Farmaci equivalenti e farmaci biosimilari, carte vincenti nella partita per la sostenibilità dei servizi sanitarin.76, 2017, pp.3432-3436, DOI: 10.4487/medchir2017-76-3

Vicepresidente Assogenerici e Coordinatore dell’Italian Biosimilars Group (IBG)

Abstract

The challenge facing public health today in all advanced countries is certainly to ensure the sustainability of pharmaceutical spending while at the same time ensuring access to innovative medicines, which will also respond to unmet medical needs.

The experience of recent years has shown us two very effective weapons: generics and biosimilars. Generics and Biosimilar medicines industry is now at the heart of the pharmaceutical policy of public health systems, as it provides essential medicines to deal with most common, acute and chronic diseases.

On the other side the importance of biologicals medicines will continue to increase in the coming decades.

For this reason, Europe has focused on biosimilars that between 2007 and 2020 will generate savings between 11.8 and 33.4 billion in the eight biggest EU countries.

Therefore it is essential for physicians – today, but above all tomorrow – to become quickly familiar with the therapeutic opportunities offered by biosimilars medicines that are becoming more and more widely used in clinical practice.

Key words: sustainability, pharmaceutical expenditure, generics, biosimilars.

 La sfida che attende la Sanità pubblica di tutti i Paesi del mondo avanzato e certamente quella di assicurare la sostenibilità della spesa farmaceutica e di garantire allo stesso tempo l’accessibilità ai farmaci innovativi, che potranno dare risposta anche a bisogni sanitari finora inevasi. L’esperienza di questi anni ci ha dimostrato che disponiamo già di due armi efficacissime: i farmaci equivalenti e i biosimilari. L’industria dei generici-equivalenti e oggi al centro delle principali politiche farmaceutiche dei sistemi sanitari pubblici, poichè fornisce i medicinali essenziali per affrontare tutte le patologie più diffuse, sia acute che croniche.

Per quanto riguarda i farmaci biologici, la loro importanza e destinata ad aumentare ancora nei prossimi decenni. E per questo motivo che l’Europa ha puntato da subito sui biosimilari, che tra il 2007 e il 2020 l’utilizzo dei biosimilari dovrebbe determinare, negli otto principali Paesi UE, un risparmio complessivo compreso tra gli 11,8 e i 33,4 miliardi di euro.

Anche per questo e essenziale che i medici – di oggi ma soprattutto di domani – siano messi in condizione di familiarizzare precocemente con tutte le opportunità terapeutiche destinate a diventare di sempre più ampio uso nella pratica clinica.

Parole chiave: sostenibilità, spesa farmaceutica, generici, biosimilari.

Articolo

Introduzione

Gli incredibili progressi frutto dei traguardi della ricerca scientifica hanno consentito di raggiungere bersagli fino a poco tempo fa inimmaginabili nella diagnosi e nel trattamento di gravi patologie. Grazie ai livelli essenziali di assistenza il nostro Servizio Sanitario Nazionale rappresenta fin dalla sua istituzione una garanzia di accesso alle cure e all’assistenza per tutti i cittadini, ma proprio in quest’ultimo decennio la coincidenza di tre fattori concomitanti – l’invecchiamento della popolazione e dunque la sempre maggiore incidenza delle malattie croniche, l’ingresso di farmaci innovativi di costo elevato e il ridotto tasso di crescita economica con conseguente erosione degli stanziamenti in campo sanitario – sta rendendo sempre più critico il bilanciamento tra diritto alle cure del paziente e sostenibilità economica del servizio.

Per questo motivo, la sfida che attende la Sanità pubblica di tutti i Paesi del mondo avanzato e certamente quella di assicurare la sostenibilità della spesa farmaceutica e di garantire allo stesso tempo l’accessibilità ai farmaci innovativi. L’obiettivo e far si che ogni paziente possa ricevere il farmaco più appropriato alla patologia da cui e affetto in una logica di costo-beneficio, dunque non necessariamente il più innovativo e costoso. Per capire quanto questa sfida sia cruciale, basta analizzare i principali dati di settore.

 

I trend di mercato

Il mercato farmaceutico mondiale vale oggi 935 miliardi di dollari ed ha registrato negli ultimi cinque anni una crescita media del 6,5% e in particolare in Europa la spesa per medicinali specialistici e cresciuta a tassi mediamente più elevati rispetto alle altre componenti della spesa. Le prime 5 classi a più alto impatto di spesa – oncologia, malattie autoimmuni, anticoagulanti orali, HIV) – determinano il 64% della crescita ed e in queste aree che si concentrano i farmaci biologici che rappresentano il 26,4% del mercato mondiale (247 miliardi di dollari).

L’importanza dei medicinali biologici e destinata ad aumentare ancora nei prossimi decenni proprio per la loro capacita di fornire cure efficaci e mirate per molte patologie gravi e rare.

Già oggi 7 tra i primi farmaci al mondo per fatturato sono biologici. Tra questi, al primo posto, l’Adalimumab, anticorpo monoclonale utilizzato come terapia contro l’artrite psoriasica e l’artrite reumatoide nelle forme più gravi; l’Etanercept, per il trattamento di malattie autoimmuni; il Trastuzumab, anticorpo monoclonale umanizzato utilizzato per combattere il carcinoma mammario avanzato e cosi via.

Il quadro descritto e inevitabilmente destinato ad accentuarsi. Le stime più recenti confermano una previsione di crescita del 6,5% per un mercato farmaceutico mondiale che nel 2022 dovrebbe quotare 1,06 trilioni di dollari. Secondo gli analisti, il 32% della crescita dovrebbe derivare dalla vendita di farmaci orfani, che quoterebbe oltre 95 miliardi di dollari, ma un contributo altrettanto importante deriverà dalle terapie oncologiche (+13%) che nel 2022 totalizzerebbero un mercato mondiale pari a 192 miliardi di dollari.

Di pari passo aumenterà il ruolo dei biosimilari la cui presenza sul mercato entro il 2022 andrà ad impattare, complici le scadenze brevettuali, su un volume di vendite pari a 194 miliardi di dollari.

Alla luce di queste evidenze, gli esperti di tutti i sistemi sanitari avanzati sono consapevoli del fatto che la sfida a livello mondiale sarà rappresentata dalla necessita di trovare un punto d’incontro tra le esigenze di una popolazione che invecchia e che manifesta il peso della cronicità e l’onere delle terapie ad altissimo tasso di innovazione, che sono prossime ad approdare sul mercato farmaceutico mondiale e che fortunatamente potranno dare risposta anche a bisogni sanitari finora inevasi.

L’esperienza di questi anni ci ha dimostrato che disponiamo già di due armi efficacissime che possono aiutarci a vincere questa sfida: i farmaci equivalenti e i biosimilari.

La certezza dei farmaci equivalenti

Non e un caso, infatti, se l’industria dei generici equivalenti e oggi al centro delle principali politiche farmaceutiche dei sistemi sanitari pubblici, poichè fornisce i medicinali essenziali che consentono agli operatori sanitari di affrontare tutte le patologie più diffuse, sia acute che croniche. Grazie a questi prodotti – efficaci, di uso consolidato e di alta qualità, che hanno perso la copertura brevettuale e che dominano il mercato farmaceutico mondiale – milioni di pazienti hanno beneficiato di un migliore accesso a medicinali essenziali e salvavita.

In Europa il sorpasso tra mercato degli equivalenti e branded e stato realizzato nel 2016, quando gli equivalenti hanno rappresentato il 62% del mercato farmaceutico totale dell’Unione.

I benefici di questo trend di mercato sono evidenti: negli ultimi 10 anni i farmaci equivalenti hanno garantito un incremento di oltre il 100% nell’accesso alle terapie farmacologiche delle prime 7 aree terapeutiche relative alle patologie a più alta incidenza nella popolazione.

Il dato e ancora più importante se riferito alla realtà del nostro Paese dove si registrano fenomeni decisamente contraddittori: da un lato gli equivalenti assorbono solo il 21% del mercato, diversamente da quanto accade in altri mercati avanzati europei: Germania, Olanda, Svezia, Regno Unito, solo per fare alcuni esempi; dall’altro, secondo le statistiche del Censis, nel 2016 ben 11 milioni di italiani – 2 in più rispetto al 2014 – hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie necessarie che non riuscivano a pagare di tasca propria.

La rivoluzione dei farmaci biologici

Tornando alla sfida della sostenibilità delle cure, se e vero pero che con i farmaci biologici stanno crescendo e cresceranno ancora le opzioni terapeutiche per malattie magari in precedenza incurabili e altrettanto vero che i nuovi farmaci – come ad esempio gli anticorpi monoclonali (farmaci a bersaglio molecolare) – a causa dell’alta tecnologia produttiva, sono molto costosi e stanno ponendo problemi di accesso anche nei Paesi più avanzati.

Basti pensare, ad esempio, che nel 2012, nei Paesi europei a più alto reddito, solo il 15% dei pazienti eleggibili poteva ricevere il trattamento per l’artrite reumatoide.

E per questo motivo che l’Europa ha puntato da subito sui farmaci biosimilari, facendo da apripista per l’ampliamento della platea dei pazienti eleggibili al trattamento con le terapie innovative.

I primi farmaci biologici, prodotti con biotecnologie, sono stati approvati negli anni Ottanta e hanno già contribuito al trattamento di milioni di pazienti affetti da malattie come i tumori, la sclerosi multipla, il diabete, l’artrite reumatoide e altre malattie autoimmuni e rare.

Un farmaco biologico e un farmaco che contiene uno o più principi attivi prodotti o derivati da una fonte biologica. Proprio in questo consiste la grande differenza esistente tra i farmaci “classici” e i farmaci biologici: i primi sono normalmente prodotti tramite un processo di sintesi chimica; la gran parte dei secondi e prodotta invece da organismi viventi.

Poiché due linee cellulari sviluppate indipendentemente non possono mai essere considerate identiche, l’Agenzia europea dei medicinali (EMA), ha coniato il termine “biosimilare”: un farmaco biosimilare e quindi un farmaco biologico sviluppato per essere “comparabile” a un farmaco biologico già esistente (il “farmaco di riferimento”) in termini di qualità, sicurezza ed efficacia.

La complessità dei farmaci biologici e il modo in cui essi vengono prodotti possono, infatti, comportare un certo grado di variabilità nelle molecole dello stesso principio attivo. Si tratta di una variabilità assolutamente naturale e può verificarsi anche in lotti diversi dello stesso farmaco: se il biosimilare viene approvato dall’EMA, significa che questa variabilità e le eventuali differenze tra il biosimilare e il suo farmaco di riferimento si sono dimostrate ininfluenti sulla sicurezza e l’efficacia del medicinale e quindi clinicamente irrilevanti

La chance dei biosimilari

Di fatto fin dal 1995 tutti i farmaci biologici devono essere valutati a livello centrale dall’EMA al cui parere scientifico favorevole e subordinata la formale autorizzazione all’immissione in commercio da parte della Commissione Ue.

Dal 2003 – con gli stessi criteri – e stato individuato uno specifico percorso normativo e regolatorio anche per lo sviluppo e l’autorizzazione dei farmaci biosimilari, cui si applicano gli stessi principi generali adottati a livello comunitario per i farmaci biologici di riferimento.

In aggiunta, poiché il biosimilare approvato e il suo farmaco di riferimento devono avere lo stesso profilo di sicurezza ed efficacia, la legislazione comunitaria definisce quali studi devono essere eseguiti per il farmaco biosimilare al fine di dimostrarne la comparabilità in termini di qualità, sicurezza ed efficacia (effetto terapeutico) con il farmaco di riferimento, e di dimostrare l’assenza di significative differenze cliniche rispetto al farmaco di riferimento.

Ogni domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco biosimilare e valutata caso per caso: una volta approvati, un farmaco biosimilare e il suo farmaco di riferimento hanno lo stesso profilo di sicurezza ed efficacia, incluso lo stesso livello atteso di reazioni avverse e una volta approvata l’immissione in commercio di un farmaco biosimilare a livello europeo, questa autorizzazione vale per tutti i Paesi, compresa l’Italia, dove all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) compete poi la negoziazione del prezzo con il produttore

I traguardi di un decennio

Il primo biosimilare a livello mondiale – la somatropina – e stato approvato nell’UE nel 2006. Da allora, di anno in anno, i biosimilari hanno garantito l’eleggibilità al trattamento con terapie innovative ad un numero sempre più ampio di pazienti che hanno potuto beneficiare delle cure in una fase anticipata del decorso della malattia, ottenendo cosi anche una migliore qualità della vita.

Oggi i biosimilari disponibili sul mercato europeo sono 20 e dal 2006 a oggi hanno generato piu di 400 milioni di giorni di esperienza clinica sui pazienti dell’Unione, trasformando un privilegio di pochi in un diritto di molti e garantendo un oggettivo beneficio economico ai sistemi sanitari che hanno colto le opportunità offerte dal loro utilizzo.

Tra il 2007 e il 2020 l’utilizzo dei biosimilari dovrebbe determinare, negli otto principali Paesi UE, un risparmio complessivo compreso tra gli 11,8 e i 33,4 miliardi di euro. Ulteriori risparmi – con conseguente ampliamento delle possibilità d’accesso alle cure – dovrebbero essere garantiti dalla scadenza brevettuale di altri 12 prodotti biologici attesa entro il 2020.

A documentare l’importanza della presenza dei biosimilari sul mercato europeo e un recentissimo rapporto realizzato da QuintilesIMS per la Commissione Ue.

Dallo studio – pubblicato a maggio e intitolato ≪The Impact of Biosimilar Competition in Europe≫ – emerge che l’introduzione dei farmaci biosimilari nel mercato europeo ha determinato nel tempo riduzioni del costo delle terapie tra il 10% e il 50% nelle diverse aree terapeutiche, a fronte del raddoppio della spesa europea per i farmaci biologici, passata dai 20 miliardi del 2006 ai 40 miliardi del 2016.

Dallo studio e emerso con chiarezza che l’effetto competitivo derivante dall’accesso del biosimilare sul mercato incide non solo sul prezzo del prodotto di riferimento ma sui listini dell’intera classe terapeutica.

Pr quanto riguarda il nostro Paese, un esempio concreto e rappresentato dall’ingresso sul mercato del filgrastim biosimilare che in meno di 10 anni ha consentito di raddoppiare il numero di trattamenti effettuati con questa terapia.

L’altra faccia della crisi

Tornando al rebus della sostenibilità vale la pena ricordare, ancora una volta, che la crisi dei sistemi sanitari – di cui e un evidente sintomo e che accomuna tutto l’Occidente industrializzato – viene solitamente attribuita ad un mix di concause: il sotto finanziamento, gli sprechi, le inefficienze. In realtà c’e una radice più profonda e generalmente sottaciuta: c’e una questione culturale che sempre più spesso ci impedisce di interpretare correttamente gli stessi concetti di scienza, progresso, salute, malattia, servizio.

La salute ha evidentemente un prezzo e ogni società sceglie sulla base della propria scala di valori quante risorse destinare alla sua tutela, ma se vogliamo riappropriarci dei valori che caratterizzano il nostro sistema sanitario universalistico dobbiamo senz’altro scegliere la bandiera della “sobrietà”, che porta ad utilizzare gli interventi medici in modo appropriato e a perseguire esiti clinici ragionevoli ed equi a costi praticabili, creando cosi un sistema economicamente sostenibile di garanzia delle cure.

Per questo e essenziale che i medici – di oggi ma soprattutto di domani – siano messi in condizione di familiarizzare precocemente con tutte le opportunità terapeutiche destinate a diventare di sempre più ampio uso nella pratica clinica. E ciò e tanto più vero in un panorama italiano che registra una grande eterogeneità di indirizzi a livello regionale a fronte di una evidente scarsità di informazione certificata sia dedicata ai clinici che ai pazienti.

Nell’ottica di un professionista sanitario, ad esempio, l’informazione sui vantaggi economici derivanti dall’apertura ai biosimilari – ovvero quella prioritariamente indirizzata ai prescrittori alla luce delle criticità di budget dei servizi sanitari – non può certo considerarsi esaustiva. E se sui biosimilari c’e una carenza di informazione qualificata e certificata, sugli equivalenti pesa invece l’effetto di “leggende metropolitane” derivanti da scarsa conoscenza dei fondamenti clinico-scientifici – che contribuiscono al perpetuarsi di antiche diffidenze.

Un adeguato bagaglio di conoscenze e indispensabile per garantire il rapporto di fiducia tra chi ha bisogno di salute (pazienti) e chi ha le conoscenze scientifiche per dare risposte al bisogno (medici). In quest’ottica Il ruolo dell’Università diviene quindi propedeutico e cruciale e la scelta vincente potrebbe essere rappresentata da un percorso universitario che doti i medici degli strumenti necessari ad interpretare in modo equilibrato lo scenario dove andranno ad operare

Incidenza dei farmaci equivalenti sui mercati farmaceutici mondiali

Incidenza dei farmaci biologici sui mercati farmaceutici mondiali

 

Cita questo articolo

Florenzano M., Farmaci equivalenti e farmaci biosimilari, carte vincenti nella partita per la sostenibilità dei servizi sanitari, Medicina e Chirurgia, 76: 3432-3436, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-76-3

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