La CTP 2.0 – Nuove linee-guida della CPPCCLM in Medicina per la creazione e il funzionamento di una CTP (Metodologia)n.84, 2019, pp. 3733-3736, DOI: 10.4487/medchir2019-84-1

Abstract

Abstract

The Technical Committee for Planning teaching and education (TCP) is the collegiate body that flanks the President in most Italian undergraduate curricula in Medicine. It was ruled in 2000 by the Permanent Conference of the Presidents of the Undergraduate Curricula in Medicine (PCPUCM). Since then, several new tasks for the Committee have arisen, especially after the University Reform of 2010 that has changed the scenery of Italian University, giving more importance to the Chancellor and to the Departments, and a lesser weight to the Faculties, and enlarging the responsibilities of the Curricula Presidents. Accordingly, it is time to give birth to a 2.0 TCP to help Presidents to face nowadays challenges.

The Committee for Educational Innovation of the PCPUCM has organized a consensus conference to lay down new guidelines for the creation and functioning of the TCP. Five sections of the new document were devised: i) composition and structure; ii) educational background; iii) teaching organization; iv) quality assurance; and v) faculty development. For each section a new position statement was written by a member of the Committee. After an e-mail exchange, all the position statements were discussed, modified and approved in a Committee meeting. The proposed guidelines were subsequently sent to all the Italian Presidents of the Undergraduate Curricula. At a meeting of the PCPUCM, held in L’Aquila on 13-14 October 2019, each position statement was illustrated, discussed, amended and finally approved. The text of the new guidelines for the creation and functioning of the TCP have been inclu-ded in the article.

Key words: Collegiate Bodies for the Undergra-duate Curriculum in Medicine; TCP; Guidelines; Decision Processes; Consensus Conference.

Parole chiave: Organi Collegiali per il Corso di laurea in Medicina; CTP; Linee-guida; Processi Decisionali; Consensus Conference

Articolo

Premessa

La Conferenza Permanente dei Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina (CPPCCLM) si è riunita all’Aquila il 13 e 14 Settembre 2019 per celebrare il decennale del terremoto che ha colpito la città e per rendere omaggio all’opera di ricostru-zione, di cui l’Università dell’Aquila è stata uno dei principali motori ed impulsi.

In occasione di questo incontro, sono state ap-provate nuove linee-guida per la creazione e la gestione della Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica (CTP) che affianca il Presidente nella gestione del Corso di Laurea in Medicina.

Come siamo arrivati a questo passo? In realtà, la CTP fu ideata ai tempi nei quali Luciano Vettore è stato Presidente della Conferenza ed è stata poi for-malizzata nel 2000 nel Regolamento Didattico dei CLM elaborato dalla Conferenza (Binaglia, 2000). Già sei anni più tardi (Gallo et al, 2006), tuttavia, si richiedeva una nuova messa a punto delle funzioni della CTP alla luce delle mutate esigenze. Più recentemente, nella riunione della CPPCCLM di Varese (12 Aprile 2019), sono emersi tanto ulteriori nuovi compiti per la CTP quanto nuove difficoltà di attuazione di questo pur prezioso organo collegiale, che derivano in gran parte dalla profonda eterogeneità che esiste nella variegata realtà dei CLM in Medicina del nostro Paese, diversi per numero di studenti e di docenti, per organizzazione dell’Ateneo (con il CLM che fa riferimento ora alle Facoltà/Scuole ora ai Dipartimenti), per gli orientamenti pedagogici privilegiati e per le modalità di faculty development messe in atto. Da tutto ciò, il gruppo di lavoro Innovazione Pedagogica della Conferenza ha colto l’opportunità di proporre alla Conferenza la definizione e l’approvazione di nuove linee-guida per la creazione e la gestione della CTP, che tengano conto dei mutati scenari che sono intervenuti nell’Università Italiana.

Antefatto

Nel dicembre 2010 è stata approvata la Legge 240, meglio nota a tutti noi come legge Gelmini, legge che ha mutato profondamente lo scenario universitario italiano intervenendo sull’assetto della goverance potenziando il ruolo del Rettore e della sua squadra, riducendo l’importanza del Senato Accademico a favore del CdA e facendo di fatto sparire le Facoltà a favore dei Dipartimenti, stabilendo nuove regole per l’accesso ai ruoli docenti e mandano ad esaurimento il ruolo dei Ricercatori ed infine un sistema di valutazione periodica e di autovalutazio-ne e assicurazione di qualità.

Come si è arrivati alla legge Gelmini? 

Partiamo da lontano, dalla prima significativa “rivoluzione” del nostro sistema universitario, fermo a regi decreti, la legge 382/80 nata per dare all’Università italiana un assetto che l’avvicinasse al resto del mondo con l’istituzione dei dipartimenti e dei dottorati di ricerca prima di allora inesistenti se non sotto forma di scuole di perfezionamento o definizioni analoghe. La 382 ha anche istituito il ruolo dei Ricercatori in cui sono confluite tutte le svariate figure precarie che esistevano nelle nostre Università (borsisti, assegnisti e contrattisti) e i due ruoli docenti PO e PA. Sparisce con la 382 la miti-ca figura dell’assistente. Nella legge però i canali di reclutamento rimanevano ancora indefiniti e negli anni ai Ricercatori è stato aggiunto un ruolo docente indispensabile per far fronte all’aumento dei corsi di laurea e degli studenti.

I Dipartimenti sostituivano gli istituti, obsoleti in un’università diventata di “massa” in cui il cattedratico padre/padrone con uno stuolo di assistenti aveva esaurito il suo ruolo. L’aggregazione degli istituti in dipartimenti è stata varia, per disciplina e trasversali tra facoltà, per disciplina all’interno di una facoltà, per discipline affini a seconda delle dimensioni dell’Ateneo. In Medicina per le aree cliniche i dipartimenti, tranne forse nelle grandi sedi, erano più trasversali (discipline mediche, discipline chirurgiche, servizi etc). I dipartimenti si occupavano di ricerca e la didattica era demandata interamente alle Facoltà.

La 382 non si è occupata dell’assetto dei corsi di laurea e, a parte l’istituzione dei dottorati, la didattica offerta ha subito pochi cambiamenti. Era però necessario adeguare a standard internazionali anche l’insegnamento e a questo ci ha pensato la riforma Berlinguer con il 3+2, la 509/99 che ha radicalmente modificato l’offerta formativa e soprattutto nei primi anni della sua applicazione ha causato un’improvvisa proliferazione di corsi di laurea spesso differenziati da nomi accattivanti o fantasiosi ma con poca chiarezza nelle finalità e nei contenuti culturali. Negli anni la situazione è migliorata grazie anche a un maggior controllo del MIUR, CUN e infine ANVUR. La riforma Berlinguer non ha toccato Medicina, rimasta a ciclo unico, nonostante negli anni si sia sentita qualche voce isolata che proponeva un 3+3 o 2+4 anche per Medicina con un diploma di laurea intermedio aleatorio, ma in compenso sono arrivate le Professioni Sanitarie.

La proliferazione dei CdL ha contribuito a mettere in crisi il modello organizzativo in Facoltà: troppi docenti, confini meno netti nelle discipline, nascita di corsi interdisciplinari. La crisi ha colpito soprattutto la Facoltà di Scienze, (Matematiche, Fisiche, Chimiche e Naturali) ragionevole un secolo fa con figure ecclettiche di scienziati, anacronistica oggi davanti all’esplosione e diversificazione delle scienze in particolare delle Scienze Biologiche complicata anche dalla nascita delle Biotecnologie e in molti avevano auspicato la nascita di una nuova Facoltà di Biotecnologie.

La legge Gelmini

Su questo scenario, riassunto in breve, è arrivata “la Gelmini” che ha abolito le Facoltà trasferendo le competenze didattiche ai dipartimenti. Come già detto non è stato solo questo: la modifica dell’assetto della governance è stata radicale: il ruolo del Senato Accademico è stato fortemente ridimensionato rispetto al CdA e ai delegati rettorali: il SA prende atto, esprime pareri, ma la politica dell’Ateneo è decisa altrove.

Il trasferimento delle competenze didattiche ai Dipartimenti unito al numero minimo di docenti necessari per la sua costituzione ha portato a un riassetto dei Dipartimenti con fusioni o scissioni riunendo in un’unica struttura le competenze per una disciplina, assumendo di fatto il ruolo di una facoltà. Esempi sono i Dipartimenti di Fisica, Chimica, Matematica, Economia, Giurisprudenza: in questi casi la sparizione della Facoltà non ha avuto aspetti traumatici, ma solo nostalgici anzi potrebbe aver migliorato la gestione della didattica. Si mantengono i Consigli Didattici con i compiti operativi.

Ben diverso è stato per l’area medica per motivi che conosciamo: a Medicina è obbligatoria una Facoltà o Scuola (come probabilmente piace di più al legislatore: l’ansia di rinnovamento prevede cambiare anche i nomi..) il cui presidente (non più preside..) è il delegato del Rettore per i rapporti con il Sistema Sanitario. Questo introduce di fatto un vulnus: il presidente, eletto da una Facoltà non plenaria ma di rappresentanti, interagisce con il sistema sanitario non in nome di un corpo docente ma del Rettore. Al di là di questo la Facoltà non ha poteri reali sulla didattica o sulle chiamate, ma solo di approvazione di quanto già deciso autonomamente dai Dipartimenti.

Quando ha pesato per i Presidenti di CLM in Medicina la perdita di ruolo della Facoltà?

Secondo la legge tra i dipartimenti che formano la Facoltà (o Scuola) deve essere indicato il dipartimento di riferimento del CdS, ma la funzione di riferimento si limita a funzioni amministrative e approvazione della programmazione. In questo panorama l’unico momento assembleare e di confronto tra i docenti del corso di laurea in Medicina è il Consiglio Didattico: questo è successo ma solo in parte per motivi vari, dai carichi didattici pesanti in più corsi di laurea che significa consigli didattici cui si aggiungono scuole di specialità, dottorati, commissioni varie e infine consigli di Dipartimento che nella vita accademica contano di più perché la gestione dei ruoli è in mano ai dipartimenti. Tutto questo si traduce spesso in una scarsa partecipazione ai Consigli.

E qui c’è un altro vulnus: la debolezza della Facoltà, la mancanza di potere reale del Consiglio Didattico (non è un centro di spesa e spesso ha poco o nullo supporto tecnico), la presenza in un dipartimento di molti SSD, una progressione di carriera basata unicamente sulla produttività scientifica rischia di far prevalere logiche interne come la VQR rispetto alle necessità del corso di studio.

Buona parte dei docenti che attualmente compongono i dipartimenti sono nati con la Facoltà e, pur sparsi in più dipartimenti, mantengono un senso di comunità e appartenenza che in parte possono ritrovare nel Consiglio Didattico. Diverso è per le nuove leve nate nei Dipartimenti cui interessa di più il consiglio di Dipartimento da cui dipende la loro futura vita accademica. Il rischio estremo ma temo reale è la perdita della comunità didattica in cui docenti che insegnano in uno stesso corso di laurea non si conoscono.

La necessità di far rinascere in questo scenario una “nuova identità” unita all’arrivo delle procedure di valutazione e autovalutazione è una magnifica occasione di ripensare alla nostra didattica.

Metodologia utilizzata per la stesura e l’appro-vazione delle linee-guida per la creazione e il funzionamento di una CTP

Una volta presa la decisione di sottoporre alla Conferenza la stesura di nuove linee-guida, nella riunione del 20 Giugno 2019 il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica si è data una road map a tappe.

La prima è stata quella di definire i temi fondamentali del nuovo “regolamento”: innanzitutto l’architettura della CTP, in termini di composizione e struttura, e poi l’elenco delle principali funzioni di questo organo collegiale: a) il supporto pedagogico alle decisioni organizzative; b) l’organizzazione didattica; c) l’assicurazione di qualità e d) la formazione dei docenti. Si è quindi dato incarico ad alcuni membri del Gruppo di Lavoro di stilare una prima bozza di regolamento (position statement) per ciascuna di queste parti: Bruno Moncharmont ha scritto la parte relativa all’architettura, Oliviero Riggio quella del supporto pedagogico, Giuseppe Familiari e Carlo Della Rocca la sezione dell’organizzazione didattica, Maurizia Valli quella dell’assicurazione di qualità e Pietro Gallo la parte sul Faculty Development.

Entro una scadenza condivisa, ogni autore ha inviato a tutti gli altri membri del Gruppo di lavoro il proprio position statement ed è seguito uno scam-bio telematico di commenti ed emendamenti.

A questo punto (5 Settembre 2019) il Gruppo di lavoro si è incontrato a Roma Sapienza ed ha discusso collegialmente il testo complessivo delle linee-guida nel quale erano stati inseriti tutti gli emendamenti presentati. Si è così giunti ad una stesura condivisa, avendo cura di eliminare le sovrapposizioni (inevitabili in un testo multi-autore) e di rendere il testo più snello e di valenza più generale possibile. Si è voluto, infatti, evitare di confezionare una proposta di regolamento che fosse troppo dettagliatamente prescrittivo per lasciare libere le diverse Sedi di completare il testo con un regolamento attuativo proprio, che tenga conto delle esigenze ma anche delle risorse locali. Tanto per fare un esempio, è evidente che la CTP di supporto a un Consiglio di Corso di Laurea composto da una cinquantina di docenti dovrà essere differente da quella che opera per un Consiglio di oltre duecento professori.

Il testo approvato dal Gruppo di lavoro è stato poi inviato a tutti i Presidenti dei CLM in Medicina d’Italia con l’avvertenza di esaminarlo con cura e di prepararsi a proporre emendamenti consoni alle esigenze della Sede.

Siamo così arrivati alla riunione della Conferenza dell’Aquila.

La discussione si è svolta in due sessioni distinte.

Nella prima, che ha avuto luogo il 13 Settembre 2019, è stato presentato il documento. La sessione è stata moderata con mano sicura da Fabrizio Con-sorti e da Isabella Barajon e si è articolata nei seguenti interventi:

Al termine della fase di presentazione di ciascun position statement, Maria Grazia Stepparava e Linda Vignozzi – nominate scrutatori – hanno gestito il dibattito raccogliendo interventi con richieste di chiarimenti e proposte di modifica.

A tutti i Presidenti era stato distribuito un testo della bozza di linee-guida comprensivo dello spazio per trascrivervi le proprie proposte di emendamento. Questi emendamenti scritti – in genere preventivamente illustrati in assemblea – sono stati consegnati agli scrutatori al termine della sessione.

Conclusa questa I sessione, il Gruppo di lavoro Innovazione Pedagogica si è riunito e ha esaminato tutti gli emendamenti, ha eliminato eventuali doppioni e ha incluso gli emendamenti nella bozza di linee-guida, inserendoli nel contesto adeguato. L’inserimento era stato favorito a monte dalla numerazione di tutti i capoversi dei diversi position statement. L’indomani, 14 Settembre, gli scrutatori hanno mostrato a tutta la Conferenza (i Presidenti assenti all’Aquila erano collegati via skype) il testo delle linee guida, chiedendo una votazione palese per ciascun capoverso, inclusi quelli per i quali non era stato presentato alcun emendamento. Nel caso fossero presenti più emendamenti differenti sullo stesso comma, questi sono stati votati a mozioni contrapposte. In ogni caso è stato approvato (in genere all’unanimità, talora a grande maggioranza) ciascun comma. Al termine di questa operazione articolata e complessa, è stato così approvato un testo condiviso (che il lettore troverà qui).

Bibliografia

Binaglia L, 2019, Per un nuovo regolamento del corso di laurea. Med. Chir. 14: 502-503, 2000.

Gallo P, Binetti P, Della Rocca C, Familiari G, Maroder M, Valanzano R, Vettore L: Finalità, composizione e modalità di lavoro della Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica. Med. Chir. 33: 1337-1340, 2006.

Cita questo articolo

Gallo P, et al., La CTP 2.0 – Nuove linee-guida della CPPCCLM in Medicina per la creazione e il funzionamento di una CTP (Metodologia), in Medicina e Chirurgia, 84, 3733-3736, 2019. DOI: 10.4487/medchir2019-84-1

Affiliazione autori

Pietro Gallo, Stefania Basili, Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Manuela Merli, Oliviero Riggio – Università La Sapienza, Roma

Isabella Barajon – Università Humanitas, Milano

Giovanni Ferraiuoli – SISM

Fausta Lui – Università di Modena e Reggio Emilia

Bruno Moncharmont – Università del Molise

Maria Grazia Strepparava – Università Bicocca, Milano

Maurizia Valli – Università di Pavia

Linda Vignozzi – Università di Firenze

Nuovi strumenti didattici. “Insegnamolo Strano” Ateliern.80, 2018, pp. 3577-3583, DOI: 10.4487/medchir2018-80-2

Abstract

The article describes the ideas discussed during the labs organized by the Educational Team at the 131 CPPCLMMC Conference. The educational issues discussed during the three ateliers were: flipped classroom, video use in medical education and medical humanities. These three areas can be seen as prototypical examples of students centred teaching strategies. As result of the groups activities, the positive role of active and cooperative learning, the relevance of the faculty for identify the educational goals and related didactic strategies, the role of medical humanities in fostering a patient-centred doctor, was pointed out.

Key words: FLIPPED CLASSROOM, VIDEO, TECHNO-LOGY ENHANCED LEARNING, MEDICAL HUMANITIES

Articolo

Nel corso della 131a Conferenza Permanente dei Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgia che si è svolta a Salerno, è stato attivato un Miniatelier di presentazione e riflessione su alcune metodologie didattiche innovative. Tre sono state le aree affrontate dai laboratori attivati nel pomeriggio del 19 ottobre: l’implementazione della flipped classroom, l’utilizzo delle videoregistrazioni e la didattica delle medical humanities. Sono state scelte metodologie e approcci didattici per un insegnamento centrato sullo studente, tale da consentire a studenti con stili cognitivi differenti, di venire sollecitati ad ap-prendere oltre la lezione frontale. Come di consueto ogni laboratorio è stato preceduto da una breve introduzione sui contenuti, seguita da un’attività a piccolo gruppo di circa un’ora e mezza, con l’obiettivo di definire – a partire dalle quattro dimensioni del perché, quando, cosa e come – alcune modalità per implementare nei corsi di laurea le metodologie in oggetto. Al termine dei lavori la sintesi dei punti essenziali discussi in piccolo gruppo ha costituito il take-home-message della giornata.

Il filo rosso che ha accompagnato il lavoro riflessivo dei gruppi è la necessità che ogni intervento venga implementato in modo saldamente integrato in tutto il processo della formazione e costantemente ancorato agli obiettivi di apprendimento, alla pratica riflessiva e alla motivazione degli studenti: la conoscenza non può che svilupparsi in stretta interazione con la comunità di pratiche in cui essa avviene (Bullock, de Jong, 2014). E’ il passaggio dalla metafora dell’apprendimento come acquisizione di conoscenze a quella dell’apprendimento come pro-cesso partecipativo in cui l’apprendimento è pensa-to come un fluire dinamico che avviene tra persone che condividono legami (Sfard, 1998).

Per un modello praticabile di “flipped classroom” nei corsi di laurea in Medicina

Fabrizio Consorti (Sapienza di Roma e SIPeM), Bruno Moncharmont (Molise) e Linda Vignozzi (Firenze) moderatori-rapporteur – Laboratorio 1

Il mondo accademico italiano – e i corsi di laurea in Medicina in particolare – sono sollecitati in misura sempre maggiore ad adottare strategie formative che incentivino la pro-attività dei discenti, nell’ottica di giungere ad esiti direttamente professionalizzanti, benché commisurati al livello lecitamente verosimile al termine del percorso di laurea. Sarà la formazione post-laurea a completare la professionalizzazione dei nuovi medici, ma questo processo sarà tanto più efficace quanto più potrà agire su neolaureati già abituati ad analizzare efficacemente problemi e a cercare autonomamente le soluzioni.

In quest’ottica è un vero spreco utilizzare tutte le ore di didattica formale frontale (aula grande e piccoli gruppi) solo per “trasmettere” ciò che è già scritto sui libri. L’approccio di flipped classroom consente di usare in modo efficiente una certa quantità di ore di didattica frontale per sollecitare gli studenti ad assumere un ruolo attivo, formare in maniera guidata l’attitudine al pensiero logico e facilitare il passaggio della teoria all’utilizzo pratico di problem solving.

Lo scopo di questa Introduzione è di ricapitolare brevemente la metodologia della flipped classroom e di fornire l’indicazione di alcune criticità per l’implementazione, a partire da un’esperienza concreta vissuta (Consorti, Mingarelli 2018).

A. Come si attua in 4 passi

Il primo passo indispensabile è identificare gli obiettivi pertinenti, che devono necessariamente essere del tipo “Interpretare ”, “riconoscere ” o “correlare”, se non di livello ancora più alto come “diagnosticare” o “prescrivere ..”. Tutti questi tipi di obiettivi riconoscono come pre-requisiti il possesso di conoscenza, quindi la capacità di “descrivere.. ” o “elencare..” o “illustrare ..”.

Il secondo passo è la predisposizione del materiale di studio, che può consistere in schede sintetiche o in videoregistrazioni di brevi lezioni. Il materiale è distribuito per via elettronica qualche giorno prima della lezione.

Il terzo passo è la realizzazione delle attività d’aula. E’ bene cominciare con un’attività di valutazione rapida della comprensione dei materiali di studio distribuiti, attraverso una breve batteria di domande (a scelta multipla, vero/falso, ad incrocio), accompagnate eventualmente da un mini-ripasso in 2-3 slide dei temi che risultano essere più deboli. La valutazione va eseguita attraverso dispositivi di voto d’aula, facilmente realizzabile oggi con app dedicate per smartphone, come Socrative o Kahoot.

Si passa quindi alle attività di applicazione della conoscenza, da realizzarsi preferibilmente in piccolo gruppo. E’ possibile organizzare piccoli gruppi anche in aula grande, associando 3+3 studenti seduti contigui su due file di banchi (Lochner 2018). Le attività devono consistere in situazioni da interpretare, semplici problemi da analizzare o di cui proporre una soluzione possibile (Dipace, Loperfi-do 2018).

Il quarto passo sono le attività dopo la lezione. Possono a questo punto utilmente essere indicate le pagine di manuale da studiare per approfondire gli argomenti o essere assegnati ulteriori esercizi da effettuare online su piattaforma di e-learning, a rinforzo di quanto fatto in classe.

B. Suggerimenti per l’implementazione

La durata della lezione non può essere inferiore alle due ore, tempo minimo per sviluppare le attività suggerite e lasciar spazio a domande e discussione, che sono molto più probabili con l’approccio flipped che con la lezione tradizionale. La valutazione finale del corso deve essere chiaramente orientata alle attività svolte, che si configurano perciò come una serie di valutazioni formative in itinere. Questo aspetto dev’essere chiaramente indicato a inizio corso, per fugare i timori che sia tutto un gioco e poi l’esame sarà altra cosa. In (Persky, McLau-ghlin, 2017) e (Chen, Lui, Martinelli, 2017) potete trovare una sintesi aggiornata di metodo e efficacia della flipped classroom.

C. Esperienza nel laboratorio della flipped classroom

Nella seduta di lavoro di gruppo a tema, i tre gruppi avevano il mandato di progettare un’attività formativa in modalità flipped classroom nell’ambito di un corso di laurea in medicina seguendo la prevista organizzazione nei 4 step sopracitati.

Un primo gruppo ha progettato un evento con simulazione di pazienti a diversi livelli di “challenge”. In questo approccio si sono riconosciuti degli obiettivi formativi di tipo interpretativo e decisionale, finalizzati al potenziamento della riflessione e dell’analisi critica. Questo scenario, puntando all’assunzione di un ruolo attivo da parte degli studenti necessario in questa tipologia di simulazione, ha presentato una chiara criticità dovuta alla scarsa interazione tra i gruppi di studenti.

Il secondo gruppo, ha progettato un evento formativo con la suddivisione della classe in 4 piccoli gruppi, ognuno con un proprio obiettivo formativo, prevedendo anche la correzione tra pari. Questa tipologia di flipped-classroom collegata ad un approccio di team-based learning, ha presentato la criticità di non definire in maniera chiara il ruolo del docente nella classe, accentuando il rischio di una formazione non guidata.

Nel terzo gruppo si è invece progettata un’a preventiva attività a distanza, con un multiple choice questionnaire (MCQ) di verifica iniziale, da effettuarsi in classe, seguito da una correzione e discussione in aula con studenti che hanno dato risposte errate. A seguire poi la classe sarebbe stata organizzata in lavori di gruppo su casi clinici con valutazione tra pari e debriefing finale da parte del docente. Tale modalità presentava due criticità maggiori: i) la riduzione sia del tempo di studio a casa che, di fatto, anche di quello in aula; ii) la focalizzazione sullostudente che aveva dato risposte errate nel questionario di valutazione.

Le videoregistrazioni e le griglie di osservazione.

Maria Grazia Strepparava (Milano Bicocca) esperta, Isabella Barajon (Milano Humanitas) e Carlo Della Rocca (Roma Sapienza) moderatori-rapporteur – La-boratorio 2

Lo sviluppo tecnologico ha aperto prospettive interessanti per l’implementazione della didattica: dalle piattaforme per l’e-learning, ai vari tipi di social, passando per la agilità con cui oggi possiamo creare video ad alta definizione con uno smartphone. E’ l’area che viene definita TEL Technology Enhanced Learning, i cui confini e caratteristiche pedagogiche sono oggetto di un ampio e articola-to dibattito tra gli esperti (Bullock, de Jong, 2014), che ha generato innumerevoli lavori di ricerca. Gli articoli che studiano l’utilizzo dei nuovi media in ambito educativo è triplicato tra il 2000 e il 2012 (Giannakos, 2013), sono state pubblicate svariate revisioni di letteratura e metanalisi sull’efficacia didattica delle video registrazioni, sia per quanto riguarda la Medical Education in generale (Forbes et. al 2016), sia più specificatamente con gli studenti di medicina (Ahmet et al 2018). Per identificare attività e ambiti formativi in cui le video registrazioni potenziano la normale attività didattica, dobbiamo ragionare su tre dimensioni: tipi di video, contenuti dei video e modalità d’uso.

Le categorie di video che possiamo utilizzare in Medical Education presentano diversi punti di forza e di criticità, abbiamo infatti:

  • Video registrazioni dirette delle lezioni effettuate in una data sede, in cui il docente/esercitatore viene filmato mentre insegna. L’attività didattica può essere esplicitamente predisposta per la registrazione, quindi senza pubblico e interruzioni, oppure viene registrato tutto ciò che avviene in aula, comprese le interazioni del docente con gli studenti (lecture capture), non è necessaria una tecnologia sofisticata né in fase di registrazione né in fase di riproduzione.
  • Video registrazioni disponibili sul web, liberamente attingibili o a pagamento, suddivise in tre grandi categorie (Chen, Wu, 2015):

a. lecture capture, come sopra descritte; l’impatto didattico di questo tipo di video è il risultato dell’interazione tra i contenuti specifici, l’efficacia comunicativa del parlante, la presenza di fattori di disturbo quali i rumori di fondo o le interferenze degli aspetti paraverbali che accompagnano il parlato: nel corso di una interazione in vivo tendono a scomparire sullo sfondo per effetto dei meccanismi di attenzione selettiva, ma vengono amplificati in video.

b. voice over presentation, presentazioni ani-mate, accompagnate da una voce narrante, nelle quali può essere presente anche una finestra riassuntiva della lista dei contenuti. Manca completamente la dimensione interattiva della lezione, favorendo la distraibili-tà dell’utente.

c. picture in picture, una presentazione filmicamente complessa, in cui il parlante è sovrapposto alle slide, integrate da artico-lati effetti di animazione, possibili solo con un complesso e costoso processo di post-produzione. Viene generato un prodotto estremamente efficace perché stimola con-temporaneamente i diversi canali sensoriali, favorisce l’integrazione cognitiva, mantiene viva l’attenzione, stimola l’attivazione emotiva.

  • Video prodotti dagli stessi studenti, durante la lezione o esercitazione (es. role-play) e oggetto di analisi durante la lezione o in quella successiva, utili soprattutto quando l’attività didattica verte sull’acquisizione di specifiche abilità pratiche; tali video richiedono la presenza di tutori esperti e ben formati per fornire immediatamente agli studenti i feedback più appropriati e/o effettuare una valutazione delle competenze acquisite.

Un secondo aspetto concerne le modalità di uso delle videoregistrazioni: presentazione in aula e fruizione durante le lezioni o nelle esercitazioni a piccolo gruppo; video caricati su una piattaforma (tipo moodle), con accessibilità continua, per un tempo illimitato; video fruibili secondo modalità e regole di accesso predefinite dal docente; modalità blended learning: attività integrata mediata dal computer e/o sistemi mobili, ad esempio quando il docente utilizza un video come lancio per un forum di discussione

Accanto ai video che sono la registrazione di lezioni, conferenze o seminari, vi sono video didattici su specifici contenuti relativi alle abilità pratiche: procedure mediche o chirurgiche a differente grado di complessità, ma anche aspetti relativi alla comunicazione medico-paziente: tutti contenuti relativi all’acquisizione di specifiche competenze pratiche. Si tratta di prodotti didattici che richiedo-no un’attenta preparazione: dalla scelta del livello di definizione molecolare della procedura/abilità, alla costruzione delle procedure di codifica dell’analisi del video, così da lasciare il minor spazio possibile all’arbitrarietà dell’osservatore nella valutazione del-le azioni che vengono osservate.

Sia che il video sia usato come stimolo per innescare l’apprendimento o che venga usato come mezzo per verificare l’apprendimento, è essenziale prevedere una valutazione pre-post dello studente, valutazione che deve fornire una misura non solo del grado di conoscenza/competenza acquisita dal-lo studente, ma costituire anche una autovalutazione dello studente della fiducia che ha nella propria competenza. Le griglie di valutazione dell’acquisizione di specifiche abilità pratiche devono essere costruite calibrando con attenzione la loro corrispondenza ai contenuti presenti nei video (Xeroulis 2007): possiamo effettuare sia valutazioni di un’abilità presa nella sua globalità (expert-based – Global Rating Scores) sia valutazioni dettagliate di puntuali competenze pratiche, ad esempio calcolando il numero di movimenti che lo studente svolge nell’unità di tempo (computer-based assessment – Hand Motion Analysis ). Meglio ancora quando queste griglie sono il frutto di ricerche multicentriche che le hanno validate (Soucisse, 2011).

Un buon video non contiene soltanto la descrizione puntuale di singole abilità, ma dovrebbe con-tenere passaggi in cui è necessario che lo studente osservi come vengono applicate le abilità di problem-solving (o le applichi direttamente se si trattadi un proprio video), non solo per consentire l’acquisizione delle abilità pratiche in oggetto e delle relative conoscenze sottostanti, ma per incrementare la consapevolezza individuale della complessità della pratica clinica, favorendo lo sviluppo delle capacità relative ai processi decisionali. Questo apprendimento è massimizzato quando la fruizione del video è accompagnato da una adeguata attività meta riflessiva sotto la guida di un tutore (Coyne, Needham, 2012; Coyne, Needham, Rands, 2012; Johnsen et al. 2016; Johnsen et. al 2017).

Un ultimo elemento da prendere in considera-zione è il modo in cui viene effettuato il processo di tutoraggio: rivedere il proprio video con un tutore che fornisce dei feedback adeguati durante la fruizione del video incrementa in modo esponenziale l’apprendimento (Soucisse 2017), sebbene sul me-dio periodo e per le abilità globali anche la semplice fruizione del video è efficace, per l’acquisizione di abilità di precisione il video supervisionato da un tutore è la combinazione ottimale per un apprendimento corretto, stabile e duraturo (Shippey et al. 2011). Davanti alla cronica mancanza di persone disponibili a svolgere il ruolo di tutore è consola-torio il fatto che ottimi tutori, efficaci nel facilitare l’apprendimento attraverso la fruizione di un video, sono i pari (Saune et al. 2017).

Il futuro scorre veloce e se già adesso gli smartphone sono uno strumento utile per la fruizione libera dei video da parte degli studenti e migliorano la prestazione e le conoscenze (come del resto si era già visto per l’uso dei video da postazione fissa) senza che venga rilevata alcuna differenza nella percezione soggettiva di autoefficacia (Chuang et al. 2018), il prossimo futuro sembra aprire la porta ad ulteriori sviluppi, ad esempio al processo di gamification digitale e all’utilizzo didattico dei video-games (Chen et al. 2018).

Durante il laboratorio sono stati presentati, di-scussi e articolati nei diversi punti gli aspetti sopra delineati, ricostruendo anche la storia di alcuni centri e/o attività di eccellenza svolte negli anni presso diversi Corsi di Laurea, come Genova, Trieste o Roma. Si tratta di esperienze importanti, che hanno generato un ampio patrimonio di conoscenze e materiali che faciliterebbero l’implementazione di queste modalità didattiche se fossero più facilmente accessibili e fruibili da parte di tutti i Presidenti. L’uso di materiali comuni potrebbe inoltre consentire la progettazione di moduli didattici simili ed aprirebbe più facilmente alla possibilità di implementare protocolli di valutazione dell’apprendimento condivisi.

L’insegnamento delle Medical Humanities

Giuseppe Familiari (Roma Sapienza), Manuela Merli (Roma Sapienza) Fausta Lui (Modena/Reggio Emilia) – Laboratorio 3

L’insegnamento delle “Medical Humanities” nell’ambito del curriculum dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia è oggi ormai irrinunciabile, allo scopo di integrare il costante progresso della ricerca scientifica biomolecolare e dello sviluppo della tecnologia con la visione del processo di cura centrato sulla persona; numerose evidenze nazionali e internazionali mettono infatti in evidenza come l’insegnamento sistematico e organizzato di questi temi possa garantire quegli esiti di formazione in grado di assicurare una applicazione corretta ed aggiornata della scienza e della tecnologia, sen-za mettere in secondo piano l’unicità della persona, l’importanza del dialogo, ma anche la correlazione che vi è tra la persona stessa e l’ambiente sociale in cui vive (ABIM foundation, 2002; Binetti 2011a,b). Deve però essere notato come, nonostante la comprovata presenza di valide esperienze nazionali e internazionali, le Medical Humanities siano ancora oggi caratterizzate dall’essere una attività spesso marginale e collaterale nell’insegnamento della medicina, affidata, in alcuni casi, ad iniziative per-sonali di alcuni docenti molto motivati nella loro missione formativa nei confronti degli studenti. Lo scopo di questo laboratorio è stato quello di indi-care alcune modalita’ per sistematizzare e rendere maggiormente organico con il Corso di Medicina e Chirurgia l’insegnamento delle Medical Humanities, indicando metodologie di contestualizzazione di questi argomenti tratti dal vasto contesto delle scienze umane.

L’esperienza di Sapienza Università di Roma

In premessa al laboratorio, come consuetudine degli Atelier formativi sulla “medical education”, è stata brevemente presentata l’esperienza dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia di Sapienza, in questo ambito. L’insegnamento delle Medical Humanities è stato da tempo introdotto nel Corso di Studi , sin dal 1999, attraverso l’ identificazione di un “profilo formativo di tipo biomedico-psicosociale”, dove, nell’ambito di una organizzazione generale della parte biomedica in forma di triangoli invertiti, con inizio clinico precoce sin dal primo anno e la persistenza delle materie di base anche negli anni successivi, ad esempio nell’ambito della cosiddetta “medicina di precisione”, è presente, in tutti i sei anni un “Corso Integrato di Metodologia Medico Scientifica e Scienze Umane”. Tale corso accompagna lo studente in tutto il periodo della sua formazione, integrando i contenuti delle “medical humanities” al crescere progressivo delle competenze cliniche (Familiari et al., 2001, 2006; Snelgrove et al., 2009). Sono contenute, all’interno di questo corso longitudinale, competenze specifiche fornite da docenti di settori scientifico disciplinari diversi (Bioetica, Psicologia generale, pedagogia speciale, antropologia culturale, economia, ecc.) da quelli propri della medicina, che integrano e contestualizzano i loro contenuti con quelli della parte medica.

Sono state presentate, in questa occasione, tre esperienze messe in atto negli ultimi anni, di cui si dovranno ancora valutare i relativi effetti, nel senso dell’effettivo miglioramento delle competenze professionali, e che riguardano una possibile contestualizzazione delle scienze umane all’interno del percorso formativo.

La prima riguarda l’uso della “visual thinking strategy” e dell’arte come metodo per affinare le capacità di osservazione e ragionamento, ma anche per arricchire il proprio bagaglio culturale. Sono in corso due sperimentazioni, la prima che prevede vi-site guidate degli studenti del terzo e quarto anno di corso all’interno del Museo e una complessa strutturazione di tipo laboratoriale per la rielaborazione della riflessione propria di ogni studente partecipante (Familiari et al., 2010; Ferrara et al., 2016); la seconda ha invece previsto la realizzazione di video tutorials e l’uso di questi come trigger nelle lezioni di Anatomia di superficie per gli studenti del primoe secondo anno di corso (Heyn et al., 2018).

La seconda esperienza riguarda l’utilizzo della “medicina narrativa” e ha previsto un corso teorico di medicina narrativa erogato agli studenti del terzo anno di corso, cui è seguita, nel quarto anno, la rielaborazione, attraverso esperienze laboratoriali con l’uso di piattaforme informatiche specifiche, e la presentazione di “project work” da parte di piccoli gruppi di studenti (Marco Testa, osservazioni non pubblicate).

La terza esperienza, infine, è un progetto di contestualizzazione per gli studenti del primo anno di corso riguardante le “tecniche di simulazione” nel training formativo specifico. Anche questa esperienza prevede la partecipazione interattiva di piccoli gruppi di studenti (Maria Caporale, osservazioni non pubblicate).

Il Laboratorio interattivo

L’obiettivo del laboratorio era quello di elaborare esperienze di medical Humanities in grado di contribuire al syllabus e all’esame di alcuni corsi inte-grati specifici. Si sono costituiti tre piccoli gruppi di lavoro che hanno elaborato tre diverse proposte.

Il primo gruppo prevedeva una proposta di integrazione tra le Medical Humanities e la Medicina Interna. Partecipavano Giorgia Soldà, Maria Filomena Caiaffa, Sabino De Placido, Maria Luigia Randi. Sono state presentate scene dal film “Caro Diario”, episodio “Medici”, di Nanni Moretti (1993) in cui si evidenzia una scarsa capacità di ascolto da parte dei vari medici consultati, tale da condurre ad un algoritmo diagnostico non corretto con un considerevole aumento dei ritardi nei tempi di cura efficace del paziente.

Il secondo gruppo prevedeva una proposta di integrazione tra le Medical Humanities e la Biochi-mica. Vi partecipavano Tiziana Bellini, Graziella De Montis, Lorella Franzoni e Mario Messina. Il punto di partenza, in questo caso, era rappresentato da un’immagine molto diffusa su siti che riportano i rischi dell’alcolismo (la sagoma in controluce di un uomo ritratto innanzi ad una bottiglia di superalcolico). L’integrazione proposta era quella tra le riflessioni sulle implicazioni sociali dell’alcoolismo, il tipo di domande da porre in questo caso al paziente, ovviamente la conoscenza della biochimica specifica, l’uso dei test diagnostici, la differenza riscontrabile tra l’alcolista cronico o l’evento sporadico per quanto riguarda l’alterazione delle vie metaboliche correlate. Un dato importante, emerso dalla discussione del gruppo, è stato il riconoscimento della necessita di una multidisciplinarietà per trattare in modo adeguato tale argomento.

Il terzo gruppo prevedeva una proposta di integrazione tra le Medical Humanities e l’Anatomia Umana. Vi partecipavano Giuseppe Santoro, Ottavio Cremona, Amelio Dolfi e Maddalena Di Lillo. In questo caso, partendo da immagini raffiguranti espressioni di dolore prese dalla storia dell’arte o dai media contemporanei (varie raffigurazioni di San Sebastiano o di sportivi infortunati) è stata ana-lizzata l’anatomia dell’espressione facciale, integrata con la predizione dello stato emotivo e fisico del paziente mediante l’uso di punti antropometrici del volto (ad esempio secondo il Facial Action Coding System), con la predizione della morfologia facciale a seguito di interventi di chirurgia plastica o ricostruttiva del volto e con l’analisi delle tematiche bioetiche correlate.

In estrema sintesi, le conclusioni e le indicazioni del laboratorio hanno messo in evidenza i seguenti punti, ritenuti importanti:

  1. Individuare le migliori modalità pedagogiche per coinvolgere attivamente gli studenti, evitando che queste attività possano essere percepite dagli stessi studenti come attività marginali o poco utili alla loro formazione professionale;
  2. Selezionare e pianificare le Medical Humanities più adeguate ad essere integrate nei diversi corsi integrati e su argomenti specifici nell’arco dell’intero percorso di studio;
  • Formare adeguatamente i Docenti motivando-li a condividere esperienze anche non stretta-mente correlate al loro settore scientifico disciplinare, fornendo loro le basi pedagogiche opportune atte a condividere l’integrazione multidisciplinare ed a stimolare la partecipazione attiva degli studenti.

Conclusioni

Pietro Gallo (Roma Sapienza)

Al termine del debriefing di restituzione è stato possibile tirare alcune conclusioni:

  • Le nuove metodologie didattiche favoriscono lo student-centred learning e l’apprendimento attivo. Promuovono uno studio individuale guidato, il lavoro dello studente all’interno di piccoli gruppi, l’interazione tra studente e studente e tra studente e docente.
  • Il lavoro condotto all’interno dei laboratori dell’atelier ha sottolineato che il docente non è una monade, e ha mostrato l’utilità, anzi la necessità, che il lavoro di programmazione dell’insegnamento sia condiviso con altri docenti. Il fatto di scambiarsi feedback costruttivi deve essere una costante del lavoro del docente.
  • È stata anche evidenziata la necessità che la programmazione dell’attività di didattica sia condotta allineando l’identificazione degli obiettivi formativi, la scelta delle metodologie didattiche più coerenti con gli obiettivi, e la definizione di metodi di valutazione dell’apprendimento che siano altrettanto coerenti.
  • Si è infine constatata la necessità di una continuità nel lavoro della Conferenza dei Presidenti di CLM in Medicina, al di là della rotazione degli incarichi, per cui è stata chiesta, e pronta-mente attuata dalla prof.ssa Basili, la creazione di un repository sul sito della Conferenza nel quale lasciare in eredità ai futuri Presidenti i materiali didattici via via elaborati dai membri della Conferenza.

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Snelgrove H, Familiari G, Gallo P, Gaudio E, Lenzi A, Ziparo V, Frati L. The Challenge of Reform: 10 years of curricula change in Italian Medical Schools. Med Teach 31: 1047-1055, 2009.

Cita questo articolo

Streppafava M.G., et al., Nuovi strumenti didattici – “Insegnamolo Strano” Miniatelier, Medicina e Chirurgia, 80: 3577-3583, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-80-2

Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. I. Da una didattica basata sull’insegnamento ad una centrata sull’apprendimenton.78, 2018, pp. 3494-3496, DOI: 10.4487/medchir2018-78-3

Abstract

The aim of this editorial is to recall the paradigm shift from teacher-centred to student-centred undergraduate education, in order to introduce a series of three articles on the topic of learning strategies of Italian medical students.

The shift towards student-centred education begins with the curriculum design, aimed to modulate the learning objects on the different outcome competencies that medical students have to acquire. Then, the various kinds of competencies must be aligned with the consistent modes of teaching and of learning assessment.

To favour this shift, the working group of medical education of the Italian Conference of the Presidents of Undergraduate Curricula in Medicine opened a debate on the question whether the teaching strategies carried out in our curricula are in keeping with the learning attitudes of our students. A forum was accordingly organized to discuss three of these learning strategies: the study groups; students’ transcriptions of lectures; and IT platforms and new media.

Three different articles will follow on these subjects, aimed to evaluate how to verify, validate, promote and integrate students’ learning strategies with our teaching tools.

Key words: Medical Education; Student-centred education; Competencies; Learning Objects

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Lo scopo di questo editoriale e di richiamare il cambio di paradigma da una didattica universitaria centrata sul docente a una centrata sullo studente, al fine di introdurre tre articoli sul tema delle strategie di apprendimento degli studenti in medicina italiani.

Lo spostamento verso la didattica centrata sullo studente inizia con la pianificazione del curriculum degli studi, finalizzato a modulare gli obiettivi di apprendimento sulle diverse competenze in uscita che gli studenti in medicina devono acquisire. Successivamente, i diversi tipi di competenze devono essere allineati con le pertinenti modalità di insegnamento e di valutazione dell’apprendimento.

Per favorire questo spostamento di paradigma, il gruppo di lavoro Innovazione Pedagogica della Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina ha aperto un dibattito sul quesito se le strategie di insegnamento portate avanti nei nostri corsi di laurea sono coerenti con le attitudini di apprendimento dei nostri studenti. È stato così organizzato un forum per discutere tre di queste strategie di apprendimento: i gruppi di studio; le trascrizioni delle lezioni (le cosiddette sbobinature); e le piattaforme informatiche e i nuovi media.

Seguiranno tre differenti articoli su questi temi, finalizzati a valutare come verificare, validare, promuovere e integrare le strategie di apprendimento degli studenti con i nostri strumenti di insegnamento.

Parole chiave: Pedagogia medica; Didattica centrata sullo studente – Competenze – Obiettivi di apprendimento

Articolo

È in atto, nella didattica universitaria, un cambio di paradigma con il passaggio da una dimensione della didattica centrata sul docente, e sull’insegnamento, a una basata sullo studente, e sull’apprendimento. Non si tratta di modificare solo l’angolo di visuale, ma di un mutamento radicale, che investe dimensioni molteplici (Tabella I).

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Il mondo universitario ha finora visto come la propria missione principale – se non unica – quella di produrre nuove conoscenze attraverso la ricerca scientifica, con il fine subalterno di trasferirleagli studenti.

Grazie ai progressi della pedagogia e della ricerca didattica, tuttavia, sta maturando progressivamente la consapevolezza che la promozione efficace dell’apprendimento dello studente non è una missionsubalterna per l’Accademia. In questa ottica, l’asse lungo il quale si sviluppa il curriculum degli studi universitari non è più quello di un “programma da svolgere” scelto “a priori” dal corpo docente ma quello delle “competenze che gli studenti devono acquisire”, individuate d’intesa con gli stakeholders.

Programmare per competenze significa rendersi conto che queste si distribuiscono su un ampio spettro di acquisizioni cognitive: dalle conoscenze(da apprendere, memorizzare, richiamare, rielaborare criticamente) che costituiscono il saperedello studente, alle abilità(interpretative, relazionali e operative) che attengono al campo del saper fare, alle attitudini(professionali ed etiche) che rientrano nella sfera del saper essere, alle meta-competenze clinicheche implicano il richiamo delle conoscenze e delle abilità da mettere al servizio della capacità di risolvere problemi e prendere decisioni e che richiedono la formazione di un professionista riflessivo.

Lo spettro delle competenze trasversali ha trovato un’efficace codifica nei cosiddetti Descrittori di Dublino: conoscenza e capacità di comprensione; conoscenza e capacità di comprensione applicate; autonomia di giudizio; abilità comunicative; capacità di apprendere.

Partire dall’apprendimento e dalle competenze da acquisire significa poi ripercorrere – e allineare– tutto il processo di definizione delle modalità di insegnamento e di verifica dell’apprendimento. Decenni di ricerca pedagogica, e di “buone pratiche” didattiche, hanno insegnato che non esiste né un’unica modalità di insegnamento efficace, né “la” forma migliore di insegnamento se avulsa dal contesto. La lezione frontale mantiene il suo impatto, specie se orientata alla pratica della flipped class, nell’insegnamento delle conoscenze, mentre la didattica a piccoli gruppi, al letto del paziente, nello skill lab o sul campo, nel territorio, è indispensabile per l’apprendimento delle abilità. Parimenti, le competenze cliniche si apprendono in contesti reali o in simulazioni realistiche.

Lo stesso discorso vale per la valutazione dell’apprendimento.

C’è ancora spazio per l’esame orale, ma l’acquisizione delle conoscenze può essere verificata più rapidamente – e in modo più obiettivo – con prove scritte. L’apprendimento delle abilità deve essere necessariamente valutato con una prova pratica, così come le competenze cliniche vanno verificate “in contesto”.

Procedura essenziale del lavoro di insegnamentoapprendimento è quindi il cosiddetto “allineamento” tra competenze, modalità di insegnamento e forme di valutazione in modo che queste siano coerenti tra loro.

Il sistema internazionale TUNING, con le sue matrici, offre uno strumento assai efficace per realizzare questo allineamento (Figura 1).

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In questo contesto di cambio di paradigma, la Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina si è interrogata sullo scarto esistente tra modalità di insegnamento e forme di apprendimento.

Il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogicaha messo a punto una serie di eventi pedagogici che si seguiranno per tutto l’anno 2018.

Abbiamo iniziato (Roma, 21 Gennaio 2018) con la lettura magistrale tenuta da Fabrizio Consorti, dal titolo “Il cambiamento del ruolo del docente nel grande gruppo: da chi trasmette informazioni (lezione frontale) a chi facilita l’apprendimento (flipped class)”e abbiamo proseguito con il Forum (Trieste, 20 Aprile 2018) dal titolo “I nostri strumenti didattici sono adeguati all’apprendimento dello studente?”. In questo Forum, tre laboratori paralleli si sono interrogati su altrettante forme di apprendimento che sembrano essere privilegiate dagli studenti in Medicina italiani: i gruppi di studio, le trascrizioni delle lezioni (le cosiddette sbobinature) e le piattaforme informatiche e i nuovi media.

A questo breve testo introduttivo, seguiranno altri tre articoli, pubblicati sempre su Medicina e Chirurgia, che faranno il punto su queste tre forme di apprendimento, interrogandosi sul ruolo che il docente può svolgere per integrarle, verificarle, validarle, al fine di realizzare una sinergia tra le forme di insegnamento messe in atto dal docente e quelle di apprendimento messe in essere dallo studente.

Cita questo articolo

Gallo P., et al., Strategie didattiche centrate sullo studente nei CLM in Medicina. I. Da una didattica basata sull’insegnamento ad una centrata sull’apprendimento, Medicina e Chirurgia, 78: 3494-3496, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-78-3

Strategie per far fronte al ritardo studentesco nel CLM in Medicinan.76, 2017, pp.3416-3423, DOI: 10.4487/medchir2017-76-1

Abstract

The Presidents of the Italian Undergraduate Curricula in Medicine have faced the problem of remediation in a workshop held in Udine on the 22nd September 2017.

Presidents have been subdivided into small groups, have been given detailed data about a hypothetic undergraduate curriculum and have been asked to devise remediation strategies adequate to the case study proposed.

Data included general information about the School of Medicine, its structure and scientific excellences, and amount and composition of teaching staff. Information has been given also on the region where the School is placed, its population and social-economical parameters, and on the number and origin of medical students. Entity of students’ graduation delay has been detailed. Undergraduate curriculum has been illustrated giving detailed information about the examinations: their number, weight in credits, deployment through the curriculum, and number of students passing them in due time, with minimum, maximum and average score. Rules for students entry blocks for the following year and information about the consistency of tutoringcounselling services and of teachers continuous education strategies have been finally given.

The Presidents of Undergraduate Curricula in Medicine have reached the conclusions that they should obtain the necessary detailed information about entity and causes of their students’ graduation delay. Remediation strategies should include active and peer-to-peer tutoring and forms of flexibility in assessment design and curriculum re-modelling.

Key words: Medical Education; Remediation; Tutoring; Assessment Flexibility; Curriculum Flexibility

Parole chiave: Pedagogia Medica; Monitoraggio del Ritardo Studentesco; Tutoraggio; Valutazione dell’apprendimento; Flessibilità dell’Ordinamento

Articolo

 

I temi del Forum “Le cause del ritardo studentesco”, tenuto a Novara (Universita del Piemonte Orientale) il 31 Marzo 2017 (Gallo et al, 2017), sono stati ripresi nell’Atelier “Strategie per far fronte al ritardo studentesco”, organizzato dal Gruppo Innovazione Pedagogica nella riunione della Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina che si e svolta a Udine il 22 Settembre 2017.

L’atelier e stato introdotto da alcune presentazioni e poi si e articolato in alcuni laboratori, dedicati ad aspetti diversi della remediation. L’esercizio nei laboratori ha assunto le forme di un case study che ha avuto per oggetto lo scenario dell’ipotetico corso di laurea in Medicina dell’Università Il cuore è la cura.

Visto che il Forum di Novara aveva evidenziato l’importanza del monitoraggio per la diagnosi precoce e il trattamento del ritardo studentesco, l’Atelier di Udine si e aperto con una relazione dedicata proprio al tema del monitoraggio.

 

Strategie, modelli e strumenti per il monitoraggio e la prevenzione del ritardo studentesco

Il ritardo studentesco non e un problema solo, e nemmeno “soprattutto”, dello studente. Infatti dopo l’introduzione del numero programmato per l’accesso agli studi medici in Italia la funzione dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia non può essere considerata più nemmeno in parte selettiva. Garantire allo studente il diritto di compiere il percorso nei tempi programmati e un obiettivo irrinunciabile dei CLMMC. Si pensi in proposito al fatto che la regolarità del percorso dello studente e un indicatore della qualità del CLMMC secondo il sistema AVA e rappresenta un fattore di premialità nell’attribuzione dell’FFO agli Atenei.

La misura del ritardo studentesco e data dal rapporto fra ritardo di conseguimento della laurea e la durata legale del corso (indice di ritardo studentesco) e in media per i corsi di CLMMC italiani si attesta sul valore di circa 0,18 essendo il ritardo medio di circa 1 anno (Della Rocca e Lenzi, 2015). Il ritardo studentesco non va solo misurato, ma deve essere intercettato, monitorato e possibilmente prevenuto. Per quel che concerne l’intercettazione e il monitoraggio, il modo più semplice e quello di utilizzare l’estrazione dei dati dai programmi gestionali della didattica di Ateneo (ESSE3, Infostud, ecc), per effettuare analisi per coorte di studenti, per attività didattica e anche per singolo studente. La prevenzione prevede: un approccio di sistema per la precoce individuazione degli studenti a rischio per problematiche non strettamente pedagogiche (disagio socio-economico, psicologico, scolastico pre-universitario, culturale); interventi di organizzazione didattica e di continua revisione curriculare in funzione sia dei singoli contesti dei diversi CdL sia delle capacita di apprendimento degli studenti nell’ambito sempre del raggiungimento di un livello di competenza superiore a quello minimo individuato dal core-curriculum; la formazione di un corpo docente sempre più motivato e pedagogicamente preparato in grado di effettuare le diverse attività di tutorato particolarmente utili in questo ambito.

Si rileva, infine, che stante l’importanza strategica per gli Atenei del recupero del ritardo studentesco, la presa in carico del problema da parte del CdL può rappresentare un’ottima occasione di negoziazione di risorse, umane e non, in quanto la loro paucità costituisce con ogni evidenza il limite maggiore ad un approccio efficace al problema (Carlo Della Rocca).

A questa relazione introduttiva, sono seguiti altri interventi focalizzati su alcune strategie di remediation, quali il tutorato attivo, e la messa in atto di forme flessibili di valutazione dell’apprendimento e di organizzazione curriculare.

 

Il tutorato attivo in risposta al ritardo studentesco

Vi sono ormai sufficienti evidenze dalla letteratura (Escovedo et al., 2016) dell’efficacia del tutorato tra pari, che, sulla base di dati meta-analitici, risulta efficace indipendentemente dall’area in cui viene erogato o dalla frequenza dell’intervento (Bowman-Perrot et al., 2013), anche se per gli studenti di Medicina l’efficacia maggiore si ha con un tutoring a frequenza settimanale ed attivato nel primo semestre del primo anno (De Voe et al., 2016). In particolare il tutorato tra pari e efficace perche migliora le competenze e le abilita meta-cognitive implicate nel processo dell’apprendimento autoregolato (De Backer et al., 2015).

Molti sono i vantaggi del tutoring di gruppo (Herrera, Vang, and Gale, 2002; Yalom, 1995; Colvin, 2015): – l’istituzione di relazioni positive tra i membri del gruppo e tra questi e il tutor, con ricadute positive sulle relazioni tra studenti e docenti e sulla capacita di fruire di tutti i servizi e le opportunità che l’Università offre; – la possibilità che molte delle competenze apprese all’interno del gruppo vengano esportate in altre situazioni; – la configurazione del gruppo come luogo protetto in cui ognuno può testare le proprie competenze sociali e ricevere feedback costruttivi dai propri pari; – lo sperimentare che condividere esperienze comuni consente di trovare soluzioni ottimali per affrontare le sfide che si interpongono ad un proseguimento equilibrato del percorso accademico Il tutorato attivo si colloca tra i compiti istituzionali di un Ateneo, perche l’Università si deve assumere il compito fondamentale di accompagnare gli studenti all’ingresso nel mondo accademico e, in quanto agente di formazione, e responsabile sia del processo formativo sia della socializzazione verso il mondo del lavoro.

L’istituzione accademica ha quindi l’incarico di costruire, insieme agli studenti, il significato che loro stessi attribuiscono a questa nuova esperienza, contribuendo cosi ad aumentare la propria consapevolezza – in quanto neo-studenti universitari – che stanno per iniziare la loro formazione in vista di una futura professione. In questa prospettiva e essenziale che gli Atenei investano adeguatamene nel processo di formazione degli studenti coinvolti nel processo di peer-tutoring per massimizzarne l’efficacia. Non raramente, senza una adeguata formazione il tutorato viene inteso come una sorta di acritico maternage, come il luogo dove fornire di fatto un sapere premasticato o una semplice ripetizione delle spiegazioni fornite dal docente, mentre si tratta di una attività che punta all’incremento dell’autovalutazione consapevole, del senso di autoefficacia, autonomia, indipendenza e direzionalità, una consapevolezza del proprio percorso universitario, una complessa crescita individuale delicata e preziosa che non può essere lasciata all’improvvisazione e deve essere adeguatamente implementata e monitorata (Maria Grazia Strepparava).

Non considerando gli interventi organizzati dal CLM, come il tutorato, vi sono gia una serie di strumenti che gli studenti utilizzano per studiare al meglio e superare gli esami. In primis, un grande ruolo hanno le “sbobinature”, ovvero le trascrizioni fedeli delle lezioni, che divengono dispense arricchite di immagini e suggerimenti.

Secondariamente, fondamentali sono i colleghi, sia i più grandi a cui chiedere consiglio sia i pari con cui ci si organizza in gruppi di studio. Infine, bisogna ricordare i gruppi Facebook dei Corsi di Laurea, risorsa a cui ogni studente ormai ricorre per qualsiasi dubbio o domanda.

Tali strumenti potrebbero essere implementati dall’Universita stessa permettendo cosi una ottimizzazione dei tempi e delle risorse (Adolfo Mazzeo, LOMEi).

 

Un percorso curriculare più flessibile

Una strategia di contrasto al ritardo studentesco centrata sulla flessibilità curriculare può sottendere in realtà a due differenti azioni di rimedio: recuperare il ritardo dello studente e migliorare un percorso ritardante. La prima e una soluzione individuale sullo studente, efficace nel giro di 12-18 mesi e che necessita di una diagnosi individuale, mentre la seconda e una soluzione di sistema, efficace per le coorti successive e che richiede la concreta disponibilità al cambiamento di tutti i docenti.

Entrambe le azioni debbono essere precedute da una corretta metodologia per identificare precocemente il ritardo ed analizzarne le cause (analisi di dati carriere, colloqui individuali) ed essere seguite da un monitoraggio di efficacia.

La strategia di sistema e centrata sulla ottimizzazione dell’apprendimento durante le ore trascorse in presenza del docente e si ottiene attraverso la pianificazione di curriculum ad integrazione verticale (modello a triangoli invertiti, Leinster, 2009) che consenta una precoce esposizione dello studente alla clinica (early clinical exposure), utilizzi metodologie didattiche che facilitino l’apprendimento attivo e critico e stimolino ad apprendere ciò che e utile. Fondamentale per questo approccio e la disponibilità dei docenti ad esplorare nuove metodologie didattiche. I risultati di questo tipo di azione si proiettano sul percorso formativo di una coorte e quindi sono valutabili al completamento di almeno un ciclo di studi.

L’intervento individuale, invece, e diretto al singolo studente. Oltre ad azioni mirate sulle cause (individuali o di sistema), allo studente si può proporre un piano di rientro personalizzato che gli consenta di ottimizzare l’apprendimento in aula programmando la frequenza dei corsi quando e pronto a comprendere/apprendere gli argomenti trattati dal docente. Ciò si può ottenere con l’adozione di piani di studio individuale o con la iscrizione in regime di tempo parziale. L’implementazione del piano di rientro necessita di attenzione da parte di un tutor e di collaborazione da parte della segreteria didattica (“team recupero”); fondamentale e anche la consapevolezza e la condivisione da parte dello studente (Bruno Moncharmont).

 

Lo scenario per il lavoro di gruppo: l’Università il Cuore è la Cura

Lo scenario ha la struttura di un caso esemplare e descrive il profilo di un’ipotetica Università; e stato predisposto a partire dai temi individuati per il lavoro dei gruppi (tutorato, flessibilità del curriculum, valutazione dell’apprendimento) in modo che fossero presenti nella narrazione del caso sia elementi utilizzabili da tutti i gruppi, pur da prospettive diverse, sia elementi marcatamente caratterizzati e specifici per la riflessione tematica di ciascun gruppo. Questi elementi focali avrebbero potuto costituire un fattore di distrazione per gli altri gruppi a meno di un adeguato monitoraggio del lavoro di gruppo del conduttore e dei partecipanti stessi. Per un maggiore realismo dell’attività di laboratorio e rispecchiare il fatto che (i) non sempre i problemi sono ben definiti fin dall’inizio e (ii) non sempre sono gia a disposizione tutte le informazioni necessarie per definire la soluzione ottimale, sono stati predisposti dei box contenenti informazioni aggiuntive di chiarificazione e integrazione; il conduttore del gruppo avrebbe dovuto trasmetterle solo quando fosse emersa tra i partecipanti la necessita di acquisirle.

Sempre a tale scopo integrativo, era stato consegnato ai conduttori il documento scaricato dal sito “Alma Laurea”, che descrive il profilo nazionale dei laureati in medicina. Qui di seguito lo scenario:

  1. Aspetti generali

L’Università degli Studi “Il cuore e la cura”, fondata nel 2001, comprende: un Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Medicina e Chirurgia, un Corso di Laurea Triennale in Infermieristica (con una sede decentrata a 40 km di distanza), e un corso di laurea Triennale in Fisioterapia.

Nell’Ateneo sono inoltre presenti: un corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Scienze della Formazione Primaria, un corso di Laurea Triennale in Scienze del Turismo, un corso di Laurea Triennale in Biotecnologie e un corso di Laurea Magistrale in Biotecnologie Mediche. Il Dipartimento di afferenza del CdLM in Medicina e Chirurgia e collocato al 10° posto per la qualità della ricerca nella valutazione ANVUR sui Dipartimenti di Eccellenza e si distingue in particolare per l’area della patologia generale, delle neuroscienze, della cardiologia e per la spettrometria di massa applicata alle discipline cliniche.

L’Università è collocata in una regione che ha le seguenti caratteristiche: due città principali di circa 800.000 e 350.000 abitanti, alcune cittadine più piccole, mediamente intorno ai 100.000 abitanti. Le attività prevalenti della regione sono commercio, turismo e agricoltura.

Per quanto riguarda i parametri socio-economici, il livello di povertà media e del 24%, di povertà assoluta dell’8% (a fronte di una media nazionale del 12% e del 5% rispettivamente); si vedano anche le tabelle 1 e 2 tratte dai dati ISTAT 2010-2015 e relativi alla regione.

Tabella 1: dati 2010-2015 relativi a quanto le famiglie pensano di essere in grado di affrontare il costo della vita in ragione del proprio reddito complessivo. Percentuale per giudizio sulla condizione economica percepita e annoSchermata 2018-01-25 alle 10.40.51

 Schermata 2018-01-25 alle 10.42.07

 

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  1. Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Medicina e Chirurgia

Il CDLM in Medicina & Chirurgia e stato attivato nel 2001. Il numero di posti annuali assegnati dal ministero e 120 studenti. Il 30% degli studenti si laurea entro la sessione di luglio; la percentuale di studenti che si laureano in medicina con un anno di ritardo e del 35%. La popolazione studentesca e composta prevalentemente da studenti italiani; il 7% sono studenti stranieri che provengono per la maggior parte dai paesi del nord Europa, dal Canada, dall’Albania e dalla Grecia. Il 60% degli studenti italiani risiede nella regione. Il 45% degli studenti ha precedenti esperienze universitarie, di questi solo il 5% portate a termine. Età degli studenti all’immatricolazione: regolare o con 1 anno di ritardo 93,3%. Regolarità negli studi: studenti in corso 41,5%; fuoricorso di un anno 31,3%, fuoricorso di due anni 14,6%; 4 o più anni fuori corso 8,7%. Si segnala la presenza di 10 studenti con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) certificato.

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  1. Piano degli studi del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

Tutti gli esami del I e II anno di corso, Farmacologia e Medicina Legale sono solo scritti, con quesiti a scelta multipla.

Anno corso Propedeuticità culturali
1 Scienze Propedeutiche, 13 CFU, esame – I sem.Informatica di Base, 3 CFU, idoneitàAnatomia e Istologia Umana, CFU 20, esame – II sem.

Biologia e Genetica, 12 CFU, esame – I sem.

Inglese di Base a livello B2, 3 CFU, idoneità

Per sostenere l’esame di “Biologia e genetica” è necessario il superamento dell’esame di Scienze Propedeutiche
2 Chimica Biologica e Biologia Molecolare, 12 CFU, esame – I sem.Semeiotica su Manichini, 4 CFU, idoneità – I sem.Medicina e Società, 8 CFU, esame – II sem.

Fisiologia Umana , 17 CFU, esame – II sem.

Patologia Generale e Immunologia (I parte), 9 CFU prova in itinere

Microbiologia Medica, 6 CFU, esame – II sem.

A scelta dello studente, 2 CFU, frequenza

Per sostenere l’esame di Fisiologia umana è necessario il superamento dell’esame di Anatomia e istologia umana. Per sostenere l’esame di Chimica biologica e biologia molecolare è necessario il superamento dell’esame Scienze PropedeuticheBlocco: se lo studente non ha superato tutti gli esami del I e II anno, tranne: inglese di base, informatica di base, patologia generale e immunologia I e Medicina e Società non può essere iscritto al III anno e rimane ripetente sul secondo anno.
3 Patologia Generale e Immunologia (II parte), 4 CFU, esame – I sem.Patologia Medico-Chirurgica 1 (ex semeiotica e sistematica 1), 11 CFU, esame, I sem.Tirocinio Prof. Area Chirurgica 1, 4 CFU, – I sem.

Tirocinio Prof. Area Medica 1, 11 CFU, – II sem.

Patologia Medico-Chirurgica 2, 9 CFU, esame – II sem.

Farmacologia (I parte), 4 CFU, frequenza – II sem.

Patologia Medico-Chirurgica 3, 9 CFU, esame – II sem.

A scelta dello studente, 2 CFU, frequenza

Per sostenere l’esame di Patologia generale e immunologia è necessario superare Chimica biologica e Biologia molecolare, Fisiologia umana. Per sostenere l’esame di Patologia Medico- Chirurgica 3 è necessario il superamento dei seguenti esami: Patologia generale e Immunologia e Microbiologia Medica. Per sostenere l’esame di Patologia Medico-Chirurgica 2 è necessario il superamento degli esami Patologia generale e immunologia e Microbiologia MedicaBlocco: per accedere al IV anno lo studente deve avere superato Patologia Generale e Immunologia I e II altrimenti rimane ripetente sul terzo anno
4 Farmacologia (II parte), 8 CFU, esame – I sem.Statistica Medica, 6 CFU, esame – I sem.Medicina di Laboratorio, 6 CFU, esame – I sem.

Anatomia Patologica, 6 CFU, esame – I sem.

Diagnostica per Immagini e Radioterapia, 8 CFU, esame II sem.

Sanità Pubblica, Igiene e Medicina del Lavoro, 12 CFU, esame – II sem.

Tirocinio Prof. Area Chirurgica 2, 4 CFU, idoneità – II sem.

Tirocinio Prof. Area Medica 2, 8 CFU, idoneità – II sem.

A scelta dello studente, 1 CFU, frequenza

Per sostenere l’esame di Anatomia patologica è necessario il superamento dei seguenti esami: Patologia generale e immunologia e Microbiologia Medica. Per sostenere l’esame di Farmacologia è necessario il superamento dei seguenti esami: Patologia generale e immunologia e Microbiologia Medica. Per sostenere l’esame di Diagnostica per immagini e radioterapia è necessario il superamento di Patologia generale e immunologia
5 Malattie del Sistema Nervoso, 8 CFU, esame – I sem.Psichiatria e Psicologia Clinica, 8 CFU, esame – I sem.Specialità Medico Chirurgiche, 8 CFU, esame – I sem.

Clinica Medica (I parte), 9 CFU, frequenza – I sem.

Clinica Dermatologica, 4 CFU, esame – II sem.

Clinica Ortopedica e Traumatol., 4 CFU, esame – II sem.

Ostetricia e Ginecologia, 8 CFU, esame – II sem.

Medicina Legale, 4 CFU, esame – II sem.

Pediatria (I parte), 4 CFU, frequenza – II sem.

A scelta dello studente, 3 CFU, frequenza

6 Pediatria (II parte), 8 CFU, esame – I sem.Clinica Medica (II parte), 17 CFU, esame – I sem.Clinica Chirurgica, 11 CFU, esame – I sem.

Urgenze ed Emergenze Medico Chirurgiche, 8 CFU, esame -I sem

Internato di Laurea, 17 CFU, frequenza –

Tesi di Laurea, 17 CFU

Per sostenere gli esami di Clinica Medica è necessario il superamento di: Patologia Medico-Chirurgica 1 – Patologia Medico- Chirurgica 2 – Patologia Medico-Chirurgica 3, Farmacologia, Tirocinio Area Medica 2. Per sostenere l’ esame di Clinica Chirurgica è necessario il superamento di: Patologia Medico-Chirurgica 1 – Patologia Medico-Chirurgica 2 – Patologia Medico-Chirurgica 3 , Farmacologia, Tirocinio Area Chirurgica 2

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  1. Carriere degli studenti iscritti al V anno nell’aa 2016-17 (al 21 settembre, dati parziali)

Schermata 2018-01-25 alle 10.53.02Schermata 2018-01-25 alle 10.53.12

  1. Profilo dei docenti

Il corpo docente e costituito da: 30 Professori Ordinari (età media 65 anni), 20 Professori Associati (età media 40 anni), 20 Ricercatori a tempo indeterminato, 15 RTD-A, 8 RTD-B. Nel 2010 e stato organizzato dal CCD un corso di formazione sulle metodologie didattiche attive (organizzato dalla SIPeM – Società Italiana di Pedagogia Medica) cui hanno partecipato 15 docenti su 70. I Consigli di Coordinamento Didattico del corso sono convocati ogni 60 giorni, circa

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  1. Altre informazioni

E’ presente in Ateneo uno sportello “Tutorato e counselling psicologico” per gli studenti; il 2% di tutti gli studenti dell’Ateneo “Il cuore e la cura” hanno effettuato almeno un colloquio. Le attività di tirocinio pratico sono svolte prevalentemente presso due ospedali: “San Pietro al Monte” e “Montebello del Campo”.

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(Maria Grazia Strepparava e Isabella Barajon)

Sintesi di quanto emerso nei laboratori

I gruppi di lavoro si sono riuniti per esaminare lo “scenario” proposto. Si tratta di una Università in cui gli studenti sono spesso fuori corso e si laureano in ritardo. Esistono esami “critici” che determinano maggiori difficoltà per il loro superamento sia al primo che al secondo triennio. Pochi studenti si rivolgono allo sportello counselling che e gestito da personale senza specifica formazione. Il contesto geografico e quello di una regione di grandezza media con condizioni economiche disagiate degli abitanti e studenti che spesso devono conciliare studio e lavoro.

L’analisi dei dati forniti ha consentito di riflettere sull’importanza della “comprensione del contesto”, sotto tutti i suoi aspetti, quando si vuole intraprendere una azione correttiva sul ritardo degli studenti nel completare il percorso di studi. Le proposte dei partecipanti hanno riguardato: – lo svolgimento di un intervento informativo precoce alle matricole per consigliare il percorso degli esami, le modalità di studio e di organizzazione dello stesso (può avvenire anche mediante incontri con gli studenti degli anni successivi); – l’opportunità di individuare eventuali categorie a rischio (studenti che si immatricolano in ritardo, studenti lavoratori, studenti pendolari) che possono avere maggiore difficoltà a restare nei tempi previsti, e la necessita di porli in contatto precocemente con tutori di riferimento; – l’implementazione di numero e qualità dei tutori attraverso uno specifico programma formativo a loro dedicato che migliori la loro capacita di rafforzare l’autonomia, valorizzare le risorse e stimolare l’indipendenza degli studenti che al tutore si rivolgono; – la necessita di facilitare l’accesso degli studenti ai tutori attraverso percorsi sul web (sito web dedicato) o luoghi di incontro stabili (sportello) (Manuela Merli)

Conclusioni dell’Atelier e suggerimenti per la Conferenza

– I Presidenti di CLM in Medicina hanno, o possono procurarsi, tutti i dati necessari per un’analisi accurata del ritardo studentesco, della sua entità e delle sue cause. Si invita ogni CLM ad attivare un gruppo di lavoro, raccordato con la CTP, che registri, intercetti, monitori e prevenga il ritardo. Strumenti del sistema qualità, come il rapporto del riesame, per troppo tempo avvertiti come impacci burocratici, dovrebbero divenire autentiche risorse.

– Il tutorato attivo e quello tra pari sono strumenti efficaci di prevenzione del ritardo, ma e necessario che il CLM li attivi e formi i tutori – I docenti killer, ma anche certe forme troppo rigide di esame, possono essere causa di un gran numero di ritardi. Occorre invece tener presente che l’esame e parte integrante del processo di apprendimento, che gli esami devono essere si obiettivi e pertinenti, ma anche leali, e che forme di valutazione flessibile coinvolgono e responsabilizzano gli studenti, portando da un esame teacher-centred ad uno student-centred.

– Il ritardo studentesco dovuto a problemi curriculari può essere affrontato con strumenti di remediation individuale come il curriculum personalizzato, con modalità di rimodulazione di singoli corsi ed esami, e con una vera e propria remediation di sistema, attraverso una revisione del curriculum studiorum o almeno del regolamento didattico del CLM

– E’ stato chiesto che la Conferenza crei un gruppo di lavoro che possa aiutare le Sedi a monitorare e a porre rimedio al ritardo

– E’ stato osservato che la formazione e la motivazione dei docenti e la più efficace forma di prevenzione remota del ritardo studentesco

– Al Gruppo innovazione Pedagogica e stato suggerito di occuparsi, nei prossimi anni, di tematiche come: a) un’analisi delle forme di apprendimento privilegiate dagli studenti e promosse dai docenti; b) la promozione, tra le competenze in uscita del laureato in Medicina, della riflessività; c) uno studio su come inserire nel CLM medico una flessibilità degli esami in termini di scansione temporale e di formato (Pietro Gallo).

Bibliografia

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Gallo P, Bani M, Bellini T, Casacchia M, Cavagnero M, Della Rocca C, Familiari G, Mazzeo A, Merli M, Moncharmont B, Montagna L, Muraro R, Riggio O, Rosso U, Strepparava MG, Valli M, Viola F. (2017): Analisi delle cause del ritardo studentesco nel CLM in Medicina. Medicina e Chirurgia 74, 3366-3371

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Cita questo articolo

Gallo P., BArajon I., Della Rocca C., Mazzeo A., Merli M., Moncharmont B., Strepparava M.G., Strategie per far fronte al ritardo studentesco nel CLM in Medicina, Medicina e Chirurgia, 76: 3416-3423, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-76-1

Analisi delle cause del ritardo studentesco nel CLM in Medicinan.74, 2017, pp. 3366-3371, DOI: 10.4487/medchir2017-74-2.

Abstract

Although the number of inactive students is rather high in Italian University (35%), the figures are distinctively lower for medical students (14% of inactive students and 3-5% of renouncing). A recent survey among medical students at La Sapienza University of Rome has singled out the following as the main causes of graduation delay: difficulties in studying (43%); delayed matriculation (due to controversies in the application competition) (16%); psychological upset (13%); family (6%) or health (3%) problems; and economical difficulties (3%).

The causes of graduation delay have been debated by the National Conference of the Undergraduate Curricula Presidents in a Forum held in Novara. Four types of causes and solutions have been discussed: i) teaching causes and active tutoring; ii) psychological upset and counselling; iii) social, cultural and economic hardships and counter window interventions; and iv) disproportion between didactic load and learning capabilities, and educational interventions.

In conclusion, the need for monitoring student upset and for reducing disciplinary learning objects (subject to quick obsolescence) in favour of methodological ones (that favour a lifelong learning) has been assessed.

Key words: Medical Education; Graduation Delay; Tutoring; Counselling

Parole chiave: Pedagogia Medica; Ritardo Studentesco; Tutoraggio; Assistenza Psicologica

Questo articolo riferisce sui risultati del Forum “Le cause del ritardo studentesco” che si è tenuto durante la riunione della Conferenza Permanente dei Presidenti di CCLM in Medicina che si è svolta presso l’Università del Piemonte Orientale il 31 marzo 2017.

Articolo

Introduzione

Una notevole percentuale degli studenti in Medicina arriva alla laurea con “ritardo” (dati 2013-14, fonte: Sapienza, Università di Roma): il 60% degli studenti si laurea in medicina con oltre 1 anno di ritardo.

Nel 2011 un gruppo di lavoro della commissione “Medical Education” della Sapienza, ha svolto una indagine su 50 studenti “inattivi” che non avevano effettuato esami da almeno 12 mesi. (Merli et al., 2012). I principali problemi rilevati risultarono prevalentemente di carattere logistico (pendolarismo, difficoltà a frequentare i corsi, studenti lavoratori) o amministrativo-burocratico (soprattutto per gli studenti stranieri). Nel 2016 abbiamo voluto ripetere questa indagine rivolgendo la nostra attenzione agli studenti “irregolari” che, pur avendo effettuato esami negli ultimi 12 mesi, risultavano carenti per il numero di crediti raggiunti rispetto agli attesi. La situazione dei crediti individuali è stata richiesta alla “banca dati di Infostud” al termine dell’AA per gli iscritti al 2°, 3° e 4° anno. La carenza di crediti è stata definita la situazione in cui lo studente non raggiunge il totale dei crediti acquisibili nell’anno precedente (uno studen-te che alla fine del 3° anno non ha ancora raggiunto i crediti ottenibili alla fine del 2° anno). Sono stati individuati 170 studenti “irregolari” (su 648 iscritti) ed è stata loro inviata una mail con un breve questionario per individuare il principale motivo del ritardo. Le risposte (ottenute dal 27%) hanno individuato come cause prin-cipali le “difficoltà nello studio” (56%), l’essere “entrati con ritardo” per problemi di scorrimento della gradua-toria o ricorsi legali (16%), cause familiari (6%), motivi di salute (3%), motivi economico lavorativi (3%).

In conclusione, il ritardo si instaura già dai primi anni di studio e l’università dovrebbe concentrare in questa fase uno specifico supporto alle “difficoltà nello studio” (Manuela Merli).

I  Laboratorio: Ritardo per cause didattiche: interventi di tutoring

Relazioni introduttive

Sicuramente, il passaggio dal mondo scolastico a quello universitario è un punto cruciale per uno studente in medicina: in molti riescono ad affrontarlo, mentre per altri rappresenta un ostacolo. “Classi” più grandi, la necessità di uno studio autonomo e di conseguenza di un metodo di studio efficace che però non da tutti è posseduto, la difficoltà del nuovo rapporto studente-docente, diverse modalità di apprendimento, sono tutte possibili situazioni che possono portare al ritardo, in particolare proprio nei primi anni. Per questo forse è necessario un accompagnamento degli studenti nel loro percorso, e il tutorato può rappresentare uno strumento utile a questo scopo (Federica Viola).

Il ritardo studentesco per cause didattiche nasce nei primi anni di corso dove si concentrano le scienze di base, impegnative e non molto attrattive per un aspirante medico, cui si aggiungono carenze nelle conoscenze preliminari, disagi sia nell’affrontare il passaggio dalla scuola superiore all’università sia legati allo scorrimento della graduatoria nazionale. È importante mettere in atto varie azioni di tutorato per ridurre il rischio di ritardo e rendere più agevole l’ingresso nella vita universitaria. Un primo intervento è puramente didattico, volto a colmare carenze derivate dal percorso pre-universitario o da iscrizioni a semestre inoltrato. È però altrettanto importante modificare l’approccio allo studio, “imparare a studiare” e stimolare la formazione di una comunità studentesca che consenta l’apprendimento attraverso un confronto tra pari. Gli studenti sono parte attiva, presen-tano e discutono tra loro un argomento del programma, il docente ha il ruolo di moderatore e interviene solo per correggere e puntualizzare (Maurizia Valli).

Il ritardo medio nazionale alla Laurea rilevato da Alma Laurea si declina in modo diverso nelle varie sedi, rendendo necessario identificare strumenti e interventi correttivi “confezionati su misura”.

Il PdQ dell’Università di Chieti ha sviluppato due sistemi S.I.Ca.S. e M.E.P. che, estraendo i dati da Esse3, forniscono di default un’analisi delle carriere studenti, per criteri specifici, consentendo di individuare studenti in ritardo o “a rischio” ed aiutando nell’identificazione della/e causa/e. Questa analisi, condotta già dai primi anni di corso sta permettendoci di effettuare interventi mirati di “tutorato attivo”. Nel nostro CdL coesistono diverse tipologie di tutor: docenti-consiglieri che seguono lo studente fino alla Laurea; docenti-tutor che su richiesta svolgono attività didattiche mirate; e infine, più re-centemente, studenti-tutor, impegnati in attività didattiche di supporto, di counselling e di studio guidato.

La nostra esperienza suggerisce che uno stretto monitoraggio delle carriere degli studenti può consentire interventi precoci e mirati di tutorato attivo svolto da docenti e/o studenti più anziani (Raffaella Muraro).

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel I laboratorio

Indicatori del ritardo studentesco: Dal laboratorio sono emerse diverse criticità, che sono particolarmente sensibili nei primi anni di corso:

  • il disagio provocato negli studenti dal cambiamento del metodo di studio dalla scuola secondaria all’univer-sità e dalla delusione per un biennio di base che non viene avvertito come realmente finalizzato al percorso clinico;
  • la difficoltà nell’affrontare gli esami di profitto, che spesso non tengono conto del patto formativo e dipen-dono troppo dalla soggettività del docente.

Metodi di rilevazione del ritardo studentesco: I migliori risultati sembrano emergere dalle osservazioni personali messe in atto dai Presidenti di CLM e dai docenti, anche tramite le esperienze di orientamento. La scheda del riesame dovrebbe essere uno strumento utile anche se le domande poste dall’ANVUR non sono sem-pre adeguate al rilevamento del disagio studentesco. Rimane essenziale il monitoraggio delle carriere messo in atto dal singolo Presidente di CLM, che permette di valutare anche l’influenza socio-culturale specifica del proprio territorio.

Possibili strumenti di intervento sul ritardo studentesco: Accanto alle attività di orientamento, il tutorato è unanimemente considerato la strategia più efficace, purché venga messo in atto un tutorato attivo con la creazione di piccole comunità di studenti assistite da docenti, studenti anziani e counsellor (Licia Montagna: testo non rivisto dall’Autore).

Laboratorio: Ritardo per cause di disagio psichico: interventi di counselling

Relazioni introduttive

Durante gli anni di Medicina, il tipo di disagio psi-chico che noi studenti più sentiamo come vicino noi è quello della “ipocondria”, che da alcuni è stata definita come la “sindrome dello studente di Medicina”. Si inizia-no a studiare i sintomi, la semeiotica, le patologie ma la nostra abilità diagnostica è limitata, forse molto sensibile a captare qualsiasi minimo sintomo ma altamente aspe-cifica per qualsivoglia reale malattia. Da ciò, nasce che studenti che percepiscono un minimo tremore o una lieve miochimia possano convincersi di essere affetti da malattie neurologiche gravi come la SLA. In studenti fuori sede, con pochi amici, con una scarsa rete di sup-porto e con una determinazione non troppo stabile, tale convinzione può portare facilmente ad ansia debilitante e ritardo studentesco (Adolfo Mazzeo).

La compromissione della salute psichica può influire grandemente sull’andamento della carriera universitaria fino a spingere lo studente ad abbandonare gli studi o a rimanere fermo, inattivo, incapace di riprendere il cammino.

I quadri clinici più frequenti, come d’altra parte nella popolazione generale, sono rappresentati da stati depressivi e vissuti ansiosi, spesso correlati a fatti perso-nali della loro vita ma anche alla difficoltà di studiare in modo soddisfacente e di superare le prove d’esame. Queste condizioni possono influenzare le funzioni cognitive di base come la memoria, l’attenzione, la capacità di concentrazione, rendendo ancora più laborioso l’apprendimento e mettendo a rischio la possibilità di superare con serenità gli esami. Da ciò spesso insorge una vera fobia dell’esame. La difficoltà di superare gli esami a sua volta può indurre uno stato di demoralizzazione e di sfiducia che comporta spesso una diminuzione della propria autostima. Più raramente, gli studenti presentano patologie psichiatriche particolarmente invalidanti che necessitano di un supporto farmacologico.

Per questi studenti problematici va programmato un percorso di tutorato attivo, su misura e personalizzato, che consiste nell’aiutare lo studente nella preparazione dell’esame e nell’accompagnarlo in sede di esame.

Come si fa ad intercettare il malessere psicologico dello studente? La prima persona che può cogliere uno stato di disagio dello studente è tutor clinico o il docente, sia durante le lezioni, sia durante le ore di ricevimento, ma soprattutto durante lo svolgimento dell’esame, che permette di conoscere più a fondo la reattività emotiva e lo stile relazionale dello studente. Il docente può indirizzare lo studente verso servizi dedicati, come il Servizio di Ascolto e di Consultazione (SACS) che dal 1991 è attivo presso l’Università dell’Aquila.

Il Ritardo studentesco viene preso come un indicatore di efficienza del sistema ma in realtà va ribadito che spesso le cause che portano una persona a ritardare il suo percorso universitario possono essere oggettive, quali per esempio una malattia fisica, metabolica, neurologica, psichiatrica, o condizioni socioeconomiche che spesso comportano la necessità per lo studente di lavorare durante gli studi (Massimo Casacchia).

Negli ultimi anni la raccolta del profilo e delle caratteristiche degli studenti che accedono ai servizi di counselling psicologico si è fatta sempre più sistematica (Strepparava et a., in stampa, Strepparava et al., 2016, Monti et al., 2014; Menozzi et al., 2016; Biasi et al., 2017) e ha evidenziato come, accanto a difficoltà di transizione evolutiva, vengano portate sempre più spesso problematiche di natura clinica.

Analizzando i dati di circa 300 studenti che hanno avuto accesso al nostro servizio di counselling psicologico, circa una metà degli studenti si presenta all’ingresso con una sofferenza di livello medio basso, in linea con la tipologia di difficoltà che questo tipo di servizio dovrebbe gestire, ma l’altra metà porta invece una sofferenza di livello medio alto, non di rado anche con un elevato ri-schio auto o etero lesivo. È quindi evidente che, proprio sulla base della rilevanza clinica di buona parte delle richieste di counselling, i servizi universitari debbano i) essere di fatto pensati e strutturati in modo tale da pre-vedere interventi differenziati, validati e adeguati ai vari gradi di sofferenza, ii) essere adeguatamente inseriti e collegati con gli altri servizi pubblici della rete territoriale per la salute mentale e soprattutto iii) avere operatori adeguatamente formati per fronteggiare questo tipo di casistica e saper lavorare in rete. I servizi universitari di counselling costituiscono spesso un primo (quando non l’unico) punto di accesso all’intervento e alla cura per giovani adulti che non arriverebbero all’attenzione dei servizi di salute mentale, in una fase di vita in cui i percorsi evolutivi patologici o di sofferenza possono ancora essere cambiati per una risoluzione più positiva.

La formazione degli operatori e l’organizzazione (sia interna che con la rete dei servizi territoriali) sono una delle sfide del futuro per i servizi di counselling: attualmente non vi sono linee guida comuni e ogni Ateneo ha strutturato i propri servizi in modo autonomo, sulla base delle diverse sensibilità dei coordinatori dei servizi, privilegiando in molti casi la dimensione tutoriale o degli interventi legati al sostegno allo studio, aspetti sicuramente rilevanti, ma non sufficienti alla gestione adeguata degli utenti. La formazione degli operatori deve, a nostro avviso, essere primariamente clinica, per garantire la sufficiente competenza nella diagnosi e nell’identificare le situazioni di maggiore gravità; la for-mazione clinica è importante soprattutto per evitare il rischio di sottostimare situazioni critiche e di ritardare interventi necessari. Anche la formazione dei docenti, che costituiscono le principali figure di riferimento per gli studenti, può facilitare il riconoscimento di situazioni di crisi e l’invio al servizio, anche se solo in poche occasioni gli Atenei riescono a lavorare con i docenti per fornire loro adeguate chiavi di lettura atte a riconoscere i campanelli di allarme, identificare chi può aver bisogno di aiuto e indirizzare nel modo più adeguato gli studenti ai servizi adatti.

Un ulteriore elemento di riflessione è dato dal legame tra la performance accademica e il disagio psichico: solo due studenti su 10 che accedono al servizio di counselling sono fuori corso; circa la metà riferisce di essere in ritardo con gli esami; questo significa che al servizio di counselling non si rivolgono solo «cattivi studenti», come una visione un po’ ingenua a volte sostiene: gli interventi devono essere sufficientemente articolati da prevedere anche un focus sulla performance acca-demica, ma la valutazione dell’efficacia dell’intervento non può passare solo attraverso la verifica del ripristino della carriera accademica (Maria Grazia Strepparava e Marco Bani).

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel II laboratorio

Dalle relazioni introduttive e dal dibattito, sono emersi i seguenti spunti:

Indicatori del ritardo studentesco: Il disagio psicologico è particolarmente diffuso tra gli studenti dei corsi di laurea delle professioni di cura e insorge in studenti vulnerabili. Si manifesta con ansia, da cui disturbi cognitivi che portano a difficoltà nello studio e a fallimento negli esami, con riduzione dell’autostima.

Metodi di rilevazione del ritardo studentesco: Docenti e tutor dovrebbero cogliere anomalie di comportamento dello studente come la difficoltà di relazione con il paziente. Gli strumenti sono l’osservazione diretta durante il tirocinio o l’invito a produrre scritti riflessivi.

Possibili strumenti di intervento sul ritardo studentesco: Docenti e tutor dovrebbero dare: a) consigli sulla metodologia di studio; b) suggerimenti per migliorare lo stile di vita; c) stimoli all’autovalutazione delle proprie difficoltà; d) inviti al ricorso ai servizi di counselling psicologico per la “gestione del fallimento”, o a interventi di terapia psicologica o ai servizi psichiatrici di secondo livello (Pietro Gallo).

III Laboratorio: Ritardo per cause di disagio sociale, culturale e scolastico: interventi di sportello studentesco

Relazioni introduttive

L’Università di oggi è un ambiente in cui gli studenti sono meno seguiti, la mole di studio è elevata, i professori giustamente poco flessibili, gli esami lunghi da preparare. Poco adatta quindi a studenti lavoratori come sono tuttora io, al mio settimo anno di Medicina. Pur rendendomi conto che le mie esperienze lavorative mi hanno resa una persona indipendente e capace di muoversi nel mondo del lavoro, gestirlo insieme allo studio non è stato semplice.

Credo quindi che sia necessario rendere sostenibile per tutti il carico di studi, anche per chi lavora. D’altronde, il primo passo, nonché il più difficile, per risolvere un problema, è ammetterne l’esistenza (Martina Cavagnero)

L’esperienza di Sapienza sul disagio sociale, culturale e scolastico si è centrata sul modo più efficace per intercettare il disagio sociale e culturale, sperimentando modelli tendenti a risolverne gli effetti sul rendimento accademico.

Sono state descritte, in estrema sintesi, due iniziative, tra le tante attualmente in corso.

La prima riguarda l’istituzione di una Mentoring Committee, operante da tre anni accademici, costituita da tre Docenti molto motivati a dialogare con gli stu-denti ed a coglierne i diversi problemi attraverso una prospettiva molto ampia, utilizzando le metodiche di tutoring, mentoring e remediation, cercando di personalizzarle sui singoli studenti, anche in collaborazione con il centro di Counselling Psicologico e con i docenti per concordare piani di recupero personalizzati.

La seconda, centrata sulla prevenzione del ritardo scolastico, riguarda il “programma orientamento in rete” (Falaschi et al., 2017), attivo da 18 anni, che fornisce risultati di successo e di allineamento efficace degli studenti soprattutto nei primi due anni di corso (Familiari et al., 2016) (Giuseppe Familiari).

Disagio scolastico: riguarda i debiti formativi che lo studente accumula quando rimane indietro con lo svol-gimento degli esami. Un peculiare debito formativo, che può incidere notevolmente al I anno di corso, è quello che deriva dalla diversa efficacia degli studi secondari. A questo si fa fronte con gli OFA (Obblighi Formativi Aggiuntivi). Questi possono essere attribuiti dai Corsi di Studio a quegli studenti che hanno superato il test d’ingresso a Medicina ma con un basso punteggio in aree tematiche quali la Biologia, la Chimica e la Matematica/ Fisica. Al termine di un corso di recupero, gli OFA si intendono assolti con il superamento della prova di profitto nella relativa area disciplinare, o in alternativa con il superamento di un test specifico.

Disagio culturale: è in genere imputabile alla difficoltà di adattamento, da parte dello studente, al contesto socio-culturale nel quale viene a situarsi, specie se fuori sede o straniero. Difficoltà ulteriori possono derivare da abusi e dipendenze. La strategia per farvi fronte parte da iniziative di supporto e indirizzo e, in particolare, dai servizi di counselling. Alla Sapienza è in elaborazione un servizio di sportello telematico che indirizza gli studenti con determinate problematiche verso servizi specifici in modo autogestito e con la possibilità di conservare l’anonimato.

Disagio socio-economico: può essere facilmente individuato grazie alla valutazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) e la principale strategia per affrontarlo è l’attribuzione di un bonus fiscale. A questo proposito, si riferiscono i risultati di uno studio condotto sui 120 studenti del IV anno di corso del polo Pontino della Sapienza. Tra gli studenti ripetenti e fuori corso, un terzo apparteneva alla fascia con ISEE ≤ 10.000 € e un ulteriore 17.6 % a quella con ISEE ≤ 20.000 €, mentre non vi erano studenti con ISEE ˃70.000 €. L’entità dell’ISEE, tuttavia, non ha mostrato correlazioni significative con il numero di esami soste-nuti. In definitiva se ne deduce che il bonus fiscale è un giusto intervento “di sistema”, che aiuta ma non risolve il ritardo studentesco, per il quale rimangono determinanti interventi di tipo pedagogico.

In conclusione, l’approccio al disagio scolastico, culturale e sociale:

  • deve essere di sistema
  • deve prevedere una precoce individuazione del pro-blema
  • deve essere integrato da interventi pedagogici mirati

(Carlo Della Rocca)

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel III laboratorio

Importanti indicatori di questo tipo di ritardo studentesco sono:

  • la frequenza degli studenti ripetenti/anno
  • il rapporto tra il numero di esami effettuati/numero esami attesi
  • il numero di studenti lavoratori

I metodi di rilevazione sono il monitoraggio delle carriere da parte del Consiglio di Corso di Studi, anche tramite analisi ISEE e il rilevamento dei debiti formativi (OFA).

Il disagio adattativo e relazionale può essere intercettato precocemente con analisi mirate e counselling psicologico Per il disagio scolastico sono utili tutor metodologici e una maggiore flessibilità delle date degli esami. Per gli studenti lavoratori è utile l’utilizzo di piattaforme online di recupero.

Resta comunque fondamentale un approccio precoce “di sistema”, allestendo un portale che censisca il disagio studentesco e lo indirizzi verso lo sportello più congruo (Tiziana Bellini).

IV Laboratorio: Ritardo per cause di sproporzione tra carico didattico e capacità di apprendimento: interventi pedagogici

Relazioni introduttive

La sproporzione fra carico didattico e capacità dello studente si può certo intendere come “quantità di studio eccessiva” ma anche come “qualità dell’insegnamento non adeguata”.

Il punto più critico, e su cui l’intervento durante il Laboratorio si è soffermato maggiormente, riguarda la formazione dei docenti in quanto pedagoghi. Quasi sempre, in particolare durante il triennio clinico, le lezioni sono tenute da professionisti o da giovani docenti privi della necessaria esperienza. Purtroppo, conoscere a fondo una materia non significa automaticamente possedere l’abilità di trasmetterla. Uno standard pedagogico non adeguato non può che complicare lo studio, allungando i tempi di preparazione degli esami e portando dunque al ritardo (Umberto Rosso).

Il contenimento/recupero del ritardo nel percorso di studi può essere perseguito con due tipi di intervento.

  • intervento sul carico didattico. Mentre appare difficile contrarre gli obiettivi formativi a causa del continuo progresso delle conoscenze, vi è ampio margine per una razionalizzazione nel raccordo tra obiettivi -> risultati di apprendimento attesi -> programmi di insegnamento, attraverso un uso appropriato del core curriculum nella (ri)progettazione del corso di studi.
  • Rafforzamento dell’apprendimento durante le ore di docenza.

– Il ritardo nell’avanzamento di carriera obbliga lo studente a seguire corsi per i quali non ha ancora acquisito conoscenze propedeutiche. Un oculato ricorso alla iscrizione part time (guidato da un tutor) può favorire la frequenza degli studenti in aula coerente con la loro capacità di comprendere/apprendere gli argomenti trattati.

– Investimenti sulla formazione pedagogica dei docenti consentirebbero l’adozione sistematica di modalità di insegnamento attivo che facilitino l’apprendimento in aula (maggiore efficacia delle ore di didattica in presenza del docente) (Bruno Moncharmont).

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel IV laboratorio

Il laboratorio ha identificato i seguenti punti per con-trastare il ritardo studentesco:

–  ridimensionamento del numero degli obiettivi formativi privilegiando l’insegnamento metodologico rispetto ai contenuti disciplinari.

– applicazione del Core Curriculum che tenga conto dei successivi anni di studio dopo la scuola di medicina, che sono ormai la regola per la maggior parte degli studenti

– ridimensionamento del numero dei docenti coinvol-ti nei vari corsi considerando che gli specialisti tendono ad allargare il numero degli obiettivi formativi.

–  una didattica per competenza che faciliti l’apprendimento in aula.

– esami adeguati, obiettivi e leali superabili con una buona preparazione alla fine di corsi altrettanto leali e con obiettivi educativi ben esplicitati

– ridimensionamento dei blocchi annuali e della propedeuticità:

– attivazione di un tutorato vero (Oliviero Riggio).

Conclusioni del Forum

Dalle relazioni presentate nei laboratori e dal dibattito finale in assemblea plenaria sono emersi due ordini di cause di ritardo studentesco:

– cause strutturali che esulano dall’ambito di intervento dei Presidenti di CLM:
Negli ultimi anni il ritardo studentesco è stato fortemente alimentato dalla graduatoria nazionale per l’accesso al CLM in Medicina che, con il suo lento scorrimento, ha portato ad immatricolazioni tardive, con conseguente ritardo nella progressione degli esami. Questa condizione è stata esasperata dall’esito di ricorsi al TAR da parte degli studenti esclusi che ha non solo accentuato i ritardi ma anche provocato un rilevante numero di abbandoni.

– cause che sfidano l’organizzazione didattica e la struttura del curriculum studiorum del CLM:
La struttura del curriculum medico dovrebbe sfron-dare gli obiettivi disciplinari (soggetti a rapida obsolescenza) e privilegiare gli obiettivi metodologici (che favoriscono il lifelong learning) e rivedere il numero di CFU assegnati ai corsi, in funzione dei reali tempi di apprendimento dello studente. Inoltre, il curriculum dovrebbe prevedere elementi di flessibilità in funzione della capacità di apprendimento degli studenti.

Vista la correlazione esistente tra basso reddito dello studente e insuccesso scolastico, occorre anche monito-rare precocemente il disagio economico dello studente.

Cruciale rimane, infine, la formazione pedagogica dei docenti, che dovrebbero essere in grado di svolgere un tutorato attivo e di cogliere il disagio emozionale degli studenti, osservandoli durante il tirocinio e stimolandoli al pensiero riflessivo (Pietro Gallo).

Bibliografia

Biasi V, Cerutti R, Mallia L, Menozzi F, Patrizi N, Violani C. (2017). (Mal)adaptive psychological functioning of students utilizing university counseling services. Frontiers in Psychology, 8, 403. DOI: 10.3389/fpsyg.2017.00403

Falaschi P, Familiari G, Longo F, Relucenti M, Eleuteri S, Volpe M, Filetti S, Vullo V, Gaudio E. (2017). Programma Orientamento in rete: http://www.uniroma1.it/didattica/orientamento/orientamentorete

Familiari G, Eleuteri S, Longo F, Ditoma C, Barbaranelli C, Falaschi P. (2016). The impact of specific preparatory courses upon academic success during Medical Degree-Course Studies at Sapienza University of Rome. AMEE Conference, Barcelona, Abstract Book, p. 86.

Menozzi F, Gizzi N, Tucci MT, Patrizi N, Mosca M. (2016). Emotional dysregulation: The clinical intervention of psychodynamic university counselling. Journal of Educational, Cultural and Psychological Studies, (14), pp. 169-182. DOI: 10.7358/ecps-2016-014-meno

Merli M, Cavaggioni G, Colosimo A, Della Rocca C, Lai E, Marceca M, enzi P, Romanelli F (2012): Motivazioni del ritardo nella Facoltà di Medicina. Analisi qualitativa e al-cune riflessioni per un tutoraggio attivo. Medicina e Chirurgia 54, 2392-2395. DOI: 10.4425/medchir2012-54-4

Monti F, Tonetti L, Ricci Bitti PE. (2014). Comparison of cognitive-behavioural therapy and psychodynamic therapy in the treatment of anxiety among university students: An effectiveness study. British Journal of Guidance & Counselling, 42(3), 233–244.

Strepparava MG, Bani M, Corrias D, Dolce R, Zorzi F, Rezzonico G. (2016). Cognitive counseling intervention: treatment effectiveness in an Italian university center. British Journal of Guidance and Counselling. 44, 4, 423-433. doi: 10.1080/03069885.2015.1110561

Strepparava MG, Bani M, Zorzi F, Mazza U, Barile F, Rezzonico G. (in stampa). Does the severity of psychopathology of Italian students receiving counseling services increase over time? A 5 year analysis and a comparison with a clinical and non-clinical sample. Clinical Psychology & Psychotherapy, DOI:10.1002/cpp.2096

Cita questo articolo

Gallo P., Bani M., Bellini T., et al, Analisi delle cause del ritardo studentesco nel CLM in Medicina, Medicina e Chirurgia, 74: 3366-3371, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-74-2

La Cassetta degli attrezzi del Presidente del Corso di Laurea – Il ruolo del Coordinatore di Semestren.73, 2017, pp. 3225-3228, DOI: 10.4487/medchir2017-73-4.

Abstract

The Semester Coordinator (SC) plays a crucial role in the organization and in the realization of the pedagogical project of the italian course degrees in medicine and surgery. Its presence is increasingly widespread and now more than 2/3 of the courses in Italy uses such figure. The organizational and the pedagogical actions are really intermingled and they can benefit of the utilization of several instruments. A number of these are here suggested to start filling the SC toolbox.

Key words: Semester Coordinator, Organization, Pedagogical Project, Toolbox

Parole chiave: Coordinatore di semestre, Organizzazione, Progetto Pedagogico, Cassetta degli attrezzi

Articolo

Introduzione

Il Coordinatore di Semestre (CS) è figura cruciale nell’organizzazione del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia sebbene, a livello dei CLMMC italiani, essa non sia ancora completamente consolidata. In questo senso sembra che l’intervento della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia in termini di sensibilizzazione delle singole realtà stia portando a una progressiva diffusione della presenza del CS in tutte le sedi1, ma l’ultimo ciclo di site visit effettuato2 dimostra che, a differenza delle altre fondamentali strutture/figure organizzative, il CS non è presente ancora in quasi 1/3 dei corsi (Fig 1).

Classicamente, al Coordinatore di Semestre sono attribuiti un ruolo didattico organizzativo e un ruolo pedagogico3. Il fatto che il ruolo didattico-organizzativo del CS sia oggi particolarmente rilevante ai fini della funzionalità del CdL, è paradossalmente in sé un limite in quanto testimone dell’esistenza di semestri costruiti per mero assemblaggio di corsi tra loro separati, senza un progetto pedagogico unitario di semestre. Prova di ciò è, da una parte la difficoltà di introdurre iniziative di reale integrazione tra i corsi, quali ad esempio l’esame di semestre, e dall’altra la frequente mancanza di consapevolezza del CS di aver anche un ruolo pedagogico.

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Fig. 1

I due ruoli, nei fatti, sono inestricabilmente integrati e, se è vero che compiti organizzativi ben eseguiti facilitano di fatto l’attività pedagogica, è altrettanto vero che il CS acquista un reale ruolo pedagogico se il curriculum è stato programmato secondo un progetto che abbia individuato, per ciascun semestre, un quadro coerente di obiettivi a livello di CLM. In mancanza di un progetto pedagogico di semestre stabilito centralmente, il CS può e deve elaborare un proprio progetto da integrare in modo longitudinale, tramite il confronto con gli altri CS del CdL, all’interno del percorso formativo globale, cosa questa estremamente facilitata dalla partecipazione attiva nella CTP della quale il CS dovrebbe essere sempre membro di diritto.

Ruolo didattico-organizzativo del Coordinatore di Semestre

Il ruolo didattico-organizzativo del Coordinatore Didattico di Semestre (CS) è di notevole importanza e lo rimarrà almeno fino a quando non sarà possibile arrivare ad una integrazione dei corsi tale da far coincidere il coordinatore di semestre con il coordinatore di corso integrato (per esempio, se vi fosse un unico corso integrato a semestre con obbiettivi didattici ed esame di semestre). Di fatto, l’attuale situazione di coesistenza di un numero variabile di corsi con differenti quantità di crediti all’interno di ciascun semestre, rende indispensabile il ruolo del CS, il quale, in questo senso, rappresenta la figura di collegamento tra i Coordinatori di Corso Integrato (CCI), gli studenti del semestre e la CTP. I compiti principali del CS sono:

  • convocare i CCI e/o i docenti dei CI del semestre due volte/anno (prima dell’inizio, per organizzare e, alla fine, per verificare e valutare complessivamente il semestre);
  • definire l’orario dei singoli corsi e gli eventuali “cunei didattici” (per cuneo didattico si intende una forma organizzativa del semestre che prevede lo svolgimento dei corsi integrati non in parallelo, ma in serie, molto utile, ad esempio, quando si affrontano le patologie d’organo nelle patologie integrate o dove si ritiene opportuna una propedeuticità di apprendimento all’interno dello stesso semestre), eventualmente raccogliendo anche, in un unico orario aggiuntivo di semestre, la suddivisione in moduli interna dei singoli corsi integrati; tale orario dovrebbe essere costruito non come mero assemblaggio di diversi moduli, ma raccogliendo le risorse disciplinari su obbiettivi didattici realmente integrati, stimolando in questo senso il lavoro dei CCI;
  • organizzare in collaborazione con i CCI il calendario degli esami per evitare sovrapposizioni e nella logica di una “corsia preferenziale” rispettosa delle eventuali propedeuticità;
  • definire, ove possibile, e coordinare le prove di valutazione di semestre (esame pratico di semestre-OSCE, esame di semestre);
  • proporre alla CTP eventuali modifiche dell’organizzazione dei Corsi Integrati del semestre, sentiti i CCI e i docenti interessati;
  • proporre annualmente la conferma/nomina dei CCI alla CTP che ne investe il CCLM;
  • verificare la disponibilità dell’aula assegnata per il semestre e la presenza di tutti i supporti didattici, individuando il referente della stessa per la soluzione, in tempi reali, di ogni eventuale problema che ne possa compromettere la fruibilità;
  • curare l’organizzazione delle Attività Didattiche Professionalizzanti (ADP) del semestre e/o dell’intero corso, in collaborazione con gli altri CS o eventualmente con figure individuate “ad hoc”, (a seconda delle modalità di erogazione delle ADP scelte dal CdL) e verificarne l’effettiva esecuzione;
  • curare l’offerta delle Attività Didattiche Elettive (ADE) del semestre e/o dell’intero corso, in collaborazione con gli altri CS (a seconda delle modalità di erogazione delle ADE scelte dal CdL), precisandone le procedure d’accesso e di organizzazione (iscrizione, limiti numerici di partecipazione, tempi, valore in crediti, ecc);
  • presentare l’organizzazione del semestre agli studenti il primo giorno di lezione del semestre stesso.

Per adempiere in modo soddisfacente ai compiti descritti, il Coordinatore di semestre può, e dovrebbe, allestire e utilizzare gli strumenti indicati nella tabella 1.

Tab 1

* Organizzare un elenco aggiornato di tutti i docenti del semestre con indirizzi e-mail e telefono fisso e mobile
* Predisporre almeno le due seguenti mailing list: • Coordinatori di         Corso Integrato del semestre  + Presidente e Vicepresidente CLM • Docenti del semestre + Presidente e Vicepresidente CLM
* Essere rintracciabile nelle 24 h da docenti e rappresentanti degli studenti (via telefono o via posta elettronica)
* Curare e aggiornare l’informazione relativa alle attività del semestre tramite una bacheca fisica e una virtuale.

 

Ruolo pedagogico del Coordinatore di Semestre

Come già ricordato, non v’è dubbio che una corretta organizzazione del semestre faciliti di per sé l’attività pedagogica, ma il CS acquista un reale ruolo pedagogico qualora il curriculum sia stato programmato secondo un progetto che preveda, per ciascun semestre, il raggiungimento di obiettivi coerenti con il percorso formativo stabilito a livello centrale dal CdLM. In mancanza di ciò, è auspicabile che il CS elabori un proprio progetto che, comunque, corre il rischio di rimanere isolato se non in presenza di un’integrazione longitudinale di quanto elaborato dai singoli semestri; questo può avvenire solo tramite la partecipazione attiva dei CS nella CTP della quale, si ribadisce, sarebbe indispensabile che fossero membri di diritto.

Volendo cercare di delineare alcuni tra i principali compiti pedagogici del CS che possano essere utili alla costituzione di un reale progetto di semestre, si ritiene di potere far riferimento ai seguenti:

  • creare una comunità formativa di studenti e docenti (utilizzando piattaforme interattive tipo “Moodle”, liste di discussione, ecc) centrata sulla trasparenza del patto formativo che va sancito fin dall’inizio del semestre mediante presentazione dello stesso da parte del CS e, fin dall’inizio dei CI, mediante presentazione del Corso Integrato da parte del CCI (il CS assume il compito di verificare che questo avvenga);
  • agire affinché sia applicato il concetto fondamentale che le attività didattiche debbano essere pianificate collegialmente in funzione degli obiettivi didattici del semestre ed eseguite in modo coordinato e interdisciplinare. Agire, inoltre, affinché la preparazione dello studente sia valutata in modo pertinente ed obiettivo;
  • valutare i contenuti didattici, integrarli e disporli in una progressione di apprendimento;
  • suggerire una corsia preferenziale di esami, in funzione della progressione dell’apprendimento;
  • imparare a valutare l’efficacia dei propri interventi organizzativi e pedagogici:

– con indicatori soggettivi (i giudizi degli studenti e dei docenti);

– oggettivi: di processo (acquisizione di competenze pedagogiche da parte dei docenti, ecc) e di risultato (valutazioni formative, il progress test, il flusso degli studenti nel semestre, ecc).

Si suggeriscono nella tabella 2 alcuni strumenti utili all’assolvimento dei compiti delineati.

 

Tab 2

* Attivare liste di discussione e/o piattaforme informatiche interattive tipo “Moodle” per fare “gruppo” e scambiare notizie e opinioni in tempo reale
* Preparare e condividere modelli di presentazione (power-point, key-note) del semestre e dei corsi integrati da utilizzare all’inizio del semestre/corso per informareglistudentidell’organizzazione, degli obiettivi e dei sistemi di verifica che saranno adottati
* Allestire e condividere griglie • di comparazione degli obbiettivi didattici dei corsi integrati per facilitarne il confronto • di distribuzione e “presa in carico”, da parte dei corsi, degli obbiettivi professionalizzanti (chi cura l’erogazione delle “skills” e ne verifica l’apprendimento)
* Allestire modelli di calendari di esame che prevedano “fasce” di tempi/date dedicate per le verifiche dei singoli corsi, secondo una logica di “corsia preferenziale” rispettosa anche delle propedeuticità di apprendimento
* Elaborare i risultati delle valutazioni soggettive (questionari di valutazione degli studenti) e oggettive (progresstest; tasso di superamento degli esami di semestre) e prevedere momenti di discussione periodica collettiva

 

Considerazioni conclusive

Nello spirito della destinazione di questo breve scritto, cioè quello di far parte di una cassetta degli attrezzi utile per il lavoro pratico di chi crede che nonostante tutto si possa realmente fare “buona” didattica nei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia italiani, lo stesso non ha la pretesa di essere esaustivo del dibattito che da anni esiste sul ruolo del Coordinatore di Semestre all’interno dei CLMMC (3). Certo è che il ruolo del CS oggi è sempre più indispensabile sia per l’organizzazione pratica dei CdL, sia per la realizzazione e l’implementazione continua del progetto pedagogico che dovrebbe essere alla base di ogni CdL. In questo senso il ruolo organizzativo e quello pedagogico del CS si intrecciano intimamente e il primo funge da facilitatore per l’attuazione e l’efficacia del secondo. Negli ultimi dieci anni, inoltre, probabilmente anche grazie al lavoro della CPPCLMMC, la figura del CS si è consolidata e oggi si può giovare anche di strumenti, se non completamente nuovi, certamente ormai capillarmente diffusi e migliorati (informatizzazione di dati relativi alle carriere degli studenti e loro fruibilità, informatizzazione della raccolta delle opinioni degli studenti e conseguente maggior disponibilità dei dati e facilità di elaborazione, disponibilità di piattaforme informatiche interattive semplici e intuitive da utilizzare, adozione del progress test in tutti i CdL italiani, ecc). Tali strumenti non devono rimanere inutilizzati, ma vanno sfruttati al massimo delle loro potenzialità. Tutto ciò costa fatica e poiché il CS, a fronte del molto lavoro che svolge, gode di scarsa visibilità, non è difficile che tale figura possa soffrire di difficoltà “motivazionali”. In tal senso è indispensabile che il ruolo del CS sia valorizzato, valutato e gratificato per le attività più efficaci nell’ambito di un sistema di valutazione dell’attività didattica della cui necessità, finalmente, sembra esserci sempre più consapevolezza.

Bibliografia

1) Della Rocca C., Lenzi A., Dossier: Il progetto site visit. L’esperienza di dieci anni di lavoro, Medicina e Chirurgia, 2016; 69: 3138-3149. DOI:10.4487/medchir2016-69-4

2) Della Rocca C., Lenzi A., On site visit 20042014. Risultati del primo esercizio del secondo ciclo, Medicina e Chirurgia, 2015; 68: 3094-3104. DOI: 10.4487/medchir2015-68-4

3) Gallo P., Binetti P., Della Rocca C., Familiari G., Maroder M., Valanzano V. e Vettore L. (Gruppo di Studio Innovazione Pedagogica della Conferenza Permanentedei Presidenti di CLM in Medicina) con il contributo di Attili A., Basili S., Consorti F., d’Amati G. e Fantoni A. Il ruolo didattico e pedagogico del Coordinatore di CorsoIntegrato e di Semestre, 2006; 35: 1454-1458. DOI: 10.4487/medchir2006-35-4

Ringraziamenti

Si ringrazia la Dott.ssa Maria Carmen Mazzitelli per la rilettura critica del testo.

Cita questo articolo

Della Rocca C., Angeloni A., Calogero A., Del Ben M., Familiari G., Merli M., Riggio O., Gallo P., La Cassetta degli attrezzi del Presidente del Corso di Laurea – Il ruolo del Coordinatore di Semestre, Medicina e Chirurgia, 73: 3325-3328, 2017. DOI:  10.4487/medchir2017-73-4

Criteri e parametri di valutazione della didattica ai fini della valutazione del docenten.63, 2014, pp.2830-2841, DOI: 10.4487/medchir2014-63-2

Abstract

The Working Group (WG) has identified a number of topics that constitute the “quality of teaching” vast planet with particular emphasis on aspects related to the “quality of Teacher” in a perspective of integrated educational and scientific evaluation of the teacher.

In this document, which is a synthesis of what has been discussed and approved by the Standing Conference of the Presidents of the Council of  Degree in Medicine and Surgery, the most critical issues arised following the implementation of the ANVUR-AVA legislation are discussed and a series of corrective actions in areas of particular significance for the evaluation of the Teacher in the School of Medicine are proposed.

Articolo

A. Premesse generali alla valutazione della didattica

1. Valutare e  misurare

La valutazione è “un atto (che implica nei casi di maggiore complessità, raccolta di informazioni, analisi e riflessione) tendente alla formulazione di giudizi di valore su un oggetto, su una situazione o su un evento” (Lipari 1995). Questo implica che vi siano dei criteri socialmente e culturalmente condivisi e che il soggetto valutante sia in possesso di un’autorità e di una legittimazione tale da essere riconosciuta da parte del valutato.

“La valutazione deve poter avere conseguenze nella realtà. Non è quindi solo produzione di un giudizio, ma produzione di un giudizio che consenta di fare” (Bisio 2002).

La valutazione è “un evento politico, essa non ha carattere neutro ed è esposta, a sua volta, a condizionamenti da parte dei committenti o delle parti interessate. Per tali peculiarità, gli esiti della valutazione, oltre a costituire un’informazione utile per impostare, correggere, migliorare programmi sociali, possono anche essere costruiti e utilizzati allo scopo di legittimare le iniziative assunte e i programmi già avviati” (Fraccaroli, Vergani 2004).

Riguardo gli oggetti della valutazione è possibile distinguerli in due diverse categorie, che danno luogo alla “valutazione di prodotto” e alla “valutazione di processo”. La prima si basa sulla verifica della rispondenza tra obiettivi e risultati (Tyler 1949), è nata dall’esigenza di abolire azioni basate sulla casualità, l’improvvisazione, l’ambiguità. Per poter valutare è necessario definire prima obiettivi descritti come comportamenti attesi e necessita quindi di una standardizzazione. La seconda si basa sull’accertamento del valore sociale ed educativo di un’azione formativa (Eisner 1967) ed in campo educativo è nata dall’esigenza di far luce sul processo di apprendimento per migliorare l’offerta formativa.

Per ottenere un risultato soddisfacente sono necessarie entrambe: la valutazione di prodotto consente di verificare se il risultato finale corrisponde a quanto stabilito e per questo necessita di una definizione esatta di quanto bisogna produrre ma “poiché un risultato è sempre la conseguenza di un processo d’azione, senza l’analisi del processo, la comprensione dei risultati risulta fortemente problematica e comunque parziale” (Lipari 1995). La valutazione di processo si occupa di tutti gli aspetti che lo caratterizzano dall’inizio alla fine.

Permette di riflettere su tutto il percorso formativo cogliendo anche quegli aspetti che una valutazione di prodotto non permetterebbe di osservare ma senza la valutazione del prodotto può dar luogo a risultati aberranti.

Da queste considerazioni emerge la necessità di sviluppare per ambiti molto complessi, quali ad esempio quello formativo, modelli di valutazione integrata sia di prodotto che di processo. Attraverso questo passaggio potrà realizzarsi nel tempo l’adeguamento del nostro sistema universitario a modelli consolidati e condivisi a livello internazionale, in particolare in accordo con quanto stabilito dall’European Association for Quality Assurance in Higher Education, ENQA, nel documento Standards and Guidelines for Quality Assurance in Higher Education, ESG.

L’introduzione di un sistema di valutazione, soprattutto in ambito formativo, deve essere in linea con i seguenti principi:

i.  valorizzazione del merito;

ii. garanzia di pari opportunità di diritti …ma anche di doveri;

iii. trasparenza dei risultati conseguiti;

iv. tempestività di diagnosi ed efficacia di intervento correttivo attraverso strutture accreditate per l’incident reporting per la segnalazione di “non conformità” (malfunzionamenti, disguidi, inosservanze delle norme, inceppamenti organizzativi, etc.);

v. definizione degli strumenti per gli interventi correttivi.

La misurazione intende quantificare, attribuire un punteggio secondo certi parametri. Ha l’obiettivo di consentire una stima, sulla base di un sistema di riferimento condiviso, delle informazioni sulle quali si intende operare o che debbono essere considerate ai fini di formulare un giudizio. Nella misurazione, attribuiamo dei valori numerici a oggetti o ad eventi secondo regole che permettono di rappresentare caratteri degli oggetti o eventi in questione con proprietà del sistema numerico. Per questioni sperimentali e teoriche (ad esempio il principio di indeterminazione di Heisenberg) ciò che intendiamo misurare non è, in realtà, descrivibile da un solo valore numerico, anche ipotizzando una precisione di misurazione infinita. Ciascuna misura è quindi una stima del valore vero. Per ragioni pratiche occorre quindi definire un intervallo entro cui la misura viene considerata accettabile. Quando intendiamo misurare parametri riferibili ad un prodotto o ad un processo è quindi essenziale definire gli standard di riferimento.

La valutazione tiene conto di attributi concreti, prevalentemente unidimensionali, risultati della misurazione ma non solo di essi in quanto è espressione anche di valori aggiuntivi non direttamente misurabili consistenti per esempio in benefici emotivi che riguardano attributi astratti, prevalentemente multidimensionali, non oggettivamente misurabili.

Nel mondo della Scuola-Università i termini misurazione e valutazione sono due funzioni spesso (con)fuse insieme.

2. La valutazione nella attuale realtà universitaria italiana

Nella attuale realtà universitaria (non solo italiana) l’attenzione riservata ai temi valutativi sembra essere prevalentemente il risultato di scelte politiche provenienti dall’esterno (SISTEMA ANVUR/AVA), come esito di una pressione esogena più che un bisogno emergente all’interno dell’organizzazione

Sicuramente nel corpo docente non esiste una diffusa cultura della valutazione ma non c’è ostilità preconcetta verso l’azione valutativa in sé, quanto piuttosto un sostanziale rifiuto verso una valutazione che si esprime unicamente in giudizi di adeguatezza o inadeguatezza.

E’ questo un effetto negativo, prodotto da forme di valutazione oggettiva dirette a fare classifiche e a stabilire la quota di risorse che vanno alle università in conseguenza di questa valutazione e che molto difficilmente riescono a favorire e sostenere processi di messa a punto e di superamento delle carenze rilevate (vedi a proposito  la “Raccomandazione sul DM 47/13” espressa dal CUN nell’adunanza del 27/3/13).

Il rischio di rifiuto diventa molto rilevante se gli indicatori scelti generano risultati aberranti e se il processo di valutazione è percepito come incompleto o parziale.

B. Valutazione della didattica-Valutazione del docente

1. Qualità della didattica: una scelta politica

In una prospettiva di facoltà o scuola di qualità l’attenzione alla qualità della docenza sembra essere un nodo essenziale, poiché si stima che in assenza di insegnanti competenti ed efficaci vengono a mancare le premesse fondamentali per la qualità della didattica e dell’offerta formativa.

Alla qualità del docente si accompagna la qualità dell’organizzazione della didattica (modalità della didattica, adeguatezza delle risorse umane o di struttura, ecc.), proveniente dalle determinazioni che riguardano il livello politico, amministrativo, organizzativo e gestionale su cui però la scuola o facoltà non sempre ha il potere di condizionare le scelte da adottare.

Le attuali pratiche valutative della didattica universitaria sono fondate principalmente sul rapporto fra docente e studente, dove chi apprende esprime un valore rispetto al processo di insegnamento avvalendosi di questionari/interviste come strumenti privilegiati di giudizio. Tali questionari sono costruiti soprattutto sulla filosofia della customer satisfaction, tendente a valorizzare l’assunzione di responsabilità delle organizzazioni formative e il potere del consumatore.

La student satisfaction, nonostante le tipiche aree di criticità da più parti rilevate, se opportunamente contestualizzata e delineata in relazione al valore formativo della valutazione, può motivare processi di revisione della pratica di insegnamento attuata dal docente, ma se considerata come fonte esclusiva (o quasi esclusiva) di informazione sullo stato della didattica rischia di ridurre gli spazi di intervento per il miglioramento della qualità. Sono quindi auspicabili nella valutazione della didattica/docente analisi a più livelli, pluralità di metodi e strumenti da adottare, pluralità di contesti da esaminare non solo basati su tale contesto.

2. Valutazione del docente: aspetti critici

La disponibilità del docente ad essere valutato e a rendere conto del proprio operato con misure oggettive (teacher accountability) è il prerequisito per affermare una pratica valutativa. L’esercizio della valutazione è, per il nostro sistema Universitario, certamente un inevitabile cambiamento epocale. A lungo infatti si è sottratto a tale necessità ed ancora oggi la sua applicazione è molto disomogenea. Accanto ad una diffusa mancanza di standardizzazione dei parametri di giudizio e condivisione di comportamenti c’è un aspetto molto rilevante che fino ad ora non è stato affrontato: la motivazione a farsi valutare. È infatti innegabile che, fino a quando la didattica rimarrà un’attività senza peso nella carriera del docente universitario, sarà molto difficile implementarne la valutazione. La valorizzazione delle attività svolte dal docente in termini di qualificazione e mantenimento della competenza didattica, anche se apparentemente un’ovvia conseguenza dell’operare nell’Università, è poco riconosciuta. Attualmente infatti la carriera del docente viene influenzata dalla ricerca (abilitazione nazionale e valorizzazione dei prodotti della ricerca) ma non dalla didattica. Quello speso nell’acquisizione di specifiche competenze, il mantenimento delle stesse, l’eccellenza (o il deficit), la coerenza con il mandato formativo assegnato nei Corsi di Laurea o nelle Specializzazioni viene quasi considerato tempo sottratto alla possibilità di fare ricerca (o assistenza).

Le principali criticità della pratica valutativa nell’attuale modello sono:

i.  La mancanza della definizione esatta ed inequivocabile degli obiettivi sul raggiungimento dei quali effettuare una verifica. In un buon sistema di qualità è infatti essenziale definire gli standard sia di prodotto che di processo che si intende raggiungere;

ii.  La mancanza di una formazione degli studenti come valutatori per esprimere un giudizio basato su regole e comportamenti condivisi;

iii. L’assenza della definizione di criteri oggettivi per cui si abbia da parte degli studenti la percezione che i loro sforzi nella valutazione diano risultati in termini di miglioramento della didattica poiché la qualità della partecipazione e della motivazione degli studenti è una premessa iniziale per il successo delle valutazioni degli insegnamenti/docenti;

iv. La scarsa flessibilità del modello di valutazione adottato (es., questionario) da sottoporre agli studenti in momenti differenti del corso tale per cui si riesca a cogliere l’aspetto evolutivo della percezione degli studenti riguardo al corso stesso con la possibilità di confrontarla con quella dei docenti;

v. La mancanza della valorizzazione della competenza didattica;

vi. La assenza di strumenti per identificare le situazioni aberranti ed intervenire per correggerle.

C. Valutazione del docente nella Scuola di Medicina

1. Le caratteristiche distintive dell’ordinamento degli studi medici

Esistono alcune caratteristiche peculiari e distintive dell’ordinamento degli studi medici che è bene sottolineare per giustificare la necessità di strumenti di valutazione specifici in questo contesto:

i.  Il Corso integrato: la specializzazione – e la parcellizzazione – del sapere medico hanno reso necessario il ricorso sistematico al corso integrato (CI) nella programmazione curricolare. Il significato ed il grado di integrazione dei CI variano notevolmente nella realtà, passando da CI mono-disciplinari con integrazione limitata ad una collaborazione di docenti della stessa disciplina, a CI multi-disciplinari nei quali si alternano docenti di settori scientifico-disciplinari differenti, a CI inter-disciplinari nei quali si realizza una reale integrazione con l’organizzazione di unità didattiche complesse e di copresenze. Pertanto nella valutazione del docente occorre tenere distinti due aspetti, uno relativo al CI (come riuscita complessiva), l’altro relativo ai singoli docenti che compongono il CI (caratteristiche di insegnamento/docenza).

ii. L’attività professionalizzante ed il tutor clinico: negli attuali schemi didattici largo spazio viene dato al tirocinio professionalizzante. Il tutor clinico non solo deve avere le competenze specifiche per l’ambito didattico per il quale è richiesto il suo contributo (così come il docente che svolge l’attività didattica formale) ma deve soprattutto operare in modo da permettere allo studente di elaborare un proprio profilo operativo (imparare “a fare”). Pertanto nella valutazione del docente nella Scuola di Medicina occorre tenere distinte le due figure: il professore e il tutor clinico (che possono anche essere la stessa persona a seconda della numerosità del personale ma con funzioni distinte)

iii. La Frequenza: a Medicina esiste l’obbligo certificato di frequenza per tutti gli studenti sia che si tratti di attività di didattica formale che di attività di tirocinio professionalizzante.

2. Gli ambiti di valutazione

Come discusso nell’introduzione, ambiti complessi, come appunto quello formativo, richiedono approcci valutativi multidimensionali, con analisi a più livelli, pluralità di metodi e strumenti da adottare, pluralità di contesti da esaminare (nel nostro caso non solo confinati all’attività didattica propriamente detta). Lavorando su questa base, il Gruppo di lavoro ha identificato quattro ambiti di valutazione del docente nella Scuola di Medicina:

1) Autovalutazione;

2) Valutazione del docente da parte degli studenti;

3) Valutazione del Tutor clinico da parte degli studenti;

4) Altre forme di valutazione del docente.

I quattro ambiti sono discussi in un’ottica di un percorso valutativo integrato e, laddove esistenti, le nostre proposte sono messe a confronto con le procedure ANVUR/AVA attualmente in vigore.

2.1 Autovalutazione

La scheda predisposta dall’ANVUR (Scheda n. 7, da compilarsi a cura del docente per ogni insegnamento) è divisa in due parti:

i. aspetti organizzativo-strutturali (carico di studio accettabile, orario lezioni, aule e servizi di supporto, etc., 6 items) e

ii. aspetti didattici (conoscenze preliminari, coordinamento, modalità esame, soddisfazione complessiva del docente, 4 items).

Le domande sono molto generali e prevedono come risposta un giudizio/opinione espressa dal docente con una scala valutativa a quattro gradi (da decisamente no a decisamente sì).

Il docente ha l’obbligo di compilare la scheda dopo lo svolgimento dei 2/3 delle lezioni e di consegnarla agli uffici competenti insieme al Registro delle attività didattiche al termine dell’anno accademico (31 ottobre anche se dovrebbe essere 30 settembre viste le semestralizzazioni).

Il GdL ritiene che la scheda così come predisposta dall’ANVUR/AVA, più che un’autovalutazione ex post del docente in merito alla qualità della realizzazione del corso, appare essere un dispositivo formale finalizzato ad adempimenti burocratici e come tale non sufficiente a garantire il raggiungimento dei due obiettivi fondamentali sottesi all’autovalutazione:

i. A livello personale: sviluppare nel docente un atteggiamento critico verso il proprio operato (practical reflections, educational criticism);

ii. A livello istituzionale: promuovere una responsabilizzazione del docente (teacher accountability) coinvolgendolo come parte integrante del processo di miglioramento dell’istituzione universitaria.

Proposte del GdL

Vista l’importanza del processo e l’assenza di una cultura e di una pratica diffusa di autovalutazione nelle Scuole di Medicina italiane, si propone un modello di autovalutazione più articolato composto dal questionario per l’autovalutazione del docente ed il teaching portfolio.

a) Questionario per l’autovalutazione del docente.

Si propone un questionario (Hoyt e Pallett 1999, modificato) composto da due sezioni. La prima sezione si riferisce al C.I. e contiene domande riguardanti:

1) il contesto in cui è collocato il CI (sia rispetto alle caratteristiche degli studenti, sia rispetto ad altri CI del curriculum;

2) gli obiettivi del CI;

3) le strategie didattiche impiegate;

4) i materiali didattici utilizzati;

5) le modalità di valutazione del profitto degli studenti adottate.

La seconda sezione si riferisce al singolo docente e contiene domande su:

1) le attività svolte in aula;

2) il coordinamento didattico con gli altri colleghi del CI.

L’obiettivo del questionario per l’autovalutzione è quello di spingere il docente a farsi le seguenti domande: 1 – è corretto il contesto in cui è collocato il corso integrato? 2 – sono chiari gli obiettivi del corso integrato? 3 – sono state discusse le strategie didattiche? 4 – i materiali didattici sono soddisfacenti e facilmente reperibili? 5- le modalità di valutazione del profitto sono state discusse dai docenti del corso integrato? 6 – è stato soddisfacente il coordinamento didattico? 7 – sono stati tenuti presenti nell’ambito del CI e nei singoli moduli i descrittori di Dublino? 8 – i cfu assegnati sono insufficienti o meno? 9 – il numero di ore di lezione e la loro organizzazione sono soddisfacenti? 10 – le attrezzature per le attività in aula sono adeguate?

Come tempistica di rilevazione, il questionario va compilato annualmente dal docente a chiusura del ciclo di lezioni e consegnato agli Organi di Valutazione interna per gli adempimenti del caso.

b) Teaching portfolio.

Una delle procedure indicate come la più adeguata a sensibilizzare il docente all’autovalutazione è quella della produzione del teaching portfolio.

Il teaching portfolio (da non confondere con il Registro delle attività didattiche) rappresenta una raccolta di dati, attestati, materiali vari, documentazione ufficiale, sulle attività del docente. La raccolta delle informazioni contenute nel portfolio non deve essere necessariamente esaustiva di tutte le attività compiute dal docente, ma presentare una selezione di quelle attività che egli considera didatticamente efficaci e qualitativamente importanti.

Dall’analisi della letteratura emerge che la costruzione del portfolio può avere una valenza sia soggettiva e servire al docente come stimolo all’autoriflessione, che istituzionale e servire al docente come un prodotto da utilizzare per integrare la documentazione della sua attività in vista della sua progressione di carriera.

Il portfolio potrebbe inoltre costituire, insieme ai risultati dei questionari di valutazione (sia autovalutazione del docente che valutazione del docente da parte degli studenti), uno strumento utile per misurare la qualità dei docenti e formulare una graduatoria di merito interna con effetti premiali per i più bravi (riconoscimenti di prestigio o economici o di carriera).

Gli elementi particolarmente significativi per la costruzione del teaching portfolio (trasformabili in indicatori a fini valutativi) possono essere:

i.  Tesi (numero e qualità) seguite dal docente come relatore;

ii. Risultati del progress test relativi all’area di riferimento del docente mediante l’analisi critica effettuata insieme agli altri colleghi del CI;

iii. Risultati degli esami  (rispondenza dei risultati rispetto agli obiettivi del CI, livelli di performance da parte degli studenti, analisi dell’andamento/risultanze, al di là del semplice score);

iv. Percentuale di presenze del docente ai consessi degli organi di governo (Consigli Struttura di Raccordo, Facoltà, Scuola, etc.);

v.  Partecipazione del docente a Commissioni relative all’organizzazione, programmazione, valutazione dell’attività didattica (es. Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica, Commissione Paritetica etc.);

vi. Valutazione dei giudizi riportati dagli studenti (analisi critica e soluzioni formulate insieme agli altri colleghi del CI in caso di esiti negativi);

vii. Adesione ai descrittori di Dublino;

viii. Partecipazione del docente ad attività di formazione pedagogica finalizzate a migliorare le sue competenze in termini di progettazione, erogazione, valutazione del percorso di apprendimento. Con riferimento a quest’ultimo punto, potrebbe essere utile introdurre un sistema di accreditamento sul modello degli ECM (S.I.Pe.M., Atelier didattici della Conferenza, etc.).

La costruzione del teaching portfolio, come pratica autovalutativa, è a nostro avviso molto importante non solo su un piano concettuale innovativo ma anche tecnico di valutazione perché soddisfa il criterio dell’approccio valutativo multidimensionale includendo misure/valutazioni sia di processo (come il docente ha agito) che di risultato, quest’ultimo a sua volta inteso sia come output (quanto il docente ha prodotto) che come outcome (quale effetto ha avuto l’attività del docente rispetto agli obiettivi prefissati).

2.2 Valutazione del docente da parte degli studenti

Nella Scuola di Medicina italiana la valutazione dell’insegnamento/docente da parte degli studenti è pratica ormai accreditata, ben prima dell’introduzione del sistema ANVUR/AVA, anche se si registrano vistose difformità nei modelli sviluppati/criteri di applicazione adottati nelle differenti sedi.

I nodi ancora da sciogliere riguardano non tanto e non solo gli strumenti da adottare (di cui discuteremo più avanti) quanto piuttosto l’applicazione dei principi su cui si basa un sistema di valutazione efficace, applicazione ancora inesistente nella quasi totalità delle sedi.

Occorre pertanto considerare i seguenti aspetti:

i. sensibilizzazione dello studente alla valutazione (chi insegna agli studenti a valutare per garantire da parte loro un giudizio oggettivo ed omogeneo e come). Allo scopo potrebbero essere utilizzati brevi corsi sommministrati anche on-line;

ii. definizione di criteri oggettivi condivisi che trasmettano agli studenti la percezione che i loro sforzi nella valutazione diano risultati in termini di miglioramento della didattica;

iii. avvio di procedure validate per l’incident reporting, incluse sanzioni e correttivi da applicare in caso di inadempienze o omissioni.

Passando agli strumenti e prima di discuterne, è bene ricordare gli obiettivi sottesi alla valutazione del docente da parte dello studente che sono: espliciti di tipo culturale (la proposta di contenuti disciplinari da parte dei docenti, perché essi vengano appresi dagli studenti) e formativi (lo sviluppo personale e professionale dello studente). L’altro aspetto da ricordare riguarda l’attenzione all’efficacia versus eccellenza del docente. L’efficacia, ovvero il rendere sempre più efficaci i processi di insegnamento considerando prioritariamente la crescita culturale e professionale degli studenti, è un concetto che domina lo scenario internazionale da più di un decennio, collegato alla qualità della didattica complessiva dei corsi di laurea ed alle connessioni di questa con gli standard per valutarla e le eventuali procedure di accreditamento. La valutazione dell’efficacia si traduce sostanzialmente in termini di valutazione dell’apprendimento e della soddisfazione degli studenti. L’eccellenza ovvero l’esplorazione e adozione da parte del docente di nuovi approcci all’insegnamento e all’apprendimento, è un concetto più sofisticato e meno praticato, che richiede forme valutative più complesse (come dossier, peer- e self-evaluation) all’interno di una valutazione istituzionale.

La scheda predisposta dall’ANVUR per la valutazione del docente da parte dello studente (Scheda n. 1) è divisa in tre parti:

i.  aspetti di insegnamento (conoscenze preliminari, carico di studio/CR, materiale didattico adeguato, definizione delle modalità d’esame, 4 items);

ii.  aspetti di docenza (orari e puntualità del docente, qualità di insegnamento, attività didattiche integrative, etc, 6 items);

iii. interesse dello studente agli argomenti trattati (1 item); a queste tre parti si aggiunge una sezione di  “Suggerimenti al docente” (9 items già prefissati tra i quali optare, es., alleggerire il carico didattico complessivo, inserire prove d’esame intermedie, etc.).

Per le prime tre parti si richiede allo studente di esprimere un giudizio (quattro gradi di giudizio/ item, da decisamente no a decisamente sì).

Commentando la scheda predisposta dall’ANVUR e relativamente alla obbligatorietà e tempistica di rilevazione, vogliamo far notare che

i. l’obbligatorietà di compilazione deve essere per noi, più che un adempimento burocratico, un valore a cui educare lo studente di medicina;

ii. la tempistica di rilevazione al momento dell’iscrizione all’esame, qualora quest’ultimo si svolga a distanza di molti mesi dal corso, rende le risposte poco attendibili.

Suggeriamo come strumento migliore quello di un questionario di gradimento/soddisfazione da sottoporre a tutti gli studenti a lezione, possibilmente alla fine del CI, piuttosto che all’atto dell’iscrizione all’esame per evitare che passi troppo tempo tra attività e raccolta dei dati.

Relativamente alla formulazione della scheda, sulla base di quanto discusso sopra e dell’esperienza maturata in alcune sedi, proponiamo un modello più articolato rispetto a quello dell’ANVUR/AVA, composto da due sezioni:

– una prima di soddisfazione complessiva – aspetti di contesto, riferita al CI (6-8 item, soddisfazione, interesse agli argomenti, utilità o meno di ripetizioni e sovrapposizioni rispetto ad altri CI, etc.)

– una seconda riferita al “docente”, predisposta nominalmente per tutti docenti del CI, composta da due parti:

i.  aspetti organizzativi (pochi item, es., puntualità del docente all’inizio delle lezioni,  modalità di svolgimento dell’esame,etc.) e

ii. aspetti di docenza propriamente detta (5-6 item), questi ultimi relativi sia alla capacità del docente di attivazione cognitiva (es chiarezza espositiva, trattazione esauriente) che alla capacità del docente di supporto al learning (es., se il docente risponde a domande, se fa domande e lascia tempo per le risposte, se i contenuti di apprendimento sono appropriati rispetto ai prerequisiti richiesti, anche utilizzando gli obiettivi dei singoli core curricula così come raccolti dalla Conferenza).

A queste due sezioni se ne aggiunge una riferita al C.I., che comprende due domande, una sul carico di lavoro complessivo rispetto ai crediti formativi assegnati al CI ed un’altra sulla effettiva integrazione tra i docenti .

Un totale di circa 20 domande che riguardano sia il CI che i singoli docenti. A queste tre sezioni si può aggiungere una quarta di “Suggerimenti” identica a quella proposta dall’ANVUR (Scheda n. 1, vedi sopra).

Nota. Con riferimento alla valutazione del docente da parte degli studenti, l’ANVUR ha anche predisposto un’altra scheda, la cui rilevazione partirà però dai prossimi AA. Si tratta della Scheda n.2, Studenti frequentanti, relativa all’organizzazione dei corsi dell’AA precedente (parte A) e solo, gli esami sostenuti (parte B), con tempistica di rilevazione al momento dell’iscrizione all’AA e con elemento di obbligatorietà consistente nel blocco dell’iscrizione all’AA o all’Esame di Laurea; gli studenti dell’ultimo anno di corso dovranno compilare questa scheda prima della laurea. Con questa scheda l’ANVUR/AVA intende affrontare la valutazione ex post dello studente sui corsi svolti l’anno precedente, inclusi gli aspetti relativi all’esame. Riteniamo questa scheda non del tutto soddisfacente, sia per la tempistica, che per la parte relativa all’Educational Assessment Knowledge and Skills (sostanzialmente la valutazione del docente come valutatore), riteniamo l’argomento troppo importante e complesso per affidarlo allo studente. In alternativa proponiamo altri approcci come descritto in precedenza (qualificazione dello studente come valutatore, teaching portfolio) e più avanti (punto 2.5).

2.3 Valutazione del tutor clinico

Il tutor clinico, come già anticipato, è una  figura protagonista nell’insegnamento della medicina attuale. Egli rappresenta una cerniera del sistema formativo soprattutto nell’ambito del tirocinio professionalizzante, che viene effettuato sotto la sua diretta responsabilità, nel corso del quale lo studente deve acquisire la confidenza con la professione, integrando la didattica essenzialmente rivolta a fornire informazioni teoriche e pratiche con un apprendimento basato sull’acquisizione di competenza (dal piano delle conoscenze scientifiche a quello della semeiotica fisica e strumentale, a quello della componente umanistica della professione medica).

Dalla qualità dei tutores che si susseguono a fianco dello studente nel corso della formazione dipende la qualità della formazione stessa e l’attitudine professionale del neo-medico.

La Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CPPCLMMC) ha elaborato ed approvato una guida, “Codice di comportamento del Docente tutor e dello studente iscritto ai Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia nello svolgimento delle attività didattiche cliniche tutoriali” (Familiari et al, Med e Chir, 55, 2012, pp 2465-2474), che è stata successivamente condivisa ed approvata anche dalla Conferenza Permanente dei Presidi delle Facoltà/Scuole di Medicina e Chirurgia.

In essa si identificano intenti, valori e doveri di docenti e studenti, insieme, nello svolgimento delle attività assistenziali condotte all’interno delle strutture assistenziali e del territorio. L’auspicio della Conferenza è che la guida diventi parte integrante del Regolamento didattico dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Il Codice/guida comprende tre sezioni:

i.  Fondamenti etici (l’etica come base di azione del docente e dello studente; norme di etica “essenziale” inerenti il rapporto con il paziente);

ii. Aspetti didattici e pedagogici (competenze e responsabilità crescenti degli studenti; obblighi di frequenza);

iii. Norme di condotta dello studente.

Nonostante il forte richiamo etico centrale, il clima attuale locale (singole sedi) è ancora di incertezza/resistenza/confusione nei riguardi delle Attività Didattiche Professionalizzanti (ADP) (sia come pianificazione che realizzazione che valutazione).

Le ragioni di questo disagio sono sostanzialmente riconducibili alla mancanza di soluzioni, direttive comuni, scelte condivise relative ad alcuni aspetti critici legati alle ADP quali:

i.  Definizione operativa di obiettivi e competenze pertinenti all’attività tutoriale in ambito clinico;

ii. Individuazione di strategie di formazione dei tutor clinici (esame certificativo con abilitazione?);

iii. Natura e numerosità delle ADP teorico-pratiche (soprattutto di livello 3, essere capaci di fare, in applicazione ai Dublino 3 e 4) giudicate essenziali e irrinunciabili da tutte le sedi;

iv. Modalità utili per la scelta, apprendimento, e valutazione delle competenze metodologiche (capacità dello studente di trasformare le conoscenze in competenze mediante l’applicazione in contesti operativi, in applicazione ai Dublino 2, 3, 4).

Per superare queste criticità la Conferenza ha designato un GdL ad hoc (“Core curriculum”, coordinatore il prof. Eugenio Gaudio) che ha già prodotto alcuni risultati incoraggianti in un’ottica di costante dialettica con le singole sedi.

Tenuto conto dell’assenza di riferimenti ANVUR, sia pure in un clima di incertezza, riteniamo importante avanzare alcune proposte relative alla valutazione delle ADP e del tutor clinico ad esse dedicato:

a. definizione di un meccanismo di reclutamento dei tutor clinici (proposti da ciascun presidente del Corso Integrato e nominati dal CCdS), che preveda:

I. la predisposizione di un curriculum standard,

II. la partecipazione ad un corso di formazione,

III. la valutazione della performance del periodo precedente;

b) definizione, da parte del CCdS, degli obiettivi del tutoraggio (possibilmente corrispondenti ai Clinical Skills in corso di definizione a livello di Conferenza);

c) inserimento degli obiettivi del tutoraggio tra gli argomenti di esame del corso integrato di riferimento;

d) questionario di gradimento/valutazione del tutor clinico da parte degli studenti basato sul criterio della student satisfaction. Il questionario, predisposto nominalmente per ogni tutor clinico responsabile di ADP nel C.I., è composto da tre sezioni: la prima relativa alla tipologia delle ADP, soprattutto in riferimento alle teorico-pratiche di livello 3 (saper fare) e alle metodologiche (applicazione dei Dublino 2, 3, 4); la seconda relativa alla modalità di verifica del tirocinio svolto. Per gli item più importanti si richiede allo studente sia di fornire l’informazione (sì/no) che di esprimere un giudizio/grado di soddisfazione. In linea con il principio di trasparenza, i risultati del questionario di gradimento, inclusa la graduatoria di merito dei C.I./tutor, potranno essere resi pubblici compatibilmente con la normativa sulla privacy; la terza relativa al livello di soddisfazione riferito alla situazione ambientale (modalità di accoglienza, disponibilità degli operatori).

2.4 Incremento dell’autonomia responsabile

Il meccanismo proposto per AVA (binomio dialettico autovalutazione-valutazione, responsabilizzazione delle strutture da valutare, valutazione trasparente e consapevole da parte dei valutatori esterni) è corretto. Vi sono tuttavia delle criticità, alcune delle quali vogliamo discutere con riferimento specifico alla valutazione della didattica/docente in un’ottica di sviluppo dell’autonomia responsabile da parte delle strutture universitarie.

In primo luogo, si impone l’avvio di una riflessione costante sulla qualità della didattica e del servizio offerto, inclusa la definizione degli obiettivi sottesi alle scelte che si fanno (l’impostazione del DM 47/13 appare essere solo di tipo autorizzativo-certificativo).

In secondo luogo, si richiede l’adozione di forme di governance improntate a relazioni non gerarchiche ma reticolari di consultazione, coinvolgimento, coordinamento. A tal fine proponiamo

a)   l’istituzione di un “Comitato di Monitoraggio dell’attività didattica dei docenti” con ruolo di supporto agli organi di valutazione interna (Presidio di Qualità, Nucleo di Valutazione, Commissione Paritetica) e di raccordo ad un

b)   “Osservatorio Permanente per il Monitoraggio dell’Attività didattica dei Docenti” da istituire a livello della Conferenza.

In terzo luogo, riteniamo che la valutazione della qualità dell’insegnamento/docente debba coinvolgere tutti gli attori primari della scena didattica e che, quindi, il docente non dovrebbe essere valutato solo dagli studenti (come di fatto propone il DM 47/13) ma implicarsi esso stesso nella valutazione del proprio operato sviluppando soprattutto la pratica dell’autovalutazione o utilizzando altri criteri innovativi proposti e analizzati nei paragrafi precedenti.

2.5 Altre forme di valutazione del docente

L’efficacia del docente e la soddisfazione dello studente possono essere valutate anche considerando altre strade, quali, ad esempio,

i. incontri di gruppo tra gli studenti e i loro rappresentanti nelle istituzioni universitarie;

ii. interviste semi-strutturate fatte a studenti e colleghi del docente da valutare;

iii. rilevazione di buone pratiche didattiche che incoraggino il mantenimento e lo sviluppo della qualità della docenza e che possono portare alla consapevolezza che la valutazione del docente può essere effettuata attraverso molteplici percorsi;

iv.  valutazione tra pari con site visit di altri docenti del corso o esterni;

v.  resoconti periodici sul docente fatti dal Coordinatore di semestre/ anno con lo strumento dell’incident reporting (p.es. per problemi relativi a contenuti di un corso, modalità di esame, ecc.).

D. Gli indicatori della qualità della didattica/docente

Per quanto riguarda l’analisi dei dati provenienti dalla raccolta delle opinioni degli studenti e dei docenti ha naturalmente particolare rilievo la scelta degli indicatori della qualità che dipende dagli obiettivi specifici che si vogliono raggiungere. Possono servire per verificare il raggiungimento di standard o anche consentire la comparazione tra corsi o tra sedi. Dal punto di vista metodologico, si identificano due tipologie di indicatori potenzialmente applicabili:

1. Indicatori netti, che spiegano gli eventuali fattori che possano aver inciso sui risultati ottenuti;

2. Indicatori lordi, che sintetizzano i dati in un’unica misura.

Le valutazioni espresse direttamente dagli studenti possono essere influenzate, oltre che dal reale livello qualitativo percepito dei singoli fattori, anche da altri fattori di natura:

– macro-contestuale o «di contesto esterno» quali ad es. gli aspetti demografici, culturali, politico-istituzionali che caratterizzano l’ambiente socio – economico in cui il processo formativo universitario dell’Ateneo è inserito;

– micro-contestuale o «di contesto interno» quali ad es. gli aspetti organizzativi, gestionali, politico-istituzionali che caratterizzano l’ambiente universitario;

– individuale quali sesso, età, formazione scolastica secondaria superiore, interesse per area disciplinare ecc. che  evidenziano le peculiarità della popolazione studentesca destinataria del servizio.

Gli indicatori netti possono essere costruiti utilizzando la generica classe dei multilivello (Snijders e Bosker,1999) e consentono di ricavare risultati privi dell’influenza di specifici fattori di contesto o individuali, anche se in condizioni di sufficiente omogeneità del collettivo analizzato, è stata empiricamente verificata la similarità tra le valutazioni ottenute da indicatori lordi e netti (Rampichini et al. 2002).

Gli indicatori lordi possono essere Unidimensionali e Multidimensionali se ricavati considerando rispettivamente solo un aspetto della qualità percepita (chiarezza del docente, adeguatezza delle aule) o più aspetti contemporaneamente

E’ evidente la parzialità dell’informazione sulla qualità della didattica che gli indicatori netti possono offrire rispetto agli indicatori lordi. La costruzione di questi ultimi tuttavia è diretta conseguenza delle scelte metodologiche effettuate sui primi.

È compito del Presidio di Qualità di Ateneo scegliere le tecniche di misurazione dei dati provenienti dalla raccolta dell’opinione degli studenti e dei docenti. Fino ad oggi la maggior parte delle elaborazioni da parte dei Nuclei locali di valutazione di Ateneo si è limitata al calcolo della mediana e della moda, tra l’altro attribuendo valori numerici ai giudizi espressi dagli studenti in termini meramente descrittivi: l’individuazione puntuale di tali valori numerici da sostituire alle modalità ordinali avviene in modo sostanzialmente soggettivo o addirittura arbitrario con la conseguente divergenza nei risultati a seconda della scala di misura predeterminata.

Ciò significa che ad indicatori differenti corrispondono inevitabilmente altrettante valutazioni differenti le quali non consentono, ovviamente, la realizzazione di oggettivi confronti ad es. tra diversi Atenei. E’ necessario, dunque, che ogni Presidio di qualità di Ateneo indichi uno standard metodologico uniforme e rigidamente esplicitato.

Pertanto, è emersa fortemente l’esigenza di standardizzare metodologicamente la procedura di valutazione individuando un indicatore lordo multidimensionale della qualità della didattica che sia indipendente da preventive assunzioni teoriche e dalla soggettività di scelte individuali quale potrebbe essere ad esempio, l’indicatore di entropia. (Di Traglia 2013)

E. Conclusioni

Il documento parte dall’analisi dei termini “valutazione” e “misurazione” che discute in relazione alla qualità della didattica/docente sia per gli aspetti generali che per quelli specifici per la Scuola di Medicina.

Con riferimento al DM 47/13 ed al binomio autovalutazione/valutazione applicato alla figura del docente, si sottolinea l’importanza dell’autovalutazione come forma di responsabilizzazione del docente nei riguardi dell’istituzione. Si avanzano inoltre proposte di modifica (formulazione e tempistica) del questionario di valutazione del docente da parte degli studenti proposto dall’ANVUR-AVA perché più rispondenti alle finalità/peculiarità didattiche del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia.

Come indicato nelle premesse generali, l’analisi/valutazione del prodotto richiede la definizione di obiettivi predeterminati. Per tale motivo è estremamente importante definire in modo chiaro, attraverso la utilizzazione del Core Curriculum nazionale della Conferenza, le competenze che un laureato in Medicina e Chirurgia deve possedere, definire cioè la figura del “Medico Normale Italiano” (corrispondente al medico standard della bibliografia anglosassone). Questa operazione culturale condizionerà a ritroso i contenuti/obiettivi dei singoli core curricula disciplinari  con conseguente normalizzazione delle competenze e agevolazione del trasferimento degli studenti tra le diverse sedi.

F. Proposte

A titolo ricapitolativo e per aprire la discussione riportiamo in elenco le proposte più significative contenute nel documento:

– Schede di valutazione ANVUR (autovalutazione del docente e valutazione del docente da parte degli studenti): proposte di modifica nel rispetto delle specificità del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia;

– Valutazione del Tutor clinico: proposta ex novo di un questionario di gradimento/soddisfazione degli studenti;

– Indicatori di sistema: preparazione di uno strumento omogeneo per tutte le Sedi di elaborazione dei dati relativi ai risultati dei questionari di valutazione;

– Proposta di istituzione dello strumento degli Audit (eventualmente gestito dalla Conferenza);

Proposta di istituzione di un Sistema di Formazione Permanente per la Didattica (tipo ECM);

– Proposta di istituzione di un “Comitato di Monitoraggio delle attività didattiche” della Conferenza con ruolo di supporto alla triade tecnica locale dell’ANVUR (PQ, NV, CP) e di collegamento ad un “Osservatorio Permanente” da istituire a livello della Conferenza ;

– Proposta di ricongiunzione di tutti i sistemi di valutazione con il Core Curriculum (unico per tutte le Sedi e con set di standard per singola disciplina) e definizione del Medico Normale Italiano;

– Prospettiva di Istituzione dell’Abilitazione Nazionale Didattica gestita, come quella scientifica, da ANVUR.

Ringraziamento

Un particolare ringraziamento va a Maria Luisa Eboli, Tiziana Bellini e Laura Recchia per le lunghe ed appassionate sessioni che ci hanno coinvolto nella stesura del presente documento. A Massimo Casacchia, il cui lavoro di coordimento fatto prima di me ha costituito la solidissima fondazione su cui abbiamo costruito il nostro edificio. Ad Andrea Lenzi che ci ha guidato con la mano ferma ed esperta del timoniere straordinario che è.

Bibliografia

1) Bisio C. (a cura di), Valutare in formazione. Azioni, significati e valori, Angeli-AIV, Milano, 2002.

2) Di Traglia M., Recchia L., Curcio F., La valutazione della didattica: dalla raccolta delle opinioni degli studenti come espressione di gradimento ad un modello di valutazione della qualità tramite indicatori di prodotto VII Congresso Nazionale SISMEC (Società Italiana di Statistica Medica ed Epidemiologia Clinica  Sapienza – Università di Roma, 25-28 Settembre 2013.

3) Eisner, E.W., “Educational objectives: help or hindrance?” School review, vol.75, 1967.

4) Fraccaroli F., Vergani A., Valutare gli interventi formativi, Carocci-Le Bussole, Roma, 2004.

5) Lipari D. Progettazione e valutazione nei processi formativi, Edizioni Lavoro, Roma, 1995.

6) Rampichini C., Grilli L., Petrucci A.,  Statistical Methods and Applications, 13(3):357-373, 11/2004.

7) Snijders Roel J. Multilevel Analysis: An introduction to basic and advanced multilevel modeling, Sage Publishers, 1999.

8) R. Tyler “Basic Principles of Curriculum and Instruction” University of Chicago Press, 1949.

Cita questo articolo

Curcio F., Recchia L., Tonin E., et al, Criteri e parametri di valutazione della didattica ai fini della valutazione del docente, Medicina e Chirurgia, 63: 2830-2841, 2014. DOI:  10.4487/medchir2014-63-2

Motivazioni del ritardo nella Facoltà di Medicina. Analisi qualitativa e alcune riflessioni per un tutoraggio attivo.n.54, 2012, pp.2392-2395, DOI: 10.4425/medchir2012-54-4

Abstract

In this study a sample of students of Medical School of Sapienza University of Rome that do not take examinations from at least one year (dropout risk) is interviewed to determine the causes of delayThe wide range of found motivations is described and classified. Subsequently some possible recovery strategies are proposed and in-depth discussed.

Articolo

Nell’ambito della commissione Medical Education del CCLC della  “Sapienza” Università di Roma, è stato promosso un gruppo di lavoro sui motivi del ritardo e/o  dell’ ”abbandono” degli studenti della Facoltà e sulle relative possibilità di intervento. Il Gruppo Recupero ha coinvolto i responsabili dello sportello di counseling per studenti “ Fatti vivo”, dell’Università.

Studenti e ritardo nell’ Università

Il corso in Medicina, per la forte selezione all’ingresso, è considerato un corso con maggiore fidelizzazione (bassa frequenza di abbandono dopo il primo anno dall’iscrizione). Diversi studenti tuttavia vanno incontro ad un progressivo rallentamento del loro percorso, premessa talvolta di un abbandono vero e proprio. Questo fenomeno e le possibili azioni da intraprendere nell’ambito del recupero, sono temi che oggigiorno suscitano notevole attenzione.

La Carta dei diritti e dei doveri degli studenti attiva dal 2008-09 include, tra fondamentali, (art.2) il diritto “ a completare il proprio percorso formativo nei tempi previsti “. Riporta, tra gli interventi previsti in quest’ambito dalle facoltà, l’affermazione  (art. 3): “le Facoltà forniscono una assistenza individualizzata, mediante l’assegnazione di docenti come tutor”. E più oltre (art. 10) chiarisce come: “finalità della didattica è quella di far sì che il numero maggiore di studenti consegua nel periodo di durata legale del corso il titolo finale, (…). L’Università attiva iniziative volte a ridurre i fenomeni della dispersione e dell’abbandono”

Si sottolinea quindi come il compito dell’Università non sia solo quello del fornire formazione e competenze qualitativamente adeguate, ma anche che ciò si compia nei tempi previsti.

Nella recente relazione del Nucleo di Valutazione del 2009-2010 della Sapienza un miglioramento del rapporto tra studenti “regolari” e “non regolari” appare di nuovo un obiettivo prioritario anche considerando che la percentuale degli studenti non regolari nell’a.a.2008-2009 risulta del 35%  nelle  Università italiane, ma del 39% alla Sapienza (dati MIUR).  Il documento  richiama quindi “ a un miglioramento della attività di tutoraggio passando (…) da un tutoraggio essenzialmente passivo ad un tutoraggio attivo, in grado di monitorare e contattare gli studenti, almeno quelli il cui percorso appare in affanno, per indagare sulle motivazioni e offrire aiuto.”  Nella stessa relazione, per quanto riguarda la Facoltà di Medicina e Chirurgia 1 è riportato che la percentuale di studenti inattivi (nessun credito acquisito nell’ultimo anno) nell’anno accademico 2008-2009 è risultato del 14,25%.

Infine nel documento del 2011, “Assicurazione della Qualità dei Corsi di Studio universitari: il modello CRUI”  è riportato come “il servizio orientamento e tutorato in itinere, dovrebbe:  favorire un efficace avanzamento nella carriera degli studenti (…)”.

Naturalmente le possibilità di un’efficace attività di recupero sono associate ad un’adeguata e tempestiva conoscenza dei risultati relativi alla carriera accademica degli studenti. E’ primario attivare sistemi informatici in grado di elaborare informazioni attendibili: “ relativi alla progressione nella carriera degli studenti, con  riferimento, in particolare, ai passaggi da un anno di corso al successivo e alle relative dispersioni”

A questo proposito è stato recentemente attivato  presso la Sapienza un sistema informatico di registrazione e monitoraggio degli studenti di tutte le facoltà (Infostud), in grado, pur con alcuni limiti, di monitorare i risultati relativi alla progressione nella carriera degli studenti iscritti.

Sulla base di tali informazioni l’Ateneo ha  inviato una lettera a tutti gli studenti fuori corso, informando riguardo ad un possibile futuro aumento delle tasse per coloro che non completano gli studi nei tempi previsti e offrendo iniziative di tutoraggio da parte di studenti degli anni superiori arruolati attraverso il finanziamento di borse di collaborazione. Questo approccio tuttavia sembra aver riscosso scarso successo pur in assenza di dati ufficiali a riguardo.

Primo intervento conoscitivo

Sulla base di queste premesse abbiamo effettuato alcune riunioni nelle quali si è scelto di focalizzare l’attenzione sulle principali cause del ritardo definendole attraverso una indagine pilota di tipo qualitativo.  In particolare  si è  scelto di contattare studenti iscritti a Medicina che nel loro curriculum risultavano non aver svolto esami da almeno 12 mesi. Abbiamo considerato questi studenti la “punta di un iceberg” rappresentativa di coloro che sperimentano un  progressivo rallentamento degli studi per varie difficoltà.

Abbiamo quindi  richiesto al sistema  Infostud i nominativi e i recapiti di detti studenti. La valutazione era basata sugli esami verbalizzati, acquisiti dal sistema informatico.  Gli studenti del primo anno sono stati esclusi dalla valutazione in quanto al momento della richiesta (Marzo) non avevano comunque il tempo di valutazione minimo. Dalla lista ottenuta sono stati inoltre estratti i soli studenti appartenenti all’ordinamento 270, rappresentativi di una leva più recente di iscrizione.

Per stabilire il primo contatto con lo studente, si è scelto di inviare una e-mail presentandosi come un gruppo di docenti della Facoltà, spiegando brevemente il motivo della richiesta di colloquio  e preannunciando un successivo contatto telefonico (Appendice 1).  La e-mail veniva inviata da un sito ufficiale creato allo scopo. Questo primo contatto consentiva  allo studente anche di rifiutare il colloquio, rispondendo direttamente  per posta elettronica.

Nel corso del contatto telefonico è stato utilizzato un questionario semistrutturato per confermare alcune informazioni generali  (età, sesso, anno di corso, condizione di fuorisede, ecc..) in parte già note, lasciando tuttavia prevalentemente spazio a quanto lo studente voleva comunicare relativamente ai motivi della sua interruzione o ritardo. La modalità del colloquio si rivolgeva soprattutto alla percezione soggettiva delle cause  “A cosa attribuisci il tuo ritardo negli esami? Problemi familiari, economici, salute, ecc….?”

Caratteristiche degli studenti  contattati

Gli studenti individuati per l’invio della mail, sono stati 50, 26 maschi e 24 femmine. 13 erano studenti stranieri e 18 studenti fuorisede. La maggioranza degli studenti (26) risultava iscritta al II anno, 7 al III, 6 al IV, 4 al V e 7 al VI. Tutti sono stati suddivisi in gruppi e contattati da docenti diversi. Il docente non apparteneva allo stesso CL dello studente per ridurre l’eventuale disagio nella risposta. L’esito riassuntivo dei  contatti è riportato in Tabella 1.

Tabella 1
Esito dei contatti ricercati con un campione di studenti della Facoltà di Medicina della Sapienza Università di Roma che non aveva sostenuto esami da 12 mesi

Studenti che non hanno risposto al contatto mail o telefonico

30%

Studenti che hanno rifiutato il contatto telefonico pur rispondendo via mail

15%

Studenti che hanno comunque espresso un giudizio positivo sul contatto

50%

Studenti che hanno riferito problemi relativi alla loro condizione di stranieri

7%

Studenti che hanno riferito problemi relativi all’organizzazione didattica

5%

Studenti che hanno riferito problemi organizzativi di vario tipo

12%

Studenti che hanno avuto o richiesto un contatto con lo sportello counseling

3%

Circa un terzo degli studenti non è risultato rintracciabile. Dei contattati, la maggioranza ha espresso spontaneamente un parere positivo sull’essere stato avvicinato “attivamente”, anche quando riteneva di non avere necessità di aiuto, ma principalmente difficoltà legate a problemi definiti come “personali” (Appendice 1). Abbiamo rilevato come in alcuni casi, la scarsa abitudine ad essere contattati attivamente dalla “istituzione/facoltà” ha determinato un atteggiamento di iniziale diffidenza (“se mi chiamano sono in torto per qualcosa”) che è stato tuttavia superato iniziando il colloquio in modo “amichevole”. Le nostre modalità di approccio erano state discusse nelle riunioni preliminari per essere il più possibile uniformi. (Tabella 2)

Tabella 2
Alcune modalità scelte per contattare studenti che non avevano sostenuto esami da 12 mesi

“Siamo docenti della tua facoltà, stiamo cercando di capire se ci sono studenti che presentano problemi nel percorso di studi  per inadempienza della struttura universitaria”
“Infostud ci permette di conoscere con più oggettività il problema degli studenti in ritardo con il percorso di studi. Questo ha determinato il nostro interesse e desiderio di essere più attivi”
“Ci siamo chiesti, perché alcuni studenti, dopo l’ impegno per superare la selezione dell’ ingresso a Medicina e aver iniziato gli studi si trovino poi in difficoltà nel proseguire”
“Ci interessa la tua esperienza per aiutarti e aiutare altri con la stessa categoria di problemi”
“Ci chiediamo se un tutor possa svolgere un ruolo positivo nella risoluzione di alcuni problemi dello studente in ritardo negli studi”

Problematiche emerse

Le problematiche degli studenti che non hanno effettuato esami da 12 mesi sono risultate di varia origine (Appendice 2).  Alcuni studenti lavoratori, pur con difficoltà, preferiscono restare nel corso regolare piuttosto che usufruire delle facilitazioni offerte.  Alcuni studenti stranieri hanno incontrato numerose difficoltà  di ordine burocratico amministrativo. Difficoltà relative all’organizzazione didattica o  a specifici ostacoli nel superamento di un esame sono ammesse raramente dagli studenti a fronte dei vari problemi personali. A volte tuttavia possono rappresentare l’innesco di una condizione di sfiducia che, se non affrontata, determina una progressiva difficoltà nel proseguire  i ritmi di studio.

Alcune Proposte

Commissioni  per  monitoraggio e recupero

A nostro parere ogni CL dovrebbe dotarsi di una commissione specifica per il monitoraggio e recupero mediante strumenti dedicati. Esistono infatti studenti che divengono ripetenti  (mancanza d’esami superati per iscrizione all’ anno successivo) o fuori corso (superamento del numero di anni previsto per la laurea). Questi gruppi, che non rientrano tra quelli da contattati in quanto svolgono comunque alcuni esami nell’arco di 12 mesi, sono un numero consistente e rendono, in toto, disomogeneo il rapporto con la didattica. Riteniamo che, nel tempo, possano essere il gruppo a maggior rischio di abbandono. Tale commissione dovrebbe individuare precocemente queste situazioni a rischio, prevedere un contatto attivo e fornire programmi di tutoraggio, magari a piccoli gruppi omogenei, per consigliare e supportare lo studente, se motivato, a reinserirsi nel corso di studi. Il nostro campione indica che essere contattati attivamente è considerato un fattore positivo da oltre i due terzi degli studenti.

Sportelli dedicati

Soprattutto nelle grandi università, l’attività di “sportelli di facilitazione” per problemi specifici (studenti stranieri, convalida di esami in altre sedi, trasferimenti) dovrebbe essere potenziata.

Supporto alle difficoltà psicologiche e altro

Studenti con problemi di carattere psicologico o relazionali nelle modalità di affrontare lo studio, il rapporto con i docenti ecc.. dovrebbero avere facile accesso a strutture di counseling come quelle dello sportello “Fatti vivo!”  (vedi articolo su questo numero). Inoltre, un aspetto specifico di Medicina è il rapporto con il proprio futuro ruolo professionale, considerando le diverse peculiarità (rapporto con il corpo altrui, la sofferenza e la morte, la responsabilità verso la vita di altri). La collaborazione con  “Fatti vivo!”  ha portato alla proposta di attivare  gruppi di confronto per tutti gli studenti della facoltà, nei quali affrontare problematiche e aspettative rispetto al ruolo professionale che lo studente andrà a svolgere una volta entrato nel mondo del lavoro.

Figura del tutor e supporto didattico

Alcuni studenti incontrano problemi relativi alla organizzazione dello studio o hanno difficoltà nell’affrontare un singolo esame o nel rapporto con i docenti del corso. Il tutor può affiancare  lo studente nel prefigurare le modalità autonome di risoluzione di tali problemi. Abbiamo individuato alcune caratteristiche auspicabili del tutor che sono riportate in Tabella 4

Tabella 4
Caratteristiche prevalenti per il ruolo del tutor

Reperibilità Tutor ben conosciuto e contattabile, sia a distanza che fisicamente, in modo semplice e possibilmente rapido
Empatia Capacità di accogliere e ascoltare le problematiche dello studente
Capacità di discernere Capacità di individuare le motivazioni fondamentali alla base del disagio riferito dallo studente
 Capacità di orientare Capacità di orientare verso le persone  e servizi più consoni alla soluzione della difficoltà
Capacità di mediare tra lo studente e l’organizzazione universitaria o suoi membri
Capacità di proporre soluzioni di ‘sistema’ Capacità di proporre all’organizzazione universitaria le soluzioni di sistema ritenute più consone ad evitare o minimizzare problematiche diffuse

Conclusioni

Prevedere un aiuto efficace agli studenti in difficoltà nel mantenere i ritmi didattici previsti, presenta molti, differenti, significativi ostacoli. I problemi più rilevanti sembrano essere:

  • incompleta conoscenza delle dimensioni e caratteristiche psicologiche e socio-economiche del problema e rapporto con l’adeguatezza della offerta didattica, la qualità ed efficienza delle strutture di supporto;
  • la eterogeneità delle problematiche individuali, in una popolazione studentesca molto variegata, difficilmente correlabili in modo esclusivo a motivazioni di tipo tradizionale (background culturale, residenza, reddito ecc.)

Per il primo, è auspicabile una più approfondita conoscenza dei dati oggettivi che definiscono il problema nelle sue molteplici sfaccettature: sia di carattere generale (statistiche comparative e trends temporali nel raggiungimento degli obiettivi formativi) sia quelle specifiche, (verifica costante della fruibilità di condizioni di apprendimento adeguate e facilmente accessibili).

Per il secondo, appare cruciale un’attenzione “personalizzata” alle problematiche individuali che fornisca supporto efficiente di orientamento culturale e di valorizzazione delle risorse, senza sconfinare nelle dimensioni del “counseling psicologico” e senza essere orientata al mero superamento di difficoltà burocratiche, che devono trovare risposta nelle sedi deputate.

Su quest’ultimo aspetto il gruppo di lavoro ha formulato la proposta di un programma realistico di attività tutoriali, certi che da queste dipenda, una riduzione significativa del problema se non una soluzione. Condizione assolutamente necessaria alla sua realizzazione rimane comunque l’impegno personale e continuo di tutti i responsabili dell’educazione medica.

Bibliografia

W Arulampalam, RA Naylor, Smith JP., Dropping out of medical school in the UK: explaining the changes over ten years. Medical Education, 41:385-394, 2007.

O’Neill LD, Wallstedt B, Eika B, Hartvigsen J. Factors associated with dropout in medical education: a literature review. Medical Education, 45: 440-454, 2011.

A Squarzoni, E Stefano. Assicurazione della qualità dei corsi di studio Universitari. CRUI 2011

Nucleo di Valutazione di Ateneo, Relazione Annuale Didattica e Ricerca 2009/2010, Sapienza Università di Roma

Appendici

 Appendice I

La mail inviata Modalità di risposta di chi non voleva essere contattato
Buongiorno (nome dello studente),siamo un gruppo di docenti della tua Facoltà  che partecipano alla Commissione “Medical Education”.La recente introduzione del sistema Infostud per la gestione degli esami ci consente oggi di avere informazioni  sintetiche sugli studenti che sembrano in ritardo con gli esami.Poiché pensiamo che questa situazione sia, almeno in parte, legata a problematiche di natura didattica e organizzativa, ti contatteremo(*) telefonicamente al numero (numero telefonico dello studente) il giorno…………. in orario pomeridiano  per sapere se possiamo esserti di supporto nella evoluzione del tuo percorso universitario.Con i migliori saluti(è firmato da tutti i nomi del gruppo e colui che farà la telefonata è individuato da un asterisco) Buongiorno,grazie, ammetto che l’interessamento da parte Vostra nei confronti degli studenti in ritardo con gli esami mi colpisce in modo estremamente positivo. Tuttavia il mio ritardo dipende principalmente da motivi personali che sto cercando di risolvere, l’organizzazione della facoltà c’entra ma in minima parte. Sotto questo punto di vista sento il peso di una facoltà da svecchiare e modernizzare sia perché la medicina è (come tutte le scienze) in continua evoluzione che per coinvolgere ed invogliare maggiormente gli studenti più giovani nello studio. Ciò detto, apprezzo veramente l’iniziativa e ringrazio nuovamente ma mi trovo a rifiutare la vostra offerta di aiuto poiché, come già detto, il mio ritardo dipende principalmente da motivi personali. Grazie comunque.

Appendice II

Alcune risposte ai colloqui telefonici

Tel. 1 Chiamo il cellulare indicato. Più volte, senza successo. Infine mi risponde una donna. Accento campano. Le dico chi cerco. Sembra preoccupata e in parte imbarazzata. Ansiosa. La rassicuro qualificandomi. Mi chiede se ci sono problemi con la didattica e gli esami. Rispondo evasivamente. Mi dice che chi cerco è suo figlio. Voglio il numero? Naturalmente sì. Lo chiamo più volte. Risponde ancora la donna. Ribadisco deciso che nè voglio nè posso parlare con lei. Lo sa. Vorrebbe che il figlio parlasse con qualcuno, ma lui non vuole. Era venuto a Roma dalla provincia per studiare. Invece si è ammalato. Cheratocono. Le difficoltà visive non gli permettevano di leggere e studiare. E’ tornato a casa ed è stato molto frustrante per lui. Era preoccupato, arrabbiato, deluso. Per un lungo periodo non è ha esami. Qualche mese fa si è operato. La situazione è migliorata, ma ha ancora molte difficoltà. Ha fatto un esame da poco. Voto basso, ma superato. L’ umore però resta abbattuto. Magari trovasse accoglienza allo sportello! Ma per ora è triste e non vuole tornare a Roma.
Tel. 2 M. è del 79. Iscritto al 2° anno. Fatica a tenere il passo negli studi. Ha un mutuo da pagare e lavora. Contratto  a tempo indeterminato: 10 ore al giorno in un ospedale come fisioterapista. Dopo la laurea breve aveva iniziato Farmacia. Poi è passato a Medicina. E’ molto motivato, ma lamenta di aver trovato molte difficoltà organizzative e amministrative come nella validazione degli esami o nel riconoscimento dei titoli, che gli rendono il percorso didattico quasi impossibile.
Tel. 3 P. è del 86. E’ iscritta al VI ma ha fatto solo gli esami del III anno. E’ entrata prima al CL di Latina. Più di 2 ore e mezzo per  andare e altrettanto per tornare. Molta fatica. Troppa. A giugno scorso voleva quasi lasciare gli studi. Invece è riuscita a ottenere il trasferimento a  Roma e questo l’ha incoraggiata. E’ sempre pendolare ma ha deciso di riprendere gli esami. Ritiene che un tutor per lei sarebbe importante, ma non sa chi potersi rivolgere.
Tel.4 27 anni, fuori sede. Ripetente al 2° anno e in cerca di lavoro per mantenersi autonomamente. Il ritardo, percepito in termini non drammatici, viene attribuito a difficoltà giudicate superabili in tempi brevi. La prima reazione alla telefonata è di sorpresa. Poi, interesse per l’iniziativa. Ne vorrebbe beneficiare e chiedere supporto soprattutto riguardo a: definizione e ottimizzazione del piano di studi; chiarimenti delle procedure burocratiche e amministrative. Non intende assolutamente rinunciare al suo progetto di studio pur prevedendo di poter rispettare le scadenze definite per rimanere “in corso”.
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Merli M. et al., Motivazioni del ritardo nella Facoltà di Medicina. Analisi qualitativa e alcune riflessioni per un tutoraggio attivo, Medicina e Chirurgia, 54:2392-2395, 2012. DOI: 10.4425/medchir2012-54-4