Notiziarion.73, 2017, pp. 3340-3342

Agenzia Nazionale Valutazione Università e Ricerca – ANVUR

Il ponderoso esercizio denominato VQR (Valutazione della Qualità della Ricerca) è terminato ed il relativo decreto inerente la ripartizione della quota premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) è stato firmato a Dicembre scorso dal Ministro uscente Professoressa Senatrice Stefania Giannini. Il prossimo 21 Febbraio, nel corso di un evento pubblico che si svolgerà all’Auditorium Antoniano in Roma, verranno ufficialmente resi noti i dati in ogni dettaglio; farà parte del rapporto anche una disamina di quella che è definita “Terza Missione” delle Università ed Enti di Ricerca, ancorché essa non rientri nella quota premiale di ripartizione del FFO.

Giova ricordare che tra le finalità della VQR si deve escludere qualunque confronto inerente la qualità della ricerca tra aree scientifiche diverse. Questo ovviamente perché i parametri di giudizio e le metodologie di valutazione delle comunità scientifiche all’interno di ciascuna area sono profondamente diverse. Già da alcuni giorni è accessibile sul sito il giudizio individuale sui prodotti valutati nel corso della VQR: ogni ricercatore, e solo lui, che abbia partecipato all’esercizio, può verificare il punteggio ottenuto. Questo porta a ribadire ancora una volta che i risultati della VQR non possono e non devono essere utilizzati per valutare i singoli ricercatori, e ricordo soltanto uno dei motivi, che è particolarmente vero per una Area come la 06, notoriamente molto fertile nella produzione scientifica: il conferimento di solo due prodotti di ricerca pubblicati in quattro anni, costituisce in molti settori ma in particolare nel nostro, un’immagine della produzione complessiva dei singoli ricercatori molto parziale.

Il 25 gennaio ultimo scorso in seguito al Decreto Direttoriale n. 153 il MIUR ha approvato la graduatoria relativa ai “dottorati innovativi” PON a caratterizzazione industriale. In esito alle risultanze delle valutazioni effettuate dall’ANVUR la graduatoria finale ha ammesso al finanziamento 166 borse di studio di dottorato, mentre 145 non sono state ammesse non avendo raggiunto il punteggio minimo di 65 punti necessario per adire il finanziamento stesso. Con tale operazione il Ministero intende “sostenere la promozione e il rafforzamento dell’alta formazione e della specializzazione post laurea di livello dottorale…nelle regioni in ritardo di sviluppo”.

Un’operazione molto complessa, ma di estrema importanza per il mondo della ricerca universitaria è quella che vedrà l’ANVUR impegnata, insieme al Ministero, nell’espletamento di tutte le operazioni che faranno capo alla distribuzione premiale relativa al «Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza»,al quale sono annualmente assegnati, a decorrere dall’anno 2018, 296 milioni di euro.

A quanto si evince dall’Articolo 2 delle “Norme in materia di università e ricerca”, sarà responsabilità dell’ ANVUR, sulla base dei risultati ottenuti, all’esito dell’ultima VQR, dai docenti appartenenti a ciascun dipartimento delle università statali effettuare le seguenti operazioni:

  1. a) definire il calcolo di un apposito “Indicatore Standardizzato della Performance Dipartimentale” (IPSD), che tenga conto della posizione dei Dipartimenti nella distribuzione nazionale della VQR nei rispettivi settori scientifico disciplinari.
  2. b) attribuire, ad ognuno dei dipartimenti delle università statali, il relativo ISPD;
  3. c) redigere e rendere pubblica, all’interno del proprio sito internet istituzionale, la graduatoria dei dipartimenti delle università statali, in ordine decrescente rispetto all’ISPD attribuito al singolo dipartimento. E’ auspicabile, per consentire l’accesso ai fondi dal prossimo anno, che entro Aprile l’Agenzia sia in grado di fornire questa graduatoria, per consentire il rapido insediamento della Commissione Ministeriale che lavorerà sui progetti presentati dai singoli Dipartimenti.

Paolo Miccoli

Membro Consiglio Direttivo ANVUR

Consiglio Universitario Nazionale

Alla fine dell’anno il CUN ha espresso il “Parere su schema di decreto recante i criteri per la ripartizione delle risorse del Fondo di finanziamento ordinario delle Università per l’anno 2016, destinate alle finalità premiali e perequative nonché i criteri per il recupero delle somme per l’edilizia universitaria”(www.cun.it).

E’ stato condotto e pubblicato uno studio del Consiglio Universitario Nazionale su “Università e Ricerca. Le politiche perseguite, le politiche attese. Il difficile percorso delle autonomie universitarie (2010-2016).” che tra breve sarà disponibile on line sul sito www.cun.it che descrive le analisi e la proposte che il CUN ha formulato in questi anni.

Nell’adunanza dell’ 8 febbraio il CUN ha ricevuto la visita del Ministro On. Valeria Fedeli che ha auspicato uno stretto rapporto di collaborazione con l’Organo, ha identificato alcune problematiche prioritarie su cui lavorare come ad esempio il diritto allo studio, ha ringraziato i componenti uscenti ed in particolare il Presidente Prof. Andrea Lenzi per l’eccellente lavoro svolto.

Infatti il 14 febbraio si è insediato il CUN parzialmente rinnovato dopo le elezioni per le aree 01,02,04,06,08,11,14 per cui ad oggi molti membri sono nuovi consiglieri, mentre  altri sono stati riconfermati. In particolare nella nostra area

(06) sono statti rieletti per gli associati ( Prof. Antonio Biondi-  MED18 Università di Catania) per i ricercatori ( prof.ssa Manuela Di Franco – MED16- Sapienza Università di Roma). Il Prof. Mario Amore- MED25, è stato eletto in rappresentanza dei professori ordinari. Il prof. Amore è Preside della Scuola di Scienze Mediche e Farmaceutiche dell’Università di Genova ed è Direttore della Clinica Psichiatrica dell’Ospedale san Martino (GE). E’ stata eletta Presidente del CUN la Prof.ssa Carla Barbati, Professore Ordinario di Diritto Amministrativo e già vicepresidente del CUN. Chiedo venia se questa volta, nel mio di solito asettico report ,oltre a congratularmi e ad augurare buon lavoro alla Prof.ssa Barbati, desidero ringraziare a nome dell’area medica del CUN il Prof. Andrea Lenzi che per molti anni ha guidato quest’Organo con grande capacità e intelligenza . Il Prof. Lenzi lascia un’impronta profonda nel CUN tutto e nell’area medica verso la quale ha sempre mostrato una grande sensibilità e conoscenza, promuovendo numerose iniziative nella direzione dell’innovazione e della qualità e siamo certi che su questo continuerà a lavorare rimanendo un insostituibile punto di riferimento per tutti noi e per l’Accademia.

Manuela Di Franco

Segretario Generale CUN

Segretariato Italiano Studenti in Medicina – SISM

Workshop Italiano in Medical Education

Il Workshop Italiano in Medical Education è un progetto di formazione organizzato dal SISM che si pone l’obiettivo di rendere consapevoli gli studenti di medicina dei possibili miglioramenti della propria formazione, tentando di fornire loro gli strumenti adatti per mettere in atto il cambiamento presso la propria comunità studentesca e le istituzioni. Tenutosi per la prima volta a Roma dal 14 al 16 ottobre 2016, sotto il patrocinio dell’Università Sapienza, ha formato 30 studenti provenienti da tutta Italia tramite metodiche di Nonformal Education alternate a momenti di lezione frontale. Particolarmente interessanti sono stati gli interventi del Prof. Lenzi, della Prof.ssa Basili, del Prof. Consorti, del Dott. Cartabellotta (GIMBE) e del Prof. Gensini (SIMMED) che hanno analizzato il ruolo della leadership in sanità nella Conferenza di apertura.

La fitta agenda ha previsto sessioni su Teaching and Learning Theories, Assesment e Evaluation, Curriculum Development ed Educational Strategies. Il tutto accompagnato da esercitazioni pratiche, gruppi di discussione, momenti di brainstorming e di confronto sulle diverse realtà universitarie dei partecipanti.

Per la prima volta in Italia, gli studenti di Medicina hanno avuto un ruolo attivo di analisi critica della loro formazione e i risultati si iniziano già a vedere: quasi tutti i partecipanti, una volta rientrati nelle loro università hanno attivato progetti o iniziative di Medical Education, sensibilizzando i loro colleghi e portando nei loro atenei un po’ di quella insoddisfazione che è carburante imprescindibile del cambiamento. Non per distruggere, ma per costruire, insieme, un’Università migliore. E’ una goccia nell’oceano, ma siamo fiduciosi che, proprio come una goccia che cade su un mare troppo calmo, sarà in grado di propagarsi e diffondersi, scomodando un po’ alla volta il mondo accademico. Altre gocce verranno, ne siamo certi, preparate gli ombrelli!

Matteo Cavagnacchi

National Officer on Medical Education 2016/17 – SISM

E’ nata la “Conferenza Permanente dei Direttori di Master in Cure Palliative e in Terapia del Dolore”

In ottemperanza alla Legge 38 del 10 marzo 2010 sono stati disegnati cinque tipologie di Master Universitari nell’ambito delle cure palliative, nell’adulto e nel bambino, e della terapia del dolore, i cui piani formativi sono regolamentati da altrettanti Decreti a firma congiunta dei Ministri dell’Università e della Salute.

Nel 2016 sono stati censiti 42 Master promossi da 20 sedi Universitarie. Con un numero così elevato, che peraltro è in costante aumento, i Direttori di questi Master hanno ritenuto utile aggregarsi istituendo una Conferenza Permanente che ha come obiettivo principale quello di garantire la qualità di queste formule didattiche attraverso verifiche e interventi migliorativi. Il compito è particolarmente delicato perché, in mancanza di una certificazione abilitante o di una scuola di Specializzazione in Cure Palliative, oltre che di un SSD dedicato, la garanzia di qualità della formazione ottenuta con i Master è oggi l’unico mezzo per creare figure in grado di operare sul campo in maniera affidabile, e può far sì che il conseguimento del diplomabile su cui fondare criteri di selezione in ambito professionale.

La Conferenza è composta da 38 direttori di Master, membri effettivi, da oltre 70 membri aggregati, scelti tra i componenti delle Faculty dei diversi Master o rappresentanti di istituzioni e società scientifiche impegnate nel settore, e da alcuni membri onorari, tra cui il Presidente del CUN.

Il primo atto della Conferenza è stato quello di attuare una ricognizione della offerta formativa in Italia e, parallelamente, di rilevare punti di forza e di debolezza riscontrati al termine dei primi corsi attivati dopo i Decreti Ministeriali. I risultati della ricerca sono stati recentemente pubblicati in un primo “Quaderno”, organo di divulgazione periodica dei lavori della Conferenza.

Guido Biasco, Professore Ordinario di Oncologia medica, università di Bologna

Tutta colpa della morte!n.73, 2017, pp. 3336-3339, DOI: 10.4487/medchir2017-73-5.

Il perché di una intitolazione: il Dipartimento di Medicina dell’Università del Molise a Vincenzo Tiberio, lo scopritore del potere antibiotico delle muffe

Nel 2012 Shinya Yamanaka a 50 anni viene insignito del Premio Nobel per l’utilizzazione delle cellule staminali nella ricostruzione tissutale, ma insieme a lui riceve il medesimo premio il ‘vecchio’ sir John Gurdon, che ha dovuto aspettare a 79 anni perché fosse compresa la grandezza del suo studio “sulle cellule mature che possono diventare pluripotenti”1 laddove nel 1958, a 25 anni, aveva già pubblicato i suoi esperimenti sulle ovocellule di rana2.

Diversa sorte era toccata a Rosalind Franklin. Nel 1962 James Watson e Francis Crick ricevono il Premio Nobel per il DNA e molti dimenticano che, nella stessa occasione e per le stesse motivazioni, lo ha avuto anche Maurice Wilkins; ma praticamente tutti dimenticano Rosalind Franklin, che fu colei che pensò ed eseguì la gran parte degli studi di cristallografia ai raggi X sulla molecola del DNA che portò alle loro pubblicazioni. Ma lei era morta per cancro dell’ovaio radio-indotto nel 1958 a 38 anni ed il premio Nobel non si conferisce postumo.

Similmente, tutti ricordano il Nobel nel 1945 ad Alexander Fleming (1881-1955; nel 1945 ha 64 anni); anzi, da una classifica della medesima Accademia del Premio di Stoccolma, risulta come il secondo Nobel per la medicina per popolarità. Eppure, in quella medesima occasione, lo ricevono (e a ben giusta ragione) anche Ernst Boris Chain (1906-1979; nel 1945 ha 39 anni) e Howard Florey (1898-1968; nel 1945 ha 47 anni).

Se fosse vissuto, lo avrebbe avuto anche Vincenzo Tiberio a 76 anni? Ovviamente alla fine del Secondo Conflitto mondiale, con i britannici tra i vincitori e gli italiani tra gli sconfitti o, se non altro, tra gli arresi, è difficile da ipotizzare; ma, comunque, oggi sarebbe un discorso ozioso.

Vincenzo Tiberio muore a Napoli il 7 gennaio 1915: ha 45 anni! Nato il Primo maggio 1869 a Sepino, in Molise, da una famiglia borghese, si sposta a Napoli per gli studi di Medicina e va ad alloggiare presso una zia ad Arzano, nella provincia napoletana. Qui, come ormai narra la legenda, osserva che all’interfaccia tra aria ed acqua del pozzo del cortile si forma una melmetta verdognola che la zia periodicamente intima ai servitori di rimuovere; tutte le volte che viene rimossa, coloro i quali bevono l’acqua del pozzo hanno seri problemi intestinali, fino alla dissenteria. Il giovane Vincenzo intuisce che nella muffa verde deve esserci una proprietà che la rende protettiva nei confronti della dissenteria.

All’epoca egli si era già laureato in Medicina, con un anno di anticipo sulla durata del Corso, e collaborava come Assistente volontario nell’Istituto di Igiene della Regia Università degli Studi di Napoli e lì poté iniziare un ciclo di esperimenti che lo portarono ad isolare il principio attivo, a testarne l’efficacia antibiotica in vitro ed in vivo ed a proporne un modello di meccanismo di azione. I risultati del suo lavoro vennero pubblicati nel 1895 negli Annali di Igiene Sperimentale con il titolo “Sugli estratti di alcune muffe”3 . Si tratta di un saggio sobrio e conciso: dodici pagine, compresi gli schemi dei risultati, che rivelano un indagatore intelligente e attento.

Tiberio inizia il proprio lavoro inscrivendolo sostanzialmente nell’ambito del concetto di biocenosi, cioè della interazione tra i diversi viventi di un dato ambiente (p. 91). Dopo l’intuizione e la raccolta dei campioni, egli osserva al microscopio ed identifica tre specie di muffe prelevate nel pozzo di Arzano: Aspergillusflavescens, patogeno per l’uomo e per gli animali; Penicillium glaucum e Mucor mucedo, non patogeni. Successivamente le coltiva su terreni di coltura da lui stesso ideati (p. 92). Prepara, quindi, un estratto acquoso dei singoli miceti e ne studia l’azione su alcuni batteri, quali quelli del tifo, del carbonchio, del colera e vari ceppi di stafilococco.

I risultati della ricerca, adeguatamente ripetuti per la opportuna conferma, lo portano ad osservare che, nell’estratto cellulare delle muffe esaminate, sono contenute sostanze solubili in acqua, fornite di azione battericida (pp. 93-95).

Si tratta della prima vera attività antibiotica dimostrata in vitro, che il Tiberio conferma attraverso la sperimentazione in vivo, sia su cavie che su conigli. Le cavie furono divise in due gruppi: il primo venne infettato con iniezione intraperitoneale di specie batteriche patogene e venne trattato mediante inoculo dell’estratto acquoso di muffe; il secondo era solo infettato ma non trattato. Gli animali trattati sopravvivevano mentre gli altri morivano in breve tempo (p. 97).

“È appena il caso di sottolineare l’assoluta modernità del disegno sperimentale con l’allestimento di adeguati controlli e con l’attenta valutazione della virulenza delle culture e del peso degli animali da esperimento, che doveva essere simile da un animale all’altro per non cadere nell’errore della diversa resistenza organica. Di pari modernità l’autolimitazione critica nell’uso dei dati derivanti da condizioni sperimentali non ottimali.

Per lo studio della leucocitosi sottocutanea, il Tiberio scelse, invece, i conigli, rifacendosi per il metodo, con esplicita citazione, al lavoro di Issaeff pubblicato l’anno precedente (1894) in tedesco sulla Zeitschrift für Hygiene: Untersuchungen über die künstliche Immunität gegen Cholera (p.96)” 4.

Le conclusioni di Tiberio provano che l’unica risposta terapeutica ottenibile è quella mediante iniezione di estratto di Aspergillus flavescens, cioè, in sostanza, di una penicillina, mentre non hanno alcuna efficacia gli altri estratti (p. 98). Egli nota, ancora, come l’efficacia fosse condizionata sia dal peso dell’animale da esperimento che dall’intervallo di tempo tra l’infezione e l’inizio della antibiotico-terapia iniettiva.

Tiberio, infine, si pone anche il problema della possibilità di un’azione preventiva degli estratti di muffe sulle infezioni batteriche ed il problema della durata dell’efficacia dell’azione antibiotica, sperimentando iniezioni a tempi diversi (p. 98). Egli cerca anche di comprendere il meccanismo dell’azione antibiotica studiando le modificazioni dell’assetto leucocitario.

Come già detto e come si può chiaramente notare dalla lettura della sua pubblicazione, l’attività di ricerca scientifica di Vincenzo Tiberio completa l’intero ciclo sperimentale: dall’osservazione alla formulazione di un’ipotesi di azione, alla verifica dell’ipotesi iniziale medesima, all’estrazione della sostanza antibiotica, alla dimostrazione del suo effetto in vitro, alla documentazione della sua efficacia in vivo, alla proposta di un meccanismo di azione.

Cosa mancò, allora, per chiudere il cerchio e rendere la sua scoperta rivoluzionaria uno strumento concreto di lotta alle infezioni batteriche patogene?

Ciò che davvero mancò a Tiberio – e un paio di anni dopo ad un altro giovane entusiasta, anch’egli militare, il francese Ernest Duchesne (1874-1912)5 – fu, in effetti, quello che mancò anche allo scozzese Alexander Fleming trentaquattro anni dopo, quando, nel 1929, riscoprendo la penicillina, estraendola dal Penicillium notatum, parimenti non riuscì a produrre industrialmente il farmaco.

Mancavano consapevolezza e tecnologie, che sarebbero cresciute solo dopo un ulteriore decennio. Solo dopo che, nel 1939, Ernst Chain, biochimico tedesco riparato in Gran Bretagna per sfuggire al Nazismo, incontrò come supervisore Howard Florey ed insieme realizzarono un metodo per amplificare la quantità di penicillina prodotta dagli estratti di Fleming. E, soprattutto, solo dopo che la tecnica di laboratorio Mary Hunt provvide a utilizzare il Penicillin chysogeum, in grado di produrre principio attivo 200 volte in più rispetto quello prodotto dal Penicillium di Fleming. E, infine, solo dopo che le mutazioni mediante irradiazione con i raggi X consentirono a Florey, passato negli Stati Uniti, ed al suo nuovo team di raggiungere una produzione 1000 volte più efficace della penicillina di Fleming. Si osservi che alla fine della Seconda guerra mondiale le truppe alleate occidentali portavano con loro ogni mese 650 miliardi di unità di penicillina a fronte delle sole 400 unità prodotte tra il gennaio ed il maggio 19436.

Ci si chiedeva all’inizio: se mai Tiberio fosse vissuto, se avrebbe ricevuto il Premio Nobel. Certo, il Nobel è un riconoscimento enorme della propria ricerca. Ma i risultati ottenuti da Gurdon alla stessa età in cui Tiberio pubblicò il suo lavoro sarebbero stati meno importanti se non avesse avuto il Premio alla soglia degli ottanta anni? O è, piuttosto, importante l’acume, l’attenzione, la passione nella ricerca, il rigore sperimentale, la lungimiranza nell’interpretazione dei risultati?

Un Dipartimento universitario di Medicina non è solo un luogo in cui si fa ricerca, al pari di un ‘qualsiasi’ istituto di ricerca; non è solo un luogo in cui si fa assistenza, al pari di un ‘qualsiasi’ ospedale. Un Dipartimento universitario di Medicina è il luogo in cui ricerca e assistenza confluiscono nella missione di formare i giovani che aspirano a diventare medici prima e specialisti poi. Senza la didattica la natura stessa di un tale Dipartimento viene persa.

E didattica significa anche porre dinanzi agli studenti dei modelli virtuosi di lavoro, calati nel concreto delle esperienze di vita delle persone che li hanno preceduti sulla medesima strada.

Tiberio potrebbe anche sembrare uno sconfitto: ha lasciato l’Università per la Marina Militare del Regno7 e non ha trovato una collocazione accademica consona all’importanza, alla reale portata rivoluzionaria, del suo studio. Eppure resta, nella sua esperienza di vita militare, diplomatica, medica e familiare, un esempio di uomo sempre attento a migliorare le condizioni di vita altrui. Si pensi agli scritti sul vitto e sulle condizioni igieniche a bordo delle navi. Si pensi al devoto amore nei confronti della cugina, divenuta sua moglie, e delle tre figlie.

Non si tratta solo di una ‘gloria’ molisana; si tratta di un uomo divenuto ben presto cittadino del mondo e che ha portato dovunque la sua curiosità (era un appassionato di fotografia e documentava con attenzione i suoi spostamenti), la sua lungimiranza e la sua capacità di ricerca.

È stato naturale, quindi, per il Dipartimento di Medicina dell’Università degli Studi del Molise scegliesse di legare il proprio impegno culturale alla memoria di una tale figura di medico e di ricercatore.

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NOTE:

1 Dalla motivazione ufficiale del Premio.

2 J. B. Gurdon, T. R. Elsdale, M. Fischberg, Sexually Mature Individuals of Xenopus laevis from the Transplantation of Single Somatic Nuclei, in Nature, vol. 182, n.4627, 1958, pp. 64–65.

3 Tiberio V., Sugli estratti di alcune muffe. Annali d’igiene sperimentale, 1895; volume V: 91-103

4 Tamburello M., Villone G., Vincenzo Tiberio: la prima antibiotico terapia sperimentale in vivo, Medicina nei Secoli, 2016, vol. 3

5 Duchesne E., Contribution à l’étude de la concurrence vitale chez les micro-organismes: antagonisme entre les moisissures et les mibrobes, Lyon, 1897

6 Lloyd E., Fleming, Florey, & Chain: The Discovery and Development of Penicillin, Leigh A. Zaykoski (ed), 2009.

7 Tamburello M., Villone G., L’uso terapeutico delle muffe: dalla medicina istintiva alla dimostrazione di Vincenzo Tiberio, Atti dell’Accademia di Arte Sanitaria, Roma 2016.

La Cassetta degli attrezzi del Presidente del Corso di Laurea – Il ruolo del Coordinatore di Semestren.73, 2017, pp. 3225-3228, DOI: 10.4487/medchir2017-73-4.

Abstract

The Semester Coordinator (SC) plays a crucial role in the organization and in the realization of the pedagogical project of the italian course degrees in medicine and surgery. Its presence is increasingly widespread and now more than 2/3 of the courses in Italy uses such figure. The organizational and the pedagogical actions are really intermingled and they can benefit of the utilization of several instruments. A number of these are here suggested to start filling the SC toolbox.

Key words: Semester Coordinator, Organization, Pedagogical Project, Toolbox

Parole chiave: Coordinatore di semestre, Organizzazione, Progetto Pedagogico, Cassetta degli attrezzi

Articolo

Introduzione

Il Coordinatore di Semestre (CS) è figura cruciale nell’organizzazione del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia sebbene, a livello dei CLMMC italiani, essa non sia ancora completamente consolidata. In questo senso sembra che l’intervento della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia in termini di sensibilizzazione delle singole realtà stia portando a una progressiva diffusione della presenza del CS in tutte le sedi1, ma l’ultimo ciclo di site visit effettuato2 dimostra che, a differenza delle altre fondamentali strutture/figure organizzative, il CS non è presente ancora in quasi 1/3 dei corsi (Fig 1).

Classicamente, al Coordinatore di Semestre sono attribuiti un ruolo didattico organizzativo e un ruolo pedagogico3. Il fatto che il ruolo didattico-organizzativo del CS sia oggi particolarmente rilevante ai fini della funzionalità del CdL, è paradossalmente in sé un limite in quanto testimone dell’esistenza di semestri costruiti per mero assemblaggio di corsi tra loro separati, senza un progetto pedagogico unitario di semestre. Prova di ciò è, da una parte la difficoltà di introdurre iniziative di reale integrazione tra i corsi, quali ad esempio l’esame di semestre, e dall’altra la frequente mancanza di consapevolezza del CS di aver anche un ruolo pedagogico.

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Fig. 1

I due ruoli, nei fatti, sono inestricabilmente integrati e, se è vero che compiti organizzativi ben eseguiti facilitano di fatto l’attività pedagogica, è altrettanto vero che il CS acquista un reale ruolo pedagogico se il curriculum è stato programmato secondo un progetto che abbia individuato, per ciascun semestre, un quadro coerente di obiettivi a livello di CLM. In mancanza di un progetto pedagogico di semestre stabilito centralmente, il CS può e deve elaborare un proprio progetto da integrare in modo longitudinale, tramite il confronto con gli altri CS del CdL, all’interno del percorso formativo globale, cosa questa estremamente facilitata dalla partecipazione attiva nella CTP della quale il CS dovrebbe essere sempre membro di diritto.

Ruolo didattico-organizzativo del Coordinatore di Semestre

Il ruolo didattico-organizzativo del Coordinatore Didattico di Semestre (CS) è di notevole importanza e lo rimarrà almeno fino a quando non sarà possibile arrivare ad una integrazione dei corsi tale da far coincidere il coordinatore di semestre con il coordinatore di corso integrato (per esempio, se vi fosse un unico corso integrato a semestre con obbiettivi didattici ed esame di semestre). Di fatto, l’attuale situazione di coesistenza di un numero variabile di corsi con differenti quantità di crediti all’interno di ciascun semestre, rende indispensabile il ruolo del CS, il quale, in questo senso, rappresenta la figura di collegamento tra i Coordinatori di Corso Integrato (CCI), gli studenti del semestre e la CTP. I compiti principali del CS sono:

  • convocare i CCI e/o i docenti dei CI del semestre due volte/anno (prima dell’inizio, per organizzare e, alla fine, per verificare e valutare complessivamente il semestre);
  • definire l’orario dei singoli corsi e gli eventuali “cunei didattici” (per cuneo didattico si intende una forma organizzativa del semestre che prevede lo svolgimento dei corsi integrati non in parallelo, ma in serie, molto utile, ad esempio, quando si affrontano le patologie d’organo nelle patologie integrate o dove si ritiene opportuna una propedeuticità di apprendimento all’interno dello stesso semestre), eventualmente raccogliendo anche, in un unico orario aggiuntivo di semestre, la suddivisione in moduli interna dei singoli corsi integrati; tale orario dovrebbe essere costruito non come mero assemblaggio di diversi moduli, ma raccogliendo le risorse disciplinari su obbiettivi didattici realmente integrati, stimolando in questo senso il lavoro dei CCI;
  • organizzare in collaborazione con i CCI il calendario degli esami per evitare sovrapposizioni e nella logica di una “corsia preferenziale” rispettosa delle eventuali propedeuticità;
  • definire, ove possibile, e coordinare le prove di valutazione di semestre (esame pratico di semestre-OSCE, esame di semestre);
  • proporre alla CTP eventuali modifiche dell’organizzazione dei Corsi Integrati del semestre, sentiti i CCI e i docenti interessati;
  • proporre annualmente la conferma/nomina dei CCI alla CTP che ne investe il CCLM;
  • verificare la disponibilità dell’aula assegnata per il semestre e la presenza di tutti i supporti didattici, individuando il referente della stessa per la soluzione, in tempi reali, di ogni eventuale problema che ne possa compromettere la fruibilità;
  • curare l’organizzazione delle Attività Didattiche Professionalizzanti (ADP) del semestre e/o dell’intero corso, in collaborazione con gli altri CS o eventualmente con figure individuate “ad hoc”, (a seconda delle modalità di erogazione delle ADP scelte dal CdL) e verificarne l’effettiva esecuzione;
  • curare l’offerta delle Attività Didattiche Elettive (ADE) del semestre e/o dell’intero corso, in collaborazione con gli altri CS (a seconda delle modalità di erogazione delle ADE scelte dal CdL), precisandone le procedure d’accesso e di organizzazione (iscrizione, limiti numerici di partecipazione, tempi, valore in crediti, ecc);
  • presentare l’organizzazione del semestre agli studenti il primo giorno di lezione del semestre stesso.

Per adempiere in modo soddisfacente ai compiti descritti, il Coordinatore di semestre può, e dovrebbe, allestire e utilizzare gli strumenti indicati nella tabella 1.

Tab 1

* Organizzare un elenco aggiornato di tutti i docenti del semestre con indirizzi e-mail e telefono fisso e mobile
* Predisporre almeno le due seguenti mailing list: • Coordinatori di         Corso Integrato del semestre  + Presidente e Vicepresidente CLM • Docenti del semestre + Presidente e Vicepresidente CLM
* Essere rintracciabile nelle 24 h da docenti e rappresentanti degli studenti (via telefono o via posta elettronica)
* Curare e aggiornare l’informazione relativa alle attività del semestre tramite una bacheca fisica e una virtuale.

 

Ruolo pedagogico del Coordinatore di Semestre

Come già ricordato, non v’è dubbio che una corretta organizzazione del semestre faciliti di per sé l’attività pedagogica, ma il CS acquista un reale ruolo pedagogico qualora il curriculum sia stato programmato secondo un progetto che preveda, per ciascun semestre, il raggiungimento di obiettivi coerenti con il percorso formativo stabilito a livello centrale dal CdLM. In mancanza di ciò, è auspicabile che il CS elabori un proprio progetto che, comunque, corre il rischio di rimanere isolato se non in presenza di un’integrazione longitudinale di quanto elaborato dai singoli semestri; questo può avvenire solo tramite la partecipazione attiva dei CS nella CTP della quale, si ribadisce, sarebbe indispensabile che fossero membri di diritto.

Volendo cercare di delineare alcuni tra i principali compiti pedagogici del CS che possano essere utili alla costituzione di un reale progetto di semestre, si ritiene di potere far riferimento ai seguenti:

  • creare una comunità formativa di studenti e docenti (utilizzando piattaforme interattive tipo “Moodle”, liste di discussione, ecc) centrata sulla trasparenza del patto formativo che va sancito fin dall’inizio del semestre mediante presentazione dello stesso da parte del CS e, fin dall’inizio dei CI, mediante presentazione del Corso Integrato da parte del CCI (il CS assume il compito di verificare che questo avvenga);
  • agire affinché sia applicato il concetto fondamentale che le attività didattiche debbano essere pianificate collegialmente in funzione degli obiettivi didattici del semestre ed eseguite in modo coordinato e interdisciplinare. Agire, inoltre, affinché la preparazione dello studente sia valutata in modo pertinente ed obiettivo;
  • valutare i contenuti didattici, integrarli e disporli in una progressione di apprendimento;
  • suggerire una corsia preferenziale di esami, in funzione della progressione dell’apprendimento;
  • imparare a valutare l’efficacia dei propri interventi organizzativi e pedagogici:

– con indicatori soggettivi (i giudizi degli studenti e dei docenti);

– oggettivi: di processo (acquisizione di competenze pedagogiche da parte dei docenti, ecc) e di risultato (valutazioni formative, il progress test, il flusso degli studenti nel semestre, ecc).

Si suggeriscono nella tabella 2 alcuni strumenti utili all’assolvimento dei compiti delineati.

 

Tab 2

* Attivare liste di discussione e/o piattaforme informatiche interattive tipo “Moodle” per fare “gruppo” e scambiare notizie e opinioni in tempo reale
* Preparare e condividere modelli di presentazione (power-point, key-note) del semestre e dei corsi integrati da utilizzare all’inizio del semestre/corso per informareglistudentidell’organizzazione, degli obiettivi e dei sistemi di verifica che saranno adottati
* Allestire e condividere griglie • di comparazione degli obbiettivi didattici dei corsi integrati per facilitarne il confronto • di distribuzione e “presa in carico”, da parte dei corsi, degli obbiettivi professionalizzanti (chi cura l’erogazione delle “skills” e ne verifica l’apprendimento)
* Allestire modelli di calendari di esame che prevedano “fasce” di tempi/date dedicate per le verifiche dei singoli corsi, secondo una logica di “corsia preferenziale” rispettosa anche delle propedeuticità di apprendimento
* Elaborare i risultati delle valutazioni soggettive (questionari di valutazione degli studenti) e oggettive (progresstest; tasso di superamento degli esami di semestre) e prevedere momenti di discussione periodica collettiva

 

Considerazioni conclusive

Nello spirito della destinazione di questo breve scritto, cioè quello di far parte di una cassetta degli attrezzi utile per il lavoro pratico di chi crede che nonostante tutto si possa realmente fare “buona” didattica nei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia italiani, lo stesso non ha la pretesa di essere esaustivo del dibattito che da anni esiste sul ruolo del Coordinatore di Semestre all’interno dei CLMMC (3). Certo è che il ruolo del CS oggi è sempre più indispensabile sia per l’organizzazione pratica dei CdL, sia per la realizzazione e l’implementazione continua del progetto pedagogico che dovrebbe essere alla base di ogni CdL. In questo senso il ruolo organizzativo e quello pedagogico del CS si intrecciano intimamente e il primo funge da facilitatore per l’attuazione e l’efficacia del secondo. Negli ultimi dieci anni, inoltre, probabilmente anche grazie al lavoro della CPPCLMMC, la figura del CS si è consolidata e oggi si può giovare anche di strumenti, se non completamente nuovi, certamente ormai capillarmente diffusi e migliorati (informatizzazione di dati relativi alle carriere degli studenti e loro fruibilità, informatizzazione della raccolta delle opinioni degli studenti e conseguente maggior disponibilità dei dati e facilità di elaborazione, disponibilità di piattaforme informatiche interattive semplici e intuitive da utilizzare, adozione del progress test in tutti i CdL italiani, ecc). Tali strumenti non devono rimanere inutilizzati, ma vanno sfruttati al massimo delle loro potenzialità. Tutto ciò costa fatica e poiché il CS, a fronte del molto lavoro che svolge, gode di scarsa visibilità, non è difficile che tale figura possa soffrire di difficoltà “motivazionali”. In tal senso è indispensabile che il ruolo del CS sia valorizzato, valutato e gratificato per le attività più efficaci nell’ambito di un sistema di valutazione dell’attività didattica della cui necessità, finalmente, sembra esserci sempre più consapevolezza.

Bibliografia

1) Della Rocca C., Lenzi A., Dossier: Il progetto site visit. L’esperienza di dieci anni di lavoro, Medicina e Chirurgia, 2016; 69: 3138-3149. DOI:10.4487/medchir2016-69-4

2) Della Rocca C., Lenzi A., On site visit 20042014. Risultati del primo esercizio del secondo ciclo, Medicina e Chirurgia, 2015; 68: 3094-3104. DOI: 10.4487/medchir2015-68-4

3) Gallo P., Binetti P., Della Rocca C., Familiari G., Maroder M., Valanzano V. e Vettore L. (Gruppo di Studio Innovazione Pedagogica della Conferenza Permanentedei Presidenti di CLM in Medicina) con il contributo di Attili A., Basili S., Consorti F., d’Amati G. e Fantoni A. Il ruolo didattico e pedagogico del Coordinatore di CorsoIntegrato e di Semestre, 2006; 35: 1454-1458. DOI: 10.4487/medchir2006-35-4

Ringraziamenti

Si ringrazia la Dott.ssa Maria Carmen Mazzitelli per la rilettura critica del testo.

Cita questo articolo

Della Rocca C., Angeloni A., Calogero A., Del Ben M., Familiari G., Merli M., Riggio O., Gallo P., La Cassetta degli attrezzi del Presidente del Corso di Laurea – Il ruolo del Coordinatore di Semestre, Medicina e Chirurgia, 73: 3325-3328, 2017. DOI:  10.4487/medchir2017-73-4

Rilevazione nazionale in tema di formazione speci ca di medicina generale in Italian.73, 2017, pp. 3322-3335, DOI: 10.4487/medchir2017-73-3.

Walter Mazzucco1, Claudia Marotta1,2,a, Chiara De Waure3, Gianluca Marini7,b, David Fasoletti8,b,c,d, Antonia Colicchio9,b, Davide Luppi10,b, Paola Bonetti13, Stella Gangi4, Emanuele Maffongelli11,13, Rosalba Nanìa12, Fabio Pignatti14,a, Gior- gio Sessa5,a, Stefania Russo13, Andrea Silenzi3,a, Giuseppe Puccio6, Paolo Parente3,a, Claudio Costantino1,a

1 Dipartimento Scienze per la Promozione della Salute e Materno Infantile
2 Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Palermo.

3 Istituto Sanità Pubblica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
4 Continuità Assistenziale, Azienda Sanitaria Provinciale di Enna.

5 Continuità Assistenziale, Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo.

6 Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Palermo.
7 Continuità Assistenziale, Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche, Macerata.

8 Assistenza Primaria, Azienda Provinciale Servizi Sanitari Provincia Autonoma di Trento, Ledro (TN).
9 Assistenza Primaria -Continuità Assistenziale, Azienda Sanitaria Roma 2.

10 Assistenza Primaria, Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena, Carpi (MO).
11 Continuità Assistenziale, Azienda Sanitaria Locale di Viterbo.

12 Emergenza Sanitaria Territoriale, Azienda Sanitaria Provinciale di Messina.

13 Assistenza Primaria, Azienda Sanitaria Locale Roma 2.
14 Dipartimento di Cure Primarie, Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia, Reggio Emilia. aSegretariato Italiano Giovani Medici.

bAssociazione Movimento Giotto.

cVasco Da Gama Movement. dEuropean research network for out-of-hours primary health care.

Abstract

Physicians have to get a “specific” diploma attending a threeyear training course provided by each regional health service in order to practice as General Practitioners in Italy. In the last years, there has been an ongoing debate about the need to evolve the specific regional courses into integrated specialization training courses, organized and managed by universities with the contribution of regional health services. The Italian Junior Doctors Association and the Giotto Movement carried out a national survey with the aim to identify strengths and weaknesses of the specific regional training courses. Three-hundred-two junior General Practitioners in training (61,2% females) answered to a web administered questionnaire. Only about half of the recruited trainees has defined as at least “sufficient” the training provided by the regional courses. The survey documented in the Italian General Practitioners trainees the need to satisfy an educational demand in order to implement their primary care and general practice skills. In conclusion, this cross-sectional study provided sufficient evidences supporting the evolution of the regional training courses into general practice and primary care specialization schools.

Key words: General Medicine; Primary care; Public Health; General practitioners’ specific training.

Parole Chiave: Medicina generale; formazione medica specialistica; cure primarie; sanità pubblica; Formazione specifica in medicina generale.

Articolo

Introduzione

La formazione medica post-lauream nei Paesi dell’Unione Europea (UE) è disciplinata da specifiche Direttive in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli1,2. In Italia, con il recepimento dei contenuti delle Direttive UE, la normativa ha definito due differenti percorsi di formazione medica post-lauream3: a) la formazione specialistica universitaria (FSU); b) la formazione specifica in medicina generale (FSMG). A seguito della frequenza dei predetti percorsi formativi, i medici conseguono, rispettivamente, a) il diploma di specialista, rilasciato dalle Università e necessario per accedere ai ruoli dirigenziali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ed il b) diploma di FSMG, rilasciato dalle Regioni ed indispensabile per l’esercizio dell’attività di Medico di Medicina Generale (MMG) in regime di convenzione nell’ambito del SSN. Se, da una parte, gli ordinamenti didattici delle scuole di specializzazione universitarie (SSU) e gli obiettivi formativi relativi a ciascuna tipologia di scuola sono stati codificati su base nazionale, e recentemente aggiornati4, dall’altra, le competenze relative alla definizione di obiettivi didattici e programmi, metodologie di insegnamento ed organizzazione delle attività teoriche e pratiche del corso di FSMG, sono state devolute alle Regioni e alle Province autonome5, ingenerando un’eterogeneità tanto nei contenuti formativi quanto nei modelli organizzativi dei corsi triennali. Parimenti, mentre per le SSU è stato implementato un sistema di accreditamento e di monitoraggio della qualità della formazione erogata6, per i corsi regionali di FSMG, oltre a non essere stato definito un Core Curriculum su base nazionale, non è disponibile un sistema di accreditamento o di verifica delle performance formative7,8.

Inoltre, lo status di borsista del medico in FSMG esclude adeguati riconoscimenti economici e la normativa limita molto la possibilità di intraprendere altri lavori per aumentare gli introiti. Questa situazione rende il percorso di FSMG meno sostenibile da un punto di vista economico rispetto alla formazione specialistica9 e costituisce una discriminazione che può influenzare la scelta del percorso post-lauream sulla base di criteri non vocazionali. In Italia, da alcuni anni, è in corso un acceso dibattito circa l’opportunità di ricomprendere la FSMG nell’alveo della formazione specialistica, nonché di migliorare la condizione dei medici in FSMG10,11,12, strutturando un percorso formativo integrato dal contributo delle Università e delle varie articolazioni dell’assistenza erogata dai Servizi Sanitari Regionali (SSR). Difatti, l’attuale gestione del percorso formativo dei MMG, assegnata in modo esclusivo alle regioni e svincolata da qualsiasi collegamento con il mondo accademico, rappresenta un’anomalia nel contesto dell’UE13. L’esigenza di rivisitare la formazione medica pre- e post-lauream al fine di disporre di profili generalisti (MMG) e specialistici orientati al trattamento delle multi-cronicità e alla riabilitazione14,15,16, trova fondamento nella necessità di evolvere i sistemi sanitari ospedalo-centrici, pensati per il trattamento delle acuzie ed urgenze, in sistemi integrati ospedale-territorio nei quali porre al centro la persona, nell’ottica di un approccio globale e bio-psico-sociale che garantisca la risposta ai bisogni multidimensionali di salute (aspetti psicologici, sociali, familiari, occupazionali, ecc.) sul modello della Primary Health Care (PHC)17,18,19,20

L’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) ed il Movimento Giotto hanno realizzato una web survey nazionale con l’obiettivo di rilevare tra i giovani medici italiani gli aspetti motivazionali e vocazionali, nonché il livello di soddisfazione sulle competenze acquisite attraverso la formazione erogata dai corsi regionali di FSMG.

 

Materiali e Metodi

E’ stato ideato e strutturato un questionario, articolato in quattro sezioni, volto a rilevare le seguenti informazioni: a) anagrafica ed informazioni di carattere generale, b) aspetti motivazionali e vocazionali, livello di soddisfazione ed eventuali criticità in tema di condizione del corsista di MG (13 domande); c) livello di soddisfazione circa le competenze fondamentali (core competencies) della MG (12 domande) acquisite durante la frequenza del CFSMG, definite dall’EURACT Educational Agenda, network interno al WONCA Europe21, e recepite dal questionario validato dal Vasco da Gama Movement22,23; d) livello di soddisfazione e criticità in tema di organizzazione della didattica dei CFSMG (18 domande).

Destinatari del web survey sono stati i medici iscritti ai corsi regionali di FSMG, immatricolati negli anni compresi tra il 2010 ed il 2012 (I anno – triennio 2012/2015, II anno

-triennio 2011/2014 e III anno -triennio 2010-2013), esclusi i corsisti ammessi in soprannumero ai sensi della legge n. 401 del 29/12/2000.

Il questionario, unitamente ad una lettera di presentazione della survey, è stato montato su piattaforma Google Forms24, caricato sul sito web www.giovanemedico.it e quindi somministrato, tra il giugno ed il dicembre 2012, sia attraverso il servizio di newsletter a tutti gli utenti registrati, con tre successivi remainder a distanza di due mesi, sia attraverso i canali dei social network di riferimento per la categoria dei giovani medici di medicina generale 25,26,27,28

Al fine di preservare l’anonimato dei rispondenti e di assicurare l’univocità dell’adesione alla web survey, in anagrafica è stato richiesto l’inserimento esclusivamente del codice fiscale e di un indirizzo di posta elettronica valido. Inoltre, per ciascun input è stato verificato il terminale sorgente attraverso la rilevazione del rispettivo codice di Internet Protocol access29, in modo da individuare e risolvere eventuali duplicazioni di compilazione generate per errore ovvero compilazioni suggestive di tentativi di condizionare o alterare la validità della rilevazione.

 

Analisi statistica

Sono stati esclusi i rispondenti che hanno dichiarato di essere già possesso di un diploma di specializzazione. Media (± deviazione standard) e mediana (range interquartile) sono state riportate per le variabili continue e la frequenza relativa per le variabili categoriche, ai fini della descrizione del campione dei rispondenti alla survey. La frequenza di risposte date alle singole domande è stata espressa in valori assoluti e relativi. I dati ottenuti dalla rilevazione sono stati analizzati con l’ausilio del software statistico RStudio versione 0.98.945 e con R versione 3.1.0 (2014). La significatività statistica è stata fissata con p-value <0.05.

Risultati

Hanno aderito alla survey 302 medici in FSMG, età media pari a 30,8±4,3, 185 (61,2%) di sesso femminile, pari a 12,4% dei 2433 medici iscritti ai corsi di FSMG nel periodo in studio. Tra i corsisti rispondenti 121 (40,4%) hanno dichiarato di essere iscritti al primo anno di corso, 90 (29,8%) al secondo e 91 (30,1%) al terzo.

L’insieme dei rispondenti ha avuto accesso ai corsi di FSMG in media 2 anni dopo il conseguimento della laurea in medicina e chirurgia. La MG è risultata la prima scelta di accesso alla formazione post-lauream per 119 rispondenti (39,4%), mentre per i restanti 183 partecipanti (60,6%) le aspettative di accesso al post-lauream erano rivolte alla FSU.

Le principali motivazioni e gli aspetti vocazionali che hanno orientato la scelta del corso di FSMG sono rappresentate in Tabella 1.

In Tabella 2 sono riportati i risultati delle risposte dei 302 medici in FSMG circa il livello soddisfazione e le criticità in tema di organizzazione della didattica e sugli obiettivi formativi dei corsi regionali di FSMG, nonché sulla condizione dei corsisti regionali.

In risposta alla domanda volta ad esplorare il giudizio circa l’importanza della formazione intra-ospedaliera per qualificare il MMG (D. 1.8), è emerso che il 75,9% riteneva tale setting formativo “importante” (31,5%) o “molto importante” (44,4%). Le rotazioni nei diversi reparti ospedalieri (D. 1.9) sono state ritenute “molto importanti” ed “importanti”, rispettivamente, dal 36,8% e dal 39,7% dei rispondenti. Il 70,8% del campione ha giudicato “importante” (39,7%) o “molto importante” (31,1%) l’apprendimento dei principi del management sanitario (D. 1.10), mentre l’apprendimento della pratica della evidence-based medicine (D. 1.11) e della metodologia della ricerca (D. 1.12) è stato definito “molto importante”, rispettivamente, dal 47,7% e dal 42,7% dei corsisti.

Con riferimento alla domanda 3.2, che indagava il giudizio complessivo dei rispondenti rispetto alla didattica frontale erogata dai corsi di FSMG, le lezioni ed i seminari seguiti durante il corso di FSMG sono stati considerati di livello ottimo dall’1,3% dei corsisti, buono dal 23,8% “sufficiente” dal 33,4% , mentre il 23,2% dei corsisti li ha ritenuti di livello “mediocre” e il 18,2% insufficiente.

Il giudizio rilevato sul livello di soddisfazione generale sull’esperienza formativa in MG è risultato “ottimo” per il 2,3% dei corsisti, “buono” per il 29,1% e “sufficiente” per il 36,4% dei rispondenti, mentre il rimanente 32,2% dei corsisti ha espresso un giudizio al di sotto della sufficienza (D. 3.9).

L’attuale condizione del medico iscritto ai corsi di FSMG (D. 3.18) è stata definita “nettamente migliorabile” dal 47,7% del campione ed “iniqua” da un ulteriore 36,4% dei rispondenti.

I contenuti e gli argomenti proposti nelle attività seminariali del corso di FSMG (D. 3.3) sono stati definiti utili “talvolta” dal 40,1% (n. 121) degli iscritti ai corsi, “raramente” dal 10,3% (n. 31) e “quasi mai” dal 13,9% (n. 42).

La parte di tirocinio professionalizzante ritenuta dai corsisti di maggior valore formativo è risultata quella svolta presso l’ambulatorio del MMG (n. 204; 67,5%), seguita dal tirocinio presso il reparto di Medicina Interna (n. 42; 13,9%), dalla frequenza del Pronto Soccorso (n. 34; 11,3%), nonché dal periodo di tirocinio presso gli ambulatori territoriali (n. 22; 7,3%). Nessuno tra i rispondenti ha espresso la sua preferenza per i tirocini presso i reparti di chirurgia, ginecologia e pediatria.

L’istituzione di un Osservatorio Regionale sulla FSMG, integrato da una rappresentanza dei corsisti ed incaricato di provvedere al monitoraggio degli standard formativi del corso di FSMG (D. 3.10), è stata definita “moltissimo” e “molto” utile, rispettivamente da n. 152 (50,3%) e da n. 105 (34,8%) aderenti alla survey.

Alla domanda che ha inteso indagare il parere degli iscritti al corso di FSMG circa l’evoluzione dei corsi regionali (D. 3.11), la quasi totalità dei rispondenti (n. 277; 91,7%) si è dichiarata a favore dell’equiparazione del percorso formativo ai corsi di specializzazione di area sanitaria con la creazione di una rete formativa integrata tra Università, Territorio ed Ospedali. Nella medesima direzione, nell’indicare la preferenza sullo status del medico iscritto al corso di FSMG (D. 3.12) il 77% (n. 232) dei rispondenti si è espresso a favore della titolarità di un contratto di formazione.

Per 154 (51%) aderenti alla rilevazione gli sbocchi e le potenzialità occupazionali connessi al conseguimento del diploma di MMG

(D. 3.15) risultavano essere già chiari, seppur per grandi linee, prima di accedere ai corsi regionali, mentre il 24,8% (n. 75), pur avendo avuto le idee chiare, ha dichiarato di averli sopravvalutati.

In Tabella 3 sono riportati i risultati della rilevazione sul livello di soddisfazione dei 302 rispondenti alla survey a riguardo delle competenze acquisite durante la frequenza dei corsi di FSMG.

Discussione

Il presente lavoro ha fornito delle indicazioni preliminari su punti di forza e criticità in tema di FSMG, rilevati attraverso un’indagine trasversale condotta su un campione di giovani medici italiani iscritti ai corsi di FSMG.

In particolare, l’indagine ha evidenziato come gli aspetti peculiari della MG -soprattutto la relazione col paziente e l’approccio globale ed olistico, ma anche la possibilità di gestire l’organizzazione del lavoro in maniera autonoma e svincolata dai turni tipici del setting ospedaliero – abbiano rappresentato le principali motivazioni che hanno spinto i medici ad intraprendere il percorso della FSMG, in linea con quanto rilevato in altri Paesi Europei30 . Una variabile che merita particolare attenzione è rappresentata dal genere: la rilevazione trasversale, infatti, in linea con similari indagini condotte in altri Paesi Europei, ha confermato come la MG sia una disciplina che  attrae preminentemente i medici di genere femminile, verosimilmente in relazione alla maggiore compatibilità di questo percorso professionale con la gestione della vita familiare31,32,33.

Tuttavia, nella maggior parte dei casi, il per corso della FSMG sembra rappresentare una scelta di ripiego al mancato ingresso alla FSU.

Il giudizio sulla didattica frontale erogata dai corsi di FSMG, nonché sull’esperienza formativa presa nel suo complesso, è risultato positivo in oltre la metà dei rispondenti (58% e 67% rispettivamente), ma nella maggior parte di questi casi si tratta di una valutazione “sufficiente”. La rilevazione ha inoltre evidenziato delle criticità nel merito degli argomenti trattati durante le attività seminariali, richiamando l’attenzione sulla necessità di proporre contenuti più idonei a soddisfare i bisogni formativi dei corsisti. La parte del periodo di tirocinio professionalizzante ritenuta di maggior valore formativo è risultata quella svolta presso l’ambulatorio del MMG, confermando l’importanza di tale esperienza formativa sul campo.

Di particolare interesse risulta la diffusa opinione favorevole rilevata nei corsisti circa l’utilità di istituire un Osservatorio Regionale della FSMG, con il compito di effettuare il monitoraggio della qualità formativa dei corsi regionali, mutuando l’esperienza delle scuole di specializzazione universitarie4,6.

Inoltre, è stato documentato un bisogno formativo circa l’apprendimento di competenze riconducibili a management sanitario, evidence-based medicine e metodologia della ricerca, al pari di quanto rilevato nei medici in FSMG di altre realtà Europee34. Tali evidenze depongono ulteriormente a favore dell’integrazione tra le esperienze formative-professionalizzanti nella medicina del territorio ed il “know how” espresso dalle Università. Non a caso, Beasley ed al. hanno sottolineato come anche in Italia, al fine di avere un sistema sanitario in linea con il mutevole bisogno di salute, sia indispensabile implementare la ricerca e la formazione universitaria in tema di PHC35.

Con riferimento alle competenze acquisite durante la frequenza dei corsi di FSMG, la survey ha evidenziato delle criticità sul problem solving e sull’orientamento alla comunità, mentre più confortante è risultato il grado di soddisfazione rilevato sulle competenze nell’approccio globale e olistico al paziente. Tali evidenze confermano quanto documentato nel 2011 da uno studio pilota36 che ha esplorato l’aderenza dei corsi regionali all’Educational Agenda redatta da Euract e il grado di soddisfazione sulle skills acquisite, basate sulla definizione Wonca della MG/medicina di famiglia. Da questi risultati si evince che i margini di miglioramento nell’acquisizione delle competenze fondamentali risultano ancora ampi37.

Ancora, il giudizio diffusamente insoddisfacente espresso dai rispondenti sulla condizione dei medici in FSMG spiega l’amplissimo consenso rilevato a favore dell’evoluzione dello status del corsista da borsista a titolare di un contratto di formazione, in analogia con la situazione specializzandi universitari. Parimenti, la quasi totalità dei rispondenti si è dichiarata a favore dell’equiparazione del percorso di FSMG ai corsi di specializzazione di area sanitaria con la creazione di una rete formativa integrata tra Università, Territorio ed Ospedali, sulla scorta delle esperienze documentate dagli altri Paesi dell’UE.

I principali limiti della survey possono essere riconducibili alla natura trasversale del disegno di studio, nonché all’utilizzo del web per il reclutamento del campione, il che può aver comportato un potenziale bias di selezione connesso alle differenze nell’accessibilità ad internet e nella propensione al suo utilizzo. Di contro, come dimostrano le esperienze di altri studi condotti a livello internazionale31,32,33, l’utilizzo del web per reclutare corsisti che espletano le attività formativo-professionalizzanti nelle varie articolazioni dell’assistenza distrettuale ed ospedaliera rappresenta una strategia efficace.

Le risultanze della survey depongono a favore della proposta di adozione, anche nel nostro Paese, di una scuola di specializzazione in MG e Cure Primarie (CP). Infatti, nella misura in cui la sostenibilità del SSN trova fondamento nell’evoluzione e nella riorganizzazione delle CP, l’aggiornamento delle competenze dei medici del territorio non può che passare da una rivisitazione dell’attuale sistema della FSMG.

A tal fine, partendo dall’esperienza documentata dalle Scuole di Specializzazione in Medicina di Comunità e Cure Primarie5 e valorizzando i punti di forza e le “best practice” 38 dei corsi regionali, vengono presentate due ipotesi di evoluzione del percorso di formativo di FSMG: a) corso quadriennale che includa, oltre agli aspetti clinici, anche quelli gestionali (in analogia al modello spagnolo della specializzazione in “Medicina familiar y comunitaria”39); b) percorso diviso in due fasi distinte, una clinica ed una gestionale, realizzate rispettivamente nell’ambito di una specializzazione di durata triennale (che conferirebbe le competenze necessarie ad esercitare, in via esclusiva, la professione del MMG) e di un master universitario di secondo livello della durata di un anno (necessario per accedere ai ruoli di coordinamento).

Nel particolare, il percorso specialistico di formazione specifica in MG e CP, dovrebbe essere incardinato in una rete formativa integrata Università – SSR, che, ferma restando la centralità degli ambulatori dei MMG e dei nuovi modelli organizzativi del territorio, aggregazioni funzionali territoriali (AFT) ed Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP)40, dovrebbe ricomprendere i presidi di continuità assistenziale, le residenze socio-sanitarie, gli ospedali di comunità, l’assistenza domiciliare integrata, gli hospice, i reparti ospedalieri ed i pronto soccorso. Tale percorso formativo dovrebbe, altresì, conferire ulteriori competenze gestionali e di governo clinico di percorsi di cura integrati e continui, nonchè funzioni di direzione dei servizi di CP, da esercitare presso i Distretti sanitari ed i Dipartimenti di CP, le Case della Salute, le Residenze Sanitarie Assistite e le UCCP.

Tali modelli potrebbero realizzarsi primariamente nei dipartimenti di “General Practice and Primary Care”10,13, intesi come luoghi fisici e funzionali a fare sintesi tra le capacità delle Università nei campi dell’organizzazione didattica e della produzione scientifica e le esperienze professionali e le attività di tirocinio professionalizzante dei general practicioners (GPs)41. Inoltre, gli stessi dipartimenti consentirebbero di raggiungere più agevolmente l’obiettivo di una presa in carico globale dei pazienti complessi e delle rispettive famiglie nella rete dei servizi territoriali integrati, garantendo l’erogazione di interventi coordinati e continui con l’ospedale42.

D’altronde, l’addestramento del medico di MG al lavoro in team multidisciplinari e l’integrazione tra le differenti competenze sanitarie trovano fondamento in una necessaria osmosi culturale tra università, territorio ed ospedale e sono i presupposti indispensabili per garantire la “salute per tutti”43.

Infine, l’evoluzione verso un percorso di FSU consentirebbe di superare le limitazioni per gli iscritti ai corsi regionali di svolgere parte del periodo formativo all’estero, a differenza di quanto previsto per le SSU in risposta alla documentata richiesta di esperienze formative elettive internazionali44.

In conclusione, la rilevazione ha permesso di far emergere i punti di forza e di debolezza dell’attuale modello di FSMG e ha fornito indicazioni per predisporre opportuni interventi di miglioramento del percorso post-lauream di FSMG. In tale ottica, è possibile affermare che la proposta di evoluzione della FSMG in un percorso di formazione specialistica, fatte salve le peculiarità e la specificità della MG, ed in linea con quanto affermato sia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità11, che dal WONCA Europe45, può rappresentare il punto di partenza per il rilancio della cultura delle CP e della MG in Italia.

Tab. 1: Principali motivazioni ed aspetti vocazionali che hanno orientato la scelta del corso di FSMG rilevati nel campione dei 302 medici in formazione specifica aderenti alla survey.

MOTIVAZIONI ED ASPETTI VOCAZIONALI N. DI RISPOSTE*
Aspetti relazionali del rapporto medico-paziente (“aspetto relazionale della professione” “approccio individuale alla persona”) 242/302
Peculiarità dell’approccio olistico – globale al paziente (“approccio olistico al paziente”, “sfida professionale di una disciplina di ampio impatto”, “esperienza formativa o professionale in setting ospedaliero non soddisfacente”) 235/302
Aspetti organizzativi e remunerativi (“autonomia ed indipendenza nell’organizzazione del lavoro” ed “introiti economici allettanti”) 177/302
Motivazioni riferibili alla sfera privata e personale (“compatibilità con la maternità e la vita familiare” e “presenza nella famiglia di un MMG”) 124/302
Scelta di ripiego (“non possibilità di accesso ai percorsi specialistici” a causa o del conseguimento “di punteggio non sufficiente” o “per possibilità di accesso a percorsi specialistici non di interesse”) 103/302
Aspetti legati alle prospettive occupazionali (“maggiore possibilità di occupazione”) 59/302
*I rispondenti hanno potuto esprimere sino a tre preferenze.

 

Tab. 2: Livello di soddisfazione e criticità in tema di organizzazione della didattica ed obiettivi formativi dei corsi regionali di formazione specifica di medicina generale e di condizione del corsista rilevati nel campione dei 302 medici in formazione specifica aderenti alla survey.

DOMANDA CATEGORIA DI RISPOSTA N. (%)
Molto importante 134 (44,4%)
A. (D. 1.8) Pensi che la formazione intra-ospedaliera sia importante Importante 95 (31,5%)
per qualificare il Medico di Medicina Generale? Non importante 10 (3,3%)
Poco importante 63 (20,9%)
Molto importante 111 (36,8%)
B. (D. 1.9) Considerile rotazioni neidiversirepartiospedalieri importanti Importante 120 (39,7%)
per il corso di formazione specifica di Medicina Generale? Non importante 24 (15,6%)
Poco importante 47 (7,9%)
Molto importante 94 (31,1%)
C. (D. 1.10) Qual è l’importanza che dai all’apprendimento dei principi del management sanitario all’interno del corso di formazione specifica di Medicina Generale? Importante 120 (39,7%)
Non importante 14 (24,5%)
Poco importante 74 (4,6%)
Molto importante 144 (47,7%)
D. (D. 1.11) Pensi che sia importante apprendere e praticare la evidence-based medicine durante il corso di corso di formazione specifica di Medicina Generale? Importante 130 (43%)
Non importante 4 (7,9%)
Poco importante 24 (1,3%)

  

Tab 3: Livello di soddisfazione sulle competenze acquisite durante la frequenza dei corsi di formazione specifica di medicina generale rilevato nel campione dei 302 medici in formazione specifica aderenti alla survey.

COMPETENZA DOMANDA CATEGORIA DI RISPOSTA N (%)
Soddisfatto 97 (32,1%)
Gestione delle A. (2.2) Quanto sei soddisfatto sul livello di iii Indifferente 141 (46,7%)
cure primarie competenze acquste in tema di gestone delle cure primarie? Insoddisfatto 41 (13,6%)
Competenze non impartite 23 (7,6%)
Soddisfatto 140 (46,4%)
Approccio centrato B. (2.4) Per come è stato affrontato l’io centrato sull Giudizio indifferente 104 (34,4%)
sulla persona approcca persona durante il corso, mi ritengo: Insoddisfatto 39 (12,9%)
Competenze non impartite 19 (6,3%)
Soddisfatto 98 (32,5%)
Problem Solving C. (2.6) Per come sono state affrontate le specifiche competenze di problem solving durante il corso, mi ritengo: Giudizio indifferente 127 (42,1%)
Insoddisfatto 52 (17,2%)
Competenze non impartite 25 (8,2%)
Soddisfatto 120 (39,7%)
Approccio globale D. (2.8) Per come sono state affrontate le specifiche competenze dell’approccio globale durante il corso, mi ritengo: Giudizio indifferente 124 (41,1%)
Insoddisfatto 42 (13,9%)
Competenze non impartite 16 (5,3%)
Soddisfatto 68 (22,5%)
Orientamento alla E. (2.10) Quanto sei soddisfatto sul livello di iite in tema di Giudizio indifferente 144 (47,7%)
comunità competenze acqusorientamento alla comunità? Insoddisfatto 54 (17,9%)
Competenze non impartite 36 (11,9%)
Soddisfatto 109 (36,1%)
Approccio olistico F. (2.12) Per come sono state affrontate le specifiche competenze sull’approccio olistico durante il corso, mi ritengo: Giudizio indifferente 120 (39,7%)
Insoddisfatto 50 (16,6%)
Competenze non impartite 23 (7,6%)

 

Bibliografia

1) Direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e Direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/ CE e 99/46/CE, che modificano la Direttiva 93/16/CEE.

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Cita questo articolo

Mazzucco W., Marotta C., De Waure C., et al. “Rilevazione nazionale in tema di formazione specifica di medicina generale in Italia”, Medicina e Chirurgia, 72: 3322-3335, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-73-3

 

Core Curriculum dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia Editing, razionalizzazione, semplificazione e proposte di evoluzionen.73, 2017, pp. 3315-3321, DOI: 10.4487/medchir2017-73-2.

Abstract

The “Core Curriculum” for the Italian degree course in Medicine has been recently revised. Due to its over 15 years challenging and sometimes troubled evolution, it appeared to need an important editing intervention. Style standardization, rationalization and simplification were adopted and, at the end of the editing process, the number of the curriculum items (named in Italian Unità Didattiche Elementari – UDE i.e. Elementary Educational Unit) was significantly lowered. Four learning field were introduced, named and organized to provide an idea of learning progression; each UDE was unilaterally referred to one of them. Further evolutions are certainly possible and some of them are here discussed

Key words: Core Curriculum, Learning field, Elementary Educational Unit, Skill

Parole chiave: Core Curriculum, Area di Apprendimento, Unità Didattica Elementare, Abilità pratica

Articolo

Introduzione

La storia del Core Curriculum dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia1 nasce all’inizio degli anni 2000 dalla necessità di contrastare la parcellizzazione delle conoscenze sempre più favorita dalla “disintegrazione” dei corsi integrati in moduli disciplinari spesso semplicemente incollati tra loro e con una discreta percentuale di ridondanza dei contenuti. Tale situazione, come è noto, si era venuta a creare per una non corretta attuazione delle progressive riforme ordinamentali, nonostante gli sforzi in contro tendenza fatti dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. L’intuizione di Giovanni Danieli e il lavoro lungo e faticoso delle diverse commissioni succedutesi nel tempo all’interno della Conferenza per la stesura e l’aggiornamento del Core Curriculum, di cui si trova fedele traccia bibliografica nell’articolo scritto da Giuseppe Familiari per il numero 67 di Medicina e Chirurgia redatto in occasione dei trent’anni della conferenza2, hanno condotto alla produzione e alla approvazione di un Core Curriculum costituito da Unità Didattiche Elementari (UDE), intese come “particelle del sapere medico con un contenuto tematico circoscrivibile e coerente, caratteristiche didattico-pedagogiche omogenee, descritte in un linguaggio comprensibile in modo univoco dagli studenti e dai docenti e verificabili nel grado di apprendimento”, raggruppate in Ambiti Culturali Integrati (ACI) e facilmente accessibili/consultabili in quanto presenti on-line sul sito della Conferenza. In altre parole si è giunti a proporre uno strumento in grado di rendere omogenei a livello nazionale gli obbiettivi di apprendimento dei CLMMC e a cui i singoli CdL si possono ispirare nella propria autonomia decisionale, adattando il risultato finale alle caratteristiche peculiari di ogni sede. L’adozione delle UDE ha segnato il passaggio epocale dai curricula basati sul “cosa insegnare” a quelli basati sul “cosa lo studente deve apprendere”, mentre il ricorso agli ACI ha rappresentato un primo passaggio verso il superamento delle barriere disciplinari a favore dell’integrazione dei contenuti. Per le caratteristiche proprie dello strumento “Core Curriculum” lo stesso è bisognoso di continua manutenzione, aggiornamento e integrazione, ma nelle successive versioni tali operazioni sono esitate di sovente in un aumento numerico delle UDE che hanno raggiunto una quantità non più compatibile con i tempi di svolgimento dei CLMMC. Per tale motivo, nell’ultimo triennio, è stato dato mandato dalla Conferenza a una commissione coordinata da Calogero Caruso di operare, insieme alla consueta opera di manutenzione, aggiornamento e integrazione del Core Curriculum, anche una radicale revisione dello stesso ai fini di una possibile sostanziale riduzione del numero complessivo delle UDE. Alla fine dei lavori di tale commissione, che ha compiuto anche una rilevante opera di integrazione inserendo UDE relative a 12 argomenti di grande attualità con riformulazione ex-novo degli obbiettivi3, il Core Curriculum è risultato sicuramente più snello. La rilettura critica di tutto il lavoro svolto in questi anni sull’argomento ha evidenziato come l’intervento di diverse commissioni, e quindi di diversi autori nel tempo, da una parte è stato foriero di grande arricchimento, dall’altra ha reso necessario un intervento radicale di “editing” per uniformare e razionalizzare e, ove possibile, semplificare la forma di quanto reso. Scopo di questo articolo è quello di relazionare sui lavori svolti dalla commissione temporanea, costituita a questo scopo, dalla CPPCLMMC.

 

I lavori della Commissione “Editing” del Core Curriculum

La situazione di partenza

Prima dei lavori della Commissione coordinata da Calogero Caruso, gli aggiornamenti succedutesi nel tempo avevano condotto ad un numero di 2.254 UDE 4 raccolte in 16 Ambiti Culturali Integrati (Fig. 1)

Il paziente e meticoloso lavoro della Commissione, effettuato anche tramite la consultazione di esperti esterni, sempre comunque selezionati tra coloro che condividevano le impostazioni della Conferenza, in particolare circa la necessità di superare i contesti disciplinari, ha portato alla riduzione del numero delle UDE fino a 1.770, e questo nonostante l’introduzione di un discreto numero di nuove UDE relative ad alcuni argomenti di recente introduzione nell’ambito degli obbiettivi di apprendimento essenziali dei CLMMC. La collocazione nei 16 ACI era rimasta invariata.

Gli interventi effettuati

La revisione della forma

In termini di forma sono state condotte alcune modifiche sistematiche, nel tentativo di rendere il “corpus” più fruibile alla consultazione e di renderlo congruo con una progettazione per competenze senza snaturare il suo significato originario di repertorio delle unità “elementari” su cui fondare le attività didattiche. In questo senso si è cercato di uniformare la totalità delle UDE, per quanto possibile, allo schema verbo + contesto + contenuto. Anche la scelta dei verbi è stata standardizzata al massimo e contestualizzata al tipo di UDE in questione (Fig. 2)

Fig. 1: Ambiti Culturali Integrati

Ambiti Culturali Integrati

  • Clinica medica, chirurgia e cure primarie
  • Etiologia e patogenesi delle malattie
  • Fisiopatologia dell’attività fisica e malattie dell’apparato locomotore
  • Funzioni biologiche integrate degli organi e apparati umani
  • Malattie neurologiche e degli organi di senso
  • Medicina bio-molecolare e biotecnologica
  • Medicina della riproduzione e materno-infantile
  • Medicina e sanità pubblica
  • Metodologia clinica
  • Metodologie e tecniche diagnostiche
  • Morfologia umana
  • Patologia sistematica integrata
  • Scienze del comportamento umano
  • Scienze umane
  • Trattamento del paziente
  • Urgenza, emergenza e primo soccorso

 

Fig. 2: Verbi preferiti

Verbi preferiti

da utilizzare, a meno che non sia richiesto un verbo o espressione molto specifica (ad es. disegnare un albero genealogico)

  • per UDE cognitive di livello mnemonico: elencare, descrivere, definire
  • per UDE cognitive di livello argomentativo: discutere, correlare, applicare conoscenze
  • per UDE relative ad abilità o competenze tecniche: eseguire, condurre, utilizzare, applicare tecniche, ricercare
  • perUDE relative a competenze interpretative: valutare, interpretare
  • perUDE relative a competenze cliniche: ipotizzare diagnosi differenziali, diagnosticare, prescrivere, indicare (un approccio diagnostico o terapeutico)
  • perUDE relative a competenze comunìcativo-rclazionalì: comunicare, spiegare, educare
  • per UDE relative a competenze gestionali: formulare un iter/pianificare, gestire, controllare, cooperare

Generalizzazione delle UDE

Questa operazione si è rilevata particolarmente utile per semplificare il Core Curriculum e diminuire il numero di UDE. Nei fatti si è provveduto a raggruppare tutte le UDE con medesimo verbo e contesto, ma con contenuto diverso, in un’unica UDE con lo stesso verbo e contesto e contenuto generalizzato affiancandola ad una serie di contenuti possibili in cui la stessa UDE si potesse articolare (Fig. 3).

Oltre l’evidente vantaggio in termini di riduzione numerica e di facilità di lettura, la costituzione di un elenco di possibili articolazioni dell’UDE ne consente una maggiore flessibilità anche in termini di aggiornamento che, per ovvi motivi, è limitabile alle sole quantità e qualità delle articolazioni.

Divisione delle UDE

La necessità di divisone delle UDE è nata principalmente per un’esigenza di razionalizzazione. Di frequente erano presenti UDE contenenti contemporaneamente sia obiettivi cognitivi, sia abilità pratiche o competenze professionali complesse con evidente confusione e contraddizione stessa del concetto di unità elementare. Si è proceduto a dividere tali Unità ottenendo, pressoché sempre, UDE omogenee in termini di tipologia di obbiettivi (Fig. 4).

L’aumento di UDE dovuto a questa operazione è stato ampiamente compensato dall’operazione di generalizzazione descritta precedentemente.

Fig. 3: Generalizzazione delle UDE

 

Descrivere le caratteristiche di alcoli, fenoli, tioli, eteri e tioeteri valutandone il ruolo biologico generale mnemonico-interpretativa teorica alcoli, fenoli, tioli. eteri e tioeteri
Descrivere le caratteristiche di aldeidi e chetoni acidi carbossilici e amine e derivati valutandone il ruolo biologico generale mnemonico-interpretativa teorica Descrivere le caratteristiche, valutandone il aldeidi e chetoni addi carbossili e amine e derivati
Descrivere le caratteristiche dei derivati degli acidi carbossilici valutandone il ruolo biologico generale mnemonico-interpretativa teorica ruolo biologico, delle diverse sostanze di interesse derivati degli acidi carbossilici
Descrivere le caratteristiche chimiche di carboidrati lipidi, proteine, nucleotidi ed eterociclici valutandone il ruolo biologico generale mnemoni cointerpretativa teorica carboidrati lipidi, proteine, nucleotidi ed eterociclici

 

 

Introduzione delle Aree di Apprendimento e raggruppamento delle UDE in base alla corrispondenza tra Ambiti Culturali Integrati di appartenenza a Area di Apprendimento

La scelta di introdurre le Aree di Apprendimento intese come aree omogenee, anche parzialmente sovrapponibili, all’interno delle quali i diversi corsi integrati mettono in condizione lo studente di conseguire obbiettivi di apprendimento congrui con la tematica propria dell’area stessa, è nata dall’esigenza di superare l’esperienza, pur positiva, degli Ambiti Culturali Integrati. Questi ultimi avevano certamente avuto il merito di superare le segmentazioni disciplinari, ma erano ancora slegati da una logica stringente di progressione di apprendimento, indispensabile ai fini del tentativo di rendere omogenei i percorsi formativi dei CLMMC italiani. In tema di semplificazione massima sono state individuate quattro differenti aree che sono state immaginate anche in una possibile progressione di apprendimento al fine di indirizzare la collocazione delle UDE nell’ambito dei curricula dei CdL. L’area delle Scienze di Base, che probabilmente dovrebbe essere denominata più propriamente Scienze di Base Precliniche per sottolineare la finalizzazione univoca di tutto il percorso pedagogico dei CLMMC verso la formazione di competenze mediche e quindi cliniche, ricomprende tutte le UDE necessarie alla formazione di base indispensabili alla comprensione dei fenomeni fisiologici e fisiopatologici. L’area delle Metodologie e Scienze precliniche è di riferimento per tutte le attività didattiche volte all’apprendimento, da parte dello studente, dei metodi e delle metodologie di studio, di approccio all’assistito e ai problemi di salute nonché dei meccanismi etiopatogenetici e fisiopatologici alla base delle malattie. L’area delle Scienze Cliniche Diagnostiche, Mediche e Chirurgiche, di gran lunga la più vasta, rappresenta l’ambito di apprendimento centrale dei CLMMC nella quale si articolano le UDE volte al conseguimento delle competenze che mettano lo studente in grado di costruire i corretti iter diagnostico-terapeutici per gli assistiti con cui interagirà durante la sua professione di medico; peraltro va sottolineato che gli obbiettivi di quest’area di apprendimento sono, di fatto, irraggiungibili in assenza del propedeutico raggiungimento di quelli relativi alle aree già descritte. L’area delle Emergenze e Urgenze Specialistiche riguarda l’apprendimento di tutte le competenze indispensabili per fronteggiare le situazioni di pericolo di vita ed è quindi un’area altrettanto caratterizzante la figura del medico che i CLMMC si prefiggono di formare.

Così individuate le aree, sono state stabilite le corrette corrispondenze tra le stesse e gli ACI (Fig. 5) per poi pervenire alla sostituzione di questi ultimi e alla corrispondenza delle UDE direttamente con le Aree di Apprendimento.

Fig. 4: UDE e tipologia di obbiettivi

Discutere gli altri effetti centrali delle risposte di fase acuta; gli effetti ipotalamici delle chitochine: il comportamento malattia (anoressia, apatia, astenia, sonnolenza) ed il suo significato teleonomico. Descrivere l’attivazione dell’asse ipotalamico-ipofisario nello stress e nella risposta infiammatoria: i glucocorticoidi e le risposte infiammatorie generale mnemonica-argomentativa 1. Discutere gli altri effetti centrali delle risposte di fase acuta; gli effetti ipotalamici delle citochine: il comportamento malattia (anoressia, apatie, astenia,sonnolenza) e il suo significato teleonomico. 2. Descrivere l’attivazione dell’asse ipotalamico-ipofisario nello stress e nella risposta infiammatoria: i glucocorticoidi e le risposte infiammatorie.

 

Fig. 5

1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologa umana
Area di apprendimento Nuovo Ambito Culturale Integrato (ADI)
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie

 

Il problema delle cosiddette UDE pratiche e i loro rapporto con le cosiddette Skills

Durante le operazioni di “editing” descritte, che hanno comportato la rilettura totale e ripetuta da parte di tutti i componenti la Commissione della totalità del curriculum (metodologia questa che ha permesso a tutti di averne una visione complessiva e non parcellare e di poter sviluppare un confronto tra i componenti sull’insieme dell’elaborato), è apparsa evidente la ridondanza di un certo numero di UDE cosiddette pratiche e le cosiddette Skills (intese come abilità che lo studente deve necessariamente apprendere per poter completare il suo percorso formativo) elaborate dalla Conferenza. Qual era il rapporto tra UDE pratiche e Skills? Era evidente la necessità di condividere delle definizioni precise delle due entità anche per scegliere che cosa dovesse far parte del Core Curriculum e cosa dovesse esserne escluso. In questo senso si è proceduto a condividere, anche in seno alla Conferenza, le seguenti definizioni:

  • UDE Pratiche
    • Unità didattiche elementari che prevedono l’insegnamento/apprendimento di un’attività anche di tipo pratico, non necessariamente da sottoporre a valutazione tramite una prova pratica, nell’ambito di unità didattiche complesse all’interno del corso integrato di riferimento
  • Skills
    • Abilità pratiche che debbono essere insegnate/apprese eventualmente anche al di fuori dei CI di riferimento e la cui acquisizione/effettuazione dovrebbe essere sempre verificata La conseguente decisione è stata quella

di eliminare tutte le UDE pratiche corrispondenti alle Skills approvate dalla Conferenza dal Core Curriculum, in quanto il loro apprendimento è dato già come necessario ai fini del conseguimento della laurea in Medicina e Chirurgia.

 

Il risultato

Le operazioni nel complesso hanno condotto alla modifica di 460 UDE su 1.770 (pari al 25,98 per cento) che ha esitato in un numero finale di UDE pari a 1.659 raccolte in quattro Aree di Apprendimento. Il Core Curriculm in tale forma è pubblicato sul sito della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia5. Nel complesso la revisione operata dalla commissione Caruso e il successivo Editing hanno portato ad una diminuzione totale di circa ¼ delle UDE.

Analizzando il risultato ottenuto in base alla distribuzione per aree di apprendimento (Fig. 6) a al grado di competenza (Fig. 7) si ritiene che la stessa sia abbastanza congrua in tutti e due i casi.

Fig. 6

Area di Apprendimento Numero assoluto Percentuale
Scienze di Base 281 16,18 %
Metodologie e Scienze Precliniche 426 24,52 %
Scienze cliniche integrate Diagnostiche, Mediche e Chirurgiche 1002 57,69 %
Emergenze e Urgenze specialistiche 28 1,61
Totale 1737 100 %

 

Fig. 7

Grado di competenza Numero assoluto Percentuale
Mnemoniche 986 56,77 %
Argomentative 147 8,46 %
Tecniche 102 5,87 %
Interpretative 92 5,29 %
Cliniche 311 17,91 %
Comunicativo-relazionali 87 5,00 %
Gestionali 12 0,70 %
Totale 1737 100 %

 

Nello specifico è presente un rapporto corretto tra le Aree di Apprendimento con un’attesa preponderanza di quella cliniche, mentre per quel che concerne il grado di competenza, quella teorica sebbene ancor di lunga prevalente, si attesta appena sopra il 50%.

Un dato meno incoraggiante è quello relativo alla distribuzione del grado di abilità (Fig. 8).

È evidente come le abilità pratiche rappresentino ancora un frazione bassa del bagaglio di apprendimento previsto nei CLMMC, sebbene il fatto che insieme a quelle teorico-pratiche ormai raggiungano e superino ¼ della totalità delle UDE previste, debba essere testimonianza di una chiara inversione di tendenza rispetto al passato. D’altro canto, se è vero che la preparazione teorica del laureato in Medicina e Chirurgia italiano è considerata mediamente superiore a quella degli altri Paesi europei e extra-europei, questo è dovuto al fatto che tradizionalmente nel nostro Paese l’esposizione alla pratica clinica è stata sempre riservata al periodo post-laurea. Ovviamente non deve essere più così, ma se il dato derivante dall’attuale rielaborazione del Core Curriculum fosse realmente corrispondente a quello che sarà appreso dai nostri studenti nel prossimo futuro in termini di abilità pratiche, ci potremmo considerare ampiamente soddisfatti.

Fig. 8

Grado di abilità Numero assoluto Percentuale
Autonoma 14 0,80 %
Pratica 308 17,73 %
Teorica 1270 73,12 %
Teorico/pratica 145 8,35 %
Totale 1737 100 %

 

Considerazioni conclusive

Certo il Core Curriculum, così revisionato e rielaborato, è sicuramente strumento più adeguato a essere utilizzato per la costruzione dei curricula dei CLMMC italiani benché sia certamente ancora migliorabile.

Per scelta, la Commissione “editing” non ha effettuato tagli concettuali, ma ha solo eliminato ridondanze, agito sulla forma per renderla omogenea, e cercato di semplificare al massimo la struttura. L’unica proposta in qualche senso politica, fatta propria dalla Conferenza tutta, è stata quella di sostituire gli Ambiti Culturali Integrati con le Aree di Apprendimento cercando in questo modo di indicare una progressione temporale e concettuale degli obbiettivi di apprendimento. Ciò nonostante sembrano necessari ulteriori interventi che si ritiene la commissione permanente della Conferenza, denominata non a caso, “Core Curriculum, definizione e monitoraggio” debba mettere in agenda. Anche quest’ultima revisione, infatti, sembra ancora viziata da un’idea di “core” riferita più alle diverse branche specialistiche che al concetto del cosiddetto “medico standard”, inteso come il neolaureato che possiede le basi della professione medica ed è quindi in grado di affrontare e risolvere i problemi di salute posti dai singoli pazienti e dalla comunità nella prevenzione, nella diagnosi, nella terapia e nelle riabilitazione delle malattie di più comune riscontro, individuando, cercando, acquisendo e infine mettendo in pratica, al proprio livello operativo, le conoscenze e le strategie adeguate. Ci sarà tempo per affinare, in senso specialistico

o generalistico, le competenze necessarie all’esercizio pieno della professione durante la formazione post-laurea. Il neolaureato deve possedere gli strumenti indispensabili per perfezionare la sua formazione di base che oggi, stante la continua e veloce progressione delle conoscenze, non può essere mai considerata realmente completa perché dovrà continuare per tutta la vita professionale nell’ambito di una educazione medica continua. In questo senso è possibile che, affinando le tecniche di generalizzazione e migliorando la definizione degli obbiettivi di apprendimento veramente indispensabili a partenza dai problemi prevalenti di salute che il “medico standard”, così come definito, si troverà ad affrontare, si possa arrivare ad una ulteriore importante riduzione del numero della UDE. Provocatoriamente si potrebbe lanciare uno slogan del tipo “1.000 e non più di 1.000” ponendo l’obbiettivo di arrivare ad un Core Curriculum di 1.000 UDE. Un’ulteriore riduzione, specie se della consistenza proposta, sicuramente aumenterebbe la fruibilità dello strumentoda parte dei singoli CdL, altro problema noto che ha limitato la diffusione dell’adozione delle UDE nei corsi,come dimostrato anche dai dati dell’ultimo esercizio delle Site Visit 6. In questo senso sarebbe importante anche concepire delle linee guida per l’utilizzo del Core Curriculum, magari partendo da una simulazione di un curriculum tipo per un CLMMC, basato su Unità Didattiche Complesse costruite utilizzando le Unità Didattiche Elementari secondo la progressione suggerita dall’appartenenza delle stesse alle diverse aree di apprendimento.

Infine vale la pena di ricordare che il Core Curriculum edito dalla Conferenza Permanente dei Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, per tutto quello che è stato anche ricordato in questo articolo, oltre che per la sua storia, è uno strumento plastico e in continuo aggiornamento in dipendenza sia dalla evoluzione delle conoscenze, sia dal progresso tecnologico che mette a disposizione in continuazione nuovi mezzi diagnostici e terapeutici, e, pertanto, necessità di costante manutenzione. Tale manutenzione non può che derivare dal continuo confronto tra tutti coloro che lo utilizzano e, quindi, ci si augura, tutti i docenti e tutti gli studenti dei CLMMC italiani i quali, tramite i dibattiti all’interno dei propri CCL, sedi proprie per l’elaborazione di tutto ciò che pertiene all’ottimizzazione dell’erogazione della didattica, possano veicolare le proposte di modifica tramite i rispettivi Presidenti, tenendo sempre bene a mente, però, che la singola UDE non appartiene a nessuna disciplina, ma rappresenta un obbiettivo di apprendimento al quale possono e debbono contribuire tutte le discipline utili alla sua realizzazione.

Ringraziamenti

Gli autori sono profondamente grati alla Dott.ssa Maria Carmen Mazzitelli per la preziosa e competente assistenza fornita durante tutti i lavori della commissione e per la rilettura critica del testo.

Bibliografia

1) Vettore L., Il “Core Curriculum” italiano, storie di ieri e di oggi. Gli inizi, l’evoluzione, le prospettive, Medicina e Chirurgia, 2015; 68: 3079-3084. DOI: 10.4487/medchir2015-68-1

2) Familiari G. La Storia della Conferenza vista attraverso gli articoli pubblicati su Medicina e Chirurgian. 2015; 67: pp.3047-3071. DOI: 10.4487/medchir2015-68-1

3) Caruso C., Il “Core Curriculum” italiano, storie di ieri e di oggi. La revisione del Core Curriculum degli studi di Medicina, Medicina e Chirurgia, 2015; 68: 3085-3088. DOI: 10.4487/ medchir2015-68-2

4) http://presidenti-medicina.it/db/

5) http://presidenti-medicina.it/core-curriculum/

6) Della Rocca C., Lenzi A.,On site visit 2004-Risultati del primo esercizio del secondo ciclo, Medicina e Chirurgia, 2015; 68: 3094-3104. DOI: 10.4487/medchir2015-68-4

Cita questo articolo

Della Rocca C., Basili S., Caiaffa M.F., Caruso C., Murialdo G., Zucchi R., Lenzi A., Core Curriculum dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia Editing, razionalizzazione, semplificazione e proposte di evoluzione, Medicina e Chirurgia, 73: 3315-3321, 2017. DOI:  10.4487/medchir2017-73-2

Una proposta per la formazione degli studenti di Medicina e Chirurgia alla Medicina di Generen.73, 2017, pp. 3310-3314, DOI: 10.4487/medchir2016-73-1.

Tiziana Bellini1, Valeria Raparelli2, Bruno Moncharmont3, Stefania Basili4, Andrea Lenzi2,5.

1 Presidente Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Ferrara.

2 Sezione di Fisiopatologia Medica ed Endocrinologia del Dipartimento di Medicina Sperimentale di SAPIENZA, Università degli Studi di Roma.

3 Presidente Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi del Molise.

4 Presidente Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia “D”, SAPIENZA, Università degli Studi di Roma.

5 Presidente dell’Associazione Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CPPCLMM&C)

Abstract

“Gender ass a determinant of health” has recently been promoted by the Ministry of Health, whounderlines how gender dimension in health is not only a requirement for methodology and analysis, but also represent an instrument of government and health planning. Recently, a law proposal on”Recommendations to support the application and dissemination of Gender Medicine” has been presented tothe Italian Parliament. Thus, the Association of Permanent Conference of Presidents of Courses in Medicine and Surgery (CPPCLMM&C), approved the final draft of the new Core Curriculum including Gender Medicine as knowledge and competence element for medical students. In addition, CPPCLMM&C President signed a motion in which recommendto integrate and develop Gender Medicine educational activities in all Italian curriculain Medicine and Surgery.

Key words: Core Curriculum, Gender Medicine.

Parole chiave: Core Curriculum, Medicina di Genere.

Articolo

Introduzione

Anche se l’osservazione che uomini e donne sono diversi è probabilmente antica quanto la vita umana, in ambito biomedico la consapevolezza che il sesso di un individuo sia un determinante cruciale dello stato di salute o di malattia è solo un’acquisizione degli ultimi decenni. Per poter comprendere la rivoluzione attualmente in corso, si tenga in considerazione che le donne hanno cominciato ad essere incluse negli studi clinici in numero congruo per testare le ipotesi sperimentali solo di recente. I termini “sesso” e “genere”, ben lungi dall’essere sinonimi, sono invece integralmente connessi e possono avere delle diverse ripercussioni sullo stato di salute.

Il sesso è considerato una componente biologica, definita dal corredo cromosomicoche produce differenze a livello sia cellulare che molecolare. I termini maschio e femmina dovrebbero, quindi, essere usati quando si fa riferimento a fattori biologici o fisiologici determinati dalla differenza di sesso. Le donne, infatti, hanno una fisiologia unica e la loro esperienza di malattia, nonché le risposte agli interventi terapeutici, sono spesso significativamente diversi da quelle degli uomini. Nonostante la crescenti evidenze che il sesso di un individuo è uno tra i più importanti modulatori del rischio di malattia e di risposta al trattamento, la considerazione del sesso del paziente nelle decisioni cliniche (compresa la scelta di testdiagnostici, farmaci e altri trattamenti) è spesso carente.

Quando, invece, usiamo il termine genere facciamo riferimento a un concetto più complesso che comprende aspetti sociali, ambientali, culturali e comportamentali, nonché tutte le scelte che influenzano l’identità di un individuo e il suo stato di salute. Il genere include l’identità di genere (come l’individuo e la collettività si percepiscono e si mostrano), le norme di genere (norme non scritte, nel contesto familiare, lavorativo, istituzionale o nella cultura in generale, che influenzano le attitudini e i comportamenti dell’individuo) e le relazioni di genere (rapporti tra individui di diverse identità di genere). Quindi il genere comprende differenze sociali tra donne e uomini, apprese e modificabili nel corso del tempo, con caratteristiche diverse dentro e tra le culture.

Lo stato di salute o di malattia, pertanto, può essere influenzato sia da aspetti biologici legati al sesso sia da aspetti socio-economici e culturali, propri del genere: di questi aspetti si occupa la Medicina di Genere. La Medicina di Genere, quindi non è la medicina che studia malattie che colpiscono prevalentemente le donne rispetto agli uomini. La Medicina di Genere analizza come lo stato di salute risenta della complessa interazione ed integrazione fra sesso (inteso come differenza biologica e funzionale dell’organismo) ed il comportamento psicologico e culturale dell’individuo che deriva dalla sua formazione etnica, educativa, sociale e religiosa.

Pertanto la Medicina di Genere è una scienza multidisciplinare e traslazionale che ha come obiettivo quello di valutare l’influenza che sesso e genere hanno sulla fisiologia, la fisiopatologia e la clinica delle malattie, nonché sulla risposta ai trattamenti, per giungere a decisioni terapeutiche basate sull’evidenza sia nell’uomo che nella donna.

La Medicina di Genere si pone come una medicina personalizzata che utilizza evidenze scientifiche e metodi che consentano la personalizzazione della cura. Negli ultimi anni anche le istituzioni internazionali hanno riconosciuto nella Medicina di Genere un obiettivo strategico di sanità pubblica e molta attenzione è stata data alle differenze di sesso e genere nella programmazione delle politiche sanitarie attuali. Infatti, l’approccio di genere in medicina migliora significativamente la qualità e l’appropriatezza delle cure, con una riduzione favorevole in termini di costi del sistema sanitario.

La Medicina di Genere rappresenta pertanto una nuova ed innovativa modalità di approccio alla ricerca e alla scienza in ambito biomedico, che mette al centro l’individuo nella sua complessità. Risulta pertanto indispensabile approfondire, caratterizzare e informare la collettività sui fattori attraverso cui le differenze legate al sesso e al genere agiscono sull’andamento di molte patologie, nonché sulla risposta alle terapie. Sarà pertanto necessario nel prossimo futuro strutturare nuovi percorsi di prevenzione, diagnosi e terapia tenendo in considerazione di queste differenze 1, 2.

Da tali premesse sembra indispensabile sensibilizzare le nuove generazioni di medici già durante il loro percorso formativo nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, strutturando l’approccio per genere come parte integratanegli obiettivi di apprendimento.

La Medicina di Generenon deve essere una specialità o disciplina a sé stante, ma un’integrazione trasversale di conoscenze e competenze mediche tali da formare una cultura finalizzata alla presa in carico della persona, che tenga nella dovuta attenzione le differenze di genere.

Il numero 26/2016 dei Quaderni del Ministero della Salute3 ha avuto come titolo “Il genere come determinante di salute”.  Il Ministro scriveva nella sua prefazione “La dimensione di genere nella salute è pertanto una necessità di metodo e analisi che può anche divenire strumento di governo e di programmazione sanitaria. Per arrivare a questo obiettivo è però necessario:

  • promuovere un’attività scientifica e di ricerca con un’ottica di genere;
  • sviluppare attività di prevenzione e individuare fattori di rischio genere-specificiin tutte le aree della medicina;
  • includere uomini e donne nei trials clinici;
  • sviluppare percorsi di diagnosi e cura definiti e orientati al genere;
  • formare e informare il personale sanitario;
  • includere gli aspetti di genere nella raccolta e nell’elaborazione dei flussi informativie nella formulazione dei budget sanitari”.

Inoltre, del tutto recentemente è in corso di valutazione la proposta di Legge di iniziativa parlamentaren. 3606 (la cui prima firmataria è l’Onorevole Paola Boldrini) in merito a “Disposizioni per favorire l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere” che ha compreso un ampio capitolo sulla formazione.

L’Associazione Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CPPCLMM&C) allo scopo di produrre un Core Curriculum comune al raggiungimento degli obiettivi specifici della Classe LM41, ha trasformato i contenuti dell’apprendimento in unità didattiche elementari (UDE), definite come “particelle del sapere medico con un contenuto tematico circoscrivibile e coerente, caratteristiche didattico-pedagogiche omogenee, descritte in un linguaggio comprensibile in modo univoco dagli studenti e dai docenti e verificabili nel grado di apprendimento”. In questi ultimi anni il Core Curriculum è stato rivisto per il raggiungimento, in tutti i corsi di laurea, di obiettivi formativi qualificanti5.

Ritenendo le differenze di genere come uno degli elementi fondamentali, dalla diagnosi alla terapia, da fornire al futuro laureato in Medicina e Chirurgia per migliorare la pratica clinica ed anche la ricerca ad essa correlata6 l’Associazione, rivedendo il Core Curriculum, ha inserito UDE relative alla Medicina di Genere5.Nel settembre 2016, l’Associazione Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia ha approvato la stesura finale del Core Curriculum con la sua articolazione in UDE, fra cui quelle relative alla Medicina di Genere.

Inoltre, Il 12 dicembre, in occasione della 124a Conferenza che si è tenuta a Roma, il Presidente, Prof. Andrea Lenzi, anche alla luce della proposta di legge, ha firmato una Mozione votata all’unanimità (vedi pag. 3344), nella quale ravvisa la necessità di inserire la Medicina di Genere in modo trasversale e longitudinale nei Corsi Integrati dei CLM in Medicina e Chirurgia, al fine di dare ai discenti la necessaria cultura su tale argomento. Coerentemente co questa mozione, l’Associazione CPPCLMM&C ha raccomandato a tutti i CLM in Medicina e Chirurgia di integrare e implementare in ciascuna sede attività didattiche relative alla Medicina di Genere, inserendo le UDE ad essa pertinenti nella descrizione del percorso di formazione a partire dall’aa 2017-2018.

Allo scopo di rendere operativa la Mozione dell’Associazione devono essere condotte formalmente 2 azioni fondamentali a livello di ciascun CLM in Medicina e Chirurgia:

  • Integrare l’approccio di Genere nella descrizione degli Obiettivi Formativi specifici del Corso di Studio esplicitandolo anche nei risultati di apprendimento (learning outcomes).
  • Attivare, in coerenza con gli obiettivi di cui al punto precedente, una filiera di unità didattiche, sia all’interno di corsi integrati che come attività didattiche elettive o seminari, nella formula più conveniente a ciascun Corso di Studio (CdS) e dandone appropriata evidenzia nella Scheda Unica Annuale del Corso di Studio (SUA CdS).

L’inserimento nella SUA CdS, lo strumento di trasparenza e informazione completa sul Corso di Studio, in particolare nella descrizione degli obiettivi formativi specifici del Corso di studio, di appropriati richiami alla dovuta attenzione per le differenze di genere consentirà lo sviluppo di una corretta consapevolezza nello studente durante il suo percorso universitario.

La indicazione operativa da parte della Associazione CPPCLMM&C è quella di apportare nell’A.A. 2017/2018 integrazioni alla SUA-cds. Per quei corsi che hanno adottato e riportato nella SUA-cds la formulazione degli obiettivi formativi specifici e dei risultati di apprendimento (descrittori di Dublino) suggeriti e condivisi dalla CPPCLMM&C, le modifiche sono quelle evidenziate di seguito in corsivo e grassetto.

Quadro A4a della SUA CdS -Obiettivi formativi specifici del corso

Ai fini del raggiungimento degli obiettivi didattici, …

  • una profonda conoscenza delle nuove esigenze di cura e di salute, incentrate non soltanto sulla malattia, ma, soprattutto, sull’essere umano ammalato, considerato nella sua globalità di soma e psiche, nella sua specificità di genere e di popolazione, inserito in uno specifico contesto sociale.…..
  • La conoscenza dei processi morbosi e dei meccanismi che li provocano, anche al fine di impostare la prevenzione, la diagnosi e la terapia anche in una ottica di genere;…

L’acquisizione della metodologia scientifica, medica, clinica e professionale rivolta ai problemi di salute del singolo e della comunità, con la doverosa attenzione alle differenze di popolazione e di sesso/genere. …..

Schermata 2017-04-26 alle 14.01.20

Inoltre nel quadro successivo (scheda SUA CdS- A4b) vi è l’indicazione a modulare i risultati di apprendimento relativi a Conoscenza e capacità di comprensione (Descrittore di Dublino #1) e Capacità di applicare conoscenza e comprensione (Descrittore di Dublino #2)

con la annotazione: con attenzione alle differenze di sesso/genere e di popolazione.

Di seguito sono illustrati alcuni esempi di differenti azioni intraprese o da intraprendere per dare esecuzione a quanto sopra descritto sotto forma di predisposizione di una filieradi argomenti da porre in vario modo alla attenzione discenti, distribuiti longitudinalmente nel piano formativo.

Nel CLM in Medicina e Chirurgiadell’Università di Ferrara almeno un insegnamento per anno di corso evidenzia l’approccio per genere di cui viene fatta esplicita menzione nella relativa Scheda d’Insegnamento (vedi Tabella 1).

Il CLM del’Università del Molise ha invece predisposto una lista di temi specifici della Medicina di Genere (periodicamente aggiornabile) su cui ciascun docente, per le relative competenze, deve far convergere l’attenzione dello studente durante lo svolgimento del corso (Tabella 2).

Un ulteriore utile strumento, disponibile agli studenti del CLM di Ferrara, è il corso FAD “Elementi di Medicina di Genere -responsabile: Dott. Fulvia Signani),fruibile gratuitamente grazie alla collaborazione tra AUSL e UNIFEe già testato.

Attualmente la maggior parte dei CdS stainserendo la Medicina di Genere nella sua offerta formativa nell’ottica di quanto l’Associazione CPPCLMM&C ha sempre sostenuto: formare un medico che sappia curare e prendersi cura della persona e la cui formazione sia, grazie ad un Core Curriculum nazionale comune, il più possibile omogenea nel rispetto, però, delle autonomie.

Tab. 1: Filiera di unità didattiche nel CdS di Ferrara

Anno di Corso Insegnamento Obiettivi
I Medical Humanities Nel corso si pone molta attenzione al problema delle giustizia e delle pari opportunità quando vi sono in gioco questioni etiche legate alla diversità (di età, sesso, genere, etnia, cultura, alfabetizzazione, stato socio-economico ecc.) del paziente. Si dedica particolare riflessione al tema della diversità di sesso e genere.
II Anatomia Implicazioni morfologiche e di valutazione differenziale legate al sesso/genere
III Patologia generale Diagnostica per Immagini Le malattie autoimmunitarie coniugate al femminile: la donna come bersaglio sensibile alle patologie autoaggressive Metodologia clinica radiologica: i percorsi diagnostici sono riferiti agli aspetti della Medi-cina di Genere. La radioprotezione nell’adulto, nella donna in età fertile, nel bambino.
IV Farmacologia Medicina Interna Endocrinologia Illustrare le differenze farmacodinamiche e farmacocinetiche in relazione al sesso/ genere per capirne l’influenza in termini di risposta farmacologica e rapporto rischio/ beneficio dei diversi farmaci Integrare la conoscenza dei fattori sesso/genere-specifici, con particolare attenzione alle differenze, all’interno del percorso diagnostico-terapeutico e del ragionamento cli-nico olistico in medicina interna Identificare il ruolo delle differenze di genere in termini di incidenza, fisiopatologia, percorso diagnostico e terapeutico delle endocrinopatie
V Psichiatria Neurologia/Cardiologia Implicazioni eziopatogenetiche, psicopatologiche e terapeutiche legate al genere e superamento dello stigma. Implicazioni eziopatogenetiche, sintomatologiche e terapeutiche legate al sesso/genere
VI Medicina del lavoro Geriatria e Medicina del Territorio Emergenze-Urgenze Valutare il ruolo delle differenze di genere nel determinismo dei rischi per la salute legati all’ambiente professionale e alla tipologia del lavoro Illustrare le differenze legate al genere a livello di demografia e modificazioni fisiopatologiche età correlate per comprenderne la rilevanza sulle modalità d’invecchiamento e come determinanti della qualità di vita della persona anziana. Analisi di reazioni e comportamenti diversi in rapporto al genere nelle situazioni di urgenza-emergenza

 

Tab. 2: Filiera di unità didattiche nel CdS del Molise

  • Adattamento evoluzionistico del dimorfismo sessuale
  • I processi metabolici con specificità di sesso o di razza
  • Il dimorfismo sessuale nel metabolismo del ferro
  • Dimorfismo sessuale ed emostasi
  • Considerazione delle differenze di genere negli studi epidemiologici
  • Variabilità delle risposte ai farmaci in relazione alle differenze di sesso e popolazione
  • Considerazione delle differenze di genere e delle specificità di popolazioni nei trials clinici
  • Fattori sesso/genere ed etnico-specifici come determinanti della salute mentale.
  • Fattori sesso/genere ed etnico-specifici quali determinanti dell’invecchiamento di successo e della demenza senile
  • Fattori sesso/genere ed etnico-specifici nelle cure primarie
  • Considerazione dei fattori sesso/genere ed etnico-specifici nel percorso diagnostico-terapeutico delle patologie cardio-respiratorie
  • Considerazione dei fattori sesso/genere ed etnico-specifici nel percorso diagnostico-terapeutico delle patologie endocrino-metaboliche
  • Considerazione dei fattori sesso/genere ed etnico-specifici nel percorso diagnostico-terapeutico delle patologie autoimmuni
  • Considerazione dei fattori sesso/genere ed etnico-specifici nel percorso diagnostico-terapeutico delle patologie dell’apparato locomotore e nella riabilitazione

Bibliografia

  1. Clayton JA, Tannenbaum C. Reporting Sex, Gender, or Both in Clinical Research? 2016; 316: 1863-1864.
  2. Legato MJ, Johnson PA, Manson JE. Consideration of Sex Differences in Medicine to Improve Health Care and Patient Outcomes. 2016; 316: 1865-1866.
  3. http://www.quadernidellasalute.it/download/download/26-aprile-2016-quaderno.pdf
  4. http://www.camera.it/leg17/126?idDocumento=3603
  5. http://presidenti-medicina.it/core-curriculum/
  6. Baggio G., Basili S., Lenzi A. Medicina di Genere. Una nuova sfida per la formazione del medico, Medicina e Chirurgia, 2014; 62: 2778-2782,

Cita questo articolo

Bellini T., Raparelli V., Moncharmont B., Basili S., Lenzi A., Una proposta per la formazione degli studenti di Medicina e Chirurgia alla Medicina di Genere, Medicina e Chirurgia, 73: 3310-3314, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-73-1

Indice n.73/2017

MEDICINA E CHIRURGIA
QUADERNI DELLE CONFERENZE PERMANENTI DELLE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

73/2017

(scarica qui il l’intero numero in PDF)

SOMMARIO

Editoriale, di Andrea Lenzi, Stefania Basili.

Opinioni Istituzionali

Una proposta per la formazione degli studenti di Medicina e Chirurgia alla Medicina di Genere, di Tiziana Bellini, Valeria Raparelli, Bruno Moncharmont, Stefania Basili, Andrea Lenzi. 

I lavori delle Conferenze Permanenti

Core Curriculum dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia Editing, razionalizzazione, semplificazione e proposte di evoluzione, di Carlo Della Rocca, Stefania Basili, Maria Filomena Caiaffa, Calogero Caruso, Giovanni Murialdo, Riccardo Zucchi e Andrea Lenzi .

Lo spazio dell’Ospite

Rilevazione nazionale in tema di formazione specifica di medicina generale in Italia, di Walter Mazzucco, Claudia Marotta, Chiara De Waure, Gianluca Marini, David Fasoletti, Antonia Colicchio, Davide Luppi, Paola Bonetti, Stella Gangi, Emanuele Maffongelli, Rosalba Nanìa, Fabio Pignatti, Giorgio Sessa, Stefania Russo, Andrea Silenzi, Giuseppe Puccio, Paolo Parente, Claudio Costantino.

Dossier

La Cassetta degli attrezzi del Presidente del Corso di Laurea – Il ruolo del Coordinatore di Semestre, di Carlo Della Rocca, Antonio Angeloni, Antonella Calogero, Maria Del Ben, Giuseppe Familiari, Manuela Merli, Oliviero Riggio e Pietro Gallo.

Uomini, scuole, luoghi e immagini nella Storia della Medicina

Tutta colpa della morte!, di Marcella Tamburello, Giovanni Villone.

Notiziario

Notizie dall’ANVUR, dal CUN, dal SISM, dalle Conferenze Permanenti dei Corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, di Paolo Miccoli, Manuela di Franco, Matteo Cavagnacchi, Guido Biasco.

Editorialen.73, 2017, pp.3309

Schermata 2017-04-26 alle 14.01.00Il 27 ottobre del 2016 è stato redatto l’atto costitutivo dell’Associazione denominata “Associazione-Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia” il cui compito è quello di operare come organismo di supporto gestionale, organizzativo e amministrativo della CPPCCLM-M&C.

Tra i suoi principali compiti vi è anche quello di promuovere e diffondere le proposte e i documenti della CPPCCLM-M&C predisposti su problemi di valenza nazionale informandone le Istituzioni interessate.

La nostra rivista diventa quindi un testimone puntuale di molte delle iniziative della Associazione. Infatti in questo numero ospita articoli relative a varie iniziative della Associazione che testimoniano il grande cammino che la Conferenza sta facendo e la grande partecipazione di tutti i Presidenti in questi ultimi anni.

Per primo devo segnalare l’articolo di Carlo Della Rocca che racconta del lungo percorso che ha condotto alla produzione e alla approvazione di un Core Curriculum costituito da Unità Didattiche Elementari (UDE), raggruppate in Ambiti Culturali Integrati. Si è giunti a preparare uno strumento in grado di rendere omogenei a livello nazionale gli obbiettivi di apprendimento dei CLMMC e a cui i singoli CdL si possono ispirare nella propria autonomia decisionale, adattando il risultato finale alle caratteristiche peculiari di ogni sede. Dopo un lungo lavoro di revisione effettuato negli ultimi 2 anni il numero finale di UDE è pari a 1.659 raccolte in quattro Aree di Apprendimento. Il Core Curriculum in tale forma è pubblicato sul sito della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e facilmente accessibile/consultabile (http://presidenti-medicina. it/core-curriculum/).

Altro articolo di grande rilievo è quello relativo alla Medicina di Genere, che grazie alla Mozione della Conferenza, è stata inserita tra le UDE del Core Curriculum e nella offerta formativa di molti Corsi di Studio nell’ottica di

quanto l’Associazione CPPCLMM&C ha sempre sostenuto: formare un medico che sappia curare e prendersi cura della persona e la cui formazione sia, grazie ad un Core Curriculum nazionale comune, il più possibile omogenea nel rispetto però delle autonomie.

Questo numero ospita le notizie del CUN e dell’ANVUR come sempre e quelle del SISM ma questa volta anche i risultati di una survey nazionale realizzata dall’Associazione Italiana Giovani Medici con l’obiettivo di rilevare tra i giovani medici italiani gli aspetti motivazionali e vocazionali, nonché il livello di soddisfazione sulle competenze acquisite attraverso la formazione specifica erogata dai corsi regionali in medicina generale.

Come ormai tradizione troverete una dispensa staccabile che rappresenta un altro importante strumento per il Presidente di Corso di Laurea.

 

Buona lettura.

Andrea Lenzi (Editor-in-Chief)

Stefania Basili (Managing Editor)