La scuola internistica di Alessandro Beretta Anguissolan.61, 2014, pp.2760-2762

Alessandro Beretta Anguissola nacque a Travo (Piacenza) il 22 Dicembre 1913. Compì gli studi classici a Firenze ove si laureò nel 1936, non ancora ventitreenne, con il Prof. Pio Bastai che seguì, nel 1939, come giovane assistente alla Clinica Medica di Padova. Crebbe scientificamente, insieme al Prof. Gino Patrassi, nell’ateneo patavino sino al 1950 quando seguì il Maestro Bastai alla Clinica Medica di Torino. Nel 1951 vinse la cattedra di Patologia Medica di Sassari dove fu raggiunto da Gian Franco Dal Santo e da Francesco Saverio Feruglio dando così il via alla creazione della Scuola. Quando poi nel 1956 venne chiamato a dirigere la Patologia Medica di Perugia si trasferì nel capoluogo umbro con al seguito gli  allievi sassaresi Salvatore Campus, Giuseppe Pino e Baingio Migheli. Nel trasferimento successivo del 1959 alla Patologia Medica di Torino lo seguirono anche Carlo De Martinis, Livio Chiandussi e Franco Pupita. Il gruppo che arrivava quindi a Torino, già consistente come numero e decisamente valido per potenzialità, si arricchiva innanzitutto di alcune personalità cliniche già presenti ed appartenenti alla scuola di Giulio Cesare Dogliotti come Vincenzo Prato, Vinicio Nazzi, Dario Indovina, Giorgio Bert e Guglielmo Pandolfo. Nel giro di pochissimi anni poi si inserirono  altri giovani,  sia provenienti da altre università italiane, come Ettore Bartoli, Renato Lauro, Piero Zardini e  Paolo Russo, e sia neolaureati “torinesi” come Fabrizio Fabris, Domenico Fonzo, Eugenio Uslenghi, Alessandro Rappelli, Valerio Gai e Lucetta Gastaldi solo per citarne alcuni fra quelli che assistettero sin dall’inizio al formarsi del “gruppo”. Dopo essere stato Preside della Facoltà di Medicina e membro del Consiglio del CNR, nel 1972 il Prof. Beretta Anguissola fu chiamato a Roma alla IIa Clinica Medica sino ad allora diretta dal Prof. Cataldo Cassano dal quale ereditò gli allievi essendo stato seguìto a Roma, degli allievi torinesi, soltanto da Renato Lauro. Oltre ad essere stato Presidente della Società Italiana di Medicina Interna, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Presidente dell’Istituto di Medicina Sociale, il Prof. Beretta Anguissola diresse la 2° Clinica Medica fino al 1984, quando fu collocato fuori ruolo. Egli, tuttavia, continuò a seguire le problematiche universitarie e sanitarie nazionali nonchè quelle dei suoi allievi sino alla morte che lo colse a Fano nel Luglio del 2002.

La  Scuola del Prof. Beretta Anguissola ha avuto ed ha tuttora una connotazione scientifica in larga misura orientata alle malattie cardiovascolari ed endocrino metaboliche. Già durante il periodo perugino il Prof. Beretta diede alle stampe il volume “Malattie dell’apparato cardiocircolatorio” e nei primi anni del periodo torinese l’impegno scientifico dell’Istituto di Patologia Medica fu condensato nella Relazione “Fisiologia della circolazione viscerale distrettuale” al 64° Congresso della Società Italiana di Medicina Interna. Ma fu proprio a Torino che l’Istituto di Patologia Medica vide nascere e svilupparsi numerosi gruppi di ricerca nei vari campi della Medicina Interna: il filone gerontologico-geriatrico con Francesco Saverio Feruglio poi seguito da Fabrizio Fabris, Mario Molaschi e Carmine Macchione; quello endocrino metabolico con Carlo De Martinis, Renato Lauro, Domenico Fonzo e Renato Doglio, quello ematologico con Vincenzo Prato, Umberto Mazza ed Eugenio Gallo, quello nefrologico con Franco Pupita ed Ettore Bartoli, quello di immunologia clinica con Giorgio Bert, Anna Massaro e Donatella Lajolo, quello pneumologico con Giuseppe Pino, Ambrogio Chiesa, Luigi Balbi, Giuliano Ciappi ed Alessandro Dolcetti, quello epatologico con Livio Chiandussi, Luigi Cesano, Gianfranco Sardi  e successivamente Mario Rizzetto ed infine nell’ambito cardiovascolare la creazione di una delle prime Unità Coronariche in Italia affidata a Salvatore Campus e successivamente a Piero Zardini ed il contributo alla nascita e crescita della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa da parte di Salvatore Campus e Alessandro Rappelli a loro volta seguiti poi da Nicola Glorioso, Paolo Dessì Fulgheri, Paolo Madeddu, Riccardo Sarzani, Franco Veglio, Paolo Mulatero e Leonardo Sechi per citare i più conosciuti anche a livello internazionale.

Dal primo nucleo di allievi arricchito da quelli torinesi è iniziata all’inizio degli anni ’70 la ramificazione della Scuola  con gli insediamenti accademici di Feruglio prima a Torino e poi a Trieste, di De Martinis e Russo ad Ancona di Campus a Sassari dove si affermarono anche Rappelli, Chiandussi e Bartoli, Zardini in cardiologia a Verona ed il trasferimento del Professor Beretta a Roma con Lauro. Negli anni ’80 poi, dopo il collocamento fuori ruolo del Maestro, ci furono vari spostamenti di De Martinis a Roma, Chiandussi a Torino, Rappelli ad Ancona e Bartoli ad Udine e successivamente a Novara. Nel frattempo altri allievi raggiungevano l’ordinariato come FabrizioFabris in Geriatria, Mario Rizzetto in gastroenterologia, Umberto Mazza in ematologia a Torino, Lauro a Roma ove divenne prima Preside e poi Rettore a Tor Vergata. Numerosi poi gli allievi di seconda generazione che hanno raggiunto posizioni accademiche di vertice nelle varie sedi. La figura che rappresenta l’albero genealogico della Scuola riporta, per ragioni di spazio,  solo i nominativi dei professori di prima fascia ma molti sono quelli di seconda fascia nonché i primari ospedalieri che costituiscono una grande famiglia che ha contribuito significativamente all’affermazione della Medicina Interna e delle sue branche in Italia e all’estero.

Il Prof. Beretta Anguissola era una personalità ricca di fascino, sicuro, sorridente, elegante nel tratto, nel portamento, nel porgersi agli altri, nell’incedere, nel gestire, nobile nel portamento, nel distacco che lasciava trapelare, senza volerlo, un senso di superiorità vissuta con leggerezza, senza pompa o prosopopea, con un modo di fare che induceva rispetto. Le sue lezioni di Patologia Medica erano sempre affollatissime e seguitissime per la chiarezza espositiva e per la capacità di collegare la fisiopatologia con la spiegazione dei segni e sintomi in una visione clinica moderna e ragionata.

Sua grande passione e motivazione era poi la Ricerca Scientifica, l’Istituto inteso come promozione della Scienza e della formazione. Vide immediatamente la discrepanza fra i dati, originali e innovativi, ottenuti sul circolo coronarico, e la limitatezza della loro diffusione, che avveniva prevalentemente a livello nazionale. Capì lucidamente come fosse urgente la transizione verso l’Inglese, il nuovo latino scientifico. Perciò, incoraggiò ed aiutò gli allievi ad andare in Inghilterra e negli Stati Uniti, per poter operare il salto di qualità verso la proiezione internazionale della Ricerca. Fu così che Chiandussi, Campus, Zardini, Rappelli, Chiesa, Cesano, Fonzo, Sardi, Gallo, Lauro, Rizzetto, e tanti altri andarono all’estero e riuscirono ad imprimere la svolta voluta dal Maestro al loro ritorno in Istituto, che si affacciò quindi al palcoscenico della Ricerca Internazionale.

In corsia sapeva mettere i malati a proprio agio e conquistarne la fiducia dimostrando che i pazienti non vogliono parolone, spiegazioni tecniche, statistiche, probabilità, cercano un Medico del quale avere fiducia, e questa uno se la gioca nei primi due minuti del contatto. Il Prof. Beretta questa consapevolezza la aveva innata, e in due minuti sapeva conquistare la fiducia, la stima, il rispetto del paziente. Non cercava diagnosi astruse o improbabili per stupire, ma atteggiamenti concreti che aiutavano.

La Sua vera opera, di Docente, di Medico, di Ricercatore, di Manager della Ricerca e del progresso, si svolse a Torino.

Fu a Torino che impostò lucidamente un progetto e lo perseguì, controcorrente, tra i contrasti, con una serenità che simulava un apparente distacco, mentre nascondeva, perché irrituali in un aristocratico, le virtù contadine: la tenacia, la convinzione, la continuità, la costanza con cui portava avanti il suo progetto, forte della fede nel progresso, nella convinzione di poter migliorare uomini e cose tramite l’educazione, la ricerca, l’intelletto, la pietas intesa come umanità verso i malati. Non si lasciò mai scoraggiare dalle avversità, perché era terribilmente realista, perseguiva obiettivi e tappe raggiungibili, e non mollava finché non le avesse raggiunte, senza farsele più scappare. Sapeva coniugare il sogno con obiettivi realisticamente conseguibili, con praticità e prammatismo. Vedeva lucidamente il percorso, e lo seguiva rispettandone le tappe e le scadenze.

Se ne andò da Torino, dove aveva dato tutto, perché colpito nell’autostima, nella persona, nell’impegno che sentì degradato da una indagine insensata quanto violenta ed accanita, che finì, come doveva finire, nel fatto non sussiste.

A Roma ottenne gli onori tardivi della senescenza, la Presidenza del Consiglio Superiore di Sanità, dell’Istituto di Medicina Sociale, della Medicina Interna.

Ebbe gli attestati, i riconoscimenti, le croci da cavaliere.

Il Professore non ebbe figli. I figli di Beretta sono stati i suoi allievi. Ha voluto bene loro come un padre, come un padre li ha motivati, educati alla Scienza ed alla professione, li ha aiutati, indirizzati, incoraggiati, temprati alla tenacia, all’impegno, alla intellettualità, allo studio, all’intraprendere un percorso, a seguire un disegno, prefigurarsi obiettivi che avessero valore per sé, per la comunità, per la patria, per il malato, per le generazioni a seguire.

Come un padre, quando furono maturi, li fece camminare con le loro gambe, perché scegliessero la loro strada e la percorressero liberamente.

Come tutte le persone veramente intelligenti, non tenne mai alcuno al guinzaglio, certo della superiorità della libertà.

Ha creato una Scuola, una Scuola medica, un percorso scientifico comune fatto di percorsi individuali convergenti nel valore comune della ricerca, dell’innovazione e del futuro.

Questa Scuola ha impresso soprattutto a Torino l’orma lasciata dal Maestro, ne ha seguito la traccia, ed ha fatto parte attiva del tessuto sociale delle città ove è stata presente con Ricercatori, Primari, Docenti, professionisti che hanno contribuito al progresso ed all’affermazione della Scienza e della Sanità ed ha lasciato testimonianze, idee, risultati, contributi in campo nazionale ed  internazionale, dove hanno ottenuto riconoscimenti e attenzione.

Il maestro ebbe fede nella vita, nel progresso, nella Scienza, nell’uomo, ed i suoi allievi hanno continuato quella fede e quell’impegno, che seguirà in altri, che manterranno viva la curiosità intellettuale, il piacere di migliorarsi, di sacrificarsi, di credere nel perfettibile, di avere un fine, di volere che l’individuo, la nazione, l’uomo avanzino intellettualmente.

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