Indice n.75/2017

MEDICINA E CHIRURGIA
QUADERNI DELLE CONFERENZE PERMANENTI DELLE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

75/2017

(scarica qui il l’intero numero in PDF)

SOMMARIO

Editoriale, di Andrea Lenzi.

Opinioni Istituzionali

Tesi di Laurea e Comitato Etico, di Roberto Poscia, Giovanni Spera, Franco Mandelli. 

I lavori delle Conferenze Permanenti

Il Progress Test 2016, di Alfred Tenore, Stefania Basili, Andrea Lenzi

 Le Cure Palliative e il loro insegnamento nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, di Guido Biasco, Guglielmo Tellan, Stefania Basili, Tiziana Bellini, Sabino De Placido

Lo spazio dell’Ospite

Come valutano gli studenti la qualità della formazione della Sapienza? di Carla Ferrara, Italo Nofroni, Antonella Polimeni, Annarita Vestri

La simulazione medica nel futuro: un tentativo di visioning, di Fabio Volontè, Alessandro Ianniello, Mario Bisson, Pier Luigi Ingrassia

Uomini, scuole, luoghi e immagini nella Storia della Medicina

La scuola medica alessandrina. La via dei fenomeni su base quantitativa e la loro relatività, di Silvia Iorio

Notiziario

Notizie dall’ANVUR, dal CUN, dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie, dal SISM, di Paolo Miccoli, Manuela di Franco, Alvisa Palese, Adolfo Mazzeo, Federica Balsamo

Notizie dall’ANVUR, dal CUN, dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie, dal SISM

Agenzia Nazionale Valutazione Università e Ricerca – ANVUR

In data 14 Giugno u.s. si è riunito presso il MIUR il Tavolo degli Accessi Programmati per i CdS di Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Medicina Veterinaria.

Dopo una discussione, cui ha preso parte anche ANVUR, i numeri proposti dal Ministero della Salute, emersi dalla precedente trattativa con la Conferenza Stato-Regioni, sono stati ritoccati per permettere il sostanziale mantenimento del numero degli accessi riferiti al precedente anno accademico.

Il 19 Luglio u.s. si sono invece completati i lavori con la definitiva riunione del medesimo Tavolo per quanto riguardava la trattativa sui numeri degli studenti iscrivibili ai CdS delle Professioni Sanitarie. Sia pur dopo un vivace dibattito con i Rappresentanti di alcune Regioni l’accordo si è chiuso con generale soddisfazione.

Dal canto suo ANVUR ribadisce , in analogia con quanto già espresso l’anno precedente, la presenza di una decisa discrepanza verificatasi anche quest’anno, all’interno di alcune delle professioni sanitarie, fra offerta formativa e richieste da parte della Conferenza Stato-Regioni e di alcune associazioni di categoria, con casi significativi di una incapacità da parte degli Atenei di soddisfare con la propria offerta formativa le necessità di queste ultime.

All’inizio del mese di Agosto ANVUR ha reso noti ai Magnifici Rettori coinvolti nel processo di accreditamento delle Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria i valori dell’Indicatore A che valuta la qualificazione scientifica dei relativi Consigli di Docenza.

Si ricorda che la banca dati utilizzata da ANVUR per fornire l’indicatore A di performance all’Osservatorio nazionale – indicato nell’Allegato 4 del Decreto Interministeriale n° 402 del 13 giugno 2017 – è loginmiur per quanto riguarda i prodotti da considerare, e Scopus per il calcolo del raggiungimento dei tre valori soglia rilevanti (numero di articoli, numero di citazioni e h index). Per entrambi i database, la data di aggiornamento delle informazioni è fissata al 31 maggio 2017.

Per quanto concerne gli addetti, da controlli effettuati con CINECA, quelli attribuiti alle Scuole sulla base degli SSD sono quelli visibili in Offerta Formativa che gli Atenei hanno inserito al momento della compilazione delle schede dei requisiti disciplinari nel periodo di apertura della banca dati per l’accreditamento: dal 27 giugno al 10 luglio 2017 CINECA ha quindi fornito i dati di ANVUR direttamente all’Osservatorio, che ha effettuato la valutazione Nel mese di Luglio è scaduta la domanda di finanziamento individuale riservata ai Ricercatori e Professori Associati: le relative linee guida erano state licenziate da ANVUR e contenevano due importanti novità che interessano e forse in futuro interesseranno sempre di più l’Area Medica. Tali novità consistono nella normalizzazione del coefficiente assegnato rispetto al numero degli Autori del prodotto di ricerca presentato.

Tale normalizzazione fa riferimento ai corrispondenti SSD.

Inoltre è stato introdotto un meccanismo premiale a partire dalla posizione degli Autori: al momento solo il primo ed ultimo nome sono stati presi in considerazione per tale meccanismo.

Dobbiamo segnalare che il risultato rispetto alle adesioni attese è stato piuttosto deludente per gli addetti dell’Area 06 eleggibili: solo il 40% dei Ricercatori e il37,3% dei Professori associati ha compilato la domanda. A titolo di confronto il dato percentuale medio di tutte le Aree CUN è stato rispettivamente del 59% e 56%.

Per finire segnaliamo che l’Agenzia ha predisposto la nuova scheda SUA-TM per la rilevazione delle attività di Terza Missione degli Atenei. Da sottolineare soprattutto i sostanziali mutamenti intervenuti nel settore della Tutela della Salute: è auspicabile che questo consenta una significativa miglior valorizzazione di queste Attività non solo nei suoi aspetti commerciali ma anche per quelli di public engagement in cui i Dipartimenti di Area Medica sono da sempre molto attivi. La scheda è attualmente in valutazione presso il MIUR.

Prof. Paolo Miccoli Membro Consiglio Direttivo ANVUR

 

Consiglio Universitario Nazionale

Tra i temi di cui il CUN si è occupato da tra maggio e agosto si sottolinea la conclusione dell’esame degli ordinamenti universitari pervenuti durante il periodo febbraio – aprile. Il CUN ha esaminato 122 ordinamenti di nuova istituzione di Corsi di Laurea o Laurea Magistrale, di cui 16 nell’ area sanitaria, e 827 ordinamenti modificati di Corsi di Laurea o Laurea Magistrale, di cui 62 nell’area sanitaria.

Nel mese di giugno, con una nota congiunta, la Presidente del Consiglio Universitario Nazionale e il Presidente del Comitato Nazionale dei Garanti della Ricerca hanno comunicato la costituzione di un gruppo di lavoro congiunto tra i due organismi, nel segno della cooperazione istituzionale per il sapere scientifico e accademico. Per il CUN, sono stati designati, con riferimento alle tre macroaree CUN, i professori Guido Baldassarri (Social Sciences and Humanities), Francesco Laquaniti (Life Sciences) e Antonio Vicino (Scienze e tecnologie formali e sperimentali); per il CNGR, parteciperanno al gruppo di lavoro la professoressa Patrizia Bisiacchi, il professor Marco Li Calzi e la professoressa Genoveffa Tortora. Ne faranno inoltre parte, d’ufficio, la Presidente del CUN Carla Barbati e il Presidente del CNGR Andrea Lenzi. Il gruppo avvierà le analisi sul sistema e i metodi per il riconoscimento e la sistemazione dei saperi e delle discipline accademiche nella consapevolezza delle loro ricadute sulle procedure di reclutamento e sull’organizzazione della didattica universitaria nonché della necessità che l’attività di ricerca sia inquadrata in maniera riconoscibile nei contesti sovranazionali. Questo comporterà, per il CUN, la necessità di una organizzazione interna che funga da sede di elaborazione/sintesi delle riflessioni svolte dall’organo, in tutte le sue componenti disciplinari, volto alla migliore rappresentazione ai componenti del Gruppo di Lavoro delle analisi che saranno svolte in CUN. I gruppi di lavoro hanno già iniziato le riunioni.

A luglio relativamente alle Scuole di Specializzazione di Area medica è stato formulato il parere con il quale si chiede che il D.I. n. 68/2015 venga modificato con l’integrazione di alcuni settori mancanti. In particolare per la Scuola di specializzazione in Ortopedia e traumatologia si dovrà provvedere a inserire i SSD MED/16 (Reumatologia) e MED/26 (Neurologia) fra le discipline affini o integrative; per la Scuola di Specializzazione in Oftalmologia si dovrà invece provvedere a inserire il SSD MED/03 (Genetica medica) fra le attività di base.

Sono stati esaminati, e ratificati i pareri di adeguamento alle osservazioni del CUN di Ordinamenti didattici di circa 1200 Scuole di specializzazione di area sanitaria; E’ stata approvata una Raccomandazione in relazione all’avviso che ANVUR ha pubblicato (con delibera del 14 giugno scorso) e che disciplina la procedura e definisce i criteri e gli indicatori per la formazione dell’elenco dei beneficiari del finanziamento alle attività base di ricerca. Con questo documento il CUN segnala come taluni aspetti della procedura valutativa, quali il punteggio assegnato per tipologia di prodotto o per prodotti con più autori, richiedano una verifica puntuale in quanto innovativi rispetto ai criteri di valutazione sin qui impiegati e validati, soprattutto ove si intendesse proporne l’impiego su più vasta scala.

Altri argomenti di lavoro , non di diretto interesse dell’area medica , hanno riguardato il parere sul decreto per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria e la costituzione di in tavolo di lavoro MIUR- MIBACT per la formazione superiore nell’ambito dei beni culturali.

Il 3 agosto, con convocazione straordinaria, il Consiglio Universitario Nazionale si è espresso sullo schema di decreto recante i criteri per il riparto del fondo di finanziamento ordinario (FFO) delle Università per l’anno 2017. Il parere è complessivamente favorevole con alcune osservazioni (disponibile su: www.cun.it).

Manuela Di Franco Consigliere CUN Aera 06, Segretario Generale

 

Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie

La Conferenza Permanente delle professioni si prepara al Meeting Annuale di Bologna Alla vigilia del Meeting di Bologna che si terrà il prossimo 22 e 23 settembre, la Conferenza sta portando avanti le linee di lavoro decise dalla Giunta, profondendo particolare impegno su: • Rapporti di collaborazione con l’ANVUR per mettere a sistema il Progress Test, da tempo in fase sperimentale nei CdL in Infermieristica e Fisioterapia e prossimamente anche nei CdL per Tecnici di Radiologia. Il Progress Test, dopo la validazione condotta di concerto all’ANVUR rispetto alla formulazione delle domande, alla loro validità e così via, entrerà a far parte del sistema TECO in qualità di ‘TECO-D’ (disciplinare). Gli accordi presi con ANVUR, nonché le questioni metodologiche, saranno discussi in seno alla Conferenza.

  • Il processo di analisi critica e revisione approfondita delle logiche curricolari delle Lauree Magistrali, una tematica che da anni viene sollevata da più parti. Il processo ha aggregato un gruppo numeroso di componenti delle diverse Commissioni nazionali che si sono incontrati lo scorso 6 giugno a Verona al fine di riflettere sull’evoluzione dei bisogni di laureati magistrali da parte del sistema formativo, approfondire le possibili piste curricolare ed attivare un processo di consenso allargato sui cambiamenti attesi. Il gruppo di lavoro, guidato dalla Prof. Saiani, ha elaborato una proposta che è stata diffusa all’attenzione di tutte le commissioni nazionali per raccogliere pareri/contributi e sarà presentata in seno al Meeting di Bologna per essere poi discussa con rappresentanti delle istituzioni.
  • Apprensione emersa da parte di alcune Commissioni Nazionali per la definizione dei posti disponibili.

L’estate è stata caratterizzata da due momenti salienti: il primo avvenuto il 28 giugno ha compreso la definizione dei posti provvisori, il secondo avvenuto il 10 agosto ha previsto l’approvazione dei posti definitivi. Ai lavori dell’apposito Tavolo tecnico del MIUR ha nuovamente preso parte Angelo Mastrillo, per la Conferenza e per l’Osservatorio. In accordo con la Conferenza ha cercato di addivenire ad una razionale ripartizione dei 24.069 posti (-1.126 dei 25.195 dello scorso anno, cioè -4,5%). La prevalente applicazione della riduzione lineare sul Potenziale formativo dichiarato dalle Università, ha generato aumenti e riduzioni fra le varie Professioni e le varie Università e acceso un importante dibattito non ancora concluso. Inoltre, il MIUR ha reintrodotto la numerosità minima di posti inferiore a 10 (partendo da 5), nonostante il parere contrario espresso ripetutamente sia dalle Regioni e che dalla rappresentanza delle Professioni.

Dal punto di vista tecnico questo introduce una importante disparità tra gli studenti rispetto ai requisiti minimi di docenti universitari tra coloro che saranno solo in 30 ed avranno a disposizione 5 docenti universitari e coloro che invece saranno in 75 o più ed avranno la stessa dotazione di docenti universitari.

  • Preparazione del Meeting: la questione cruciale sarà la “diversità” quale potenziale ricchezza. Saranno affrontate le diversità formative, etiche, culturali e linguistiche degli studenti; le diversità nelle performance (con particolare riferimento agli studenti non performanti); la diversità di genere e la diversità delle condizioni di salute. Le tematiche saranno affrontate tra letteratura ed esperienze applicative con l’intento, soprattutto sulle questioni più critiche, di sviluppare approcci e linee di riferimento comuni e condivise.

Alvisa Palese segretario generale

 

Segretariato Italiano Studenti in Medicina – SISM

The Italian DREEM: analisi del learning environment in sei Corsi di Laurea italiani

Il panorama italiano è piuttosto variegato per quanto concerne la Formazione Medica. Nonostante il Ministero dell’Istruzione e la Conferenza Permanente dei Presidenti dei CLM di Medicina e Chirurgia abbiano lavorato molto per renderli più omogenei, le differenze tra i Corsi di Laurea sono ancora molte.

Con l’obiettivo di analizzare tali differenze, un gruppo di studenti del SISM, provenienti da diversi atenei (Roma Sapienza, Pisa, Ferrara, Bologna, Napoli Federico II, Padova), ha quest’anno deciso di proporre a livello nazionale il Dundee Ready Education Environment Measure (DREEM).

Il DREEM è un questionario ampiamente usato in letteratura internazionale che valuta la percezione degli studenti riguardo il learning environment, ovvero quell’insieme di caratteristiche fisiche, culturali e metodologiche che caratterizzano il loro Corso di Laurea e la loro università. Considera elementi quali il rapporto degli studenti tra di loro e con i docenti, l’atmosfera durante le lezioni, l’organizzazione dei corsi e la vita dello studente al di fuori del contesto puramente universitario.

All’atto pratico, durante il mese di settembre, il DREEM verrà diffuso via Internet, dagli studenti del SISM, in sei università italiane: due del Nord (Torino e Monza), due del Centro (Roma Sapienza e Perugia) e due del Sud (Campobasso e Bari). Il target sono gli studenti dal quarto al sesto anno, con l’obiettivo di raggiungere almeno il 20% del totale degli iscritti per anno. I dati verranno poi condivisi con la Società Italiana di Pedagogia Medica, che si è gentilmente resa disponibile per aiutarci nella validazione del questionario e nell’interpretazione dei dati.

Una volta conclusasi tale fase, i dati verranno riportati in Conferenza Permanente e il DREEM potrà essere utilizzato anche in altre università, in modo da poter riconoscere gli elementi del learning environment da implementare e garantire una formazione in un ambiente che faciliti e supporti gli studenti al meglio.

Segretariato Italiano Studenti in Medicina – SISM

Adolfo Mazzeo

Liaison Officer on Medical Education issues 2016/17 – SISM

Federica Balsamo

Incaricato Locale Sede Locale di Napoli Federico II 2016/17 – SISM

La scuola medica alessandrina. La via dei fenomeni su base quantitativa e la loro relativitàn.75, 2017, pp.3407-09, DOI: 10.4487/medchir2017-75-6.

Articolo

Dopo la morte di Alessandro Magno, a partire dal IV secolo a.C., e con particolare forza nel corso dell’epoca tolemaica, fiorisce intorno alla corte di Alessandria d’Egitto un movimento culturale di vastissime proporzioni. È infatti grazie alla costituzione di preziose istituzioni – un Museo e una Biblioteca –, che il regno tolemaico si imporrà come ‘frontiera intellettuale’ (von Staden, 1989) di fondamentale interesse per tutti i campi della scienza antica. Nei fondi librari della Biblioteca confluirono papiri provenienti dal territorio greco e secondo alcune fonti anche opere attribuibili ad Aristotele, mentre i contenuti delle sezioni letterarie, scientifiche e filologiche del Museo furono successivamente ricordati da Plutarco, Dione Cassio, Luciano e Galeno come un tesoro di incalcolabile prestigio. L’autorevolezza di tali istituzioni richiamò l’attenzione di molti scienziati: il matematico Euclide; il fondatore della meccanica Ctesibio; l’autore della teoria eliocentrica Aristarco di Samo; Archimede, che ad Alessandria d’Egitto avrebbe avuto contatti con Eratostene, matematico, astronomo e geografo, nonché inventore del primo sistema di misurazione del meridiano terrestre; Ipparco di Nicea, autore del più attento catalogo stellare dell’antichità e fondatore dell’astrometria.

La stabilità economica e politica dell’era tolemaica (protrattasi fino al II secolo a.C.) determina così, la nascita di un nuovo crocevia culturale derivante dall’incontro e dalla conseguente prolificazione di combinazioni armoniose tra tradizione greca, egizia e mesopotamica. Ad Alessandria le ibridazioni culturali sono il risultato di un complesso di contaminazioni tra il pensiero filosofico degli intellettuali dell’epoca, soprattutto greci, e le conoscenze mediche e tecnologiche proprie della cultura egizia e mesopotamica.

Già gli autori antichi riconoscono al periodo tolemaico e alla città di Alessandria un ruolo centrale nella ridefinizione dei parametri della scienza antica; la città così diventa il centro di una vera rivoluzione epistemologica fondata sul tentativo di misurazione quantitativa dei fenomeni biologici e sulla primissima organizzazione metodologica di un’anatomia ‘osservata’, sul cadavere e sul vivente.

I fondamentali rappresentati del mutamento che in medicina determinò la creazione di un’anatomia e una fisiologia umana per molti aspetti ’moderne’, sono Erofilo di Calcedonia ed Erasistrato di Ceo, rispettivamente allievi di Parassagora di Kos e di Crisippo di Cnido. La tradizione successiva riconosce loro il merito di una ‘paternità fondativa’ di una vera e propria scuola medica, articolata attorno alla riflessione anatomo- fisiologica delle opere biologiche di Aristotele.

Erofilo ed Erasistrato, almeno a giudicare dai frammenti dei loro scritti, rispondono agli interrogativi di Aristotele riconsiderando il corpo come struttura complessa da indagare anatomicamente. Soltanto la conoscenza della composizione delle parti consente la comprensione del loro funzionamento e quindi della fisiologia permettendo, di conseguenza, lo studio della patologia, che è malfunzionamento. Sembra essere attribuibile ad Erasistrato il concetto di ‘osservabilità teorica’ dei fenomeni, per cui il medico deve essere in grado di postulare l’esistenza di organi e funzioni, anche nell’impossibilità di percepirli con i sensi; ed il concetto ‘eziopatogenetico di pletora’, secondo cui le malattie si generano per sovrabbondanza umorale in un’area determinata per dilagare poi in tutto il corpo.

La medicina alessandrina di epoca tolemaica avrebbe, poi, sfruttato una particolare licenza concessa dai Tolomei per dissezionare cadaveri: se l’affermazione di Aulo Cornelio Celso (14 a.C. – 37 d.C.) corrispondesse a verità, si comprenderebbe come Erofilo ed Erasistrato abbiano potuto gettare le fondamenta dell’anatomia antica, creando nuovi elementi metodologici e un vocabolario anatomico. Nella pratica medica che li precede, la dissezione dei cadaveri era infatti assente ed è quindi la prima volta che nella scienza greca si agisce su un corpo umano senza intenti di cura, ma con il solo proposito di approfondirne la conoscenza osservazionale e descrittiva. Sappiamo inoltre, sempre attraverso le testimonianze di Aulo Cornelio Celso (Celso, De medicina, proemio, 23-6 = test. 63a [von Staden]), della possibilità per Erofilo di usare nei suoi esperimenti in vivo condannati a morte forniti direttamente dal sovrano per poterne studiare il funzionamento. La possibilità di vivisezione, già discussa nel suo essere reale o meno dai commentatori antichi, costituirebbe il punto nodale del superamento di tabù intellettuali e religiosi, che fino al III secolo hanno condizionato l’indagine medica e la riflessione sulle strutture del corpo.

Come già detto, di questa grande rivoluzione epistemologica di cui si ha però testimonianza solo indiretta: la tradizione ha privilegiato infatti la conservazione di testi medici classici,  molto diffusi e studiati nel Medio Evo, come quelli di Ippocrate e Galeno, mentre i trattati di Erofilo ed Erasistrato sono andati perduti.

Se ne ha traccia in autori più tardi fra cui proprio Galeno e Polibio, Rufo di Efeso, Oribasio e Marcello Empirico.

Se da un lato Galeno fornisce dati importanti attraverso le dure critiche contro il pensiero anatomico di Erasistrato, dall’altro Celso ci offre una testimonianza, seppur tardiva, della portata rivoluzionaria dei due medici, la cui veridicità è suffragata dall’utilizzo della nomenclatura anatomica corrispondente, in particolar modo a quella usata da Erofilo. La libertà con cui Erofilo introduce la nomenclatura anatomica è cosa del tutto rara. In tutta la tradizione classica, come emerge da Platone e da Aristotele (Aristotele, De interpretatione), la libera scelta era concepibile solamente in relazione alla struttura fonetica delle parole, ma non per la denominazione degli oggetti individuati. Erofilo, invece, nello studio del sistema circolatorio crea concetti nuovi a cui accosta termini in uso e termini creati. Qui risiede uno dei tratti fondamentali della ‘rivoluzione alessandrina’: laddove l’utilizzo strumentale di concetti consapevolmente creati ci guida verso la sperimentalità del metodo, allontanandosi dunque dal metodo razionale (Galeno, De praesagitione ex pulsibus, II, 3 = test. 53 [von Staden]). Erofilo è infatti convinto dell’inesistenza del valore assoluto della teoria, rimarcandone al contrario l’aspetto deduttivo; medesime apparenze infatti, potranno essere spiegate con ipotesi diverse. Esemplificativa è l’attribuzione di non assolutezza che Erofilo accorda alla corrispondenza della previsione associata alla prognosi, così come della teoria associata al caso concreto (Galeno, In Hippocratis prognosticum, I, comment. I.4 = test.

264 [von Staden], 1-2).

Erofilo descrive inoltre in maniera accurata parti del sistema nervoso: il cervello, il cervelletto, le connessioni tra encefalo e midollo spinale, i nervi responsabili del movimento volontario (solidi) e dei processi sensoriali (cavi, contenenti pneuma cerebrale). Dedica parte dei suoi studi all’apparato digerente e al fegato nominandone alcuni tratti come quelli del duodeno e del digiuno, descrive gli organi della riproduzione come le ovaie, le tube e i canali spermatici (dei quali però non comprende la funzione) e si occupa della ritrattazione del modello che identifica l’utero come organo che può muoversi all’interno del corpo. Contribuisce alla fondazione dell’anatomia vascolare descrivendo i ventricoli del cuore e le valvole cardiache; di fondamentale importanza è anche il suo trattato dedicato all’occhio, dal quale deriva la prima descrizione e denominazione della retina e del nervo.

La prospettiva innovatrice di Erofilo non sembra aver interessato però la dimensione clinica, rimasta ancorata a concetti di stampo ippocratico, e la farmacologia, a cui Erofilo attribuisce ancora una derivazione divina.

Gran parte degli interessi scientifici di Erofilo sembrano condivisi da Erasistrato al quale viene attribuita la scoperta dei nervi e l’autorità di trattati sull’apparato digerente, l’idropisia, le febbri, la podagra e la paralisi.

I suoi studi anatomici sono stati dedicati ad approfondire lo studio del cuore e dei vasi (il ventricolo destro distribuisce sangue nelle vene, il sinistro pneuma nelle arterie, destinato a gonfiare i muscoli e a generare moto); la struttura e il funzionamento dello stomaco e del diaframma. Il papiro Anonimo londinese – uno dei rari testi medici autografi conosciuti, datato nel I secolo d.C., di carattere aristotelico – ci dice che avrebbe tentato di dimostrare la traspirazione insensibile (esalazioni dei corpi), attraverso la pesatura di un uccello con una bilancia.

Schermata 2017-10-02 alle 14.48.55

Ricostruzione panoramica della Biblioteca

Schermata 2017-10-02 alle 14.49.11

Il faro di Alessandria in un’illustrazione di Maarten van Heemskerck

Schermata 2017-10-02 alle 14.49.22

Vincenzo Camuccini, Tolomeo Filadelfo nella biblioteca di Alessandria

Bibliografia essenziale

Gazzaniga V, La medicina ellenistica: il contesto e i maggiori rappresentatnti. In: Conforti M, Corbellini G, Gazzaniga V, Dalla Cura alla Scienza. Milano, Encyclomedia, 2010.

Manetti D, Autografi e incompiuti: Il Caso Dell’Anonimo Londinese P. Lett Lond. Zeitschrift für Papyrologie Und Epigraphik. 1994; 100: 47-58.

Russo L., La rivoluzione dimenticata. Milano, Feltrinelli, 1996.

von Staden H, Herophilus: the art of Medicin in early Alexandria. Cambridge, Cambridge University Press, 1989.

Cita questo articolo

Iorio S., La scuola medica alessandrina. La via dei fenomeni su base quantitativa e la loro relatività, Medicina e Chirurgia, 75: 3407-3409, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-75-6

La simulazione medica nel futuro: un tentativo di visioningn.75, 2017, pp.3401-3406, DOI: 10.4487/medchir2017-75-5.

Volontè Fabio1 , Ianniello Alessandro2 , Bisson Mario2 , Ingrassia Pier Luigi1

1 Centro Interdipartimentale di Didattica Innovativa e di Simulazione in Medicina e Professioni Sanitarie “SIMNOVA”, Università del Piemonte Orientale, Via Lanino 1, 28100 Novara.

2 Laboratory for Environmental Design and Multisensory Experiences – Dipartimento di Design del Politecnico di Milano

Abstract

La pratica clinica è un componente indispensabile dell’apprendimento e del mantenimento delle competenze in molte delle discipline sanitarie e la simulazione offre l’opportunità di praticare in maniera sicura ed efficace senza rischi per il paziente.

La simulazione nella didattica medica si è già ampiamente evoluta rispetto alle sue fasi iniziali. L’introduzione dei simulatori di pazienti umani, intorno alla fine del XX secolo, rappresenta una tappa fondamentale nella scienza dell’educazione in sanità. Fino ad oggi l’attenzione degli sviluppatori si è concentrata da un lato sulla capacità dei simulatori di dare feedback verosimili e coerenti con il comportamento del paziente e con la fisiologia umana e dall’altro sull’interazione fra simulatore e utilizzatore.

Le emergenti tecnologie nel campo della percezione sensoriale apporteranno miglioramenti significativi sia nella formazione in simulazione che nella gestione della simulazione stessa. Basandosi sull’analisi delle tecnologie attualmente disponibili e in via di sviluppo, questo scritto vuole essere uno sforzo di visioning sul futuro delle tecniche di simulazione. Nano-sensori e nano-attuatori, usati nella realtà aumentata/virtuale/ mista, permetteranno sia la concettualizzazione di sistemi capaci di aumentare il livello di realismo e di immersione sensoriale ma anche di mappare i movimenti e le azioni al fine di generare protocolli univoci di intervento. Proiettandoci in un ipotetico 2025, la simulazione medica sarà un’esperienza democratica, largamente accessibile, dinamica e immersiva a 360°, grazie alle tecniche di implementazione neuro-percettive.

Parole Chiave: simulazione; realtà virtuale; realtà aumentata; training basato sulla simulazione

Summary

Practice is a key component of skills learning and maintenance in many health disciplines and simulation offers the opportunity to practice in a safe and effective manner improving patient safety.

Simulation for healthcare training has already evolved through its initial historical phases. The introduction of human patient simulator toward the end of the 20th century was a milestone in health sciences education.

To date the attention of developers has been paid to the capability of the simulator to give feedback, consistent with patient behavior and physiologic response, and the interaction between simulator and users.

The emerging technologies in the field of sensorial perception will bring improvements both in education and in management of the simulation. Grounding on the analysis of current and under-development technology, the manuscript is an attempt of visioning simulation-based training in health education in a coming future. Nano-sensors and nano-actuators, used in augmented/virtual/mixed reality, will allow the conceptualization of systems increasing the level of realism and the sensorial immersion, and the mapping of movements and action in order to generate univocal protocols of intervention. Projecting ourselves in 2025, medical simulation will be a democratic, largely accessible, dynamic and 360° sensorial experience, thanks to techniques of neuro-perceptive implementation.

Key Words: simulation; virtual reality; augmented reality; simulation-based training

Articolo

Introduzione

“Simulare, simulare, simulare!” Sembra essere questo lo slogan che il mondo medico si è dato come uno dei valori fondanti per la formazione professionale dei soggetti della sanità. Questa tendenza è il risultato di una molteplicità di fattori tecnologici, ma anche etici e sociali che hanno pervaso il mondo del lavoro – non solo in medicina – negli ultimi decenni.

Ogni professionista della salute ha sicuramente bisogno di sperimentare per apprendere e/o mantenere le competenze centrate sul paziente (cura, comunicazione, raccolta d’informazioni), sul processo (gestione del gruppo, delle informazioni) e sull’ambiente (competenze culturali, amministrative e di leadership). A questo si deve poi aggiungere l’aggiornamento ciclico delle procedure sanitarie, l’aumento di conoscenze mediche e la forte diffusione delle tecniche chirurgiche minimamente invasive che, se da un lato hanno garantito il miglioramento della qualità della cura, dall’altro hanno determinato una crescita della complessità delle tecniche di intervento e un conseguente aumento del tempo necessario per apprenderne le procedure.

La simulazione come strumento didattico approda nel settore sanitario durante gli anni ‘70, con una piena diffusione solo vent’anni più tardi. S’impone in particolare l’utilizzo dei manichini umani conosciuti come simulatori dei pazienti standardizzati, ossia di attori addestrati a recitare la parte di malati, ma anche l’uso di sistemi di realtà virtuale 3D, che riproducono su computer o in ambienti dedicati interventi di vario tipo.

Fino ad oggi l’attenzione è stata data alla capacità che ha il manichino/simulatore di trasmettere allo studente feedback, legati al comportamento del paziente simulato e all’interazione che avviene tra studente e manichino.

In queste pagine vogliamo gettare le basi della discussione sul futuro delle tecniche di simulazione, non più come semplici strumenti didattici, ma come esperienze sensoriali che guidano sia lo studente sia l’istruttore. Questa costruzione dell’immagine futura, a partire dalle aspirazioni, dalle necessità, e che si basa sull’offerta tecnologica oggi disponibile e in via di sviluppo, rappresenta il punto di partenza della recente collaborazione fra il Centro Interdipartimentale di Didattica Innovativa e di Simulazione in Medicina e Professioni Sanitarie dell’Università del Piemonte Orientale “SIMNOVA” e il Laboratory for Environmental Design and Multisensory Experiences del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano nella creazione delle linee guida per lo sviluppo della simulazione sensoriale.

La simulazione oggi e la necessità dell’esperienza sensoriale I simulatori moderni sono programmati per interagire con l’utente, rispondendo alle sue azioni e combinando sia gli stimoli visivi che quelli tattili, poiché ci si propone di ottenere esperienze simulate sempre più realistiche. I professionisti sanitari hanno bisogno di interagire con una realtà anatomicamente verosimile, ma allo stesso tempo l’ambiente deve adattarsi e modificarsi in risposta allo scenario simulato.1 Finora la percezione sensoriale della simulazione era guidata dal tatto e dalla visiva riproducibilità delle attività gestuali, coniugate all’aspetto ergonomico della simulazione e del simulatore. Dare importanza all’ergonomia significa problematizzare, ad esempio, i bisogni professionali/lavorativi dei soggetti organizzativi per poi tradurli in ambienti ed esperienze soddisfacenti. Ciò significa non solo fornire ambienti confortevoli e compatibili con le caratteristiche fisiologiche delle persone, ma anche favorire lo scambio comunicativo tra queste.

Pertanto oltre al simulatore, anche il setting in cui avviene la simulazione diviene un elemento importante per aumentare il grado di realismo. La riproduzione dell’ambiente non deve essere vista come una rappresentazione statica, ma l’ambiente stesso deve dare stimoli all’utente e modificarsi in base alle sue scelte.

La risposta che ne deriva dalla simulazione, coniugando la realtà trasmessa dal tool e dagli stimoli percepiti intorno a sé, garantisce l’esperienza sensoriale necessaria all’apprendimento. Più sensi sono attivati durante l’esecuzione dell’azione, maggiore è l’immagazzinamento dell’esperienza che ne deriva dall’azione stessa.2 D’altro canto il paradigma per cui percezione, cognizione mentale e apprendimento risultano strettamente connessi è ormai dimostrato3 ed è valorizzato dai recenti studi di Rizzolatti sui neuroni specchio.4,5 L’esperienza sensoriale tecnologica Con l’avvento delle nuove tecnologie si è aperta la possibilità di accedere a una simulazione molto più aderente alla reale situazione di intervento e fruibile da un elevato numero di persone.

A livello visivo la tecnologia deve permettere una visione statica della situazione simulata e una visione dinamica di ciò che vogliamo interagisca con lo studente.

Il feedback tattile è l’elemento fondamentale su cui è basato lo sviluppo dei componenti dei manichini di simulazione. Unito alla vista è ciò che consente la sensazione di realtà di ciò che teniamo in mano.

L’impulso sonoro ha un’importanza notevole nel richiamare l’attenzione dell’utente su quanto sta avvenendo intorno a lui: l’udito ci permette di mantenere controllata una situazione senza vederla, ad esempio il ritmo sinusale trasmesso dal suono del monitor del paziente.

L’olfatto infine è la parte più arcaica dell’istinto animale. Certe risposte al pericolo passano prima dall’apparato olfattivo che dalla capacità visiva di individuare il problema stesso.

Le nuove realtà tecnologiche e la comunicazione tra oggetti In questo momento si può parlare di tre diversi tipi di realtà “parallele” a quella reale: la realtà virtuale, la realtà aumentata e la realtà mista.

Per realtà virtuale si intende un ambiente simulato tramite una serie di tecnologie, che, combinate ad altre stimolazioni sulla persona, come la proiezione di una scena, generano un contesto in cui l’utente è in grado di compiere diverse azioni, ricevendo da esso una risposta. Per la generazione delle immagini realistiche, suoni e altre sensazioni si utilizzano dei software che simulano anche la presenza dell’utente in quest’ ambiente. Una persona che vive questo tipo di esperienza, sarà in grado di guardarsi intorno, di muoversi e interagire con le features o gli oggetti presenti all’interno della scena. Il dialogo tra la persona e la realtà virtuale è resa possibile dall’utilizzo di un casco (o occhiali), generalmente Head Mounted Display (HMD), il cui scopo è quello di tradurre i segnali immagine dei softwares utilizzati, in immagini tridimensionali, che seguano la visuale dell’utente, in modo da generare ambienti a 360° (Fig.1).

Schermata 2017-10-02 alle 14.43.35

La realtà aumentata consiste in una visione, diretta o indiretta, di un ambiente reale, i cui elementi sono aumentati o modificati da input sensoriali, come stimoli audio-visivi, grafici o dati GPS, generati da un computer. Con l’aiuto di tecnologie avanzate, le informazioni aggiuntive diventano interattive e manipolabili digitalmente. Per essere “visibile”, essa ha bisogno di “device” come smartphone, tablet, computer; oppure, come per la realtà virtuale, vengono utilizzati caschi o occhiali, che applicano la realtà aumentata a tutto l’ambiente all’interno del campo visivo (Fig. 2).

Schermata 2017-10-02 alle 14.43.54

A differenza della realtà virtuale, il suo “utilizzo” è più semplice e richiede un sistema meno complesso, appoggiandosi all’ambiente reale su cui sono rappresentati gli incrementi digitali; tuttavia ciò comporta un’adesione alla realtà e un’esperienza immersiva di qualità inferiore, dovendo basarsi su ciò che realmente circonda l’utente e non potendo simulare completamente la situazione.

Per realtà mista, s’intende la fusione del mondo reale e di quello virtuale, per produrre un nuovo ambiente e una nuova visualizzazione, dove oggetti fisici e digitali coesistono e interagiscono in tempo reale.

Tra le realtà presentate, quest’ultima è, senza dubbio, la più recente e innovativa: è possibile avere immagini a una risoluzione certamente migliore, rispetto a quelle virtuali e di dimensioni notevolmente superiori, ed è utilizzabile con diversi tipi di “devices”. Per ottenere i risultati desiderati è utilizzato un proiettore che rende visibili le immagini su un materiale semi trasparente, per poi essere riflesse verso l’occhio grazie a una tecnologia di divisione dei raggi luminosi. E’ possibile la presenza simultanea di più persone nello stesso co-ambiente, reale e virtuale, e l’interazione tra essi e gli elementi virtuali presenti in scena, arrivando addirittura a permettere la presenza nel mondo virtuale, senza avere la necessità della presenza fisica nel luogo. Essendo equiparabile a un’evoluzione della realtà aumentata, essa si dota di caratteristiche più performanti, eliminando quell’alone di staticità, grazie all’interazione in tempo reale, tra le componenti virtuali e quelle reali. Presenta gli stessi vantaggi della realtà aumentata nei confronti della realtà virtuale, anche se il suo sviluppo è ancora indietro rispetto alle altre due tecnologie e con un’affidabilità inferiore.

Guardando al futuro però, e a una sua sempre crescente diffusione, essa può risultare la tecnologia a maggiore potenziale.

Una possibile evoluzione dell’uso della Rete è quella che oggi è definita “Internet of Things”: gli oggetti (le “cose”) si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere a informazioni aggregate da parte di altri. L’obiettivo dell’internet delle cose è far sì che il mondo elettronico tracci una mappa di quello reale, dando un’identità elettronica alle cose e ai luoghi dell’ambiente fisico.

I Micro Electro-Mechanical Systems (M.E.M.S.) sono un insieme di dispositivi di varia natura (meccanici, elettrici ed elettronici) che costituiscono sistemi “intelligenti” che abbinano funzioni elettroniche, di gestione dei fluidi, ottiche, biologiche, chimiche e meccaniche in uno spazio ridottissimo, integrando la tecnologia dei sensori e degli attuatori e le più diverse funzioni di gestione dei processi (fig. 3).

Schermata 2017-10-02 alle 14.44.13

L’integrazione di questo tipo di tecnologie all’interno del sistema di strumenti per il training simulato può essere applicata per mappare e normare i comportamenti e le azioni da compiere durante le reali operazioni, per arrivare a creare una prassi univoca d’intervento che garantisca la sicurezza dei pazienti (Fig. 4).

Schermata 2017-10-02 alle 14.44.30

La visioning per la simulazione medica nel 2025 La simulazione medica del 2025 permetterà la totale immersione esperienziale e sensoriale, facilitando e rendendo assolutamente veritiero ed efficace il training delle équipe. Ciò sarà possibile grazie a tecnologie ancora oggi in fase di sviluppo, come quelle “aptiche”, per consentire i feedback tattili, e neurodevices che consentono di interagire attivamente con interfacce e macchine “intelligenti”, generando simulazioni dinamiche, modificabili a piacimento e in tempo reale, da chi supervisiona l’addestramento, risultando quindi didatticamente efficienti.

Con molta probabilità scomparirà qualsiasi forma di tool “analogico”, come può essere il manichino/simulatore, sostituito da elementi puramente digitali.

Immaginando più nel dettaglio, il nuovo concept di simulazione sarà essenzialmente composto di due diversi tools per l’interazione con gli elementi simulati, uno dedicato a coloro che esperiscono la simulazione (discenti), un altro invece a coloro che la supervisionano e la gestiscono (istruttori/facilitatori), e di un device per generare la realtà mista, che possa essere facilmente trasportabile, in modo da “portare” la simulazione in quanti più ambienti possibili.

Il primo oggetto sarà costituito da due “lenti”, che fungano da interfaccia tra la realtà mista e l’utente e siano attive, nel senso che riescano a vedere ciò che succede durante la simulazione e ciò che è simulato, inviando stimoli all’apparato di attuatori miniaturizzati, presenti sul corpo dell’utente. In questo modo egli sarà dotato di un apparato sensoriale dedicato alla realtà simulata, collegato al corpo stesso e quindi in comunicazione con esso tramite una rete neurale artificiale.

Il device dedicato ai trainers sarà un neurotool, che riprenda e sviluppi le tecnologie utilizzate in strumentazioni come Insight di Emotiv (https://www.emotiv.com/insight/), e che consenta di modificare dinamicamente la simulazione, in modo da rendere più veritiera l’evoluzione di un qualsiasi intervento o azione, e aumentare il livello di difficoltà con variabili sempre diverse. Lo strumento che genera la realtà mista dovrà essere utilizzabile in qualsiasi ambiente, senza dover essere legato a dimensioni ambientali. Sarà inoltre in grado di raccogliere e processare i dati sensibili per generare feedback automatici utilizzabili anche a scopo di ricerca.

Perché la simulazione diventi veramente imprescindibile strumento di formazione in tutti i campi della sanità un ruolo chiave verrà giocato dalla sua accessibilità: se i tools utilizzati saranno disponibili per un vasto numero di persone, i progressi nella gestione e della cura dei pazienti saranno globali e molto rapidi.

Altro obiettivo non trascurabile è la creazione di una prassi, una normativa di comportamento che i medici e tutti gli operatori della salute dovranno seguire per risultare altamente efficienti. Questo sarà possibile mappando sia gli oggetti sia coloro che simulano e incrociando i dati ottenuti, perché si individuino le posizioni, i movimenti e le azioni corrette da eseguire, a seconda della specifica situazione.

Il ruolo dell’Accademia In questa visione futuristica della simulazione, non può mancare il ruolo dei diversi stakeholders, che potremmo ricondurre all’area medica, tecnologica, della progettazione e, infine, governativa.

All’interno dell’area medicale si ritrovano i centri di simulazione e i poli universitari e di ricerca, che, in uno scenario di co-creazione, si identificheranno come prosumer, ossia non si limiteranno al ruolo passivo di consumatori o fruitori della simulazione, ma parteciperanno attivamente alle diverse fasi del processo produttivo contribuendone in maniera sensibile.

Essi infatti rientrano anche nell’area della progettazione assumendo il compito di regia e permettendo la comunicazione tra i diversi soggetti, che non parlano lo stesso linguaggio – a causa della forte struttura verticale del loro know-how – e che necessitano, dunque, di una figura in grado di gestire la complessità progettuale in tutti i suoi ambiti. Nell’area tecnologica ricadono, ovviamente, le aziende che forniranno le tecnologie necessarie allo sviluppo di progetti, con le quali si istituirà un rapporto di condivisione e di scambio, tra mezzi (tecnologia) ed esperienza. Le istituzioni governative infine rappresentano quegli indiretti committenti del progetto, che dovrebbero investire capitali, insieme alle aziende di tecnologie, per lo sviluppo e la diffusione del prodotto con lo scopo ultimo di promuovere e garantire la sicurezza dei pazienti.

Bibliografia

  1. Dieckmann, P. (2008). How much realism is needed in medical simulation? Presentation at the International Meeting on Simulation in Healthcare, San Diego, Ca.
  2. Shams L, Seitz AR. Benefits of multisensory learning. Trends Cogn Sci. 2008 Nov;12(11):411-7
  3. Berthoz A. Il senso del Movimento. 1998. Mcgraw- Hill, Milano
  4. Rizzolatti G, Sinigaglia C. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. 2006. Raffaello Cortina Editore, Milano
  5. Rizzolatti G, Vozza L. Nella mente degli altri. 2008. Zanichelli, Bologna

Cita questo articolo

Volonté F., Iannello A., Bisson M., Ingrassia P.L., La simulazione medica nel futuro: un tentativo di visioning, Medicina e Chirurgia, 75: 3401-3406, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-75-5

Come valutano gli studenti la qualità della formazione della Sapienza?n.75, 2017, pp.3394-3400, DOI: 10.4487/medchir2017-75-4.

Abstract

Nowadays, the evaluation of quality in the university system is a key topic. In Italy, the institution that has this role is the National Agency for the University System Evaluation and Research (ANVUR). The annual survey on students’ opinions of the Sapienza is called “OPIS on-line “ and is realized through the adoption of the questionnaire drawn up by ANVUR.

These surveys are conducted to identify some problematic issues that arise in the conduction of educational activities in order to improve the educational offer of the universities. The definition of an abstract concept such as quality, it’s a pretty difficult task, since summarizes a set of intrinsic features, which make a service that meets certain requirements. This concept, in order to be inferred from the data, therefore requires quantification.

Until today, different statistical techniques have been used, both simple and more sophisticated. A further and more refined analysis method is based on the use of structural equation models (SEM) proposed here.

Keywords: Quality education, OPIS on-line, structural equation model.

Parole chiave: Qualità della formazione, OPIS online, modelli ad equazioni strutturali.

Articolo

Introduzione

Recentemente la cultura della valutazione e della qualità nel Sistema Universitario è divenuta un argomento sempre più oggetto di interesse. Essa rappresenta un prerequisito indispensabile per garantire efficienza ed efficacia nel perseguimento degli obiettivi, della promozione e sviluppo della ricerca e dell’elaborazione e trasmissione delle conoscenze, attraverso i quali l’Ateneo concorre ai processi di innovazione culturale, educativa, tecnologica ed organizzativa della società.

Dal 1998 al 2010 dopo una serie di accordi ministeriali, correlati ad attività politiche e istituzionali che hanno caratterizzato la politica europea dell’istruzione superiore, è nato, in occasione di una specifica riunione tra i 47 ministri dei paesi aderenti al Processo di Bologna (sistema di riforma internazionale dei sistemi di istruzione superiore dell’Unione Europea), lo Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore.

Grazie a questo accordo intergovernativo di collaborazione, l’European Network for Quality Assurance in Higher Education (ENQA) su richiesta dei ministri dei paesi aderenti, sviluppò un insieme di standard e linee guida per assicurare la qualità all’interno di istituzioni universitarie, nonché l’istituzione di agenzie esterne per verificare le attuazioni in materia.

Nel Consiglio di Bergen (2005) furono adottate, tenendo in considerazione i diversi assetti istituzionali, metodiche comuni per assicurare standard di qualità in grado di accomunare l’istruzione superiore dei diversi paesi europei, definite Standards and Guidelines for Quality Assurance in the European Higher Education Area (ESG).

In Italia è stata istituita nel 2011 l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) che oltre a verificare e valutare il sistema di assicurazione della qualità ha anche la funzione di accreditamento degli atenei italiani [1], sviluppando, sulla base delle norme e delle linee guida europee, il sistema AVA (Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento).

A tal fine, è richiesto ai responsabili dei corsi di studio di stabilire i contenuti degli insegnamenti coerenti con gli obiettivi del corso, e far si che le modalità di verifica siano in grado di garantire che lo studente acquisisca le competenze dichiarate nel programma didattico. Inoltre, annualmente i responsabili devono effettuare un riesame del corso in base agli obiettivi dichiarati, al monitoraggio effettuato ed a eventuali criticità che possano emergere sia da loro stessi che da considerazioni da parte di studenti.

Tutto ciò si rende necessario, al fine di elevare la qualità dei processi formativi e fronteggiare alcuni problemi persistenti dell’ambito accademico, emersi da un rapporto ANVUR (2013) sullo stato del sistema universitario e della ricerca [2]. Uno dei procedimenti atti alla valutazione della formazione, prevede di esaminare le opinioni espresse dagli studenti attraverso la somministrazione di questionari, su un insieme di aspetti inerenti i corsi da essi frequentati.

In questo ambito, Sapienza si è attivamente impegnata dall’a.a. 2003/2004 avviando un proprio sistema di Assicurazione della Qualità (AQ), che è stato successivamente riorganizzato per tener conto della normativa vigente riguardo il sistema di valutazione e accreditamento adottato dall’ANVUR. Secondo la normativa vigente, i questionari con le opinioni degli studenti frequentanti mantengono grande rilevanza sia a fini di accreditamento sia come quota premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) da assegnare agli Atenei, inoltre costituiscono la base informativa per il Rapporto del Riesame, atto essenziale del sistema di AQ.

La rilevazione annuale della Sapienza sulle opinioni degli studenti è denominata “OPIS on-line” e viene realizzata attraverso l’adozione del questionario predisposto dall’ANVUR (v. Allegato). La compilazione avviene, attraverso il sistema informatico della Sapienza, sulla piattaforma Infostud, in cui gli studenti esprimono il proprio giudizio, con una scala ordinale, su vari aspetti relativi agli insegnamenti presenti nel loro corso di studi.

In particolare, i dati analizzati in questo lavoro, sono stati raccolti presso la Facoltà di Farmacia e Medicina, nello specifico per i corsi di laurea: Biotecnologie, Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, Farmacia, Fisioterapia, Infermieristica, Medicina e Chirurgia, Scienze Farmaceutiche Applicate, Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro, Tecniche di Laboratorio Biomedico, Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia, analizzati nel periodo temporale relativo agli anni accademici 2013/2014.

Tali rilevazioni sono effettuate in modo da individuare eventuali aspetti problematici che possano presentarsi nello svolgimento delle attività didattiche con lo scopo di migliorare l’offerta formativa dell’ateneo.

Riuscire a definire un concetto astratto come la qualità, è un compito abbastanza arduo, poiché sintetizza un insieme di caratteristiche intrinseche che rendono un servizio conforme a determinati requisiti.

Tale concetto, per poter essere desunto dai dati, necessita quindi di una quantificazione.

Fino ad oggi sono state utilizzate diverse tecniche statistiche sia semplici che più sofisticate [3,4]. Un ulteriore e più raffinato metodo di analisi è basato sull’utilizzo di modelli ad equazioni strutturali (Structural Equation Model, SEM) [4] qui proposto. Con i SEM i fenomeni complessi oggetto di indagine possono essere determinati utilizzando le relazioni causali tra Variabili Latenti (VL), cioè non osservate, ciascuna delle quali viene “misurata” da un pool Variabili Manifeste (VM), cioè osservate.

Obiettivi

Lo scopo di questo lavoro è la misurazione sincretica della qualità della formazione universitaria, analizzata attraverso il livello di soddisfazione espresso dagli studenti.

A tal proposito, è necessario individuare e misurare le potenziali cause dell’insoddisfazione, in modo da identificare leve sulle quali agire per migliorare la performance complessiva.

Appendice metodologica

I metodi di analisi utilizzati riguardano modelli statistici in grado di analizzare le relazioni di causa effetto tra più variabili.

Tali modelli conducono ad una quantificazione dell’importanza delle cause poiché le relazioni sono formalizzate tramite equazioni.

La loro utilità è duplice perché riescono ad individuare le cause che agiscono su un fenomeno, ed inoltre, quantificano l’importanza di ogni specifica causa.

La modellazione ad equazioni strutturali nasce dalla combinazione di modelli di path analysis [5] e modelli di analisi fattoriale [6]. I primi consentono lo studio delle relazioni di causalità tra più variabili mentre i secondi consentono l’analisi di fenomeni complessi caratterizzati da un insieme di Variabili Latenti (VL) attraverso l’impiego di Variabili Manifeste (VM).

Pertanto, il ricorso ai modelli ad equazioni strutturali permette di analizzare contemporaneamente le strutture latenti sottostanti certi indicatori osservati e le loro potenziali relazioni causali, tenendo in considerazione non solo la molteplicità di cause che agiscono su variabili dipendenti, ma anche le connessioni tra diverse cause.

Nei SEM per identificare le variabili si utilizza la terminologia introdotta in econometria di variabili endogene ed esogene. Le esogene appaiono in tutto il sistema di equazioni del modello solo come variabili indipendenti, mentre quelle endogene risultano dipendenti in almeno una equazione.

I SEM sono rappresentabili graficamente tramite i path diagrams, in cui le VL sono raffigurate con ellissi, le VM con rettangoli e i legami tra VL con frecce orientate; la variabile che riceve la freccia è considerata endogena nella specifica relazione, mentre gli errori sono rappresentati con la corrispondente lettera senza essere cerchiati. Infine, la forza della relazione è espressa, in corrispondenza della freccia, tramite il coefficiente di regressione se la freccia è causale, cioè orientata, oppure tramite quello di correlazione o di covarianza se non è indicata la direzione causale.

La duplice natura di questo approccio è rilevabile nelle due parti che lo costituiscono: il modello strutturale e quello di misurazione. Il primo specifica le relazioni tra le VL; in termini formali, indicando con η un vettore (m x 1) di variabili latenti endogene, con ξ un vettore di variabili latenti esogene (n x 1), con Β (m x m) e Γ (m x n) le rispettive matrici dei coefficienti e con ζ (m x 1) un vettore casuale dei termini di errore, la parte strutturale è definita dalla seguente equazione: η = Bη + Γξ + ζ Il modello di misura, invece, definisce le relazioni tra le VL e le VM ed è formulato nel seguente modo: Y = Λyη + ε X = Λxξ + δ dove Y e X sono vettori di variabili osservate rispettivamente endogene ed esogene, η e ξ i vettori delle variabili latenti sottostanti, Λy (p x m) e Λx (q x m) le matrici dei coefficienti dei termini di errore.

Nella figura 1 possiamo osservare 5 blocchi di VM sintetizzate attraverso 5 VL, evidenziati in rosa, che rappresentano il modello di misurazione, mentre evidenziate in verde le relazioni tra VL che rappresentano il modello strutturale.

Figura 1: path diagram

Nella letteratura sui SEM, per la stima dei parametri possono essere considerati due diversi metodi: tecniche basate sulla covarianza e le tecniche basate sulle componenti. Il primo approccio, che comprende il metodo della massima verosimiglianza (SEM-ML o LISREL) [7], è stato, per molti anni, l’unico metodo di stima. Esso mira a riprodurre la matrice di covarianze campionarie delle variabili osservate attraverso i parametri del modello. Il secondo approccio, noto anche come PLS Path Modelling (PLS-PM) [8], è stato sviluppato come alternativo al LISREL. Costituisce una tecnica più flessibile per il trattamento di una quantità enorme di dati caratterizzati da campioni di piccole dimensioni rispetto al numero delle variabili e richiede ipotesi meno restrittive rispetto ai classici approcci basati sulla covarianza in termini di distribuzioni e scale di misurazione. Esso fornisce stime delle LV in modo tale che siano le più correlate fra loro, secondo la struttura del path diagram, e le più rappresentative di ogni corrispondente blocco di VM.

Una recente metodologia, appartenente a questo secondo approccio, è il Non-Metric PLS [9] ed è basata sul concetto di optimal scaling applicato all’algoritmo del PLS-PM.

Grazie alla sua introduzione si possono analizzare con il PLS-PM anche variabili con scale di misura non quantitative. Infatti, utilizzando l’optimal scaling, ogni osservazione categoriale viene rappresentata attraverso un parametro di scaling. In questo caso devono essere ottimizzati due set di parametri: quelli del modello e quelli di scaling. Per questo motivo è stato sviluppato un nuovo algoritmo denominato NM-PLS.

Risultati

I dati analizzati riguardano i questionari compilati da 1020 studenti di Farmacia e Medicina, frequentanti i 10 corsi di Laurea, riguardanti le 12 domande del questionario sulla qualità della formazione percepita dagli stessi (tabella 1).

Il modello strutturale, adottato per l’analisi, ripartisce le 12 domande del questionario in 3 VL corrispondenti alle 3 sezioni individuate dall’ANVUR, ossia:

  1. Organizzazione del modulo
  2. Attività didattiche e studio
  3. Interesse e soddisfazione

Tabella 1: descrizione delle VL e VM del data-set

Schermata 2017-10-02 alle 13.56.02

due tipi di relazioni:

  • di tipo riflessivo, in cui si ipotizza che le VM siano la conseguenza logica della propria VL
  • di tipo formativo, in cui si considera la VL come combinazione lineare delle proprie VM Per la VL Interesse e Soddisfazione si è utilizzato un legame di tipo formativo, mentre per le altre due VL si è utilizzata una relazione di tipo riflessivo.

Inoltre, per il modello strutturale si è considerata endogena la VL Interesse e Soddisfazione, mentre le altre due VL sono state considerate come esogene.

Quindi si ipotizza che la VL Interesse e Soddisfazione sia spiegata dalle altre due VL considerate (figura 2).

Figura 2: path diagram del modello strutturale

Una prima analisi esplorativa è stata condotta riguardo la consistenza interna dei blocchi riflessivi.

In tabella 2, possiamo verificare, attraverso gli indici alpha di Cronbach e Rho di Dillon-Golstain, che tutti i blocchi riflessivi (come si può riscontrare in tabella identificati con mode A) sono unidimensionali, infatti hanno tutti valori molto elevati per questi due indici.

Tabella 2
Schermata 2017-10-02 alle 13.57.29

In particolare, si prende come riferimento l’indice Rho di Dillon-Golstain, in quanto è stato dimostrato essere un indicatore migliore rispetto all’ alpha di Cronbach, poiché è basato sui loadings che risultano dal modello piuttosto che sulle correlazioni osservate tra le VM presenti nel dataset [10]. Per esso si riscontrano valori maggiori del valore soglia 0,70 [11]. Un secondo step riguarda l’analisi delle relazioni tra ogni VM con la propria VL.

Nella tabella 3 sono riportati i pesi delle relazioni tra tutte le VM con le rispettive VL e l’indice di comunalità che indica la capacità della VL di spiegare le proprie VM.

Schermata 2017-10-02 alle 13.57.40

Si può osservare che per la VL Attività didattica e studio le VM che hanno un peso maggiore rispetto altre dello stesso blocco nella costruzione della VL sono “Il docente espone gli argomenti in modo chiaro?”, “Il docente stimola/motiva l’interesse verso la disciplina?”, e “Il materiale didattico (indicato e disponibile) è adeguato per lo studio della materia?”, con i seguenti loadings rispettivamente pari a 0,879; 0,890; 0,786.

Queste relazioni sono rappresentabili graficamente tramite i path diagrams relativi al modello di misurazione (figura3).

Figura 3: path diagrams del modello di misurazione

Per quanto riguarda il modello interno, si analizzano i risultati dell’analisi relativi ai path coefficients, all’R2 e all’Average Variance Extracted (AVE).

Dall’analisi dei path coefficients, (tabella 4) si può osservare che interesse e soddisfazione di uno studente dipendono dalla VL Attività didattica e studio (path coefficient = 0,730) e marginalmente dalla VL Organizzazione del modulo (path coefficient = 0,175).

Tabella 4: effetti totali
Schermata 2017-10-02 alle 13.57.52

Il modello strutturale viene rappresentato graficamente mediante il seguente path diagram (figura 4).

Figura 4

Figura 4: path diagram del modello strutturale con i path coefficient  Dalla tabella 5 è possibile notare, invece, l’analisi riferita al modello strutturale, in particolare gli indici riferiti all’R2, alla comunalità media e all’AVE.

Tabella 5
Schermata 2017-10-02 alle 13.58.03

Il coefficiente di determinazione R2, per le VL endogene, ci indica l’ammontare di varianza nella VL endogena spiegato dalle proprie VL indipendenti.

In questo caso, possiamo osservare un valore di R2 per la VL Interesse e Soddisfazione pari a 0,751.

Il secondo indice è la comunalità media, che indica quanta parte della variabilità del blocco è riproducibile dalla VL.

L’ultimo indicatore riguarda l’AVE che misura l’ammontare di varianza che una VL cattura dai propri indicatori (VM) in relazione ad un ammontare di varianza dovuto all’errore di misura. In generale, un AVE maggiore di 0,50 indica che è rappresentato più del 50% della varianza dell’indicatore.

Infine, un indicatore della bontà di adattamento, che consideri sia la qualità del modello strutturale che quella del modello di misurazione, è fornito dal Goodness of Fit (GoF) [12], il cui calcolo è basato sia sull’indice di comunalità che sul coefficiente R2.

In questo studio si sono ottenuti risultati molto soddisfacenti, in particolare un valore di R2 di 0,751 come mostrato in tabella 5 e un valore assoluto del GoF di 0,6547.

In ultimo, possiamo individuare la relazione che caratterizza il modello strutturale: Interesse e Soddisfazione = 0,175 × Organizzazione del modulo + 0,73 × Attività didattiche e studio

Conclusioni

Si è utilizzata una nuova metodologia per valutare la soddisfazione, da parte degli studenti, dei corsi di studio ed i fattori che l’hanno generata. L’analisi della valutazione degli studenti necessita di tecniche speciali in grado di considerare la natura ordinale delle valutazioni nonché la natura multivariata dei dati.

I SEM sono stati applicati ai dati raccolti attraverso i questionari OPIS on-line dell’Università Sapienza nell’anno accademico 2013-2014. In questo ambito, in cui i fenomeni da studiare sono più complessi e articolati di quelli tradizionalmente affrontati con modelli di regressione o di riduzione dimensionale, l’utilizzo dei modelli ad equazioni strutturali, appare particolarmente appropriato.

In particolare si è mostrato che si deve operare prevalentemente sulla VL Attività didattiche e studio per incrementare la soddisfazione complessiva degli studenti.

Infine, grazie all’utilizzo dei modelli ad equazioni strutturali è possibile costruire un indicatore composito della qualità della formazione.

Bibliografia

1. ANVUR (2014). Il modello italiano di accreditamento e valutazione degli atenei nel quadro dei sistemi di assicurazione della qualità promossi dal processo di Bologna. Audizione presso la Commissione 7° della Camera dei deputati del 12/06/2014.

2. Rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca 2013. http://www.anvur.org

3. Polimeni A., Vestri A.R. (2009). La valutazione della didattica da parte degli studenti nella I Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma la Sapienza mediante tecniche di scaling multidimensionale.

4. V. Capursi, M. Porcu (2001) “La didattica universitaria valutata dagli studenti: un indicatore basato su misure di distanza fra distribuzioni di giudizi” Atti del Convegno Intermedio della SIS, pag. 17-20.

5. Bollen K.A. (1989). Structural equations with latent variables. Wiley, New York, NY.

6. Wright S. (1921). Correlation and causation. Jour. Agric. Res. 20.

7. Thurstone L.L. (1947). Multiple-Factor Analysis. Chicago: University of Chicago Press.

8. Jöreskog K. G. (1970). A general method for analysis of covariance structures, Biometrika 57, pp. 239– 251. doi:10.1093/biomet/57.2.239

9. Wold H. (1975). Soft modelling by latent variables: the non-linear iterative partial least squares (NIPALS) approach. Gani, J (Ed.), Perspectives in Probability and Statistics: Papers, in Honour of M.S. Bartlett on the Occasion of his Sixty-fifth Birthday. Applied Probability Trust, Academic, London, pp. 117–142.

10. Russolillo G. (2012). Non-Metric Partial Least Squares. Electronic Journal of Statistics, 6, pp. 1641- 1669.

11. Chin W.W. (1998). The partial least squares approach to structural equation modeling. In: Marcoulides GA (ed) Modern methods for business research. Lawrence Erlbaum Associates, Mahwah, NJ, pp. 295–336.

12. Werts C.E., Linn R.L., Jöreskog K.G. (1974). Intraclass reliability estimates: testing structural assumptions. Educ Psychol Meas 34(1), pp. 25–33 .

13. Amato S., Esposito Vinzi V., Tenenhaus M. (2005). A global goodness-of-fit index for PLS structural equation modeling. Technical report HEC School of Management, France.

Cita questo articolo

Ferrara C., Nofroni I., Polimeni A., Vestri A., Come valutano gli studenti la qualità della formazione della Sapienza?, Medicina e Chirurgia, 75: 3394-3400, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-75-4

Le Cure Palliative e il loro insegnamento nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgian.75, 2017, pp.3391-3393, DOI: 10.4487/medchir2017-75-3

Guido Biasco1, Guglielmo Tellan2, Stefania Basili2, Tiziana Bellini3, Sabino De Placido4

1 Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2 Università “La Sapienza” di Roma, 3 Università di Ferrara, 4 Università di Napoli “Federico II”..

Corrispondenza: Guido Biasco, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, guido.biasco-unibo.it

Abstract

Il bisogno di una organizzazione che si prenda cura del malato inguaribile e della sua famiglia è sempre più pressante. In risposta a questo bisogno è necessaria la formazione di professionisti dedicati. E’ un compito della Università creare una cultura clinica di base che parta da processi formativi inseriti nel prelaurea e non solo nel post-laurea, area dedicata alla formazione di specialisti nel settore. In Italia la formazione pre-laurea in Cure Palliative è ancora molto frammentaria. Non tutte le sedi universitarie hanno disponibilità di corsi dedicati e i pochi corsi presenti sono differenti per modalità formative e durata. La Conferenza prende atto delle necessità di un adeguamento nella formazione in Cure Palliative dello studente in Medicina e chirurgia e ha attivato un gruppo di lavoro per la pianificazione di programmi educativi omogenei ma flessibili e realizzabili in tutte le sedi universitarie.

Parole chiave: Cure Palliative, Cure di fine vita, Master

Summary An efficient organization for the care of patients at the end of life and their families is an increasing ethical and social need. In response to this, a corpus of trained professionals is required. The task of the University is to create a basic clinical culture starting from the medical students. In Italy, this policy is weak and fragmentary. Not all Universities offer dedicated courses in Palliative Care and the few available courses show differences in terms of program contents and duration. The Conference acknowledges the deficiency. A working group for the planning of homogenous but flexible educational programs that could be implemented at all Universities of the Country has been set up.

Key words: Palliative Care, End of Life Care, Master

Articolo

Introduzione Il tema delle Cure Palliative è sempre più dibattuto in ambito clinico, organizzativo, etico, scientifico1,2.

Il dibattito è alimentato dalla consapevolezza sociale delle problematiche dell’inguaribilità e del fine vita che richiedono una risposta che parta dalla realizzazione di un approccio clinico che migliori la qualità di vita del paziente e della sua famiglia.

E’ pertanto evidente la necessità di un corpo di professionisti in grado di rispondere ai bisogni di una persona che non ha più prospettive di guarigione e della sua famiglia.

La OMS ha quantificato il bisogno di Cure Palliative nella popolazione mondiale dichiarando che: “the National Health Systems need to include Palliative Care in the continuum of care. It should not be considered as an optional extra …… ensuring that education about Palliative Care (including ethical aspects) is offered to students in undergraduate medical and nursing levels, in accordance with their roles and responsibilities and as a part of human resource development” 3.

Nel documento viene quindi sottolineata la importanza di una educazione alle Cure Palliative che venga avviata nel pre-laurea di medici e infermieri, e non sia solo realizzata con la formazione di specialisti nella materia.

Il compito spetta alla Università che non sempre risponde in maniera adeguata.

Nei Paesi occidentali la formazione in Cure Palliative sia nel pre-laurea che nel post-laurea si muove in maniera disorganica 4,5. Tipologia, durata, certificazione dei corsi sono differenti tra le diverse nazioni portando ad un livello formativo molto diverso con un divario tra “leading” e“non leading countries” ancora piuttosto elevato 6,7. Però la Accademia si sta muovendo un po’ dappertutto e, nonostante le disparità, il movimento delle Cure Palliative sta richiamando l’attenzione del mondo accademico anche nelle nazioni più “resistenti” alla presa d’atto di una necessità sociale non più differibile.

La situazione in Italia La Legge 38 del 15 aprile 2010 riporta che il MIUR e il Ministero della Salute hanno l’obbligo di arrivare alla formulazione di corsi di Master ed alla individuazione di criteri per la realizzazione di specifici percorsi formativi in materia di Cure Palliative e di Terapia del Dolore 8.

Nel 2011 un tavolo di lavoro congiunto tra i due Ministeri ha disegnato 5 tipologie di Master. Le caratteristiche principali di questi modelli formativi sono le seguenti: 1) possono essere attivati solo da Università con requisiti formativi definiti (consolidata attività didattica nel settore, presenza o convenzione con strutture assistenziali riconosciute dal SSN), 2) devono avere obiettivi formativi qualificanti definiti per ogni Master, 3) devono avere un piano di formazione teorica e di attività pratiche obbligatorie, 4) il contenuto formativo deve rispettare quanto riportato in un DM stilato ad hoc nel marzo 2012 9.

Il piano per la formazione postlaurea in questi anni è andato avanti. Nel 2016 sul territorio nazionale erano attivi 42 Master, oggetto di verifica di qualità sulla base di un programma coordinato dalla Conferenza Permanente dei Direttori di Master in Cure Palliative e in Terapia del Dolore.

Al contrario del post-laurea la formazione pre-laurea è rimasta piuttosto indietro.

Nel 2013 un gruppo di lavoro della Conferenza Permanente dei Coordinatori di CdL in Medicina aveva ipotizzato la realizzazione di una dorsale didattica “palliativa” 10.

Il modello prevedeva un lavoro didattico frontale su tre livelli successivi di complessità: 1) approccio molto precoce, di tipo valoriale e relazionale, in Medical Humanities o Introduzione alla Medicina su concetti generali legati alle Cure Palliative quali, ad esempio, il problema del confronto del medico con la morte, il fine vita nei suoi aspetti umani ed etici (II-III anno, 2) l’approccio palliativista alla Clinica attraverso una formazione fornita, nel corso di Metodologia Clinica da docenti in grado di fornire agli Studenti le basi del sapere in Cure Palliative, standardizzate sulla consuetudine consolidata alla pratica terapeutica (oncologi degli adulti, oncologi pediatri) (IV-V anno), 3) approfondimenti sulle Cure Palliative Specialistiche, con riferimento specifico ai 9 ambiti clinici specialistici equipollenti al Settore Concorsuale in “Cure Palliative” previsto dal SSN (V-VI anno).

Questa formula didattica non è stata di fatto applicata.

Oggi è presente solo la esperienza di un percorso “longitudinale” che si basa su Etica e Medical Humanitìes realizzato dalla Università di Ferrara. Nel programma didattico sono comprese anche, ma non esclusivamente, le Cure Palliative, tema peraltro trattato anche nei corsi di Oncologia Medica, Psichiatria, Psicologia Clinica.

Altre Università (Milano Statale, Trieste, Genova) hanno realizzato corsi monotematici di 1 o 2 CFU con la partecipazione alla didattica di docenti a contratto che provengono dal SSN. I crediti formativi, in assenza di un SSD in Cure Palliative, sono stati “concessi” da altri SSD, in particolare dal settore MED 09-Medicina Interna.

In campo di Oncologia Medica, la branca che più di altre è coinvolta nella formazione in Cure Palliative, all’argomento sono dedicate poche e molto variabili ore di didattica. Un recente studio osservazionale condotto dal Collegio degli Oncologi Medici Universitari segnala che solo 15 su 26 Corsi di Oncologia Medica dedicano da 2 a 10 ore alle Cure Palliative.

Anche la Attività Didattiche Elettive in Cure Palliative sono state realizzate in poche Università. Solo 7 corsi su 42 Università esaminate con una survey personale hanno attivato corsi elettivi in Cure Palliative o argomenti affini dedicando a questi Corsi 1-4 CFU.

Infine una attività di tirocinio elettivo è stata realizzata dalla Università di Bologna sulla base di un accordo con strutture Hospice convenzionate con il SSN.

Il tirocinio è offerto a studenti del 5° e del 6° anno ed ha durata rispettivamente di 3 e 16 settimane.

Conclusioni

E’ evidente che la formazione pre-laurea in Cure Palliative nelle nostre Università va rivista e regolamentata.

Modelli di corsi obbligatori dedicati dovrebbero essere disegnati in maniera flessibile in modo da poter essere realizzati in funzione delle disponibilità di ogni singola sede universitaria.

La Università ha un impegno anche morale che non può lasciare le Cure Palliative in un alveo senza regole affidato alla iniziativa di singole sedi. L’insegnamento in tal modo rimarrebbe carente e disomogeneo.

Certamente la mancanza di un SSD in Cure Palliative aumenta la difficoltà di una didattica formalizzata nel Corso di Laurea. Tuttavia esperienze positive sia su più corsi che su corsi dedicati possono essere prese ad esempio e analizzate.

Nel Curriculum formativo dello studente in Medicina e Chirurgia sono entrate recentemente 7 Unità Didattiche Elementari dedicate alle Cure Palliative. E’ un punto importante che segnala il riconoscimento della necessità di una formazione specifica. Spetta alla Conferenza fare proposte. In questo senso il dibattito aperto nella riunione del 10 luglio 2017 e la costituzione di un gruppo di lavoro dedicato indicano che l’impegno ad affrontare il tema è ripartito in maniera più consapevole e fattiva di quanto avvenuto sino ad ora.

Bibliografia

1. Dalal S, Bruera E. End-of-Life Care 1. Matters: Palliative Cancer Care Results in Better Care and Lower Costs. Oncologist, 22: 361-368, 2017.

2. Brown AJ, Thaker PH, Sun CC, Urbauer DL, Bruera E, Bodurka DC, Ramondetta LM. Nothing left to chance? The impact of locus of control on physical and mental quality of life in terminal cancer patients. Support Care Cancer, 25: 1985-1991. 2017.

3. 67° WHO General Assembly, Strengthening of Palliative Care as a component of integrated treatment throghout the life course, avril 4, 2014.

4. Centeno C, Bolognesi D, Biasco G. Comparative analysis of specialization in palliative medicine processes within the World Health Organization European region. J Pain Symptom Manage, 49: 861- 870, 2015.

5. Noguera Tejedor A, Bolognesi D, Centeno C, Biasco G. Genesis & development of palliative care teaching in Undergraduate Medical Education. Case Study of eight European Countries (manuscript in preparation).

6. Moroni M, Bolognesi D, Muciarelli PA, Abernethy AP, Biasco G. Investment of palliative medicine in bridging the gap with academia: a call to action. Eur J Cancer. 47: 491-495, 2011.

7. Pallotti MC, Noguera-Tejedor A, Rhee JY, Moroni M, Biasco G, Centeno C. Palliative medicine in Mediterranean countries: different approaches, same philosophy. BMJ Support Palliat Care. Jul 14. pii: bmjspcare-2017 [Epub ahead of print]

8. http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_5.jsp?area =curePalliativeTerapiaDolore&menu=legge

9. Biasco G., Amato F., Amore F., Cetto G., De Marinis MG, Melotti, RM. I Master di cure palliative e terapie del dolore, Medicina e Chirurgia, 55: 2436-2438, 2012.

10. Scarone S, Biasco G, Cetto G, De Marchi, Di Virgilio F, Golino P, Mazzanti L. Le tematiche didattico-pedagogiche delle Cure Palliative, Medicina e Chirurgia, 58: 2580-2581, 2013.

Cita questo articolo

Biasco G., Tellan G., Basili S., Bellini T., De Placido S.,  Le Cure Palliative e il loro insegnamento nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, Medicina e Chirurgia, 75: 3391-3393, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-75-3

Il Progress Test 2016n.75, 2017, pp.3386-3390, DOI: 10.4487/medchir2017-75-2

Alfred Tenore,* Stefania Basili,** Andrea Lenzi**.

*Department of Medical Education California University of Science and Medicine San Bernardino,California, USA; **Sapienza- Università di Roma.

Abstract

Since 2006, the PT has been held annually. During these 11 years, the percentage of Italian medical schools that have participated has increased from 50% to approximately 96% and has seen the number of participating students increase from 3,300 to approximately 33,000.

Even though the PT was developed to respond to a new educational curriculum that introduced Problem Based Learning (PBL), it has been subsequently demonstrated that the application of a longitudinal, progressive method of assessment and evaluation is valid not only for PBL-based curricula, but also for those (still) using “traditional” curricula.

This report describes the Italian experience over the last 11 years and in particular, focuses on the results obtained from the last PT (november 2016) taken by 33,369 Italian medical students.

Parole Chiave/ Key-Words: Progress Test, 2016

Articolo

Introduzione

Il “Progress Test” (PT), rappresenta un metodo di valutazione longitudinale delle conoscenze con peculiarità particolari: (a) lo studente non può prepararsi per il PT, (b) la valutazione è basata solo sulla capacità dello studente di acquisire e ritenere le conoscenze riguardo agli obiettivi del curriculum formativo globale e non del singolo corso integrato.

Il PT rappresenta quindi un metodo per valutare l’apprendimento dello studente rispetto al dominio totale delle conoscenze richieste per un laureato ideale di un Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia.

Dal 2006 l’associazione “Conferenza dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia” ha iniziato ad usare questo strumento costantemente con una sempre maggiore partecipazione del corpo Docente e degli studenti. Ad oggi il Progress Test rappresenta per i Corsi di Laurea Italiani un tassello importante della formazione e della valutazione e sempre più la Commissione Esame di Stato porta avanti l’idea di poterlo inserire nel nuovo progetto della “laurea abilitante”.

Materiali, Metodi e Risultati

Brevemente, si ricorda le modalità di somministrazione e la composizione del progress test.

Il test è sostenuto in due tempi: dalle 9:00 alle 12:00 la prima parte e dalle 14:00 alle 17:00 la seconda, mediamente con 80 secondi di tempo per rispondere a ciascuna domanda.

Il test viene somministrato in tutta Italia nello stesso giorno (in genere un mercoledì dei primi 15 giorni di novembre) in contemporanea, con un sistema di controllo attento che non permette a nessun Corso di Laurea di conoscere le risposte alle domande. Inoltre le domande vengono cambiate ogni anno e trasmesse ai Corsi di laurea con tempistiche strettissime per evitare ogni tipo di possibile diffusione agli studenti. Esiste un coordinamento centrale che mantiene la segretezza del tutto e che si occupa anche di istruire tutto il personale coinvolto nelle varie sedi.

Il test è composto da 300 domande del tipo a scelta multipla (“nozionistiche” o “di ragionamento”) come quello effettuato alla McMaster University in Canada.

Le domande sono divise per ambiti disciplinari: 150 nell’area delle Scienze di Base e 150 nell’Area Clinica.

Per il risultato del test sono valutate solo le risposte corrette alle quali è attribuito un punto.

Ogni sede ottiene quindi delle informazioni sia in forma aggregata (numerica) che analitica rispetto agli ambiti culturali presi in considerazione. A livello centrale è poi elaborata una media nazionale con la quale ogni sede può paragonare i risultati ottenuti dagli studenti dello stesso anno della propria Facoltà.

Il 16 novembre 2016 è stato condotto l’undicesimo PT che ha visto coinvolti 47 dei 49 corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CLMMC) degli Atenei italiani (2 Atenei non hanno potuto partecipare. Uno per problemi organizzativi e l’altro per la contemporaneità con l’apertura dell’Anno Accademico).

Inoltre, per la prima volta, anche 1 dei 9 Corsi in lingua inglese ha partecipato al PT.

In totale sono stati quini 48 CLMs a partecipare.

In totale, considerando i 48 Atenei, 33369 studenti hanno partecipato in Italia al Progress test 2016. Nelle figure e tabelle che seguiranno verranno tuttavia riportati i dati su 32176 studenti appartenenti ai 47 CLMs che hanno inviato i risultati.

Il 68% dei CLMs ha somministrato il test ai 6 anni di corso. Il 15% a 5 anni, l’11% a 4 anni e il 6% a 3 anni di corso.

Come riportato in Tabella 1, si è osservato un incremento significativo (in media +30%) della partecipazione in quasi tutti gli anni di corso ad eccezione del secondo anno (ricordiamo essere l’anno del grande numero di subentri per ricorso).

La partecipazione degli studenti al test somministrato il pomeriggio rispetto a quello somministrato la mattina è stata simile con uno scarto massimo del -1.9% al terzo anno (n=148).

Nella Figura 1 è riportata la percentuale di partecipanti rispetto al numero totale di inscritti negli 11 anni di somministrazione del PT. La linea tratteggiata in orizzontale rappresenta la media dei partecipanti tra il 2006 ed il 2015.

Negli ultimi anni l’importanza data al PT non solo come strumento di valutazione ma come premialità alla carriera dello studente ha portato la partecipazione media a circa il 50%. Nel 2016 la percentuale è arrivata a sfiorare il 60%.

Tuttavia, come evidente in Figura 2, dove è disegnata la distribuzione della percentuale di studenti che hanno sostenuto il PT rispetto al numero potenziale di studenti iscritti a quell’anno di corso questa alta percentuale è sostenuta dai primi 4 anni di corso mentre scende sotto il 50% negli ultimi anni.

L’analisi dei risultati globalmente ottenuti per le scienze di base e quelle cliniche ha mostrato come riportato nelle Figure 3 e 4 un andamento paragonabile a quello della media nazionale mettendo insieme tutte le informazioni ottenute dal 2011 al 2016. Infatti, la media nazionale dal 2011 al 2015 è stata di 38 con una deviazione standard del 12.4% per le scienze di base e quella del 2016 del 42.3±13.8%. Parimenti per le scienze cliniche la media nazionale ottenuta dal 2011 al 2015 è stata di 28.2±13.6% mentre quella del 2016 è stata 30.9±12.3%.

Analisi dei Risultati per anno di corso

Nelle figure 5 (scienze di base) e 6 (scienze cliniche) sono riportate le percentuali di risposte corrette per ciascun anno di corso e poste a confronto con le percentuali ottenute negli anni 2014 e 2015. Tali anni sono stati scelti per la ampissima numerosità di partecipanti che ha superato i 20000 studenti (2014: 22955; 2015: 26899; 2016: 32176).

Per il I anno c’è un lieve aumento della performance sia nelle scienze di base (23%) che per le scienze cliniche (17.7%). Per il II anno la percentuale delle risposte giuste per le Scienze di Base è molto alta (29.4%) rispetto a quelle del 2015 (25%) e del 2014 (27.6%) mentre la percentuale per le scienze cliniche è paragonabile a quella deli anni precedenti. Nel III anno, si è osservato un aumento delle risposte esatte sia nelle scienze di base (41%) sia nelle scienze cliniche (24.2%).

Dal IV anno al VI anno per le scienze di base si è osservato un aumento della percentuale delle risposte corrette (49.2%, 53.9%, 57.4%, rispettivamente). Tale andamento non è stato osservato invece per le scienze cliniche (Figura 6).

Analisi individuale delle aree disciplinari.

Scienze di Base (Figure 7-13) Come atteso “Morfologia e Biologia” (Figura 7) presentano un aumento nei primi tre anni fino a superare il 50% (quello appreso entro la fine del terzo anno); tuttavia la percentuale di risposte esatte è in aumento anche fino al sesto anno evidenziando come la conoscenza raggiunta non viene persa ma soltanto implementata dall’ulteriore conoscenza in altre aree disciplinari. Anche la “Fisiologia” presenta lo stesso andamento (Figura 8). La “Biochimica e Biologia Molecolare” sembrano avere un aumento progressivo nei primi tre – quattro anni e poi il raggiungimento ed il mantenimento di un plateau (Figura 9).

“Microbiologia ed Immunologia” (Figura 10) mostrano un picco al terzo anno che da ragione del buon lavoro condotto al secondo anno quando si insegnano materiale ricomprese in questa area disciplinare. Anche per questa area disciplinare esiste il fenomeno della conservazione della conoscenza e addirittura un incremento fino al 59% negli ultimi anni dove la conoscenza clinica richiama la conoscenza di base.

Per la “Patologia e Fisiopatologia” (Figura 11) sembra riprodursi lo stesso fenomeno della precedente area disciplinare. L’andamento dell’area disciplinare “Farmacologia” (Figura 12) è stato sicuramente migliore di quello degli scorsi anni raggiungendo e superando al quarto anno il 50%. Anche per le “Scienze del Comportamento” si è osservato questo anno un progressivo incremento delle conoscenze che cresce anno per anno (Figura 13).

Per le scienze di base, quindi, abbiamo nel 2016 una buona riproducibilità nella percentuale delle risposte giuste e quest’anno un notevole miglioramento per alcuni ambiti disciplinari.

Scienze cliniche (Figure 14-19) Analizzando i dati riportati nelle figure è possibile osservare come per la disciplina di “Ostetricia e Ginecologia” (Figura 14) vi sia una progressione graduale che progressivamente sale fino a raggiungere una percentuale superiore al 50% al sesto anno di corso. Per la disciplina “Pediatria” (Figura 15) si assiste ad un progressivo miglioramento della percentuale di risposte esatte anche se il massimo raggiunto è poco più del 40%; è tuttavia da sottolineare che tale disciplina viene insegnata nel semestre successivo a quello in cui viene somministrato il PT al sesto anno.

Per la “Medicina Interna e Specialità Mediche”, la “Chirurgia Generale e Specialità Chirurgiche” e la “Medicina Preventiva” si assiste sicuramente ad un incremento delle conoscenze dopo i primi tre anni di corso ma senza il raggiungimento di una percentuale attesa di risposte esatte (Figure 16, 17, 18) La disciplina “Anatomia Patologica”, sempre andata molto bene negli anni scorsi, quest’anno resta una delle poche che, nei vari anni raggiunge quasi il 60 % in media delle risposte esatte.

Le figure 20 e 21 riportano l’analisi dell’incremento delle competenze al sesto anno suddivisi per CLMMC.

Nel range medio c’è una buona percentuale di CLMs dimostrando che dopo 11 anni di lavoro l’associazione Conferenza Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia è riuscita a raggiungere una altissima numerosità di partecipanti ma anche ad utilizzare il PT come un test affidabile nella valutazione delle conoscenze acquisite durante il corso di laurea e a modulare l’insegnamenti fino a raggiungere una buona omogeneità nei curricula italiani.

Si ringrazia Chiara Bresciani per il grande aiuto nell’editing del manoscritto.

Bibliografia

Cita questo articolo

Tenore A., Basili S., Lenzi A., Il Progress Test 2016, Medicina e Chirurgia, 75: 3386-3390, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-75-2

Tesi di Laurea e Comitato Eticon.75, 2017, pp.3382-3385, DOI: 10.4487/medchir2017-75-1.

Comitato Etico dell’Università “Sapienza” Roma

Abstract

Il complesso quadro regolatorio sulle sperimentazioni cliniche che coinvolgono l’essere umano è il risultato di una progressiva fusione di principi etici e scientifici.
Nel rispetto di tali principi, tutti gli studi che prevedano l’arruolamento di soggetti umani, compresi quelli più contenuti ed apparentemente modesti oggetto di tesi di laurea, devono essere sottoposti a valutazione da parte dei Comitati Etici, al fine di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione.
Qualora, dunque, le tesi di laurea vengano classificate come sperimentazioni cliniche interventistiche, di tipo osservazionale/epidemiologico o progetti di ricerca ovvero, qualora la sperimentazione ricada nei dettami legislativi vigenti, deve intraprendere l’iter approvativo riservato a ciascun tipo di studio. Inoltre, il parere favorevole del Comitato Etico competente, offre un’ulteriore possibilità di pubblicazione dello studio su riviste scientifiche autorevoli.

—–

The complex regulatory framework on clinical trials involving the human being is the result of a progressive merger of ethical and scientific principles. In order to protect human subjects rights, security and well-being, all clinical trials, even the most contentious and seemingly modest graduate thesis, must be approved by the Ethics Committees. If graduate thesis are classified as interventional trials, non interventional/epidemiological trials or research projects, or the project fall in the current Clinical trial laws, they must undertake the approach reserved for each type of study. In addition, the favorable opinion of the competent Ethics Committee offers a further opportunity to publish the study in leading scientific journals.

… sic parvis componere magna solebam. (Virgilio, Buc. 1)

Parole Chiave: Tesi di laurea, comitato etico, sperimentazione clinica, trial clinici, studi osservazionali

Articolo

Introduzione

Negli ultimi mesi un numero crescente di richieste di approvazione di protocolli di studio finalizzati alla realizzazione di Tesi di Laurea e/o Specializzazione approda negli uffici del Comitato Etico (CE) dell’Università “Sapienza” di Roma. Le richieste sono sottoscritte dai Relatori delle tesi e gestite poi personalmente dai laureandi o specializzandi.

E’ verosimile che situazioni analoghe si stiano creando anche negli altri Atenei nazionali e che siano dettate verosimilmente dall’aspettativa, sia del relatore che del candidato, che lo studio oggetto della tesi sia pubblicabile su riviste scientifiche che ne richiedano l’approvazione da parte dei CE locali.

In assenza di precise norme che regolino il tema, è necessario fare riferimento ai principi ed alle normative relative a tutta la cosiddetta Sperimentazione Clinica.

Infatti, i CE devono essere investiti della responsabilità di approvazione di tutti gli studi originali che in ogni modo, direttamente o indirettamente, coinvolgano gli esseri umani indipendentemente dalle finalità per cui s’intenda realizzarli.

Le attuali normative hanno origine dal Processo di Norimberga che nel 1945 enuncia i princìpi fondamentali per la conduzione di sperimentazioni cliniche sull’uomo, trascritti nel Codice di Norinberga e che in sintesi sono i seguenti: • Il consenso volontario del soggetto umano è essenziale.

  • L’esperimento dovrà essere tale da fornire risultati utili al bene della società, e non altrimenti ricavabili con mezzi o metodi di studio.
  • L’esperimento dovrà essere impostato e basato sui risultati delle sperimentazioni su animali e sulla conoscenza della storia naturale della malattia.
  • L’esperimento dovrà essere condotto in modo tale da evitare ogni sofferenza o lesione fisica o mentale che non sia necessaria.
  • Non si dovranno condurre esperimenti ove vi sia già a priori ragione di credere che possa sopravvenire la morte o un’infermità invalidante.
  • Il grado di rischio da correre non dovrà oltrepassare quello determinato dalla rilevanza umanitaria del problema che l’esperimento dovrebbe risolvere.

Particolari attenzioni dovranno essere usate al fine di mettere al riparo il soggetto dell’esperimento da possibilità anche remote di lesione, invalidità o morte.

L’esperimento dovrà essere condotto solo da persone scientificamente qualificate.

Nel corso dell’esperimento il soggetto umano dovrà avere la libera facoltà di porre fine ad esso se ha raggiunto uno stato fisico o mentale per cui gli sembra impossibile continuarlo.

Durante l’esperimento lo scienziato responsabile deve essere pronto a interromperlo in qualunque momento se è indotto a credere che la continuazione dell’esperimento comporterebbe probabilmente lesioni, invalidità o morte per il soggetto umano.

Il Codice di Norimberga quindi enuncia i princìpi che sono stati ripresi dalla Dichiarazione di Helsinki che li accoglie in toto enunciando le linee guida, sia a livello teorico sia pratico per la conduzione di studi clinici.

Nella loro ultima revisione le norme relative alla Buona Pratica Clinica (Goog Clincal Practice – GCP), sono state stilate il 2 luglio 2015 (ICH E6 (R2), step 4 ADDENDUM) ed il documento finale è stato pubblicato il 9 novembre 2016. La loro stretta osservanza è un obbligo inderogabile per tutti i protocolli di ricerca clinica.

La ricerca clinica italiana in molte aree terapeutiche e in molte indicazioni, anche rare, è ai primi posti in Europa e nel mondo.

Lo dimostra anche il dato che negli ultimi anni, sempre più Aziende Farmaceutiche Multinazionali si rivolgono ai Centri di ricerca Universitari Italiani e di conseguenza ne chiedono l’approvazione ai CE locali, per studi di fase I, fase II e fase III, destinati allo di sviluppo di farmaci fortemente innovativi.

In un mondo sempre più normato e con stringenti protocolli di qualità, anche la ricerca scientifica No-Profit, deve poter assicurare sempre più la stessa qualità e gli stessi standard richiesti dalla ricerca Profit, e di conseguenza rispettarne le normative, al fine di non inficiare irrimediabilmente i risultati clinici ottenuti e comprometterne la possibilità di pubblicazione sulle riviste scientifiche internazionali più accreditate.

Con le nuove normative, ma soprattutto con il REGOLAMENTO (UE) n. 536/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 aprile 2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano, che abroga la direttiva 2001/20/CE, tutti i Centri saranno obbligati a condurre la ricerca indipendente nella più corretta osservanza della regolamentazione così come prevista dalle GCPs e decreti legge nazionali.

Se queste considerazioni sono da applicare alla sperimentazione clinica di primo e ottimale livello, anche i più contenuti ed apparentemente modesti protocolli clinici proposti come argomento per tesi di laurea possono rientrare a pieno nella definizione di sperimentazione clinica No-Profit.

Come detto, infatti, non esiste una normativa che disciplini le Università italiane rispetto alla necessità di richiedere un parere al Comitato Etico e/o alle Autorità Competenti Nazionali relativamente alle approvazioni di tesi di laurea, ma sono i relatori che devono far riferimento alla normativa sulla sperimentazione qualora gli studi oggetto di tesi prevedano l’arruolamento di soggetti umani.

In maggior dettaglio, le normative principali che disciplinano la sperimentazione clinica sono attualmente le seguenti: REGOLAMENTO (UE) n. 536/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 aprile 2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE Determina AIFA 1/2013 del 7.01.13 Modalità di gestione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali a seguito del trasferimento della funzione dell’Autorità Competente all’Agenzia italiana del farmaco Decreto Ministeriale 17 Dicembre 2004 Prescrizioni e condizioni di carattere generale, relative all’esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali, con particolare riferimento a quelle ai fini del miglioramento della pratica clinica, quale parte integrante dell’assistenza sanitaria DPR n. 439 del 21 Settembre 2001 Regolamento di semplificazione delle procedure per la verifica e il controllo di nuovi sistemi e protocolli terapeutici sperimentali Inoltre sono operanti molteplici dettami legislativi che analizzano aspetti collaterali ma altrettanto importanti dell’argomento.

Le tesi con preminente finalità di ricerca scientifica che coinvolga l’arruolamento di soggetti umani e di conseguenza la somministrazione di Consenso Informato, può ricadere negli Studi Interventistici di Fase II-IV quando si utilizzino farmaci ovvero essere osservazionali, ma possono ricadere in realtà anche in altre tipologie di studio o intervento.

Uno strumento utile alla classificazione degli studi No-Profit è quella utilizzata dal Comitato Etico “Sapienza” e dal Clinical Trial Center dell’Azienda Policlinico Umberto I di Roma (Fig. 1-4): 1 Sperimentazioni cliniche “interventistiche” sono quegli studi effettuati, in maniera sperimentale, con ogni tipo di tecnologia biomedica (farmaci, dispositivi medici, tecniche chirurgiche, diagnostiche, ecc.) o altra tipologia di intervento terapeutico o socio-assistenziale con le seguenti caratteristiche: 1.1 Sperimentazioni cliniche interventistiche no-profit, sperimentazioni cliniche promosse da Struttura o Ente o Istituzione Pubblica o ad essa equiparata, Fondazione o Ente Morale, di Ricerca e/o Sanitaria o Associazione/Società scientifica o di ricerca non a fini di lucro, o Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico o persone dipendenti da queste strutture, definiti “Promotori non commerciali” e che, come previsto dal DM 17 dicembre 2004, “siano finalizzate al miglioramento della pratica clinica quale parte integrante dell’assistenza sanitaria e non a fini industriali”.

Questo tipo di sperimentazione può essere di tipo interventistico anche non farmacologico come su procedura o metodica e indagini su medical device.

2 Studi di tipo osservazionale/epidemiologico, no-profit, come definiti dalle Linee guida per la classificazione e conduzione degli studi osservazionali sui farmaci (Determinazione AIFA 20 marzo 2008). Applicabile anche agli osservazionali senza farmaci.

3 Progetti di ricerca su materiale biologico promossi da sanitari appartenenti alla struttura, senza alcuna promozione di tipo industriale, di società scientifiche, istituti di ricerca o di altri soggetti.

Le tesi di laurea qualora ricadano in uno di queste 3 gruppi necessitano dell’approvazione preventiva da parte del competente Comitato Etico.

In tal modo, la tesi che dovesse essere presentata per la revisione a riviste scientifiche, riporterà l’indicazione degli estremi del parere/presa d’atto del Comitato Etico competente relativamente allo studio ed avrà ulteriori e fondamentali possibilità di essere accettata per la pubblicazione.

Non è necessario rivolgersi al Comitato Etico se ricorre una o più delle seguenti condizioni: – Lo studio oggetto della tesi ha già ricevuto il parere del competente Comitato Etico o fa parte di un sotto-studio già approvato va solo notificata.

– Lo studio è su materiale biologico in cui il paziente ha già espresso il consenso all’uso scientifico del reperto anatomico.

– L’attività di ricerca è svolta su linee cellulari acquisite da fonti commerciali e utilizzate per fini di ricerca e/o didattica.

– La Tesi è uno studio su dati fisiopatologici aggregati da data base preesistenti.

In questi casi le tesi di laurea devono necessariamente seguire un iter completo di approvazione etica secondo normativa in quanto assimilabili a sperimentazioni cliniche vere e proprie.

Una “scorciatoia”, utile a superare al momento l’impasse dovuto all’accumulo di richieste di pareri per tesi, che hanno d’altro canto l’urgenza di essere messe in discussione alla scadenze delle sedute di laurea, può essere quella proposta da alcune Università, in primis la Federico II di Napoli, che, in attesa del completamento dell’iter di approvazione dello studio, coordinato dal Relatore, prevede di inviare al CE, per l’approvazione temporanea finalizzata alla sola discussione della tesi, una semplice “Notifica” a patto che non ricada in studi di Fase II-IV con coinvolgimento dell’ Autorità Competente Nazionale sulle Sperimentazioni Cliniche su Farmaci per cui è necessaria l’approvazione dell’AIFA oltre quella del CE competente.

Bibliografia

Cita questo articolo

Poscia R., Spera G., Mandelli F., Tesi di Laurea e Comitato Etico, Medicina e Chirurgia, 75: 3382-3385, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-75-1

Editorialen.75, 2017, pp. 3381

Schermata 2017-04-26 alle 14.01.00La Associazione Conferenza dei Presidenti di corso di Laurea in Medicina in questo numero ospita contributi che spero siano di grande stimolo alle sue sempre più numerose attività.

L’attenzione del lettore cadrà subito sulle criticità sottolineate dal Comitato Etico di Sapienza relative alla sottomissione a quest’ultimo delle tesi di laurea. In assenza di precise norme che regolino il tema, è necessario fare riferimento ai principi ed alle normative relative a tutta la cosiddetta Sperimentazione Clinica? Anche l’analisi di come valutano gli studenti la qualità della formazione scritto con competenza da coloro che di qualità sono esperti stimolerà numerose considerazione da parte del lettore.

Il tema delle Cure Palliative è sempre più dibattuto in ambito clinico, organizzativo, etico, scientifico. Il dibattito è alimentato dalla consapevolezza sociale delle problematiche dell’inguaribilità e del fine vita che richiedono una risposta che parta dalla realizzazione di un approccio clinico che migliori la qualità di vita del paziente e della sua famiglia. Nell’articolo di Guido Biasco, Guglielmo Tellan e Sabino De Placido viene quindi sottolineata la importanza di una educazione alle Cure Palliative che venga avviata nel pre-laurea di medici e infermieri, e non sia solo realizzata con la formazione di specialisti nella materia. L’articolo suggerisce modelli di corsi dedicati che dovrebbero essere disegnati in maniera flessibile in modo da poter essere realizzati in funzione delle disponibilità di ogni singola sede universitaria.

Alfred Tenore insieme a me e a Stefania Basili riporta i dati del Progress Test 2016. In totale sono stati 48 CLMs a partecipare con un totale di 33369 studenti partecipanti con il 68% dei CMs che ha somministrato il progress test a tutti gli anni di corso rinforzando sempre più la validità di questo strumento di valutazione dell’apprendimento e della conservazione di questo durante la formazione medica.

La rubrica delle notizie grazie al contributo di Paolo Miccoli per ANVUR, Manuela di Franco per CUN, del SISM e delle altre Conferenze è ricca di spunti interessanti.

Da ultimo mi piace citare l’articolo di Pier Luigi Ingrassia che ci porta nel campo delle tecnologie nel campo della percezione sensoriale che credo apporteranno miglioramenti significativi sia nella formazione in simulazione che nella gestione della simulazione stessa.

Andrea Lenzi
Presidente dell’Associazione Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia