Proposta di Codice di comportamento del Docente Tutor e dello Studenten.55, 2012, pp.2465-2474, DOI: 10.4487/medchir2012-55-6

Abstract

A proposal for a medical teacher and undergraduate student code of conduct during clinical learning was elaborated and approved by the Italian Council of Medical Courses Degrees and Italian Council of Medical Faculties. The code of conduct serves to educate students to become compassionate, thoughtful and skilled members of the medical profession. On the other hand, the code of conduct for teachers need to be aware of their important role in training future physicians. The code requirements are also in place to ensure the safety of patients. Ethics of commitment, responsibility and mutual respect as well as professionalism principles are the main rules of the proposed code of conduct.

Articolo

La Conferenza Permamente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, nell’ambito del Forum “Etica della Docenza” (Padova, 12 Aprile 2012), ha approvato il testo di un codice di comportamento del docente tutor e dello studente iscritto ai Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia nello svolgimento delle attività didattiche cliniche tutoriali. Successivamente, tale codice è stato anche pienamente condiviso ed approvato dalla Conferenza Permanente dei Presidi delle Facoltà/Scuole di Medicina e Chirurgia (Roma, 19 Aprile 2012).

La proposta origina da una bozza discussa ed approvata dal Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia della Facoltà di Medicina e Psicologia (Roma, 31 Gennaio 2012). Successivamente, tale proposta, rielaborata ed emendata, è stata portata in discussione nell’ambito delle due Conferenze nazionali ed approvata da entrambi.

Il Forum sull’Etica della Docenza ha fatto seguito ad un “atelier pedagogico” tenuto sullo stesso argomento (Parma, 19 Novembre 2011), promosso dal Gruppo di Studio “Innovazione Pedagogica” della Conferenza dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, coordinato da Pietro Gallo. Nell’Atelier e nel Forum sono state discusse ed elaborate alcune proposte, ed attivati i relativi laboratori di approfondimento, riguardanti i problemi etici nell’insegnamento, l’etica delle relazioni interpersonali tra gli attori della didattica, i problemi etici nella valutazione dell’apprendimento e l’etica dell’organizzazione e della programmazione. Da parte dei quattro laboratori sono in corso di elaborazione proposte concrete di rinnovamento e di riorganizzazione in sintonia con la forte necessità del discorso etico nella pedagogia medica (Familiari et al., 2012).

Questo documento costituisce, pertanto, il primo di una serie di “codici di buone norme”, che verranno posti all’attenzione dei docenti e degli studenti i quali dovranno essere ben preparati ad assicurare la cura della salute del prossimo futuro.

Il Codice di Comportamento

1. Premessa

Un reale rinnovamento curriculare e organizzativo del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia non può prescindere da un impegno forte e costante dei docenti e degli studenti, all’interno di una vera e propria comunità educante che sappia condividere uno spirito di piena collaborazione nell’interesse superiore del doversi prendere cura di una persona e del suo pieno benessere psico-fisico e sociale. Docenti e studenti, insieme, debbono pertanto condividere intenti, valori e doveri nello svolgimento delle attività tutoriali condotte all’interno delle strutture assistenziali e del territorio.

2. I fondamenti etici

L’etica come base di azione del docente e dello studente

La comunità accademica si dovrà avvalere di docenti che siano consapevoli della loro missione ed osservino nel loro comportamento professionale l’etica dell’impegno, l’etica della responsabilità, l’etica della comunicazione, e l’etica della relazione; la dialettica tra le forme etiche troverà il giusto baricentro nella responsabilità, per poter essere organicamente costruttiva.

L’etica dell’impegno consisterà nell’assunzione di un compito formativo, nel partecipare attivamente a un processo che deve coinvolgere il docente e l’allievo. Impegnarsi significa collaborare, pianificare obiettivi e darsi compiti.

L’etica della responsabilità vedrà il docente disponibile, efficiente, valutabile, una risorsa per lo studente e per il suo futuro.

L’etica della comunicazione dovrà essere intesa come capacità di ascolto, dialogo, argomentazione, conversazione, che sono la dimensione tipica dell’insegnare.

L’etica della relazione parte dal rispetto e dalla conferma dell’altro come interlocutore paritario (partner). I docenti devono essere testimoni di una relazione costruttiva e rispettosa con gli altri docenti, con tutti i professionisti della salute che collaborano al benessere del paziente, con gli studenti (evitando qualsiasi forma di “didattica per umiliazione”), e con i pazienti. I docenti devono mostrare e insegnare rispetto per il paziente, per la sua persona, e insegnare a vedere in lui un interlocutore competente del processo di cura. I docenti devono presentare gli studenti ai pazienti come futuri membri della professione medica, e responsabilizzarli a collaborare nel loro processo formativo. Gli studenti devono sviluppare una relazione positiva e rispettosa con gli altri studenti (apprendimento cooperativo), con i docenti e i professionisti della salute ed, evidentemente, con i pazienti.

Il Rapporto con il Paziente: norme di etica “essenziale”

Nei rapporti con i pazienti, sia gli studenti che i docenti saranno ispirati ai diritti irrinunciabili dei pazienti stessi. Questi comprendono non solo la salute come diritto umano fondamentale e l’equa distribuzione di tale diritto pianificata dal Governo Nazionale, Regionale e dalle Istituzioni Universitarie e Ospedaliere, ma anche e soprattuto il rapporto individuale con il professionista che sia basato sui principi della beneficenza, della non maleficenza, del rispetto dell’autonomia del paziente e secondo le norme del codice deontologico e quelle più importanti dell’etica sociale.

Questi principi dovranno essere quindi insegnati agli studenti da docenti che dovranno essere modello di comportamento professionale nell’evidenziare, oltre il corretto agire clinico, i diritti dei pazienti con particolare riferimento ai rischi di perdita della dignità personale o della fiducia, soprattutto quando il paziente è confinato all’interno di un reparto di degenza.

Il tirocinio clinico, pertanto, oltre al raggiungimento degli obiettivi clinici specifici del “saper fare” previsti nel core curriculum, assicurerà anche le basi del “saper essere” attraverso una pratica clinica che sappia mettere in evidenza i diritti fondamentali dei pazienti in termini di:

dignità della persona come riconoscimento dei valori individuali di ogni singolo paziente;

rispetto del paziente soprattutto in considerazione della vulnerabilità che accompagna l’uomo ammalato, diminuendone l’autonomia, specie all’interno di un ambiente spersonalizzato come il contesto ospedaliero;

impegno ad agire nell’interesse del paziente, come base fondante della professionalità medica;

corretta informazione del paziente, come base irrinunciabile di ogni decisione di cura della salute, sia per il medico sia per il paziente;

fiducia del paziente, come fiducia nella competenza, integrità, abilità e cortesia del medico e dello studente.

3. Aspetti didattici e pedagogici

Competenza e responsabilità crescenti

Gli studenti iscritti al corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, nel loro percorso formativo e sotto la guida attenta del docente tutore, debbono essere in grado di assumersi un livello crescente di responsabilità di cura del paziente, in accordo con l’accrescersi del loro livello di preparazione teorica e della loro abilità clinica. Gli studenti non possono, in ogni caso, assumersi dirette responsabilità cliniche che eccedano il loro grado di autonomia, così come previsto nell’ordinamento didattico, né sostituirsi impropriamente in azioni cliniche di competenza dei docenti di ruolo o altro personale sanitario del SSN.

Contemporaneamente alle opportunità legate all’incremento delle loro abilità cliniche e di competenza professionale, gli studenti debbono poter avere ampie opportunità di consolidare le loro conoscenze attraverso la concessione di un tempo adeguato per la revisione critica di quanto appreso (il fine del CL è quello di formare un professionista riflessivo), per lo studio autonomo, e per la preparazione delle prove di esame, nonché del giusto tempo libero da dedicare alle attività extrauniversitarie ed alla cura della propria persona.

Obblighi di frequenza

Gli studenti sono tenuti alla frequenza delle attività cliniche per le ore pianificate dal Consiglio di Corso di Laurea. Essi sono inoltre tenuti a rispettare la loro assegnazione ai docenti tutor clinici, così come previsto nell’Ordine degli Studi. L’osservanza della puntualità agli impegni clinici pianificati è obbligatoria per studenti e docenti, ed eventuali eccezioni, da parte di studenti, debbono essere limitate e avere il carattere della circostanza unica o essere seriamente giustificate. Eccezioni da parte dei docenti debbono essere comunicate agli organi di coordinamento del corso ed agli stessi studenti interessati con anticipo, rispetto al calendario degli incontri previsti. L’impegno orario complessivo, pianificato settimanalmente, deve essere congruo con quanto previsto nell’Ordinamento didattico.

4. Per un Codice di condotta dello studente

Gli studenti dovranno, durante la loro frequenza clinica e sotto la guida del docente tutor, sviluppare le capacità per saper condurre una relazione “medico-paziente” competente, che sappia riflettere il livello di pari dignità tra l’uno e l’altro, tenendo conto della naturale asimmetria, sia sul piano della competenza professionale che su quello del diverso coinvolgimento emotivo ed esistenziale. Al termine del loro percorso di formazione clinica, gli studenti dovranno quindi raggiungere la consapevolezza che nel rapporto medico-paziente il nucleo centrale dell’alleanza terapeutica è rappresentato da due elementi fondamentali: competenza scientifico-professionale e disponibilità umana del medico, che dimostra di essere in grado di suscitare la fiducia del paziente, che quindi gli riconosce capacità di cura (cure) e volontà di prendersi cura di lui e della sua malattia (care).

Gli studenti dovranno dar prova del livello di competenza e consapevolezza professionale raggiunto nell’intero periodo della formazione clinica, attraverso la discussione delle esperienze raccolte nel portfolio, una prova pratica che sia oggettiva, strutturata e ripetibile (uso di pazienti simulati e standardizzati, prove bed-side, esame clinico strutturato – OSCE), e l’esame orale.

Nel periodo della formazione clinica gli studenti sono pertanto tenuti al rispetto delle seguenti norme di condotta generale:

Saper rispettare il paziente e l’équipe sanitaria. Lo studente avrà rispetto per gli “altri attori della relazione didattica e di cura”: pazienti, professionisti della salute, docenti e altri studenti. Ogni studente è tenuto a trattare i pazienti con considerazione e pieno rispetto del loro punto di vista, della loro privacy e della loro dignità. In tutte le attività riguardanti la relazione con i pazienti, i colleghi e i docenti, gli studenti agiranno senza alcuna discriminazione che possa riguardare l’identità di genere, l’età, la nazionalità, le etnie, lo stato socio-economico, la razza, l’orientamento sessuale, il credo religioso, la disabilità, la malattia.

Saper essere un efficace e attento comunicatore. Lo studente dovrà sempre tenere bene a mente di essere uno studente e non un medico abilitato alla professione. Dovrà pertanto essere consapevole delle proprie limitazioni e non eccedere dalle proprie prerogative quando si forniscono informazioni ai pazienti. Lo studente accetterà e osserverà strettamente il principio della confidenzialità dei dati che riguardano i pazienti. Lo studente non discuterà dei pazienti con altri studenti o professionisti, al di fuori del proprio reparto clinico, se non in forma del tutto anonima.

Saper osservare e rispettare i regolamenti, le procedure e le linee guida. Lo studente dovrà essere a conoscenza, osservandone il pieno rispetto, dei regolamenti e delle procedure prescritte dall’Università e dall’Azienda Ospedaliera. In particolare, conoscerà le norme e le procedure riguardanti la sicurezza, osserverà gli obblighi sulle prescrizioni vaccinali, e si sottometterà, quando prescritto, alle procedure di accertamento da parte del Medico Competente.

Acquisire un comportamento aperto, chiaro ed onesto. Lo studente non infrangerà la legge per alcun motivo, non avrà per nessun motivo atteggiamenti violenti, o userà la violenza contro altri o agirà disonestamente. Sono assolutamente esecrabili anche i comportamenti truffaldini durante gli esami, che non sono degni della professione medica.

Aver cura del proprio aspetto. Lo studente dovrà avere cura del proprio aspetto, della propria igiene personale e del proprio comportamento che dovrà essere improntato alla modestia, alla sobrietà e ai costumi correnti. L’aspetto dello studente, così come quello del docente, dovrà essere tale da non influire negativamente sulla fiducia del paziente.

Saper agire con prontezza in risposta a qualsiasi problema. Lo studente dovrà immediatamente informare il Responsabile medico del Reparto e/o il docente tutor cui è affidato su qualsiasi tipo di problema personale o del paziente che possa presentarsi e che sia tale da mettere a rischio la propria salute e quella del paziente stesso.  Lo studente è tenuto inoltre a riferire e chiedere consiglio al proprio docente tutor se pensa che altri studenti o medici non abbiano agito correttamente.

Non abusare di alcolici; non assumere sostanze stupefacenti, evitare il fumo di sigaretta. L’abuso di alcolici come pure l’assunzione di sostanze stupefacenti, da parte di docenti e studenti, può comportare rischio grave per i pazienti; le problematiche legate a tali abusi ed ai comportamenti aggressivi e scorretti che ne conseguono possono essere tali da compromettere la futura carriera professionale. Si osserveranno scrupolosamente, parimenti, le leggi vigenti sul divieto di fumo all’interno dell’Ospedale. Anche se non espressamente vietato dalla legge, sarebbe auspicabile evitare il fumo di sigaretta anche negli spazi aperti interni all’Ospedale, nel rispetto dei pazienti che transitano in questi luoghi.

5. Aspetti normativi finali

Si auspica che il presente codice di condotta, approvato dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgia, e dalla Conferenza permanente dei Presidi delle Facoltà/Scuole di Medicina e Chirurgia, diventi parte integrante del Regolamento Didattico dei CLM in Medicina e Chirurgia.

BIbiliografia

G. Familiari, F. Consorti, R. Valanzano, L. Vettore, M. Casacchia, G. Caruso, C. Della Rocca e P. Gallo. Per un insegnamento eticamente fondato nei CLM in Medicina e Chirurgia. Med Chir 54: 2383-2391, 2012.

Cita questo Articolo

Familiari G., Gallo P., Ziparo V. et al., Proposta di Codice di comportamento del Docente Tutor e dello Studente, Medicina e Chirurgia, 55: 2465-2474, 2012. DOI:  10.4487/medchir2012-55-6.

Indagine sulla conoscenza e sull’insegnamento dei Valori della professione medica nel CLM in Medicina e Chirurgia dell’Università di Padovan.55, 2012, pp.2439-2442, DOI: 10.4487/medchir2012-55-3

Abstract

In the doctor-patient relationship, empathy is seen as a “surrogate marker” for a measurable assessment of medical professionalism. The present study was conducted to investigate the awareness of the values of the medical professionalism during the degree course in Medicine and Surgery of Padova. The survey by questionnaire showed rising values of knowledge and skill initially less known and more specific in the medical professionalsim, indicating that the practical experience and / or awareness in the classroom, positively affect the perception of these professional skills.

Articolo

Introduzione

Sin dall’antichità i valori connessi all’esercizio della professione medica e connaturati ad essa sono stati enumerati e definiti dai diversi giuramenti professionali a partire dal Giuramento di Ippocrate1. Col passare dei secoli e con l’evoluzione non solo della professione medica ma soprattutto delle realtà sociali, i valori enunciati come fondanti e imprescindibili in tali “voti” professionali sono andati progressivamente modificandosi2,3,4,5. Di recente le maggiori organizzazioni mediche nel mondo hanno prodotto aggiornamenti e chiarificazioni circa il significato del professionalismo in medicina4.

Dalla revisione dei documenti prodotti dalle Associazioni Mediche Europee6 e Statunitensi7, emerge come sempre maggior risalto venga dato alla relazione medico-paziente8, in quanto diversi studi, nel corso degli anni, hanno dimostrato come l’empatia, in particolare, possa rappresentare una sorta di “marker surrogato” per una valutazione misurabile del professionalismo9,10.

Tali studi sono tuttavia stati condotti prevalentemente nel post-lauream 10,11,12,13,14.

Scopo di questo studio è stato pertanto quello di considerare lo studente di medicina come “sensore”/”accettore” dei valori del professionalismo, così come comunemente definiti15,16 durante il Corso di Laurea (CL) con l’obiettivo di indagare, oltre alla consapevolezza dei valori della professione medica, la percezione come importanza e come grado di insegnamento ricevuto nelle lezioni durante il corso di laurea  e i metodi suggeriti per un eventuale approfondimento degli stessi.

Materiali e metodi

Lo studio è stato condotto tra Maggio e Giugno 2010 presso il CL di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Padova, in collaborazione con l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Padova. Sono stati coinvolti 423 studenti (254 femmine e 169 maschi), dei quali 200 del 1° anno di corso, 101 del 4° e 102 del 5°. Gli studenti del 1° anno sono stati considerati naïve rispetto all’insegnamento e alla crescita personale e permettono di fotografare le caratteristiche e le aspettative iniziali di coloro che scelgono di intraprendere la carriera medica. Gli studenti del 4° e del 5° anno possiedono un bagaglio di esperienze culturali e pratiche, che possono aver influito in vario modo sulla percezione dei valori della professione medica.
Agli studenti è stato proposto un questionario anonimo, composto da 7 domande sui valori della professione medica (Tabb. 1, 2), facendo riferimento alla Physician Charter on Medical Professionalism che deriva dall’ABIM Foundation, ACP–ASIM Foundation, and European Federation of Internal Medicine6,7.

I valori sono stati tradotti in lingua italiana con allegato un breve commento esplicativo, fornito sulla prima pagina del questionario e propedeutico alla compilazione.

Per le domande 1, 2, 4, 5 è stato richiesto di attribuire punteggi con scala Likert da 0 a 5 (dove 5 era il massimo); la domanda 1 prevedeva di esprimere un punteggio per ognuno dei 13 valori. Nelle domande 3, 6 e 7 sono state richieste delle preferenze tra le risposte proposte nel seguente modo: 3 preferenze su 13 risposte possibili nelle domande 3 e 6, e 2 preferenze tra le 6 risposte possibili nella domanda 7 (Tab. 2, 3).

Analisi statistica. Per le variabili dicotomiche è stato utilizzato il test del chi-quadrato di Pearson, per le variabili ordinali sono stai utilizzati il test di Wilcoxon per il confronto per sesso, ed il test di Kruskal-Wallis per il confronto fra gli anni di corso. L’analisi dei dati è avvenuta utilizzando il pacchetto statistico SPSS per Windows 19a versione. Il grado di significatività scelto è quello convenzionale di p<0.05.

Risultati e discussione

1. Conoscenza dei valori e delle abilità professionali

Gli studenti dei diversi anni di corso e di entrambi i sessi affermano di conoscere piuttosto bene i valori e le abilità connessi alla professione medica (mediana 4-5).

Le abilità professionali meno conosciute sono: la gestione dei conflitti di interesse, la partecipazione e l’empatia, la comunicazione e il saper condividere. Tra i valori i meno noti sono: consapevolezza di sé, integrità morale, sensibilità e fiducia.

Quelle più conosciute sono invece: disponibilità, aggiornamento professionale, senso del dovere e competenza. Tra i valori: rispetto e responsabilità. Si noti come questi ultimi siano propri di qualsiasi professione, mentre la sensibilità, il rapporto di fiducia e l’empatia, siano caratteristiche specifiche della professione medica, che prevede un contatto anche con la sfera più personale del paziente.

Tabella 1 – Elenco dei valori e delle abilità professionali della professione medica
Disponibilità a investire il “giusto” tempo, pazienza ed energie a beneficio del Pazi
Rispetto nei confronti del Paziente
Sensibilità nei confronti di: età, sesso, cultura e diversa abilità
Responsabilità = saper rispondere delle proprie azioni
Rapporto di Fiducia tra il Paziente e il Medico; capacità di custodire le informazioni personali (privacy)
Comunicare e saper Condividere le decisioni con il Paziente (consenso informato)
Integrità Morale = essere fedeli ai propri valori e convinzioni
Partecipazione ed Empatia = capacità di creare un’intesa con il Paziente
Senso del Dovere = rispettare i propri compiti e responsabilità
Competenza = conoscenze mediche, abilità pratiche e capacità di decidere in accordo con i dati scientifici più aggiornati e con le scelte dei Pazienti
Gestione dei Conflitti di Interessi = saper porre il bene del Paziente al di sopra di qualsiasi interesse (politico, economico, ecc.)
Consapevolezza di sé = saper gestire nel modo più opportuno i propri sentimenti, conoscenze, comportamenti e convinzioni
Impegno continuo all’aggiornamento professionale per migliorare la qualità dell’assistenza al Paziente
Tabella 2 – Domande del questionario
Domanda Metodo di risposta
Conosci i valori/abilità qui sopra elencati inerenti la  professionalità del Medico? Likert scale (0-5)
Quanto, in base alla tua attuale esperienza, ritieni  che sia importante applicare questi valori/abilità nella tua futura Professione Medica? Likert scale (0-5)
Quali di questi valori/abilità ritieni imprescindibili nella Professione Medica? Max 3 preferenze
Qual è il grado di insegnamento di tali valori /abilità nel Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia? Likert scale (0-5)
Pensi sia utile l’insegnamento di tali valori/abilità nel Corso  di Laurea di Medicina e Chirurgia? Likert scale (0-5)
Quale di queste tematiche saresti disposto ad approfondire? Max 3 preferenze
Quale secondo te, delle metodologie sotto riportate, può trasmetterti ciò che vorresti approfondire di questi valori/abilità? Max 2 preferenze
Tabella 3 – Metodi proposti dal questionario per l’approfondimento 
Metodi di approfondimento
Insegnamento frontale a lezione
Insegnamento tramite seminari a piccoli gruppi
Proiezioni audiovisive di interazioni medico-paziente
Attività in reparto direttamente con il paziente
Giochi di ruolo
Testimonianze di specializzandi

Si possono dunque individuare due classi distinte di valori/abilità, definite dall’attinenza con la professione medica: la prima comprende quelli più specifici della professione, che sembrano appunto essere meno conosciuti; la seconda al contrario comprende quelli più aspecifici, validi per qualsiasi professione non medica, che gli studenti dichiarano di conoscere meglio.

Dall’analisi dei dati stratificata per anno di corso emerge che i valori della sensibilità (p=0,0371) e dell’integrità morale (p=0,0098) e le abilità professionali del comunicare e saper condividere (p=0,0054), della partecipazione e dell’empatia (p=<0.0001), e della gestione dei conflitti d’interesse (p=0,0076), sono meglio conosciuti dagli studenti più grandi (quarto e quinto anno).
La conoscenza di questi valori, appartenenti alla prima tipologia, migliora pertanto con il passare degli anni.

Per quanto riguarda la stratificazione per sesso, le studentesse esprimono mediamente una conoscenza più alta dei maschi per una buona parte dei valori e abilità (disponibilità p=0,0147, rispetto p=0,0045, sensibilità p=0,0318, fiducia p=0,0309, comunicare e saper condividere p=0,0132, integrità morale p=0,011, senso del dovere p=0,0054, gestione dei conflitti di interesse p=0.019).

 2. Importanza dei valori

Tutti gli studenti sono concordi nell’attribuire una grande importanza all’applicazione di tutti i valori e le abilità professionali nella pratica clinica, in media più del 70% degli studenti esprimono il massimo punteggio. Nella stratificazione per sesso emerge che le femmine attribuiscono ad essi un punteggio più alto rispetto ai colleghi maschi (p=0,0025).

Risultano imprescindibili per la maggioranza degli studenti i valori di rispetto, responsabilità e le abilità professionali quali la competenza, mentre abilità professionali come la gestione dei conflitti di interessi, la partecipazione e l’empatia e valori come la consapevolezza di sé, e la fiducia, sono stati i meno considerati. Si noti che i primi sono gli stessi che gli studenti dichiaravano di conoscere meglio e i secondi quelli che dichiaravano di conoscere meno bene.

Nessuna differenza significativa è emersa tra maschi e femmine. La comparazione tra diversi anni di corso invece dimostra una maggiore attenzione da parte degli studenti di quarto e quinto anno verso i valori di fiducia (p=0,0188) e integrità morale (p=0,0125) e verso capacità professionali quali la comunicazione e la condivisione, mentre al contrario cala leggermente la competenza (p=0.0045), pur rimanendo un’abilità definita imprescindibile dalla maggioranza assoluta di studenti per ciascun anno.

3. Insegnamento

Tutti gli studenti dichiarano che il grado di insegnamento di tali valori/abilità sia basso, il 48% degli studenti del primo anno, il 52% degli studenti del quarto anno e il 56% degli studenti del quinto anno esprime un punteggio pari o inferiore a 2. Non sono rilevabili differenze significative tra i sessi.

Gli studenti risultano concordi nell’attribuire una grande importanza all’insegnamento di tali valori e abilità, più del 50% degli studenti di ogni anno ha risposto con il massimo del punteggio. Le studentesse sono risultate sbilanciate verso una valutazione più alta dell’importanza dell’insegnamento rispetto ai maschi.

Per quanto riguarda i valori e le abilità professionali che gli studenti si dicono interessati ad approfondire, viene prima di tutto dato risalto alla competenza. Si ricordi che la competenza è tra le abilità professionali più conosciute,e imprescindibili per la maggioranza dei soggetti, quindi sembra essere ritenuta di tale importanza da dover essere costantemente approfondita.

Quasi nessuna differenza nell’analisi tra i vari anni di corso e tra maschi e femmine.

Per quanto riguarda il metodo di approfondimento di tali valori e abilità, la maggioranza assoluta degli studenti (più del 70%) esprime la necessità di maggiore attività in reparto a diretto contatto col malato. Tra gli altri metodi proposti spicca la possibilità di ricevere testimonianze di specializzandi, che però sembra essere più apprezzata dagli studenti del primo anno (p=0.0062) rispetto a quelli degli altri anni (globalmente considerati). Tutti gli studenti sembrano inoltre preferire seminari con piccoli gruppi, quindi un approccio più diretto e in grado di permettere uno scambio biunivoco tra studenti e professore, rispetto alle classiche lezioni frontali magistrali.
Si nota che negli studenti del 4° e del 5° anno vi è un maggiore interesse circa la possibilità di usufruire dei giochi di ruolo. Tale dato potrebbe essere attribuito alla consapevolezza della difficoltà di svolgere l’attività pratica in reparto, dopo aver sperimentato il “sovraffollamento” al letto del paziente durante le esercitazioni previste dal quarto anno in poi.

Conclusioni

I valori proposti nel questionario sono propri dell’approccio medico centrato sul paziente (patient-centred approach)17,18. Questo modello sposta il focus della attenzione del medico non più sulla malattia ma sul paziente portatore di malattia. In quest’ottica diventa fondamentale imparare come costruire la relazione e l’alleanza terapeutica con il paziente19. Gli studenti dei diversi anni di corso affermano di conoscere piuttosto bene i valori e le abilità connessi alla professione medica e ad essi viene attribuita in prospettiva una grande importanza per la propria pratica clinica. Nonostante nel confronto tra il primo e gli ultimi anni di corso si noti un aumento della conoscenza di valori e abilità inizialmente meno conosciuti e più specifici della professione medica, indice che le esperienze pratiche e/o la sensibilizzazione durante le lezioni, influiscono positivamente sulla percezione di questi elementi professionalizzanti, emerge una carenza nell’insegnamento nel CL, a fronte di un interesse elevato.

Tra le metodiche di approfondimento si rileva la richiesta di una maggiore attività in reparto accanto al paziente, ma è dato anche spazio alla possibilità di ricevere testimonianze di specializzandi riguardo alla loro esperienza non tecnica ma umana; questo è probabilmente dovuto al fatto che gli specializzandi vengono percepiti come più vicini alla realtà dello studente.
Risulta infine chiara e fondamentale la richiesta di un approccio più diretto e personale a questi temi rispetto a quello fornito dalla classica lezione magistrale.

Qual è l’esperienza della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Padova, storicamente sensibile nei confronti di questi temi? L’introduzione del nuovo Ordinamento 270/2004, ormai giunto nella sua applicazione alla fine del 2° anno, ha offerto una occasione unica all’insegnamento della professione con l’introduzione contemporanea di almeno 4 differenti curricula, di cui 2 Tradizionali, 1 Umanistico e 1 Biomedico, distinti in base ai 12 CFU delle Attività “Affini e Integrative” che sono distribuiti in corsi specifici e/o completamento. L’inserimento di 2 CFU di Tirocinio pratico professionalizzante nell’Insegnamento di “Interazioni con le Professioni Sanitarie” del 2° anno offre agli studenti un precoce “impatto” con la professione medico nel suo aspetto forse più delicato che è quello dell’assistenza infermieristica. Il regolare svolgersi dei Tirocini Professionalizzanti negli anni successivi del curriculum consente allo studente fin dal 3° anno un continuo e progressivo avvicinarsi alla pratica quotidiana della professione medica. Al 6° anno infine lo studente avvicina la Medicina Generale (MG) sia in linea teorica che come pratica negli ambulatori dei medici di MG. In quest’ultimo tirocinio, lo studente alla fine del suo curriculum scolastico vedrà il paziente in maniera “olistica” e non come singola patologia e potrà apprendere il difficile approccio al paziente come persona umana. Una parola infine sul curriculum umanistico che pone un particolare accento proprio alla relazione medico-paziente, iniziando con lezioni di Logica, continuando con lezioni sul Linguaggio (Linguistica Italiana) che tocca e approfondisce anche il rapporto tra individui e infine prevede lezioni di Filosofia, Filosofia della Biologia e della Medicina e Filosofia Morale. Da questo curriculum lo studente dovrebbe uscire “arricchito” proprio sulla sua parte più “umana” ed avere solide basi “umanistiche” per affrontare, con più consapevolezza la professione.

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14) Hojat M, Vergare MJ, Maxwell K,  Brainard G, Herrine SK, Isenberg GA, Veloski J, Gonnella JS. The Devil is in the Third Year: A Longitudinal Study of Erosion of Empathy in Medical School. Acad Med. 2009; 84:1182–91.

15) Brennan S, Wiese-Rometsch S, Eggly W. “Once when I was on call ……” theory versus reality in training for professionalism. Acta Med. 2005;80: 371-5.

16) Van Mook WN, van Luijk SJ, O’Sullivan H, Wass V, Harm Zwaveling J. The concepts of professionalism and professional behaviour: conflicts in both definition and learning outcomes. Eur J Intern Med 2009 24:4: e85-9.

17) McWhinney I. The need for a transformed clinical method. In: Stewart M, Roter D, eds. Communicating with Medical Patients. Newbury Park, CA: Sage Pubblications 1989.

18) Stewart MA, Brown JB, Weston WW, McWhinney IR, McWilliam CL, Freeman TR. Patient-centred Medicine: Transforming the clinical method. 2nd edn. Oxford: Radcliffe Medical Press.

19) Moja EA, Vegni E. La visita medica centrata sul paziente. Milano, Raffaello Cortina Editore, 2000.

Cita questo articolo

Montemurro, D., Negrello, M., Picardi, E., et al., Indagine sulla conoscenza e sull’insegnamento dei Valori della professione medica nel CLM in Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova, Medicina e Chirurgia, 55: 2439-2442, 2012. DOI: 10.4487/medchir2012-55-3.

Conferenza Permanente dei Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgia

Padova 13-14 aprile 2012

L’inaugurazione della 106a riunione della Conferenza è avvenuta venerdì 13 aprile 2012 nella magnifica cornice dell’Aula Magna del palazzo del Bo a Padova.

Dopo il saluto di Raffaele De Caro e delle Autorità (ProRettore Vicario, Direttore Sanitario, Presidente dell’Ordine dei Medici, Assessore alla Sanità della Amministrazione Comunale e del Prof. Munari) il Presidente della Conferenza, Prof. Andrea Lenzi, ha riferito sulla applicazione della L. 240/10 e la formazione in Medicina. In merito all’attività formativa di qualità per l’area medica ha sottolineato le iniziative e le realizzazioni effettuate dalla Conferenza e dal CUN in materia di: 1) revisione dell’accesso a Medicina (domande a risposta multipla, curriculum della scuola media superiore, test psicoattitudinale, valutazione precedente nell’ultimo anno scolastico); 2) progress test e suo possibile utilizzo per l’esame di stato; 3) accreditamento e valutazione del Corso di Laurea tramite le Site Visit; 4) Scuole di Specializzazione e Dottorato per la ricerca. I Decreti applicativi della L. 240/10 sono stati tutti completati (vedi tabella sito CUN) e il CUN dovrà monitorarne la applicazione e segnalare le criticità. È stato fatto il punto sul sistema di reclutamento e sulla revisione dei SSD ed ha segnalato la forte riduzione del personale Docente e Ricercatore che sarà di circa il 40% fra dieci anni. Ha poi risposto alle domande dei Docenti e Studenti sul futuro del Corso di Laurea sia dal punto di vista della didattica che della sua organizzazione e amministrazione.

Nel pomeriggio, presso l’Istituto di Anatomia, si è svolto, con grande partecipazione e successo, il forum su “Etica della docenza” al quale hanno partecipato i Presidenti ed alcuni Esperti discutendo, in plenaria, in quattro laboratori ed infine in assemblea su: 1) problemi etici nell’insegnamento; 2) problemi etici nella valutazione dell’apprendimento; 3) etica delle relazioni interpersonali tra gli attori della didattica (studenti, docenti e pazienti); 4) etica della organizzazione e della programmazione.

Il giorno successivo, sabato 14, sono proseguiti i lavori della Conferenza, come da OdG.

Il Presidente nell’introdurre il punto sul Manifesto di intenti 2011-2014 e la costituzione dei Gruppi di lavoro (vedi tabella), ricorda come sia importante mantenere i rapporti con e fra i corsi di laurea e di trasferire a tutti i Docenti le iniziative e i risultati dei forum ed atelier pedagogici. Fa presente, inoltre, di informare tutti Docenti dell’esistenza del sito della Conferenza con la possibilità di consultare la nostra rivista e di pubblicarvi i lavori. Ricorda gli obiettivi strategici che sono già a conoscenza dei Presidenti e presenta i progetti che verranno sempre discussi ed approfonditi nella Conferenza. Viene approvato all’unanimità che tutti i Presidenti partecipino ad almeno un gruppo di lavoro,  che nei gruppi sia previsto un Coordinatore ed almeno due partecipanti e che possano essere cooptati anche Esperti non appartenenti alla Conferenza. Viene inoltre deliberato di attendere la iscrizione ai gruppi di lavoro di tutti i Presidenti, anche di quelli assenti, e di approvarne definitivamente la costituzione nel prossimo incontro della Conferenza a Roma il 25 giugno p.v.

Il Prof. Tenore relaziona sul Progress Test 2012, che: 1) si svolgerà il 14 novembre; 2) saranno considerate solo le risposte corrette; 3) sarà somministrato a tutti gli studenti dal primo al sesto anno; 4) la richiesta di adesione dovrà pervenire entro il 26 ottobre; 5) dopo la correzione, manuale o elettronica, nelle singole sedi, le risposte dovranno pervenire entro quattro settimane; 6) entro il 29 giugno dovranno pervenire al Prof. Tenore le domande che saranno preparate nelle singole Sedi su richiesta del Presidente di CdL per incrementare l’archivio delle domande a risposta multipla.

Il Prof. Della Rocca presenta i risultati del terzo esercizio delle Site Visit. Dopo la illustrazione dei dati rilevati nelle singole Sedi analizzando e discutendo tutti i punti del questionario e le relazioni pervenute, viene sottolineata la eccezionale rilevanza dell’iniziativa con la possibilità di raggiungere importanti obiettivi come: 1) fornire uno stimolo sul percorso della qualità; 2) individuare e divulgare le punte di eccellenza; 3) definire obiettivi didattici ed organizzativi omogenei; 4) produrre linee-guida condivise e rispettate; 5) analizzare e contenere le criticità.

Il Prof. Danieli illustra il Sommario del n. 55 della rivista della Conferenza Medicina e Chirurgia.

Il prossimo incontro della Conferenza si terrà il 25 giugno a Roma e quello successivo a Firenze nel mese di settembre-ottobre.

 Gruppi di studio della Conferenza

Titolo dei progetti

Selezione all’accesso e test attitudinali – Riforma e monitoraggio
Valutazione e site visit di accreditamento – Dati terzo esercizio e programmazione quarto 
Innovazione pedagogica  – Programmazione forum, pillole pedagogiche, atelier di studio e approfondimento
Core curriculum – Revisione continua 
Libretto delle abilità e diploma supplement – Valutazione  e proposta della Conferenza
Distribuzione dei Corsi nei Piani degli studi- e Distribuzione dei CFU per SSD  – Monitoraggio 
Medicina del territorio – Rapporti ai fini del CLM e dell’esame di stato 
Medicine alternative – Aspetti dell’insegnamento regolatori della farmacologiaMonitoraggio nei corsi 
Malattie rare e cure palliative – Esempio di medicina personalizzata e comunicazione Medico-Paziente, sperimentazione di didattica ad hoc 
Criteri e parametri di valutazione della didattica ai fini della valutazione del Docente Universitario: dal manuale qualità, al rapporto di autovalutazione agli indicatori – studio e proposte
Progress test ed esame di stato

Notizie dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie

Milano 18-19 maggio

Le due giornate del meeting si sono aperte con i lavori delle Commissioni Nazionali. La successiva, prima sessione pedagogica ha offerto una lettura magistrale sul concetto di cura dal punto di vista antropologico condotta da Mariella Pandolfi, Ordinario di Antropologia all’Università di Montreal – Canada -. L’attenzione è stata quindi dedicata ai sistemi di valutazione e autovalutazione dell’offerta formativa (studenti e docenti) e della ricerca finalizzata a migliorare le capacità di accesso ai finanziamenti. Esempi ed esperienze applicative hanno accompagnato il dibattito.

La seconda sessione si è sviluppata attorno ai lavori delle Commissioni Nazionali: particolare attenzione è stata dedicata all’evoluzione e al futuro delle Lauree Magistrali della seconda, terza e quarta Classe con riferimento anche ai fabbisogni; un approfondimento specifico è stato dedicato alla formazione dei Tecnici della riabilitazione psichiatrica ed al loro livello occupazionale ed è stata presentata un’estesa analisi dei dati emersi da una survey condotta a livello nazionale. Il dibattito è proseguito nella terza e ultima sessione politica di confronto con le istituzioni in cui sono stati presentati e discussi: a) l’esperienza lombarda sulle strategie di valorizzazione e riconoscimento dei Coordinatori Didattici e dei Tutor dei CdL in Infermieristica; b) lo stato dell’arte sui rapporti tra il Servizio Sanitario Regionale/Nazionale e le Università e i possibili approcci innovativi ai Protocolli di Intesa; c) i lavori dell’Osservatorio delle professioni sanitarie in fase di attivazione e, infine, d) le questioni attinenti all’evoluzione dei settori scientifico-disciplinari.

Nella sessione di chiusura sono state individuate le linee di sviluppo della Conferenza e discusse ed approvate sei Mozioni, di seguito riportate. Durante il Meeting, al fine di facilitare lo scambio di informazioni su esperienze innovative e creare reti collaborative tra Presidenti, Coordinatori e Docenti, si è tenuta una sessione scientifica permanente di presentazione di poster; tra i trentaquattro esposti di elevato valore e contributo scientifico, quattro sono stati premiati dalla Commissione di Valutazione e presentati alla Conferenza.

Notizie dal Consiglio Universitario Nazionale

Gli ultimi mesi hanno visto il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) impegnato su temi di particolare rilevanza: tra questi, la presentazione del Protocollo d’Intesa tra il CUN e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, concretizzatasi in una giornata di studio dal titolo Territori, Università e Ricerca le relazioni necessarie. All’incontro – il 7 marzo – hanno partecipato numerosi rappresentanti delle Amministrazioni regionali e universitarie e delle Istituzioni che si sono confrontati in merito alle forme di partecipazione delle Amministrazioni Regionali al finanziamento della Ricerca, dello sviluppo tecnologico e del diritto allo studio previste dal DL 70/2011 e dalla Legge 240/2010.

Il 14 marzo il CUN è stato invitato in audizione presso la VII Commissione della Camera dei Deputati sullo Schema di decreto legislativo recante revisione della normativa di principio in materia di diritto allo studio e valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti (Atto del Governo n. 436) e sullo Schema di decreto legislativo recante disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei.

Il 20 marzo il CUN ha incontrato il Ministro Francesco Profumo che ha informato il Consiglio sulle novità relative al FFO 2012. Lo schema di Decreto anticipa le linee programmatiche del finanziamento agli atenei che si muovono verso l’obiettivo di un sistema multifondo. I fondi verranno ripartiti su base storica, su una quota premiale (per le università più virtuose) ma anche su una quota perequativa in grado di compensare il sottofinanziamento di alcuni atenei.

Il Ministro ha inoltre voluto informare sullo stato dell’arte dell’iter normativo per l’avvio delle procedure per l’abilitazione scientifica nazionale per i docenti di prima e seconda fascia che dovrebbe essere completato entro il mese di luglio.

Ampia discussione è stata dedicata nelle varie sedute al “Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240” in registrazione alla Corte dei Conti e allo schema di Decreto che definisce i criteri di ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) 2012.

Sono stati inoltre approvati alcuni documenti di lavoro sul “valore legale del titolo di studio”, sulla VQR 2004-2010 e un documento recante “Considerazioni sullo schema di Decreto legislativo AG 437 e prospettive sulla programmazione del reclutamento” unitamente ad una nota tecnica su “Evoluzione normativa e prospettive del reclutamento”

In previsione della indizione della prossima procedura di abilitazione nazionale, il CUN ha approvato un parere generale di proposta di ricollocazione ai sensi dell’art. 5 DM 29 luglio 2011 per i settori concorsuali che non raggiungono la numerosità di trenta professori di prima fascia richiesta dall’articolo 15, comma 2, della legge 240/2010.

Sono state predisposte le liste delle denominazioni in lingua inglese dei Settori Scientifici Disciplinari di cui al DM 4 ottobre 2000 e dei macro settori e dei settori concorsuali di cui all’all. A – DM 29 luglio 2011 n. 366.

In relazione alla prossima emanazione del decreto istitutivo dell’Anagrafe Nazionale dei Professori Ordinari e Associati e dei Ricercatori, prevista dalla Legge 1/2009, il CUN ha approvato una mozione in cui, nel ribadire l’importanza strategica di tale strumento per una corretta gestione del sistema della ricerca italiano, chiede che l’Anagrafe sia realizzata e gestita con la massima trasparenza e visibilità verso la comunità scientifica. In particolare, nel rispetto della normativa esistente in termini di dati personali, il CUN chiede che i contenuti dell’Anagrafe relativi alle pubblicazioni dei docenti siano pubblicamente disponibili ed accessibili, secondo il principio dell’Open Data.

In merito all’attivazione dei TFA e degli eventuali ulteriori percorsi abilitanti per l’insegnamento nella scuola secondaria previsti nelle “Note a margine sul TFA” pubblicate sul sito del MIUR il giorno 8 maggio 2012, il CUN ha proposto una mozione in cui sottolinea, in particolare, la necessità del rispetto dei principi contenuti nel DM 249/2010 sia per quanto attiene alla acquisizione delle competenze didattiche e disciplinari per l’accesso alla professione docente, sia per quel che riguarda una precisa programmazione degli accessi in relazione al fabbisogno del sistema nazionale di istruzione.

Sul versante più direttamente connesso ai Corsi di Laurea Magistrale in Medicina, l’opera del Consiglio ha riguardato la formulazione di un parere sulla mozione della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Medicina e dei Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgia; in esso si sostiene che – in ragione delle specificità dell’Area Medica – i Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia dovrebbero essere incardinati nella struttura di raccordo (comunque denominata negli Statuti) e non nel singolo Dipartimento.

 Il CUN ha terminato  l’esame delle proposte di istituzione degli ordinamenti relativi all’offerta formativa 2012-2013, provvedendo anche al disbrigo delle pratiche di ordinaria amministrazione.

Indice n. 55/2012

MEDICINA E CHIRURGIA
QUADERNI DELLE CONFERENZE PERMANENTI DELLE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

55/2012

(scarica qui il l’intero numero in PDF)

SOMMARIO

Editoriale

Manifesto di intenti per il triennio 2011-2014, di Andrea Lenzi

Odontoiatria e protesi dentaria tra presente e futuro, di Marco Ferrari

Etica della docenza

La salute globale, di Stefano Semplici

Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgia

I master di cure palliative e terapia del dolore, di Guido Biasco et al.

Indagine sulla conoscenza e sull’insegnamento dei Valori della professione medica nel CLM in Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova, di Domenico Montemurro et al.

Dossier

Visit Site. Esercizio on site visit 2010-2011. Risultati del terzo esercizio, primo ciclo, di Carlo della Rocca, Roberto Dandi e Andrea Lenzi

Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie

Il tirocinio e i laboratori nel curriculum del Corso di Laurea Specialistica/Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetrichedi Caterina Galletti, Renzo Zanotti, Emanuela Merlo, Maria Luisa Rega.

Notiziario

Notizie dal Consiglio Universitario Nazionale, di Mario Amore

Notizie dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgia, di Amos Casti

Notizie dalla Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie, di Alvisa Palese

Proposta di Codice di comportamento del Docente Tutor e dello Studentedi Giuseppe Familiari, Pietro Gallo, Vincenzo Ziparo, Andrea Lenzi ed Eugenio Gaudio

Visit Site. Esercizio on site visit 2010-2011. Risultati del terzo esercizio, primo ciclon.55, 2012, pp.2443-2458, DOI: 10.4487/medchir2012-55-4

Abstract

The third experience of the first series of the Site Visit CPPCLMMCC project is now concluded. The results concerning both filled questionnaires analysis and on site visit reports are briefly discussed. The main project goals appear to be reached in terms of common problems analysis, excellences checking and divulgation, quality control stimulus, and homogenization in teaching objectives and organization. It’s now time to develop a peer review and accreditation system, officially recognized, based on shared minimal requirements for qualification.

Articolo

1. Introduzione

Il progetto On Site Visit della CPPCLMMC è giunto alla conclusione del III esercizio di un primo ciclo di cui hanno fatto parte l’esperienza del 2004-2005 e quella del 2007-2008. Come è noto questa iniziativa, insieme al Progress Test, rappresenta la testimonianza dell’impegno della Conferenza, e di tutti i corsi di laurea magistrale di medicina e chirurgia italiani, nella ricerca di sistemi di autovalutazione sempre più obiettivi ed affidabili sulla qualità nella formazione della figura del medico. Sulla base della consolidata esperienza del valore della valutazione tra pari, il progetto On Site Visit ha proposto e realizzato nei suoi tre esercizi un metodo, sempre più affinato nel succedersi delle esperienze, per costruire un vero e proprio sistema di accreditamento basato sul rispetto di requisiti minimi realmente raggiungibili, proteso al continuo miglioramento dell’attività dei corsi tramite la progressiva eliminazione delle criticità e la condivisione delle eccellenze riscontrate e serenamente divulgate.

L’elaborazione dei risultati di questo terzo esercizio rappresenta l’oggetto di questo articolo; il confronto con i risultati dei precedenti esercizi, che per motivi di spazio sarà presentato in un successivo numero della rivista, permetterà di stilare, da subito, i requisiti minimi di un possibile accreditamento e le linee guida per un loro raggiungimento e mantenimento “sostenibili”.

2. Metodi

Anche il terzo ciclo ha previsto tre diverse fasi:

• una prima fase in cui è stato compilato “on line”, da ogni Corso di Laurea, un questionario di autovalutazione, leggermente semplificato rispetto a quello del precedente esercizio, che è stato reso disponibile in tempo reale alla commissione di coordinamento centrale (periodo dal 1° al 21 Febbraio 2011); la commissione centrale, esaminati i questionari ed evidenziate eventuali incongruenze, li ha trasferiti alle commissioni che hanno poi effettuato la visita;

• una seconda fase in cui le commissioni, costituite generalmente da tre componenti (due Presidenti di CLMMC in carica e un “Past President) (Tab. 1), hanno effettuato le visite presso le sedi dei Corsi di Laurea (periodo dal Marzo 2011 al Marzo 2012); una innovazione di questo esercizio, tesa ad omogeneizzare le modalità della visita e la resa dei risultati, è stata quella di condividere una “check list” che prevedesse i passi fondamentali da effettuare durante la visita stessa (Fig. 1);

Fig. 1

Tab. 1

• una terza fase in cui le commissioni hanno compilato e trasmesso alla commissione centrale le relazioni conclusive su quanto riscontrato; anche per questa fase è stata prevista una “check list” (Fig. 2) con le stesse finalità di quella stilata per la fase II.

Fig. 2
 

Nel complesso i Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia censiti sono stati 51; in due sedi (una con 3 corsi e una con 2 corsi) in cui la suddivisione in corsi di laurea differenti è stata effettuata dopo il 2009, si è scelto di effettuare una valutazione unificata stante che, sia strutture, sia organizzazione, risultavano comuni; in un caso un polo didattico decentrato, con un proprio corso di laurea, non è stato fisicamente visitato pur avendo compilato un questionario proprio.

Pertanto, pur essendo stata visitata la totalità delle sedi in cui sono presenti i CLMMC italiani, i risultati si riferiscono a 48 questionari compilati e a 47 corsi di laurea visitati, in realtà comprendenti tutti e 51 quelli censiti (Fig. 3).

Fig. 3
 

3. Risultati

3A. I Questionari

a1. L’accreditamento e la qualità

La totalità dei corsi di laurea possiede documenti pubblici in cui vengono indicati la “mission e gli obiettivi formativi del CLM che in oltre la metà dei casi vengono diffusi e condivisi molto o moltissimo (Tab. 2 e Fig. 4).

Circa il 65% dei CLM ha elaborato una strategia per assicurare la qualità dell’offerta formativa (Fig. 5) e nelle relative dichiarazioni di intenti risultano al momento privilegiati, generalmente, aspetti “visibili”, organizzativi e strutturali, nei confronti di quelli comportamentali e di relazione (Tab. 3).

In oltre i 2/3 dei casi in cui esistono le dichiarazioni di intenti, esse appaiono realmente operative; tale dato, però, se rapportato alla totalità di questionari rappresenta il 50% dei CLM.

È evidente che ormai la percezione del bisogno di organizzare un sistema di controllo di qualità interno ai corsi di laurea, anche ai fini di un processo di accreditamento, è molto diffusa e sebbene sembri ancora una fase più teorica che pratica, l’operatività delle dichiarazioni di intenti è ormai una realtà consolidata in almeno la metà delle esperienze.

Tab. 2
 

Tab. 3
 

Fig. 4
 

Fig. 5
 

a2. L’organizzazione

La situazione organizzativa dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia italiani è riassunta nella Tabella 4 dove è riportata la percentuale di presenza nei vari corsi delle principali strutture e figure organizzative e/o di elaborazione pedagogica. Le commissioni tecnico-pedagogiche appaiono la struttura portante nella quasi totalità delle sedi benché non abbiano regolamenti sanciti in circa il 34% dei casi (Fig. 6). Alcune sedi non hanno ancora un Consiglio di Corso di Laurea. Il coordinatore di corso integrato è pressoché ubiquitario, mentre oltre il 40% non ha ritenuto opportuno istituire la figura del coordinatore di semestre. Rare sono ancora le commissioni Medical Education che, come è noto, sono strumenti squisitamente deputati alla elaborazione pedagogica, di grande utilità, ma anche di difficile costituzione soprattutto nelle sedi di minori dimensioni. Nell’81% delle sedi è presente un supporto di personale amministrativo dedicato a tempo pieno alle attività del CLM.

Fig. 6

Nel complesso l’organizzazione non appare ancora omogenea, ma, sebbene tale dato possa apparire in prima istanza negativo, esso va interpretato alla luce della necessità di adattamento alle contingenze locali. Il rischio da evitare è ovviamente quello di non cadere nella “manutenzione” e cercare invece di gestire in modo innovativo, trasformando le difficoltà in opportunità per ripensare e adattare una organizzazione che, comunque, non può fare a meno di alcune strutture irrinunciabili quali appunto i CCL, le CTP e i coordinatori didattici.

a3. Le risorse umane

Il numero medio dei docenti di ruolo per corso di laurea è 201, mentre quello dei docenti a contratto è 17; questi ultimi appaiono di circa 3 anni e mezzo più giovani rispetto ai primi che risultano avere un’età media oltre i 50 anni (Tab. 5).

Oltre i 2/3 delle sedi dichiara di avere qualche SSD senza docenti di ruolo (Fig. 7) e questo nonostante il ricorso a docenze a contratto risulti aumentato rispetto al precedente esercizio; in questo senso l’applicazione dell’ultimo ordinamento didattico, ormai in essere almeno parzialmente in tutti i corsi di laurea, aumentando la complessità e la completezza dell’offerta formativa spiega sufficientemente il fenomeno. Nella maggior parte dei casi la valutazione dei curricula per gli affidamenti didattici non è effettuata direttamente dal CCL.

Tab. 5
 

Fig. 7
 

In sintesi, la consistenza del corpo docente (in progressivo invecchiamento) è generalmente in flessione ed è solo parzialmente compensata dal ricorso alle docenze a contratto. Tale situazione sta gradualmente portando ad un problema di assottigliamento delle risorse umane, sia in senso assoluto, sia relativo, stante la necessità di aumentare il numero di studenti da formare in considerazione della prevista diminuzione del numero di medici in attività nel prossimo futuro. L’appropriatezza della selezione del corpo docente, in funzione soprattutto delle specificità dei diversi CLM, potrebbe essere aumentata se i CCL, o le loro strutture organizzative, fossero più frequentemente coinvolti direttamente nella valutazione dei curricula degli aspiranti docenti, anche  in collaborazione/integrazione con gli altri organi accademici.

a4. Le risorse strutturali e i servizi

La dotazione strutturale e dei servizi appare adeguata e variegata. In particolare la presenza di un sufficiente numero di aule di differente capienza è praticamente ubiquitaria (Fig. 8) per quanto la facciano da padrone le aule di grossa e media taglia, probabilmente in relazione all’ancora non diffusissimo utilizzo della didattica d’aula a piccoli gruppi.

Fig. 8
 

Le biblioteche presenti in tutte le sedi censite offrono pressoché costantemente un servizio di assistenza bibliografica, molto spesso informatizzato, con crescente possibilità di accesso ai servizi di prestito per via telematica anche da sito remoto (Tab. 6).

Nel 95% dei casi sono presenti spazi dedicati esclusivamente agli studenti e nella stessa percentuale sono presenti laboratori informatici mentre, in oltre la metà delle sedi, sono presenti anche laboratori linguistici. Scarsa è ancora la dotazione di spogliatoi per gli studenti dal III al VI anno, solitamente maggiormente coinvolti nelle attività professionalizzanti, che sono presenti in meno delle metà delle sedi (Fig. 9).

Fig. 9
 

Ampia, diffusa e variegata è l’offerta sia di servizi informatici (Tab. 7), sia di servizi di diritto allo studio (Fig. 10).

Per quel che concerne l’accessibilità alle strutture assistenziali, quasi l’80% delle sedi ha un rapporto posti letto/studenti immatricolati pari o superiore a 3. Nel 100% dei casi sono presenti 6 o più strutture diagnostiche dichiarate fruibili ai fini didattici e, nel 93,5%, esiste un Dipartimento Emergenza Accettazione a diretta gestione da pare di Unità Operative Complesse a direzione universitaria o in convenzione.

Globalmente le risorse strutturali appaiono quantitativamente adeguate. L’offerta bibliotecaria in particolare appare buona e omogenea oltre che in corso di progressiva informatizzazione. L’attenzione all’informatizzazione dei servizi risulta sempre più diffusa. Ricca traspare la disponibilità dei laboratori assistenziali e di ricerca e “corretto” appare il rapporto studenti/posti letto anche se la mancanza di spogliatoi per gli studenti dal IV al VI anno in più del 50% delle sedi, pone il problema della reale fruizione ai fini didattici.

E’ verosimile che, a fronte di una evidente presenza di risorse strutturali, ci sia la necessità di un adeguamento qualitativo delle stesse, oltre che di una politica del loro utilizzo e del loro rinnovamento, guidata realmente dalle esigenze didattiche.

Tab. 7

Fig. 10
 

a5. La didattica

Il problema dell’integrazione orizzontale e verticale della didattica è sicuramente presente nella gestione dei singoli CLM sebbene il prevalere della risposta abbastanza (Fig 11) faccia pensare che non siano risolte ancora le criticità relative all’applicazione sistematica della stessa.

Tutti i CLM prevedono ormai crediti relativi alle discipline gestionali/di medicina di prossimità/di scienze umane in tutti CDL e sempre più applicato (85 % dei casi) appare il Core Curriculum Nazionale proposto dalla Conferenza, benché ancora scarsa sia l’utilizzazione delle Unità didattiche elementari e complesse.

Le attività professionalizzanti (Fig. 12) sono prevalentemente svolte presso i plessi assistenziali, ma sono effettuate anche con corsi interattivi; cominciano a comparire esperienze di didattica professionalizzante svolta in modo alternativo.

Si ha l’impressione di un evidente sforzo propositivo di innovazione didattica, ma anche della perdurante mancanza di una precisa scelta di campo metodologica, omogenea e condivisa, che si riflette in un non completo “governo” dell’attività didattica svolta dai singoli docenti.

Fig. 11
 

Fig. 12
 

a6. L’internazionalizzazione

In oltre il 95 delle sedi è favorita l’internazionalizzazione degli studenti e, in oltre il 50%, lo è in misura elevata, prevalentemente tramite adesione e partecipazione a Progetti Erasmus/Socrates e/o SISM (Tab. 8). In pressoché tutte le sedi vengono registrati gli studenti in uscita e in entrata.

Tab. 8
 

C’è una crescente coscienza dell’importanza del raggiungere un livello sovra-nazionale della formazione e del sapere, nonché della necessità di scambio culturale continuo con le esperienze formative degli altri paesi.

• Il Controllo e la Valutazione degli Studenti

In tutti CLM viene controllata efficacemente, sebbene con metodologia diversa, la presenza degli studenti alle differenti attività didattiche e, generalmente, il limite di tolleranza delle assenze è del 30% per tutte le attività obbligatorie e dello 0% per quelle elettive.

La valutazione dell’apprendimento è prevalentemente effettuata tramite il tradizionale esame orale anche se sono sempre più diffuse metodologie di valutazione integrate e prove pratiche per la verifica delle abilità acquisite. (Fig. 13). Fortemente incentivata è la valutazione espressa da più esaminatori appartenenti a diversi SSD (Tab. 9).

Nell’anno accademico 2008/2009 circa l’85% dei CLM aveva sperimentato il Progress Test (attualmente siamo oltre il 90%) e quasi la totalità dichiara di volerlo utilizzare stabilmente per tutti gli anni di corso.

Sarebbe utile pervenire a modalità omogenee ed obbiettive di verifica delle presenze degli studenti alle attività didattiche per quanto le attuali metodologie in uso siano già sufficientemente efficaci. Malgrado prevalgano ancora le valutazioni effettuate tramite il solo esame orale, la composizione multidisciplinare della commissione è sempre più diffusa. Il progress test rappresenta ormai un diffusissimo strumento di valutazione/autovalutazione dell’apprendimento.

Fig. 13
 

Tab. 9
 

a7. Il controllo e la valutazione dei corsi e dei docenti

La valutazione e il controllo dei corsi e dei docenti viene ubiquitariamente effettuato tramite la somministrazione semestrale agli studenti dei questionari di valutazione, generalmente organizzata e gestita dal Nucleo di Valutazione di Ateneo. Non sempre viene dichiarata la possibilità di utilizzare appieno i risultati di tale valutazione e dove è possibile si lamenta la mancanza, comunque, della possibilità di utilizzare mezzi di incentivazione/disincentivazione per il miglioramento della qualità. Sempre più consistente appare il tentativo di utilizzare il Progress Test come strumento di valutazione dei corsi e in circa il 20% dei CLM sono in corso sperimentazioni di valutazione tra pari con percorsi per lo più interni ai CLM stessi. (Tab. 10) (Fig. 14).

L’esigenza sempre più sentita di un metodo di valutazione non formale, ma realmente utile e possibilmente informativo, sta portando sempre di più i diversi CLM ad affiancare i classici questionari di valutazione gestiti dai Nuclei di Valutazione di Ateneo, con l’analisi ragionata dei risultati del Progress Test e con percorsi di valutazione tra pari. Appare indispensabile individuare meccanismi di incentivazione/disincentivazione per applicare in modo efficace i risultati delle valutazioni, comunque ottenute, ad un reale processo di miglioramento della qualità.

Fig. 14
 

Tab. 10
 

a8. La Medicina generale

Il rapporto con la Medicina Generale del territorio è presente in tutti CLM italiani e in oltre l’80% dei casi viene dichiarato come stabile benché, almeno in apparenza, non diffusamente strutturato stante che in meno della metà delle sedi esistono comitati costituiti con rappresentanze esterne ai CDL.

È presente un comitato costituito da rappresentanti di una o più delle seguenti categorie: mondo professionale, ordine dei medici, sindacati medici, società di medicina generale, aziende sanitarie, mondo dell’industria, mondo della cultura, famiglie e studenti?

Il rapporto con la Medicina generale, nei fatti, è molto diffuso anche se apparentemente poco strutturato. Originariamente nato come una necessità (tirocini valutativi) sta sempre più diventando una occasione di ulteriore arricchimento dell’offerta formativa e sta diventando sempre più integrato/organizzato/strutturato.

a9. I risultati di performance

Circa il 46% degli studenti dei CLM italiani si laurea in corso e l’80,5% lo fa entro il I anno fuori corso (Tab. 11). Attualmente in media la percentuale degli iscritti come ripetenti o fuori corso varia tra il 25 ed il 30%. Il tasso di abbandono stimato sulla base degli immatricolati nell’anno accademico 2006-2007, confrontati con gli iscritti al III anno nell’anno accademico 2008-2009, (Tab. 12) è di circa il 9%.

Tab. 11
 

Tab. 12
 

Malgrado questi dati vadano raffinati ed ulteriormente controllati, il quadro è da considerarsi buono (soprattutto in confronto ai CDL di altre Facoltà), ma invita a prevedere la messa in atto di interventi di recupero/supporto per gli studenti in difficoltà.

a10. La percezione soggettiva

Oltre il 95% dei Presidenti di CLM dichiara abbastanza o molto raggiunti la missione e gli obiettivi del corso (Tab. 13).

Tab. 13
 

A parte il prevedibile dilagare del “abbastanza”, la percezione soggettiva dei Presidenti di CLMMC circa la realizzazione della “mission” è generalmente buona; sebbene sia un dato soggettivo, non va sottovalutato in quanto sottintende un auspicabile ottimismo “della ragione” che permette di sperare nella continuità dell’azione di miglioramento dell’offerta formativa dei nostri corsi.

3b. Le Relazioni

È difficile, se non impossibile, rendere in maniera sintetica il grande bagaglio di dati, impressioni ed emozioni che scaturisce dalla lettura delle relazioni delle commissioni che hanno  effettuato le site visit ed è subito evidente come l’atto della visita, oltre che essere il momento di verifica e di eventuale correzione del questionario precompilato, ha sempre rappresentato anche un fervido momento di confronto e una occasione di crescita culturale, organizzativa ed umana, sia per coloro che hanno effettuato, sia per coloro che hanno ricevuto la visita. Si tenterà di avere anche in questo caso l’approccio più rigoroso possibile alla valutazione dei dati ottenuti cercando anche di cogliere il valore aggiunto, non sempre facilmente riducibile al mero dato, costituito dalla condivisione dell’impegno nella missione didattica e della ricerca continua di soluzioni utili, nelle diverse contingenze, al continuo miglioramento della formazione del medico.

b1. L’aderenza alla check list

Relativamente a quanto previsto dalla check list per le attività delle commissioni dopo la visita (Fig. 2), il riscontro è stato oggettivo in quanto il risultato di tali attività è stato necessariamente ricondotto in sede di commissione centrale e pertanto è facile affermare che l’adesione è stata del 100% (Fig. 3). Per le attività previste durante la visita (Fig. 1) le modalità di “resa” delle relazioni, stante l’eterogeneità degli stili, non hanno consentito di rilevare sempre con certezza l’aderenza tra check-list e visita; tuttavia, dall’attenta lettura delle singole relazioni e, ove indispensabile, dal colloquio diretto sia con i commissari che con i Presidenti di CLM, è stato possibile giungere ai dati sintetizzati nella Fig. 16.

Fig. 16
 

In sostanza l’aderenza delle visite alla check-list approvata dalla CPPCLMMC è stata completa per le attività post-visita e abbastanza buona, ma non totale, per le attività svolte durante la visita. La certezza di questo dato potrà essere migliorata in futuro dalla condivisione di uno schema tipo che renda più omogenee le relazioni e soprattutto preveda di citare esplicitamente le attività svolte e non svolte. Alla luce di quanto desunto, comunque, la percentuale di sopralluoghi nelle strutture assistenziali appare ancora non soddisfacente e un maggiore impegno sarebbe auspicabile nel coinvolgimento nella visita delle CTP o delle strutture ad esse assimilabili. Va sottolineato che in oltre il 75% dei casi la commissione ha incontrato una componente studentesca, spesso senza la presenza di docenti del CLM visitato, e traspare, da quanto riportato nelle relazioni, l’estrema utilità di questi incontri ai fini della comprensione della valutazione dell’efficacia delle azioni del CLM.

B2. Le informazioni

Dal confronto con quanto riportato nelle singole relazioni e quanto presente nell’unica parte a risposta libera del questionario, relativa alla percezione soggettiva delle criticità e delle eccellenze, è stato possibile ottenere informazioni quantitativamente e qualitativamente estremamente interessanti sia circa le esperienze positive già in atto da divulgare e, ove possibile, condividere adattandole ai singoli contesti, sia circa le sfide da affrontare per eliminare i problemi esistenti nella gestione dei CLMMC.

Nella Fig. 17 è riportata la totalità degli ambiti in cui sono state rilevate esperienze ritenute eccellenti nei CLM italiani.

Fig. 17
 

Analizzando il dato di tre ambiti di particolare interesse, sono emerse informazioni che fin da subito appare utile condividere.

Nel contesto della sperimentazione pedagogica sono state censite esperienze sia nell’ambito della qualificazione della docenza, sia della metodologia didattica. Le commissioni di Medical Education, dove presenti, hanno messo in atto progetti di formazione dei formatori sia allestendo corsi ad hoc, sia organizzando atelier pedagogici; interessanti sperimentazioni di metodologie didattiche innovative censite sono:

• Didattica integrata inter-professionale (in particolare nell’ambito del nursing e dell’emergenza-urgenza)

• Progetti didattici specifici per l’Etica e le Humanities

• Utilizzo di casi clinici simulati

• Allestimento di laboratori di simulazione

• Utilizzo di metodiche di E-learning integrate con i corsi di didattica classica

Un importante fermento è presente nell’ambito dell’organizzazione e della ricerca di nuove metodologie di insegnamento dell’Attività Didattica Professionalizzante. Dal punto di vista organizzativo le esperienze più rilevanti appaiono:

• l’organizzazione centralizzala dell’ADP

• l’utilizzazione di cunei semestrali di ADP

• la istituzione di un libretto per il controllo delle ADP effettuate

• la creazione di percorsi strutturati di ADP nelle branche specialistiche.

Anche dal punto di vista metodologico estremamente interessanti sono, oltre le già ricordate esperienze di integrazione inter-professionale che riguardano anche l’ADP e l’iniziale utilizzo dei laboratori di simulazione, le estensioni della attività didattiche professionalizzanti anche ai contesti della medicina generale e della medicina di prossimità (Distretti, RSA, Cure Primarie, ecc) e alle Scienze di Base.

L’operatività nella qualità in alcune sedi si giova di esperienze particolarmente interessati; in particolare un CLM ha costituito una propria commissione Qualità e Valutazione interna del CLM, un altro ha dato formale adesione al Gruppo Qualità di Ateneo e cominciano ad apparire le prime vere adesioni a programmi di accreditamento certificativi (tipo ISO 9001) ed i primi, faticosi, tentativi di costituire e gestire questionari di valutazione specifici.

Nella Fig. 18 è riportata la totalità degli ambiti in cui sono state rilevate criticità presenti nei CLM italiani.

Fig. 18
 

È parso utile, fin da subito, approfondire due ambiti strategici dove sono state rinvenute criticità di rilievo: quello della organizzazione didattica e quello della logistica.

Le criticità riportate nel contesto dell’organizzazione didattica sono state:

• Mancanza di costituzione del Consiglio di Corso di Laurea

• Mancanza di istituzione della figura del Coordinatore di Semestre

• Mancanza di costituzione di Commissione Tecnico Pedagogica/Commissione Didattica

• Presenza di Commissione Tecnico Pedagogica solo tecnico-gestionale

• Carenza di convocazioni del Consiglio di Corso di Laurea

• Squilibri tra diversi tipi di didattica

• Numero di appelli di esame insufficienti o non ottimamente organizzati

• Sovrapposizioni di appelli di esame

• Incongruità delle propedeuticità formative

• Mancanza di coordinamento tra i corsi in termini di contenuti

• Controllo delle presenze non ottimale

Le problematiche di tipo logistico rilevate sono:

• Mancanza di mensa

• Carenza di spazi esclusivi per studenti

• Carenza di trasporti pubblici per raggiungere i plessi didattico-assistenziali

• Carenza di alloggi per studenti

• Carenza di parcheggi

• Carenza di spogliatoi per studenti

• Dispersione sul territorio delle strutture didattiche e assistenziali

Va da sé che ci sarebbe materiale per considerazioni più articolate di quelle che sinteticamente vengono qui di seguito proposte e che sarà utile aprire un dibattito all’interno della Conferenza dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia oltre che dentro i Corsi stessi per utilizzare al massimo le informazioni raccolte e svilupparle, ma, sempre nell’intento di interpretare i dati in modo obiettivo e complessivo, si propongono le seguenti riflessioni:

• La percezione di eccellenza strutturale in quasi il 50% delle sedi rafforza il dato positivo derivato dal questionario; ciononostante non si può non notare che nel 15-20% delle sedi sono state riscontrate criticità nello stesso ambito; verosimilmente c’è ancora qualcosa da fare in termini di adeguamento qualitativo più che quantitativo.

• A fronte di una crescente e variegata esperienza di sperimentazione pedagogica (assolutamente da diffondere e sfruttare) preoccupa che le criticità più frequenti (quasi nel 50% delle sedi) sia stata riscontrata nell’ambito dell’organizzazione didattica; preoccupa ancor di più che la scomposizione di questo dato denunci la presenza di problemi non difficilmente risolvibili; è verosimile che una rivalutazione dell’interesse per la didattica e un coinvolgimento più estensivo dei singoli docenti, possa portare alla celere risoluzione della maggior parte di queste criticità;

• L’Attività Didattica Professionalizzante, croce (nel 33% delle sedi) e delizia (nel 22% delle sedi), è un ambito in grande fermento dove la sperimentazione organizzativa e pedagogica sembra cominciare ad affinarsi; è verosimile che uno dei problemi principali sia quello della reale fruibilità degli spazi assistenziali, per quanto pressoché costantemente presenti;

• Cominciano ad essere censibili esperienze pratiche di gestione della qualità che rappresentano un reale avanzamento rispetto le ormai quasi sempre presenti dichiarazioni di intenti; la diffusione di tali esperienze è di grande importanza per lo sviluppo dei CLMMC

 • È preoccupante che nell’ambito delle criticità di tipo logistico siano largamente rappresentate problematiche inerenti banali servizi per gli studenti che rivestono grande importanza per la garanzia del diritto allo studio; tali problematiche non possono essere risolte direttamente dai CLM, ma questi debbono fungere da stimolo continuo nei confronti degli organismi istituzionali, accademici e non, principalmente coinvolti nel garantire il rispetto di questo diritto costituzionale.

b3. Il Valore Aggiunto

Certamente il valore aggiunto, così come precedentemente definito, è il dato di più difficile resa perché apparentemente poco palpabile anche se estremamente reale. È proprio la capacità di rendere reale, trasformando in azioni e fatti l’entusiasmo e l’inventiva, da parte di chi è direttamente e quotidianamente impegnato nell’organizzazione e nella gestione dei CLM, a costituire questo valore aggiunto che quindi, oltre che ad essere percepito durante le visite e a trasparire da ogni singola relazione, è riscontrabile nel fatto che, nonostante le criticità e le contingenze non sempre a favore, in tutta Italia formazione del medico è omogenea e di alto livello, come dimostrato anche dai risultati del progress test. A testimonianza di quanto scritto vale la pena di fare riferimento a due particolari situazioni:

b4. Lo sfruttamento dell’occasione della visita come momento di riflessione e autovalutazione

Nella stragrande maggioranza dei casi le visite sono state ben preparate e generalmente i Presidenti di CLM e il loro collaboratori hanno utilizzato la presenza della commissione per fare divulgazione e dibattito interno ai CLM sui problemi della didattica cercando di aumentare il consenso e la condivisone della missione del corso. In un caso particolare però è stato del tutto evidente che tale occasione non è stata limitata solo al tempo della visita, ma che la stessa ha rappresentato il momento culminante di un processo avviato con la compilazione del questionario che ha portato anche alla produzione di un corposo documento (Fig. 19), consegnato alla commissione, recante la discussione ragionata delle risposte date al questionario ed una interessante proposta di uno score valutativo del CLM basato sull’individuazione, all’interno del questionario stesso, di possibili (Fig. 20) indicatori di performance.

b5. La figura del Presidente di CLMMC – Gli eroi e i mulini a vento

Molto frequentemente nelle relazioni è citata la centralità della figura del Presidente di CLM (Fig. 21), cruciale non solo come organizzatore, ma anche come motore motivazionale dell’attività del Corso. La figura del Presidente di CLM va assimilata, in realtà, a quella di un qualsiasi altro “Dirigente” con la responsabilità di un processo che coinvolge l’attività di una media di 200 unità di personale (i docenti) coinvolte in un progetto che serve, sempre mediamente, 600 utenti fissi per un periodo di 6 anni (gli studenti) e il cui prodotto (il medico) è valutato dall’intera società civile; se si pensa che tutto questo viene svolto senza alcuno strumento di incentivazione/disincentivazione oltre che senza un reale potere di dirigenza, non si farà fatica a considerare questa figura ai limiti dell’eroismo. Troppo spesso, però, l’impegno generosamente profuso cozza contro le difficoltà contingenti e l’apparente inamovibilità delle situazioni. Il rischio è quello che la funzionalità di una specifico contesto sia legato non alla figura istituzionale come tale, ma alla singola persona che occupa quel ruolo in quel momento. Tale situazione può essere pericolosa in quanto, in mancanza di una tutela di una figura così centrale e importante nella gestione dei CLM e della dotazione della stessa degli strumenti necessari alla sua attività, ci potrebbero essere sempre meno persone disponibili a rivestirne il ruolo. Il lavoro della Conferenza in questo senso è importantissimo sia in termini di stimolo nei confronti degli organismi istituzionali accademici e non, sia come momento formativo dei nuovi Presidenti di CLM e le visite debbono essere una occasione anche per non lasciare “soli” i Presidenti di CLM e per aiutarli nel loro difficile lavoro.

Nell’articolo relativo al precedente esercizio delle Site Visit uno degli autori (A.L.) già allora notava come, riferendosi soprattutto alla mancanza di finanziamenti specifici per i progetti di valutazione dei singoli CLM, la volontarietà delle azioni svolte dalla Conferenza e anche dai singoli Presidenti che la compongono è sicuramente un grande valore come esempio di disponibilità, ma “ne sottolinea anche la fragilità e la difficoltà intrinseca”; è importante ribadire, per quanto difficile possa essere il momento, che è necessario che gli Atenei individuino forme di sostegno economico e di dotazione di strumenti gestionali per le attività di valutazione e di miglioramento della qualità dei Corsi di Laurea e di Laurea Magistrale, e che il Ministero riconosca agli atenei in modo specifico questa voce di costi. Tale necessità è ormai sempre più stringente anche per permettere di conservare e accrescere “il valore aggiunto” costituito dalla grande capacità di inventiva, di gestione e motivazionale dei docenti coinvolti nella attività dei CLM, ma soprattutto per evitarne il logoramento.

4. Conclusioni

La conclusione più interessante, alla fine di questo I ciclo del Progetto Site Visit, è certamente quella che gli obiettivi che la Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia si era posta con la sua istituzione, sono stati pressoché pienamente raggiunti. Nello specifico: reiteratamente sono state analizzate le criticità e di volta in volta proposte le soluzioni; le eccellenze sono state ampiamente individuate e divulgate e, in alcuni casi, anche riproposte in sedi diverse; forte è stato lo stimolo sul percorso della qualità, tanto che ormai non c’è CLM che non abbia affrontato il problema del mantenimento e della valutazione della qualità in modo organico e, inoltre, è percepibile l’attenzione alla vera realizzazione di una gestione e di una offerta didattica e formativa qualitativamente elevata; il confronto continuo ed il dibattito sui risultati dei tre esercizi di questo ciclo ha prodotto una graduale omogeneizzazione degli obiettivi didattici ed una maggiore uniformità nell’organizzazione dei diversi CLM.

A questo punto ci sono tutti i presupposti per trasformare il Progetto Site Visit in un vero sistema di Accreditamento tra pari; per questo è necessario, come già ricordato nell’introduzione, stilare i requisiti minimi di accreditamento e indicare le linee guida per il raggiungimento/mantenimento in tempi ragionevoli di tali requisiti. Una volta testato il sistema cosi prodotto “simulando” un programma di accreditamento sui dati già presenti e relativi al III esercizio del I ciclo, si potrà procedere ad un I esercizio di un II ciclo di Site Visit (più strutturato e agile, possibilmente finanziato almeno in parte) con finalità di Accreditamento interno alla Conferenza. Nello stesso tempo è indispensabile puntare ad una legittimazione ministeriale del programma sia in termini di ufficializzazione dello stesso, sia ai fini del suo riconoscimento quale strumento di valutazione della didattica relativamente alle strutture coinvolte (Atenei, Facoltà, Dipartimenti).

Non v’è dubbio che, per quanto detto e per le potenzialità appena menzionate, la realizzazione del Progetto Site Visit rappresenti un grosso successo dell’attività della CPPCLMC e di tutti i CLM d’Italia. È evidente altresì che, seppure le ripercussioni della crisi non risparmino di certo le nostre attività, è comunque presente un fermento continuo di idee e di azioni che porta a continui avanzamenti anche se lenti e difficili. Prendere coscienza di ciò è estremamente importante per arrivare ad una fase di maturità della gestione dei CLM dove, oltre a proporre, programmare e organizzare, si riesca anche a governare realmente i processi.

Ringraziamenti

I veri Autori di questo articolo sono tutti coloro che hanno reso possibile, con il loro impegno personale, la realizzazione del terzo esercizio delle on site visit ed in questo senso un ringraziamento va a tutti i componenti le commissioni ed a tutti i Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia del nostro Paese.

Un ringraziamento particolare va a Mario De Marchi che ha partecipato ai lavori della Commissione centrale e a Carmen Mazzitelli che ha contribuito in modo determinante alla elaborazione ed al controllo dei dati, nonché alla revisione della bozza dell’articolo; un grazie infine a Martina Leopizzi per la cura delle figure e delle tabelle.

 

Bibliografia

1) On site visit di valutazione tra pari, Andrea Lenzi, Sabrina Luccarini, Giovanni Danieli – Medicina e Chirurgia 2009; 29,1125-1127.

2) Esercizio on site visit 2004-2005. Risultati della prima esperienza, Andrea Lenzi, Sabrina Luccarini, Giovanni Danieli e i Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgia 2005. Medicina e Chirurgia 2009; 45, 1913-1916.

3) Esercizio on site visit 2007-2008. Metodologia della ricerca, elaborazione ed analisi dei dati, Roberto Dandi, Claudio Romano, Sabrina Luccarini ed i Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgia 2008; Medicina e Chirurgia 2009; 45, 1917-1934.

Cita questo articolo

Della Rocca C., Dandi R., Lenzi A., Visit Site. Esencizio on site visit 2010-2011. Risultati del terzo esercizio, primo ciclo, Medicina e Chirurgia, 55:2443-2458, 2012. DOI:  10.4487/medchir2012-55-4

La Salute Globalen.55, 2012, pp.2430-2435, DOI: 10.4487/medchir2012-55-1

Abstract

What kind of ethics is implied in “teaching” medicine? Needless to say, there is the ethics of the teachers, i.e. their personal behavior and passion towards their students as well as the institutions they work for. At the same time, however, there is the ethics entailed in medical practice as such. By addressing this issue in a “global” perspective and looking at the new global risks for human health, we are confronted with three main responsibilities: benefits sharing, distribution of resources (including human and professional resources), and the overcoming of different kinds of double standard.

Articolo

Il collegamento fra l’etica della docenza e il tema della salute globale può apparire estrinseco. Con la prima – così si potrebbe argomentare – ci si riferisce all’insieme delle regole (più ampie di quelle fissate dagli obblighi contrattuali o comunque giuridicamente vincolanti) e degli stili di comportamento ai quali si dovrebbe ispirare l’attività d’insegnamento. La dimensione globale dei problemi connessi alla tutela della salute riguarda invece il contenuto piuttosto che le modalità di svolgimento di tale attività. Si può fare lezione su questo argomento come su altri: con lo stesso impegno, lo stesso rigore, la stessa serietà. Questa conclusione, evidentemente ineccepibile, è nondimeno una semplificazione, che elude l’ambiguità del genitivo nell’espressione etica della docenza.

L’elenco dei doveri fondamentali dei docenti nei confronti dei loro studenti e delle istituzioni nelle quali e per le quali operano è in fondo piuttosto scontato. Nessuno potrà mai presentare come modello di “buon” professore l’assenteista sistematico, chi cerca di trasformare le sue aule e i suoi studi in platee di cortigiani o chi non è in grado di difendere senza imbarazzi la trasparenza, equità e imparzialità delle sue scelte quando è chiamato a far parte di una commissione di concorso. Questo è però solo uno dei percorsi attraverso i quali l’etica entra nell’attività di chi insegna e trasmette ad altri quel sapere che proprio in questo modo continuerà a crescere. Da questo punto di vista, peraltro, la posizione del docente medico non è sostanzialmente diversa da quella dei colleghi di altre discipline. La riflessione si fa più interessante (e anche complessa e potenzialmente controversa) nel momento in cui ci interroghiamo sulla neutralità, sul carattere puramente tecnico dei contenuti dell’insegnamento. Nel momento in cui, in altri termini, ci domandiamo se nelle Facoltà di Medicina si debba semplicemente insegnare come funziona il corpo umano, a quali rischi di malattia è esposto e come le diverse patologie possono essere efficacemente curate o si debba piuttosto integrare questo fascio sempre più differenziato di competenze in una visione del senso della pratica medica, dei suoi fini e dunque, conseguentemente, dei suoi doveri. Il tema è davvero delicato e i segnali per così dire “istituzionali” sono contrastanti. Il Codice deontologico della Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) non è affatto un testo eticamente neutrale. Basti pensare, oltre all’esplicito richiamo ai «valori etici della professione» (art. 4), all’indicazione inequivocabile che «il medico è tenuto a collaborare alla eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario, al fine di garantire a tutti i cittadini stesse opportunità di accesso, disponibilità, utilizzazione e qualità delle cure» (art. 6). Non si tratta, con tutta evidenza, di uno standard di competenza. Si tratta del dovere morale di opporsi all’idea che ogni cittadino ha diritto alla speranza di salute che è in grado di comprare e nulla più. Questa tesi non si trova nei trattati di anatomia e non corrisponde alle condizioni di esercizio della pratica medica in molti paesi. Fa parte, con altri principi come quello del rispetto dell’autonomia del paziente, di una prospettiva etica, prima ancora che di un quadro normativo giuridicamente vincolante, che si chiede di condividere. E che dunque dovrebbe essere insegnata. Come non sempre accade, almeno in forma curriculare esplicita, visto che la bioetica e l’etica medica continuano a spiccare per la loro assenza in molte delle Facoltà di medicina italiane. Rimane il fatto che i nuovi medici si troveranno, come chi li ha preceduti, di fronte alla responsabilità di combinare e gerarchizzare diversi modelli di professione, fra loro non sempre compatibili. Pedro Laín Entralgo ha tipizzato per esempio quattro profili. C’è l’ego adiuvans della medicina come «vocazione» all’assistenza delle persone sofferenti e bisognose. C’è l’ego sapiens di chi persegue come fine principale la conoscenza scientifica della natura e vede nel malato appunto «un oggetto di conoscenza razionale». L’ego fungens corrisponde all’esercizio della pratica medica come servizio a un’istituzione, sia essa o no statale, che riconosce fra i suoi compiti l’assistenza ai malati, trasformando di conseguenza il medico in un «funzionario». E c’è infine, oggi come sempre, l’ego cupiens dei medici «il cui maggior interesse consiste in una brama di lucro e di prestigio più o meno nascosta» e che, con il loro insegnamento e ancor più con i loro comportamenti, confermano l’amara conclusione affidata da Aristofane ad uno dei suoi personaggi quasi duemilacinquecento anni fa: «Dove non c’è guadagno, non c’è arte» (Il medico e il malato, Apèiron, Bologna 2002, p. 68). Ebbene: è parte integrante dell’etica della docenza anche l’impegno a far crescere negli aspiranti medici la consapevolezza delle faglie di potenziale conflitto fra questi modelli, fornendo allo stesso tempo strumenti di orientamento e decisione fra i valori ad essi sottesi. La salute globale appartiene in questa prospettiva all’etica della docenza, perché affrontarla significa inevitabilmente incrociare la questione della complessità e dell’efficacia con quella dei fini e dei beni.

Rischi senza frontiere e diritti asimmetrici

Contagion, di Steven Soderbergh, è solo l’ultima delle tante trasposizioni cinematografiche della paura che la fine dell’umanità arrivi non dall’infinitamente grande dello spazio con i suoi meteoriti ma dall’infinitamente piccolo del mondo dei batteri e dei virus. La conclusione è sempre, se non lieta, almeno ragionevolmente accettabile. Una parte più o meno grande dell’umanità riesce a sopravvivere e la nostra storia sulla terra può proseguire. Questa rimane per molti la prima e fondamentale prospettiva con la quale guardare al tema della salute globale. Non sono soltanto capitali, merci e persone a muoversi da una parte all’altra del pianeta. Gli agenti patogeni più diversi e pericolosi possono salire in aereo insieme a noi, per non parlare delle zanzare che possono muoversi con le nostre valigie piuttosto che con un carico di vecchi copertoni. La comunità internazionale ha preso in ogni caso sul serio questo rischio. Le International Health Regulations del 2005, entrate in vigore nel 2007 e sottoscritte da quasi 200 stati, sono uno strumento vincolante di diritto appunto internazionale e il loro scopo è esplicitamente quello di «prevenire la diffusione internazionale delle malattie, di proteggere da esse, di controllarle e di offrire una risposta in termini di salute pubblica in forme adeguate e limitate ai rischi ad essa connessi, evitando interferenze non necessarie con i traffici e il commercio internazionali». È scontata l’obiezione che questo obiettivo, alla prova dei fatti, si è dimostrato difficile da raggiungere, anche perché difficile è il calcolo dei rischi rispetto al costo degli interventi per prevenire o almeno contenere una pandemia. L’allarme lanciato dall’Oms nell’aprile del 2009 per l’influenza causata da una variante del virus H1N1 (la famigerata influenza suina) è risultato probabilmente sovradimensionato, traffici e commerci si sono contratti in modo forse non necessario e ingenti risorse finanziarie sono state spese per produrre vaccini rimasti poi inutilizzati. Ma è anche facile rispondere che queste sono le obiezioni del senno di poi. La diffusione di un virus e le trasformazioni che possono renderlo più aggressivo non si possono prevedere con l’esattezza con la quale gli astrofisici sono oggi in grado di calcolare la traiettoria di un corpo celeste. E la possibilità di sbagliare per eccesso di cautela va sempre messa in conto, insieme a quella di una sottovalutazione fatale. È davvero interesse di tutti potenziare strumenti come il Global Outbreak Alert and Response Network, naturalmente con la speranza di non averne mai bisogno.

Almeno due aspetti di questa “globalità” hanno poi un impatto innegabile sul vissuto quotidiano dell’impegno per la protezione della salute. I fattori ambientali sono decisivi per determinare la durata e la qualità della vita degli esseri umani e almeno alcuni di essi dipendono da dinamiche che eccedono di gran lunga le possibilità di controllo dell’individuo, ma anche quelle dei singoli stati. Si pensi solo ai rischi globali che scaricano i loro effetti sulla salute di tutti, che si tratti dell’assottigliamento della fascia di ozono piuttosto che della coltre di inquinanti che, grazie ai satelliti, vediamo coprire ormai interi paesi a seconda del gioco dei venti. Anche questa figura della globalità si infiltra in misura crescente nell’attività del medico, perché si infiltra pervasivamente nell’immaginario collettivo – oltre che nelle responsabilità della politica – e contribuisce a modificare l’ordine delle priorità e delle preoccupazioni delle persone, incidendo in questo modo sulla “domanda di salute” che esse esprimono. Il secondo aspetto della globalità con il quale i medici sono chiamati sempre più frequentemente a confrontarsi è l’erosione degli argini di sicurezza alzati intorno a patologie che alcuni popoli si erano forse illusi di aver definitivamente respinto lontano dai loro confini. I focolai della tubercolosi resistente ad ogni antibiotico conosciuto, per citare solo uno degli esempi che hanno l’impatto più forte e più drammaticamente evocativo, non si lasceranno facilmente circoscrivere. E ciò pone immediatamente due problemi: da una parte quello dell’assistenza sanitaria da garantire appunto agli immigrati e dall’altra quello di una collaborazione internazionale sostenuta ormai non solo dal vincolo tanto nobile quanto fragile della solidarietà, ma anche dalla certezza che i ricchi non sono al riparo dalle malattie dei poveri. E sarà dunque più facile che se ne occupino.

 L’etica medica è da sempre un’etica della paura e dell’angoscia, perché il lavoro del medico è sulla sofferenza e perché la morte, che pure egli può allontanare e rendere meno dolorosa, comunque arriverà. La minaccia globale e fatale, come si mostra, per aprire un’altra parentesi cinematografica, ne L’alba del pianeta delle scimmie, potrebbe anche venire non da qualche nicchia nascosta della natura, ma da ciò che gli uomini stessi hanno prodotto (magari con qualche spregiudicatezza e brama di profitto di troppo) “a fin di bene”, come una cura per l’Alzheimer. La pratica medica, tuttavia, non intercetta semplicemente queste paure naturali e profonde dell’essere umano. I fini e i beni in essa implicati sono anche diritti, così come solennemente riconosciuto nell’articolo 25 della Dichiarazione Universale del 1948 e, in modo ancora più esplicito, nella Costituzione della Organizzazione Mondiale della Sanità: «Il godimento del più alto livello ottenibile di salute è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano, senza distinzione di razza, religione, convinzione politica, condizione economica o sociale». Nell’articolo 14 della Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti dell’uomo, adottata per acclamazione dalla Conferenza Generale dell’Unesco nel 2005, questo riconoscimento è stato ribadito con un significato normativamente coestensivo al principio della «responsabilità sociale» per la salute, cioè all’affermazione che la promozione della salute è uno «scopo fondamentale» per i governi, condiviso da tutti i settori della società. Dunque non soltanto dai professionisti della sanità. Ma certamente e in primo luogo anche da loro. Concentrarsi sul livello globale di questa sfida insieme etica e politica significa oggi concentrarsi almeno su tre questioni cruciali, alle quali corrispondono esempi e dati che non possono più essere ignorati.

Tre punti

La prima decisione da prendere è quella sui limiti della “appropriabilità” del sapere in campo biomedico. La cartina di tornasole è ovviamente la questione dei brevetti e della proprietà intellettuale, rispetto alla quale una educazione alla sanità globale implica necessariamente l’opzione etica e non per questo astratta per la promozione del principio del benefit sharing, che può oggi contare su importanti riconoscimenti di principio e promettenti sperimentazioni di nuove forme di collaborazione.

Una “deprivatizzazione” mirata dei risultati della ricerca scientifica è lo strumento per disarmare il conflitto altrimenti sempre incombente fra il diritto alla proprietà intellettuale – che svolge certamente una funzione importante e deve dunque essere tutelato – e quei diritti fondamentali che non possono venire ad esso subordinati. La Dichiarazione di Doha del 2001 sugli accordi Trips e la salute pubblica già andava in questa direzione, introducendo la possibilità di una adeguata «flessibilità» e dunque di licenze obbligatorie di fronte alla estrema gravità dei problemi che affliggono «molti paesi in via di sviluppo e meno sviluppati». Le spinte a privatizzare restano tuttavia fortissime, con incursioni perfino nei territori apparentemente più protetti. La Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani del 1997, per esempio, aveva fissato il principio che «il genoma umano, nel suo stato naturale, non deve diventare fonte di guadagno». Il richiamo allo stato naturale apriva tuttavia una pericolosa breccia. Già nel 1998 una Direttiva dell’Unione Europea sulle biotecnologie specificava che il divieto di brevettare la sequenza anche parziale di un gene non si applica a «un elemento isolato dal corpo umano o altrimenti prodotto attraverso un procedimento tecnico». Quel che è isolato o prodotto può essere considerato come una invenzione, «anche se la struttura di tale elemento è identica a quella di un elemento naturale». È la stessa logica applicata a maggioranza nel luglio del 2011 dalla Corte d’appello del circuito federale degli Stati Uniti, che rovesciando la decisione di una Corte dello Stato di New York ha riconosciuto la brevettabilità del Dna appunto isolato e «chimicamente manipolato» dei geni Brca1 e Brca2, la cui mutazione implica un elevato rischio di carcinoma del seno e ovarico. La conoscenza brevettata è una conoscenza che si condivide solo a pagamento, così come le sue applicazioni dalle quali può dipendere la vita o la morte delle persone, ma per superare l’obiezione che la ricerca ha bisogno di risorse e che quando l’investimento non viene ripagato anche la ricerca è destinata a finire è necessario garantirne finanziamento e remunerazione al di fuori dei vincoli di mercato.

È ciò che alcune organizzazioni non governative stanno già facendo, con risultati spesso apprezzabili e che potrebbero essere decisamente incrementati se i governi dei paesi più ricchi cominciassero ad investire con convinzione e continuità in questa direzione, secondo il modello dei «fondi di innovazione» proposti da Joseph Stiglitz nel suo volume su La globalizzazione che funziona. Si tratterebbe, in concreto, di destinare risorse importanti a chi fa ricerca su malattie altrimenti destinate a restare neglette perché chi ne soffre non può pagare (diversamente dalle malattie rare per le quali l’investimento non conviene perché sono troppo pochi quelli che potrebbero pagare), rendendo immediatamente disponibili i risultati e, nel caso dei farmaci, rendendone immediatamente possibile la distribuzione attraverso produttori generici. Le priorità di questa agenda della ricerca internazionale dovrebbero essere naturalmente fissate insieme ai paesi più esposti alle malattie della povertà e in vista dei loro effettivi bisogni.

Quello della distribuzione delle risorse – e vengo così al secondo nodo cruciale di un’etica della salute globale – è peraltro un problema che non si può ridurre al solo aspetto delle dotazioni finanziarie, che resta evidentemente ineludibile. Il Codice globale per il reclutamento del personale sanitario, adottato dall’Oms nel 2010, è uno strumento nato dalla consapevolezza della specificità e gravità del fenomeno del brain drain per il personale medico e infermieristico. Uno studio pubblicato nel novembre del 2011 sul «British Medical Journal» e realizzato da un gruppo di ricerca guidato da Edward Mills, dell’Università di Ottawa, presenta alcuni dati inequivocabili, con specifico riferimento all’area sub-sahariana. Paesi come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, l’Australia e il Canada sono mete di elezione non solo per i giovani più brillanti formati in paesi come l’Italia, ma anche per chi cerca prospettive migliori a partire da situazioni ben più difficili. La delocalizzazione dei servizi sanitari è ormai un fenomeno di dimensioni rilevanti per il suo fatturato e con ricadute problematiche o senz’altro inquietanti dal punto di vista etico, ancor più di quanto ciò valga per il settore manifatturiero. La continua emorragia di medici e infermieri verso il mondo ricco e le sue promesse è l’altra faccia della stessa medaglia. Dal lavoro coordinato da Mills emerge che i nove paesi presi in esame perdono in questo modo non solo un capitale umano creato con molta fatica e non rimpiazzato da un corrispondente flusso in entrata (che resta limitato ad alcune punte vocazionali tanto encomiabili quanto, proprio per questo, numericamente ridotte), ma anche l’equivalente di una ricchezza stimabile in miliardi di dollari, che va ad approfondire anziché ridurre le faglie della disuguaglianza. Il «Policy Brief» dedicato dall’Ocse nel febbraio 2010 a questo tema della migrazione internazionale dei lavoratori della salute, realizzato in collaborazione con l’Oms, evidenzia come la percentuale di questi professionisti che si è formata all’estero sia estremamente variabile: si va nel 2008 da meno dell’1 per cento in Polonia al 39 per cento in Nuova Zelanda, con percentuali fra il 25 e il 35 per cento in Irlanda, Regno Unito e Stati Uniti (l’Italia appare uno dei paesi più “chiusi”, con una percentuale che non arriva al 5 per cento e che è però di poco inferiore a quella della Germania e della Francia).

Il fattore linguistico è evidentemente importante, ma ci sono due ulteriori aspetti che meritano particolare attenzione. Il primo è la constatazione del diverso peso relativo di questi flussi migratori di personale altamente specializzato. In una percentuale significativa si tratta di spostamenti che hanno sia come paese d’origine che come paese di destinazione l’area Ocse e inoltre paesi che contribuiscono in misura significativa in termini di numeri assoluti, come per esempio l’India, soffrono comunque una perdita circoscritta rispetto al totale delle persone formate, anche se è facile immaginare che la perdita si concentri nel segmento apicale per qualità. Ben diversa è la situazione per quei paesi, collocati perlopiù nel continente africano, nei quali la percentuale di espatrio si avvicina al 50 per cento o addirittura lo supera (e ciò vale per l’area francofona non meno che per quella anglofona). Allo stesso tempo, tuttavia, occorre avere la chiara consapevolezza che il problema della carenza di personale sanitario in alcune regioni del mondo non si risolve fermando il brain drain, perché i numeri di tale carenza eccedono di gran lunga quelli dell’emigrazione. Nel 2006, l’Oms stimava ad oltre 4 milioni nel mondo il fabbisogno insoddisfatto di lavoratori del settore sanitario, largamente se non esclusivamente generato nei paesi in via di sviluppo. Non ci si può illudere di rispondere ad una sfida di questa portata impedendo ai medici e agli infermieri di qualche piccolo paese sub-sahariano di andare a vivere e lavorare in Europa piuttosto che in America o in Australia.

Strumenti come il Codice globale aiutano allora a mettere a fuoco le priorità di intervento e cooperazione. Scelte come quella di rinunciare al reclutamento dai paesi con le maggiori criticità, così come il sostegno economico a programmi di formazione che prevedano l’obbligo di restare a svolgere la propria attività nel paese d’origine almeno per un certo numero di anni, possono senz’altro avere un impatto, ma impongono vincoli alla libertà delle persone e sono comunque inadeguate rispetto alle dimensioni del problema. Occorre puntare, soprattutto nel lungo periodo, sui meccanismi in grado di attivare una maggiore “circolarità” dei flussi migratori, in particolare incentivando le dinamiche di “ritorno” delle conoscenze e delle esperienze se non direttamente delle persone. E questo implica, in concreto, la disponibilità di docenti e ricercatori, di medici e infermieri a “viaggiare” non solo verso il Nord ma anche verso il Sud del mondo, magari per periodi di tempo limitati, perché solo così si accorciano le distanze e si fa crescere un “sistema” di educazione e strutture per la protezione della salute e la qualità delle cure.

Il terzo presupposto di un’etica della salute globale coincide con la risposta ad una domanda difficile: si può accettare, per le più diverse ragioni e in contesti e modi diversi, che in tale etica trovi spazio la regola del double standard, che è stata ampiamente discussa e contestata in riferimento alla ricerca biomedica? Sono molti, oggi, gli interrogativi che nascono per il fatto stesso che le applicazioni delle nuove scoperte scientifiche al corpo e ai corpi degli esseri umani si collocano in un orizzonte globale segnato da asimmetrie e rapporti di potere, forza, ricchezza. La Carta di Nizza dell’Unione Europea, per esempio, ha ribadito il principio già stabilito nel 1997 nella Convenzione di Oviedo, secondo il quale deve essere assolutamente bandita la possibilità di trasformare in fonte di guadagno «il corpo umano o sue parti». In gioco c’è ben più che la brevettabilità di frammenti del genoma. Cosa pensiamo e cosa siamo in grado di imporre, a livello appunto globale, rispetto ad un fenomeno come l’outsourcing delle gravidanze in paesi in via di sviluppo, che si presenta come reciprocamente vantaggioso e rispettoso del principio del consenso? Abbiamo o no il diritto “morale” di pronunciarci sulle donne di Anand, alle quali Michael Sandel dedica pagine brucianti del suo volume sulla giustizia (significativamente sottotitolato con un interrogativo: qual è la cosa giusta da fare?) e che hanno fatto di questa pratica un volano di maggior benessere e sicurezza economica? E ancora: come possiamo regolare il crescente commercio di campioni biologici? Come si potrà intervenire su quello degli organi, che non è necessariamente connesso a pratiche di sfruttamento criminale come l’omicidio o il rapimento di vittime inconsapevoli?

Dobbiamo avere l’onestà di riconoscere che la linea di divisione interno/esterno (quel che vale per noi e quel che si può accettare accada agli altri) rimane in molti casi rilevante, se non decisiva. Eppure tale linea rimane un segno di contraddizione per un’etica medica che sia un’etica dei diritti e della dignità di tutti gli uomini e di ciascun uomo, per quanto sfuggente tale concetto possa essere e rimanere. Il consenso preventivo e informato non è solo il principio cardine del nuovo paradigma dell’autonomia che ha sostituito l’antico paternalismo medico. È anche la procedura stabilita nel 1998 dalla Convenzione di Rotterdam, entrata in vigore nel 2004, per regolare il commercio internazionale dei «prodotti chimici pericolosi», il cui uso è stato bandito o sottoposto a restrizioni severe «per proteggere la salute umana o l’ambiente». Ogni Stato membro della Convenzione garantisce che le sostanze incluse nell’Allegato III della Convenzione stessa e quelle bandite o sottoposte a restrizioni severe sul suo territorio vengano, se esportate, accompagnate da una etichettatura che assicuri una adeguata informazione sui rischi, «tenendo in considerazione gli standard internazionali rilevanti». La Quinta Sessione della Convenzione si è svolta a Ginevra nel mese di giugno del 2011. Per la terza volta è stata avanzata la proposta di inserire nella lista l’asbesto crisotilo (amianto bianco) e per la terza volta non è stato possibile raggiungere il consenso necessario per l’inserimento. Nel Rapporto sui lavori della Sessione, che si può leggere sul sito della Convenzione, leggiamo che «due rappresentanti hanno affermato che l’uso dell’asbesto crisotilo non pone rischi per la salute, posto che siano osservati tutti gli standard di sicurezza», che è esattamente la ragione (indipendentemente dal fatto che molti paesi sono giunti alla conclusione, tradotta in chiari provvedimenti legislativi, che non è possibile un uso “sicuro” dell’amianto) per la quale una sostanza viene inserita come pericolosa nell’Allegato III. Questi rappresentanti hanno mantenuto la loro posizione nonostante l’aspro confronto con quanti chiedevano di aggiungere l’asbesto crisotilo alle altre fibre di asbesto già incluse nella lista e hanno infine firmato una dichiarazione nella quale hanno voluto almeno esprimere il loro «disappunto e frustrazione». L’impegno per la salute globale ha bisogno di strumenti efficaci in grado di superare questo tipo di conflitti e contraddizioni. Dunque di abituare i giovani a conoscerli, giudicarli, governarli.

Cita questo articolo

Semplici S., La Salute Globale, Medicina e Chirurgia, 55: 2430-2435, 2012.
DOI:  10.4487/medchir2012-55-1

Odontoiatria e protesi dentaria tra presente e futuro

In questo momento di forti tensioni e cambiamenti, anche l’odontoiatria italiana, sia nell’ambito della professione privata sia nel contesto accademico, sta vivendo un momento di transizione.

Dopo alcuni anni di progressivo e continuo ridimensionamento del numero degli accessi al corso di laurea su scala nazionale, per l’anno accademico 2010-11 abbiamo ottenuto una inversione di tendenza, con un aumento di un centinaio di posti rispetto all’anno precedente; questo incremento è stato essenzialmente legato al recepimento da parte degli organi competenti ministeriali dei risultati di indagini sulla professione che riportavano come tra circa 10 anni vi sarà un progressivo pensionamento di un numero molto importante di odontoiatri liberi professionisti, in particolare laureati in medicina e chirurgia, specialisti e non; inoltre nelle proiezioni a 15 anni è stato poi apprezzato come nel 2025 vi sarà un dimezzamento del numero degli odontoiatri, grazie ai pensionamenti già citati ed all’efficacia del numero programmato delle sedi nazionali.

Inoltre risulta singolare il contrasto tra il numero degli iscritti all’Albo degli Odontoiatri (circa 58.000, dato CAO), ed il numero di liberi professionisti odontoiatri che risultano al fisco italiano (circa 37.000).

Altro aspetto importante è il fenomeno della migrazione di studenti italiani in università europee, recente tendenza per molti connazionali non entrati nelle nostre università al fine di poter esaudire i propri sogni ed obiettivi; comunque va considerata come una tendenza non pericolosa se si manterrà nei numeri attuali, senza portare ad un importante incremento del numero dei professionisti in rapporto alle esigenze della popolazione.

Quindi è pensabile che la nostra professione continuerà ad essere “ricercata” dai giovani.

Certamente la crisi economica che viviamo e il nuovo ingegnarsi di molti professionisti nell’offrire e gestire la professione porterà a cambiamenti organizzativi e di immagine di fronte ai pazienti come p.e. un maggior numero di studi professionali associati e magari molti studi low cost; ma sostanziale sarà anche l’evoluzione delle terapie odontoiatriche di cui avranno bisogno i nostri pazienti, soprattutto considerando l’efficacia della prevenzione domiciliare e professionale ed il progressivo invecchiamento della popolazione che determineranno cambiamenti nell’organizzazione dell’attività libero professionale.; tutto questo potrà essere ben tollerato dal mercato a patto che la qualità delle prestazioni resti sempre di buon livello.

Certamente a questo cambiamento dovrà contribuire anche la struttura pubblica, cercando di recuperare alle terapie odontoiatriche una buona fetta di quel 70% di italiani che non frequenta gli studi odontoiatrici per motivi economici. A questo scopo sarà importante l’attività pratica alla poltrona degli studenti del corso di laurea nell’ambito dell’insegnamento delle materie professionalizzanti, fornendo una motivata, capace e dedicata forza lavoro alle strutture universitarie con la conseguenza di laureare alla fine del percorso universitario una generazione di neolaureati con maggiore esperienza clinica e pronti ad entrare nel mondo del lavoro. In questo ambito saranno fondamentali accordi a livello regionale con gli assessorati alla sanità, creando sinergie fondamentali per tutti gli attori di queste attività.

Nelle strutture universitarie già in questo nuovo anno accademico sentiamo il problema di molti pensionamenti che porteranno ad una riduzione del personale docente. Purtroppo non si può prevedere a breve una reintegrazione di questi docenti, e pertanto potrebbe divenire scelta quasi obbligata la “federazione” tra corsi di laurea se non addirittura tra facoltà e/o atenei, aspetto di cui si parla molto in questi giorni essendo queste nuove forme aggregative chiaramente indicate nel DDL Gelmini. L’esserne consapevoli potrà sicuramente non far trovare impreparate le strutture universitarie qualora questo problema diventasse ancor più pressante e stringente.

Nonostante tutti questi aspetti che possono essere fonte di riflessione ed anche di stress per la classe odontoiatrica universitaria e libero professionale, assistiamo però a “eccellenze” italiane nei vari settori dell’odontoiatria; molti sono i nostri professionisti considerati al vertice internazionale come specialisti e opinion leaders, così come la produzione scientifica italiana è la 5°-6° mondiale per lavori impattati pubblicati annualmente, quindi il nostro paese è ben vivo, considerato e rispettato. Nel prossimo futuro sarà necessario un ulteriore salto di qualità; questo potrebbe essere costituito dalla creazione ed integrazione di un sistema misto pubblico-privato nell’università, da una maggiore collaborazione tra CAO ed Università p.e. nella composizione delle commissioni di esame di stato, da un’interazione tra strutture pubbliche e professionisti così da coprire l’offerta di cure anche a quei pazienti affetti da patologie odontoiatriche particolari e/o sistemiche curabili preferenzialmente in ambienti protetti. Ma per ottenere questo ulteriore salto di qualità dovremo far in modo che le regole più elementari del libero mercato, sovrane nella nostra professione, siano capite da tutti, giovani e meno giovani, e quindi che il prestigio dei professionisti e dei docenti sia determinato dal saper fare e dal saper insegnare e non sia un “dovuto” dal ricoprire o aver ricoperto posizioni di prestigio associativo o accademico. Se quindi il professionista di riferimento sarà colui il quale apre il proprio studio ai giovani colleghi per insegnare loro in modo disinteressato così come il “maestro” accademico sarà stimato e ben voluto dagli allievi in base al rispetto acquisito sul campo, basato sul suo valore professionale e morale, ebbene allora avremo fatto il salto di qualità che ci è richiesto dalla ruota del tempo che, come è inevitabile, corre molto più veloce di noi tutti.

Manifesto di Intenti per il triennio 2011-2014n.55, 2012, pp.2427-2429

Nella prima seduta del 2012 della Conferenza (Roma, 27 febbraio) sono stati rinnovati, come da Statuto, la Presidenza e l’Ufficio di Presidenza per il triennio 2011-14. È stato riconfermato Presidente il Prof. Andrea Lenzi, che ha rinnovato il mandato di Segretario al Prof. Amos Casti; sono state elette come Vice Presidente la Prof. Stefania Basili e la Prof. Rosa Valanzano. La Composizione dell’Ufficio di Presidenza per il triennio 2011-2014 sarà quindi la seguente: A. Lenzi (Presidente), G. Danieli (Past-President), A. Casti (Segretario), R. Valanzano (Vice Presidente), S. Basili (Vice Presidente Vicario). Il Presidente ha assegnato alcune deleghe come riportato nella Tab. 1.

Tabella 1 – Deleghe
Rappresentanza presso Ministeri e Istituzioni A. Lenzi
Coordinamento dei gruppi R. Valanzano
Gestione editoriale dei Quaderni di Medicina e Chirurgia G. Danieli, S. Basili
Gestione Sito Web Conferenza e Rivista S. Basili
Archivio Conferenza A. Casti, C. della Rocca
Rapporti con la Conferenza Permanente dei Presidi di Medicina e Chirurgia S. Basili, C. della Rocca
Rapporti Internazionali, Progress Test ed Esame di Stato A. Tenore
Rapporti con la SIPEM P. Gallo
Rapporti con l’AMEE e le altre organizzazioni internazionali di Medical Education G. Familiari
Rapporti con le Associazioni studentesche di area medica (attività di monitoraggio) P. Gallo
Corsi di Laurea Magistrale in lingua inglese (attività di monitoraggio) S. Filetti
Esame di ammissione (attività di monitoraggio) G. Familiari
Esame di Stato, tesi e composizione del voto di laurea (attività di monitoraggio) S. Basili
Percorsi di eccellenza e Rapporti con il III livello di istruzione post Laurea Magistrale R. Zucchi

Il Manifesto di Intenti della Conferenza del triennio 2008-2011 comprendeva una serie di progetti in larga parte ancora validi. Molti di questi sono tuttora in corso, altri sono in fase applicativa, altri ancora sono in elaborazione e stanno giungendo gradualmente a conclusione.

Proseguendo su questa stessa strada il Manifesto di Intenti della Conferenza, per il triennio 2011-2014 (approvato a Padova il 14 aprile 2012), include altri progetti sempre inerenti gli obiettivi della Conferenza (Tab. 2).

Tabella 2 – Elenco Progetti

1. Selezione all’accesso e test attitudinali – riforma e monitoraggio
2. Valutazione e visit site di accreditamento – dati terzo esercizio e programmazione quarto
3. Innovazione pedagogica – programmazione forum, pillole pedagogiche, atelier di studio e approfondimento
4. Core Curriculum – revisione continua
5. Libretto delle abilità e diploma supplement – valutazione e proposta della Conferenza
6. Distribuzione dei Corsi nei Piani degli studi – monitoraggio
7. Distribuzione dei CFU per SSD – monitoraggio
8. Medicina del territorio – rapporti ai fini del CLM e dell’esame di stato
9. Medicine alternative . monitoraggio nei corsi
10. Malattie rare e cure palliative: esempio di medicina personalizzata e comunicazione Medico-Paziente – sperimentazione della didattica ad hoc
11. Criteri e parametri di valutazione della didattica ai fini della valutazione del Docente Universitario: dal manuale qualità, al rapporto di autovalutazione agli indicatori – studio e proposte

L’Ufficio di Presidenza ha inoltre previsto alcuni obbiettivi strategici derivanti dai progetti sopra esposti che possono essere riassunti nei punti riportati nella Tab. 3.

Tabella 3 – Obiettivi strategici
1. Far derivare dai progetti decisioni pratiche, specie in relazione all’organizzazione didattica, a cui dare la forza sufficiente per essere applicate in ogni sede e creare le occasioni per diffondere a livello istituzionale le attività della Conferenza implementandone l’immagine.
2. Sviluppare le conoscenze d’innovazione didattica e di miglioramento continuo della formazione in medicina.
3. Implementare l’attività di autovalutazione ed accreditamento identificando le eccellenze, creando una mappa di tali eccellenze anche al fine della formazione dei docenti.
4. Predisporre un sistema di valutazione dei docenti basato su nuovi criteri di meritocrazia integrata scientifica, ma anche didattica fornendo indicatori specifici.
5. Mettere a punto iniziative che consentano una proiezione internazionale della Conferenza.
6. Implementare i collegamenti con le Istituzioni, le Conferenza, le Società scientifiche e le Agenzie specializzate nella formazione in area sanitaria.
7. Implementare le attività aggiuntive di alta formazione scientifica, tecnologica e sperimentale che consentano di identificare fra gli studenti le vocazioni alla ricerca scientifica.
8. Implementare l’internazionalizzazione del nostro percorso formativo.
9. Sviluppare strategie utili ad un raccordo con le attività formative post laurea.
10. Coinvolgere gli studenti e le loro Associazioni nell’applicazione dei progetti relativi al percorso formativo.

 L’intero programma del Manifesto è inteso a sviluppare i progetti sopra esposti, con molta attenzione a qualità, valutazione, innovazione, eccellenza, nell’ottica di porre la Conferenza in grado di incidere profondamente nella formazione del Medico, esaltandone l’immagine nazionale ed internazionale ed incrementando nello stesso tempo i rapporti con la società civile e con le istituzioni.

Il presente testo è disponibile collegandosi a: http://presidenti-medicina.it/