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In una fase – come quella attuale – di forte difficoltà economica e di importante contrazione delle risorse, la sfida della conoscenza è la prima delle più importanti prove con le quali dobbiamo confrontarci: “cultura e ricerca rappresentano le energie morali che possono salvare il Paese dalla crisi”, citando le illuminanti parole pronunciate di recente dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
In questo quadro, l’Università italiana ha il dovere di “cambiare volto”, anche attuando in modo positivo quanto disposto dalla recente riforma. L’Università italiana ha anche l’opportunità di non sprecare un’altra occasione, valorizzando i talenti, facendo crescere le idee, moltiplicando le “energie morali” del Paese.
Ciò ovviamente richiede un insieme di azioni impegnative e coraggiose. Questo implica, in primo luogo, affiancare alle tradizionali mission degli Atenei (da un lato, “alta educazione e formazione” e, dall’altro, “ricerca”) nuove linee di attività legate alla cosiddetta “terza Missione”.
Con “terza Missione” si fa riferimento all’insieme delle attività con le quali le Università attivano processi di interazione diretta con la società civile e il tessuto imprenditoriale, con l’obiettivo di promuovere la crescita di un territorio, in modo che la conoscenza diventi strumentale per l’ottenimento di output produttivi. Come affermato in un recente articolo pubblicato da Science*, “Terza missione” rappresenta lo strumento principale di reperimento di risorse da parte degli Atenei nazionali ed internazionali. I beni ed i servizi del sistema produttivo che si fonda sulla ricerca scientifica (beni e servizi hi-tech) rappresentano il 30% del PIL mondiale. La formazione (dalla scuola materna all’università) rappresenta almeno il 6-7% del PIL mondiale. A questo si aggiunge un altro 8-10% rappresentato dalla Sanità e che è quasi per intero fondata sulla medicina scientifica e l’alta qualificazione. La cultura e la formazione nel suo complesso rappresentano quindi il 50% circa del PIL mondiale. È evidente pertanto che è necessario sviluppare politiche e azioni adeguate per intercettare parte di questo flusso con sistemi innovativi e creativi.
È per questo che una delle strade per rendere più forte l’Università italiana – forse, la strada principale – è l’apertura al mondo esterno, alle imprese, al settore pubblico, agli organismi di ricerca privati e pubblici, agli investitori. Nel perimetro di ogni Ateneo vivono, infatti, competenze, professionalità, idee, progetti, prodotti che – se indirizzati “verso il mondo” – possono avere un valore enorme e a oggi nascosto: un valore di “reputazione”, un valore economico, un valore di miglioramento della vita di tutti. Chiudere queste competenze nei confini del Campus e non saper valorizzare e trasferire il lavoro di innovazione e di produzione di conoscenza è una grave mancanza e una perdita di opportunità rilevanti.
“Terza Missione” significa dunque mettere in relazione “scienza” e “società”, incoraggiare il dialogo tra le parti, valorizzare il territorio di riferimento e consolidare il network degli attori che in tale territorio operano.
E ancora, “terza Missione” significa realizzare un collegamento tra il mondo della formazione universitaria con quella scolastica e con il mondo del lavoro, in modo da assicurare alle aziende ed alla società civile di reperire sul territorio le competenze di cui necessitano, garantendo ai giovani un corretto orientamento per il proprio inserimento (placement) nel mondo del lavoro.
In questo senso, l’Università deve anche diventare un partner vero del mondo economico e delle aziende, essere riconosciuta nelle sue potenzialità, deve poter esprimere le proprie competenze oltre il proprio “fossato”, deve essere capace di diventare soggetto ricercato per collaborazioni scientifiche e professionali (e non organismo alla ricerca affannosa e spesso vana di quattrini). “Accademia” deve tornare ad essere una parola utile, positiva, interessante, conveniente. “Sinonimo” di creatività, di partecipazione,di luogo di incontro di idee e necessità dal punto di vista sociale ed economico.
Si tratta dunque di un ambito in cui occorre investire sensibilmente e con determinazione, affinché le nostre politiche di ricerca e di innovazione possano fare un decisivo passo in avanti.
La valorizzazione dei risultati di queste attività, all’interno di un contesto di trasferimento delle migliori tecnologie e delle migliori pratiche, è una possibile chiave di successo per garantirne lo sviluppo nei prossimi anni.
Questa condizione si raggiunge con una organizzazione universitaria che faccia dialogare l’Industria e l’Università per sviluppare obiettivi di ricerca industriale e ricadute economiche condivise. Il modello è quello dello scambio continuo tra le due entità, con l’attenzione da parte di chi “guida l’auto” di cercare la strada giusta da intraprendere e da perseguire. Le conoscenze e le competenze presenti nelle Università non sono, infatti, facilmente fruibili per l’applicazione industriale perché sono state generate finalizzandole alla ricerca scientifica e non alla ricerca industriale. I ricercatori universitari devono assumere consapevolezza e innestare la capacità di applicare il metodo scientifico alla ricerca industriale. Questa è la chiave del successo della terza missione!
L’ANVUR ha recentemente promosso un dibattito per discutere i possibili indicatori di terza missione in una prospettiva di sperimentazione. In questo modo si cerca di rendere valutabile l’attività di terza missione degli Ateneinon solo in riferimento alla valorizzazione della ricerca (brevetti, spinoff, ricerca conto terzi, infrastrutture territoriali) ma anche all’impatto sulla società (rapporti scienza società, civic engagement, beni culturali, salute). Questo è certamente positivo nell’ottica di sostenere l’attività di terza missione degli Atenei e stimolarne lo sviluppo.
Terza missione culturale e sociale
Di seguito proponiamo a titolo di esempio alcuni Servizi, Interventi educativi, attività erogabili dagli Atenei ed aventi impatto sociale e culturale valutabile anche attraverso indicatori quali:
– Numero di interventi;
– Numero di partecipanti;
– Valutazione dell’impatto sul territorio (per esempio: possibilità che l’Intervento si ripeta negli anni, cioè divenga un punto fermo dell’Ateneo nel contesto sociale sul quale esso insiste, piuttosto che un evento singolo organizzato dall’università “furbetta” per acquistare punteggio);
– Risultati di impatto sociale: miglioramento della qualità della vita per i cittadini e tipologia e quantità di servizi o prodotti a supporto delle istituzioni.
Ogni tipo di intervento può prevedere due diverse modalità.
– Erogazione diretta al cittadino;
– Erogazione indiretta: in tal caso l’intervento si rivolge ad insegnanti, educatori, ecc. che dovrebbero poi riportare nelle rispettive realtà quanto appreso. La presenza degli insegnanti di vario ordine e grado potrebbe essere incentivata se il Ministero assegnasse dei “punteggi” alle scuole (come forse in parte già avviene) in base alle partecipazioni.
Se la “terza missione” diviene un obiettivo degli Atenei, in quanto incentivato dal Ministero e valutato dall’ANVUR, ogni Intervento dovrà essere pubblicizzato dettagliatamente e con congruo anticipo presso la popolazione: per es. con sito WEB dedicato, newsletter che raggiunga via mail gli interessati (immaginiamo, per esempio, degli iscritti gratuitamente ad un “Programma Terza Missione Tor Vergata”) e, per interventi selezionati, anche a mezzo stampa.
Naturalmente è importante che tutti gli eventuali Servizi ed Eventi offerti al cittadino dall’Ateneo nel campo del culturale e del sociale non si collocano in contrapposizione o concorrenza con strutture od Enti – pubblici e privati – già presenti sul territorio locale sul quale insiste l’Ateneo come, centri ed agenzie di Servizi, teatri, consultori familiari, ONLUS, parchi, musei e biblioteche comunali. Al contrario le Università, ponendosi come polo attrattore nel territorio, senza soffocare la “pluralità di voci” di questi Enti o Strutture, dovrebbero entrare in sinergia con essi, (per es. mettendo a disposizione spazi e competenze accademiche, ma anche sfruttandone esperienze pregresse, capillarità di diffusione nel tessuto sociale ecc.).
Possiamo suddividere le attività di terza missione nelle seguenti macroaree:
Qualità della vita delle persone
– Servizi al cittadino
– Supporto ai cittadini nella verifica della qualità dei servizi
– Trasferimento di conoscenza sulla qualità dei servizi e prodotti
– Servizi alle comunità di persone
– Servizi socio-sanitari
Qualità dei prodotti e dei servizi delle piccole e medie imprese
– Consulenza esperta
– Certificazione e validazione di dati, processi e informazioni
Trasferimento di idee e risultati innovativi
– Risultati economici sui soggetti terzi coinvolti (per es.: ricchezza creata dallo sviluppo e trasferimento di idee innovative) quali spin-off, start-up e imprese innovative.
– Condivisione di ambienti di sperimentazione e validazione di idee di prodotto e brevetti con soggetti esterni
– Qualità e quantità del trasferimento tecnologico, tipologia delle infrastrutture condivise, originalità e operatività degli ambienti di sperimentazione risultati delle attività di ricerca.
Sperimentazione di modalità innovative di interazione tra cittadini e comunità professionali
– strutture sanitarie
– formazione continua
– e-partecipation
Diffusione di idee ed eventi artistico-culturali
– Integrazione di meccanismi di comunicazione multimodali per divulgare, interessare, sensibilizzare su argomenti a carattere etico-sociale
– Promozione della cultura scientifica e dei suoi risultati
– Promozione e diffusione della cultura umanistica e dei suoi risultati
Alcuni esempi di altre specifiche azioni di terza missione:
1. Salute e prevenzione delle più diffuse patologie (solo alcuni esempi)
– Screening della popolazione con metodi non o poco invasivi (esempio: postura scorretta e dismetrie della colonna, odontoiatria, oftalmologia);
– educazione dei cittadini di mezza età o dei loro parenti ad un corretto stile di vita in età geriatrica;
– Educazione Alimentare: Prevenzione del diabete e dell’obesità sin dall’età infantile,…;
– Sensibilizzazione attraverso attività mirate a sui danni causati dalle droghe, dall’alcool, dal tabacco, …
– Counselling psicologico soprattutto per le fasce più deboli
– Servizi di consulenze volontarie
– Sensibilizzazione all’uso delle nuove tecnologie sulle potenzialità e i rischi: le nuove opportunità derivanti dalle comunità virtuali a livello culturale, sociale ed economico nonché le cautele da adottare e i pericoli connessi alla protezione dei minori, cyber crime, protezione dei dati personali, bullismo attraverso social network, …
2. Diffusione delle arti e della cultura
– Progetti teatrali incentivazione alla partecipazione a corsi di teatro. Penso per esempio a sinergie con teatri medio/piccoli nel territorio
– Cinema d’essai, per la riscoperta di autori ma anche per il lancio di giovani (autori, registi, montatori, scenografi ecc.) delle scuole di cinematografia.
– Concerti (con “ospiti di richiamo, ma anche con musicisti da lanciare) e festival di sperimentazione
– Incentivo alla pittura ed alle arti figurative: mostre di pittori emergenti, concorsi, fiere del libro ecc.
– Eventi in difesa delle tradizioni culturali (nella doppia ottica di preservazione dei tesori culturali italiani (anche orali), e del rafforzamento dell’interculturalità
– Visite organizzate alle aree archeologiche; intervento per i più giovani
3. Integrazione dei cittadini appartenenti alle fasce di popolazione più deboli e pari opportunità
– Interventi a favore dei disabili (non solo gli studenti!), e corsi di formazione ai parenti sui diritti e sulle modalità per migliorare le qualità della vita
– Counselling psicologico
– Corsi per una migliore integrazione degli stranieri da poco in Italia
– Interventi per rafforzare e creare iniziative a supporto nella società al ruolo della donna e soprattutto delle mamme.
4. Educazione alla Cultura dell’ambiente ed allo sfruttamento delle risorse naturali
– Creazione e/o mantenimento e/o ristrutturazione di Orti botanici, parchi naturali, e musei di scienze naturali, acquari, ecc.
– divulgazione scientifica raccordata con metodi nuovi ai musei, ed ai parchi, nonché ai corsi di studio di agraria, di scienze naturali, di biologia ecc.
– Educazione alla cultura del mare della montagna, ecc. (a seconda del territorio di riferimento dell’Università)
– Educazione alla sostenibilità, alle fonti rinnovabili, al riciclaggio (promozione di visite organizzate ed eventi anche per i più piccoli)
5. Educazione del cittadino e Sviluppo urbano
– Educazione civica e stradale
– Prevenzione del fenomeno del bullismo
– Educazione Alimentare
– Educazione alle norme igieniche come strumento di prevenzione
– Norme basilari di Prevenzione e Protezione (nelle case, nei luoghi di lavoro
– Educazione alla prevenzione degli incendi e di altri disastri ambientali
– Corsi (rivolti soprattutto ai piccoli) per l’educazione all’amore per la propria città o paese: l’educazione alla pulizia, al rispetto delle cose pubbliche, ecc.
– Concorsi su progetti per lo sviluppo urbano (rivolto per esempio a laureandi in architettura, ingegneria, belle arti)
6. Educazione alla cultura dello sport
– Eventi con premiazione di campioni dello sport e del fair play
– Festa dello sport, per le famiglie, e per le scuole
– Messa a disposizione a prezzi sostenibili (per esempio sconti agli iscritti al Programma “Terza Missione”) di strutture di Ateneo come stadi e piscine
– Corsi sulla prevenzione attraverso una sana cultura sportiva
7. Editoria, audiovisivi e multimedia
– Creazione di piccole case editrici “di Ateneo” o supporto alle esistenti che, previa selezione, stampino in piccola tiratura opere di autori emergenti, allo scopo di lanciare giovani
– Canali radio e/o TV locali, tematici, per la divulgazione e l’informazione (avrebbero forse pochi ascoltatori, ma sarebbero fucina per le scuole di giornalismo, di musica ecc.)
– Progetti sperimentali per la formazione, lo sviluppo e la creazione di strumenti multimediali innovativi e per la progettazione di nuovi contenuti che tengano conto dei nuovi linguaggi di comunicazione.
8. Alfabetizzazione Informatica
– Corsi divulgativi per la creazione di siti web e dei più comuni linguaggi per la gestione degli stessi
– Erogazione della patente europea, o meglio delle sue “evoluzioni”
– Corsi per l’educazione alla navigazione ed alla comunicazione via Internet,
– Corsi di “etica della rete”, ovvero aiutare le persone a capire la complessità di internet, con i suoi rischi e pericoli, ma anche con gli aspetti positivi in termini di opportunità. Ciò anche al fine, ad esempio, di prevenire il bullismo informatico, anche attraverso indicazioni alle famiglie degli adolescenti
9. Divulgazione scientifica
– Divulgazione scientifica (corsi sugli argomenti più attuali e controversi) con workshop tematici aperti ad ogni tipo di audience;
– Divulgazione attraverso canali TV locali, oppure attraverso internet e social network, (in modalità on-line e off-line);
– creazione di piccoli musei/aree gioco per i più piccoli per avvicinarli alle scienze con divertimento
Nell’ultimo rapporto VQR dell’ANVUR la terza missione delle Università è stata catalogata nel settore “Altre Attività” non qualificabili come attività conto terzi. E’ interessante osservare come in questo report siano state compilate 8145 schede da 63 università (su un totale di 95 partecipanti) e 689 schede da 15 centri di ricerca (su un totale di 39). L’ampiezza dell’indicatore ha fatto sì che diventasse un contenitore di attività di ogni genere, e, pertanto, i dati non sono oggettivabili e valutabili. E’ necessario quindi procedere alla ricodifica delle attività con l’obiettivo di creare macroaree specifiche di Terza Missione, che contengano al loro interno una serie di descrittori che agevolino la ricodifica e quindi la valutazione da parte dell’ANVUR.
Possibile metodologia per una valutazione
La terza missione si pone l’obiettivo di valorizzare il ruolo dell’università con il resto della società. Bisogna quindi partire dalla matrice originale che è alla base dell’idea di università per non snaturare la sua missione o prospettare soluzioni artificiose. Il ruolo dell’università nella terza missione è quello di svolgere in modo organico e strutturato un’attività di trasferimento delle conoscenze ad alto impatto economico e sociale. Il trasferimento tecnologico è una di queste attività e, come vedremo, va inquadrato nel ciclo di vita che porta da un’idea di ricerca a una soluzione che modifichi i processi di natura tecnologica con il relativo impatto economico e sociale.
Tre elementi devono essere tenuti presenti:
1) la capacità di produrre idee originali o di integrare conoscenze tra loro eterogenee, dando ad esse un valore nuovo
2) comprendere quali processi economici e/o sociali possono essere migliorati e/o razionalizzati da uno o più di questi elementi
3) garantire credibilità all’istituzione “Università” nei confronti del territorio, sia ponendosi come soggetto educatore, sia ponendosi come struttura che vive nella realtà, condividendo le conoscenze e le esperienze delle strutture economiche e sociali che la circondano e con le quali l’università deve costruire un virtuoso luogo di condivisione di conoscenze.
Da tutto ciò si può creare, attraverso appositi strumenti e metodologie, il processo base della terza missione: si parte da un’idea di valore (ricerca) e da una sua opportunità di applicazione – scoperta attraverso la condivisione di conoscenze con la società civile – fino ad arrivare allo sviluppo di una soluzione innovativa che può avere, nella sua applicazione, un valore economico rilevante e un impatto sociale in grado di migliorare la qualità della vita delle persone.
La terza missione si vuole porre così un obiettivo di natura strategica per il futuro dell’Università: dalla formazione e dalla ricerca per arrivare ad influire positivamente sulla società con iniziative e soluzioni che creino valore.
Come dimostrato, sul piano internazionale, dalle molte e rilevanti esperienze di altre università anche di assoluto prestigio, si deve prima di tutto tener conto del fatto che raggiungere obiettivi significativi e misurabili è un compito molto difficile. Questa è la nuova sfida che le università di tutto il mondo si trovano oggi ad affrontare. Un singolo esempio a puro scopo evocativo può far comprendere come la stessa interpretazione dell’idea di terza missione richieda uno sforzo creativo: la necessaria protezione della proprietà intellettuale dell’Ateneo e della possibilità di valorizzare a livello economico brevetti e scoperte scientifiche, si scontra con la necessità di condividere queste conoscenze per poter meglio verificare sul campo il loro potenziale applicativo. D’altro canto, va detto in modo chiaro che, se l’università non può trarre un vantaggio economico dal proprio lavoro creativo e può esserne addirittura espropriata, allora bisogna tornare ad un ruolo per l’università di “ente assistito” che, oltre a mortificarne il potenziale creativo, è fuori dagli obiettivi richiesti all’università dai policy makers e dall’evoluzione economica e sociale.
E’ necessario più che mai che, per valutare l’impatto delle attività di terza missione dell’Università, siano i risultati raggiunti ad essere misurati, dove per risultati si intende:
– capacità organizzativa dell’ateneo nel realizzare le attività di terza missione;
– risultati tangibili delle attività misurati in termini di:
1) componenti della società coinvolte nei processi di innovazione o di miglioramento della qualità della vita delle persone,
2) rilevanza economica delle soluzioni trasferite,
3) impatto su standard e tecnologie esistenti a livello nazionale e internazionale.
Si cita un esempio concreto: l’invenzione degli algoritmi e dei motori di ricerca non soltanto ha cambiato importanti componenti del mercato, permettendo la crescita di aziende altamente innovative in settori nuovi, ma ha anche aperto nuove linee di ricerca dando vita e delle aree di ricerca totalmente nuove, sostituendo o modificando le aree pre esistenti, e, non da ultimo, l’indiscutibile impatto sociale.
L’Università è chiamata quindi ad uscire dalle sue stanze del sapere, a fare lo sforzo di creare, se già non lo ha fatto, un rapporto privilegiato con il territorio e la società nel quale si trova. Questo rapporto dovrà essere non più unilaterale, ma, per creare il vero valore aggiunto della terza missione, dovrà essere una modalità flessibile, dinamica e strutturata di scambio di conoscenze ed esperienze con la società civile nell’ottica della reciproca crescita.
In particolare, l’Università deve essere per i giovani un punto di riferimento, non solo culturale, ma anche sociale.
Si deve fare lo sforzo di creare, prima di tutto all’interno dell’Università, lo spirito della terza missione, mettendo a fattor comune i risultati di ricerca, individuando le proprie “eccellenze”, identificando le opportunità e dando ad ognuna la giusta collocazione attraverso un modello organizzativo trasversale rispetto alle realtà amministrative e di ricerca attuali.
Semplicità e flessibilità devono essere alla base di tutti i processi organizzativi in gioco.
L’individuazione di un’opportunità, come già accennato, è la verifica dell’efficacia dell’applicazione di un’idea nel risolvere un problema o migliorare una soluzione esistente in un contesto sociale reale.
Resta chiaro che ciò non vuole tralasciare tutto quello che è stato fatto, anzi, uno degli scopi è proprio quello di far convergere con azioni di coordinamento tutte le realtà esistenti all’interno di un ateneo (uffici amministrativi, dipartimenti, spin off, ecc.) verso l’obiettivo strategico che l’Università si pone con la terza missione.
L’importanza di una Infrastruttura operativa dedicata
Per il raggiungimento dell’obiettivo strategico della terza missione dell’università, è necessario, a nostro avviso, la creazione di una infrastruttura operativa dedicata alle attività di terza missione. Questa infrastruttura dovrà comprendere le componenti dell’ateneo che sono maggiormente coinvolte: gli uffici amministrativi, i tecnici, i docenti e i ricercatori e coloro che sono i veri protagonisti e che possono e devono avere un ruolo importante, gli studenti.
In primo luogo questa infrastruttura avrà il difficile compito di individuare, raccordare, valorizzare e coordinare i Progetti e le iniziative esistenti all’interno di un ateneo. Insieme a ciò, dovrà avviare progetti e iniziative nuove che rispecchino le eccellenze proprie dell’ateneo e della realtà sociale, culturale ed economica in cui quella università si muove.
Sarà importante a questo punto la realizzazione di alcuni progetti strategici ben definiti e di riferimento per la messa a punto della infrastruttura operativa che colgano sin da subito ed in pieno lo spirito della terza missione e diventivo il modello di riferimento per progettualità future.
E’ necessario definire e condividere un piano strategico delle attività di terza missione che un ateneo vuole portare avanti con tempi e obiettivi precisi.
Ogni attività di terza missione avrà dunque un ciclo di vita che parte dalla individuazione di idee per arrivare alla creazione di prodotti e/o servizi utili ai cittadini, alle istituzioni, alle realtà imprenditoriali e più ancora alle persone.
Un ultimo aspetto da non trascurare ma molto importante per arrivare al raggiungimento degli obiettivi è quello di definire, all’interno dell’infrastruttura operativa, un piano mirato di comunicazione e marketing verso l’esterno molto innovativo ed efficace, proprio per informare e coinvolgere le realtà sociali e spingere alla partecipazione. L’Università non deve essere comunicato come un luogo auto referente e “noioso”, ma come un luogo dove saperi si formano, si trasformano e si condividono in modo creativo, libero e proiettato in modo concreto verso il futuro.