”

I bisogni di salute mentale della popolazione: indagine nazionale sulle risposte formative del Corso di Laurea in Infermieristican.82, 2019, pp. 3660-3665, DOI: 10.4487/medchir2019-82-5

Abstract

La letteratura evidenzia che la preparazione infermieristica in salute mentale non appare adeguata e necessita di essere aggiornata continuamente rispetto alle nuove esigenze della popolazione. Crescente è il dibattito sul livello educativo dei corsi di studio di primo ciclo per fornire agli infermieri gli strumenti per lavorare nell’ambito della salute mentale. Lo scopo di questo contributo era quello di realizzare una mappatura dei percorsi didattici dei vari atenei per evidenziare se i curricula siano considerati adeguati o emerga la necessità di aggiornarli e migliorarli. È stato condotto studio trasversale tramite la creazione di un questionario inviato ai coordinatori/direttori didattici dei CLI di differenti atenei italiani afferenti alla Conferenza permanente delle classi di laurea delle professioni sanitarie. Hanno partecipato 116 coordinatori/direttori didattici. Il questionario ha mostrato una buona consistenza interna (alfa=0.86) e una soddisfacente validità di contenuto (CVI-S=0.95). “Legislazione sanitaria sulla tutela della salute mentale e sulla psichiatria” (n=111) rappresenta il contenuto teorico maggiormente presente nei piani di studio; gli insegnamenti meno rappresentati comprendono “I disturbi psichici in soggetti autori di reato” (n=28), i “Disturbi psichici nella popolazione migrante” (n=33). Il tirocinio è previsto in 108 CL e obbligatorio nel 55% dei casi. Il 56% del campione è “abbastanza” d’accordo nel ritenere adeguata l’offerta formativa del primo ciclo di studi del CLI. I risultati stimolano successivi approfondimenti volti a mappare anche conoscenze e percezioni dei professionisti sanitari.

Abstract
The literature shows that nursing education in mental health is not sufficient and needs to be continuously updated, especially considering the emerging needs of the population. There is a growing debate about the educational level of bachelor’s degree courses, aimed to provide nurses with adequate tools for working in mental health. The aim of this contribution was to explore the educational programmes of several Italian universities, in order to highlight whether the curricula can be considered adequate or if there is a need for updates and improvements. A cross-sectional study was conducted, and a questionnaire was created and sent to the directors of the bachelor schools affiliated with the permanent conference of the bachelor’s courses of health professions. 116 directors participated. The questionnaire had good internal consistency (alpha=0.86) and satisfactory content validity (CVI-S=0.95). “Health legislation on the protection of mental health and psychiatry” (n=111) represents the most frequently found theoretical content in the educational programmes; the less explored topics are “Psychic disorders in offenders” (n=28), “Psychic disorders in the migrant population” (n=33). Clerkship is provided for 108 schools and is compulsory in 55% of them. 56% of the sample “quite” agree that the training offered in the bachelor’s school is adequate. The results suggest subsequent in-depth studies aimed at exploring the knowledge and perceptions of health professionals.

Keywords: mental health nursing, nursing education, curriculum.
Parole chiave: infermieristica di salute mentale, formazione infermieristica, curriculum

Articolo

Introduzione

La salute mentale è parte essenziale dell’uomo e contribuisce al suo sviluppo e alla sua realizzazione. I veloci mutamenti economici, politici e sociali concorrono alla soddisfazione di esigenze sempre più complesse delle popolazioni, ma vedono anche la nascita di nuovi bisogni tra i quali istanze di cura e di assistenza articolate1-7.
I cambiamenti dei contesti di vita modificano progressivamente i concetti di salute mentale e di disturbi mentali, obbligando governi, istituzioni, servizi sanitari e professionisti della salute a dover ridefinire puntualmente e sistematicamente risposte nuove nel campo della prevenzione, della cura e della riabilitazione8-13. Negli ultimi anni si è progressivamente intensificato un acceso dibattito, a livello internazionale, su quanto i corsi di studio di primo ciclo educhino adeguatamente gli infermieri e i professionisti sanitari in genere a lavorare nell’ambito della salute mentale14-17. La letteratura evidenzia che la preparazione infermieristica in salute mentale non appare generalmente adeguata e necessita di essere aggiornata continuamente rispetto alle nuove esigenze della popolazione14-24. Emergono inoltre indicazioni migliorative per il sistema formativo, le cui caratteristiche generali, che andrebbero rispettate, possono essere riassunte nei seguenti punti:
• nei corsi universitari di primo ciclo i piani di studio e i tirocini in salute mentale devono essere sempre presenti con un adeguato numero di ore dedicate;16 18 23
• è necessario che i contenuti siano aggiornati in base alle esigenze della popolazione17 e che quindi seguano i piani sanitari nazionali e internazionali;
• deve essere sempre prevista la possibilità di svolgere dei tirocini clinici in ambito psichiatrico 25 .
In Italia i Corsi di Laurea in Infermieristica offrono26 elementi di base di psichiatria e assistenza lasciando poi che il professionista, se impiegato in un contesto psichiatrico, si formi sul campo o acceda a corsi di formazione specialistica (come sancito dal Decreto Ministeriale 739/94) che mettano il professionista nelle condizioni di sviluppare competenze avanzate e trasversali, di natura clinica EBPs, di Organizzazione interprofessionale e nell’utilizzo della Rete dei servizi, orientate inoltre alla Formazione e alla Ricerca.
In quest’ottica l’offerta formativa dei vari Atenei si è molto sviluppata negli ultimi anni, tuttavia mentre in Europa la formazione di secondo livello prevede corsi di laurea magistrale clinici (MSN, Master of Science in Nursing), nel nostro panorama i master di primo livello, ad eccezione di quello per il coordinamento delle professioni sanitarie, non sono ancora adeguatamente valorizzati nella carriera professionale27-29. Ciò vale non solo per gli infermieri, ma anche per tutte le altre professioni sanitarie non mediche, alla luce della Legge 43/2006.
Partendo da questo presupposto, si è ritenuto utile mappare l’eterogeneità e la pluralità dei percorsi didattici dei vari Atenei. Fine della presente indagine era realizzare una mappatura globale in modo da evidenziare se i curricula siano considerati adeguati o se, anche alla luce dei nuovi bisogni della popolazione, emerga la necessità di aggiornarli e migliorarli.

Metodi
È stato condotto uno studio trasversale tramite la creazione di un questionario le cui domande sono state formulate basandosi sui risultati di una ricerca bibliografica e sulle indicazioni dei piani sanitari nazionali e internazionali8-10, 12-13. Lo strumento d’indagine era composto da due parti: la prima comprendeva la presentazione dello studio, la raccolta di informazioni di carattere generale rispetto alla struttura didattica della realtà coordinata dal rispondente e la richiesta di consenso informato in accordo con la normativa vigente in materia; la seconda parte indagava materie e CFU degli insegnamenti teorici, possibilità di tirocinio e insegnamenti inseriti nei piani di studio. Il questionario è stato preparato tramite il software online SurveyMonkey®, che permette la compilazione online da computer e dispositivi mobili. Il link al questionario online è stato inviato tramite posta elettronica ai coordinatori/direttori didattici di tutte le sedi del corso di laurea in Infermieristica italiane tra il 26/1 e il 10/2/2018, utilizzando gli indirizzi forniti dalla Conferenza permanente delle classi di laurea delle professioni sanitarie. Prima di sottoporre il questionario è stato calcolato il content validity index (CVI)30 per saggiarne la validità di contenuto, tramite somministrazione a 6 infermieri esperti (>5 anni) di salute mentale e formazione; la consistenza interna è stata valutata con il calcolo del coefficiente alfa di Cronbach. Le differenze tra dati descritti tramite frequenze sono state valutate con il test del chi quadrato. I dati raccolti sono stati inseriti in un file Microsoft® Excel, e quindi elaborate con software SAS® University edition per MacOS.

Risultati
Hanno partecipato 116 coordinatori/direttori didattici. Il questionario ha mostrato una buona consistenza interna (alfa=0.86) e una soddisfacente validità di contenuto (CVI-I>0.93, CVI-S=0.95). Per 8 record non è stata indicata l’università di appartenenza ma si è deciso di comprenderli ugualmente perché presenti tutte le risposte alle domande successive.

Partecipanti
Ad eccezione di quattro regioni, tutte le altre hanno compilato almeno un questionario. Il 65.52% dei questionari (n=76/116) proveniva da Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Il 54% dei questionari è riconducibile a regioni del Nord, il 28% al Centro, l’11% al Sud. Nel 7% dei casi non è stata indicata alcuna regione. Il polo didattico indicato è in sede decentrata con 71 risposte su 116 (64% del campione) e in sede centrale con 40 risposte (36%).

Preparazione teorica
I contenuti oggetto di indagine sono presenti principalmente negli insegnamenti di infermieristica (113 sedi su 116), psicologia clinica (112), neurologia (111) e psichiatria (n=110). Solo nel caso della psicologia clinica si riscontra, nella maggioranza dei casi, l’assegnazione di più di 1 CFU. Gli insegnamenti di neuropsichiatria sono presenti solo in 15 casi (Grafico 1). Nel complesso, la variabilità delle scelte operate dagli Atenei genera una differenza statisticamente significativa nel numero di CFU all’interno dei vari corsi di studio (p=0.01). I contenuti più comuni sono “Legislazione sanitaria sulla tutela della salute mentale e sulla psichiatria” (n=111), “La relazione terapeutica individuale e di gruppo” (n=108), e i “I percorsi assistenziali per persone con disagio psichico” (n=106). Al contrario, gli insegnamenti meno comuni sono “I disturbi psichici in soggetti autori di reato” (n=28), i “Disturbi psichici nella popolazione migrante” (n=33), “Concetto di recovery nella salute mentale” (n=68). Da evidenziare anche “La gestione dell’aggressività” (n=70) e “I disturbi psichici nel bambino, nell’adolescente, nel giovane, nell’adulto e nell’anziano” (n=66).
Gli insegnamenti teorici sono svolti durante il 2° anno (n=38) e il 3° anno (n=81); in 10 casi inizia già a partire dal primo anno accademico (Grafico 2). Nel complesso, la differenza tra il numero di sedi che insegnano psichiatria e salute mentale nei vari anni è statisticamente significativa (p=0.02).

Preparazione professionalizzante
Il tirocinio è previsto nel 93% dei contesti (n= 108/116) ed è principalmente di tipo clinico (n=97); in 11 casi è di natura esclusivamente osservativa. È svolto principalmente nel reparto ospedaliero di psichiatria – Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura – SPDC (n=80), seguono i servizi territoriali – Centri PsicoSociali CPS, Centri di Igiene Mentale – CIM, Centri di Salute Mentale – CSM (n=70)1; con minor frequenza il tirocinio viene svolto presso i servizi riabilitativi semiresidenziali (n=49) e in quelli residenziali (n=32). Il tirocinio, in qualsiasi realtà del Dipartimento di Salute Mentale, è obbligatorio nel 55% dei casi. In circa il 57% dei casi (n=63) dura 4 o più settimane. Inizia al secondo anno in 23 casi, al terzo in 89 e può essere ripetuto in differenti realtà psichiatriche in 59 sedi.

Competenze sviluppate
In merito alle competenze attese al termine dei corsi, i partecipanti all’indagine ritengono che esse seguano “abbastanza” (n=81/116, 70%) o “molto” (n=20, 17%) le indicazioni dei piani sanitari. Il 62.07% del campione è “abbastanza” o “molto” d’accordo nel ritenere che l’offerta formativa del primo ciclo di studi prepari adeguatamente gli studenti del CLI, il 37.93% (n=44) è invece “poco” o “per niente” d’accordo (Grafico 3).
La tabella 1 sintetizza i risultati.

Grafico 1. Contenuti di salute mentale nelle materie e n° CFU assegnati
Grafico 2. Anno nel quale è prevista la formazione teorica in psichiatria e salute mentale.
Grafico 3: Adeguatezza dell’offerta formativa ai bisogni di salute mentale della popolazione
Tabella 1 – Sintesi dei risultati

Discussione
Nei Corsi di Laurea in Infermieristica gli insegnamenti, i contenuti, il tirocinio e le competenze attese sono generalmente in linea con le indicazioni dei piani sanitari. I tirocini sono organizzati in modo da salvaguardare una durata congrua 4 settimane e oltre – e la possibilità di svolgimento in più sedi. In alcuni casi inoltre i tirocini nei servizi psichiatrici sono concordati con gli studenti. Questi elementi, che rappresentano punti di forza, sono in sintonia con la letteratura e con le indicazioni dei piani sanitari.
Per quanto riguarda le criticità, si rileva la quasi totale assenza nei piani di studio del la neuropsichiatria infantile e di 5 aree che andrebbero rinforzate: in particolare il tema della gestione del comportamento violento appare estremamente attuale in considerazione del fatto che oltre a rappresentare una manifestazione comportamentale tipica persona affetta da disturbo psichico, soprattutto per disordini quali la schizofrenia e il disturbo bipolare, è sempre più presente in molteplici contesti di cura; numerose in questo senso sono le segnalazioni di atti di violenza a danno degli infermieri che necessitano perciò di un adeguato supporto formativo; una formazione che permetta loro di approcciare adeguatamente all’evento ogni qualvolta si verifichi.
Il disagio della popolazione migrante, i problemi connessi agli autori di reato, le differenti criticità in ogni fascia di età (dall’adolescente all’anziano), senza trascurare il concetto di recovery, rappresentano inoltre problematiche emergenti in tema di salute mentale, a livello nazionale e non solo; tuttavia proprio queste aree sembrano essere ancora poco affrontate a livello formativo; alla luce di quanto emerso pare opportuno aprire una riflessione circa la necessità di un loro inserimento all’interno dei programmi didattici.
L’indagine ha alcuni limiti, poiché rappresenta solo una mappatura parziale della popolazione, tuttavia le risposte provengono da quasi tutte le regioni italiane e permettono di avere una idea verosimile del tema trattato. Per i risultati dell’area dell’insegnamento teorico è da evidenziare una considerevole omogeneità, in quanto i piani di studio sono uniformi nelle singole università e vengono ovviamente adottati in egual modo da tutti i corsi e dalle sedi afferenti. I risultati dovrebbero essere completati anche con i non-responders e le conclusioni dell’indagine andrebbero ampliate con ulteriori ricerche nelle quali evidenziare il parere degli studenti rispetto al sentimento di adeguatezza, al possesso delle conoscenze e alla preparazione complessiva.

Conclusioni
Si può affermare che la formazione infermieristica in salute mentale nel primo ciclo di studi sia di fondamentale importanza, in quanto fornisce agli studenti una conoscenza di base che verrà sicuramente utilizzata nella pratica professionale futura, qualunque sia la collocazione lavorativa. Il tema trattato è in continua evoluzione e complessivamente la maggioranza degli autori concorda sulla necessità di svolgere ulteriori indagini finalizzate ad approfondire e evidenziarne gli aspetti e le varie articolazioni. Il dibattito internazionale riguardo la valenza di questo approccio è continuo; in Italia, a 40 anni dalla Riforma Basaglia, è indubbiamente auspicabile un approfondimento mirato a mappare conoscenze e percezioni dei professionisti sanitari.

Bibliografia

  1. WHO. Mental health: Strengthening our response. [citato 6 ottobre 2017]. Disponibile all’indirizzo: http://www. who.int/mediacentre/factsheets/fs220/en/
  2. WHO. Promoting mental health: concepts, emerging evidence, practice. [citato 8 ottobre 2017]. Disponibile all’indirizzo: ce/MH_Promotion_Book.pdf
  3. WHO. Mental disorders. [citato 29 settembre 2017]. Disponibile all’indirizzo: http://www.who.int/mediacentre/ factsheets/fs396/en/
  4. AIFA Agenzia Italiana del Farmaco. Disturbi mentali in aumento nei Paesi ad alto reddito. La prossima grande «epidemia». [citato 22 ottobre 2017]. Disponibile all’indirizzo:nei-paesi-ad-alto-reddito-la-prossima-grande-epidemia
  5. Hewlett E, Moran V. Making mental health count: the social and economic costs of neglecting mental health care. Paris. OECD; 2014. Pag.17–18 (OECD health policy studies).
  6. WHO. I determinanti sociali della salute mentale. [citato 6 ottobre 2017]. Disponibile all’indirizzo: http://apps.who. int/iris/bitstream/10665/112828/5/9789241506809-ita.pdf
  7. Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane. Rapporto Osservasalute 2016 Stato di salute e qualità dell’assistenza nelle regioni italiane. [citato 29 settembre 2017]. Disponibile all’indirizzo:
    http://www.osservatoriosullasalute.it/wpcontent/ uploads/2017/05/ro-2016.pdf
  8. WHO. Piano d’azione per la salute mentale 2013-2020. [citato 8 ottobre 2017]. Disponibile all’indirizzo:
    http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/89966/8/9789241 506021_ita.pdf?ua=1
  9. WHO. Europe Mental Health Action Plan 2013-2020. [citato 6 ottobre 2017]. Disponibile all’indirizzo:
    ht t p:// w w w. eu r o.who. i n t /_ _ d at a / a s s et s / p d f _ file/0020/280604/WHO-Europe-Mental-Health-AcionPlan-2013-2020.pdf?ua=1
  10. WHO. Piano d’azione europeo per la salute mentale 2013. [citato 8 ottobre 2017]. Disponibile all’indirizzo:
    http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2447_ allegato.pdf
  11. Joint Action Mental Health and Wellbeing. Final Conference Brussels, 21 22 January 2016. [citato 8 ottobre 2017]. Disponibile all’indirizzo:
    http://www.mentalhealthandwellbeing.eu/assets/docs/ publications/Framework%20for%20action_19jan%20(1)20160119192639.pdf
  12. Ministero della Salute. Linee di indirizzo nazionali per la Salute Mentale. [citato 5 novembre 2017]. Disponibile all’indirizzo:
    http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_779_ allegato.pdf
  13. Ministero della Salute. Piano di azioni nazionale per la Salute Mentale. [citato 5 novembre 2017]. Disponibile all’indirizzo:
    ht tp:// w w w.quader n idellasalute. i t / imgs/C 17 pubblicazioni_1905_allegato.pdf
  14. Neville C, Goetz S. Quality and substance of educational strategies for mental health in undergraduate nursing curricula. Int J Ment Health Nurs 2014; 23(2):128–34.
  15. Adshead S, Collier E, Kennedy S. A literature review exploring the preparation of mental health nurses for working with people with learning disability and mental illness. Nurse Educ Pract 2015; 15(2):103–7.
  16. Mara de Melo Tavares C, Gioza da Silveira P, Oliveira Lima T, Eleuterio Ferreira R, Silva dos Santos G. Changes in Undergraduate Education in Psychiatric. J Nurs UFPE on line 2015; 9(12):1329-36.
  17. Callaghan P, Repper J, Clifton A, Stacey G, Carter T. Evaluation of the Chief Nursing Officer’s Review of mental health nursing in England: findings from case studies in mental health trusts. J Psychiatr Ment Health Nurs 2012; 19(5):455–65.
  18. Spence D, Garrick H, McKay M. Rebuilding the foundations: Major renovations to the mental health component of an undergraduate nursing curriculum. Int J Ment Health Nurs 2012; 21(5):409–18.
  19. Cardoso Villela J, Alves Maftum M, Márcio Roberto Paes M. The teaching of mental health in a nursing undergraduate course: a case study. Text Context Nursing 2013; 22(2): 397-406.
  20. Happell B, McAllister M. Back to the future? Views of heads of schools of nursing about undergraduate specialization in mental health nursing. Int J Ment Health Nurs 2014; 23(6):545–52.
  21. Happell B, McAllister M. The challenges of undergraduate mental health nursing education from the perspectives of heads of schools of nursing in Queensland, Australia. Collegian 2015; 22(3):267–74.
  22. Thongpriwan V, Leuck SE, Powell RL, Young S, Schuler SG, Hughes RG. Undergraduate nursing students’ attitudes toward mental health nursing. Nurse Educ Today 2015; 35(8): 948–53.
  23. Happel B, Wilson R, McNamara P. Undergraduate mental health nursing education in Australia: More than Mental Health First Aid. Collegian 2015; 22(4): 433-38.
  24. Burns S, Crawford G, Hallett J, Hunt K, Chih HJ, Tilley PJM. What’s wrong with John? a randomised controlled trial of Mental Health First Aid (MHFA) training with nursing students. BMC Psychiatry 2017; 17(1):111.
  25. Happel B. A Major Stream in Mental Health in Undergraduate Nursing Programmes: Identifying the Benefits and Acknowledging the Innovation. Issues Ment Health Nurs 2014; 35(12): 964-71.
  26. FNOPI. Osservazioni sulla valorizzazione delle competenze professionali e gestionali degli infermieri nel nuovo contratto di lavoro. [citato 24 maggio 2018]. Disponibile all’indirizzo: http://www.fnopi.it/archivio_news/ attualita/2242/Ipasvi%20documento%20contratto.pdf
  27. IPASVI. Modello IPASVI su evoluzione competenze infermieristiche. [citato 17 settembre 2017]. Disponibile all’indirizzo:
    DELLO%20IPASVI%20SU%20EVOLUZIONE%20COMPETENZE%20INFERMIERISTICHE.pdf
  28. IPASVI. Competenze specialistiche in psichiatria l’esperienza della Ausl di Bologna. [citato 9 settembre 2017]. Disponibile all’indirizzo:
    https://wwlistiche-in-psichiatria-lesperienza-dellaAusl-di-Bologna. pdf
  29. Mastrillo A. Corsi di Laurea della Professioni Sanitarie. Dati sull’accesso ai corsi e programmazione posti nell’A.A. 2017-2018. [citato 14 febbraio 2018]. Disponibile all’indirizzo:http://www.sanita24.ilsole24ore.com/ pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANO_SANITA/Online/_Oggetti_Correlati/Documenti/2017/12/23/ Mastrillogiusto.pdf?uuid=AESMabWD
  30. Polit DF, Beck CT, Owen SV. Is the CVI an acceptable indicator of content validity? Appraisal and recommendations. Res Nurs Health. Agosto 2007;30(4):459–67

Cita questo articolo

Destrebecq A.L.L., et al, I bisogni di salute mentale della popolazione: indagine nazionale sulle risposte formative del Corso di Laurea in Infermieristica, Medicina e Chirurgia, 82, 3660-3665, 2019. DOI: 10.4487/medchir2019-82-5

Affiliazione autori

Anne Lucia Leona Destrebecq – Department of Biomedical Sciences of Health, University of Milan, Italy.

Paolo Ferrara – San Paolo Bachelor School of Nursing, University of Milan, Italy

Stefano Terzoni – San Paolo Bachelor School of Nursing, University of Milan, Italy

Francesco Giovanni Fanari – Fatebenefratelli Bachelor School of Nursing, University of Milan, Italy

Gianpaolo Frediani – Department of Mental Health, Fatebenefratelli University Hospital, ASST Fatebenefratelli Sacco, Milan, Italy

Storia dell’Università degli studi dell’Insubrian.82, 2019, pp. 3658-3659, DOI: 10.4487/medchir2019-82-4

Articolo

Due fiumi che si incontrano generano una for- za dirompente, come due poli che si attraggono e si respingono, come due metà che stridono prima di completarsi. Generano una forza dirompente come quella degli Insubri, il popolo della stirpe gallica che nel IV secolo avanti Cristo, scendendo dalla Francia, si insediò a nord di Mediolanum, in quel triangolo di Lombardia incastonato tra Varese, Como e la Svizzera destinato a una storia produttiva e culturale comune, nonostante le dif- ferenze. Qui nacque l’Università dell’Insubria.
Il sigillo disegnato da Paul Scharff rappresenta l’ateneo come una doppia spirale, formata da due fiumi metaforici che si uniscono, rendendo più ricche le due province solcate: il sigillo è verde poichè riprende la vegetazione di questa regione, il disegno e il fondo sono bianchi, come un foglio tutto da scrivere. L’immagine finale evoca anche un albero stilizzato, secondo una interpretazione anatomica un utero, entrambi comunque simbo- li di fertilità. Ed è cresciuta molto l’Insubria dalla sua nascita, è fiorita sia dal punto di vista della docenza sia per numero di studenti, e con essa è cresciuto il territorio che la ospita in un rapporto di reciproco nutrimento.
L’idea del sigillo fu ispirata da due reperti ar- cheologici con motivi meandrospirali: una pinta- dera, ovvero un timbro a scopo rituale provenien- te dall’Isolino Virginia, sul lago di Varese, e una presa con volto umano ritrovata a Montano Luci- no, in provincia di Como. D’altro canto la spirale è un simbolo quanto mai antico e misterioso, che esisteva già nel Neolitico: per i Celti rappresenta- va le fiamme e il fuoco ma anche il movimento delle acque. In natura, ad esempio, la formazio- ne delle galassie avviene con un fenomeno di

doppia spirale. È una spirale a rendere perfetta la crescita delle conchiglie nel rispetto della serie di Fibonacci. La materia stessa dell’umano è costi- tuita dalla doppia elica del Dna. Una doppia elica muove anche l’Insubria.
Il nostro giovane ateneo nacque dunque nel 1998. Tuttavia la sua storia inizia il 15 gennaio 1973: quel giorno all’Ospedale di Varese si svolse- ro le prime lezioni di Patologia medica e Clinica chirurgica della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Pavia, ateneo gemmante che nel successivo anno accademico avrebbe avviato tutti gli insegnamenti dell’intero corso di laurea. L’entusiasmo era tanto e palpabile, in cattedra si alternavano universitari pavesi e ospedalieri varesini: si cominciava a so- gnare quello che poi si sarebbe avverato.
Negli anni Novanta fu attivato il corso distac- cato di Economia e Commercio di Pavia, con 778 matricole solo al debutto: erano tantissime per gli spazi ancora esigui a disposizione e le prime le- zioni furono tenute al cinema Vela. Poi ci si spostò al Collegio Sant’Ambrogio, anch’esso in centro cit- tà, dove sorsero presto una biblioteca, aule infor- matiche e aule studio. Ed era iniziato anche il se- condo corso di Scienze biologiche dell’Università di Milano, che si stanziò in mezzo a campi veri, in parte agricoli, di via Dunant – periferia di Varese
-, dove ora sorge il campus di Bizzozero. Intanto a Como furono avviati i corsi di Fisica e Chimica e sempre nell’ambito della Facoltà di Scienze, gem- mata da Milano, nel 1989 cominciò Ingegneria con il Politecnico di Milano e nel 1994 Giurispru- denza con l’Università degli Studi di Milano.
A quel punto vi erano i corsi, il nome e il logo: il 14 luglio 1998 il MIUR decretò l’istituzione dell’Università degli Studi dell’Insubria, unendo quei due fiumi metaforici, quei due poli, quelle due città che fin dai tempi del Barbarossa non mostravano di andare troppo d’accordo. Il Verri, nella sua “Storia di Milano” narra che i comaschi assalirono Varese, nottetempo e di sorpresa, co- stringendo i suoi cittadini a combattere seminudi e poi, una volta sconfitti, li trascinarono fino al lago di Como. Ma Milano, cui Varese era alleata, vendicò l’attacco radendo al suolo la città di Pli- nio. Altro storico terreno di scontro è stato per anni lo stadio: “Mai con Como” era lo slogan dei Biancorossi per scongiurare il ritorno dell’ege-

monia comasca, egemonia a cui aveva posto fine l’elevazione di Varese al rango di provincia, nel 1927. Comunque, se qualche remora rimaneva dal punto di vista calcistico, le vicissitudini degli ultimi anni hanno smorzato e poi spento i cori del Franco Ossola.
Ora Varese e Como sono due metà che si sono completate e che, anche secondo lo statu- to dell’Insubria del 2002, hanno pari dignità nel- lo sviluppo accademico. Distano tra loro solo 25 chilometri di Statale Briantea, un po’ trafficata per la verità. Ma un nuovo treno dallo scorso anno sostituisce la ferrovia abolita nel 1966 e, facendo tappa a Mendrisio per collegare i due capoluoghi, sancisce ancor meglio la geografia dell’Insubria, che con la vicina Svizzera ha progetti ambiziosi di collaborazione.
A Varese hanno sede il rettorato nell’ex col- legio Sant’Ambrogio, nel cuore della città, e nel quartiere di Bizzozero il campus con una decina di padiglioni didattici. A Como il luogo insubrico più rappresentativo è il Chiostro di Sant’Abbondio, che ospitò il vescovado fino all’XI secolo, mentre il polo scientifico è in via Valleggio. La formazio- ne delle professioni sanitarie avviene nelle azien- de ospedaliere dei due capoluoghi: il Circolo Fon- dazione Macchi a Varese e il Sant’Anna a Como, convenzionate in qualità di poli universitari.
In vent’anni i dipartimenti sono diventati sette: Biotecnologie e scienze della vita, Diritto econo- mia e culture, Economia, Medicina e chirurgia, Scienza e alta tecnologia, Scienze teoriche e ap- plicate, Scienze umane e dell’innovazione per il territorio. Gli studenti sono 11mila, i docenti 400 e 320 i tecnici e gli amministrativi. Renzo Dionigi, preclaro chirurgo, al quale dobbiamo l’intuizione e la realizzazione dell’Ateneo, ne fu il Primo Ma- gnifico Rettore dal 1998 al 2012; si sono succeduti nella massima carica accademica Alberto Coen Porisini dal 2012 al 2018, e nell’attuale sessennio Angelo Tagliabue.
Varese e Como restano città diverse che, sul fronte universitario, si nutrono delle loro diffe- renze, come fa la medicina. Sappiamo bene che la cura del malato si compie con la scienza e in- sieme con la carità, come è rappresentato in un celebre dipinto del 1897 di Pablo Picasso. Non di- mentichiamo che il mitico medico Chirone, colui che curò Achille alla caviglia ustionata dalle ma- gie della madre Teti per renderlo immortale, era metà uomo e metà cavallo. E che il dottor Watson, amico e biografo di Sherlock Holmes, possedeva

la duplice anima di medico e narratore, così come lo stesso sir Arthur Conan Doyle. Così come The- odor Billroth, che operava con il bisturi e con il violino. Ancora come Francesco Cigalini, medico ma anche filosofo e astrologo comasco che nel 1500 descrisse l’influsso delle costellazioni sulla salute dell’uomo. Medico ma anche giornalista era Joaquin Navarro-Valls, direttore della sala stampa della Santa Sede, insignito della Laurea Honoris Causa in Scienze della Comunicazione all’Insu- bria nel 2006, a motivo della “diffusione di uno stile comunicativo di grande sobrietà, precisio- ne e rigore morale ed in cui l’obiettività del dato e della notizia non è mai disgiunto dal rispetto umano e dalla ricerca della verità”.
Medici e uomini speciali, quelli citati, che ci di- mostrano il valore e la forza dirompente di avere dentro di sé due anime ugualmente nobili, due poli che si attraggono e si respingono, due fiumi entrambi pieni di vita che si avvolgono nella spira- le misteriosa della conoscenza. La diversità è arric- chimento e stimolo e l’Università dell’Insubria non può che farne “elemento di eccellenza, perché fat- tore di aggregazione e di rafforzamento della co- munità, precursore di una tendenza che ha portato al cambiamento del modello storico di Università”, citando le parole del Ministro dell’Università e del- la Ricerca, Letizia Moratti, del suo discorso inau- gurale per l’anno accademico 2001/2002.
Tra le novità dell’ateneo che rispecchiano que- sto bipolarismo ricorrente ci sono due master: uno di Medicina di montagna e uno di Medicina subacquea e iperbarica, vette e abissi da percor- rere con vere full immersion di studio e pratica. E poi c’è il nuovissimo master di Psicotraumatolo- gia, che si occupa di affrontare le ferite dell’ani- ma, che derivino dalla violenza di genere, dal lut- to, dalla malattia, dal sopruso, dalla prepotenza. Anche in questo caso sentimenti opposti, come il dolore e la cura, si incontrano in un punto di unione somma o somma rottura, da cui comun- que scaturisce una forza dirompente.
Nel IV secolo avanti Cristo, Platone nel Fe- dro scrisse: “Ogni discorso deve essere costitui- to come un essere vivente, con un suo corpo, in modo da non essere privo né di testa né di piedi, ma da avere parti di mezzo e parti estreme, scritte in modo da accordarsi le une alle altre e ciascuna all’insieme”. Credo che ogni evento straordinario sia preparato dalla storia e, come ogni parte, si collochi nell’armonia di un discorso o di un cor- po, perché ogni parte valorizzi il suo significato.

Cita questo articolo

Carcano G., Storia dell’Università degli studi dell’Insubria, Medicina e Chirurgia, 81, 3658-3659, 2019. DOI: 10.4487/medchir2019-82-4

Affiliazione autori

Giulio Carcano – Università dell’Insubri

LA NUTRIZIONE PASSA DI QUA (NPQ). Individuazione di una road map per l’insegnamento della nutrizione nel core curriculum del laureando in Medicina e Chirurgian.81, 2019, pp. 3622-3628, DOI: 10.4487/medchir2019-81-6

Abstract

Al fine di soddisfare il crescente e condiviso bisogno di educazione nutrizionale per gli studenti di medicina, un progetto educativo denominato “La Nutrizione Passa di Qua” (NPQ) è stato recentemente lanciato da Sapienza Università di Roma. Il progetto NPQ, è stato avviato nell’anno accademico 2018-2019 con lo scopo di integrare l’educazione nutrizionale nel processo formativo degli studenti di medicina. Prima si è proceduto a definire gli argomenti di interesse nutrizionale che dovrebbero entrare a far parte dei saperi dei laureati in medicina. Successivamente, tra le “UDE” (Unità didattiche elementari) proposte dalle Conferenze Permanenti delle Facoltà e delle Scuole di Medicina sono state identificate quelle in cui tali saperi potessero essere trasmessi. Con questo approccio, che non implica alcun aumento del numero di crediti / anno, la nutrizione (di base, applicata e clinica) verrà progressivamente insegnata dal primo al sesto anno del corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia. Sulla base dei risultati ottenuti durante il periodo sperimentale attualmente in corso, il progetto NPQ (ora implementato in due corsi universitari) potrebbe essere esteso ad altre scuole mediche di Sapienza Università di Roma.
Parole chiave: Nutrizione, insegnamento universitario

Summary
In order to satisfy the commonly perceived growing need of nutrition education for medical students, an educational project named “La Nutrizione Passa di Qua” (NPQ)” (Nutrition Passes Here) has been recently launched by Sapienza Unversity in Rome. The NPQ Project has been started in the academic year 2018-2019 and is aimed at integrating nutritional education for medical students. Topics of nutritional interest which should be part of the knowledge of the graduated in medicine have been first defined and assigned the amount and type of knowledge to be acquired by the student. Then, among the “UDE” (Elementary Didactic Units) proposed by the Permanent Conference of the Chairmen of Italian Medical Schools, those in which “nutritional elements” may be taught were identified. With this approach, which does not imply any increase in the number of credits/ year, basic, applied and clinical nutrition will be thaught progressively from the first until the sixth year of the medical school course. Based on the results obtained during the currently ongoing experimental period, the NPQ project (now implemented in two undergraduate courses) could be possibly extended to other Medical Schools at Sapienza.
Key words: nutrition, academic teaching.

Articolo

Premessa
La Nutrizione Passa di Qua (NPQ) è un progetto di integrazione della formazione in ambito nutrizionale per gli studenti dei CLM di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma “Sapienza”.

La Nutrizione Umana include un complesso di saperi fortemente interdisciplinari che comprendono aspetti genetici, biochimici, fisiologici, psicologici, cognitivo-comporta-mentali, statistico-epidemiologici, clinici, tec-nologici, economici, politici e sociali. L’elevata prevalenza di malnutrizione sia per eccesso sia per difetto ha un impatto importante sulla mortalità, sul “burden of disease” e sui costi sanitari in tutto il mondo. Abbastanza sor-prendentemente, l’insegnamento della Nutrizione Umana (di base, applicata e clinica) nei Corso di Laurea di Medicina e delle professioni sanitarie è ancora insufficiente in Italia così come in altri Paesi. D’altro canto l’area della nutrizione è oggetto di attenzione da parte di tanti, che poco hanno a che fare con questo settore, con la conseguenza che vengono diffuse notizie e informazioni spesso false e fuorvianti.
Il progetto nasce quindi dalla convinzione che è importante che i Medici siano in grado di dare informazioni scientificamente valide in tale ambito e che essi acquisiscano conoscenze e competenze tali da consentire loro di comprendere e impostare il percorso diagnostico-terapeutico relativo alle problematiche nutrizionali nella pratica clinica. Infatti, il core curriculum degli studi di medicina deve poter armonizzare la imprescindibile integrazione tra scienze di base, fisiopatologia e pratica medica con la rivoluzione in corso da anni che ha comportato aperture nei confronti di nuove applicazioni, nuove discipline scientifiche, la necessità di nuovi approcci diagnostici e terapeutici, come già efficacemente sottolineato nel 2014 da Gaddi et al su questo giornale.
Ma come compatire questa crescente e condivisa esigenza con la oramai consolidata struttura del “core curriculum” del laureato in Medicina e Chirurgia?

Metodologia
Onde evitare di modificare la struttura del CLM in Medicina e Chirurgia, si è deciso di inserire gli argomenti di interesse nutrizionale all’interno dei diversi insegnamenti, riservando loro uno spazio tutto sommato piccolo (ma sufficiente) in grado di far acquisire agli studenti conoscenze e competenze adeguate in ambito nutrizionale nel corso dei 6 anni. È stato pertanto attivato in via sperimentale il progetto NPQ in due dei sei CLM di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma “Sapienza” nell’anno accademico 2018-2019. La realizzazione del progetto si è svolta, e si sta svolgendo, attraverso fasi diverse tra loro strettamente interconnesse:

  • individuazione degli argomenti di interesse della formazione in ambito nutrizionale che dovrebbero far parte dei saperi dello studente in Medicina e Chirurgia al mo-mento della laurea;
  • individuazione tra le Unità Didattiche Elementari (UDE) proposte dalla Conferenza Permanente dei Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgia (http://presidenti-medicina.it/core-curriculum/proposte) di quelle in cui sia possibile e auspicabile sviluppare gli argomenti di interesse nutrizionale (tabella 1);
  • condivisione del progetto con i Presidenti del CLM “B” e “D” (scelti come pilota), con i Presidi delle Facoltà di “Medicina e Odontoiatria” e di “Farmacia e Medicina”, con il Rettore dell’Università di Roma “Sapienza”, con i Docenti degli Insegnamenti interessati;
  • recepimento di osservazioni, correzioni e integrazioni al progetto che potessero venire dalle parti interessate;
  • indagine ad inizio AA 2018-2019 del livello di “alfabetizzazione” nutrizionale degli studenti del CLM di Medicina e Chirurgia;
  • attuazione del percorso NPQ durante l’AA 2018-2019;
  • verifica a fine AA 2018-2019 del livello di “alfabetizzazione” nutrizionale acquisito dagli studenti del CLM di Medicina e Chirurgia, del gradimento degli studenti relativamente al progetto NPQ, delle opinioni dei docenti coinvolti nel percorso di NPQ.

La realizzazione del progetto è stata possibile grazie alla creazione di un gruppo di studio/lavoro che ha coinvolto i docenti afferenti all’Unità di Ricerca in Scienza dell’Alimentazione e all’Unità Operativa Complessa in Medicina Interna e Nutrizione Clinica e che ha avuto come scopi quelli di:

  • svolgere tutto il lavoro preliminare (definizione degli argomenti di interesse nutrizionale e integrazione nelle UDE);
  • discutere con il corpo docente dei CLM “B” e “D” gli argomenti individuati per l’ottimizzazione del progetto;
  • realizzare le indagini (preliminare e a posteriori) relative alla “alfabetizzazione” nutrizionale degli studenti del CLM di Medicina e Chirurgia;
  • supportare, qualora necessario, i docenti dei CLM “B” e “D” nella realizzazione del progetto.

È interessante rilevare che gli argomenti sono stati svolti, nella stragrande maggioran-za dei casi, dai docenti titolari degli insegna-menti, mentre il gruppo di studio/lavoro NPQ è intervenuto, su richiesta dei Colleghi, solo in alcuni casi.

Conclusioni preliminari

Il progetto, già pochi mesi dopo l’avvio, sembra riscuotere interesse e condivisione. Ciò lascia ben sperare per i risultati che saranno raccolti a fine anno accademico.
In particolare il progetto ha come punto di forza, la capacità di collegare gli aspetti legati alle scienze di base (biochimica, fisica, anatomia) alla fisiologia dello stato di nutrizione e dei comportamenti alimentari, le scienze di base e la fisiopatologia con lo studio della clinica delle varie forme di malnutrizione, e infine le tre aree di competenza della nutrizione (base, applicata e clinica) tra di loro.
Di fatto il progetto individua tra i saperi minimi, che ogni studente deve aver acquisito alla fine del Corso di Studi, anche quelle informazioni necessarie a comprendere meglio le problematiche relative la nutrizione clinica. Il fil rouge che lega le diverse nozioni in un percorso integrato riteniamo possa portare lo studente a comprendere il nesso esistente tra scienze di base, fisiopatologia e clinica delle diverse forme di malnutrizione ed il notevole e negativo impatto che ogni forma di malnutrizione ha sulla salute dei pazienti e sui sistemi sanitari.

Lavoro futuro e prospettive

  • verifica di esito: i risultati del lavoro svolto andranno verificati nel futuro prossimo. In particolare andranno verificati l’efficienza (impatto sull’organizzazione del lavoro didattico del CLM) e l’efficacia (miglioramento delle conoscenze in ambito nutrizionale degli studenti);
  • valutazione delle criticità: andranno rilevate le criticità che potranno emergere sulla base delle osservazioni che faranno docenti e studenti o che lo stesso gruppo di studio/lavoro potrà rilevare;
  • implementazione del progetto: sulla base delle osservazioni che potranno pervenire, sarà possibile integrare il progetto con altri argomenti di interesse nutrizionale;
  • allargamento ad altri Corsi di Laurea: obiettivo del progetto è quello di estendere il progetto a tutti i CLM in Medicina e Chirurgia dell’Università “Sapienza”, ai CLM di Odontoiatria e ai CL e CLM delle professioni sanitarie;
  • creazione di un programma di formazione a distanza (FAD): per realizzare quanto sopra è prevista l’implementazione del progetto attraverso un programma di FAD che possa consentire l’acquisizione di CFU.

Bibliografia

Donini LM, Leonardi F, Rondanelli M, Bandera-li G, Battino M, Bertoli E, Bordoni A, Brighenti F, Caccialanza R, Cairella G, Caretto A, Cena H, Gambarara M, Gentile MG, Giovannini M, Lucchin L, Migliaccio P, Nicastro F, Pasanisi F, Piretta L, Radrizzani D, Roggi C, Rotilio G, Scalfi L, Vettor R, Vignati F, Battistini NC, Muscaritoli M. The Domains of Human Nutrition: The Importance of Nutrition Education in Academia and Medical Schools. Front Nutr. 2017 Feb 22;4:2. doi: 10.3389/fnut.2017.00002. eCollection 2017.

Donini LM, Muscaritoli M. La formazione in nutrizione umana nei CLM in Medicina e Chirurgia. Medicina e Chirurgia, The Journal of Italian Medical Education. 2016;69:3133-7

Gaddi A., Basili S., Rizzo C., Lenzi A., Caruso C., Il Core Curriculum degli studi di Medicina. Stato dell’arte e prospettive, Medicina e Chirurgia, 62: 2791-2793, 2014

Muscaritoli M, Cuerda C, Donini LM, Baqué P, Gaudio E, Jezek D, Krznaric Z, Pirlich M, Sch-neider S, Schetgen M, Spranger J, Vargas JA, Van Gossum A. Nutrition education in Medical Schools (NEMS). An ESPEN position paper. Clin Nutr. 2019 Feb 7. pii: S0261-5614(19)30050-0. doi: 10.1016/j.clnu.2019.02.001

Cita questo articolo

Muscaritoli M., Lenzi A., Basili S., Della Rocca C., Filetti S., Polimeni A., Donini L. M., LA NUTRIZIONE PASSA DI QUA (NPQ). Individuazione di una road map per l’insegnamento della nutrizione nel core curriculum del laureando in Medicina e Chirurgia, in Medicina e Chirurgia, 81, 2019, pp. 3622-3628, DOI: 10.4487/medchir2019-81-6

Affiliazione autori

Maurizio Muscaritoli, Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione, Sapienza-Università di Roma

Andrea Lenzi, Presidente del Comitato Nazionale dei Garanti per la Ricerca del MIUR, Sapienza-Università di Roma

Stefania Basili, Presidente del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia D, Sapienza-Università di Roma.

Carlo Della Rocca, Preside della Facoltà di Farmacia e Medicina, Sapienza-Università di Roma.

Sebastiano Filetti, past-dean della Facoltà di Medicina e Odontotiatria, Sapienza-Università di Roma.

Antonella Polimeni, Preside della Facoltà di Medicina e Odontoiatria, Sapienza-Università di Roma.

Lorenzo M Donini, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia Medica, Scienza dell’Alimentazione ed Endocrinologia, Sapienza-Università di Roma.

Acknowledgment: uno speciale ringraziamento ai Colleghi afferenti all’Unità di Ricerca in Scienza dell’Alimentazione (A Pinto, AM Giusti, E Poggiogalle) e all’Unità Operativa Complessa di Medicina Interna e Nutrizione Clinica (A Laviano, A Molfino) che stanno contribuendo alla realizzazione del progetto NPQ.

Indagine nazionale sui tirocini professionalizzanti nei Corsi di Laurea in Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro (TPALL)n.79, 2018, pp. 3534-3540, DOI: 10.4487/medchir2018-79-6

Abstract

Il tirocinio rappresenta il cuore della preparazione professionale degli studenti dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie. Per identificare, descrivere e analizzare le caratteristiche, a livello nazionale, dei tirocini nel Corso di Laurea in Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro (TPALL) è stato disegnato uno studio esplorativo di tipo descrittivo, allo scopo di fornire nuove conoscenze sul tema, favorire il confronto tra i formatori e il miglioramento delle attività formative professionalizzanti. E’ stato progettato un questionario, applicando le prime fasi del processo di validazione, come indicato in letteratura. L’analisi della validità di contenuto è stata effettuata attraverso il Content Validity Index.

Il questionario risultante (50 items) è stato inviato per la compilazione online ai Direttori delle Attività Didattiche (DAD) delle 33 sedi del Corso di Laurea TPALL attivi nell’a.a. 2016-2017, afferenti a 27 Atenei italiani.

Hanno risposto il 78% dei Coordinatori, riportando i dati del 73% delle sedi dei corsi TPALL presenti in Italia, riguardanti il percorso di tirocinio di 1205 studenti.

L’indagine ha rilevato una realtà piuttosto differenziata dalla quale emergono criticità connesse al riconoscimento del ruolo delle figure tutoriali, alla progettazione dei percorsi formativi e alla loro valutazione. Da ciò è possibile trarre indicazioni per la ricerca di strategie comuni, l’implementazione della formazione delle figure tutoriali e l’arricchimento dell’offerta formativa.

Parole-chiave: Organizzazione dei tirocini; tecnicodella prevenzione; tutorato; survey; formazione di base.

Training in the field is considered a core phase in the educational process of healthcare professionals .We designed a National explorative survey to identify and describe the characteristics of the Environmental Health Officers (EHO) apprenticeships in undergraduate courses; our aim was to extend knowledge of this topic, stimulate debate among teachers and promote the improvement of training in the field.

We designed a questionnaire, and applied the first phases of the validation process, as pointed out by literature. The analysis of content validity was performed calculating the Content Validity Index. The resulting questionnaire (50 items) was emailed to all the 33 Italian Coordinators of EHO apprenticeships (belonging to 27 different universities) in the A.Y. 2016-2017, for online filling out.

Seventy eight% of the Coordinators filled out the questionnaire, reporting data related to 73% of the universities offering EHO courses, which globally involved 1205 students.

Our survey revealed a quite patchy situation, in which some critical aspects emerged, mainly related to the acknowledgment of the role of mentors/tutors, and to the activities of planning and evaluating training in the field.

Accordingly, we point out the necessity of discussing common strategies to implement EHO apprenticeships on a national basis, to develop mentors’ programs, and, more generally, to improve curricula.

Key words: Apprenticeship organization; environmental health officers; mentoring; survey; undergraduate training.

Articolo

Introduzione

Nel 2010, la Conferenza Permanente dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie (CPCLPS), forte della legge di Riforma Universitaria DM 270/2004, riprogetta e consolida le esperienze maturate nella formazione universitaria con la predisposizione del documento Principi e standard del tirocinio professionale nei corsi di laurea delle professioni sanitarie. Il documento richiama la forte valenza formativa del tirocinio curricolare, inteso come strategia formativa che prevede l’affiancamento dello studente a un professionista esperto in contesti sanitari specifici, al fine di svilupparne le competenze professionali, di identità e appartenenza professionale e di pre-socializzazione al mondo del lavoro.

L’attività di tirocinio professionalizzante prevista nel percorso formativo del Tecnico della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro (TPALL), che afferisce alla Classe di Laurea delle Professioni Sanitarie della Prevenzione, mutua dal DM 119/2009 gli obiettivi formativi qualificanti – il TPALL svolge con autonomia tecnico-professionale attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene e sanità pubblica e veterinaria – e prevede il tirocinio clinico, di almeno 60 CFU, come parte integrante e valorizzante la formazione professionale.

A oggi, però, non si dispone di informazioni sui modelli organizzativi e formativi per la realizzazione del tirocinio professionale del TPALL, né sul livello di adesione dei CdL alle indicazioni fornite in merito dalla CPCLPS. L’obiettivo di questa ricerca è stato identificare, descrivere e analizzare le caratteristiche dei percorsi di tirocinio dei CdL per TPALL, al fine di contribuire a fornire nuove conoscenze sull’oggetto indagato.

Materiali e metodi

Per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, è stato effettuato uno studio esplorativo di tipo descrittivo, che ha coinvolto tutti i Direttori delle Attività Didattiche (DAD) dei CdL TPALL italiani (33 sedi, 27 Atenei) cui è stato richiesto di compilare un questionario on-line, costruito applicando il processo sistematico in sette step proposto dalla AMEE Guide No. 87 (Developing questionnaires for educational research).

La revisione della letteratura (Step 1) ha evidenziato l’assenza di survey relative alle attività formative professionalizzanti nel CdL in Tecniche della Prevenzione.

Lo Step 2 ha riguardato l’analisi della presenza/assenza di informazioni sull’organizzazione del corso, la presentazione e la progettazione del tirocinio, nonché delle informazioni sulle attività di tirocinio disponibili sui siti delle diverse sedi del CdL (web research).

A partire dal quadro teorico concettuale di riferimento (identificato nel sopracitato documento della CPCLPS) sono state individuate le tematiche privilegiate e gli indicatori da considerare ai fini della ricerca (Step 3).

E’ stata quindi predisposta una prima versione del questionario (Step 4) costituita da 41 items ripartiti in 5 sezioni, che è stata sottoposta al giudizio di un gruppo di 6 esperti (Step 5), scelto sulla base dell’esperienza e competenza nel settore (una pedagogista e cinque professionisti con ruolo di DAD e Coordinatore di CdL triennali e magistrali afferenti all’area della Prevenzione), a cui è stato chiesto di esprimere un giudizio sulla rilevanza dei contenuti (utilizzando una scala Likert a 4 punti:  1 = non rilevante, 2 = in qualche modo rilevante, 3 = abbastanza rilevante, 4 = altamente rilevante) per ogni item del questionario.

Dai feedback provenienti dagli esperti, è stata avviata l’analisi della validità di contenuto secondo un metodo di quantificazione del grado di accordo degli esperti in merito alla rilevanza degli item, il Content ValidityIndex (CVI), un valore facilmente computabile e comprensibile, e in grado di produrre informazioni utilizzabili per raffinare o scartare singoli elementi oltre che a informazioni sulla validità globale della scala (intesa come insieme di items). Con un gruppo di 6 esperti il valore CVI per ogni item (I-CVI) è considerato “accet-tabile” se non è inferiore a 0,783. Secondo gli standard proposti da Polit et al. (2007), invece, il valore raggiunge un giudizio “eccellente” se compreso tra 0,81 e 1. Nel nostro studio l’I-CVI è risultato compreso tra 0,83 e 1.

Per il CVI riferito all’intera scala (S-CVI) si è proceduto al calcolo sia dell’indice S-CVI/UA (basato sull’accordo universale), il cui criterio di accettabilità è pari a 0,80, sia dell’indice S-CVI/Ave (basato sulla media), ilcui standard è individuato a 0,90. Nel nostro studio l’S-CVI/UA è risultato 0,82 e l’S-CVI/Ave è risultato 0,87.

Contestualmente alla validazione di contenuto, è stata verificata la validità di facciata. In conseguenza del giudizio espresso dagli esperti, dei risultati della web research e dei dati emersi dalle interviste cognitive  relative alla comprensibilità degli item e delle opzioni di risposta del questionario (validità del processo di risposta) effettuate con 4 soggetti (differenti dal team di esperti) non DAD, ma con competenze sui tirociniTPALL (Step 6), si è deciso di predisporre un Glossario (in Appendice) per rendere il più possibile univoca l’interpretazione dei termini adottati.

La Guida AMEE No. 87 prevede infine l’effettuazione di un test pilota (Step 7) condotto su membri della popolazione target e, a seguire, l’analisi statistica dei dati.

Nel nostro studio, avendo assunto come target l’intera popolazione reclutabile (i 33 DAD delle sedi del CdL)questa fase non è stata realizzata. Il questionario finale comprende 50 item ripartiti in 5 sezioni: organizzazione del CdL, caratteristiche dellesedi di tirocinio, organizzazione delle attività, progettazione e documentazione del percorso, valutazione dellostudente.

I dati raccolti sono stati elaborati utilizzando tecniche di statistica descrittiva, mediante Excel 2010. Ai risultati ottenuti attraverso le domande aperte o campi testo sono stati applicati, ove possibile, metodi di analisi di contenuto di un testo scritto. Al fine di individuare relazioni tra variabili nominali, il campione è stato ripartito in diversi gruppi, in base ad alcune caratteristiche (DAD operante a tempo pieno o parziale, presenza/assenza di Tutor della Didattica Professionale, aree geografiche di appartenenza). Riporteremo qui, per problemi di spazio, solo i confronti di maggior interesse. Viste le ridotte dimensioni del campione, si è adottato il test esatto di Fisher (α = 0,05). Per le variabili discrete è stato invece utilizzato il Test della somma dei ranghi di Mann-Whitney.

Risultati

Dei 33 questionari inviati ne sono stati raccolti 24 (73%) relativi a 21 dei 27 Atenei coinvolti (78%). Uno è risultato incompleto, per cui l’analisi dei dati è stata condotta su 23 questionari. In due sedi sono attivi, rispettivamente, solo il II anno di corso e il II e III anno.

Ha risposto l’83% delle sedi collocate in regioni del Nord (10 su 12) e Centro (10 su 12) e il 33% delle sedi nel Sud e Isole (3 su 9). L’indagine ha riguardato nel complesso il percorso di tirocinio di 1205 studenti.

Dai dati raccolti sull’organizzazione del CdL, emerge che in 15 sedi su 23 (65%) il DAD è dedicato alla funzione a tempo parziale, a fronte del 35% incaricato a tempo pieno.

Schermata 2018-11-22 alle 14.51.31

Il tempo dedicato dal DAD a tempo parziale alla funzione risulta molto variabile: da un minimo di 2 h settimanali ad un massimo di 29, con una media di 14 h settimanali dedicate; il 47% ha un incarico pari o inferiore a 10 h settimanali, l’80% pari o inferiore a 20 h.

I Tutor della Didattica Professionale risultano presenti in 5 delle 15 sedi in cui il DAD è a tempo parziale e, complessivamente, in 9 sedi su 23 (39%). Il loro numero varia da 1 a 15 e nel 66,7% delle sedi è pari o inferiore a 3. il dato non risulta correlato al numero di iscritti delle sedi considerate.

Circa le caratteristiche delle sedi di tirocinio, il Dipartimento di Prevenzione risulta la principale sede ospitante per tutti gli anni di corso e in tutte le aree geografiche, ma emerge una prevalenza più elevata del coinvolgimento di Studi professionali e Aziende private, in particolare per il II e III anno e già dal I anno nelle sedi del Sud e delle Isole. I criteri di selezione (per qualità e prestazioni) delle sedi di tirocinio sono riferiti per il 91% alla “presenza di opportunità di apprendimento rilevanti e coerenti con gli obiettivi formativi e le esigenze dello studente” e per l’83% (19 sedi su 23) alla “presenza di professionisti motivati all’insegnamento e alla supervisione dei tirocinanti”.

Schermata 2018-11-22 alle 14.51.12

Nelle sedi di tirocinio, gli ambiti di competenza professionale affrontati sono riferiti in prevalenza all’igiene e sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro in tutti gli anni di corso; la protezione ambientale risulta, invece, la tematica meno considerata.

Undici DAD su 23 (48%) dichiarano che in tutte le sedi ospitanti è individuato il Tutor di sede per il coordinamento e supporto ai colleghi e spesso non risulta distinzione, nell’ambito delle figure tutoriali, tra Tutor e Guida (o Assistente) di tirocinio. Infine, per l’accesso al ruolo tutoriale, il criterio dell’appartenenza al profilo professionale per i Tutor viene richiamato nel 18% delle risposte, e per le Guide di tirocinio nel 29%.

Il monitoraggio della qualità dell’offerta formativa professionalizzante è attuato dall’87% delle sedi formative, per il 50% con l’utilizzo di questionari; mentre la valutazione dell’ambiente di apprendimento è prevista nel 74% delle sedi, in prevalenza tramite somministrazione di questionari (76%).

Analizzando la distribuzione delle ore dedicate alle attività di tirocinio (valore medio), appare evidente una numerosità più elevata nel corso dei tre anni nel Nord e nel Centro, mentre nel Sud e nelle Isole il trend risulta meno marcato, con un appiattimento dei valori nel II e III anno.

Dal confronto tra aree geografiche sull’organizzazione delle attività, nello specifico sulla ripartizione delle ore tra attività propedeutica (attività d’aula, seminari, laboratori, esercitazioni ecc.) e attività sul campo (affiancamento dello studente ad un professionista esperto), la percentuale di ore dedicate ad attività propedeutiche risulta pari al 34% nel I anno (valore che si attesta al 42% nel Nord), 13% nel II anno e 14% nel III.

Schermata 2018-11-22 alle 14.51.43

Schermata 2018-11-22 alle 14.51.56

Esaminando ciascuna sede di tirocinio emergono alcune differenze rilevanti: nel corso del I anno in 4 sedi su 21 (19%) tutte le ore di tirocinio sono dedicate ad attività propedeutiche e in 2 sedi (10%) l’intero monte ore è dedicato all’esperienza sul campo; il ricorso esclusivo ad esperienze sul campo è presente in 6 sedi su 23 (26%) nel II anno e in 4 su 22 (18%) nel III.

Le attività propedeutiche rilevate sono per lo più attività d’aula, che solo nel corso del III anno risultano indicate in percentuale minore rispetto a laboratori, esercitazioni e simulazioni.

Schermata 2018-11-22 alle 14.52.09

Nell’ambito della progettazione del percorso, gli obiettivi formativi risultano standardizzati dal CdL in 19 sedi su 23 (83%), ma per 8 di queste è stata evidenziata la possibilità di procedere comunque a una individualizzazione, sulla base delle esigenze dello studente. La verifica del loro raggiungimento e dell’apprendimento sviluppato sul campo è effettuata prevalentemente tramite colloquio orale con il tutor (78%) e attraverso la discussione di casi (74%). I report scritti rappresentano la modalità più diffusa di documentazione del percorso (18 sedi su 23; 78%).

Schermata 2018-11-22 alle 14.52.26

I contratti formativi, i portfolio e i diari di bordo (strumenti che facilitano l’apprendimento dall’esperienza e la riflessività, e che non possono prescindere da processi quali l’autovalutazione, l’analisi dei bisogni, i feedback costanti e la valutazione formativa) sono indicati rispettivamente da 10 sedi (43%), 4 sedi (17%), 1 sede.

L’autovalutazione risulta adottata sistematicamente solo in 5 sedi su 23 (22%) e praticata in modo saltuario in 7 (30%). Non è prevista nelle restanti 11 sedi (48%). Cinque dei 10 DAD che hanno indicato il contratto formativo come strumento di documentazione del percorso hanno dichiarato che non è prevista l’autovalutazione da parte dello studente.

L’analisi dei bisogni di apprendimento è prevista in 22 sedi su 23, individualmente (35%) o di gruppo (61%). Momenti intermedi di riflessione e di feedback tra studenti e tutor sono indicati come presenti in modo sistematico da 15 DAD su 23 (65%) e in modo saltuario da 6 (26%).

La valutazione formativa, mirata a seguire lo studente in tutte le fasi dell’apprendimento e a predisporre, se necessario, interventi di rinforzo, risulta attuata in modo sistematico in 8 sedi su 23 (35%) e in modo saltuario da un ulteriore 35%. In sette sedi (30%) non è prevista questa tipologia di valutazione.

La valutazione certificativa, che alla fine di ogni anno di corso, documenta con un voto il livello di competenza raggiunto dallo studente, è attuata, prevalentemente, attraverso il colloquio orale (dall’86% al 91%) e la relazione scritta delle attività di tirocinio (dal 52% al 74%).

Schermata 2018-11-22 alle 14.52.45

Le motivazioni della valutazione sono condivise con lo studente in modo sistematico in 18 sedi su 23 (78%); mentre in 5 sedi (22%) il confronto avviene in modo saltuario.

Schermata 2018-11-22 alle 14.52.59

Discussione

Le principali caratteristiche del tirocinio professionalizzante nel CdL per TPALL che l’indagine ha messo in luce sono relative ad aspetti di tipo organizzativo, legati alla ridotta presenza di DAD impegnati a tempo pieno (Il dato è in contrasto con quanto emerso dall’indagine nazionale promossa nel 2016 dalla CPCLPS “Evoluzione della funzione di coordinamento delle attività formative professionalizzanti dei Corsi di Laurea delle Professioni sanitarie. Indagine nazionale” che ha coinvolto 229 Direttori/Coordinatori di CdL delle Professioni Sanitarie di cui il 66% è risultato impegnato a tempo pieno. (Bielli S., Canzan F., Mastrillo A., Berti S., Ambrosi E., Saiani L. (2016). Medicina e Chirurgia, 72: 3263-3268)) e alla limitata individuazione di Tutor della Didattica Professionale dedicati, aspetto che diventa ancora più rilevante se messo in relazione alla complessità delle realtà con cui la sede formativa si deve interfacciare e in cui il settore privato emergere come un importante interlocutore per le attività di tirocinio.

In relazione alla progettazione delle attività di tirocinio sono state evidenziate incoerenze tra gli strumenti indicati per documentare il tirocinio e le pratiche necessarie per il loro utilizzo (es. autovalutazione) e differenze, tra le varie sedi, nella strutturazione delle attività (n. di ore, ripartizione delle attività) a fronte della comune necessità di orientare maggiormente l’attività propedeutica a esperienze che vedano il coinvolgimento attivo degli studenti. Al termine del percorso emerge poi il ricorso, nella valutazione, a modalità orientate soprattutto alla valutazione di conoscenze, non sempre adeguate alla valutazione di competenze relazionali e skills pratiche.

Limiti Della Ricerca

Durante l’indagine sono emerse alcune criticità che hanno posto dei limiti alla ricerca e che si ritiene utile registrare al fine di ottimizzare future esperienze:

  • linguaggio utilizzato nel questionario: nonostante la preventiva predisposizione di un Glossario (in Appendice), integrato nel questionario on line, l’interpretazione dei termini non è stata univoca, in particolare nella definizione dei diversi ruoli dell’organizzazione attinenti all’attività professionalizzante;
  • strumento utilizzato: non sempre è risultato capacedi “fotografare” la complessità della realtà indagata;
  • modalità di somministrazione: legata all’utilizzo di un questionario auto-compilato;

Conclusioni

Il quadro di insieme ci mostra una realtà piuttosto disomogenea da cui è possibile ricavare indicazioni per prossimi interventi:

  • Implementazione del sistema tutoriale dei CdL per TPALL attraverso la rivalutazione e il sostegno alle figuredel DAD, del Tutor della Didattica Professionale e, in generale, del sistema di tutorato professionale che accompagna gli studenti nell’esperienza di tirocinio. L’urgenza di richiedere per queste figure una formazione specifica sulle strategie tutoriali e l’appartenenza allo specifico profilo professionale è resa ancora maggior dall’emergere nel panorama dei percorsi di tirocini del settore privato.
  • Predisposizione di strumenti di progettazione e valutazione condivisi. L’implementazione delle attività propedeutiche finalizzate alla sperimentazione di specifiche competenze in ambiente protetto e le conseguenti attività sul campo necessitano di una progettazione centrata sullo studente, utilizzando strumenti come i contratti di apprendimento e i portfolios. La possibilità di costruire, attraverso il confronto, uno strumento condiviso rappresenta un modo per dare visibilità alle tante esperienze vissute nel campo dell’apprendimento e nello sviluppo di particolari abilità, partendo dall’individuazione di una comune “rubrica” di standard, competenze attese e relativi indicatori.
  • Predisposizione di strumenti di valutazione degli ambienti di apprendimento. Gli ambienti in cui queste esperienze hanno luogo dovrebbero offrire l’opportunità di sperimentare ciò che è stato appreso nella teoria, modelli con cui confrontarsi e buoni standard professionali. Recentemente è stato sviluppato e validato lo Strumento di Valutazione Italiano dell’Apprendimento in Tirocinio (SVIAT), già in uso presso i CdL di altre Professioni Sanitarie. L’“adattamento” di questo strumento al profilo del TPALL potrebbe rappresentare un’ulteriore possibilità di confronto e riflessione sull’esperienza di tirocinio in questo CdL, tanto più importante in un orizzonte che vede emergere interlocutori eterogenei e in cui diventa urgente individuare e rispondere ai bisogni formativi di Tutor e Guide (facilitatori dell’apprendimento e supporto nella valorizzazione dell’esperienza).
  • La Costruzione di reti istituzionali tra sede formativa e strutture ospitanti sul territorio è una strada privilegiata per l’integrazione, anche attraverso un coinvolgimento degli stakeholders nei processi di valutazione dell’offerta formativa che consenta di promuovere processi di miglioramento continuo.

Il lavoro svolto non è esaustivo rispetto all’oggetto dell’indagine: molti sono gli aspetti meritevoli di approfondimenti, anche in relazione allo sviluppo di competenze trasversali nel percorso del TPALL. Questa indagine, i dati raccolti, la loro elaborazione e gli spunti di riflessione scaturiti dalle analisi possono tuttavia rappresentare un contributo fornito alla Commissione e ai professionisti impegnati a vario titolo nei percorsi formativi dei TPALL da cui orientare strategie comuni, implementare la formazione delle figure tutoriali e arricchire l’offerta formativa.

Bibliografia

Conferenza Permanente dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie, Settembre 2010. Principi e standard del tirocinio professionale nei corsi di laurea delle professioni sanitarie. http://cplps.altervista.org/blog/wp-content/uplo-ads/2011/06/Cons-Conf-Tirocinio-10-settembre.pdf (ultima visita 24 giugno 2018).

Artino A.R. Jr, La Rochelle J.S., Dezee K.J., Gehlbach H. (2014). Developing questionnaires for educational research: AMEE Guide No. 87. Medical Teacher, 36(6), 463-474.

Lynn M.R. (1986). Determination and quantification of content validity. Nursing Research, 35, 382– 385.

Polit D.F., Beck C.T., Owen S.V. (2007). Is the CVI an acceptable indicator of Content Validity? Appraisal and Recommendations. Research in Nursing & Health. 30, 459–467.

Polit D.F., Beck C.T. (2006). The Content Validity Index: Are You Sure You Know What’s Being Reported? Critique and Recommendations. Research in Nursing & Health. 29, 489–497.

Davis L.L. (1992). Instrument review: Getting the most from your panel of experts. Applied Nursing Research. 5, 194–197.

Waltz C.F., Strickland O.L. & Lenz, E.R. (2005). Measurement in nursing and health research (3rd ed.) Springer Publishing Co. New York

Mantovani S. (a cura di). (1998). La ricerca sul campo in educazione. I metodi qualitativi. Bruno Mondadori, Milano.

Glantz S.A. (2003), Statistica per discipline biomediche, Mc-Graw-Hill, New York.

Palese A., Grassetti L., Mansutti I., Destrebecq A., Terzoni S., Altini P., et al. (2017). Lo strumento italiano di misurazione della qualità dell’apprendimento clinico degli studenti infermieri. [The Italian instrument evaluating the nursing students clinical learning quality]. ASSISTENZA INFERMIERISTICA E RICERCA, 36(1), 41-50.

Appendice

GLOSSARIO

Schermata 2018-11-22 alle 15.04.03

*“Principi e standard del tirocinio professionale nei corsi di laurea delle professioni sanitarie” CONFERENZA PERMANENTE DEI CORSI DI LAUREA DELLE PROFESSIONI SANITARIE – Settembre 2010

**”Documento di indirizzo sulla valutazione dell’apprendimento delle competenze professionali acquisite in tirocinio dagli studenti dei corsi di laurea delle professioni sanitarie” CONFERENZA PERMANENTE DEI CORSI DI LAUREA DELLE PROFESSIONI SANITARIE – Novembre 2011

Cita questo articolo

Mazzari M., Fustinoni S., Troia B.M., Zannini L., Indagine nazionale sui tirocini professionalizzanti nei Corsi di Laurea in Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro (TPALL), Medicina e Chirurgia, 79: 3534-3540, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-79-6

Affiliazione autori

Mariacristina Mazzari, Corso di Laurea Magistrale in Scienze delle Professioni Sanitarie della Prevenzione, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano

Silvia Fustinoni, Corso di Laurea Magistrale in Scienze delle Professioni Sanitarie della Prevenzione, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano

Bruno Maria Troia, Commissione Nazionale dei Tecnici della Prevenzione della Conferenza Permanente delle Professioni Sanitarie; Docente del Corso di Laurea Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro dell’Università di Torino

Lucia Zannini, Dipartimento di Scienze biomediche per la salute, Università degli Studi di Milano.