Indice n. 65/2015

MEDICINA E CHIRURGIA
QUADERNI DELLE CONFERENZE PERMANENTI DELLE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

65/2015

(scarica qui il l’intero numero in PDF)

SOMMARIO

Editoriale

Nuovi orientamenti per la formazione del Medico, di Andrea Lenzi.

Lettura

Perché la pseudoscienza trova ascolto, di Gilberto Corbellini.

Conferenza permanente dei CLM in Medicina e Chirurgia

Il Medico del Terzo Millennio. Proposta di una “Carta dei valori e delle competenze degli studenti”, in un curriculum formativo rinnovato, in Italia, di Giuseppe Familiari, Massimo Volpe.

Atelier

Verso una Laurea professionalizzante. Certificazione delle Competenze professionali, di Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Pietro Gallo, Oliviero Riggio, Felice Sperandeo, Rosa Valanzano.

Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie

La scheda di valutazione dell’esperienza di tirocinio: uno strumento di classe. Studio osservazionale nel CLM in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, Università degli Studi di Milano, di Daniela Mari, Chiara Grasso, Antonella Freddi, Lisa Karen Baratelli, Giuseppina Bernardelli

Libri che hanno fatto la storia della Medicina

Scuole italiane di Medicina

News

Notizie dal CUN, di Manuela di Franco.

“Medicina e Chirurgia” online. Dopo tre anni un primo bilancio, di Emanuele Toscano,  Marco Proietti, Stefania Basili.

Notizie dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie, di Alvisa Palese.

Segretariato Italiano Studenti in Medicina, di Chiara Riforgiato.

Segretariato Italiano Studenti in Medicinan.65, 2015, pp.2959-2968

Segretariato Italiano Studenti in Medicina

Presentazione

Da 45 anni, Il SISM – Segretariato Italiano Studenti in Medicina punta ad arricchire il percorso formativo degli Studenti in Medicina fornendo loro conoscenze, competenze e valori per rispondere al meglio ai bisogni di Salute della popolazione.

Le nostre attività vengono realizzate grazie all’impegno volontario degli Studenti dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia di tutta Italia, attraverso una rete di lavoro che si avvale di 37 Sedi locali su tutto il territorio nazionale e di oltre 8.000 Soci.

Gli Studenti che afferiscono a questa realtà sono accomunati dal desiderio di assumere un ruolo centrale, facendosi carico delle responsabilità che competono loro, nel consolidare il percorso che li porterà ad essere professionisti della Salute.

Questo obiettivo viene perseguito grazie al coinvolgimento studentesco dall’ideazione alla realizzazione di molteplici attività extracurricolari integranti l’offerta formativa universitaria.

Tutto ciò viene realizzato mediante l’approfondimento di tematiche come la formazione medica, la salute pubblica, la salute riproduttiva, la salute globale e mediante la realizzazione di scambi professionalizzanti e di ricerca in tutto il mondo.

Infatti, il SISM è membro effettivo dell’International Federation of Medical Students’ Associations (IFMSA), forum internazionale degli studenti in medicina provenienti da oltre 123 Associazioni studentesche distribuite tra 116 Paesi ovvero la più grande organizzazione studentesca al mondo, ufficialmente riconosciuta dalle Nazioni Unite, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e dalla World Medical Association.

Inoltre molte attività vengono portate avanti con numerosi partners, tra cui AIDO, ADMO, AIFO, CRIMEDIM, Medici con l’Africa CUAMM, SIMM – Società Italiana Medicina delle Migrazioni, OISG – Osservatorio Italiano Salute Globale, RIISG – Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale,  SIPeM – Società Italiana di Pedagogia Medica.

Durante il XLV Congresso Nazionale del SISM, tenutosi nei giorni compresi dal 13 al 16 Novembre, a Castellaneta Marina, è stato ufficialmente approvato il documento “Formazione Medica: Carta di Impegno Associativo”. 

Si tratta di una cornice di priorità relative alla formazione dei Medici di domani che l’Associazione ritiene ormai indispensabili ed improcrastinabili.

Con questo documento, il SISM, mediante le proprie competenze, decide di impegnarsi ufficialmente per il raggiungimento degli obiettivi riportati al suo interno.

Chiara Riforgiato

Presidente nazionale SISM

presidenza@sism.org


 

Formazione medica 

Carta di impegno associativo

L’istituzione della nuova modalità di accesso alle scuole di specializzazione attraverso graduatoria nazionale rappresenta un cambiamento radicale nell’iter della formazione medica, inserito all’interno di un percorso che perdura da molti anni e che vede gli studenti, nell’ultimo periodo, protagonisti attivi di questo cambiamento.

Il percorso di formazione di uno studente di medicina potrà dunque proseguire in una qualsiasi delle scuole di specializzazione presenti sul territorio nazionale in base alla sua posizione in graduatoria.

La riforma su scala nazionale dell’accesso alle scuole di specializzazione si configura quindi come un cambiamento finalizzato a fornire a tutti i neolaureati la medesima possibilità di specializzarsi nella sede ritenuta più idonea per il proprio percorso professionale.

Questa modifica si colloca tuttavia in un panorama formativo in cui perdurano ancora molte carenze che necessitano di un intervento tempestivo ed improcrastinabile al fine di garantire un’equiparazione effettiva delle possibilità di accesso dello studente.

Nello specifico:

– non è presente un piano di studi standardizzato e uniforme all’interno dei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia;

– esiste una grande variabilità tra la media dei voti di laurea e degli esami di profitto tra le varie Scuole e Facoltà di Medicina imputabile al mancato impiego di strumenti formativi e valutativi obiettivi e standardizzati;

– l’iter per l’accesso al concorso ha subito ritardi e malfunzionamenti, e non sono stati diffusi in tempi opportuni gli adeguati riferimenti bibliografici da considerare. Questa situazione si è innestata su una generale mancata trasparenza nel processo decisionale e su un modesto accoglimento delle proposte e delle richieste delle parti direttamente interessate;

– la modalità di concorso per l’accesso alle scuole di specializzazione introdotta per la prima volta quest’anno si è configurata come uno strumento di valutazione nozionistico che non prende adeguatamente in considerazione la valutazione di competenze pratiche, comportamentali e di ricerca scientifica;

– si è generata una preoccupante discrepanza tra il numero dei laureati ed il numero di borse di studio per la formazione post-laurea.

Devono dunque essere considerate come prioritarie le seguenti riforme del percorso formativo dello studente di medicina:

1) Programmazione

Devono essere stabiliti i presupposti per una pianificazione sistematica a lungo termine che garantisca una corrispondenza tra numero di laureati e numero di posti in formazione specialistica.

Ciò sarà possibile qualora il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed il Ministero della Sanità agiscano di concerto per organizzare un percorso formativo che tenga conto delle effettive necessità del Sistema Sanitario Nazionale e che consenta una prosecuzione di carriera lineare e pertinente con il percorso di specializzazione scelto.

In relazione al fabbisogno di medici del Sistema Sanitario Nazionale, calcolato prospetticamente di anno in anno mediante idonei strumenti valutativi, dovranno essere assicurate proporzionalmente borse di studio per le scuole di specializzazione e posti di accesso ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia.

2) Qualità, uniformità e professionalism

Deve essere implementato e diffuso un core curriculum di studi uniforme e condiviso dai Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia presenti sul territorio nazionale che individui:

a. Conoscenze teoriche, pratiche e comportamentali che devono essere acquisite dallo studente di medicina, declinate secondo il paradigma del sapere, saper fare, saper essere

b. Nuovi, fondamentali e non più trascurabili temi per il medico di domani.

Tra questi:

– Etica e deontologia professionale;

– Il conflitto di interessi in ambito medico;

– Determinanti di salute e salute globale;

c. Strumenti valutativi obiettivi e strutturati in maniera sistematica ed omogenea a livello nazionale;

d. Strutture e ambiti formativi idonei allo sviluppo e al rafforzamento delle competenze acquisite durante il corso di laurea, dalle capacità cliniche e di ricerca a quelle comunicative, di problem solving e di teamworking.

Tale core curriculum dovrà essere costantemente aggiornato adattandosi alle necessità formative.

3) Abilitazione

Deve essere pianificato il percorso formativo dello studente attraverso l’acquisizione di competenze teoriche e pratiche che, nei tempi consoni alla durata degli studi, permettano di ottenere tutti i requisiti necessari all’esercizio della pratica medica.

Questo al fine di definire le modalità con cui sviluppare una laurea abilitante all’esercizio della professione medica.

Il SISM, mediante l’azione del Consiglio Nazionale, si impegna dunque a promuovere il raggiungimento degli obiettivi sopra riportati attraverso un confronto attivo con le Sedi Locali e un dialogo con le istituzioni competenti.


SISM – Segretariato Italiano Studenti in Medicina
Ufficio Nazionale: Padiglione Nuove Patologie, Policlinico Sant’Orsola,

via Massarenti 9, 40138 Bologna – tel/fax: +39 051 399507 – e-mail: nationaloffice@sism.org – web: www.sism.org
Codice Fiscale 92009880375

Notizie dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgian.65, 2015, pp.2959-2968

I giorni 7 e 8 novembre 2014 si è tenuta la 116esima riunione della CPPCCLMMC ospitata dal Consiglio di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia della sede di Sassari, nella città di Alghero.

All’apertura dei lavori hanno portato il saluto il Magnifico Rettore dell’Università di Sassari, Massimo Carpinelli e il Presidente del Consiglio regionale della Sardegna, on. Gianfranco Ganau.

Relativamente alle comunicazioni, il Presidente Lenzi ha quindi introdotto i lavori soffermandosi sulle problematiche più scottanti che si sono manifestate nel tempo trascorso dall’ultima riunione della Conferenza. Nello specifico è stato sollevata la criticità dell’accesso a Medicina che ha visto quest’anno l’immissione, al momento, di circa cinquemila aspiranti (pari al 40-50 per cento in più di quanto programmato) tramite il ricorso amministrativo. Il Presidente ha ricordato come da tempo la Conferenza abbia messi in guardia gli organi competenti circa le possibili criticità del test di accesso così come effettuato e ha proposto la stesura di una mozione nella quale fosse dichiariato lo stato di agitazione permanente fino all’autosospensione/dimissione dei Presidenti di Corso di Laurea in caso di manifesta mancata volontà di affrontare la problematica in modo congruo e partecipato. La mozione, stilata seduta stante e approvata all’unanimità, è riportata sul sito della Conferenza. La seconda rilevante problematica sulla quale il Presidente ha riferito è stata quella relativa al riordino delle scuole di specializzazione di area medica circa la quale ha informato i Presidenti sullo stato dell’arte e la tempistica dei lavori in essere. Infine il Presidente ha formulato sinceri auguri per un buon lavoro al nuovo Magnifico Rettore della Sapienza Università di Roma, già membro autorevole di questa Conferenza, Eugenio Gaudio. La Conferenza si è associata con un lungo applauso.

Nel dare la parola a Fabrizio Consorti, il Presidente ha annunciato alcune piccole modifiche degli interventi previsti nei due giorni per motivi sia logistici, sia di disponibilità degli oratori.

Il Presidente della SIPEM Consorti ha quindi riferito sul Congresso AMEE del settembre u.s. a Milano rilevando come l’Italia abbia partecipato con circa venti contributi, un workshop e il simposio sul progress-test. Uno dei contributi in forma di Poster è stato oggetto di un premio come miglior Poster elettronico ed è stato vinto dalla Prof.ssa Maria Grazia Strepparava che da tempo partecipa e collabora ai lavori della Conferenza. Concludendo, il Presidente della SIPEM ha condiviso la necessità espressa nella lettura di apertura del Congresso, di porre particolare attenzione per lo sviluppo dell’azione pedagogica sui concetti di missione, qualità della cultura e dell’incentivazione dell’impegno didattico.

È stato quindi a questo punto anticipato l’intervento di Stefania Basili circa l’organizzazione del prossimo progress test per il quale è stato illustrato lo stato del’arte e in particolare è stato ricordato come fosse iniziato l’invio del materiale necessario ai referenti di sede. È stato infine riportato il saluto di Alfred Tenore a cui la Conferenza tutta ha rinnovato il ringraziamento per il costante impegno nell’organizzazione del progress test.

Dopo la pausa pranzo e il trasferimento presso la sede prevista per i lavori del pomeriggio, si è tenuto l’atelier dal titolo “Verso una laurea professionalizzante: certificazione delle competenze professionali”.

Il dettaglio dei lavori è riportato nelle pagine 2931-2941 di questo numero.

A questo punto è stato anticipato l’intervento dell’Assessore alla Sanità della Regione Sardegna, Luigi Arru su “L’errore in medicina” che è stato estremamente stimolante per il dibattito che si è sviluppato anche in relazione ai lavori dell’atelier appena concluso, essendo evidente come la prevenzione e la riduzione della probabilità dell’errore medico risieda principalmente proprio nello sviluppo delle competenze professionali necessarie a “saper usare” gli strumenti culturali e le abilità manuali acquisite nei diversi contesti e, in particolare, come la competenza del saper lavorare in équipe diventi indispensabile per l’applicazione di metodologie di controllo e vigilanza reciproche, anche standardizzate.

La giornata si è conclusa con il consueto evento conviviale della cena sociale al livello, anch’essa, dell’alta qualità dell’organizzazione espressa dalla sede ospite.

Il giorno successivo si è aperto con il dibattito coordinato dal Presidente Andrea Lenzi e da Giuseppe Familiari sull’accesso ai CLM in Medicina e Chirurgia che, arricchito dalle presentazioni sui dati delle simulazioni, coordinate da Giuseppe Familiari e pubblicate su questa rivista, è risultato quanto mai attuale e pertinente in relazione a quanto già discusso e oggetto di mozione approvata nel primo giorno dei lavori.

Carlo Della Rocca ha quindi relazionato sullo stato dell’arte del I esercizio del II ciclo del progetto Site Visit che si sta ormai avviando a conclusione.

Riccardo Zucchi ha relazionato sulla “Attuazione della Direttiva Europea 2013/55/UE” proponendo soluzioni che sono state condivise e che, sviluppate a livello della Presidenza, saranno poi inviate come memo per gli atti necessari ad ogni sede.

Dopo la relazione dell’Editor della rivista della Conferenza Medicina e Chirurgia, Giovanni Danieli, che coglie l’occasione per ringraziare tutti per la collaborazione, il Presidente informa che dopo la riunione di inizio d’anno, prevista a Roma per Febbraio 2015, la sede di Ferrara si è offerta per ospitare la II riunione del 2015.

In conclusione il Presidente ringrazia ancora la sede ospitante, nella persona di Antonello Ganau, per la squisita ospitalità e la Conferenza tutta si associa.

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Carlo Della Rocca

per il Segretario Amos Casti

 

Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio dei CLM in Medicina e Chirurgia Consiglio Direttivo

Presidente: Prof. Andrea Lenzi
Presidente Onorario: Prof. Luigi Frati
Past-Presidente: Prof. Giovanni Danieli
Vice-Presidente Vicario: Prof. Stefania Basili
Vice-Presidente: Prof. Rosa Valanzano
Segretario: Prof. Amos Casti

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“Medicina e Chirurgia” online. Dopo tre anni un primo bilancion.65, 2015, pp.2959-2968

Nel febbraio 2012 è stata lanciata la versione online della rivista “Medicina e Chirurgia – Quaderni delle Conferenze Permanenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia”, con un sito ad essa dedicato (www.quaderni-conferenze-medicina.it). Dopo tre anni, è possibile tracciare un primo bilancio che, numeri alla mano, non può che essere positivo e confermare la giustezza della scelta effettuata.

In tre anni, sul sito sono stati pubblicati 11 numeri della rivista (attualmente, dal 54 al 64), per un totale di 145 articoli redatti da oltre 180 autori. Oltre a questi 11 numeri online, completamente navigabili al loro interno attraverso un indice interattivo, è stato creato e messo online un archivio liberamente consultabile in formato pdf di tutti i numeri della rivista, dalla sua creazione nel 1989 ad oggi.

Attraverso gli strumenti forniti da Google Analytics è possibile inoltre visualizzare una serie di informazioni relative al traffico del sito: nel 2014 il sito della rivista ha avuto oltre 11mila sessioni di visita, e quasi il doppio delle visualizzazioni (20345, per la precisione). Con sessione si indica l’accesso al sito e la navigazione attraverso di esso, mentre con il numero di visualizzazioni è indicato il numero effettivo di pagine visitate: questo ci dimostra come vi sia da parte degli utenti (oltre 9700 IP unici di visita) un interesse a navigare attraverso il sito, spostandosi da articolo ad articolo. Un altro dato interessante è stata la continua diffusione del sito: oltre a circa un 15% di visitatori abituali (“returning visitors”, ossia utenti che si sono collegati più di una volta nel corso dell’anno) vi sono inoltre circa l’85% di nuovi visitatori della rivista. Infine, un dato relativo alle provenienze dei visitatori del sito della rivista: se, come è prevedibile, la grande maggioranza proviene da indirizzi IP italiani, l’introduzione degli abstract in inglese ha aperto per la rivista una piccola ma significativa finestra su una dimensione internazionale: vi sono connessioni dal Brasile, dalla Germania, dalla Svizzera, dagli Stati Uniti, dal Regno Unito, dalla Francia e dalla Spagna.

Numeri incoraggianti per continuare a lavorare in questa direzione.
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Notizie dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarien.65, 2015, pp.2959-2968

Continuano i lavori della Conferenza permanente. Dopo aver informato trasversalmente le Istituzioni nonché le altre Commissioni Nazionali e i Magnifici Rettori al fine di offrire una diffusa informazione del nuovo assetto della Conferenza, si sono completate alcune Commissioni Nazionali (Commissione Nazionale cdS in Tecniche Ortopediche: Presidente Professor Mora e Vice-Presidente Dottoressa Guida; Commissione Nazionale CDS Podologia: Presidente prof. Cavallini e Vicepresidente dott. Arcangelo). Nella sua prima seduta che si è tenuta a Bologna lo scorso 16 dicembre, la Giunta ha affrontato, tra le altre, le seguenti problematiche che meritano una diffusa informazione:

Requisiti Minimi quantitativi – docenti di riferimento per CDS

L’accreditamento dei Corsi di studio (CDS) così come prevista dal DM MIUR 30 gennaio 2013, n. 47, indica un “accreditamento iniziale” che corrisponde ad una autorizzazione fondata su parametri quantitativi ed un successivo “accreditamento periodico” che corrisponde alla conferma dell’autorizzazione ottenuta sulla base anche della verifica del mantenimento dei parametri quantitativi. In particolare l’allegato A del DM MIUR 30 gennaio 2013, n. 47 indica, tra gli altri, nel numero di ‘docenti di riferimento’ i requisiti minimi irrinunciabili che un CDS deve avere per poter essere attivato e nel tempo autorizzato. Nel DM MIUR 23 Dicembre 2013, n. 1059 di adeguamento ed integrazione al DM 30 Gennaio 2013 n. 47 soprarichiamato, all’allegato A lettera B, sono definiti il numero minimo di docenti di riferimento ai fini dell’accreditamento iniziale di un CDS. In accordo a tale allegato, nel caso in cui la numerosità di immatricolati a ciascun CDS superi la numerosità massima teorica prevista, il numero di docenti di riferimento/anno deve essere incrementato in misura proporzionale al superamento di tali soglie in base ad una formula.

I dispositivi normativi soprarichiamati prevedono una quantità incrementale di requisiti di docenza all’aumentare degli studenti qualora la numerosità massima sia superata, ma non prevedono una riduzione incrementale del numero di docenti qualora sia rispettata la numerosità di riferimento o raggiunta la numerosità minima. L’impatto dell’applicazione di tali requisiti pur graduale, nella situazione in cui gli Atenei si trovano attualmente ad operare per il perdurare dei vincoli al turnover rischia di determinare una progressiva chiusura dei CDS a numerosità limitata per impossibilità degli stessi Atenei ad assicurare i docenti richiesti. La Giunta, dopo articolata ed approfondita discussione, ha approvato all’unanimità di rivedere complessivamente i requisiti di docenza previsti attualmente:

– introducendo per i CDS di laurea a bassa numerosità una riduzione del numero minimo di docenti di riferimento fino a tre docenti per i corsi che prevedono da 10 fino a 25 studenti/anno;

– prevedendo tra i requisiti minimi una valutazione anche dell’offerta quali-quantitativa di servizi sanitari presso le strutture che appartengono alla rete formativa di riferimento del CDS, rivedendo i requisiti di attività vigenti che, nell’evoluzione dei Sistemi Sanitari Regionali, non appaiono più congruenti;

– introducendo nei requisiti minimi di docenti di riferimento, la norma che entro tre anni almeno un docente universitario appartenga ai settori compresi fra ex MED/45 e ex MED/50 e al profilo professionale specifico del CDS.

Specificità della Scheda SUA  per le lauree sanitarie

I quadri A1, C3, e B5 della SUA non riportano alcune specificità importanti del CDS dell’area sanitaria. Pertanto, è stata elaborata e discussa una proposta che prevede le seguenti raccomandazioni in sede di compilazione della SUA:

– Quadro A1 – Consultazione con le organizzazioni rappresentative – a livello nazionale e internazionale – della produzione di beni e servizi, delle professioni: Sono consultate con almeno cadenza triennale le organizzazioni rappresentative del mondo delle professioni (Collegi/Ordini/Associazioni) e dei servizi (Dirigenti delle professioni Sanitarie) per dibattere l’appropriatezza del curriculum rispetto alla professionalità attesa e le scelte da intraprendere rispetto alle istanze emergenti.

– Quadro C3 – Opinioni enti e imprese con accordi di stage/tirocinio curriculare o extra – curriculare scadenza 30/09/2014: Annualmente i CdS raccolgono dati nelle modalità che ritengono più efficaci (questionari, conferenze annuali, audit su incidenti critici) dalle aziende sanitarie/ospedaliere e da altre strutture (case di riposo) appartenenti alla rete formativa (in convenzione o di cui al protocollo di intesa), rispetto ai punti di forza e di miglioramento. A tale processo di valutazione sono coinvolti stakeholder aziendali, referenti organizzativi per gli stage, tutor clinici nelle forme che ciascun CDS definirà con le proprie aziende partner e all’interno dei protocolli di intesa definiti con la regione e le aziende. Sulla base delle indicazioni raccolte, i CDS includono le azioni di miglioramento nei propri documenti di riesame e monitorizzano l’evoluzione, comunicando l’anno successivo l’esito delle azioni perseguite.

– Quadro B5  – Assistenza per tirocini e stage scadenza 05/05/2014: Sono descritti in forma dettagliata: la struttura (sistemi di responsabilità) ed i meccanismi operativi (programmazione, gestione e valutazione) del tirocinio, nonché gli standard attesi, con riferimento alla Consensus Conference di Tirocinio approvata dalla Conferenza Nazionale Permanente delle Lauree triennali. Sono considerati nel documento di riesame gli standard non ancora soddisfatti rispetto alle raccomandazioni nazionali di cui alla Consensus Conference, su cui azioni di miglioramento specifiche devono essere attivate.

Piano triennale

Nel prossimo triennio, saranno prioritari i seguenti aree/obiettivi:

– Modelli di definizione dei fabbisogni di profili di area sanitaria: è necessario, partecipando ai tavoli di lavoro in atto o implementandone di nuovi, addivenire a sistemi più puntuali e prospettici di definizione dei fabbisogni al fine di stabilizzare l’offerta di professionisti dell’area sanitaria e renderla utile per il paese.

– Monitoraggio dell’andamento dei CdS dell’area sanitaria in considerazione dei requisiti quantitativi: è necessario attivare uno stretto monitoraggio dei corsi  attivati e sospesi e/o chiusi per effetto dei requisiti minimi e delle ricadute sui fabbisogni e sul paese.

– Modelli organizzativi dei CDS: deve essere elaborata una analisi dei vantaggi e degli svantaggi dei CDS interateneo, a ciclo continuo o intermittente (attivazione ad anni alterni); riflettendo criticamente anche sulla fattibilità per i CdS degli Atenei che scelgono una mission particolare rispetto ai CDS dell’area sanitaria al fine di addivenire a indicazioni sui modelli organizzativi dei CDS di laurea sanitaria.

– Elaborazione di linee di indirizzo per la definizione dei Protocolli di intesa regione/università alla luce delle esperienze in atto in alcune regioni e dell’esigenza, in altre, di sviluppare il proprio protocollo.

– Scheda delle attività: ai sensi del decreto ministeriale (DI Università-Sanità del 24 settembre 1997), erano stati definiti i dati di attività e di struttura necessari per ciascun corso di laurea sia in fase di attivazione sia di mantenimento. Tali standard di attività e di struttura devono essere ri-aggiornati affinché possano riflettere in modo più puntuale l’evoluzione de SSN e del campo di attività delle professioni.

– Lauree magistrali e clinica: dovrà essere definita ed approvata una proposta operativa sulle lauree magistrali al fine di rispondere meglio all’esigenza del paese di preparazione dei nuovi professionisti.

– Attivare un osservatorio in uscita: sarebbe necessario attivare un sistema di monitoraggio dei professionisti dell’area sanitaria in uscita verso altri paesi al fine di monitorare il fenomeno della migrazione prevalentemente legato al blocco delle assunzioni.

– Disabilità: è necessario riaprire il dibattito sugli studenti che desiderano intraprendere una professione sanitaria e che sono diversamente abili.

Notizie dal CUNn.65, 2015, pp.2959-2968

In questi ultimi mesi l’Area Medica è stata un settore centrale nei lavori del CUN. Nel mese di dicembre è stato espresso un parere sul Riassetto delle Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria  (17/12/2014) nel quale il CUN, preso atto della proposta resa dal Gruppo di lavoro ad hoc costituito dal Dipartimento per l’Università, l’Alta Formazione Artistica e Musicale e Coreutica e per la Ricerca in merito al riassetto delle Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria, così come previsto dall’art. 21 del DL 12.9.2013 e dall’art. 15 del DL 24.6.2014, n. 90,  ha suggerito alcune limitate proposte di modifica ed in particolare ha posto l’accento sulla necessità che le Scuole di Specializzazione siano considerate a pieno titolo come terzo livello della formazione Universitaria, sottolineando in particolare per l’area sanitaria l’equivalenza del titolo di Specialista con quello di Dottore di Ricerca. Negli ultimi due mesi, la commissione ad hoc, presieduta dal Presidente del CUN, Prof. Andrea Lenzi, ha consultato i rappresentanti delle Discipline interessate compiendo un lavoro di revisione ampio e condiviso che ha portato dopo sei anni accademici dall’attivazione delle Scuole di Specializzazione a normativa europea, (DM 1agosto 2005) al riassetto normativo delle nostre scuole rendendole  adeguate alle più recenti innovazioni assistenziali, organizzative e tecnologiche, ma anche e soprattutto venendo incontro alle richieste degli specializzandi, del ministero della Salute, del Ssn e delle Regioni. Si è scelto di ridurre la lunghezza in anni del percorso, partendo da un principio di risparmio di risorse, ma nello stesso tempo aggiornando e migliorando gli obiettivi formativi. Le attività professionalizzanti costituiranno il 70% di tutto il corso, con un contestuale aumento del peso in ore delle stesse (30 ore per ogni credito formativo, contro le 25 del passato), consentendo una maggiore assunzione di responsabilità per lo specializzando, che vedrà certificate dalla scuole sul “libretto diario” tutte le attività svolte e le competenze acquisite. Sono state poste le  condizioni perché la rete formativa coinvolga a pieno titolo, nel percorso formativo dello specializzando, assieme ed in accordo con le sedi universitarie, le strutture ospedaliere e del territorio. Quindi la sede universitaria sarà l’hub che rilascia il titolo e coordina l’attività didattica, ma le strutture del SSN, identificate dalle Regioni, verranno selezionate e incluse dal Consiglio della Scuola, in base a criteri di specificità e qualità dell’assistenza prodotta e delle necessità formative degli specializzandi. I dirigenti responsabili di queste strutture del SSN saranno docenti a contratto della Scuola ed entreranno a far parte del Consiglio della Scuola, creando così un circolo virtuoso di collaborazione università-ospedale-territorio. I criteri di docenza previsti nel DM e i requisiti e standard di qualità, garantiti dall’Osservatorio nazionale, con meccanismi di accreditamento rigorosi ad hoc, saranno utilizzati per identificare non solo la sede principale ed amministrativa della Scuola, ma anche le sedi universitarie aggregate e le suddette strutture del SSN incluse nella rete formativa della scuola. Queste le principali direttive che hanno portato alla abbreviazione di durata per 30 tipologie di scuole di specializzazione; alla soppressione e accorpamento di altre con una riduzione da 57 a 50 tipologie e quindi a un risparmio previsto di circa 3.000 annualità per potenziali 7-800 contratti in più, con una parallela revisione e adeguamento di tutti gli ordinamenti didattici.

Il 17 dicembre 2014  si è tenuto a Roma presso  il Senato della Repubblica un convegno promosso dal CUN sul tema: “Per fare dell’Università una risorsa che genera risorse” in cui sono intervenuti molti autorevoli relatori tra cui il Presidente del Senato (Sen. Pietro Grasso) Si è trattato di un importante momento di incontro e dialogo tra gli attori del sistema universitario e i rappresentanti di alcuni significativi contesti istituzionali, economici, sociali e culturali, al fine di valutare quali siano le condizioni che consentono all’Università e alla Ricerca di farsi interlocutrici delle esigenze del Paese per comprendere quale Università voglia l’Italia.

La CRUI e il CUN hanno condiviso, e unanimemente approvato, alcune prime proposte di semplificazione normativa dirette a considerare le peculiarità delle funzioni assegnate alle Università rispetto alle pubbliche amministrazioni non competitive, per sottoporle all’attenzione delle sedi parlamentari in occasione della sessione di bilancio, ufficialmente aperta presso il Senato.

L’iniziativa si colloca nel contesto dell’attenzione che entrambi gli organi da tempo dedicano alle semplificazioni normative e amministrative, quali misure indispensabili allo sviluppo, alla piena valorizzazione e alla competitività, anche internazionale, del nostro sistema universitario.

Le proposte del CUN per la semplificazione delle procedure e degli adempimenti burocratici che più ostacolano il funzionamento del Sistema Universitario e della Ricerca sono sul sito www.cun.it (Semplifica Università)

È stato pubblicato sul sito del MIUR il Decreto Ministeriale 29 dicembre 2014 n. 976 relativo al “Fondo per il sostegno dei giovani e favorire la mobilità degli studenti, ai sensi dell’art. 1 del D.L.-decreto-legge 9 maggio 2003, n. 105, convertito dalla legge 11 luglio 2003 n. 170”:

http://attiministeriali.miur.it/anno-2014/dicembre/dm-29122014.aspx

Sulla “Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana” del 29.12.2014 è stata pubblicata la Legge di Stabilità 2015. Sono di specifico interesse per l’Università, fra gli altri, i cc. 172, 346, 349, 425.

Sulla “Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana” del 31.12.2014 è stato pubblicato il Decreto-Legge 192/2014 cd. “Milleproroghe” che contiene novità di interesse per il sistema universitario.

È stato pubblicato sul sito del MIUR il decreto ministeriale 4 novembre 2014 n. 815 di “Ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università per l’anno 2014: http://attiministeriali.miur.it/anno-2014/novembre/dm-04112014.aspx.

Sono stati formulati diversi pareri e mozioni  tra cui:

Dichiarazione Dottorato e Valutazione (22/10/2014)

Dopo attenta disamina del documento sulla “valutazione dei corsi di dottorato” approvato dal Consiglio Direttivo dell’ANVUR, che illustra i criteri e gli indicatori per la valutazione dei corsi di dottorato e aperto al confronto con la comunità scientifica, il CUN  ne segnala le criticità dell’impianto generale e espone nell’allegato osservazioni puntuali su ciascuno degli indicatori proposti

Raccomandazione in merito alla composizione delle Commissioni preposte alle procedure pubbliche di selezione pr l’acquisizione della posizione di Ricercatore a tempo determinato (19/11/2014)

Si raccomanda che gli Atenei, nel costituire le commissioni giudicatrici preposte alle procedure pubbliche di selezione per la posizione di RTD, assicurino, la presenza di commissari afferenti al settore scientifico-disciplinare o al settore concorsuale per il quale è stata avviata la procedura.

Mozione sulla Durata massima complessiva dei rapporti instaurati con i titolari di assegni di ricerca (19/12/2014) in cui il CUN chiede che sia introdotta una deroga, temporaneamente definita, al limite di durata massima complessiva degli assegni di ricerca di cui ciascun titolare può usufruire definita dall’art. 22, c. 3, della legge 30 dicembre 2010 n. 240.

Dichiarazione in merito al Decreto ministeriale 9 dicembre 2014, n. 893, costo standard unitario di formazione per studente in corso  (14/01/2015) www.cun.it

Infine il 29 gennaio si sono svolte le elezioni per il rinnovo parziale del CUN delle aree 03, 05,07,09,10,12,13,14.

Luigi Migone, un Maestro da ricordaren.65, 2015, pp.2955-2958

Con emozione e con gratitudine voglio fare memoria, a grandi linee, dei principali avvenimenti della vita accademica e culturale con i tratti essenziali dell’attività e dell’insegnamento di Luigi Migone, iniziando dalla Sua venuta dall’Università di Sassari all’Università di Parma al seguito del maestro Prof. Michele Bufano, fino al 1983, anno della Sua uscita dai ruoli accademici, soffermandomi in particolare sull’attività svolta nell’Ospedale Maggiore di Parma.

Schermata 2015-04-27 alle 15.05.50A Parma, negli anni 50, in seguito alla chiamata del Prof Domenico Campanacci all’Università di Bologna, il Prof. Carlo Bianchi divenne titolare della Cattedra di Patologia Speciale Medica e successivamente, dopo il trasferimento del suo maestro Prof. Bufano alla Università “La Sapienza” di Roma, di quella di Clinica Medica, liberando la Cattedra di Patologia Speciale Medica, che la Facoltà nel 1958 chiamò a ricoprire il Prof. Luigi Migone, Aiuto del Prof Bufano. In seguito la Facoltà chiamò a ricoprire la Cattedra di Semeiotica Medica il Prof. Ugo Butturini, Aiuto del Prof. Domenico Campanacci, a Bologna.

In quegli anni il Prof. Migone portò avanti, attraverso una ribadita alleanza con i fisiologi, ricerche fondamentali sulla funzione renale, sul bilancio elettrolitico intra- ed extracellulare, sull’applicazione dei diuretici (acetazolamide e tiazidici),  sulle modificazioni metaboliche ed ormonali associate, ed in patologia nel vasto campo delle glomerulonefriti, studiate anche mediante agobiopsia (studio morfologico ed immunologico), oggetto di una relazione alla Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) e di una monografia.

E’ risultata questa la base scientifica e clinica su cui il Prof. Migone operò nella Clinica Medica del Suo Maestro, Michele Bufano ed assieme al Prof. Monasterio, Clinico Medico a Pisa, fondò nel 1957 la Società Italiana di Nefrologia (SIN), di cui è stato segretario fino al 1966; nel 1984 fu eletto membro onorario della EDTA-ERA e nel 1997 fu nominato Presidente Onorario della SIN (primo ed unico a tutt’oggi).

Nel 1960 a Ginevra è stato uno dei fondatori della International Society of Nephrology.

A Parma Egli formò la Sua Scuola che si estese nelle sedi ospedaliero-universitarie in varie Regioni, dove venne portata l’impostazione del Suo operare come Medico e Scienziato ed attuò tale concetto attraverso la formazione di numerosi Clinici: Ambrosoli, Azzolini, Baronio, Borghetti, Cambi, Canaletti, Carrara, Cocconi, Dall’Aglio, Ferioli, Fiaccadori. Franchini, La Greca, Maiorca, Mantovani, Minardi, Minari, Missale, Novarini, Pecchini, Pisano, Prati, Savazzi, Savi, Scarpioni, così da costituire una Scuola proiettata verso il futuro.

Le strutture ospedaliere-universitarie, che lo accolsero, non erano proprio le migliori, che si potessero desiderare: l’assetto edilizio era stantio con le corsie  piene (24 uomini, 24 donne) oltre alcune stanze pensionanti, ma in disordine; i laboratori erano ampi e mal strutturati, gli ambulatori mal posizionati e trascurati, anche se attivi.

Il prof. Migone si impegnò per una ristrutturazione edilizia con l’acquisizione di una nuova ala nel retro del vecchio Istituto e successivamente con il trasferimento in un nuovo padiglione di tre piani con reparti di degenza in stanze da 1-2-4 letti, con auletta, con laboratori di ricerca ben attrezzati anche con la stanza refrigerata, con il laboratorio di micropuntura e di immunopatologia renale, con quello di coagulazione e di fisiopatologia cardiopolmonare, costituendo pregevoli novità per la Facoltà e per l’Ospedale Maggiore: l’Istituto di Patologia Medica poi trasformato (1971) in Istituto di Clinica Medica II e dopo in Clinica Medica e Nefrologia, successivamente è diventato Dipartimento di Clinica Medica, Nefrologia e Scienze della Prevenzione, dal 2013 è Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale.

Proprio il Suo impegno operativo e culturale nella Facoltà di Parma lo portò a rifiutare il trasferimento all’Università Cattolica di Roma (Policlinico Gemelli), all’Università di Genova, in sostituzione del Prof. Antognetti, pur essendo genovese di nascita ed infine all’Università “La Sapienza” di Roma per succedere al Suo Maestro, Prof. Bufano.

Nella Medicina italiana emergeva la necessità di innovare la modalità di insegnamento e della ricerca rivedendo anche gli orientamenti culturali affinandone i contenuti attraverso le specializzazioni. Il Prof. Migone, condividendo queste esigenze, incoraggiò i suoi collaboratori a dedicarsi all’approfondimento di settori specialistici soprattutto nel campo della Nefrologia per cui attuò una stretta collaborazione triangolare tra Lione (Prof. Traeger) Berna (Prof. Reubi) e Parma con periodici e regolari incontri di studio nelle tre sedi e con scambi di ricercatori: a Lione il Prof. Ferioli iniziò e portò a Parma l’applicazione del rene artificiale con le placche di Kiil, nel 1971 nacque a Parma la “dialisi breve” di quattro ore settimanali ad opera di Cambi; del Metabolismo Minerale (con lo studio dei bilanci idroelettrolitici e determinazione di anioni e cationi anche intracellullari, mediante agobiopsia muscolare, in diverse patologie mediche e chirurgiche); della Medicina Preventiva e del Lavoro, iniziata dal Prof. Borghetti nel 1968 in collaborazione con il Presidente della Regione Emilia-Romagna e continuata nel 1974 dal Prof. Franchini; delle Malattie Cardiovascolari (con l’utilizzo della fonocardiografia e della poligrafia per la diagnostica delle valvulopatie, con la prova da sforzo per la determinazione del lavoro aerobico massimo e del quoziente respiratorio, con lo studio degli effetti dovuti alla centralizzazione di volume mediante immersione in acqua);   della Emostasi; della Gastroenterologia; della Genetica Medica (le specifiche competenze furono acquisite dal Prof. Savi frequentando nel 1968-69 l’Istituto di Genetica Medica dell’Università di Torino, diretta dal Prof. Ceppellini) e dell’Immuno-Allergologia (con contributi originali nella diagnosi e cura delle patologie autoimmuni: sclerosi multipla, Sjogren ed in particolare del LES, e nella prevenzione, eziopatogenesi e diagnosi delle patologie respiratorie da allergeni) e del trapianto renale, stabilendo attraverso il Prof. Dall’Aglio, rapporti con la cliniche milanesi prima del Prof. Melli e poi del Prof. Zanussi, peraltro sempre tenendo ben ferme le basi internistiche.

Migone, alla scuola di Bufano si era formato nell’ambito della Medicina Olistica “costituzionalistica”, però non ebbe remore, ma anzi stimolò ad aprirsi alle  nuove discipline che ne avrebbero potuto parcellizzare il “corpus”, ma che nel suo insegnamento si riunirono stabilmente e coerentemente nella Medicina Interna. Questa impostazione, voluta dal Prof. Migone si tradusse progressivamente in insegnamenti ufficiali e diversi allievi raggiunsero le rispettive cattedre di Medicina Interna (Borghetti, Novarini e Dall’Aglio), Nefrologia (Andreucci, Cambi e Buzio), Genetica Medica (Savi), Medicina del Lavoro (Franchini, Mutti): istituì presso l’Università di Parma le Scuole di Specializzazione in Nefrologia e di Allergologia ed Immunologia Clinica.

Dopo il pensionamento di Migone nella direzione della II Clinica Medica, poi Clinica Medica e Nefrologia, successivamente Dipartimento di Clinica Medica, Nefrologia e Scienze della Prevenzione ed infine Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale si sono succeduti, fino ad oggi, Borghetti, Cambi, Franchini, Borghi, Mutti.

Ma, come era prevedibile, la capacità espansiva della scuola ha permesso ad alcuni suoi membri di entrare a far parte di altre Facoltà italiane: Andreucci a Napoli (Federico II), Dal Canton a Pavia e Maiorca a Brescia.

A completamento di questa elencazione, un po’ troppo schematica, è necessario riferire che un altro manipolo di allievi, collegati con il nucleo centrale della Scuola, ha assunto responsabilità primariali: Scarpioni (M.I a Piacenza), Carrara (M.I a Castel San Giovanni-PC), Ambrosoli (M.I a Fidenza-PR), Prati (M.I a Colorno-PR), La Greca (Nefrologia a Vicenza), Pecchini (Nefrologia a Cremona), Fiaccadori F. (Infettivologia a Parma), Missale (Gastroenterologia a Parma), Cocconi (Oncologia a Parma), Rossi Egidio (Nefrologia USL- Parma), Canaletti (Oncologia a Piacenza); Baronio (Malattie Respiratorie a Misurina-Belluno), Rossi Ermanno (Medicina Interna a Reggio Emilia).

Non vanno poi dimenticati numerosi professori Associati e Ricercatori di valore distribuiti negli alti livelli delle Facoltà, degli Ospedali e dei Laboratori di Ricerca (Allegri, Arisi, Biggi, Bignardi, Bruschi, Cabassi, Cavatorta, Coruzzi, David, Fiaccadori E., Gardini, Garini, Guariglia, Musiari, Neri, Perinotto, Savazzi).

È stato membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione ed ha ricevuto la Medaglia d’oro per i meriti della scienza e della cultura. Ampio e vario è stato il suo impegno nella trattatistica di base e nella promozione di diversi convegni scientifici dove Egli ha presentato importanti relazioni nei congressi di Medicina Interna (nel 1968 “Insufficienza Renale Cronica”) ed in campi specialistici, soprattutto di Nefrologia, puntando sempre a privilegiare gli aspetti fisiopatologici così da far emergere, proprio in base alla Sua cultura olistica, i meccanismi di insorgenza ed evoluzione degli eventi morbosi.

Nel contesto degli indirizzi della Scuola, nel tempo, si sono formati gruppi di ricerca di primo piano che hanno acquisito apprezzamento e fama in Italia ed all’estero facendo onore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Parma: sono sorti, a varia distanza di tempo, diversi gruppi di studio e strutture collegate con il CNR, con il Ministero della Sanità, con Società Scientifiche Nazionali ed Internazionali. Va citata in particolare l’”Associazione Emma ed Ernesto Rulfo” per la Genetica Medica, da Lui voluta e presieduta fino alla Sua scomparsa e poi da Savi, la quale mette a disposizione da vari anni fondi importanti per sostenere la ricerca scientifica attraverso borse di studio e contributi di ricerca a studiosi di Università italiane su temi inerenti la Genetica Medica, i tumori, i trapianti, l’immuno-patologia renale, la nefrologia e la bio-etica: in particolare per progetti di ricerca svolti presso l’Università di Torino e Parma, supportando anche le attività del centro di Bio-etica Luigi Migone, fondato nel 2006 dai suoi Allievi per fare memoria del Maestro.

Sono inoltre da ricordare il Laboratorio di Micropuntura Renale su ratti selezionati, i cui reni presentano glomeruli superficiali, iniziato da una collaborazione con l’analogo Centro di Dallas-Texas (USA), diretto da D. W. Seldin e F.C. Rector, dove fece esperienza per due anni Andreucci,poi trasferitosi a Napoli.

Molti dei più giovani colleghi che operano nelle strutture tuttora efficienti, non hanno incontrato il Prof. Migone, ma hanno ricevuto l’influsso del Suo insegnamento e dei suoi orientamenti di ricerca fisiopatologica e nell’allontanarsi nel tempo dagli inizi della scuola  rimane sempre vivo ed attuale il suo contributo alla medicina di Parma ed in Italia.

Senza falsi pudori ed ipocrisie, forse perché suo allievo, mi sento di affermare che il Prof. Migone vada annoverato fra le eminenti personalità mediche che, anche per merito dei traguardi raggiunti e realizzati dagli allievi, hanno onorato in vari decenni la Medicina Interna Italiana.

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Per completare il quadro della personalità di Luigi Migone è emozionante ricordare le Sue doti umane accennando brevemente alla sua vivace intelligenza, alla prontezza con cui si rendeva conto delle situazioni più contorte, alla sua sensibilità che gli consentiva di percepire le espressioni comportamentali (linguistiche e logiche) degli interlocutori; aveva un’ampia preparazione umanistica ed esprimeva inoltre con coerenza la sua fede cristiana così da essere Presidente dal 1965 al 1993 dell’AMCI di Parma, fondata nel 1952,  alla quale con altri Suoi allievi, anch’io mi onoro di appartenere, (Presidente dal 1998 al 2001), insieme con Cocconi (Presidente dal 2001 al 2009).

Fra i molti ricordi che vengono in mente con emozione vi sono alcune sue lezioni tenute in aula, molto elaborate, a lungo preparate con la nostra collaborazione ed esposte con chiarezza e passione così da trascinare studenti, medici interni, specializzandi ed assistenti ad entusiastici applausi.

Ebbe un alto concetto dell’Università in cui si doveva esprimere al massino la fantasia creativa, la correttezza metodologica, l’approfondimento scientifico, il personale e creativo coinvolgimento nelle prospettive culturali più promettenti: trasmetteva la Sua aspirazione alla verità, alla responsabilità, all’impegno, al progresso della scienza e della conoscenza per aiutare gli ammalati.

Era certamente un grande clinico con le caratteristiche di saper distinguere, quasi a colpo d’occhio, i dati essenziali da quelli che esprimevano un rumore di fondo in un caso clinico complicato: la sua lezione era che un  buon medico non doveva fare diagnosi brillanti, ma diagnosi corrette.

Capendo questo la mia ammirazione fu altissima e in più occasioni gli chiesi come aveva fatto ad arrivare a certe conclusioni, ma Lui non dette mai spiegazioni: forse pensava che fosse questione di intuizione, non facile a teorizzare. Più di una volta, nella mia pratica di clinico di fronte a casi complessi mi sono chiesto: cosa avrebbe detto e fatto il Prof. Migone?

Mi sono più volte domandato  se con il Suo pensionamento e più ancora con la Sua scomparsa, in qualche modo la Scuola iniziata da Michele Bufano sia giunta al termine: è una riflessione difficile perché i tempi sono cambiati e la medicina non è più la stessa in quanto la personalità di alcuni protagonisti conta meno e la stessa idea di scuola medica si è molto indebolita. Per me è e resta un comportamento formativo-culturale, che mi ha ispirato quando sono diventato Professore Ordinario, dirigendo una struttura di degenza e di ricerca (Clinica e Semeiotica Medica), avendo così degli allievi, oltre che Preside della Facoltà dal 1990 al 2005. Ho molto amato la Patologia Cardiovascolare, in particolare l’ipertensione arteriosa, ma sempre inserita in tutta la Medicina Interna, soprattutto l’arte clinica, seguendo lo stimolo e l’incitamento anche del Prof. Borghetti, successore del Prof. Migone nel 1983.

Fortunatamente ho avuto bravissimi allievi: Loris Borghi (Ordinario di Medicina Interna e co-fondatore con me della Medicina Interna-Lungodegenza Critica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e dal novembre 2013 Magnifico Rettore della nostra Università), Alberto Montanari (Ordinario di Medicina Interna e mio successore nella direzione della Clinica e Semeiotica Medica); Paolo Coruzzi (Associato di Medicina Interna – responsabile della Unità Operativa di Prevenzione e Riabilitazione Cardiovascolare presso il Centro “Santa Maria ai Servi” della Fondazione Don Carlo Gnocchi di Parma e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie Cardiovascolari).

In conclusione, scusandomi per la pochezza dei mio dire e del mio ricordo, sicuramente incompleto nel fotografare la complessa Figura del Prof. Migone e della Sua Scuola, formulo l’augurio che il Suo insegnamento sia seguito e continuato dagli appartenenti alla Sua Scuola, tuttora presenti ed attivi nell’Università Italiana: è stato per noi Maestro ed Educatore con idee chiare, concrete, possibili essendo una guida con l’esempio, con la parola e con le opere. A testimoniare tutto questo, con affetto e gratitudine, i Suoi Allievi hanno posto una targa nel corridoio d’ingresso del Dipartimento (allora Clinica Medica e Nefrologia):

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Il Canone di medicina (al-Qanūn fī’l-ṭibb) di Avicennan.65, 2015, pp.2946-2954, DOI: 10.4487/medchir2015-65-5

Abstract

In his Canon, encyclopaedic treatise on medicine. Avicenna (Ibn Sīn, d. 1037) exhibits at the same time all the medical knowledge that existed in the world up to his time, his personal achievements and advancements, and the method he followed in the study of medicine. This work, translated for the first time into Latin at the end of the twelfth century, and adopted since the thirteenth century as a textbook in european universities, has over the centuries an immense fortune, due in part to the amplitude and to the rational character of his teaching, and also. in part, to the space granted to practice, both in medicine and pharmacology. The Canon is used in European medical schools as late as the half of 17th century; so, in the history, not only of medicine, it is perhaps the scientific text remained unsurpassed for the longest time.

Articolo

Accostarsi, nella storia della medicina, alla figura di Avicenna (Ibn Sīnā) significa da ogni punto di vista accostarsi alla figura di un genio; un genio –  non si può non aggiungere – precoce e autodidatta.  Pochi sono gli studiosi che come lui hanno influenzato la storia di una disciplina, e ancora meno quelli che, diventati leggenda già in vita, hanno visto la propria esistenza guidata, e condizionata, dalla fama.

La vita e l’opera

Schermata 2015-04-27 alle 15.04.21Come ci informa egli stesso in una sua autobiografia che copre i primi trenta anni della sua vita – i rimanenti anni sono documentati dal suo allievo, amico e segretario al-Ǧuzağānī – Avicenna nasce nel 980 presso Bukhara (odierno Uzbekistan). Figlio di un funzionario statale che si occupa attentamente della sua educazione, si accosta in primo luogo alla logica, e ancora quasi un bimbo, spiega questioni di logica al suo insegnante. All’età di 16 anni dichiara di avere ultimato – senza la guida di alcun maestro – lo studio della medicina che, scrive, è una scienza non difficile, e illustri medici già lavorano sotto la sua direzione. Guarito l’amīr  del Khorasan da una grave malattia, ottiene come ricompensa di frequentare la biblioteca dei principi samanidi: biblioteca in cui si immerge con  avidità allo scopo di perfezionare i suoi studi. A 18 anni può dire di aver conosciuto tutte le scienze coltivate ai suoi tempi; a 21 scrive il suo primo libro di filosofia.  Subito dopo, si può dire, ha inizio la sua vita travagliata e tumultuosa, divorata proprio da quella fama e da quel successo che il mondo gli accorda. A 22 anni, alla morte del padre, diviene per qualche tempo anche lui un impiegato statale; ma ben presto principi e dignitari richiedono i suoi consigli, non solo in medicina ma anche in politica, ed è più volte ministro e consigliere di uomini di potere. Spirito nato libero e allo stesso tempo indomabile, si attira inevitabilmente invidie e inimicizie: è arrestato, fugge, si sposta sotto falso nome da un luogo all’altro; si presenta talvolta in incognito al capezzale di un malato, riconosciuto solo al momento della soluzione del caso. Dotato di una memoria straordinaria, compone le sue opere ovunque si trovi, a corte e a cavallo, in viaggio e in prigione, citando a memoria gli autori che utilizza, e perseguendo un ordinamento, nella sua vita e nella sua opera, reso spesso difficile dalle circostanze.

Schermata 2015-04-27 alle 15.04.37Dopo un lungo periodo di instabilità, ripara finalmente presso la corte di Isfahan (odierno Iran), dove trascorre un lungo periodo di tranquillità; muore nel 1037 a Hamadan, durante una spedizione militare del principe suo mecenate ‛Alā al-Daula, che ha accompagnato. Gran parte dell’opera di Avicenna ci è pervenuta, ma non tutta. Ciò è dovuto sia al carattere del personaggio, che quando gli erano richieste opere o fatte domande non sempre conservava i suoi testi; sia a fatti storici che ne hanno impedito la conservazione; il testo del Kitāb al-inṣāf (Libro del giudizio imparziale), ad esempio, scompare nel sacco di Isfahan quando il suo autore è ancora vivente. Il numero di opere attribuito ad Avicenna è tra le 200 e le 300 opere, scritte in campi anche molto diversi (filosofia, letteratura e anche poesia). Tra queste, le opere di medicina, di altissimo livello, sono circa 40, non ancora tutte edite. Tre di esse, le più conosciute, in Occidente come in Oriente, hanno grande fortuna, e tradotte in latino hanno letteralmente fatto la storia della medicina: in primo luogo il Qanūn fī’l-ṭibb (Il canone di medicina), cui è dedicato questo lavoro, uno dei prodotti più significativi nella storia della medicina non solo islamica. Al Canone si aggiungono poi altre due opere: al-Adwiya al-qalbīya (Le medicine del cuore), trattato sulla cura delle malattie cardiache, tradotto in latino da Arnaldo da Villanova (fine XIII secolo); e al-Urǧūza fī’l-ṭibb (Il poema della medicina in metro rağaz), compendio di medicina in versi allo scopo di aiutare la memoria – tradotto da Armengaud Blaise di Montpellier, nipote di Arnaldo – che passa in latino con il titolo di Cantica. Nella tradizione di lingua latina, queste due opere sono spesso stampate insieme al Canone, a comporre una trilogia.

Il Canone e i suoi contenuti

Nel Canone, opera enciclopedica sulla medicina, che tiene dietro ad almeno due illustri predecessori musulmani: il Ḥāwī (lat. Continens) di Abū Bakr al-Rāzī (Rhazes, Abubacer), e il Kitāb al-kāmil o al-malakī (Liber regalis) di ‛Alī ibn al-‛Abbās al-Maǧūsī (Haly Abbas), Avicenna espone non solo la totalità delle conoscenze della medicina della sua epoca (la tradizione seguita è ovviamente la tradizione ippocratica, galenica e post-galenica, cui si sommano contributi di origine persiana e anche indiana), ma anche, ed è ciò che per lo storico della scienza ha una importanza tutta particolare, il metodo da lui seguito nello studio della medicina, ed i suoi personali risultati e avanzamenti.

Nel mondo islamico, e poco dopo nel mondo latino, il Canone, come è noto, ha grandissima fortuna. I medici musulmani lo preferiscono sia all’opera di al-Rāzī che a quella di al-Maǧūsī, e molti sono i commenti scritti su di esso o su parti di esso; tra questi, il Commento all’Anatomia del Canone scritto da Ibn al-Nafīs (m. 1288), opera in cui l’autore fa i primi cenni sulla circolazione polmonare, sconosciuta ai predecessori. Quanto al mondo latino: la traduzione delle opere di Avicenna è condotta su larga scala a Toledo nella seconda metà del XII secolo, ed è qui e in questo tempo che il Canone  per la prima volta è tradotto in latino. Il libro è ostico, la traduzione è difficile; il traduttore, illustre, Gerardo da Cremona (m. 1187), confessa esasperato di aver passato quasi cinquant’anni a studiare l’arabo, e di aver fatto molta fatica a tradurre il Canone…. Nonostante i dubbi del suo traduttore, la traduzione ha comunque fortuna: stampata per la prima volta a Milano o  a Padova nel 1472 (edizione del solo libro III), conosce prima del 1500, in un arco di soli 30 anni, ben 14 edizioni in latino e una in ebraico. Nel  1527, una buona revisione della traduzione di Gerardo, corredata da un vocabolario dei termini tecnici arabi, è realizzata da Andrea Alpago, medico veneziano che ha passato molti anni in Oriente. Altre traduzioni, non sempre di qualità eccelsa, anche se godono di una buona diffusione, si susseguono nel corso del secolo; e data la popolarità universalmente raggiunta dall’opera, alla versione latina si accompagnano, come avviene da tempo, citazioni, commenti e compendi in latino e nelle lingue vernacolari. Nel 1593, a Roma, presso la Tipografia Medicea Orientale, è realizzata la prima edizione a stampa del testo arabo, seconda opera – si noti – stampata dalla tipografia dopo la traduzione araba dei Vangeli. Grandissima, nel Medioevo e fino a epoca moderna, è la fortuna del Canone  nell’insegnamento universitario: introdotto all’università di Parigi tra il 1230 e il 1258, è utilizzato come libro di testo nelle università di Montpellier (inizio intorno al 1240) e di Lovanio fino alla metà del XVII secolo. In Italia, da ricordare in primo luogo l’università di Siena, dove il Canone è forse insegnato in una data anteriore al 1250; seguita a breve distanza da Bologna dove, nel 1260, Taddeo Alderotti introduce il Canone come testo di base per l’insegnamento della medicina, e da Padova, come risulta dalle citazioni contenute nel Tractatus de conservatione sanitatis di Zambonino da Gaza, professore dal 1262.  Fino al XV secolo il Canone costituirà da solo circa la metà dell’intero insegnamento della medicina.

Il Canone si compone di cinque libri, che rispettano, anche se non del tutto, l’ordine abitualmente seguito nella composizione delle opere enciclopediche di medicina:

* Libro I, generalità (kullīyāt), diviso in quattro funūn (trattati, pl. di fann): a. definizione della medicina e suo oggetto, elementi (fuoco, aria, acqua e terra), umori (bile gialla, sangue, flegma e bile nera, corrispondenti agli elementi), temperamenti (bilioso, sanguigno, flemmatico, melancolico), anatomia degli organi omogenei, facoltà (psichica/cervello, naturale/fegato e testicoli, animale o vitale/cuore), funzioni; b. classificazione, cause e sintomi delle malattie; c. cause della salute (fisiologia, igiene, esercizio fisico etc.) e delle malattie, cause e inevitabilità della morte; d. classificazione dei tipi di terapia, trattazione generale di regimi e diete; droghe varie; regole dell’evacuazione, clisteri, salassi, cauterizzazioni e chirurgia.

* Libro III. Malattie disposte in ordine a seconda degli organi colpiti, a partire dalla testa; organi eterogenei, la parte che riguarda ogni organo è nella maggior parte dei casi preceduta dalla sua descrizione anatomica.

* Libro IV. Malattie che non sono specifiche di determinati organi. Febbri, prognosi, giorni critici, principi importanti per diagnosi e terapia. Pustole, ascessi, ferite, ortopedia, veleni e creature velenose.  Alla fine del libro: capelli, pelle, unghie, obesità e magrezza eccessiva.

Il Libro II e il Libro  V sono dedicati alla  materia medica: droghe semplici (II) e droghe composte (V).

Nel cuore del vivente, ventricolo sinistro, una combustione, alimentata dall’aria che si respira trasformata nei polmoni, produce il calore necessario alla vita.  Grazie al calore generato nel cuore, e a due digestioni, la prima nello stomaco e la seconda nel fegato, l’organismo – a partire dagli elementi fuoco aria acqua e terra contenuti nei cibi che ingerisce –  produce gli umori, che nel corpo corrispondono ai quattro elementi: il sangue (→ aria) caldo e umido, frazione equilibrata della digestione, la bile gialla (→ fuoco) calda e secca, frazione più calda e leggera, la bile nera (→ terra) fredda e secca, frazione più densa e pesante, e il flegma (→ acqua), umido e freddo. Tali umori, in primo luogo il sangue, e in quantirà molto minori bili e flegma, a partire dal fegato, tramite la vena cava, e poi vene e capillari (la circolazione del sangue non è conosciuta) – raggiungono ogni parte del corpo e fanno crescere e conservano gli organi. Il complesso individuato dai rapporti in cui gli umori si trovano tra loro è definito come ‘temperamento’, o mescolamento (ar. mizāğ);  e l’equilibrio o lo squilibrio individuabile nel temperamento è ciò che definisce lo stato di  salute o di malattia.

Sulla base di questi dati, esposti qui necessariamente per sommi capi, si possono già notare alcuni capisaldi della medicina medievale e in particolare islamica. In primo luogo, l’uomo è letteralmente ciò che mangia e ciò che respira, e di qui l’importanza della dieta e dell’ambiente in cui vive: per il medico medievale e musulmano in particolare, la dieta e l’aria che si respira, nella normale attività e nell’esercizio fisico, sono il primo e più delicato punto portato all’attenzione del medico. Secondo punto, che completa il primo: la definizione dello stato di salute. Lungi dall’essere un qualcosa di assoluto e di generale per ogni vivente, il temperamento equilibrato – equilibrio tra gli umori e dunque tra le qualità –  che definisce lo stato di salute, è del tutto relativo e variabile. Nel primo libro e primo fann del Canone, Avicenna spiega questo punto con grande chiarezza: l’equilibrio che il medico deve considerare non è l’equilibrio del matematico e del filosofo, per i quali la condizione di equilibrio è data dal concorso di parti tutte uguali tra loro (in questo caso si tratterebbe di parti uguali di elementi e di umori): nei viventi vi è un equilibrio diverso in specie diverse (il temperamento di un cane non è quello di un serpente), e all’interno di ogni specie in classi diverse (il temperamento di uno slavo non è quello di un indiano), e all’interno di una classe in individui diversi (il temperamento di un uomo è diverso da quello di un altro della stessa classe). Per uno stesso individuo, vi è poi un equilibrio diverso a seconda delle circostanze (età, clima, stagione etc.), e all’interno di ogni individuo un equilibrio diverso nei suoi diversi organi (il temperamento del cervello non è quello del cuore), e per uno stesso organo un equilibrio diverso a seconda delle circostanze (il temperamento dello stomaco di un ragazzino non è quello dello stomaco di un vecchio). Conseguenza importante: se il temperamento equilibrato, che definisce lo stato di salute, non è qualcosa di assoluto, ma qualcosa che varia da specie a specie, da individuo a individuo, e, nello stesso individuo, tra due stati diversi e all’interno dello stesso individuo da organo a organo e da uno stato dell’organo a un altro, da ciò consegue necessariamente che lo stato di salute non è lo stesso per tutti gli uomini: ma è un equilibrio che oscilla tra due limiti entro i quali è stabilita la condizione della salute. All’interno di questi limiti, temperamenti che per i matematici e i filosofi sarebbero squilibrati sono posseduti da uomini che, finché lo squilibrio si mantiene in un certo intervallo, devono essere considerati sani: siano essi irascibili, sanguigni, flemmatici o melancolici (predominio nell’ordine di bile gialla, sangue, flegma, bile nera), tutti questi uomini, entro certi limiti. sono uomini sani. Sulla base di queste considerazioni, lo stato di salute si riduce ad essere, in modo pragmatico, lo stato, variabile da uomo a uomo, in cui tutte le funzioni degli organi sono integre. Ogni paziente è così, per il medico, una sfida e un interrogativo di cui venire a capo, e ciò porta in primo piano due componenti necessarie all’esercizio della professione medica: le caratteristiche non solo scientifiche ma anche umane che il medico deve possedere, e il rapporto medico-paziente, poiché solo tramite questo rapporto il medico può giungere a formulare la giusta diagnosi.

Il medico

Per Avicenna, come per ogni altro medico musulmano, non vi è dubbio che il medico debba essere preparato anzitutto in ciò che riguarda la sua disciplina. In epoca medievale, nel mondo islamico, molto si discute sul tipo di preparazione che per il medico è più utile (posto che entrambe sono necessarie): se la cultura dei libri – e qui si tratta della tradizione di lingua greca, di cui circolano, in traduzione araba, molti trattati, e di quanto successivamente elaborato dai grandi medici musulmani – oppure lo studio sotto la direzione di un maestro, e la pratica, effettuata ogni giorno sotto la sua guida in corsia; nell’ospedale islamico, organizzato come un vero e proprio policlinico, sono presenti infatti una biblioteca e una scuola, e giovani medici si esercitano sotto l’occhio vigile di un anziano, equivalente dell’odierno primario.

Nella preparazione del medico, tuttavia, la conoscenza della medicina non è sufficiente. Proprio allo scopo di migliorare la sua capacità nella professione, la sua cultura deve essere molto più ampia: in primo luogo per ciò che riguarda conoscenze per così dire collaterali al suo lavoro, come la farmacologia: molti medici musulmani di epoca classica preparano infatti essi stessi le medicine che prescrivono, e Avicenna è uno di questi (lo si nota ad esempio quando raccomanda, nel Canone,  di preparare le pozioni in un luogo riparato sotto una tettoia, perché non vi sia pericolo che qualcosa cada nella pozione e si debba ricominciare da capo). Importanti sono poi anche altre discipline: tra queste la filosofia, con cui il medico non deve dimostrare, cosa che spetta al filosofo naturale, i principi della sua disciplina; ma che è indispensabile perché conduce alla conoscenza dell’anima. Malattie che si generano nell’anima producono col tempo la malattia del corpo, e viceversa, producendo col tempo una sorta di circolo vizioso che non si interrompe se non si risale alla causa prima. Nel Canone, Avicenna porta diversi esempi a questo proposito: il caso della licantropia, eclatante caso di disturbo mentale, generato – egli scrive – da un gravissimo scompenso nel temperamento; o il mal d’amore, disturbo psicologico che, non curato, può condurre col tempo a una malattia fisica, la melancolia, data da produzione sovrabbondante di bile nera  ‘combusta’.

Un caso a parte e importante, nella preparazione del medico, è poi costituito dalla musica. Se  vuole comprendere fino in fondo ciò che risulta dalla tastazione del polso, il medico non può non conoscere la musica: perché, nello studio del polso, la frequenza equivale, nella musica, al ritmo, mentre la pressione del sangue sull’arteria equivale al volume.  Il medico dotato di esperienza musicale può giungere non solo ad avvertire la diastole, di difficilissima percezione, ma anche ad avvertire leggerissime variazioni nei battiti che gli fanno capire le diverse emozioni del paziente nel dialogo che intrattiene con lui, e qui torniamo ai ‘movimenti’ dell’anima.

Tra i requisiti indispensabili di chi voglia esercitare la professione, un fattore che non può essere trascurato è infine la condizione fisica del medico; che deve essere in perfetta salute, e dotato di sensi perfetti. In assenza di una strumentazione che possa essergli d’aiuto, il corpo del medico, nel Medioevo, è lo strumento che deve permettere di valutare e di decidere: la presenza di febbre, ad esempio,  scrive Avicenna, è diagnosticata se il paziente risulta al tatto più caldo del corpo del medico in buona salute. Interessante una notazione sui sensi, sempre dal Canone:  i sensi che per il medico sono importanti non sono tanto quelli che per il filosofo sono i più nobili, come la vista e l’udito (i due sensi degli angeli), ma quelli che nella filosofia e nella cultura generale sono da tutti ritenuti i più umili: il tatto ed il gusto. Molte malattie non possono essere conosciute dal medico che non tasti il paziente, e in farmacologia due polverine entrambe bianche possono celare  prodotti anche molto diversi; rimedi o veleni che solo il gusto può riconoscere.

Il rapporto medico-paziente

Altro elemento necessario al buon risultato nella professione medica è il rapporto medico-paziente, fondamento di ogni diagnosi e cura. Nel rapporto tra medico e paziente, le considerazioni sull’equilibrio del temperamento individuano in primo luogo una situazione ideale: il medico dovrebbe conoscere il suo potenziale paziente prima che si ammali; questo perché per riconoscere lo squilibrio patologico di un temperamento, gioverebbe molto conoscere il temperamento in condizioni  normali. Un paziente sanguigno, ad esempio, dunque piuttosto caldo e rosso in viso quando è sano, non sarà considerato malato dal suo medico semplicemente sulla base del suo aspetto fisico.

Ma poniamo che l’uomo che ricorre ad un medico non sia da lui conosciuto; la prima cosa che il medico deve fare è ovviamente decidere se sia sano o malato. Qui la faccenda potrebbe già diventare complessa, perché gli stati dell’uomo, che secondo Galeno erano tre – salute, malattia e stato intermedio – in Avicenna diventano cinque: salute, malattia e uno stato intermedio con tre sottogruppi (incubazione, primo inizio della malattia, e convalescenza).  Posto davanti ad un uomo che richiede il suo aiuto, il medico ben preparato saprà tuttavia cosa fare. Terrà in primo luogo il suo interrogatorio, ponendo domande mirate e sollecitando le risposte di cui ha bisogno; procederà successivamente alla visita, mettendo, come si è detto, tutti i suoi sensi al servizio del paziente; trarrà poi le sue conclusioni, tenendo conto di tutti i fattori interni ed esterni che, come prima abbiamo accennato, influenzano il temperamento. In presenza di uno stato che non può essere definito di malattia, o intermedio, primo compito del medico sarà quello di conservare la salute: e dunque ben vengano la dieta equilibrata e i massaggi, l’esercizio fisico e i bagni;  poiché primo compito della medicina, recita la tradizione galenica, e anche il Canone, non è quello di restaurare la salute perduta, ma quello di conservarla1.  Se lo stato accertato sarà invece uno stato di malattia, in  questo caso il medico dovrà produrre diagnosi, prognosi e terapia, concentrando la sua attenzione su tre cose: la malattia, il suo sintomo e la sua causa. Anche qui la faccenda è irta di difficoltà, perché non si tratta semplicemente di individuare la malattia: posto che ciò che si deve curare non è il sintomo ma la causa, un sintomo potrebbe trasformarsi in una malattia o divenire causa di una malattia, o una malattia divenire causa di un’altra malattia.

Fatta la diagnosi, la terapia seguirà necessariamente un andamento graduale: ci si appoggerà in primo luogo a prescrizioni leggere, come la dieta, per passare eventualmente in un secondo tempo alle medicine semplici, e solo in caso di insuccesso delle semplici, alle medicine composte, come la teriaca, che sono più insidiose, perché la presenza di più principi attivi, dagli effetti che si combinano in modi diversi, richiede al medico una maggior perizia. Solo in casi più estremi, si ricorrerà a rimedi più drastici, come la cauterizzazione  o il salasso, quest’ultimo controindicato in ogni caso agli anziani e ai bambini, o all’intervento chirurgico.

Schermata 2015-04-27 alle 15.05.04La descrizione delle malattie, delle loro cause e dei sintomi, l’attenzione dedicata all’indicazione delle cure e alla preparazione delle medicine, ogni aspetto anche pratico che si noti nell’esercizio della medicina, tutto questo è nel Canone curato nei minimi particolari; ma non basta:  perché il  medico ripara le eventuali disobbedienze del paziente, ad esempio un paziente goloso; consiglia afrodisiaci o rimedi volti a risolvere casi di impotenza e di infertilità, perché – scrive Avicenna – un buon rapporto di coppia può prevenire il disordine nella società; o interviene, in qualche modo, a consolare una umanità nel dolore con riflessioni sull’ineluttabilità della morte. Tutto questo, per secoli, rese il Canone  non soltanto un’opera colta ma anche e in molti casi un’opera utile, molto amata  non  solo dai medici universitari di grado elevato, ma anche da  medici praticanti la medicina a livelli molto inferiori, che utilizzavano solo compendi e notizie di seconda e terza mano: ciò che portò senza dubbio a una enorme frammentazione, ma al tempo stesso a una penetrazione profonda nelle società che raggiunse.

Testi

1. causa, malattia, sintomo  [Ibn Sīnā, al-Qānūn fī’l-ṭibb, kitāb 1, fann  2, ta‘līm 1, faṣl  1 (ed. cit. M. A. al-Ḍannāwī, I, Bairūt, Dār al-kutub al-‘ilmīya,1999, p.  103 sg.)]:

L’insegnamento sulla causa, la malattia e il sintomo

Nella malattia, la causa è ciò che viene prima di tutto; perché da essa si individua, tra le situazioni in cui può trovarsi il corpo dell’uomo, una determinata situazione, che può essere [temporanea], o duratura. La malattia è una forma non naturale nel corpo dell’uomo, da cui ha luogo, in un modo necessario e primario, un vero e proprio malfunzionamento in una funzione: e questo (la malattia) può essere  o un temperamento non naturale o una composizione2 non naturale. Il sintomo è la cosa che tiene dietro a questa forma e non è naturale; sia che sia contrario al naturale, come il dolore nella colica, sia che sia non contrario, come l’eccessivo colorito rosso della guancia nella polmonite. Un esempio: la causa è la putrefazione, la malattia è la febbre, e il sintomo sono la sete e il mal di testa. Altro esempio: la causa è un riempimento nei vasi che scendono all’occhio, la malattia è l’ostruzione all’interno dell’iride; [questa] è una malattia dell’organo e composita, e il sintomo è la perdita della vista. E anche: la causa è una infreddatura violenta, la malattia è una ulcerazione nel polmone e il sintomo è il colore rosso delle guance  e l’affezione (deformazione, alterazione del colore etc.) delle unghie.

Il sintomo è detto ‘accidente’ in considerazione della sua essenza (perché è qualcosa che accade)  o in confronto con ciò che ad esso è soggetto, ed è detto ‘segno’ in considerazione del fatto che il medico lo esamina e per suo effetto si avvia a conoscere  che cos’è  la malattia.  La malattia può divenire causa di un’altra malattia, come la colica per la sincope o per la paralisi o per la crisi epilettica; e, anche, il sintomo può divenire una causa per la malattia, come il  dolore forte diviene  una causa per la tumefazione perché le materie si riversano verso il luogo del dolore. E il sintomo può divenire esso stesso una malattia, come il mal di testa che risulta dalla febbre, perché può darsi che diventi fisso e radicato finché diviene una malattia. Confrontata con se stessa e con la cosa che la precede e la segue, una cosa può essere una malattia, un sintomo e una causa: come la febbre della consunzione (tubercolare), è un sintomo dell’ulcerazione del polmone, una malattia in se stessa, come pure una causa dell’indebolimento dello stomaco; e come il mal di testa che risulta dalla febbre, quando diviene radicato, è un sintomo della febbre, una malattia in se stesso, e a volte produce l’infiammazione della pleura o la meningite, divenendo così la causa delle due malattie menzionate.

2. l’esercizio fisico [Ibn Sīnā, al-Qānūn fī’l-ṭibb, kitāb 1, fann 3, ta‘līm 2, faṣl 2 (ed. cit., I, p. 222-4)]:

In questo capitolo, di cui qui riportiamo alcuni passi,  Avicenna espone diversi tipi di esercizi. Dato che  ogni attenzione e cura devono essere ‘personalizzate’, anche nell’esercizio fisico il medico dovrà distinguere ciò che è più adatto nei diversi casi: per ogni uomo, per ogni organo, per ogni senso, c’è infatti un esercizio, che deve essere conosciuto. Tra le molte citazioni e i molti esempi, figura qui, interessante,  una citazione del gioco del polo, gioco forse di origine persiana, molto popolare ai tempi dell’autore.

I diversi tipi di esercizio fisico

Quanto ai tipi dell’esercizio, vi è la lotta, il venire alle mani, il pugilato, il correre portando la testa alta, il camminare di buon passo, il tirare con l’arco, lo stare in piedi su una delle due gambe, il tirare di spada, l’andare a cavallo, e il battere con le mani, che consiste nello stare l’uomo sulle punte dei piedi, mentre allunga le mani avanti e indietro e le muove velocemente; e questo è l’esercizio veloce. Gli esercizi sottili e delicati sono invece il bilanciarsi nei movimenti oscillanti, il camminare a passo lento, stando eretti, facendo piegamenti e mettendosi a terra, lo stare in equilibrio su battelli e battellini; e il più veloce di quelli di questo tipo  è il cavalcare i cavalli e i cammelli, lo stare in equilibrio sulle bardature degli elefanti  e il cavalcare i vitelli.  Degli esercizi forti che si fanno in piazza (campo sportivo), vi è che l’uomo, in una piazza, acceleri la corsa fino al limite, e che poi retrocedendo torni indietro, continuando a diminuire il percorso ogni volta, finché alla fine resti fisso nel centro; sforzarsi nel continuare a compiere un’azione, colpire con i palmi delle mani, saltare, lanciare, giocare con la palla, grande e piccola, giocare con la mazza (gioco del polo), giocare  con la racchetta, giocare con la lotta, sollevare le pietre, spronare i cavalli al galoppo e al trotto veloce. Ci sono poi diversi tipi di esercizio ‘forte’ con azione reciproca: tra questi, che ognuno dei due uomini fissi la sua mano sulla vita del suo compagno tenendolo fermo, e ognuno dei due si imponga di liberarsi dal suo compagno che gli sta attaccato, e anche che si pieghi con le mani contro il suo compagno spingendo la destra verso la destra del suo compagno e la sinistra verso la sinistra, mentre il suo viso è rivolto verso di lui, e poi lo sollevi e lo metta sottosopra, specialmente mentre lui ora si piega e ora si distende […]

Ci si deve  esercitare nel compiere gli esercizi diversi, senza insistere con uno solo; per ogni organo, infatti, c’è un esercizio che gli è particolare. L’esercizio delle mani e delle gambe non è un segreto (è ben noto). Quanto agli organi della respirazione, ora ci si esercita con la voce grave e sonora ora con la voce acuta, e con una voce che mescola le due; questo è anche un esercizio per la bocca, per l’ugola, per la lingua e anche per l’occhio, migliora il colorito e purifica il petto. Ci si esercita anche soffiando mentre si trattiene il respiro, e questo è un esercizio per tutto il corpo, perché allarga le sue vie. Tenere alto il tono di voce per un tempo molto lungo è un pericolo, perché il permanere violento della necessità di attrarre molta aria è un pericolo. Si deve cominciare a leggere (recitare) dolcemente,  poi, leggendo, alzare la voce in modo graduale, poi quando la voce si è fatta più intensa, più forte e lunga, rendere quel tempo limitato, perché se il tempo si prolunga, vi è in questo un pericolo [anche] per quelli che sono equilibrati e in salute […].

Le cavalcate sui vitelli sono azioni efficaci, e sono le più violente di questo genere di azioni; cavalcare il vitello con il viso rivolto all’indietro è utile contro la debolezza del respiro, e molto utile contro la sua oppressione. Stare in equilibrio sui battelli e sulle barche è utile contro l’elefantiasi, l’idropisia, l’apoplessia, il raffreddamento dello stomaco e l’aerofagia; questo se avviene vicino alle rive, ed è utile allo stomaco, quando è sconvolto da nausea e poi si placa. Stare in equilibrio sulle barche mentre il mare è agitato, è più efficace nell’eliminare le malattie menzionate, perché si alternano nell’anima gioia e tristezza […]

La vista si esercita guardando con attenzione le cose quasi impercettibili e volgendo di quando in quando lo sguardo gradualmente e con dolcezza ai luoghi elevati. L’udito si esercita ascoltando le voci quasi non udibili e ascoltando di rado le voci forti. Ogni organo ha un esercizio suo proprio, che noi menzioniamo quando trattiamo della salute, organo per organo […]. Bisogna che quello che si esercita stia in guardia contro il giungere del riscaldamento dell’esercizio al più debole dei suoi organi, a meno che ciò non avvenga come una conseguenza [indiretta dell’esercizio]. Ad esempio: chi soffre di vene varicose ha bisogno di un esercizio  che non aumenti il movimento delle sue gambe ma lo diminuisca, e che con il suo esercizio insista sulla parte più alta del suo corpo, collo, testa e torace, in modo che l’influsso dell’esercizio sulle sue gambe venga dall’alto. Al corpo debole esercizio debole, al corpo forte esercizio forte….

3. un male antico, detto bulimia [Ibn Sīnā, al-Qānūn fī’l-ṭibb, kitāb 3, fann 13, maqāla 2, faṣl 7 (ed. cit., p.  447 sg.)]:

Lo squilibrio più grave che si verifichi nell’alimentazione dell’uomo, la bulimia, è dagli antichi attribuito ad alterazioni interne causate da fattori esterni, come ad esempio il gran freddo3. Riprendendo osservazioni presenti in fonti di lingua greca, mediche e non solo – tra queste, quasi certamente Archigene, citato in Galeno, De compositione medicamentorum secundum locos VIII.4 (ed. Kühn XIII, p. 175 sg). – ma compiendo passi ulteriori e significativi, tra i quali la distinzione chiarissima tra fame canina e bulimia, Avicenna individua una doppia componente del danno: una fisica, l’alterazione della facoltà attrattiva, che fa ricercare a ogni organo il suo nutrimento, e l’altra, l’alterazione della percezione, direttamente collegata, tramite i sensi, al cervello. Alle sollecitazioni rivolte allo stomaco del paziente, somministrazioni di bevande e di cibi leggeri e gradevoli, egli aggiunge, con unguenti odorosi, profumi e anche percosse, interventi volti a stimolare il sistema nervoso. 

La fame detta ‘bulimia’

La bulimia è [la malattia] conosciuta come ‘la fame bovina’. Nella maggior parte dei casi la precede una fame canina, dopo di che il desiderio [del cibo] si abbatte; se non si verifica dopo di essa, il desiderio [del cibo] si abbatte all’inizio. E’ la fame degli organi che si accompagna alla sazietà dello stomaco, sì che gli organi sono molto affamati e desiderosi del cibo, mentre lo stomaco gli fa ostacolo. E a volte la cosa giunge fino allo svenimento, e i vasi sanguigni diventano vuoti;  ma lo stomaco fa ostacolo al cibo, che gli ripugna. Avviene in molti casi a quelli che viaggiano al freddo, molto raffreddati, i cui stomaci sono ispessiti dal freddo intenso. Ne è causa una infermità di temperamento che giunge alla facoltà della percezione e alla facoltà attrattiva. E’ prodotta da umori che si avvolgono  alla bocca dello  stomaco, si sciolgono e si diffondono nelle sue fibre, e si muovono verso il respingere, ostacolando l’attrazione del cibo; e  puoi conoscere i segni da ciò che ti ho ripetuto più volte ed è menzionato nel Canone.

Cure: si deve curare essenzialmente la caduta del desiderio [del cibo]; bisogna insomma che [il paziente] fiuti i cibi appetitosi e speziati, i frutti odorosi e i profumi annusabili in cui vi sia un qualche effetto astringente, perché la facoltà si ricomponga e non si allenti. Gli si dia da mangiare del pane inzuppato nello šarāb4 di buon sapore  e gli si dia da bere o da inghiottire del nabīḏ5 profumato; mescolandovi, in particolare, canfora o aloe, se il temperamento è caldo, e sukk6 in caso diverso. Se la causa del male non è il calore, giova loro, contro questo male, lo šarāb di giglio; e se la sua causa non è il calore, si leghino le loro mani e le loro gambe con un laccio robusto, si impedisca loro di dormire,  e quando hanno sonno gli si provochi dolore, pungendoli, pizzicandoli, e battendoli con un bastone sottile e flessibile affinché faccia male, senza rompersi. Tra le cose che giovano loro è che si prenda un biscotto, si inzuppi nel maisūsan – o nelle nuḍūḥāt  profumate7 – e si bendi con essi lo stomaco, in particolare nello stato dello svenimento; e che con esso si applichino anche gli unguenti profumati, come l’unguento di pino e l’unguento di rose e di mirto; e giova anche che sui loro stomaci si utilizzino le bende preparate da medicine cardiache di buon odore, e che gli si facciano suffumigi con i vapori odorosi d’ambra. Si bendino le loro giunture con un bendaggio preparato con acqua di rose e di mirto, maisūsan, canfora, muschio, zafferano, aloe, sukk e rose. Ci si dia da fare nel riscaldare i loro corpi, se la causa del male è il freddo, e nel raffreddarli se la causa è il caldo; e quando li coglie uno svenimento, si faccia loro anche ciò che abbiamo menzionato sullo svenimento: si spruzzi sui loro volti l’acqua fredda, si stringano le loro mani e le loro gambe, si pungano i loro piedi, e si tirino i loro capelli e le loro orecchie. E quando si riprendono, si dia loro da mangiare pane inzuppato in uno šarāb odoroso, e se nei loro stomaci c’è un umore amaro, o dolciastro, gli si dia da bere una quantità di 2 cucchiai di sakanǧabīn con un miṯqāl  di iyāriǧ8, o meno se [il paziente] è debole; ma se [la causa] è stata un freddo eccessivo, gli si dia da bere la teriaca.

Note

1 Ibn Sīnā, al-Qānūn fī’l-ṭibb, incipit: La medicina è una scienza da cui si conoscono gli stati del corpo dell’uomo, sani e devianti dalla salute, allo scopo di conservare la salute se è presente e di ristabilirla se è perduta.

2 Accenno alla malattia ‘composita’ (v. più avanti nel passo), che si ha quando due o più malattie si uniscono a formarne una sola.

3 Hippocratis Aphorismi et Galeni in eos Commentarii, XXI, in: C.G. Kühn ed., Claudii Galeni Opera Omnia, XVII B, Hil- desheim, G. Olms, 1965, p. 501: Nam bulimus facultatis est prostratio ab externo frigore profecta, qui ab esurie quidem ortum duxit, famem vero amplius conjunctam non habet.

4 Termine da cui viene l’italiano ‘sciroppo’.

5 Bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione dei datteri, ma il termine può indicare anche il vino. In epoca classica, le bevande alcoliche, vietate nella religione islamica, sono am- messe se prescritte dal medico e inserite in un piano di cura.

6 Pasticche aromatiche macerate in acqua e olio di violette e di muschio, infilate in un filo di canapa, esposte a seccare e consumate entro un anno dalla preparazione.

7 Maisūsan e nuḍūḥāt: rispettivamente una lozione profumata usata per lavare i capelli e profumi che si diffondono per eva- porazione a calore blando (es. il calore del corpo).

8 Sakanǧabīn e iyāriǧ (termini persiani) sono rispettivamente l’ossimele, sciroppo di aceto e miele, ben noto fin dall’anti- chità, e una medicina composta (lat. hiera) di sapore amaro, che stimola l’evacuazione; il miṯqāl, unità di peso variabile nei tempi e nei luoghi, corrisponde a un peso tra i 4 e i 5 grammi.

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Cita questo articolo

Carusi P., Il Canone di medicina (al-Qanūn fī’l-ṭibb) di Avicenna, Medicina e Chirurgia, 65: 2846-2954, 2015. DOI:  10.4487/medchir2015-65-5

La scheda di valutazione dell’esperienza di tirocinio: uno strumento di classe. Studio osservazionale nel CLM in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, Università degli Studi di Milanon.65, 2015, pp.2942-2945, DOI: 10.4487/medchir2015-65-4

Abstract

After AVA-procedure becoming law, new systems to evaluate learning-process quality become obliged; however actually no attention is focused on clinical learning evaluation, especially as regard students perception, even though practical experience could be considered the core of students education.

Aim of this work was to create and test (period  2009/10-20012/13) a questionnaire (QVET) to evaluate students perception on their practical learning in Master Degree in Rehabilitative Health Professions.

Although students were generally satisfied, some critical situations, revealed by QVET, had been corrected during these years improving the whole process of plan-do-check the practical learning experience. QVET is a new useful instrument to improve making-decision process in practical-learning planning and it acts in keeping with AVA-procedure applications.

Articolo

Introduzione

Nella didattica universitaria, ai tradizionali sistemi di valutazione certificativa, si sono recentemente aggiunti nuovi modelli volti a misurare l’efficienza e l’efficacia della formazione, dell’organizzazione e l’impianto pedagogico al fine dell’accreditamento dei corsi di studio.

Tali modelli, introdotti con l’approvazione della legge n. 240 del 2010 e poi dal processo AVA dell’Anvur, attribuiscono maggiore valore e significato al parere espresso dagli studenti nei confronti dell’attività dei docenti e della didattica in generale mediante lo strumento dei questionari e incentivano l’implementazione di processi di valutazione e autovalutazione come misura e assicurazione della qualità.

All’Università degli Studi di Milano, oltre alla valutazione della ricerca (Ferrario, 2007) sono da tempo in essere sistemi di valutazione della didattica, recentemente adeguati alle linee guida promosse dall’ANVUR: sono stati individuati strumenti e indicatori che tengano conto di tutti gli aspetti collegati alla didattica, sia in termini di risorse (strumentali e spazi), sia di pianificazione e organizzazione dei corsi, soprattutto in termini di interazioni fra i diversi partecipanti al processo di formazione (studenti, docenti, personale di supporto).

In particolare nella Facoltà di Medicina i questionari per la valutazione della didattica sono stati introdotti in forma cartacea già dall’anno accademico 2000/01 e si compongono di due schede (rossa e bianca). La scheda rossa prevede 36 quesiti di cui 21 specificatamente dedicati alla valutazione del corso integrato; 14 sono quesiti anagrafici e 1 è di carattere informativo ed è relativo al rapporto tra crediti e carico di lavoro. I quesiti sono organizzati in cinque sezioni (insegnamento, docente, attività didattiche integrative -se previste nel corso-, carico di lavoro e dati anagrafici); lo studente può esprimere un’opinione con 4 possibili risposte (Decisamente NO; Più NO che SÌ; Più SÌ che NO e Decisamente SÌ). La scheda bianca prevede la possibilità di esprimere liberamente un’opinione relativamente ad aspetti positivi e negativi e suggerimenti. Dall’anno accademico 2011/12 le schede sono in formato elettronico, la valutazione della didattica è stata resa obbligatoria come vincolo per l’iscrizione on line agli esami curriculari ed estesa a tutti i corsi dell’Ateneo a seguito dell’obbligo di incentivare sistemi di valutazione e autovalutazione come misura e assicurazione della qualità.

Nel nostro Ateneo non sono tuttavia regolamentati sistemi per la valutazione dell’esperienza di tirocinio, nonostante esso sia fondamentale nelle Lauree sanitarie per il ruolo dell’attività e per il numero di crediti ad esso assegnati dal legislatore. Anche la letteratura documenta come sia fondamentale valutare la qualità degli ambienti di apprendimento (Tomietto et al, 2009; Brugnolli et al, 2011; Croxon et al, 2009; Kristofferzon et al, 2013).

Sono inoltre poche le esperienze di valutazione dell’esperienza di tirocinio documentate sia a livello locale dai singoli corsi (Trotta et al, 2005; Bernardelli et al, 2011) sia nazionale (Scalorbi et al, 2008; Costi et al, 2004).

Nel Corso di Laurea magistrale (CLM) in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie il tirocinio, svolto sotto la supervisione di un Tutor, ha lo scopo di avviare lo studente all’utilizzo di una metodologia progettuale nell’ambito gestionale, organizzativo, educativo, formativo e di ricerca nel settore e nella Classe. Si esplicita attraverso un progetto (PT) presentato annualmente dallo studente e approvato dal Coordinatore in un documento che riporta scopo, metodo, obiettivi e contenuti dell’attività scelta nell’ambito di una delle aree proprie del percorso magistrale. Il PT è personalizzato in quanto tiene conto del livello iniziale del discente, delle sue aspettative, dell’esperienza pregressa maturata, del background culturale e professionale (Bernardelli et al, 2013). I contenuti dell’attività svolta dovranno essere descritti in una relazione oggetto di discussione all’esame annuale.

Scopo e metodo

Lo scopo della nostra ricerca è stato quello di progettare un questionario per la valutazione dell’esperienza di tirocinio (QVET) da parte dello studente del CLM in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie quale strumento di misura dell’efficienza e dell’efficacia della formazione pratica, del modello organizzativo e dell’impianto pedagogico e trova ragione nella recente normativa che incentiva e promuove il potenziamento di un sistema di valutazione e autovalutazione.

Il questionario si compone di 41 domande ognuna delle quali prevede 4 possibili risposte con un punteggio compreso da 1 (decisamente NO), a 4 (decisamente SI). Gli ambiti indagati sono la presentazione da parte della sede ospitante e l’accoglienza; il ruolo del Tutor; l’attività di tirocinio e la valutazione. Prevede inoltre 1 domanda con risposta di tipo dicotomico (SI/NO) e 3 domande facoltative formulate con risposte aperte brevi per consentire un libero giudizio espresso in modo meno strutturato e una libera opinione, seppur soggettiva, circa gli aspetti positivi e negativi dell’esperienza vissuta. (Appendice 1). Abbiamo considerato come soddisfacenti le risposte 3 e 4 e la ricerca riporta i dati raccolti tra gli studenti del CLM in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie – Università degli Studi di Milano – nel periodo 2009/10–2012/13. La compilazione del QVET è obbligatoria dall’anno accademico 2010/11 per ciascuna esperienza di tirocinio.

Risultati

Riportiamo i dati più significativi che abbiamo osservato negli anni e che sono stati utili per la presa di decisioni nella progettazione, pianificazione e gestione del percorso formativo di tirocinio e del PT.

Nella sezione dedicata al Tutor, alla domanda “se ha chiare le competenze che lo studente della Laurea magistrale deve apprendere nel tirocinio e se ti ha guidato nella redazione della relazione finale”, anche se i giudizi sono sempre stati positivi, negli anni si è assistito ad un trend di miglioramento.

Probabilmente questo è dovuto al fatto che il Coordinatore ha cercato gradualmente un contatto sempre più diretto con le sedi e con i Tutor stessi, supervisionando e condividendo la stesura del progetto nei contenuti e nei metodi e il regolamento dell’attività. Inoltre le sedi accreditate negli anni sono cambiate e sono state escluse quelle non più rispondenti a specifici criteri di adeguatezza secondo gli obiettivi propri della magistrale (Tab. 1).

Relativamente alla compilazione della relazione, vi è un trend in miglioramento probabilmente dovuto al fatto che negli anni, con la modifica dell’Ordinamento e del piano di studi, agli studenti sono state date migliori opportunità per approfondire conoscenze e competenze teoriche e pratiche nell’ambito della metodologia della ricerca (Tab. 2).

Nella sezione dedicata al tirocinio, alla domanda “se l’organizzazione dell’attività ti ha permesso di migliorare le tue conoscenze e le tue competenze”, si è assistito ad un trend sempre più positivo, probabilmente dovuto al fatto che negli anni si è posta sempre maggiore attenzione nella scelta dei Tutor, nominati dal Coordinatore tra figure di elevata qualificazione professionale per curriculum e competenza e di riconosciuta esperienza per il ruolo e l’Ufficio, identificati anche tra i Ricercatori e i Professori di ruolo dell’Ateneo e tra ex studenti ora Dottori magistrali (Tabb. 3-4).

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Nella sezione dedicata al tirocinio, alla domanda “se l’attuale modello di tirocinio (progetto di tirocinio) è adeguato alla formazione dello studente”, si è assistito negli anni ad una sempre maggiore soddisfazione: questo predispone ad ipotizzare che il PT, definito esclusivamente di una delle tre aree specifiche della magistrale (ricerca, didattica e management) sia pertinente agli obiettivi del corso di studio (Tab. 5).

Dai dati emerge come la maggior parte degli studenti sia soddisfatta dell’esperienza vissuta (Tab. 6) e la consiglierebbe ad altri (Tab. 7). Probabilmente questo è dovuto anche al fatto che al I anno lo studente compila la scheda Entering Behaviuor che intende mapparlo per formazione di base e post base, per esperienza e vissuto professionale e personale e indagarne le aspettative rispetto al percorso intrapreso in modo da definire un PT il più possibile rispondente ai bisogni formativi del discente, quindi personalizzato ma rispondente agli obiettivi del core curriculum magistrale.

Discussione

Dai risultati sembra emergere l’adeguatezza del QVET quale strumento di valutazione dell’esperienza vissuta nel tirocinio, utile per la presa di decisioni relativamente alla progettazione e pianificazione dell’attività esplicitata nel PT in una delle tre aree specifiche del percorso magistrale (didattica, ricerca e management). Il questionario è stato adeguato anche per intervenire nei processi di definizione delle sedi scelte per le convenzioni e dei Tutor.

Come altri autori riteniamo infatti importante la valutazione della soddisfazione dello studente anche nella pratica e dell’impatto di strategie tutoriali nei differenti setting educativi (Maloney et al, 2013; Palese et al, 2008).

Il processo di verifica dell’offerta formativa degli Atenei da parte dell’ANVUR rappresenta un momento storico e non dovrebbe essere considerato unicamente come un obbligo di legge o un mero adempimento formale ma come un’opportunità per una valutazione critica dell’offerta formativa e di riflessione per un miglioramento che deve avere una ricaduta oggettiva sull’offerta formativa, così come il QVET.

Un questionario simile al QVET è in corso di sperimentazione in alcuni corsi di studio dell’area della Riabilitazione e i dati, seppur mostrando una generale soddisfazione rispetto all’esperienza vissuta, sembrano far emergere alcune criticità: variabilità organizzative tra sezioni didattiche di un unico Corso di studi, sensazione da parte degli studenti che gli Assistenti al tirocinio non siano pienamente a conoscenza degli obiettivi e che talvolta non vi sia integrazione tra attività teorica e pratica, la necessità di piani di formazione per i formatori e di incontri periodici tra coordinatori e referenti delle sedi in convenzione. Questi risultati ci sembrano indicativi per la presa di decisioni progettuali anche in questi corsi di studio e quindi possiamo considerare il QVET come uno strumento di Classe.

Conclusioni

In linea generale gli studenti del CLM in Scienze Riabilitative sembrano soddisfatti dell’esperienza vissuta, così come confermato anche da altri dati oggetto di una ricerca in corso che intende studiare le opportunità occupazionali dopo la Laurea magistrale: molti studenti infatti dal PT hanno avuto occasioni di up grading come contratti di stage presso Centri di ricerca (CNR), ammissione a corsi di Dottorato e ruoli apicali (coordinamento e dirigenza di Unità Operative e Aree riabilitative e Corsi di Studio).

La scheda di valutazione dell’esperienza di tirocinio per il Corso di Laurea magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie ci sembra uno strumento innovativo, poco documentano dalla letteratura italiana ed internazionale; trasversale, perché applicabile a tutti corsi; adeguato perchè rispondente ai principi del progetto AVA dell’Anvur; valido come strumento per la presa di decisioni nella progettazione e gestione del processo formativo di tirocinio e realizzabile, anche in considerazione del fatto che, in collaborazione con il Centro per la Tecnologia del nostro Ateneo, stiamo settando una versione on line.

Bibliografia

1) Bernardelli G, Tafuni G, Zanini A, Mari D, La valutazione dell’esperienza di tirocinio: una ricerca preliminare nel Corso di laurea in Fisioterapia Tutor, 11(1): 32-37, 2011

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Croxon L., Maginnis C, Evaluation of clinical teaching models for nursing practice Nurs Educ Pract, 9(4): 236-243, 2009

5) Ferrario V.F, Controllo di qualità nelle Facoltà di Medicina Med Chir. 40-41, 1720-1725, 2007

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8) Palese A., Saiani L., Brugnolli A., Regattin L, The impact of tutorial strategies on student nurses’ accuracy in diagnostic reasoning in different educational settings: A double pragmatic trial in Italy Int J Nurs Stud, 45 (9): 1285-1298, 2008

9) Scalorbi S, Burrai F, La qualità del tirocinio nel Corso di Laurea in Infermieristica. Indagine sulla soddisfazione degli studenti della Sezione Formativa Bologna 1 – Croce Rossa Italiana, Università degli Studi di Bologna Prof Inferm, 61(2):67-73, 2008

10) Tomietto M, Saiani L, Saarikoski M, Fabris S, Cunico L, Campagna V, Palese A, La valutazione della qualità degli ambienti di apprendimento clinico: studio di validazione del Clinical Learning Environment and Supervision (CLES) nel contesto italiano Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Supplemento B, 31(3): B49-B55, 2009

11) Trotta L, Marzano V, Cofano R, Tortorano A.M, La valutazione del tirocinio professionalizzante: modelli teorici, schede di valutazione e di autovalutazione per gli studenti del Corso di Laurea in assistenza sanitaria: l’esperienza dell’Università degli Studi di Milano Tutor, 5(3): 139-150, 2005

Cita questo articolo

Mari D., Grasso C., Freddi A., Baratelli L.K., Bernardelli G., La scheda di valutazione dell’esperienza di tirocinio: uno strumento di classe. Studio osservazionale nel CLM in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, Università degli Studi di Milano, Medicina e Chirurgia, 65: 2942-2945, 2015. DOI:  10.4487/medchir2015-65-4

Verso una Laurea professionalizzante. Certificazione delle Competenze professionalin.65, 2015, pp.2931-2941, DOI: 10.4487/medchir2015-65-3

Abstract

The assessment of clinical competency in undergraduate students is a complex task, which is preferably achieved by assessing a mix of components of the whole construct of competency. The latter in fact can only be assessed through the direct observation of physicians on the job.

If we frame the process of evaluation with the Kirkpatrick model, we can consider testing of self-efficacy of students as level 1 of the model, the ability of clinical problem solving in written of simulated clinical scenarios as levels 2 and 3 (immediate learning and persistence). A level 4 evaluation could only be achieved through on the job observation or through outcomes indicators at the level of population or career development. In this framework, key features problems, OSCE, mini-CEX and multi-source feedback are the most suitable methods of assessment.

During the workshop, these principles were embedded in four exercises of educational design, in which participants – divided in 4 small groups – identified two competencies relevant for different terms of the Italian medical curriculum and drafted examples of appropriate methods of assessment for those competencies.

Articolo

Introduzione: come valutare le competenze

Fabrizio Consorti (SIPeM e Roma Sapienza “C”)

A conclusione del percorso intrapreso durante tutto il 2014, nel quale abbiamo approfondito il concetto di competenza professionale e abbiamo riflettuto su come si potesse applicare in maniera realistica nei nostri corsi di laurea, in questo articolo introduttivo all’inserto speciale sull’atelier tenuto ad Alghero mi propongo di discutere come si possano valutare le competenze.

Ricordiamo che per competenza clinica intendiamo “l’abitudine all’uso giudizioso di conoscenze, ragionamento clinico, abilità tecniche, capacità comunicative, emozioni e valori da ripensare continuamente nella pratica quotidiana per il beneficio dell’individuo e della comunità di cui ci si occupa”, secondo la traduzione fatta nel Manifesto della SIPeM di una classica definizione di letteratura1. In questa definizione dobbiamo sottolineare come la competenza risieda soprattutto nella capacità di “usare”, in maniera fondata su giudizio critico, una serie di contenuti (conoscenze, abilità, …) per risolvere problemi professionali specifici. In questo senso la competenza non è direttamente valutabile negli studenti, che per definizione non possono essere assoggettati alla risoluzione reale di veri problemi clinici, altrimenti sarebbero già medici abilitati. Come vedremo più avanti, il costrutto di competenza clinica può essere osservato solo in un medico che lavora realmente e anche così è difficile coglierlo nella sua interezza ai fini valutativi. Questa obiezione introduce un concetto fondamentale: non esiste un modello assoluto di valutazione di efficacia di un intervento formativo, ma ogni valutazione è valida all’interno di un sistema di regole, limiti e condizioni. Se nell’ambito generale della valutazione ci si volge poi alla misura dell’effetto, si aggiunge anche l’imperfezione intrinseca di qualsiasi strumento di misura, ma questo ultimo aspetto non verrà considerato in questo articolo.

Uno dei modelli di valutazione di efficacia degli effetti di un intervento formativo  più diffusi nella letteratura internazionale – e non solo di medical education – è stato proposto da Donald Kirkpatrick2.

Il modello di Kirkpatrick prevede 4 livelli di valutazione:

1 – valutazione della reazione che i discenti hanno avuto al corso: lo strumento tipico di misura per questo livello è il questionario di gradimento. Non c’è necessariamente una correlazione fra il gradimento percepito ed espresso e il fatto che i discenti abbiano appreso, ma il gradimento viene comunque considerato un elemento positivo di apprendimento;

2 – valutazione dell’apprendimento in senso stretto: viene eseguita con tutto l’armamentario di metodi strutturati per la misura delle conoscenze teoriche, delle abilità pratiche e degli atteggiamenti (quiz e altri test scritti, prove pratiche e questionari);

3 – valutazione del trasferimento: in questo livello si valuta la persistenza a distanza di tempo di quanto appreso, cioè quanto il processo di formazione abbia prodotto costrutti che si sono stabilmente trasferiti nel comportamento e negli atteggiamenti del discente. Si tratta in sostanza di ripetere le stesse valutazioni del livello precedente a distanza di tempo;

4 – valutazione di impatto: soprattutto nella logica di una formazione professionale o aziendale, questo livello valuta gli eventuali cambiamenti intervenuti nelle prassi o nei risultati produttivi a seguito dell’intervento di formazione.

Se applichiamo questi livelli ad una valutazione orientata alle competenze, possiamo esprimerli nel modo seguente:

1 – valutazione della reazione: in questo caso più che la reazione di gradimento del corso ci interessa la reazione in termini di percezione di competenza conseguita. Ciò viene espresso come auto-valutazione della sicurezza con cui si affrontano certi compiti professionali. Il termine usato in letteratura internazionale è self-efficacy e in [3] è mostrato un esempio;

2 – valutazione dell’apprendimento: in questo caso sarà necessario usare strumenti di valutazione della “capacità di usare”, applicabili specificamente alle conoscenze (come ad esempio la soluzione di problemi diagnostici o terapeutici), alle abilità e agli atteggiamenti (attraverso simulazioni di atti o l’osservazione in contesti reali o realistici): simulazione/osservazione in contesti reali o realistici);

3 – valutazione del trasferimento: in questo livello si valuterà la persistenza a distanza ripetendo le stesse valutazioni del livello precedente a distanza di tempo o osservando il comportamento nel periodo successivo alla formazione;

4 – valutazione di impatto: a questo livello la misura è molto più difficile, anche se sarebbe la valutazione decisiva per giudicare dell’efficacia di un intervento formativo. Si tratta infatti di dimostrare un impatto sulla salute e/o sui costi e/o sulla qualità del lavoro.

Esamineremo ora nei dettagli alcuni metodi congruenti a fornire misure per aspetti correlati con la competenza, ai livelli due e tre del modello di Kirkpatrick.

a. valutazione dell’uso delle conoscenze

Sono coerenti con questo scopo le domande a scelta multipla in cui si chiede di decidere di fronte ad una condizione clinica, come nei  seguenti esempi di schemi di domande.

Un (descrizione del paziente) ha (dati anamnestici) e sta assumendo (farmaci). Quale dei suoi farmaci è la causa più probabile di (rilievo anamnestico, dato dell’es. obiettivo o di laboratorio)?

Un (descrizione del paziente) ha (rilievi anormali). Quali ulteriori dati clinici aiuterebbero a discriminare fra la (diagnosi1) e la (diagnosi 2)?

Una lista completa di formati idonei per domande a scelta multipla ad impostazione clinica può essere trovata in4.

I “test delle caratteristiche principali” (key feature problem – KFP) sono tipi di test a domande basati su casi clinici, in cui a sezioni narrative si alternano le sezioni con le domande. Le sezioni narrative espongono i dati del problema (anamnesi, esame obiettivo, risultati di esami diagnostici, terapie e loro esiti), mentre le sezioni con le domande esplorano la conoscenza che il discente ha delle azioni o scelte fondamentali da fare nella circostanza illustrata, come snodi critici del processo decisionale. A differenza delle domande a scelta multipla, i KFPs possono ammettere più di una risposta corretta per gruppo di domande e anche risposte aperte brevi5.

Da ultimo, anche stazioni di Objective Structured Clinical Examination (OSCE)6 in cui si richieda l’interpretazione di referti o di risultati di esami sono adatte alla valutazione di competenza, come nei seguenti esempi:

– osserva questo tracciato ECG di un <descrizione del paziente>, descrivine il ritmo, la frequenza, l’orientamento dell’asse, onde e intervalli  e suggerisci una diagnosi elettrocardiografica

–  un <descrizione del paziente>  ha questa batteria di esami di laboratorio: suggerisci una possibile condizione patologica correlata.

– orienta e osserva questa radiografia standard AP del torace di un <descrizione del paziente>, descrivi l’alterazione morfologica presente e suggerisci una possibile condizione patologica.

b. valutazione dell’uso delle abilità pratiche e degli atteggiamenti

Sono coerenti con questo scopo stazioni di OSCE basate sull’interazione con manichini avanzati o pazienti simulati, come ad es.:

– BLS-D o ALS in scenari clinici di emergenza medica

– manovre (misura della pressione, prelievo venoso)  nel contesto di visita ambulatoriale

– raccolta dell’anamnesi anamnesi, spiegazioni o prescrizioni a un paziente simulato

In queste situazioni può essere valutata la capacità tecnica (manovre di rianimazione cardio-polmonare), ma contestualmente anche la capacità di comunicazione e di lavoro in team. In effetti sono prove realistiche, in cui più ci si avvicina a quelle situazioni reali che sarebbero l’unico vero banco di misura della competenza clinica.

Va in questo senso la tecnica di valutazione denominata mini-CEX7, in cui un incontro con un paziente vero viene valutato da un osservatore. Se al feed-back dell’osservatore-valutatore si aggiungono anche quelli del paziente, di altri discenti presenti alla performance e magari di altri componenti del personale di cura, si parla allora di Multi-Source Feed-back (MSF)8. Quest’ultimo metodo può essere considerato utile nelle situazioni di tirocinio abilitante. Le figure 1 e 2 mostrano esempi di schede di valutazione per il mini-CEX e per il MSF.

Schermata 2015-04-27 alle 13.18.46 Schermata 2015-04-27 alle 13.19.07

Rimane un ultimo punto da discutere, che ci rimanda all’argomento della congruità, fondamentale quando si parla di valutazione. Innanzi tutto, come già detto, i metodi di valutazione devono essere congruenti col tipo di costrutto che si vuol valutare e misurare. Inoltre, affinché sia possibile valutare in maniera valida gli elementi della competenza clinica, è indispensabile che gli studenti abbiano seguito un percorso di insegnamento/apprendimento orientato alla risoluzione di problemi e con ampio ricorso alle simulazioni. Non si vuol certo negare l’importanza della didattica frontale, specie per l’insegnamento dei fondamenti, ma le conoscenze teoriche e nosografiche costituiscono solo il materiale con cui viene poi costruita la competenza. Questo processo di costruzione passa attraverso l’impegno attivo degli studenti, cimentati con compiti di difficoltà crescente, nella soluzione di problemi clinici su carta o con pazienti virtuali in ambiente elettronico9,10 e con simulazioni sia basate su manichini che su pazienti simulati11. Da ultimo, la valutazione delle ancora acerbe competenze di gestione relazionale e clinica dei pazienti potrà essere valutato “on the job” solo consentendo un periodo congruo di pratica clinica, con compiti di crescente autonomia, pur nei limiti di ciò che uno studente può fare in ossequio alla legge. E’ questa l’ultima sfida in vista di un esame laurea abilitante, insieme alla formazione di tutor efficaci sia come sostegno formativo che come valutatori.

Laboratorio No. 1

Tema: Quali competenze nel I biennio di Medicina, e come si valutano
Esperto: Giuseppe Familiari (Roma Sapienza “S. Andrea”)
Moderatore: Maurizia Valli

Partecipanti: Vittorio Locatelli, Maria Filomena Caiaffa, Tiziana Bellini, Mauro Tognon, Francesco Balata.

Mandato per i Laboratori: I partecipanti di ciascun laboratorio definiscano il contenuto delle competenze trattate nel loro laboratorio in termini di conoscenze, abilità e atteggiamenti. Propongano come valutare le competenze nel loro complesso

Dall’Elenco delle competenze TUNING:

1. Comunicare con i pazienti;

2. Definire e portare a compimento un’appropriata ricerca sulla letteratura.

Perché queste due competenze nel primo biennio

La realtà della formazione in Medicina e Chirurgia in Italia ha visto applicare un approccio, in molti Corsi di Laurea tra cui Sapienza Università di Roma, un profilo di tipo biomedico-psico sociale, che prevede anche l’early clinical contact nei primi due anni di corso; in questo ambito la competenza del comunicare con i pazienti, pur se squisitamente di tipo verticale, assume una importanza di tipo strategico anche nel primo biennio del corso di laurea (Familiari, 2000; Familiari et al., 2001, 2006, 2013; Torsoli et al., 2000; Snelgrove et al., 2009).

Inoltre, nei primi due anni di corso, le discipline di base sono generalmente apprese attraverso il progresso della ricerca scientifica e, in diversi Corsi di Laurea, sono presenti diverse esperienze che possono identificare l’acquisizione di una competenza importante quale quella del definire e portare a compimento un’appropriata ricerca sulla letteratura (Relucenti et al., 2014).

Non deve essere infine dimenticata l’importanza della dimensione internazionale della nostra formazione del medico, e l’importanza che, in questo ambito, possano avere linee guida accreditate a livello internazionale (Familiari, 2013; Familiari et al., 2013; Familiari e Consorti, 2013; Consorti, 2014)

Comunicare con i pazienti

Nell’elenco delle competenze TUNING, quella denominata “comunicare con i pazienti” è la prima del secondo livello in un quadro molto complesso che prevede, come competenza generale di primo livello, quella in cui i: “Graduates in medicine will have the ability to communicate effectively in a medical context”. 

Le competenze correlate di secondo livello sono rappresentate da un elenco analitico che richiede un percorso verticale nell’intero corso di medicina per l’acquisizione completa (tabella 1).

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Tabella 1

Su questo argomento, vi è stata una prima consultazione per capire se questo tema, così specialistico in apparenza, fosse adatto in un primo biennio affollato di materie di base, il cui ruolo, almeno per alcune come chimica e fisica non é spesso compreso dagli studenti nella loro importanza per la costruzione delle basi metodologiche del ragionamento scientifico. Il risultato del primo giro di consultazione é stato che bisogna far comprendere che le scienze di base sono fondamentali per la formazione medica e che quindi devono essere strettamente insegnate in modo finalizzato alla formazione clinica. Una prima conclusione di tipo generale è quella che, già dal primo anno di corso, un insegnamento finalizzato con la presentazione di aspetti clinici potrebbe contribuire all’acquisizione di un linguaggio corretto da parte degli studenti; acquisizione precoce che è stata ritenuta indispensabile come base per una buona comunicazione interpersonale.

Sempre dalla discussione del gruppo di lavoro è emerso come, in molti Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia italiani, ci siano, nei primi anni di corso, corsi integrati di Metodologia Medico Scientifica e/o di Scienze Umane, dove si inizia a affrontare la tematica del rapporto medico paziente; questo tipo di organizzazione di tipo verticale, ancora non applicato sistematicamente nella realtà italiana, sembra essere molto importante per indirizzare precocemente gli studenti su questa competenza in modo corretto.

Il gruppo di lavoro ha giudicato questa competenza sia di tipo trasversale che di tipo verticale, in grado di costruirsi validamente nei sei anni di corso e con il contributo di tutti i corsi integrati già dal primo anno.

Non deve essere sottovalutata, soprattutto per quei corsi di laurea ancora con organizzazione di tipo tradizionale, l’importanza del rapporto interpersonale tra docente e studente, nei corsi delle scienze di base. Da un corretto rapporto tra studente e docente, che non sia di tipo autoritario ma, al contrario sia improntato alla cordialità e alla collaborazione, può trovarsi la radice di quelle che saranno poi le abilità comunicative che lo studente riuscirà ad acquisire lungo l’intero percorso formativo. Anche l’esame orale potrebbe rappresentare un’altra possibilità di imparare la comunicazione: lo studente impara ad usare un linguaggio appropriato e soprattutto chiaramente comprensibile.

La valutazione corretta di questa competenza deve comprendere i diversi metodi di valutazione idonei, quali l’OSCE, il mini-CEX, il feedback, l’uso del paziente standardizzato, l’osservazione diretta e il portfolio (Dornan et al., 2011). Naturalmente questi metodi di valutazione sono strutturati per diversi livelli valutativi e possono essere utilizzati nell’intero percorso formativo, con modalità di valutazione a complessità crescente. Debbono anche essere tenute in considerazione le possibilità organizzative del Corso in merito a disponibilità di docenti dedicati e alle risorse economiche da potervi destinare. Per gli studenti dei primi anni di corso è sembrato maggiormente utilizzabile il metodo dell’osservazione diretta e il portfolio come utile strumento di raccolta delle esperienze fatte dallo studente stesso.

Definire e portare a compimento un’appropriata ricerca sulla letteratura 

Questa è una competenza di primo livello, così definita da TUNING: “Graduates in medicine will have the ability to apply scientific principles, method and knowledge to medical practice and research”. Per questa competenza non sono specificate competenze specifiche di secondo livello.

In questo caso, la discussione nel gruppo di lavoro é stata breve e con un accordo immediato. E’ facile comprendere come tutti i corsi del primo biennio si prestino a mostrare allo studente come si conduca una ricerca di letteratura, come si applichino principi scientifici e metodologie innovative. Sono stati discussi diversi casi esplicativi: a esempio, l’insegnamento della genetica medica non può prescindere da laboratori in cui si impari ad usare data base specifici quali PubMed e OMIM. E’ stata citata anche una esperienza di laboratorio, nel campo dell’anatomia micro strutturale, come metodo precoce per offrire agli studenti di Medicina e Chirurgia uno scenario reale di metodo di ricerca scientifica in argomenti comprensibili già dal primo anno di corso (Relucenti et al., 2014). La conclusione del gruppo di lavoro è stata quella che su questa competenza sia più semplice impostare un approccio pedagogico corretto, anche se vi deve essere comunque posta la giusta tensione organizzativa.

I mezzi di valutazione, in questo caso, possono essere compresi all’interno delle usuali prove d’esame orali e scritte dei corsi integrati del primo biennio. Anche per la valutazione di questa competenza, l’uso del portfolio sembra essere molto interessante per iniziare, insieme con lo studente, quel percorso virtuoso di pratica riflessiva, anche sul metodo della ricerca scientifica, che lo dovrà accompagnare per l’intero iter formativo.

Bibliografia

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Dornan T, Mann K, Scherpbier A, Spencer J. Medical Education, Theory and Practice, pp. 1-345, Elsevier, 2011.

Familiari G. Profilo bio-psico-sociale a Roma, La Sapienza, II Facoltà. Med Chir 15: 557-561, 2000.

Familiari G, Falaschi P, Vecchione A. La nuova laurea specialistica in medicina e chirurgia e la formazione di un medico con una cultura biomedico-psico-sociale. Med Chir 16: 591-596, 2001.

Familiari G, Falaschi P, Ziparo V. L’Organizzazione didattica del corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia, Roma “La Sapienza” II Facoltà. Med Chir 32: 1291-1293, 2006.

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Relucenti M, Battaglione E, Miglietta S, Petruzziello L, Familiari G. Early Electron-Microscopy laboratory attendance an efficacious way of introducing medical students to scientific research. In: Microscopy, Advances in Scientific Research and Education, A. Méndez-Vilas Ed., pp. 1145-1150, Formatex, 2014.

Snelgrove H, Familiari G, Gallo P, Gaudio G, Lenzi A, Ziparo V, Frati L. The challenge of reform: 10 years of curricular changes in Italian Medical Schools. Med Teach 31: 1047-1055, 2009.

Torsoli A, Cascino A, Familiari G, Gallo P, Gazzaniga P, Rinaldi C, Della Rocca C, Renda T, Serra P, Frati L. Un’ipotesi di curriculum integrato pre-laurea. MEDIC 20: 204-210, 2000.

Laboratorio No. 2

Tema: Quali competenze al III anno di Medicina, e come si valutano
Esperto: Carlo Della Rocca (Roma Sapienza “E”)

Ai lavori del Laboratorio hanno partecipato: Anna Bossi (Milano Polo Centrale), Calogero Caruso (Palermo), Bruno Moncharmant (Campobasso), Giulia Morace (Milano San Paolo), Raffaella Muraro (Chieti), Giovanni Murialdo (Genova), Sonia Nardulli (Sassari Sism), Riccardo Zucchi (Pisa)

Contenuti del Laboratorio

Inizialmente la discussione si è incentrata sul problema generale della valutazione e, nello specifico, si è sottolineato come la valutazione stessa sia strumento di valorizzazione dell’apprendimento oltre che volano per lo studio strutturato; in particolare si è sottolineto che le modalità stesse della valutazione determinano il tipo di apprendimento e che quindi una valutazione per competenze può aiutare in modo determinante la realizzazione di un apprendimento/insegnamento per competenze. Successivamente la discussione ha affrontato il problema degli strumenti di valutazione rilevando la necessità di stabilirne a livello operativo le modalità di costruzione di utilizzazione oltre che di interpretazione dei risultati della loro applicazione. Nel contestualizzare i concetti espressi è apparso necessario individuare le caratteristiche della condizione del III anno del corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia.

Pur con le dovute differenze locali è apparso chiaro che al III anno:

– si conclude il triennio pre-clinico

– generalmente si concludono i corsi di metodologia clinica

– lo studente dovrebbe aver appreso/sviluppato competenze soprattutto di ordine metodologico e relazionale

– le valutazioni dell’apprendimento dovrebbero misurare la capacità dello studente di applicare – tali competenze nel senso di:

• saper usare le conoscenze acquisite nello studio delle materie di base

• saper usare le abilità metodologiche apprese nello studio delle metodologie di base e cliniche

• saper usare le abilità relazionali sviluppate tramite lo studio delle “humanities”.

In questo contesto sono stati individuati come strumenti di valutazione adeguati:

– una tipologia di esame scritto, con key feature problems per indagare la capacità di usare le conoscenze acquisite

– l’OSCE (objective structured clinical examination) per indagare la capacità di usare le abilità metodologiche

– l’OSVE (objective structured video examination) per indagare la capacità di usare le abilità relazionali

Si è infine passati all’esecuzione del mandato

L’elaborazione del mandato

Sono stati proposti due esempi di competenze:

Condurre un esame obiettivo

Fornire spiegazioni e consigli

Il Laboratorio ha scelto l’esempio “Fornire spiegazioni e consigli” e ha individuato il contesto di “interagire con un assistito che si è sottoposto a un test di screening e ha ricevuto un risultato di positività”.

Preliminarmente è stato individuato il core curriculum necessario per aver sviluppato tale competenza così come di seguito riportato:

– conoscenze epidemiologiche

– conoscenze etio-patogenetiche e fisiopatologiche

– conoscenze relative alla sensibilità e specificità dei test

– abilità “pratiche”

– saper interpretare il valore del test positivo

– abilità relazionali

– saper metter a proprio agio l’assistito

– entrare in empatia con l’assistito

– saper usare un linguaggio adeguato

– saper interagire con il team multiprofessionale

– contestualizzare il risultato del test all’interno del quadro anamnestico

– saper raccogliere l’anamnesi.

Quindi è stato impostato il seguente key feature problem:

Maschio di 35 anni, fumatore, normo-peso con familiarità per cardiopatia ischemica, effettua test di “piazza” nella giornata del diabete con risultato di glicemia = 190 mg/dl. Tu sei il suo medico di famiglia a cui l’assistito si rivolge, spaventato, per spiegazioni.

Come corollario al lavoro svolto è stato notato che una volta seguita la metodologia corretta, in particolare tramite l’individuazione preliminare del core curriculum necessario per formare la competenza indagata, è possibile costruire infiniti contesti anche per un’unica competenza e che lo stesso percorso per costruire un sistema di valutazione per competenze rappresenta un forte strumento “politico” per indurre ad insegnare e ad apprendere per competenza oltre che, inevitabilmente, condurre ad un reale approccio multidisciplinare anche nella formazione del core curriculum.

Laboratorio No. 3

Tema: Quali competenze al IV-V anno di Medicina, e come si valutano
Esperto: Rosa Valanzano (Firenze)

Contenuti del Laboratorio

L’attività formativa professionalizzante (AFP), conosciuta in genere come tirocinio pratico, rappresenta un’attività specifica ed obbligatoria, come prevista  dal DM del 2001.

Non meno di 60 crediti sono destinati alle attività formative professionalizzanti (tirocini) che dovrebbero essere svolti  a piccoli gruppi  con l’esecuzione di attività pratiche, gestuali e relazionali sia al letto della persona malata, sia eventualmente, in un contesto di simulazione, tramite  ad esempio l’impiego di manichini (anche tecnologicamente avanzati) ovviamente disponibili in base alle risorse strutturali ed economiche e del  CLM .

Tale tirocinio è finalizzato a far acquisire la piena padronanza di tutte le necessarie competenze del futuro medico che includono: il percorso intellettivo, le abilità comunicative e quelle pratiche coordinate ed integrate.

Le caratteristiche qualificanti del medico che si intende formare comprendono dunque:

a) buona capacità al contatto umano (communication skills);

b) capacità di autoapprendimento e di autovalutazione (continuing education);

c) abilità ad analizzare e risolvere in piena autonomia i problemi connessi con la pratica medica insieme ad una buona pratica clinica basata sulle evidenze scientifiche (evidence based medicine);

d) abitudine all’aggiornamento costante delle conoscenze e delle abilità, ed il possesso delle basi metodologiche e culturali atte all’acquisizione autonoma ed alla valutazione critica delle nuove conoscenze ed abilità (continuing professional development);

e) buona pratica di lavoro interdisciplinare ed interprofessionale (interprofessional education);

f) conoscenza approfondita dei fondamenti metodologici necessari per un corretto approccio alla ricerca scientifica in campo medico, insieme all’autonomo

g) uso delle tecnologie informatiche.

L’elaborazione del mandato

Lo studente viene messo al centro del proprio percorso formativo, in una posizione attiva che lo porterà gradualmente a gestire le sue stesse attività di apprendimento:

– adeguata accoglienza della persona malata

– appropriata relazione con la persona malata.

Alcuni casi, inerenti procedure  specialistiche (quali l’ inserzione di un catetere venoso centrale o l’esecuzione di una paracentesi) non possono essere necessariamente obbligatori,  essendo pertinenti alla formazione specialistica, benchè  lo studente sarebbe comunque agevolato nel suo successivo iter formativo.

Nell’esperienza del CLM di Firenze le attività professionalizzanti del V anno sono concentrate nel II semestre del V anno, durante il quale non sono previste lezioni frontali.

Sono dunque svolti i seguenti internati:

Medicina interna

Chirurgia generale

Terapia intensiva e subintensiva

Ginecologia ed Ostetricia

DEA (Dipartimento di emergenza-urgenza)

A causa dell’enorme numero di studenti (in media  250) è stato necessario stringere accordi con  i dirigenti di struttura complessa (primari)  di tutta l’Area Vasta , tramite accordi diretti del Presidente del CLM, senza alcuna retribuzione onerosa, ma attribuendo loro  il titolo di tutor.

Attualmente il numero complessivo di docenti e tutors ammonta a 44 unità.

In caso di modifica  di uno dei tutors (per quiescenza o trasferimento) il Presidente ricontatta direttamente il nuovo tutor.

Al fine di assicurare  la qualità della rete formativa viene sottoposto agli studenti  un test di gradimento che include il giudizio su gradimento e frequenza:

Gradimento: ottimo, buono, discreto, sufficiente, insufficiente

Frequenza, come sotto esemplificato.

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Non è invece previsto nessun tirocinio nel VI anno al fine di  consentire agli studenti  di  lavorare  in maniera  approfondita  ma pacata per la compilazione della Tesi di Laurea

Laboratorio No. 4

Tema: Quali competenze alla fine dei sei anni di Medicina, e come si valutano
Esperto: Oliviero Riggio (Roma Sapienza “B” e “C”)

Contenuti del Laboratorio

Il laboratorio è partito dalla definizione di competenza medica come “the habitual and judicious use of communication, knowledge, technical skills, clinical reasoning, emotions, values, and reflection in daily practice for the benefit of the individuals and communities being served” fornita da RM Epstein (N Engl J Med 2007;356:387-96). La competenza medica quindi non può essere considerata una qualità acquisibile una volta per tutte ma piuttosto un habitus mentale all’apprendimento continuo, alla contestualizzazione e alla riflessione continua sulla propria esperienza professionale. Quindi non una condizione da apprendere durante la “Scuola di Medicina” ma acquisibile soprattutto attraverso le successive esperienze di studio e pratica professionale. Inoltre essendo la competenza una attitudine a svolgere efficacemente una attività finalizzata riconosciuta socialmente -nel nostro caso l’attività del medico- è anche evidente come gli studenti di medicina non possano acquisire, per definizione, la competenza medica durante i loro studi. Infine, considerando che la competenza comporta mobilizzare apprendimenti (conoscenze, procedure e logiche disciplinari) per risolvere problemi e per affrontare situazioni nuove e significative e che per realizzarsi comporta il saper agire (mobilizzare le proprie risorse in situazione) il voler agire (motivazione personale) e soprattutto il poter agire (nel contesto che consente e legittima la possibilità di assumere responsabilità e rischi) è evidente il concetto che lo studente di medicina può solo essere introdotto alla “competenza medica”.

Ciò premesso, è evidente che progettare l’attività didattica “per competenza” vuol dire  1) centrare la didattica sulle situazioni/compiti in forma di problemi complessi che lo studente deve imparare ad affrontare, 2) contestualizzare gli apprendimenti in relazione alle situazioni da affrontare e infine 3) valutare soprattutto le potenzialità d’impiego integrato e autonomo di quanto appreso. Questo rende molto diversa la didattica per la competenza dalla didattica per la conoscenza in cui la centratura è sui contenuti scientifico-disciplinari che lo studente deve fare propri, in genere, in forma decontestualizzata.

Nella pratica il professionista della salute parte da un problema, (un disturbo, un dato laboratoristico), che il paziente porta alla sua attenzione, analizza il problema mediante la raccolta mirata di dati (anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche) e, al raggiungimento della diagnosi (competenza diagnostica) prende decisioni e fornisce consigli terapeutici/gestionali (ripetere gli esami, a cadenza variabile, ecc.) (competenza diagnostico/gestionale) comunicando e condividendo decisioni e consigli col paziente (competenza comunicativa/relazionale). Il laboratorio ha quindi concordato che alla fine dei sei anni di medicina, dopo che le conoscenze, le logiche disciplinari e le abilità delle singole discipline mediche sono state acquisite nel corso degli anni precedenti, lo studente debba essere introdotto alla competenza medica sostanzialmente facendolo interagire in maniera necessariamente simulata e controllata ma con il massimo grado di verosimiglianza e di responsabilità personale (e naturalmente in ambiente protetto) con situazioni/problemi che possano essere emblematici di un certo contesto clinico (medicina, chirurgia, emergenza, ecc.) e/o sistematici cioè ritenuti talmente rilevanti da dover essere affrontati almeno una volta da tutti gli studenti del corso, indipendentemente dalla loro futura specializzazione.

L’elaborazione del mandato 

I partecipanti di ciascun laboratorio definiscano il contenuto delle competenze trattate nel loro laboratorio in termini di conoscenze, abilità e atteggiamenti. Propongano come valutare le competenze nel loro complesso.

Il gruppo si è quindi chiesto come identificare “problemi core” e quale metodologia didattica fosse la più adatta a farli affrontare dagli studenti secondo le caratteristiche sopra riportate (verosimiglianza, responsabilità personale, e sistematicità). In questo senso ci si è trovati d’accordo nel sottolineare che, a tale scopo, la semplice frequenza di uno o più reparti (medicina, chirurgia, emergenze, ecc.) non può essere sufficiente a   soddisfare il carattere di sistematicità dei problemi selezionati. La didattica in reparto è infatti contingente ai casi effettivamente presenti in quel momento ed è pertanto non adatta a soddisfare la possibilità che tutti gli studenti del corso affrontino almeno una volta tutti i “problemi core”. Alla frequenza in reparto, necessaria per avvertire la logica generale di una certa attività professionale, occorre affiancare metodi didattici specifici (lavoro a piccoli gruppi, discussione dei casi clinici, studio delle differenze, ecc.) che possano far realizzare la sistematicità dei problemi affrontati. Specialmente in ambito di emergenza la simulazione deve quindi affiancare il reparto e consentire l’apprendimento delle tecniche con il massimo della verosimiglianza ma anche della protezione dello studente in formazione.

Il gruppo di lavoro si è quindi dedicato a scegliere da un pool di problemi quelli “core” mediante l’utilizzo del PUIGER: una griglia di valutazione che permette di identificare le situazioni/problema sulla base della loro Prevalenza, Urgenza, possibilità di Intervento efficace, Gravità, Esemplarità pedagogica e Ripercussione sociale. Infine, a titolo di esempio, per uno specifico problema clinico come “la valutazione della gravità di una emorragia digestiva superiore”, il gruppo ha compilato una matrice per lo sviluppo di un modulo didattico comprendente l’ambito di competenza, la competenza attesa, il compito/i complesso/i che lo studente deve saper affrontare al termine del percorso, i prerequisiti in termini di conoscenze e abilità che lo studente deve aver acquisito in precedenza, gli apprendimenti/risorsa da sviluppare in funzione della competenza complessa e infine, la metodologia didattica e la metodologia di valutazione da impiegare in fase di apprendimento e di valutazione dell’apprendimento. Per quest’ultima fase i metodi di valutazione contestualizzati come il key feature problem è apparso particolarmente adatto.

Conclusioni

Pietro Gallo (Sapienza Università di Roma)

La discussione nei laboratori è partita da tre punti-cardine:

– la definizione di competenza professionale clinica come la capacità di utilizzare conoscenze, abilità e atteggiamenti in un contesto clinico reale o realistico;

– la consapevolezza che per poter valutare per competenze occorre aver prima insegnato per problemi;

– la conoscenza della cassetta degli attrezzi a disposizione per valutare l’acquisizione delle competenze professionali, in termini di quesiti a scelta multipla con problemi clinici, key feature problems, stazioni dell’Objective Structured Clinical Examination (OSCE), osservazione in tirocinio valutativo.

Dalla presentazione degli esperti e, ancor più, dai laboratori, sono emerse alcune conclusioni condivise:

– per insegnare e valutare per problemi occorre formare tanto i docenti (con iniziative di insegnare a insegnare non solo per le lezioni frontali ma anche per la didattica a piccoli gruppi, e per l’esecuzione di prove di valutazione obiettive, pertinenti e coerenti) che i tutor clinici (formazione alle attività didattiche professionalizzanti a piccoli gruppi, al tirocinio clinico, alla valutazione in contesto reale o realistico);

– occorre imparare a conoscere e a utilizzare nel migliore dei modi gli strumenti della valutazione. Dai laboratori emerge la necessità di analizzare le singole componenti delle competenze professionali e di utilizzare strumenti di insegnamento e di valutazione come i key features problems e la simulazione;

– la valutazione per competenze impone un core curriculum concordato in un contesto multi- e inter-disciplinare. Occorre decidere quali sono le core competences da insegnare e di cui è necessario valutare l’apprendimento;

– occorre creare un cultura dell’apprendimento attivo, insegnando agli studenti a venire “preparati alla lezione” che diventa un’occasione non tanto di apprendimento passivo quanto di verifica e completamento delle conoscenze;

– la formazione per competenze richiede contesti clinici meta-disciplinari come il tirocinio; infatti la valutazione per competenze mal si applica al contesto disciplinare (l’esame finale del corso) mentre si presta meglio o alla valutazione formativa (feedback, portfolio) o a forme meno parcellizzate di valutazione certificativa, come l’esame di semestre, l’OCE di biennio, o l’esame di laurea abilitante;

– molte competenze devono essere acquisite in modo longitudinale (secondo la spirale di Hardeni) definendo livelli definiti di acquisizione. Per una valutazione longitudinale sono utili strumenti di valutazione formativa come il portfolio e di valutazione certificativa come un progress test delle competenze.

In conclusione, intanto è opportuno notare che dal dibattito nei laboratori non sono emerse particolari criticità per cui i tempi sembrano maturi, anche nel corso di laurea in Medicina, per addivenire alla formazione e alla valutazione per competenze cliniche.

Dal dibattito è emerso uno specifico mandato per la Conferenza Permanente dei Presidenti di CCLM in Medicina, in termini di:

– contribuire alla definizione di ruolo, funzione e reclutamento dei tutor clinici;

– coordinare un lavoro di definizione delle competenze in uscita del laureato in Medicina e Chirurgia (il profilo del medico “normale” Italiano);

– contribuire alla definizione di una valutazione per competenze delle studente in Medicina, durante il corso degli studi e in sede di esame di laurea abilitante.

Bibliografia

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12. Harden RM, Stamper N: What is a spiral curriculm? Medical Teacher 21: 141-143, 1999.

Cita questo articolo

Consorti F., Della Rocca C., Familiari G., Gallo P., Riggio O., Sperandeo F., Valanzano R., Verso una Laurea professionalizzante. Certificazione delle Competenze professionali, Medicina e Chirurgia, 65: 2931-2941, 2015. DOI:  10.4487/medchir2015-65-3