Notizie dall’ANVUR, dal CUN, dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie, dal SISMn.76, 2017, pp.3441-3444

Agenzia Nazionale Valutazione Università e Ricerca – ANVUR

Nella seduta del Consiglio Direttivo del giorno 15 novembre u.s. sono stati approvati in via definitiva gli elenchi degli aventi diritto ai finanziamenti riservati ai Professori Associati e Ricercatori, finanziamento noto come Fondo di Finanziamento alle Attività di Base della Ricerca – Anno 2017 (FFABR 2017)

Nella stessa seduta si e proceduto all’esame preliminare dei progetti atti a formare la graduatoria relativa ai “dottorati innovativi” PON a caratterizzazione industriale. In esito alle risultanze delle valutazioni effettuate dall’ANVUR attraverso Panels costituiti ad hoc nelle diverse Aree CUN borse aggiuntive di dottorati verranno assegnate agli Atenei del Sud cui sono appunto riservati tali fondi a valere su di un finanziamento dell’Unione Europea. Le domande pervenute sono 609 e si prevede di chiudere la procedura entro il mese di Novembre al più tardi.

All’inizio del mese di Ottobre u.s. e scaduto il termine per la presentazione dei progetti da parte dei Dipartimenti di eccellenza a suo tempo selezionati sulla base della graduatoria compilata da ANVUR (indicatore ISPD): tali progetti serviranno a determinare i progetti che avranno accesso al finanziamento quinquennale predisposto e che andrà a premiare i primi 200 Dipartimenti.

Lo scorso 9 Novembre il Tavolo predisposto dall’Agenzia Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha formalmente chiuso i suoi lavori, lavori cui hanno attivamente partecipato rappresentanti di ANVUR, CUN, CRUI CNGR e CODAU. L’ANAC, a seguito dei lavori, formulerà un apposito documento destinato a contenere un importante numero di indicazioni volte a favorire la massima trasparenza nell’ambito delle funzioni proprie degli Atenei Italiani.

Nella stessa data (9 e10 novembre) presso la sede dell’ANVUR, e da questa organizzato congiuntamente con il CNR, si e tenuto un incontro molto importante nell’ambito delle attività del G7 denominato: ”G7 working group on research assessment”: sono stati esaminati temi quali la Terza Missione, la Ricerca Mainstream ed Offstream, Valutazione delle Infrastrutture di Ricerca. Ha chiuso i lavori il professor Massimo Inguscio Presidente del CNR.

Sempre nel mese di Novembre si sono altresì chiusi i lavori del Gruppo costituito presso l’ANVUR allo scopo di operare una indagine conoscitiva sulle Professioni e Professionalità nelle Università Italiane.

Al Tavolo hanno partecipato rappresentanti delle Aree 06, 07, 08, 09, 11b,12 e 13. Tali lavori sono esitati in un voluminoso Libro Bianco che sarà presentato a tutto il mondo accademico nel corso di un evento pubblico che si terra il giorno 12 DICEMBRE p.v. presso l’Auditorium Antoniano di Viale Manzoni a Roma.

Per finire si segnala che una Commissione ANVUR creata ad hoc all’interno dello stesso Consiglio Direttivo ha ultimato la stesura delle Linee guida per l’accreditamento iniziale e periodico delle Scuole Superiori a Ordinamento Speciale. Tali linee guida, create per definire procedure e criteri valutativi per gli accreditamenti stessi, dopo opportuno confronto con il MIUR, saranno oggetto di un’approvazione definitiva ad opera del Consiglio Direttivo.

Prof. Paolo Miccoli Membro Consiglio Direttivo ANVUR

 

Consiglio Universitario Nazionale

Dopo la pausa estiva in un incontro tra il CUN e il Capo Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca, Prof Mancini, sono state presentate all’Aula le posizioni del MIUR e lo stato delle decisioni ancora in corso in relazione ai seguenti temi: la classificazione dei saperi in relazione alla valutazione della ricerca e alla struttura dell’offerta formativa; le direttrici del dibattito attuale sul reclutamento; le potenzialità e i limiti del reclutamento attraverso le chiamate dirette; la distinzione tra reclutamento e progressione di carriera; la revisione delle classi di laurea; lo stato del finanziamento pubblico all’Università; la mobilita del personale tra Atenei e tra Atenei ed Enti di ricerca.

Il 25 ottobre 2017 la Ministra Valeria FEDELI ha firmato il decreto che ricostituisce l’Osservatorio nazionale per il Diritto allo studio universitario. L’Osservatorio, i cui membri resteranno in carica per tre anni, avrà il compito di presentare proposte per migliorare le prestazioni in materia di diritto allo studio produrre, entro il mese di marzo di ogni anno, una relazione sull’attuazione del diritto allo studio a livello nazionale; realizzare analisi, confronti e ricerche su criteri e metodologie, con particolare riferimento alla valutazione dei costi di mantenimento agli studi, nonchè dei risultati ottenuti; creare un sistema informativo per l’attuazione del diritto allo studio.

Alla fine di ottobre e stato fornito un parere su “Analisi e proposte circa il DDL “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020” Il CUN ha approvato un testo con il quale, ricordando di avere piu volte segnalato la necessita di destinare all’Università pubblica adeguate risorse finanziarie per consentirle di esercitare la sua funzione istituzionale e, in generale, per valorizzare il ruolo dell’istruzione e della conoscenza come strumenti per la crescita individuale e collettiva e per lo sviluppo del Paese, constata ancora una volta con rammarico la mancanza nel disegno di legge di un piano complessivo per il sostegno del sistema universitario e per la risoluzione delle criticità già da tempo evidenziate.

Pertanto, nella convinzione che il disegno di legge presentato il 29 ottobre preveda misure che avranno un impatto significativo sulle politiche gestionali degli Atenei pubblici del prossimo triennio, chiede alla Ministra FEDELI che nella formulazione del testo definitivo della legge “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020” si tengano in considerazione le osservazioni contenute nel testo approvato al fine di adeguare le risorse, attualmente non sufficienti, al raggiungimento dello scopo strategico di sostenere il sistema universitario pubblico.

Il 9 novembre e stata pubblicata sul sito www.cun.it la Guida alla scrittura degli ordinamenti didattici (A.A. 2018/19) che tra dicembre ( nuove istituzioni) e febbraio (modifiche di ordinamenti gia approvati) dovranno pervenire al CUN per il consueto esame.

Il 10 Novembre la professoressa Carla Barbati, in qualità di Presidente del CUN, e intervenuta alla tavola Rotonda prevista nell’ambito del convegno organizzato dal Dipartimento per la Formazione Superiore e per la Ricerca del MIUR. Alla giornata, che e stata aperta dagli interventi del Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni, e della Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, hanno partecipato anche gran parte dei consiglieri del CUN.

Di particolare interesse per l’area medica e stato il parere formulato l’8 novembre sullo” Schema di revisione del regolamento n. 445/2001 concernente gli esami di Stato di abilitazione per medico chirurgo” che sposta il tirocinio post-laurea propedeutico all’esame di abilitazione, all’interno del corso di laurea.

Infine la Commissione V del CUN ha effettuato una raccolta e una disamina dei Regolamenti relativi al tema della selezione e/o valutazione dei Professori di I e II fascia, ex art. 18 e 24 c. 6 della legge 240/2010. A distanza di quasi sette anni dall’approvazione della legge emergono alcuni aspetti critici in alcune procedure, riguardo sia l’organizzazione delle Commissioni sia i requisiti dei candidati. Le osservazioni su queste criticità sono contenute in un documento in via di approvazione, che sarà corredato dalla raccolta dei Regolamenti raccolti dalla Commissione. Ulteriori approfondimenti sul sito www.cun.it

Prof. Manuela Di Franco Consigliere CUN Aera 06, Segr. Generale

 

Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie

Notizie dalla Giunta della Conferenza Nazionale delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie Numerosi sono gli impegni assunti a Bologna nell’ultimo Meeting che stanno impegnando la Conferenza Permanente delle Classi di lauree delle Professioni Sanitarie in questi mesi.

Dal punto di vista istituzionale, sta proseguendo sui processi di ‘manutenzione’ delle Lauree Magistrali in accordo alla Mozione CUN (https://www.cun.it/ homepage/evidenza/per-un-aggiornamento-e-per-una- maggiore-flessibilita-delle-classi-di-laurea-e-dilaurea- magistrale/). Il documento gia presentato al Meeting di Bologna, e stato ulteriormente sviluppato a partire dai contributi pervenuti; inoltre, anche alla luce dell’esigenza di valorizzare le competenze specialistiche e di contribuire in modo proficuo alle attivita dell’Osservatorio Permanente delle Professioni presso il Ministero, la Conferenza sta ipotizzando linee di indirizzo sulla progettazione dei Master specialistici e di coordinamento.

Dal punto di vista ‘pedagogico’ e emersa l’esigenza di sviluppare linee guida/documenti di consenso -come peraltro già elaborati in passato- per guidare l’azione tutoriale a favore di studenti non performanti e/o con problemi di salute/disabilita, alla luce dei contributi emersi durante il meeting di Bologna (disponibili nel sito) e dei nuovi indicatori AVA che enfatizzano l’importanza di progressioni di carriera regolari.

La Conferenza Permanente ha inoltre attivato la progettazione della Summer School da offrire ai tutor didattici con ruoli di responsabilità/direzione delle attività di tirocinio di nuova nomina al fine di armonizzare gli standard formativi sul territorio nazionale.

Informazioni in tal senso verranno diffuse a breve.

Non da ultimo, importante evoluzione in questi mesi ha avuto la trasformazione del Progress Test in TECO-D e TECO-T per i CdS in Fisioterapia, Infermieristica e Tecnici di Radiologia. Da tempo la fattibilità del Progress Test era considerata a rischio per la mancanza di un sistema informatizzato capace di garantire analisi e restituzione dei dati in tempi utili sia agli studenti sia ai CdS. L’ANVUR, con l’intervento del Consigliere Prof. Paolo Miccoli, aveva suggerito alla Conferenza Permanente nel suo Meeting 2016 di partecipare alla sperimentazione TECO T già attiva dal 2012 sulla valutazione delle competenze trasversali acquisite dagli studenti durante gli studi universitari. Grazie a questo primo invito, l’Ufficio di Presidenza aveva sviluppato ulteriori rapporti di collaborazione con il Prof. Miccoli e la Vice-Presidente ANVUR Prof.ssa Raffaella Rumiati ipotizzando a fianco del Test TECO-T (finalizzato a rilevare le competenze trasversali negli ambiti di: literacy, numeracy), la trasformazione del Progress Test in Test TECO-D (90 minuti, finalizzato a rilevare le competenze disciplinari specifiche ed elaborato dai Gruppi di lavoro ‘Progress test’ delle diverse Commissioni della Conferenza). L’ANVUR, nell’ambito degli obiettivi di monitoraggio delle competenze trasversali degli studenti universitari, ha accolto il progetto TECOD – il Progress Test dei CdS con esperienza di sperimentazione; ha attivato le relazioni con CINECA per la gestione del test su piattaforma informatica; ha partecipato alla definizione di regole, tempi e modalità per la somministrazione del TECO in aule universitarie informatiche con adeguata sorveglianza per assicurare riservatezza del test. L’ANVUR ha anche offerto continuo monitoraggio e valutazione della qualità delle domande dei test (es. indici di difficoltà; normalizzazione degli score) e gestirà insieme a CINECA il ritorno dei dati a piu livelli: Studente (attestato di esecuzione Progress Test e score), CdS, Ateneo e Conferenza Permanente.

Quest’ultima, che ha promosso lo sviluppo del Progress Test con le Commissioni Nazionali, si impegna ad ampliarne la diffusione, a) mantenendo la ‘paternità’ progettuale, pedagogica, di contenuto e metodologica del Sistema Progress Test; b) promuovendo e sostenendo le 22 Commissioni nella individuazione di referenti e Gruppi di Lavoro per costruire un set di domande specifiche a partire dal core-curriculum; c) promuovendo tra i CdS l’adesione al progetto, la ricerca di strategie per il reclutamento, la motivazione e forme ‘premianti’ per gli studenti partecipanti. Le Commissioni nazionali costituiscono le sedi privilegiate dove saranno analizzati i risultati e individuate azioni di miglioramento (piani di studio, programmi). In questa fase del lavoro nuove Commissioni oltre a quelle già avviate stanno elaborando il proprio ‘Progress Test’ al fine di trasformarlo in TECO-D dopo aver approvato l’adesione negli organi collegiali di Ateneo.

Il processo di riflessione critica per migliorare l’offerta si completa anche quest’anno con l’importante lavoro di Angelo Mastrillo che ha diffuso l’elaborato ‘Dati sull’accesso ai corsi e programmazione posti nell’ A.A. 2017-18’. E stato infine attivato un gruppo di lavoro coordinato dalla prof. Donatella Valente sulla Medicina di Genere che si raccorderà anche con le altre conferenze per sviluppare indicazioni armoniche. Nella prossima primavera la Giunta si riunirà per procedere con la ricca agenda di impegni.

Alvisa Palese Segretario Generale

 

Segretariato Italiano Studenti in Medicina – SISM Outcomes Congresso Nazionale SISM e Auguri

Alla fine di questo 2017 il SISM-Segretariato Italiano Studenti in Medicina vuole condividere con voi due importanti outcomes del proprio lavoro di quest’anno.

Durante il Congresso Nazionale, tenutosi a Tirrenia, Pisa, dal 9 al 12Novembre 2017, sono stati adottati dall’Associazione, due importanti Documenti.

Carta dei Valori Con questo documento il SISM ha voluto delineare, nero su bianco, il proprio profilo di Identità Associativa e raccogliere i principi che ci guidano in ogni attività e nel rapporto con altre Associazioni ed Enti. La Carta dei Valori e stata approvata dopo un anno di intenso lavoro che ha coinvolto i Soci a piu livelli ed e quindi frutto di tutto ciò che e stato fatto in passato, e che ha portato l’Associazione alla consapevolezza presente.

Al suo interno sono descritti gli Scopi Sociali del SISM, la Vision e la Mission delle Aree Tematiche e i Valori individuati dai Soci, che definiscono quindi la cornice etica entro cui sempre cerchiamo di operare: Apartiticità ed Indipendenza, Democraticità, Unita, Uguaglianza, Promozione della Legalità e della Trasparenza, Sostenibilità e Tutela Ambientale, Interprofessionalità e Interculturalità, Uguaglianza, Unita, Formazione e Competenze, Ruolo Politico e Sociale del SISM e diffusione delle Conoscenze.

Policy Statement “Cambiamento Climatico e Salute” Il SISM, vista la situazione attuale, sempre più ha sentito la necessita di affrontare temi quali Sostenibilità ambientale e il contrasto al Cambiamento Climatico, le implicazioni che questo fenomeno ha sulla Salute e le disuguaglianze da esso generate.

Per questo si e giunti all’adozione di questo nuovo Policy Statement.

In esso e sancito l’impegno del SISM ad intraprendere azioni a livello Locale e Nazionale, volte alla diffusione di informazioni e alla creazione di consapevolezza riguardo a questa tematica, sia negli Studenti in Medicina, come futuri professionisti della Salute, sia nella cittadinanza tutta. L’impegno e volto inoltre alla collaborazione con Associazioni che abbiano, in questo contesto, obiettivi comuni, e ad intraprendere ed appoggiare azioni di advocacy in linea con i propri valori Associativi.

Infine, internamente, il SISM si impegna a svolgere le proprie attività ed i propri eventi in un’ottica di Sostenibilità ambientale e a continuare il processo di formazione e progettualità interna.

Questo Policy Statement rappresenta per il SISM un nuovo punto di partenza, un’assunzione di responsabilità ed un impegno ulteriore per la promozione della Salute.

I due documenti sono scaricabili dal sito www.sism.org, nella sezione Downloads.

Federica Viola Presidente Nazionale SISM 2017

La scuola medica dell’Università di Padovan.76, 2017, pp.3437-3440, DOI: 10.4487/medchir2017-76-4

Abstract

Articolo

 

Il periodo d’oro dell’Università di Padova coincide certamente con la dominazione veneziana iniziata nel 1405, che la trasformo nel principale centro culturale della Serenissima, tuttavia le sue radici vanno ricercate nell’ambiente culturale patavino sin dalle origini dello Studio nel 1222. La tradizione di ricerche sul diritto romano, che a Padova risale alla rinascita alto medievale del Comune dopo le distruzioni subite durante le invasioni barbariche, testimonia un legame con il mondo classico che rimase saldo nel tempo e che fu alla base di una cultura preumanistica fiorita già nel 15° secolo, a sua volta prerequisito fondamentale per lo straordinario sviluppo della scienza e della cultura iniziato nel Rinascimento. Tale cultura fu favoriva dalla Signoria della famiglia Carraresi fra 1318 e la conquista veneziana. I Carraresi ospitarono a Padova alcuni dei maggiori letterati e scienziati dell’epoca, come Lovato de’ Lovati (c. 1240-1309), Pietro d’Abano (1257-1316), Albertino Mussato (1261-1329), Dante Alighieri (1265-1321), Jacopo Dondi dell’Orologio (1290-1359), suo figlio Giovanni (c.1330-1388) e Francesco Petrarca (1304-1374).

La figura più importante della scienza medica in questo periodo fu senza dubbio Pietro d’Abano, i cui lavori rappresentano perfettamente l’ambiente culturale patavino. Pietro studio greco a Costantinopoli, fu professore di medicina a Parigi e Bologna e dal 1306 alla morte fu docente di medicina e filosofia naturale a Padova. Nella sua opera piu famosa, il Conciliator differentiarum philosophorum et praecipue medicorum, tento di conciliare le teorie medico-cosmologiche arabe, allora ancora dominanti sulla scena europea, e greche, dimostrando di essere uno dei primi ad aver compreso che la scienza greca dovesse essere riscoperta alla fonte, cioè studiando le opere in lingua originale. In questo trattato sviluppo un approccio medico imperniato sull’astrologia, considerata come una vera e propria scienza naturale basata su di una concezione dell’uomo e dell’intero creato come un armonioso organismo regolato dalle costellazioni. Allo stesso tempo, dedico ampio spazio all’anatomia umana e fu uno dei primi medici occidentali a considerare l’importanza del rapporto medico-paziente e, in particolare, della fiducia del malato nei confronti del medico. Significativamente, fu accusato di eresia per aver messo in dubbio i miracoli dei santi, in quanto pretendeva di spiegarli come fenomeni naturali. In sostanza, fu uno dei maggiori rappresentanti di un nuovo approccio allo studio della natura del tutto emancipato dalla teologia.

Il Quattrocento si apre a Padova con l’inizio della dominazione veneziana (1405). I reggenti della Serenissima compresero sin da subito l’importanza strategica dello Studio. L’Università di Padova diventava, in un certo modo, l’Università della Repubblica di Venezia, centro di istruzione della classe dirigente veneziana e di accoglienza dei rampolli delle famiglie aristocratiche europee. Per quanto riguarda la scuola medica, questo secolo vide una prima fioritura dell’anatomia, in stretta relazione con la riscoperta filologica della scienza greca, che avrebbe costituito il preludio essenziale per la rivoluzione vesaliana del secolo successivo. Alessandro Benedetti (1450-1512) rappresenta l’esempio più significativo in quest’ambito. Nel 1502 pubblico l’Historia corporis humani sive Anatomice che presentava delle caratteristiche del tutto nuove rispetto alla trattatistica anatomica dell’epoca. Qui, Benedetti proponeva un modello di teatro anatomico sul tipo degli anfiteatri romani di Roma e Verona, dove l’anatomista e il cadavere erano posti, insieme, al centro della scena, non più distanti e separati come nelle tipiche lezioni medievali. In secondo luogo, Benedetti tentava di rifondare l’anatomia attraverso un nuovo linguaggio ispirato alla terminologia greca, non più araba. Per far questo, utilizzo ampiamente il De medicina di Celso (c. 25 a.C. – c. 50 d.C.), riscoperto solo qualche decennio prima. Nella bibliografia finale del testo Benedetti proponeva anche una scelta di autori greci (Ippocrate, Platone, Aristotele, Galeno, Rufo di Efeso, Alessandro di Afrodisia) del tutto rivoluzionaria per quell’epoca. Egli infatti possedeva una delle migliori collezioni di manoscritti greci del suo tempo. Infine, nella lettera dedicatoria all’Imperatore Massimiliano I d’Asburgo (1459-1519), enumerando le ragioni per cui l’anatomia potesse essere una scienza degna di un imperatore, Benedetti sosteneva che, innanzitutto, era una disciplina fondamentale sia per la medicina che per la chirurgia e che, non meno importante, era una scienza che rivelava l’opera di Dio, in quanto il corpo umano costituiva un microcosmo che rifletteva l’intero macrocosmo.

Il Cinquecento vide lo Studio di Padova all’apice della sua fama. Andrea Vesalio (1514-1564), dopo aver studiato a Lovanio e Parigi, decise di venire a Padova, da lui definita sede del “Ginnasio più famoso del mondo”, non solo per l’importanza che l’anatomia rivestiva in questa scuola, ma anche per la disponibilità di testi e manoscritti di scienza greca in lingua originale. Fattori, questi, strettamente legati. A partire dalla seconda meta del Quattrocento, Padova e Venezia costituirono uno dei poli più importanti in Europa di stampa e traduzione dei classici della letteratura e scienza greca. Ciò aveva determinato, qui non meno che in tutt’Europa, una rinascita della medicina di Galeno (129 – c. 216) che, a sua volta, aveva comportato una rinnovata attenzione all’anatomia

Nel suo capolavoro, il De humani corporis fabrica, Vesalio si presentava, infatti, come il nuovo Galeno dell’anatomia, tant’e che il trattato ricalcava, in parte, il De anatomicis administrationibus, testo galenico fondamentale sull’anatomia, che era iniziato a circolare in Europa solo al principio del Cinquecento. Un’anatomia che acquisiva un ruolo preponderante non solo in medicina, ma nell’intera economia delle scienze della natura. Si puo sostenere, infatti, che la Fabrica di Vesalio costituì uno sviluppo dell’approccio iniziato con l’Anatomice di Benedetti, sebbene fosse incomparabilmente superiore a quest’ultimo per la qualità delle osservazioni scientifiche fatte sul cadavere umano.

Naturalmente, divenire il nuovo Galeno dell’anatomia significava superare del tutto le concezioni galeniche e Vesalio compi questo passaggio fondamentale nel corso del suo soggiorno patavino.

Le Tabulae anatomicae sex, sua pubblicazione al principio dell’insegnamento di anatomia a Padova, sebbene fossero innovative per il fatto di basarsi quasi esclusivamente sull’illustrazione anatomica, piuttosto che sulla descrizione letterale, riproponevano alcuni degli errori anatomici fondamentali di Galeno. Solo al termine del suo percorso patavino, con la pubblicazione della Fabrica nel 1543, Vesalio poteva dimostrare che l’anatomia galenica, in quanto basata sull’animale e non sull’uomo, era largamente scorretta.

Vesalio fu il capostipite di una generazione di anatomisti che fino ai primi anni del Seicento diede contributi fondamentali alla conoscenza della struttura del corpo umano, aprendo sempre piu la strada allo studio della funzione degli organi e dei tessuti.

Dopo di lui, per un breve periodo tenne la cattedra di anatomia il cremonese Matteo Realdo Colombo (1516-1559). Nel suo De re anatomica (1559) dimostrava e divulgava per la prima volta in occidente la circolazione polmonare, infliggendo un ulteriore colpo alla concezione galenica del corpo umano.

Dopo Colombo, Gabriele Falloppia (1523-1562) diede contributi fondamentali non solo all’anatomia (basti pensare alle tube uterine che prendono ancora oggi il suo nome), ma anche alla botanica e alla pratica clinica. Successore di Falloppia fu Girolamo Fabrici d’Acquapendente (1533-1619), eccellente medico, chirurgo e anatomista, il cui nome e legato alla costruzione del primo teatro anatomico stabile al mondo, inaugurato a Padova nel 1595 (fig. 1). Egli adotto un metodo anatomico, sviluppato in modo esplicito e coerente, che consisteva in tre momenti principali: la “dissezione” o historia dell’organo, la sua “azione” e infine la sua “funzione” o utilità. Tale approccio lo porto a svolgere ricerche pionieristiche non solo di anatomia normale, ma anche di anatomia comparata ed embriologia, discipline di cui può essere considerato fra i fondatori. E doveroso ricordare, infine, Giulio Cesare Casseri (1552-1616), assistente, poi allievo di Fabrici, che svolse importanti ricerche sugli organi di senso e in campo embriologico.

Se il Cinquecento fu il secolo d’oro dell’anatomia, il Seicento, pur continuando a produrre scoperte anatomiche fondamentali, vide straordinarie acquisizioni nel campo della fisiologia. Galileo Galilei (1564-1642) fu docente a Padova a cavallo fra Cinque e Seicento e la sua influenza si estese anche negli studi medici. Santorio Santorio (1561-1636), per esempio, che fu anche amico e collaboratore di Galileo, e universalmente noto per aver introdotto il metodo quantitativo in medicina. Invento diversi strumenti per misurare i parametri fisiologici, come il “pulsilogio” per quantificare la frequenza del “polso”.

Fu il primo, inoltre, a utilizzare il termometro in ambito clinico. Il Seicento, inoltre, fu il secolo che vide la realizzazione di una delle più importanti scoperte di tutti i tempi in ambito medico, quella, cioè, della circolazione del sangue. La teoria circolatoria fu dimostrata per la prima volta da William Harvey (1578-1657) nella sua celebre Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus (1628). Harvey si laureo a Padova nel 1602, allievo di Fabrici d’Acquapendente proprio nel periodo in cui quest’ultimo scopriva l’esistenza delle valvole nelle vene. Scoperta, questa, che, per ammissione esplicita dello stesso Harvey, fu fondamentale per indurlo a pensare alla circolazione sistemica del sangue. Determinante fu anche l’influenza dell’aristotelismo patavino e, in particolare, la suggestione avuta dall’idea aristotelica della perfezione del moto circolare, che Harvey volle individuare anche nel corpo umano. Infine, Harvey dimostro la teoria della circolazione non solo attraverso l’anatomia e la vivisezione animale, ma anche attraverso il calcolo matematico, dimostrando con ciò di seguire l’innovazione iatromatematica introdotta da Santorio sulla scia della rivoluzione metodologica galileiana.

Se il Seicento fu il secolo della fisiologia, il Settecento fu il periodo che vide una fondamentale rivoluzione nel campo della patologia. Tale rivoluzione, sebbene gradualmente preparata nel secolo precedente da una schiera di anatomisti e fisiologi in tutt’Europa, fiori definitivamente grazie al lavoro di Giovanni Battista Morgagni (1682-1771), “principe degli anatomisti europei”, docente a Padova di medicina teorica (1711-1715) e di anatomia dal 1715 alla morte. Raccogliendo storie cliniche e referti autoptici nel corso di tutta la sua attività di medico e docente universitario, pubblico in tarda età il monumentale De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis (1761), basato sistematicamente sul metodo della correlazione anatomo-clinica e considerato come atto di nascita dell’anatomia patologica.

Morgagni dimostro, attraverso la descrizione di 700 casi, che ogni malattia era caratterizzata da una precisa lesione d’organo. I sintomi clinici, dunque, venivano ricondotti al danno organico e spiegati attraverso le perturbazioni funzionali da esso causate. Sebbene la prospettiva umorale, che aveva dominato la medicina occidentale sin dalla scuola ippocratica, in Morgagni non sia del tutto superata, la sua opera spiano la strada per l’imposizione della patologia d’organo che ebbe sviluppi fondamentali, nel corso dell’Ottocento e del Novecento, nella diagnostica e nella terapeutica. Si puo sostenere che la medicina scientifica occidentale sia tutt’ora pienamente basata sull’approccio anatomo-clinico.

Giovanni Battista Morgagni può essere considerato l’ultimo rappresentante del periodo d’oro della scuola medica patavina. Tuttavia, la sua figura, e quella dei suoi eminenti predecessori, e rimasta viva anche nei secoli successivi, fornendo un esempio e un modello al quale si sono ispirati molti altri grandi medici patavini Otto e Novecenteschi. Dopo un periodo di appannamento in seguito alla caduta della Repubblica di Venezia, infatti, la scuola medica di Padova torno a costituire un punto di riferimento in Italia e all’estero. Lo testimoniano, per esempio, il primo trapianto cardiaco eseguito in Italia nel 1984 da Vicenzo Gallucci (1935-1991) e le tante eccellenze che fanno ancora di questa scuola un luogo di alta produzione scientifica, incontro e dibattito internazionale.

Figura 1: Il primo teatro anatomico stabile al mondo, inaugurato a Padova nel 1595 e tuttora preservato presso il Palazzo del Bo, storica sede centrale dello Studio patavino.

Bibliografia

Casellato, S. Sitran Rea, L. (a c. di). Professori e scienziati a Padova nel Settecento. Antilia, Treviso 2002

Del Negro, P. (a c. di). L’Università di Padova. Otto secoli di storia. Sigmund Padova Editrice, Padova 2001

Ongaro, G. Rippa Bonati, M. Thiene, G. (a c. di). Harvey e Padova. Antilia, Treviso 2006

Rossetti, L. The University of Padua. An Outline of Its History. Edizioni Lint, Trieste 1983

Semenzato, C. Fair Padua nursery of Arts. Sigmund Padova Editrice, Padova 2005

Cita questo articolo

Zampieri F., La scuola medica dell’Università di Padova, Medicina e Chirurgia, 76: 3437-3440, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-76-4

Farmaci equivalenti e farmaci biosimilari, carte vincenti nella partita per la sostenibilità dei servizi sanitarin.76, 2017, pp.3432-3436, DOI: 10.4487/medchir2017-76-3

Vicepresidente Assogenerici e Coordinatore dell’Italian Biosimilars Group (IBG)

Abstract

The challenge facing public health today in all advanced countries is certainly to ensure the sustainability of pharmaceutical spending while at the same time ensuring access to innovative medicines, which will also respond to unmet medical needs.

The experience of recent years has shown us two very effective weapons: generics and biosimilars. Generics and Biosimilar medicines industry is now at the heart of the pharmaceutical policy of public health systems, as it provides essential medicines to deal with most common, acute and chronic diseases.

On the other side the importance of biologicals medicines will continue to increase in the coming decades.

For this reason, Europe has focused on biosimilars that between 2007 and 2020 will generate savings between 11.8 and 33.4 billion in the eight biggest EU countries.

Therefore it is essential for physicians – today, but above all tomorrow – to become quickly familiar with the therapeutic opportunities offered by biosimilars medicines that are becoming more and more widely used in clinical practice.

Key words: sustainability, pharmaceutical expenditure, generics, biosimilars.

 La sfida che attende la Sanità pubblica di tutti i Paesi del mondo avanzato e certamente quella di assicurare la sostenibilità della spesa farmaceutica e di garantire allo stesso tempo l’accessibilità ai farmaci innovativi, che potranno dare risposta anche a bisogni sanitari finora inevasi. L’esperienza di questi anni ci ha dimostrato che disponiamo già di due armi efficacissime: i farmaci equivalenti e i biosimilari. L’industria dei generici-equivalenti e oggi al centro delle principali politiche farmaceutiche dei sistemi sanitari pubblici, poichè fornisce i medicinali essenziali per affrontare tutte le patologie più diffuse, sia acute che croniche.

Per quanto riguarda i farmaci biologici, la loro importanza e destinata ad aumentare ancora nei prossimi decenni. E per questo motivo che l’Europa ha puntato da subito sui biosimilari, che tra il 2007 e il 2020 l’utilizzo dei biosimilari dovrebbe determinare, negli otto principali Paesi UE, un risparmio complessivo compreso tra gli 11,8 e i 33,4 miliardi di euro.

Anche per questo e essenziale che i medici – di oggi ma soprattutto di domani – siano messi in condizione di familiarizzare precocemente con tutte le opportunità terapeutiche destinate a diventare di sempre più ampio uso nella pratica clinica.

Parole chiave: sostenibilità, spesa farmaceutica, generici, biosimilari.

Articolo

Introduzione

Gli incredibili progressi frutto dei traguardi della ricerca scientifica hanno consentito di raggiungere bersagli fino a poco tempo fa inimmaginabili nella diagnosi e nel trattamento di gravi patologie. Grazie ai livelli essenziali di assistenza il nostro Servizio Sanitario Nazionale rappresenta fin dalla sua istituzione una garanzia di accesso alle cure e all’assistenza per tutti i cittadini, ma proprio in quest’ultimo decennio la coincidenza di tre fattori concomitanti – l’invecchiamento della popolazione e dunque la sempre maggiore incidenza delle malattie croniche, l’ingresso di farmaci innovativi di costo elevato e il ridotto tasso di crescita economica con conseguente erosione degli stanziamenti in campo sanitario – sta rendendo sempre più critico il bilanciamento tra diritto alle cure del paziente e sostenibilità economica del servizio.

Per questo motivo, la sfida che attende la Sanità pubblica di tutti i Paesi del mondo avanzato e certamente quella di assicurare la sostenibilità della spesa farmaceutica e di garantire allo stesso tempo l’accessibilità ai farmaci innovativi. L’obiettivo e far si che ogni paziente possa ricevere il farmaco più appropriato alla patologia da cui e affetto in una logica di costo-beneficio, dunque non necessariamente il più innovativo e costoso. Per capire quanto questa sfida sia cruciale, basta analizzare i principali dati di settore.

 

I trend di mercato

Il mercato farmaceutico mondiale vale oggi 935 miliardi di dollari ed ha registrato negli ultimi cinque anni una crescita media del 6,5% e in particolare in Europa la spesa per medicinali specialistici e cresciuta a tassi mediamente più elevati rispetto alle altre componenti della spesa. Le prime 5 classi a più alto impatto di spesa – oncologia, malattie autoimmuni, anticoagulanti orali, HIV) – determinano il 64% della crescita ed e in queste aree che si concentrano i farmaci biologici che rappresentano il 26,4% del mercato mondiale (247 miliardi di dollari).

L’importanza dei medicinali biologici e destinata ad aumentare ancora nei prossimi decenni proprio per la loro capacita di fornire cure efficaci e mirate per molte patologie gravi e rare.

Già oggi 7 tra i primi farmaci al mondo per fatturato sono biologici. Tra questi, al primo posto, l’Adalimumab, anticorpo monoclonale utilizzato come terapia contro l’artrite psoriasica e l’artrite reumatoide nelle forme più gravi; l’Etanercept, per il trattamento di malattie autoimmuni; il Trastuzumab, anticorpo monoclonale umanizzato utilizzato per combattere il carcinoma mammario avanzato e cosi via.

Il quadro descritto e inevitabilmente destinato ad accentuarsi. Le stime più recenti confermano una previsione di crescita del 6,5% per un mercato farmaceutico mondiale che nel 2022 dovrebbe quotare 1,06 trilioni di dollari. Secondo gli analisti, il 32% della crescita dovrebbe derivare dalla vendita di farmaci orfani, che quoterebbe oltre 95 miliardi di dollari, ma un contributo altrettanto importante deriverà dalle terapie oncologiche (+13%) che nel 2022 totalizzerebbero un mercato mondiale pari a 192 miliardi di dollari.

Di pari passo aumenterà il ruolo dei biosimilari la cui presenza sul mercato entro il 2022 andrà ad impattare, complici le scadenze brevettuali, su un volume di vendite pari a 194 miliardi di dollari.

Alla luce di queste evidenze, gli esperti di tutti i sistemi sanitari avanzati sono consapevoli del fatto che la sfida a livello mondiale sarà rappresentata dalla necessita di trovare un punto d’incontro tra le esigenze di una popolazione che invecchia e che manifesta il peso della cronicità e l’onere delle terapie ad altissimo tasso di innovazione, che sono prossime ad approdare sul mercato farmaceutico mondiale e che fortunatamente potranno dare risposta anche a bisogni sanitari finora inevasi.

L’esperienza di questi anni ci ha dimostrato che disponiamo già di due armi efficacissime che possono aiutarci a vincere questa sfida: i farmaci equivalenti e i biosimilari.

La certezza dei farmaci equivalenti

Non e un caso, infatti, se l’industria dei generici equivalenti e oggi al centro delle principali politiche farmaceutiche dei sistemi sanitari pubblici, poichè fornisce i medicinali essenziali che consentono agli operatori sanitari di affrontare tutte le patologie più diffuse, sia acute che croniche. Grazie a questi prodotti – efficaci, di uso consolidato e di alta qualità, che hanno perso la copertura brevettuale e che dominano il mercato farmaceutico mondiale – milioni di pazienti hanno beneficiato di un migliore accesso a medicinali essenziali e salvavita.

In Europa il sorpasso tra mercato degli equivalenti e branded e stato realizzato nel 2016, quando gli equivalenti hanno rappresentato il 62% del mercato farmaceutico totale dell’Unione.

I benefici di questo trend di mercato sono evidenti: negli ultimi 10 anni i farmaci equivalenti hanno garantito un incremento di oltre il 100% nell’accesso alle terapie farmacologiche delle prime 7 aree terapeutiche relative alle patologie a più alta incidenza nella popolazione.

Il dato e ancora più importante se riferito alla realtà del nostro Paese dove si registrano fenomeni decisamente contraddittori: da un lato gli equivalenti assorbono solo il 21% del mercato, diversamente da quanto accade in altri mercati avanzati europei: Germania, Olanda, Svezia, Regno Unito, solo per fare alcuni esempi; dall’altro, secondo le statistiche del Censis, nel 2016 ben 11 milioni di italiani – 2 in più rispetto al 2014 – hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie necessarie che non riuscivano a pagare di tasca propria.

La rivoluzione dei farmaci biologici

Tornando alla sfida della sostenibilità delle cure, se e vero pero che con i farmaci biologici stanno crescendo e cresceranno ancora le opzioni terapeutiche per malattie magari in precedenza incurabili e altrettanto vero che i nuovi farmaci – come ad esempio gli anticorpi monoclonali (farmaci a bersaglio molecolare) – a causa dell’alta tecnologia produttiva, sono molto costosi e stanno ponendo problemi di accesso anche nei Paesi più avanzati.

Basti pensare, ad esempio, che nel 2012, nei Paesi europei a più alto reddito, solo il 15% dei pazienti eleggibili poteva ricevere il trattamento per l’artrite reumatoide.

E per questo motivo che l’Europa ha puntato da subito sui farmaci biosimilari, facendo da apripista per l’ampliamento della platea dei pazienti eleggibili al trattamento con le terapie innovative.

I primi farmaci biologici, prodotti con biotecnologie, sono stati approvati negli anni Ottanta e hanno già contribuito al trattamento di milioni di pazienti affetti da malattie come i tumori, la sclerosi multipla, il diabete, l’artrite reumatoide e altre malattie autoimmuni e rare.

Un farmaco biologico e un farmaco che contiene uno o più principi attivi prodotti o derivati da una fonte biologica. Proprio in questo consiste la grande differenza esistente tra i farmaci “classici” e i farmaci biologici: i primi sono normalmente prodotti tramite un processo di sintesi chimica; la gran parte dei secondi e prodotta invece da organismi viventi.

Poiché due linee cellulari sviluppate indipendentemente non possono mai essere considerate identiche, l’Agenzia europea dei medicinali (EMA), ha coniato il termine “biosimilare”: un farmaco biosimilare e quindi un farmaco biologico sviluppato per essere “comparabile” a un farmaco biologico già esistente (il “farmaco di riferimento”) in termini di qualità, sicurezza ed efficacia.

La complessità dei farmaci biologici e il modo in cui essi vengono prodotti possono, infatti, comportare un certo grado di variabilità nelle molecole dello stesso principio attivo. Si tratta di una variabilità assolutamente naturale e può verificarsi anche in lotti diversi dello stesso farmaco: se il biosimilare viene approvato dall’EMA, significa che questa variabilità e le eventuali differenze tra il biosimilare e il suo farmaco di riferimento si sono dimostrate ininfluenti sulla sicurezza e l’efficacia del medicinale e quindi clinicamente irrilevanti

La chance dei biosimilari

Di fatto fin dal 1995 tutti i farmaci biologici devono essere valutati a livello centrale dall’EMA al cui parere scientifico favorevole e subordinata la formale autorizzazione all’immissione in commercio da parte della Commissione Ue.

Dal 2003 – con gli stessi criteri – e stato individuato uno specifico percorso normativo e regolatorio anche per lo sviluppo e l’autorizzazione dei farmaci biosimilari, cui si applicano gli stessi principi generali adottati a livello comunitario per i farmaci biologici di riferimento.

In aggiunta, poiché il biosimilare approvato e il suo farmaco di riferimento devono avere lo stesso profilo di sicurezza ed efficacia, la legislazione comunitaria definisce quali studi devono essere eseguiti per il farmaco biosimilare al fine di dimostrarne la comparabilità in termini di qualità, sicurezza ed efficacia (effetto terapeutico) con il farmaco di riferimento, e di dimostrare l’assenza di significative differenze cliniche rispetto al farmaco di riferimento.

Ogni domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco biosimilare e valutata caso per caso: una volta approvati, un farmaco biosimilare e il suo farmaco di riferimento hanno lo stesso profilo di sicurezza ed efficacia, incluso lo stesso livello atteso di reazioni avverse e una volta approvata l’immissione in commercio di un farmaco biosimilare a livello europeo, questa autorizzazione vale per tutti i Paesi, compresa l’Italia, dove all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) compete poi la negoziazione del prezzo con il produttore

I traguardi di un decennio

Il primo biosimilare a livello mondiale – la somatropina – e stato approvato nell’UE nel 2006. Da allora, di anno in anno, i biosimilari hanno garantito l’eleggibilità al trattamento con terapie innovative ad un numero sempre più ampio di pazienti che hanno potuto beneficiare delle cure in una fase anticipata del decorso della malattia, ottenendo cosi anche una migliore qualità della vita.

Oggi i biosimilari disponibili sul mercato europeo sono 20 e dal 2006 a oggi hanno generato piu di 400 milioni di giorni di esperienza clinica sui pazienti dell’Unione, trasformando un privilegio di pochi in un diritto di molti e garantendo un oggettivo beneficio economico ai sistemi sanitari che hanno colto le opportunità offerte dal loro utilizzo.

Tra il 2007 e il 2020 l’utilizzo dei biosimilari dovrebbe determinare, negli otto principali Paesi UE, un risparmio complessivo compreso tra gli 11,8 e i 33,4 miliardi di euro. Ulteriori risparmi – con conseguente ampliamento delle possibilità d’accesso alle cure – dovrebbero essere garantiti dalla scadenza brevettuale di altri 12 prodotti biologici attesa entro il 2020.

A documentare l’importanza della presenza dei biosimilari sul mercato europeo e un recentissimo rapporto realizzato da QuintilesIMS per la Commissione Ue.

Dallo studio – pubblicato a maggio e intitolato ≪The Impact of Biosimilar Competition in Europe≫ – emerge che l’introduzione dei farmaci biosimilari nel mercato europeo ha determinato nel tempo riduzioni del costo delle terapie tra il 10% e il 50% nelle diverse aree terapeutiche, a fronte del raddoppio della spesa europea per i farmaci biologici, passata dai 20 miliardi del 2006 ai 40 miliardi del 2016.

Dallo studio e emerso con chiarezza che l’effetto competitivo derivante dall’accesso del biosimilare sul mercato incide non solo sul prezzo del prodotto di riferimento ma sui listini dell’intera classe terapeutica.

Pr quanto riguarda il nostro Paese, un esempio concreto e rappresentato dall’ingresso sul mercato del filgrastim biosimilare che in meno di 10 anni ha consentito di raddoppiare il numero di trattamenti effettuati con questa terapia.

L’altra faccia della crisi

Tornando al rebus della sostenibilità vale la pena ricordare, ancora una volta, che la crisi dei sistemi sanitari – di cui e un evidente sintomo e che accomuna tutto l’Occidente industrializzato – viene solitamente attribuita ad un mix di concause: il sotto finanziamento, gli sprechi, le inefficienze. In realtà c’e una radice più profonda e generalmente sottaciuta: c’e una questione culturale che sempre più spesso ci impedisce di interpretare correttamente gli stessi concetti di scienza, progresso, salute, malattia, servizio.

La salute ha evidentemente un prezzo e ogni società sceglie sulla base della propria scala di valori quante risorse destinare alla sua tutela, ma se vogliamo riappropriarci dei valori che caratterizzano il nostro sistema sanitario universalistico dobbiamo senz’altro scegliere la bandiera della “sobrietà”, che porta ad utilizzare gli interventi medici in modo appropriato e a perseguire esiti clinici ragionevoli ed equi a costi praticabili, creando cosi un sistema economicamente sostenibile di garanzia delle cure.

Per questo e essenziale che i medici – di oggi ma soprattutto di domani – siano messi in condizione di familiarizzare precocemente con tutte le opportunità terapeutiche destinate a diventare di sempre più ampio uso nella pratica clinica. E ciò e tanto più vero in un panorama italiano che registra una grande eterogeneità di indirizzi a livello regionale a fronte di una evidente scarsità di informazione certificata sia dedicata ai clinici che ai pazienti.

Nell’ottica di un professionista sanitario, ad esempio, l’informazione sui vantaggi economici derivanti dall’apertura ai biosimilari – ovvero quella prioritariamente indirizzata ai prescrittori alla luce delle criticità di budget dei servizi sanitari – non può certo considerarsi esaustiva. E se sui biosimilari c’e una carenza di informazione qualificata e certificata, sugli equivalenti pesa invece l’effetto di “leggende metropolitane” derivanti da scarsa conoscenza dei fondamenti clinico-scientifici – che contribuiscono al perpetuarsi di antiche diffidenze.

Un adeguato bagaglio di conoscenze e indispensabile per garantire il rapporto di fiducia tra chi ha bisogno di salute (pazienti) e chi ha le conoscenze scientifiche per dare risposte al bisogno (medici). In quest’ottica Il ruolo dell’Università diviene quindi propedeutico e cruciale e la scelta vincente potrebbe essere rappresentata da un percorso universitario che doti i medici degli strumenti necessari ad interpretare in modo equilibrato lo scenario dove andranno ad operare

Incidenza dei farmaci equivalenti sui mercati farmaceutici mondiali

Incidenza dei farmaci biologici sui mercati farmaceutici mondiali

 

Cita questo articolo

Florenzano M., Farmaci equivalenti e farmaci biosimilari, carte vincenti nella partita per la sostenibilità dei servizi sanitari, Medicina e Chirurgia, 76: 3432-3436, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-76-3

Universitari oggi, professionisti domani: indagine sui consumi dell’alcoln.76, 2017, pp.3424-3431, DOI: 10.4487/medchir2017-76-2

Abstract

Alcohol consumption is a major public health concern for the youth population. The present study evaluated, through internationally validated tools, consumption and consumption habits of alcoholic beverages, attitude towards alcohol and beliefs and basic knowledge about health risks in sample of 1928 university students, belonging to different universities for the most part Italians spread throughout the Italian territory and attending various Faculties. Compared to the general consumption of alcohol in young Italians, our sample shows a higher percentage of consumption (93% vs. 72.8%)

Regarding knowledge and beliefs, the results obtained show that the students interviewed are not sufficiently informed about the risks involved in the intake of large quantities of alcohol, in fact less than 50% of the analysed sample correctly answers these questions. It should be emphasized that there are no differences with respect to the faculty attended. This involves a reflection on the fact that attending a university belonging to the medical area or health professions does not protect against the implementation of unhealthy and therefore harmful lifestyles. This is particularly serious considering that these same students will be the professionals of tomorrow called to intervene on these problems to inform, promote healthy lifestyles and treat. For this reason, the data collected in this study suggest increasing and addressing in a more specific way the training needs of the students to make them able to understand, identify and intervene correctly in the promotion of their own health and of the people who will rely on them of solutions to their health problems

Key Words: Alcohol consumption, university students

Il consumo di alcol risulta essere una delle principali preoccupazioni della sanità pubblica per la popolazione giovanile. Il presente studio ha valutato, attraverso strumenti validati a livello internazionale, i consumi e le abitudini relative al consumo di bevande alcoliche, l’atteggiamento verso l’alcol e le credenze e le conoscenze di base relative ai rischi per la salute in un campione di 1928 studenti universitari, afferenti a differenti atenei per la maggior parte italiani diffusi su tutto il territorio italiano e frequentanti diverse facoltà. Rispetto al consumo generale di alcol nei giovani italiani, il nostro campione di studenti universitari mostra una percentuale più elevata di consumi (93% vs. 72,8%). Allo stesso modo, il nostro campione mostra comportamenti di binge drinking più frequenti rispetto agli italiani di età compresa tra i 18 e i 24 anni (45,8% vs. 17%). Il 53,5% risulta essere un bevitore ad alto rischio. Coerentemente con i dati Italiani la frequenza dei bevitori ad alto rischio e maggiore al Nord. Gli studenti del nostro campione bevono prevalentemente birra e vino, nei bar e nei pub ed in generale lontano dai pasti. Relativamente ai motivi per i quali i giovani consumano alcol, e preoccupante il fatto che una grande percentuale di bevitori ad alto rischio consuma alcolici per gestire le emozioni negative, non solo per socializzare e divertirsi. Invece, tra i bevitori a basso rischio i nostri dati riportano che la motivazione principale e quella di uniformarsi al gruppo, mostrando quindi una maggiore capacita di gestione dei consumi finalizzata all’accettazione da parte del gruppo di riferimento.

Relativamente alle conoscenze e credenze, i risultati ottenuti mostrano che gli studenti intervistati non sono sufficientemente informati circa i rischi che comporta l’assunzione di elevate quantità di alcol, infatti meno del 50% del campione analizzato risponde correttamente a queste domande. E da sottolineare il fatto che non vi sono differenze rispetto alla facoltà frequentata.

Ciò comporta una riflessione in merito al fatto che frequentare un’università appartenente all’area medica o delle professioni sanitarie non tutela rispetto alla messa in atto di stili di vita poco salutari e quindi dannosi. Ciò e particolarmente grave considerando che questi stessi studenti saranno i professionisti di domani chiamati ad intervenire su questi problemi per informare, promuovere stili di vita salutari e curare. Per tale motivo, i dati rilevati in questo studio, suggeriscono di incrementare e indirizzare in maniera più specifica il fabbisogno formativo degli studenti per renderli capaci di comprendere, individuare, intervenire correttamente nella promozione della salute propria e delle persone che a loro si affideranno alla ricerca di soluzioni ai propri problemi di salute.

Parole Chiave: Consumo di alcool, studenti universitari

Articolo

Introduzione L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che in Europa si abbia il piu elevato consumo di alcol al mondo. Sempre in Europa, l’alcol e il principale fattore di rischio per la salute dei giovani (World Health Organization, WHO, 2014). Nella popolazione generale l’abuso alcolico provoca 3,3 milioni di morti ogni anno in tutto il mondo, ossia il 5,9% del totale dei decessi. Questa percentuale diventa ancora più significativa quando si osserva che nei giovani, di età compresa tra i 20 ei 39 anni, circa il 25% delle morti sono attribuibili all’alcol.

Ulteriormente, il 5,1% dell’onere globale delle malattie e degli incidenti, misurato in DALYs (Disability-Adjusted Life Years), ossia anni di vita persi a causa della morte prematura, di condizioni di cattiva salute e di disabilita e imputabile all’alcol.

Nell’ultima Relazione del Ministero della Salute e riportato che nell’anno 2015, il 64,5% degli italiani di età superiore agli 11 anni (35 milioni e 64 mila persone) ha consumato almeno una bevanda alcolica, con prevalenza notevolmente maggiore tra i maschi rispetto alle femmine (77,9% vs. 52,0%). In particolare, nella fascia di età compresa tra gli 11 e i 24 anni e soprattutto diffusa la consuetudine di bere alcolici al di fuori dai pasti, con una frequenza di almeno una volta a settimana e spesso con comportamenti di binge drinking, ossia consumo di numerose unita di alcol in un breve arco di tempo (>6 unita alcoliche in un’unica occasione) durante il weekend.

Nel 2015, il fenomeno del binge drinking ha riguardato il 15,6% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età: il 22,2% dei maschi e l’8,6% delle femmine. Nel 2016 tale percentuale ha raggiunto il 17% (21,8% nei maschi e 11,7% nelle femmine). Tra le bevande preferite dai giovani vi sono la birra, diffusa maggiormente tra i ragazzi, mentre gli aperitivi alcolici sono diffusi maggiormente tra le ragazze. Già nel 1994 una ricerca condotta dal Centro Studi Alcologia e Gastroenterologia del Policlinico Umberto I (attuale CRARL Centro di Riferimento Alcologico Regione Lazio, costituito con DGR il 16 settembre 1997, n° 5626), aveva evidenziato che l’86% dei giovani tra i 13 ed i 19 anni assumevano bevande alcoliche, consumate fuori pasto. Questi dati sono stati confermati anche negli ultimi anni, dai dati dell’Osservatorio Adolescenti di Telefono Azzurro e DoxaKids secondo i quali al 50,6% degli adolescenti intervistati, dagli 11 ai 19 anni e capitato di bere alcolici ed il 49,9% si e ubriacato almeno una volta.

Questi dati indicano che tra i giovani e diffuso un comportamento abituale legato all’uso di alcol, in opposizione a quelle che sono le attuali disposizioni rispetto al consumo di alcolici nelle fasce di età più giovani (Legge 189/2012, Decreto-Legge 20 febbraio 2017, n 14). Le linee guida sul consumo di alcol a basso rischio, elaborate dalla Joint Action on Reducing Alcohol Related Harm (Progetto finanziato dall’Unione Europea; 32 partner associati e 28 partner collaboranti), stabiliscono che le indicazioni relative al bere a basso rischio non devono essere utilizzate per situazioni e gruppi di popolazione ad alto rischio, in particolare i minori, per i quali l’opzione più sicura da comunicare e quella di non bere affatto.

Anche la legge dell’8 novembre 2012 n. 189 e il Decreto- Legge 20 febbraio 2017 n. 14 prescrivono il divieto di vendere e somministrare alcolici ai minori di 18 anni in qualsiasi esercizio commerciale, sia esso luogo di vendita al dettaglio o pubblico esercizio, con annesso obbligo di richiesta da parte del venditore del documento di identità.

Le informazioni appena riassunte mostrano come la fascia di popolazione che maggiormente detiene abitudini rischiose per la salute e rappresentata dai giovani adolescenti. Pochi studi, pero, si preoccupano di indagare tali abitudini in giovani adulti, come gli studenti universitari, i quali nonostante il maggior accesso alle conoscenze relative alla salute, presentano consumi alcolici potenzialmente a rischio.

In ambito europeo, una review sistematica del 2016 prende in esame 29 articoli scientifici che indagano i consumi alcolici di studenti universitari irlandesi ed inglesi, dimostra che circa i due terzi degli studenti risultano essere bevitori ad alto rischio, sulla base delle categorie dell’AUDIT, e circa il 20% degli studenti dichiara consumi alcolici elevati durante la settimana. Uno studio successivo sempre a cura di Davoren e colleghi sul consumo di alcolici tra studenti universitari irlandesi, si interroga sui motivi che conducono a un consumo a rischio. I risultati individuano quattro categorie di consumo fra gli studenti universitari, che hanno riferito di consumare alcol sulla base delle domande dell’AUDIT: (i) i bevitori controllati, ovvero coloro che sono attenti alle regole relative ai consumi, (ii) gli edonisti, ovvero coloro che bevono per divertimento; (iii) gli studenti che consumano alcolici in situazioni sociali perche influenzati dai pari; (iv) i non controllati che usano l’alcol per gestire situazioni negative (Davoren, Cronin, Perry, & O’Connor, 2016). Un’ulteriore studio condotto su 2275 studenti universitari irlandesi, ha indagato come queste motivazioni al bere si distribuissero tra uomini e donne, dimostrando che il 65% degli uomini e il 68% delle donne risultano essere bevitori ad alto rischio sulla base delle categorie dell’AUDIT. In particolare, le donne bevono maggiormente perche influenzate dai pari in situazioni sociali.

In Italia, una ricerca condotta nel 2011 presso l’Università di Camerino ha osservato che tra 345 studenti universitari, di varie Facoltà, che hanno compilato un questionario anonimo sui consumi, solo il 14,4% dichiara di essere astinente, invece, tra chi ha dichiarato di fare uso abituale di sostanze alcoliche una percentuale del 34,4% dei maschi e il 14,9% delle femmine dichiara di assumere alcolici diverse volte alla settimana o al giorno. Inoltre, il 50,4% dei partecipanti avevano già fatto uso di sostanze psicotrope illegali e il 53,1% era un fumatore . Un altro studio condotto sugli studenti di scienze infermieristiche , rivela che alla domanda “pensa a una ipotetica serata tra amici ed indica la qualità e la quantità di bevande utilizzate”, i giovani adulti riferiscono di bere piu di 2/3 bicchieri e prevalentemente vino e birra, indicando un consumo a rischio. Tuttavia, questi due studi condotti su popolazione di studenti universitari italiani, non utilizzano strumenti standardizzati per la rilevazione dei consumi alcolici.

I dati mostrati indicano la presenza, nei giovani, di un comportamento abituale nel consumo di alcol suggerendo la presenza di un rischio elevato di sviluppare conseguenti problematiche di dipendenza, patologie psicologiche e psichiatriche.

Lo scopo del presente studio e stato quello di valutare le abitudini e i consumi di alcol, l’atteggiamento verso queste sostanza, le credenze e le conoscenze di base relative ai rischi per la salute di studenti universitari di differenti Atenei, per la maggior parte italiani, al fine di trarre conclusioni circa i comportamenti degli studenti universitari per determinare se ci sia la necessita di attuare specifici interventi finalizzati alla corretta formazione, informazione e promozione della salute di questa fascia di popolazione.

Metodi Partecipanti

Lo studio e stato condotto attraverso l’utilizzo di un questionario anonimo diffuso online agli studenti universitari.

Sono stati contattati 1928 studenti di diversi Corsi di Laurea. Come mostra la Tabella 1, il 25,7% del campione frequenta un corso di laurea appartenente all’area umanistica (Lettere, Filosofia, DAMS, Turismo, Lingue, Scenografia, Comunicazione, Formazione, Beni culturali, Scienze Politiche, Sociologia, Antropologia), il 25,1% all’area medica (Medicina, Odontoiatria), il 23,4% all’area scientifica-tecnologica (Informatica, Ingegneria, Grafica, Architettura, CTF, Fisica, Agraria, Design, Geologia, Matematica, Biologia, Biotecnologia, Veterinaria, Chimica, Farmacia, Statistica, Ottica, Enologia, Scienze Motorie, Aviazione), il 12,2% all’area delle professioni sanitarie (Infermieristica, Fisioterapia, Psicologia, Ostetricia, Igiene dentale, Radiologia, Neuropsicomotricita, Riabilitazione), il 7,8% all’area economica (Economia, Marketing, Management, Scienze bancarie, Finanza), il 3,5% all’area giuridica (Giurisprudenza, Servizi giuridici), il 0,7% all’area artistica (Accademia delle Belle Arti, Arti multimediali, Conservatorio), il 1,6% non ha fornito indicazioni circa il corso di laurea frequentato. Il 42,8% del campione frequenta un’università del Centro Italia, il 38,8% del Nord Italia, il 12,7% del Sud e Isole, il 4,7% non ha dichiarato l’università di provenienza e l’1% afferisce ad un’università Estera

Tabella 1 Distribuzione corsi di laurea Suddivisi per aree di interesse

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Quindi circa il 37% degli studenti intervistati frequenta un corso di laurea che formerà i diversi professionisti della salute.

Figura 1. Distribuzione del campione in base al sesso

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L’età media degli “studenti” e di 21.8 ± 2.4 anni con un range compreso tra i 18 e i 51 anni. Il campione e composto dal 79,9% da donne e per il 20,1% di uomini, in linea con i dati ISTAT che indicano una maggiore presenza femminile in tutte le tipologie di corso di laurea (Figura 1)

L’Anova One-Way con correzione di Tamhane, ha dimostrato che non ci sono differenze tra le aree universitarie relativamente all’eta degli studenti. Inoltre, non sono state rilevate differenze nemmeno per quanto riguarda il sesso

Strumenti

Ai partecipanti e stato chiesto di rispondere a un questionario online anonimo che comprendeva: – Informazioni socio-demografiche; – L’Alcohol Use Disorders Identification Test-Consumption (AUDIT-C; : questionario di screening, usato a livello internazionale, finalizzato ad individuare coloro che riferiscono un consumo di alcol dannoso per la salute o coloro che sono in una situazione di alcol-dipendenza

Il punteggio per ogni risposta va da 0 a 4

  • Un punteggio ≥4 per l’uomo e ≥3 per la donna rivela la presenza di un bere ad alto rischio o la presenza di un Disturbo da Uso di Alcol
  • Un punteggio compreso tra 1 e 3 per l’uomo e tra 1 e 2 per la donna indica la presenza di un consumo di alcol a basso rischio
  • Un punteggio pari a 0 indica che non si consumano alcolici
  • Infine, se il punteggio ottenuto si riferisce interamente al punteggio dell’item 1 (e quindi, le risposte sugli item 2 e 3 sono uguali a zero) siamo in presenza di un bevitore a basso rischio. Relativamente all’AUDIT-C, uno studio recente, ha dimostrato che, in Italia, tale test sottostima i consumi di alcol in alcune popolazioni a rischio (Bazzo et al., 2015)

– Un questionario creato ad hoc per indagare le motivazioni relative ai consumi, l’atteggiamento verso i consumi e le credenze relative ai rischi per la salute e le loro conoscenze scientifiche su questi specifici argomenti

– Inoltre agli studenti e stato chiesto, inoltre, se avessero mai frequentato una lezione o qualunque altro evento formativo su temi riguardanti i rischi dell’alcol.

Risultati Abitudini e consumi di alcol

I consumi alcolici sono stati valutati attraverso il questionario AUDIT-C

Gli studenti che non bevono sono solo 135, il 7,0% della popolazione intervistata, il 39,5% (N=761) risulta essere un bevitore a basso rischio, il 53.5% (N=1031) risulta un bevitore ad alto rischio (un solo soggetto non ha risposto al questionario)

Figura 2 Distribuzione per genere tra le categorie dell’AUDIT-C

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Esiste una differenza statisticamente significativa nella distribuzione tra maschi e femmine rispetto al consumo di alcol (chi-quadro= 9,76; p<0,008), in particolare, come mostra la Figura 2, la frequenza di maschi e maggiore rispetto alle femmine tra i bevitori a basso rischio (N=177).

Inoltre, non si riscontrano differenze significative relativamente al corso di studi frequentato e al consumo di alcol.

Esiste invece una differenza statisticamente significativa nella distribuzione tra i consumi alcolici rispetto alla località dell’Università che si frequenta (chi-quadro= 20,1; p=0,003); in particolare, la frequenza dei bevitori ad alto rischio e maggiore nelle università del Nord rispetto a quelle del Centro (Figura 3).

Figura 3. Distribuzione università di provenienza tra le categorie dell’AUDIT-C

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Gli studenti bevono solitamente birra (65,9%), vino (60,9%), cocktail (58,2%) superalcolico (31,0%) e soft drink (18,4%).

Solo il 15,0% consuma solo una bevanda, il 35,2% almeno due bevande, il 28,8% consuma tre tipologie di bevanda alcolica, il 10,8% ne consuma quattro e il 3,9% consuma cinque tipologie di bevande (Figura 4).

Figura 4. Distribuzione del campione in base al tipo di bevanda consumata

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Luoghi di consumo, comportamenti a rischio e motivazioni

Storicamente, e a partire dagli anni ’90 che cominciano a diffondersi i pub in Italia e, conseguentemente, comincia a modificarsi il modello di consumo dell’alcol: si riduce la scelta di bere vino e birra durante i pasti mentre si prediligono aperitivi alcolici e superalcolici consumati fuori pasto, in compagnia degli amici, non solo in occasioni speciali. Inoltre, i luoghi in cui si registra più frequentemente l’abuso di alcol non sono le discoteche, ma le feste private, dove l’alcol e disponibile in quantità notevoli e a basso costo. Tra i 18-24enni che frequentano questi luoghi i comportamenti più diffusi sono: un consumo abituale maggiore di quello concesso dalle indicazioni internazionale e la presenza di binge drinking (32,2%) rispetto ai coetanei che non li frequentano (6,5%).

I risultati dello studio confermano che i luoghi in cui generalmente vengono consumate le bevande alcoliche sono: il bar/pub (85,3%), le feste (69,2%), la casa di amici (53,7%), la propria casa (34,1%), in discoteca (32,1%), oppure altri luoghi (11%).

Tra gli studenti che dichiarano di consumare alcolici (n=1791), lo 0,6% degli studenti ha ammesso comportamenti di binge drinking almeno una volta al giorno, tutti i giorni; il 3,3% almeno 1 volta a settimana, il 13,1% pratica “abbuffate” alcoliche 1 volta al mese mentre il 45.8% più di 1 volta al mese. Il 37.2% riferisce di non avere comportamenti di binge drinking (Figura 5).

Figura 5- Distribuzione del campione in base ai comportamenti di binge drinking

 Schermata 2018-01-25 alle 10.56.00

Relativamente alla motivazione per cui gli studenti consumano bevande alcoliche possiamo evidenziare quattro dimensioni: 1. Enhancement: legato a rinforzi positivi interni. Si utilizza l’alcol per ricercare sensazioni forti, per facilitare il divertimento e per raggiungere un obiettivo; 2. Coping: legato a rinforzi negativi interni. Si utilizza l’alcol per gestire le proprie emozioni e i propri stati d’animo interni; 3. Social: legato a rinforzi positivi esterni. Si utilizza l’alcol per sentirsi parte del gruppo e per divertirsi insieme agli altri; 4. Conformity: legato a rinforzi negativi esterni. Si utilizza l’alcol per evitare quel senso di esclusione dal gruppo quando con ci si uniforma alle abitudini degli altri.

Sono state condotte quattro distinte Analisi della Varianza in cui i fattori erano le categorie dell’AUDIT, il sesso e le variabili dipendenti da ciascuna delle quattro dimensioni della motivazione al bere. I risultati dimostrano che, i bevitori ad alto rischio bevono maggiormente rispetto ai bevitori a basso rischio per Coping (F= 79,9, p<0,001), Social (F= 95,6; p<0,001) e Enhancement (F= 81,9; p<0,001). I bevitori a basso rischio, invece, bevono maggiormente per Conformity (F= 7,4, p<0,001) rispetto ai bevitori al alto rischio. Relativamente al sesso, invece, esiste una differenza statisticamente significativa nella dimensione Social, che indica una maggiore motivazione a bere per rinforzi positivi esterni negli uomini rispetto alle donne.

Atteggiamenti, credenze e conoscenze scientifiche

Relativamente agli atteggiamenti, credenze e conoscenze scientifiche relative all’alcol, sono state poste agli studenti le domande riportate nella Tabella 2.

Gli studenti che hanno partecipato a un corso su questi argomenti risultano essere il 43,8%.

Nella Figura 6 sono mostrate le percentuali di risposte corrette per ciascun item.

Tabella 2. Domande del questionario

Schermata 2018-01-25 alle 10.56.32

Figura 6. Percentuale di risposte corrette per ciascun item

Schermata 2018-01-25 alle 10.56.18 

Discussione

Il consumo di alcol risulta essere una delle principali preoccupazioni della sanità pubblica per la popolazione giovanile. In particolare, adolescenti e giovani adulti riferiscono di consumare bevande alcoliche con una modalità rischiosa per la salute. A nostra conoscenza, pochi studi in Italia si sono occupati di valutare cosa accade nella popolazione di studenti universitari al fine di mettere in atto interventi per affrontare efficacemente il fenomeno.

Il presente studio ha valutato, attraverso strumenti validati a livello internazionale, i consumi e le abitudini relative al consumo di bevande alcoliche, l’atteggiamento verso l’alcol e le credenze e le conoscenze di base relative ai rischi per la salute in un campione di 1928 studenti universitari, afferenti a differenti atenei per la maggior parte italiani diffusi su tutto il territorio italiano e frequentanti diverse facoltà. I risultati ottenuti forniscono dati utili per comprendere le abitudini relative al consumo di alcol degli studenti universitari frequentanti differenti corsi di laurea. Inoltre, ci danno indicazioni sul “Disturbo da Uso di Alcol” (American Psychiatric Association, 2013) nella popolazione esaminata e della relativa mancanza di informazione e conoscenza delle problematiche legate al consumo di alcol. Ciò e particolarmente grave considerando che questi stessi studenti saranno i professionisti di domani, alcuni dei quali saranno chiamati ad intervenire su questi problemi per informare, promuovere stili di vita salutari e curare. Per tale motivo, i dati rilevati in questo studio, suggeriscono di incrementare e indirizzare in maniera più specifica il fabbisogno formativo degli studenti per renderli capaci di comprendere, individuare, intervenire correttamente nella promozione della salute propria e delle persone che a loro si affideranno alla ricerca di soluzioni ai propri problemi di salute. Rispetto al consumo generale di alcol nei giovani italiani (Istat, 2017; Ministero della salute, 2016), il nostro campione di studenti universitari mostra una percentuale più elevata di consumi (93% vs. 72,8%). Allo stesso modo, il nostro campione mostra comportamenti di binge drinking piu frequenti rispetto agli italiani di età compresa tra i 18 e i 24 anni (45,8% vs. 17%) (ISTAT, 2017). Infine, coerentemente con i dati presenti nella letteratura internazionale (Davoren, Demant, et al., 2016), il 53,5% risulta essere un bevitore ad alto rischio. Sorprendentemente, inoltre, tra i bevitori a basso rischio si trova una percentuale maggiore di maschi, mentre non ci sono differenze in base al sesso tra i bevitori ad alto rischio, evidenziando consumi pericolosi tra le femmine. Questo dato potrebbe risultare preoccupante in quanto, come indicato dalla letteratura e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’organismo femminile, rispetto a quello maschile, risulta essere più vulnerabile agli effetti dell’alcol. Le linee guida nutrizionali raccomandano che una donna adulta e in buona salute non superi un consumo giornaliero di 1 unita alcolica, mentre l’uomo non deve superare le 2 unita alcoliche (WHO – World Health Organization, 2014). Questa differenza dipende dal fatto che l’organismo femminile presenta meno efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell’alcol. Coerentemente con i dati Italiani la frequenza dei bevitori ad alto rischio e maggiore al Nord (ISTAT, 2017). Inoltre, nel nostro campione e coerente anche la tipologia di bevanda consumata tra i giovani, cosi come il luogo. In particolare, gli studenti del nostro campione bevono prevalentemente birra e vino, nei bar e nei pub ed in generale lontano dai pasti (ISTAT, 2017; Ministero della salute, 2016).

Relativamente ai motivi per i quali i giovani consumano alcol, e preoccupante il fatto che una grande percentuale di bevitori ad alto rischio consuma alcolici per gestire le emozioni negative, non solo per socializzare e divertirsi. Invece, tra i bevitori a basso rischio i nostri dati riportano che la motivazione principale e quella di uniformarsi al gruppo, mostrando quindi una maggiore capacita di gestione dei consumi finalizzata all’accettazione da parte del gruppo di riferimento.

Relativamente alle conoscenze e credenze, i risultati ottenuti mostrano che gli studenti intervistati non sono sufficientemente informati circa i rischi che comporta l’assunzione di elevate quantità di alcol, infatti meno del 50% del campione analizzato risponde correttamente a queste domande. E da sottolineare il fatto che e non vi sono differenze rispetto alla facoltà frequentata. Ciò comporta una riflessione in merito al fatto che frequentare un’università appartenente all’area medica o delle professioni sanitarie non tutela rispetto alla messa in atto di stili di vita poco salutari e quindi dannosi. Possiamo inferire che la conduzione di stili di vita non salutari da parte degli studenti, potrebbe essere legata sia alla giovane età che alle scarse conoscenze che gli studenti possiedono circa la salute e i corretti stili di vita. All’interno di alcuni corsi di Laurea queste tematiche vengono affrontate ma, evidentemente, la sola conoscenza di determinati argomenti non evita che gli studenti continuino a praticare stili di vita potenzialmente rischiosi.

Conclusioni

Le ricerche citate mostrano che esiste una relazione diretta fra utilizzo dannoso di alcol e problemi relativi alla propria salute, i quali comportano una notevole perdita sociale ed economica.

Tra gli studenti presi in esame nel nostro studio, troviamo coloro i quali saranno i futuri dirigenti della nostra società. Ad oggi, essi presentano un consumo di alcol superiore alla media italiana e sono, quindi, esposti ad un rischio maggiore di sviluppare problematiche legate proprio all’assunzione di alcol. Inoltre, i dati rilevati nel nostro studio mostrano che questi studenti hanno un bagaglio di conoscenze inferiori rispetto a quelle necessarie per erogare una corretta informazione con conseguente atteggiamento verso l’utilizzo dell’alcol che non corrisponde alla pericolosità della sostanza stessa.

In particolare, anche gli studenti appartenenti all’area medica e a quella delle professioni sanitarie, non conoscono e non comprendono i dati relativi al danno provocato dall’uso incongruo dell’alcol, tradendo cosi lo spirito della tabella XVIII. Tale tabella indicava chiaramente che l’università doveva avere il compito di individuare le nuove problematiche di salute per formare i futuri professionisti e renderli capaci di affrontare le emergenze sanitarie. Tra queste, veniva chiaramente indicato che dovevano essere affrontati i temi relativi all’oncologia, alla geriatria ed alle dipendenze. A tal fine, la legge del 30 marzo 2001, n.125 “Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcol correlati” (G. U. n. 90, 18-04-2001), propone la modifica degli ordinamenti didattici dei corsi di laurea in medicina e chirurgia, in psicologia, di quelli relativi alle professioni sanitarie e di quelli ad indirizzo sociale allo scopo di assicurare l’apprendimento dell’alcologia. Di tutto ciò non si ha traccia.

A nostro avviso, sarebbe necessario riprendere in considerazione queste necessita attraverso l’inserimento nei curricula formativi di tutti i corsi di laurea di specifici riferimenti alla dipendenza da alcol, da sostanze psicoattive e da comportamenti di dipendenza, ricercando modalità di intervento sempre piu aggiornate e insegnandole ai discenti al fine di istruire e formare professionisti in grado di curare se stessi e affrontare adeguatamente queste tematiche.

Bibliografia

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WHO – World Health Organization. (2014). Global status report on alcohol and health 2014

Cita questo articolo

Battagliese G., Pisciotta F., Tramonte L., Nofroni I., Basili S., Ceccanti M., Universitari oggi, professionisti domani: indagine sui consumi dell’alcol, Medicina e Chirurgia, 76: 3424-3431, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-76-2

Strategie per far fronte al ritardo studentesco nel CLM in Medicinan.76, 2017, pp.3416-3423, DOI: 10.4487/medchir2017-76-1

Abstract

The Presidents of the Italian Undergraduate Curricula in Medicine have faced the problem of remediation in a workshop held in Udine on the 22nd September 2017.

Presidents have been subdivided into small groups, have been given detailed data about a hypothetic undergraduate curriculum and have been asked to devise remediation strategies adequate to the case study proposed.

Data included general information about the School of Medicine, its structure and scientific excellences, and amount and composition of teaching staff. Information has been given also on the region where the School is placed, its population and social-economical parameters, and on the number and origin of medical students. Entity of students’ graduation delay has been detailed. Undergraduate curriculum has been illustrated giving detailed information about the examinations: their number, weight in credits, deployment through the curriculum, and number of students passing them in due time, with minimum, maximum and average score. Rules for students entry blocks for the following year and information about the consistency of tutoringcounselling services and of teachers continuous education strategies have been finally given.

The Presidents of Undergraduate Curricula in Medicine have reached the conclusions that they should obtain the necessary detailed information about entity and causes of their students’ graduation delay. Remediation strategies should include active and peer-to-peer tutoring and forms of flexibility in assessment design and curriculum re-modelling.

Key words: Medical Education; Remediation; Tutoring; Assessment Flexibility; Curriculum Flexibility

Parole chiave: Pedagogia Medica; Monitoraggio del Ritardo Studentesco; Tutoraggio; Valutazione dell’apprendimento; Flessibilità dell’Ordinamento

Articolo

 

I temi del Forum “Le cause del ritardo studentesco”, tenuto a Novara (Universita del Piemonte Orientale) il 31 Marzo 2017 (Gallo et al, 2017), sono stati ripresi nell’Atelier “Strategie per far fronte al ritardo studentesco”, organizzato dal Gruppo Innovazione Pedagogica nella riunione della Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina che si e svolta a Udine il 22 Settembre 2017.

L’atelier e stato introdotto da alcune presentazioni e poi si e articolato in alcuni laboratori, dedicati ad aspetti diversi della remediation. L’esercizio nei laboratori ha assunto le forme di un case study che ha avuto per oggetto lo scenario dell’ipotetico corso di laurea in Medicina dell’Università Il cuore è la cura.

Visto che il Forum di Novara aveva evidenziato l’importanza del monitoraggio per la diagnosi precoce e il trattamento del ritardo studentesco, l’Atelier di Udine si e aperto con una relazione dedicata proprio al tema del monitoraggio.

 

Strategie, modelli e strumenti per il monitoraggio e la prevenzione del ritardo studentesco

Il ritardo studentesco non e un problema solo, e nemmeno “soprattutto”, dello studente. Infatti dopo l’introduzione del numero programmato per l’accesso agli studi medici in Italia la funzione dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia non può essere considerata più nemmeno in parte selettiva. Garantire allo studente il diritto di compiere il percorso nei tempi programmati e un obiettivo irrinunciabile dei CLMMC. Si pensi in proposito al fatto che la regolarità del percorso dello studente e un indicatore della qualità del CLMMC secondo il sistema AVA e rappresenta un fattore di premialità nell’attribuzione dell’FFO agli Atenei.

La misura del ritardo studentesco e data dal rapporto fra ritardo di conseguimento della laurea e la durata legale del corso (indice di ritardo studentesco) e in media per i corsi di CLMMC italiani si attesta sul valore di circa 0,18 essendo il ritardo medio di circa 1 anno (Della Rocca e Lenzi, 2015). Il ritardo studentesco non va solo misurato, ma deve essere intercettato, monitorato e possibilmente prevenuto. Per quel che concerne l’intercettazione e il monitoraggio, il modo più semplice e quello di utilizzare l’estrazione dei dati dai programmi gestionali della didattica di Ateneo (ESSE3, Infostud, ecc), per effettuare analisi per coorte di studenti, per attività didattica e anche per singolo studente. La prevenzione prevede: un approccio di sistema per la precoce individuazione degli studenti a rischio per problematiche non strettamente pedagogiche (disagio socio-economico, psicologico, scolastico pre-universitario, culturale); interventi di organizzazione didattica e di continua revisione curriculare in funzione sia dei singoli contesti dei diversi CdL sia delle capacita di apprendimento degli studenti nell’ambito sempre del raggiungimento di un livello di competenza superiore a quello minimo individuato dal core-curriculum; la formazione di un corpo docente sempre più motivato e pedagogicamente preparato in grado di effettuare le diverse attività di tutorato particolarmente utili in questo ambito.

Si rileva, infine, che stante l’importanza strategica per gli Atenei del recupero del ritardo studentesco, la presa in carico del problema da parte del CdL può rappresentare un’ottima occasione di negoziazione di risorse, umane e non, in quanto la loro paucità costituisce con ogni evidenza il limite maggiore ad un approccio efficace al problema (Carlo Della Rocca).

A questa relazione introduttiva, sono seguiti altri interventi focalizzati su alcune strategie di remediation, quali il tutorato attivo, e la messa in atto di forme flessibili di valutazione dell’apprendimento e di organizzazione curriculare.

 

Il tutorato attivo in risposta al ritardo studentesco

Vi sono ormai sufficienti evidenze dalla letteratura (Escovedo et al., 2016) dell’efficacia del tutorato tra pari, che, sulla base di dati meta-analitici, risulta efficace indipendentemente dall’area in cui viene erogato o dalla frequenza dell’intervento (Bowman-Perrot et al., 2013), anche se per gli studenti di Medicina l’efficacia maggiore si ha con un tutoring a frequenza settimanale ed attivato nel primo semestre del primo anno (De Voe et al., 2016). In particolare il tutorato tra pari e efficace perche migliora le competenze e le abilita meta-cognitive implicate nel processo dell’apprendimento autoregolato (De Backer et al., 2015).

Molti sono i vantaggi del tutoring di gruppo (Herrera, Vang, and Gale, 2002; Yalom, 1995; Colvin, 2015): – l’istituzione di relazioni positive tra i membri del gruppo e tra questi e il tutor, con ricadute positive sulle relazioni tra studenti e docenti e sulla capacita di fruire di tutti i servizi e le opportunità che l’Università offre; – la possibilità che molte delle competenze apprese all’interno del gruppo vengano esportate in altre situazioni; – la configurazione del gruppo come luogo protetto in cui ognuno può testare le proprie competenze sociali e ricevere feedback costruttivi dai propri pari; – lo sperimentare che condividere esperienze comuni consente di trovare soluzioni ottimali per affrontare le sfide che si interpongono ad un proseguimento equilibrato del percorso accademico Il tutorato attivo si colloca tra i compiti istituzionali di un Ateneo, perche l’Università si deve assumere il compito fondamentale di accompagnare gli studenti all’ingresso nel mondo accademico e, in quanto agente di formazione, e responsabile sia del processo formativo sia della socializzazione verso il mondo del lavoro.

L’istituzione accademica ha quindi l’incarico di costruire, insieme agli studenti, il significato che loro stessi attribuiscono a questa nuova esperienza, contribuendo cosi ad aumentare la propria consapevolezza – in quanto neo-studenti universitari – che stanno per iniziare la loro formazione in vista di una futura professione. In questa prospettiva e essenziale che gli Atenei investano adeguatamene nel processo di formazione degli studenti coinvolti nel processo di peer-tutoring per massimizzarne l’efficacia. Non raramente, senza una adeguata formazione il tutorato viene inteso come una sorta di acritico maternage, come il luogo dove fornire di fatto un sapere premasticato o una semplice ripetizione delle spiegazioni fornite dal docente, mentre si tratta di una attività che punta all’incremento dell’autovalutazione consapevole, del senso di autoefficacia, autonomia, indipendenza e direzionalità, una consapevolezza del proprio percorso universitario, una complessa crescita individuale delicata e preziosa che non può essere lasciata all’improvvisazione e deve essere adeguatamente implementata e monitorata (Maria Grazia Strepparava).

Non considerando gli interventi organizzati dal CLM, come il tutorato, vi sono gia una serie di strumenti che gli studenti utilizzano per studiare al meglio e superare gli esami. In primis, un grande ruolo hanno le “sbobinature”, ovvero le trascrizioni fedeli delle lezioni, che divengono dispense arricchite di immagini e suggerimenti.

Secondariamente, fondamentali sono i colleghi, sia i più grandi a cui chiedere consiglio sia i pari con cui ci si organizza in gruppi di studio. Infine, bisogna ricordare i gruppi Facebook dei Corsi di Laurea, risorsa a cui ogni studente ormai ricorre per qualsiasi dubbio o domanda.

Tali strumenti potrebbero essere implementati dall’Universita stessa permettendo cosi una ottimizzazione dei tempi e delle risorse (Adolfo Mazzeo, LOMEi).

 

Un percorso curriculare più flessibile

Una strategia di contrasto al ritardo studentesco centrata sulla flessibilità curriculare può sottendere in realtà a due differenti azioni di rimedio: recuperare il ritardo dello studente e migliorare un percorso ritardante. La prima e una soluzione individuale sullo studente, efficace nel giro di 12-18 mesi e che necessita di una diagnosi individuale, mentre la seconda e una soluzione di sistema, efficace per le coorti successive e che richiede la concreta disponibilità al cambiamento di tutti i docenti.

Entrambe le azioni debbono essere precedute da una corretta metodologia per identificare precocemente il ritardo ed analizzarne le cause (analisi di dati carriere, colloqui individuali) ed essere seguite da un monitoraggio di efficacia.

La strategia di sistema e centrata sulla ottimizzazione dell’apprendimento durante le ore trascorse in presenza del docente e si ottiene attraverso la pianificazione di curriculum ad integrazione verticale (modello a triangoli invertiti, Leinster, 2009) che consenta una precoce esposizione dello studente alla clinica (early clinical exposure), utilizzi metodologie didattiche che facilitino l’apprendimento attivo e critico e stimolino ad apprendere ciò che e utile. Fondamentale per questo approccio e la disponibilità dei docenti ad esplorare nuove metodologie didattiche. I risultati di questo tipo di azione si proiettano sul percorso formativo di una coorte e quindi sono valutabili al completamento di almeno un ciclo di studi.

L’intervento individuale, invece, e diretto al singolo studente. Oltre ad azioni mirate sulle cause (individuali o di sistema), allo studente si può proporre un piano di rientro personalizzato che gli consenta di ottimizzare l’apprendimento in aula programmando la frequenza dei corsi quando e pronto a comprendere/apprendere gli argomenti trattati dal docente. Ciò si può ottenere con l’adozione di piani di studio individuale o con la iscrizione in regime di tempo parziale. L’implementazione del piano di rientro necessita di attenzione da parte di un tutor e di collaborazione da parte della segreteria didattica (“team recupero”); fondamentale e anche la consapevolezza e la condivisione da parte dello studente (Bruno Moncharmont).

 

Lo scenario per il lavoro di gruppo: l’Università il Cuore è la Cura

Lo scenario ha la struttura di un caso esemplare e descrive il profilo di un’ipotetica Università; e stato predisposto a partire dai temi individuati per il lavoro dei gruppi (tutorato, flessibilità del curriculum, valutazione dell’apprendimento) in modo che fossero presenti nella narrazione del caso sia elementi utilizzabili da tutti i gruppi, pur da prospettive diverse, sia elementi marcatamente caratterizzati e specifici per la riflessione tematica di ciascun gruppo. Questi elementi focali avrebbero potuto costituire un fattore di distrazione per gli altri gruppi a meno di un adeguato monitoraggio del lavoro di gruppo del conduttore e dei partecipanti stessi. Per un maggiore realismo dell’attività di laboratorio e rispecchiare il fatto che (i) non sempre i problemi sono ben definiti fin dall’inizio e (ii) non sempre sono gia a disposizione tutte le informazioni necessarie per definire la soluzione ottimale, sono stati predisposti dei box contenenti informazioni aggiuntive di chiarificazione e integrazione; il conduttore del gruppo avrebbe dovuto trasmetterle solo quando fosse emersa tra i partecipanti la necessita di acquisirle.

Sempre a tale scopo integrativo, era stato consegnato ai conduttori il documento scaricato dal sito “Alma Laurea”, che descrive il profilo nazionale dei laureati in medicina. Qui di seguito lo scenario:

  1. Aspetti generali

L’Università degli Studi “Il cuore e la cura”, fondata nel 2001, comprende: un Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Medicina e Chirurgia, un Corso di Laurea Triennale in Infermieristica (con una sede decentrata a 40 km di distanza), e un corso di laurea Triennale in Fisioterapia.

Nell’Ateneo sono inoltre presenti: un corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Scienze della Formazione Primaria, un corso di Laurea Triennale in Scienze del Turismo, un corso di Laurea Triennale in Biotecnologie e un corso di Laurea Magistrale in Biotecnologie Mediche. Il Dipartimento di afferenza del CdLM in Medicina e Chirurgia e collocato al 10° posto per la qualità della ricerca nella valutazione ANVUR sui Dipartimenti di Eccellenza e si distingue in particolare per l’area della patologia generale, delle neuroscienze, della cardiologia e per la spettrometria di massa applicata alle discipline cliniche.

L’Università è collocata in una regione che ha le seguenti caratteristiche: due città principali di circa 800.000 e 350.000 abitanti, alcune cittadine più piccole, mediamente intorno ai 100.000 abitanti. Le attività prevalenti della regione sono commercio, turismo e agricoltura.

Per quanto riguarda i parametri socio-economici, il livello di povertà media e del 24%, di povertà assoluta dell’8% (a fronte di una media nazionale del 12% e del 5% rispettivamente); si vedano anche le tabelle 1 e 2 tratte dai dati ISTAT 2010-2015 e relativi alla regione.

Tabella 1: dati 2010-2015 relativi a quanto le famiglie pensano di essere in grado di affrontare il costo della vita in ragione del proprio reddito complessivo. Percentuale per giudizio sulla condizione economica percepita e annoSchermata 2018-01-25 alle 10.40.51

 Schermata 2018-01-25 alle 10.42.07

 

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  1. Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Medicina e Chirurgia

Il CDLM in Medicina & Chirurgia e stato attivato nel 2001. Il numero di posti annuali assegnati dal ministero e 120 studenti. Il 30% degli studenti si laurea entro la sessione di luglio; la percentuale di studenti che si laureano in medicina con un anno di ritardo e del 35%. La popolazione studentesca e composta prevalentemente da studenti italiani; il 7% sono studenti stranieri che provengono per la maggior parte dai paesi del nord Europa, dal Canada, dall’Albania e dalla Grecia. Il 60% degli studenti italiani risiede nella regione. Il 45% degli studenti ha precedenti esperienze universitarie, di questi solo il 5% portate a termine. Età degli studenti all’immatricolazione: regolare o con 1 anno di ritardo 93,3%. Regolarità negli studi: studenti in corso 41,5%; fuoricorso di un anno 31,3%, fuoricorso di due anni 14,6%; 4 o più anni fuori corso 8,7%. Si segnala la presenza di 10 studenti con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) certificato.

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  1. Piano degli studi del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

Tutti gli esami del I e II anno di corso, Farmacologia e Medicina Legale sono solo scritti, con quesiti a scelta multipla.

Anno corso Propedeuticità culturali
1 Scienze Propedeutiche, 13 CFU, esame – I sem.Informatica di Base, 3 CFU, idoneitàAnatomia e Istologia Umana, CFU 20, esame – II sem.

Biologia e Genetica, 12 CFU, esame – I sem.

Inglese di Base a livello B2, 3 CFU, idoneità

Per sostenere l’esame di “Biologia e genetica” è necessario il superamento dell’esame di Scienze Propedeutiche
2 Chimica Biologica e Biologia Molecolare, 12 CFU, esame – I sem.Semeiotica su Manichini, 4 CFU, idoneità – I sem.Medicina e Società, 8 CFU, esame – II sem.

Fisiologia Umana , 17 CFU, esame – II sem.

Patologia Generale e Immunologia (I parte), 9 CFU prova in itinere

Microbiologia Medica, 6 CFU, esame – II sem.

A scelta dello studente, 2 CFU, frequenza

Per sostenere l’esame di Fisiologia umana è necessario il superamento dell’esame di Anatomia e istologia umana. Per sostenere l’esame di Chimica biologica e biologia molecolare è necessario il superamento dell’esame Scienze PropedeuticheBlocco: se lo studente non ha superato tutti gli esami del I e II anno, tranne: inglese di base, informatica di base, patologia generale e immunologia I e Medicina e Società non può essere iscritto al III anno e rimane ripetente sul secondo anno.
3 Patologia Generale e Immunologia (II parte), 4 CFU, esame – I sem.Patologia Medico-Chirurgica 1 (ex semeiotica e sistematica 1), 11 CFU, esame, I sem.Tirocinio Prof. Area Chirurgica 1, 4 CFU, – I sem.

Tirocinio Prof. Area Medica 1, 11 CFU, – II sem.

Patologia Medico-Chirurgica 2, 9 CFU, esame – II sem.

Farmacologia (I parte), 4 CFU, frequenza – II sem.

Patologia Medico-Chirurgica 3, 9 CFU, esame – II sem.

A scelta dello studente, 2 CFU, frequenza

Per sostenere l’esame di Patologia generale e immunologia è necessario superare Chimica biologica e Biologia molecolare, Fisiologia umana. Per sostenere l’esame di Patologia Medico- Chirurgica 3 è necessario il superamento dei seguenti esami: Patologia generale e Immunologia e Microbiologia Medica. Per sostenere l’esame di Patologia Medico-Chirurgica 2 è necessario il superamento degli esami Patologia generale e immunologia e Microbiologia MedicaBlocco: per accedere al IV anno lo studente deve avere superato Patologia Generale e Immunologia I e II altrimenti rimane ripetente sul terzo anno
4 Farmacologia (II parte), 8 CFU, esame – I sem.Statistica Medica, 6 CFU, esame – I sem.Medicina di Laboratorio, 6 CFU, esame – I sem.

Anatomia Patologica, 6 CFU, esame – I sem.

Diagnostica per Immagini e Radioterapia, 8 CFU, esame II sem.

Sanità Pubblica, Igiene e Medicina del Lavoro, 12 CFU, esame – II sem.

Tirocinio Prof. Area Chirurgica 2, 4 CFU, idoneità – II sem.

Tirocinio Prof. Area Medica 2, 8 CFU, idoneità – II sem.

A scelta dello studente, 1 CFU, frequenza

Per sostenere l’esame di Anatomia patologica è necessario il superamento dei seguenti esami: Patologia generale e immunologia e Microbiologia Medica. Per sostenere l’esame di Farmacologia è necessario il superamento dei seguenti esami: Patologia generale e immunologia e Microbiologia Medica. Per sostenere l’esame di Diagnostica per immagini e radioterapia è necessario il superamento di Patologia generale e immunologia
5 Malattie del Sistema Nervoso, 8 CFU, esame – I sem.Psichiatria e Psicologia Clinica, 8 CFU, esame – I sem.Specialità Medico Chirurgiche, 8 CFU, esame – I sem.

Clinica Medica (I parte), 9 CFU, frequenza – I sem.

Clinica Dermatologica, 4 CFU, esame – II sem.

Clinica Ortopedica e Traumatol., 4 CFU, esame – II sem.

Ostetricia e Ginecologia, 8 CFU, esame – II sem.

Medicina Legale, 4 CFU, esame – II sem.

Pediatria (I parte), 4 CFU, frequenza – II sem.

A scelta dello studente, 3 CFU, frequenza

6 Pediatria (II parte), 8 CFU, esame – I sem.Clinica Medica (II parte), 17 CFU, esame – I sem.Clinica Chirurgica, 11 CFU, esame – I sem.

Urgenze ed Emergenze Medico Chirurgiche, 8 CFU, esame -I sem

Internato di Laurea, 17 CFU, frequenza –

Tesi di Laurea, 17 CFU

Per sostenere gli esami di Clinica Medica è necessario il superamento di: Patologia Medico-Chirurgica 1 – Patologia Medico- Chirurgica 2 – Patologia Medico-Chirurgica 3, Farmacologia, Tirocinio Area Medica 2. Per sostenere l’ esame di Clinica Chirurgica è necessario il superamento di: Patologia Medico-Chirurgica 1 – Patologia Medico-Chirurgica 2 – Patologia Medico-Chirurgica 3 , Farmacologia, Tirocinio Area Chirurgica 2

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  1. Carriere degli studenti iscritti al V anno nell’aa 2016-17 (al 21 settembre, dati parziali)

Schermata 2018-01-25 alle 10.53.02Schermata 2018-01-25 alle 10.53.12

  1. Profilo dei docenti

Il corpo docente e costituito da: 30 Professori Ordinari (età media 65 anni), 20 Professori Associati (età media 40 anni), 20 Ricercatori a tempo indeterminato, 15 RTD-A, 8 RTD-B. Nel 2010 e stato organizzato dal CCD un corso di formazione sulle metodologie didattiche attive (organizzato dalla SIPeM – Società Italiana di Pedagogia Medica) cui hanno partecipato 15 docenti su 70. I Consigli di Coordinamento Didattico del corso sono convocati ogni 60 giorni, circa

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  1. Altre informazioni

E’ presente in Ateneo uno sportello “Tutorato e counselling psicologico” per gli studenti; il 2% di tutti gli studenti dell’Ateneo “Il cuore e la cura” hanno effettuato almeno un colloquio. Le attività di tirocinio pratico sono svolte prevalentemente presso due ospedali: “San Pietro al Monte” e “Montebello del Campo”.

Box6

 

(Maria Grazia Strepparava e Isabella Barajon)

Sintesi di quanto emerso nei laboratori

I gruppi di lavoro si sono riuniti per esaminare lo “scenario” proposto. Si tratta di una Università in cui gli studenti sono spesso fuori corso e si laureano in ritardo. Esistono esami “critici” che determinano maggiori difficoltà per il loro superamento sia al primo che al secondo triennio. Pochi studenti si rivolgono allo sportello counselling che e gestito da personale senza specifica formazione. Il contesto geografico e quello di una regione di grandezza media con condizioni economiche disagiate degli abitanti e studenti che spesso devono conciliare studio e lavoro.

L’analisi dei dati forniti ha consentito di riflettere sull’importanza della “comprensione del contesto”, sotto tutti i suoi aspetti, quando si vuole intraprendere una azione correttiva sul ritardo degli studenti nel completare il percorso di studi. Le proposte dei partecipanti hanno riguardato: – lo svolgimento di un intervento informativo precoce alle matricole per consigliare il percorso degli esami, le modalità di studio e di organizzazione dello stesso (può avvenire anche mediante incontri con gli studenti degli anni successivi); – l’opportunità di individuare eventuali categorie a rischio (studenti che si immatricolano in ritardo, studenti lavoratori, studenti pendolari) che possono avere maggiore difficoltà a restare nei tempi previsti, e la necessita di porli in contatto precocemente con tutori di riferimento; – l’implementazione di numero e qualità dei tutori attraverso uno specifico programma formativo a loro dedicato che migliori la loro capacita di rafforzare l’autonomia, valorizzare le risorse e stimolare l’indipendenza degli studenti che al tutore si rivolgono; – la necessita di facilitare l’accesso degli studenti ai tutori attraverso percorsi sul web (sito web dedicato) o luoghi di incontro stabili (sportello) (Manuela Merli)

Conclusioni dell’Atelier e suggerimenti per la Conferenza

– I Presidenti di CLM in Medicina hanno, o possono procurarsi, tutti i dati necessari per un’analisi accurata del ritardo studentesco, della sua entità e delle sue cause. Si invita ogni CLM ad attivare un gruppo di lavoro, raccordato con la CTP, che registri, intercetti, monitori e prevenga il ritardo. Strumenti del sistema qualità, come il rapporto del riesame, per troppo tempo avvertiti come impacci burocratici, dovrebbero divenire autentiche risorse.

– Il tutorato attivo e quello tra pari sono strumenti efficaci di prevenzione del ritardo, ma e necessario che il CLM li attivi e formi i tutori – I docenti killer, ma anche certe forme troppo rigide di esame, possono essere causa di un gran numero di ritardi. Occorre invece tener presente che l’esame e parte integrante del processo di apprendimento, che gli esami devono essere si obiettivi e pertinenti, ma anche leali, e che forme di valutazione flessibile coinvolgono e responsabilizzano gli studenti, portando da un esame teacher-centred ad uno student-centred.

– Il ritardo studentesco dovuto a problemi curriculari può essere affrontato con strumenti di remediation individuale come il curriculum personalizzato, con modalità di rimodulazione di singoli corsi ed esami, e con una vera e propria remediation di sistema, attraverso una revisione del curriculum studiorum o almeno del regolamento didattico del CLM

– E’ stato chiesto che la Conferenza crei un gruppo di lavoro che possa aiutare le Sedi a monitorare e a porre rimedio al ritardo

– E’ stato osservato che la formazione e la motivazione dei docenti e la più efficace forma di prevenzione remota del ritardo studentesco

– Al Gruppo innovazione Pedagogica e stato suggerito di occuparsi, nei prossimi anni, di tematiche come: a) un’analisi delle forme di apprendimento privilegiate dagli studenti e promosse dai docenti; b) la promozione, tra le competenze in uscita del laureato in Medicina, della riflessività; c) uno studio su come inserire nel CLM medico una flessibilità degli esami in termini di scansione temporale e di formato (Pietro Gallo).

Bibliografia

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Gallo P, Bani M, Bellini T, Casacchia M, Cavagnero M, Della Rocca C, Familiari G, Mazzeo A, Merli M, Moncharmont B, Montagna L, Muraro R, Riggio O, Rosso U, Strepparava MG, Valli M, Viola F. (2017): Analisi delle cause del ritardo studentesco nel CLM in Medicina. Medicina e Chirurgia 74, 3366-3371

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Cita questo articolo

Gallo P., BArajon I., Della Rocca C., Mazzeo A., Merli M., Moncharmont B., Strepparava M.G., Strategie per far fronte al ritardo studentesco nel CLM in Medicina, Medicina e Chirurgia, 76: 3416-3423, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-76-1

Lettera di Intenti dell’associazione CPPCLMM&C – I Quesiti a Scelta Multipla nel Percorso Formativo Del Medicon.76, 2017, pp.3414-3415

Lettera di Intenti dell’associazione CPPCLMM&C

I Quesiti a Scelta Multipla del Percorso

Associazione

CONFERENZA PERMANENTE DEI PRESIDENTI DI CONSIGLIO DI CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

 

Presidente: Andrea Lenzi

Alla cortese attenzione – Prof Marco Mancini c/o MIUR – Dott.ssa Maria Letizia Melina c/o MIUR – Dott.ssa Rossana Ugenti c/o Min Salute – Dott.ssa Roberta Chersevani C/o FNOMCeO

 

Oggetto : Linee Guida della Associazione “Conferenza permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CPPCLMM&C)” in tema di MCQ

Carissime/o,

vi invio in allegato la nota della Associazione “Conferenza permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CPPCLMM&C)” con cui la stessa ha annunciato a tutti gli interessati, a partire dai presidenti di CLM stessi, la predisposizione di Linee Guida in tema di quesiti a risposta multipla.

Penso che in funzione della prossima emanazione del DM di revisione dell’Esame di Abilitazione alla professione di Medico Chirurgo, queste Linee Guida, assieme all’esperienza accumulata dalla Conferenza in 12 anni di Progress test sugli oltre 50 CLM italiani e su tutti gli anni di corso, siano un importante momento di condivisione a garanzia della qualità dei quesiti, della loro validazione e della valutazione dei risultati.

Un cordiale saluto

Andrea Lenzi

I QUESITI A SCELTA MULTIPLA NEL PERCORSO FORMATIVO DEL MEDICO

Lo studente in Medicina, durante il suo percorso formativo, deve sottoporsi numerose volte a valutazioni o selezioni che utilizzano i quesiti a scelta multipla (MCQ=multiple choice question) come strumento di accertamento di conoscenze. Sebbene questo strumento non sia adatto alla verifica di tutte le tipologie di apprendimento, esso deve la sua diffusione alla facilità di somministrazione contestuale ad un gran numero di candidati ed alla obiettività del risultato. Proprio per questi motivi i MCQ vengono utilizzati, in ambito dell’area medica, in batterie con un numero vario di elementi, per fini molto differenti:

 prove di selezione (ad es.: ammissione al CLM in Medicina e Chirurgia, alle Scuole di Specializzazione dell’area medica o al Corso di formazione per Medici di medicina generale);

 prove certificative di valutazione di profitto (ad es.: esami di profitto di corso integrato);

 prove autovalutative di profitto (ad es.: verifiche in itinere dell’insegnamento, non certificative);

 prove valutative di sistema (ad es.: progress test);

 prove abilitanti (ad es.: esame di abilitazione all’esercizio della professione)

Non è superfluo rilevare a questo punto che uno strumento, per essere efficace, deve essere adatto allo scopo e ben dimensionato

Pertanto una batteria di MCQ deve contenere quesiti:

 riferiti a contenuti condivisi, pubblicizzati ex ante e coerenti con il progetto formativo (o parte di esso) a cui sono associati;

 in numero e di difficoltà adeguata allo scopo della prova;

 formulati in maniera adeguata al tipo di competenze che è prioritario valutare ai fini della prova

Altro aspetto da considerare è la metrica da utilizzare per la analisi dei risultati, anche questa da correlare alle finalità della prova.

Ad una prova valutativa è chiesto di misurare il grado di acquisizione di conoscenze e competenze da parte di un singolo studente, mentre in una prova selettiva viene chiesta una valutazione comparativa delle conoscenze di un candidato relativamente agli altri, mentre ancora in una prova abilitativa è necessario predefinire un livello soglia del risultato riconducibile alle conoscenze minime per l’abilitazione.

Dalle semplici considerazioni fin qui riportate appare evidente che la formulazione di batterie di MCQ non può non tenere conto del contesto ma, a seconda del tipo di utilizzo, dovrebbe attenersi a delle indicazioni metodologiche costruite sulla base di conoscenze avanzate nel campo della valutazione e della docimologia.

Essa inoltre dovrebbe essere correlata a contenuti condivisi da tutto il campione (di studenti) da esaminare ed una non sempre adeguata attenzione a questi aspetti ha portato ad una risonanza mediatica negativa per alcune prove a valenza nazionale con forte competitività che hanno rischiato di minare la validità di questi sistemi di valutazione.

La Associazione “Conferenza permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CPPCLMM&C)”, in coerenza con i propri scopi istituzionali ed obiettivi strategici dichiarati, ha approfondito l’argomento e testato più volte se stessa con il Progress test (in atto da oltre 10 anni in tutti i corsi e su tutti gli anni) ed anche al fine della auspicata modifica dell’Esame di Abilitazione nazionale all’esercizio della professione, sta predisponendo un Documento di Linee Guida sul tema, da mettere a disposizione della comunità e delle Istituzioni governative di riferimento, che fornisca indicazioni sulle auspicabili caratteristiche strutturali e docimologiche dei singoli MCQ, delle batterie da predisporre e della relativa valutazione, in relazione alle differenti finalità per cui tale strumento viene utilizzato nel lungo percorso di formazione del medico (pre- e post-lauream) nel nostro sistema nazionale.

Editorialen.76, 2017, pp. 3413

Schermata 2017-04-26 alle 14.01.00Questo numero deve obbligatoriamente iniziare con i ringraziamenti per tutti i componenti della Conferenza che con il loro lavoro e partecipazione hanno contribuito alla realizzazione dei numeri della rivista in questo 2017. I ringraziamenti vanno estesi all’ANVUR, al CUN e alle altre Conferenze che, puntualmente, ci hanno onorato dei loro contributi nella sezione delle news.

Un ringraziamento speciale al nostro grande Maestro, il Prof. Giovanni Danieli, che mi ha donato questa sua creatura assicurandomi sempre il suo appoggio e supervisione.

Il 2017 ha visto la creazione dell’Associazione della Conferenza Permanente dei Presidenti dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia che diventata Ente di consultazione e progettazione delle Istituzioni e dei Ministeri. Nel prossimo 2018 vedrete la Conferenza sempre più attiva e con nuovi progetti. Infatti, come saprete, e in elaborazione il DDL sulla “laurea abilitante” che e stato in larga parte scritto proprio grazie al contributo dell’Associazione. In questo numero, per esempio, vi e già un primo forte segnale della neonata Associazione con la lettera di intenti relativa alla creazione delle linee guida per la corretta confezione dei quesiti a scelta multipla.

Tornando agli altri contenuti della nostra rivista, mi piace segnalare lo scritto del gruppo di lavoro “Medical Education” sulle strategie per far fronte al ritardo studentesco nel CLM in Medicina, cosi come i risultati dell’indagine sulle abitudini relative al consumo di bevande alcoliche, l’atteggiamento verso l’alcol e le credenze e le conoscenze di base relative ai rischi per la salute in un campione di quasi 2000 studenti universitari, afferenti a differenti Atenei frequentanti diverse Facoltà. Nello spazio dell’ospite l’articolo sui farmaci equivalenti e farmaci biosimilari considerati ad oggi carte vincenti per la sostenibilità dei servizi sanitari.

La foto con gli auguri dei “nostri ragazzi” del SISM e con le loro iniziative e il gioiello che chiude il numero.

Concludendo, mi resta il compito ed il piacere di augurarvi un anno meraviglioso, denso di condivisioni, iniziative, idee, progetti … un 2018 “modello Conferenza”.

Un vero augurio a Tutti Voi Lettori e Amici perche il nuovo anno realizzi tutto quello che più vi sta a cuore.

Andrea Lenzi Presidente dell’Associazione Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Indice n.76/2017

MEDICINA E CHIRURGIA
QUADERNI DELLE CONFERENZE PERMANENTI DELLE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

76/2017

(scarica qui il l’intero numero in PDF)

SOMMARIO

Editoriale, di Andrea Lenzi

Opinioni Istituzionali

Lettera di Intenti dell’associazione CPPCLMM&C – I Quesiti a Scelta Multipla nel Percorso Formativo Del Medico, di Andrea Lenzi

I lavori delle Conferenze Permanenti

Strategie per far fronte al ritardo studentesco nel CLM in Medicina, di Pietro Gallo, Isabella Barajon, Carlo Della Rocca, Adolfo Mazzeo, Manuela Merli, Bruno Moncharmont, Maria Grazia Strepparava

Universitari oggi, professionisti domani: indagine sui consumi dell’alcol, di Gemma Battagliese, Fabiola Pisciotta, Luigi Tramonte, Italo Nofroni, Stefania Basili, Mauro Ceccanti.

Lo spazio dell’Ospite

Uomini, scuole, luoghi e immagini nella Storia della Medicina

La scuola medica dell’Università di Padova, di Fabio Zampieri

Notiziario

Notizie dall’ANVUR, dal CUN, dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie, dal SISM, di Paolo Miccoli, Manuela di Franco, Alvisa Palese, Federica Viola