Resoconto della 109a Conferenza Permanente dei Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgian.57, 2013, pp.2570

Il Presidente apre i lavori e riferisce relativamente all’ANVUR ed accreditamento dei Corsi di studio. Successivamente, con l’intervento anche del Prof. Gaudio, vengono approfondite le proposte relative all’ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, e in particolare a: voto di maturità ponderato, quesiti a risposta multipla consoni e non nozionistici, test psico-attitudinali in via sperimentale, prova unica per tutti i CdL, applicazione della legge Fioroni, anticipazione del test, graduatoria nazionale/locale. Tutto ciò in attesa di un incontro con il Ministro per mettere in atto delle proposte fattibili.

Il Prof. Pani presenta la “Formazione in Farmacovigilanza nei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia”, discutendo le dimensioni del problema, la nuova normativa, gli obiettivi, gli strumenti, i sistemi di segnalazione, la percezione del rischio, la carenza culturale e le conoscenze del rischio, il ruolo dell’AIFA.

Il Prof. Ricciardi illustra una ipotesi di collaborazione con il US Board of Medical Examiners.

Il Prof. Amoroso riferisce a proposito di un metodo di valutare le abilità in Semeiotica pratica, mediante l’uso di CD, DVD, Manuale di Semeiotica Pratica e griglie di valutazione.

Vengono presentati i Gruppi di Lavoro, coordina Rosa Valanzano, e si procede alla sostituzione dei Presidenti per i quali è scaduto il mandato o sono andati in quiescenza, e si nominano nuovi coordinatori. La proposta aggiornata verrà inviata dal Segretario a tutti i componenti della Conferenza e saranno recepite tutte le indicazioni e suggerimenti per le competenze indicate per l’approvazione definitiva nella prossima riunione della Conferenza.

Il Prof. Tenore nel ricordare i risultati del Progress test si dichiara contrario alla pubblicizzazione delle domande e delle risposte.

Il Prof. Della Rocca presenta una proposta di requisiti minimi per l’accreditamento dei CLMM, approfondendo lo scopo, l’organizzazione, la qualità e l’accreditamento, le risorse umane e strutturali, i servizi, il potenziale assistenziale fruibile, la didattica, la valutazione e il controllo degli studenti, il controllo dei corsi e dei docenti, i livelli di accreditamento.

La prof. De Marinis riferisce sulla relazione relativa a “L’interprofessionalità come risposta unitaria ai problemi di salute: obiettivi, metodologia e contesti formativi”, in particolare, l’approccio pedagogico, le strategie didattiche, la valutazione, i tempi della formazione interprofessionale, i problemi aperti.

Il Prof. Lenzi a nome Prof. Danieli, momentaneamente assente, illustra il Sommario del prossimo numero della rivista della Conferenza Medicina e Chirurgia.

Il prossimo incontro della Conferenza si terrà il 22 e 23 marzo a Palermo e quello successivo a Portonovo nel mese di settembre-ottobre.

Aggiornamento della Conferenza Permanente delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarien.57, 2013, pp.2569

Dalla Conferenza Nazionale di Portonovo – Ancona – dello scorso settembre, proseguono i lavori delle Commissioni Nazionali delle Lauree triennali sul documento ‘Linee guida per gli esami finali’ elaborato dalla Giunta e proposto per una prima approvazione nel Meeting di autunno. Con tale documento, la Giunta si era preoccupata di dare attuazione alle recenti Circolari Ministeriali sulla prova finale dei CL. In particolare, al fine di assicurare la massima omogeneità a livello nazionale, sono state discusse 1) la tipologia di prove da considerare per la prova di abilitazione e 2) i criteri di valutazione/peso di ciascuna componente della prova (prova pratica /tesi). Il documento iniziale, dibattuto e declinato nelle specificità da ciascuna Commissione sarà oggetto di definitiva approvazione da parte della Giunta. Nell’incontro della Giunta in fase di programmazione saranno anche discusse altre due tematiche definite tra le priorità del 2013:

a) graduatorie di ammissione: da anni il sistema di selezione dei corsi di laurea dell’area sanitaria è basato su graduatorie di merito con prima, seconda e terza scelta, in cui i candidati esprimono la propria opzione in relazione alla posizione raggiunta nella graduatoria dello specifico corso. Tale sistema ha assicurato modalità omogenee sul territorio nazionale per quantità di quiz, sistemi di valorizzazione di ciascuna risposta esatta o non, per giornata di somministrazione e, in linea generale, per complessità dei quiz proposti. Nel sistema di selezione attuale dei CdL, tuttavia, i candidati che perseguono un migliore risultato nella prova se non entrano nei posti del CL di prima scelta, rimangono spesso esclusi. Dall’esperienza maturata sinora, i processi di ‘ripescaggio’ dalle graduatorie qualora si creino posti liberi, richiedono procedimenti lunghi con ricadute negative sulla didattica del primo semestre. E’ necessario pertanto, nel complesso rapporto tra valorizzazione del merito e della motivazione, riaffrontare la questione nella sua complessità.

b) finalità dei CLM. Più Commissioni Nazionali hanno sollecitato un approfondimento sulla finalità dei corsi di Laurea Magistrale che continuano ad essere legati alla managerialità, includendo molti profili per un fabbisogno di ‘dirigenti’ di fatto in gran parte saturato. Alla luce dell’esperienza di questi dieci anni, saranno approfondite e discusse le diverse mission della Laurea Magistrale.

Resoconto della 108a Conferenza Permanente dei Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgian.57, 2013, pp.2569

L’inaugurazione della 108a riunione della Conferenza è avvenuta venerdì 05 ottobre 2012 nella magnifica cornice dell’Aula Magna dell’Università.

Dopo il saluto di Rosa Valanzano e delle Autorità (Magnifico Rettore, Assessore al Diritto e alla Salute, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia) il Presidente della Conferenza, Prof. Andrea Lenzi, ha riferito sugli obiettivi della Conferenza: 1) incremento della qualità, con le site visits che hanno evidenziato eccellenze e criticità; 2) progress test per l’apprendimento ed esame di stato; 3) innovazione didattica e core curriculum; 4) diffusione della rivista e sito web della Conferenza. Ha quindi fatto il punto sulla applicazione della L. 240/10 e la formazione in Medicina. In merito all’attività formativa di qualità per l’area medica ha sottolineato le iniziative e le realizzazioni effettuate dal Conferenza e dal CUN in materia di: 1) revisione dell’accesso a Medicina (domande a risposta multipla, curriculum della scuola media superiore, test psicoattitudinale, valutazione precedente nell’ultimo anno scolastico); 2) reclutamento e progressione di carriera; 3) Scuole di Specializzazione e Dottorato per la ricerca. I Decreti applicativi della L. 240/10 sono stati tutti completati (tabella sito CUN) e il CUN dovrà monitorarne la applicazione e segnalare le criticità. Ha poi risposto alle domande dei Docenti e Studenti sul futuro del Corso di Laurea sia dal punto di vista della didattica che della sua organizzazione e amministrazione.

Il Prof. Gensini ha svolto una brillante ed approfondita relazione sui “Nuovi orientamenti didattico-pedagogici in Medicina”.

Nel pomeriggio, presso l’AOU di Carreggi, si è svolto, con grande partecipazione e successo, il forum su “Integrazione nel territorio del sistema delle cure: ricadute sul percorso formativo” al quale hanno partecipato i Presidenti ed alcuni Esperti discutendo, in plenaria, in quattro laboratori ed infine in assemblea su: 1) l’interazione medico-paziente-famiglia; 2) la gestione del paziente fragile sul territorio; 3) la tutela della salute sul territorio; 4) la gestione delle risorse sanitarie sul territorio.

Il giorno successivo, sabato 05 ottobre 2012, sono proseguiti i lavori della Conferenza, come da OdG.

Il Presidente nell’introdurre il punto sul Manifesto di intenti 2011-2014 e la costituzione dei gruppi di lavoro, ricorda come sia importante mantenere i rapporti con e fra i corsi di laurea e di trasferire a tutti i Docenti le iniziative e i risultati dei forum ed atelier pedagogici. Ricorda gli obiettivi strategici che sono già a conoscenza dei Presidenti e presenta i progetti che verranno sempre discussi ed approfonditi nella Conferenza. Viene deliberato di attendere la iscrizione ai gruppi di lavoro di tutti i Presidenti, anche di quelli assenti, e di approvarne definitivamente la costituzione nel prossimo incontro della Conferenza a Roma il 10 dicembre p.v.

Inizia la presentazione dei vari gruppi, coordinata da R. Valanzano: 1) De Marchi: Malattie rare e cure palliative; 2) De Caro: Core curriculum; 3) Cavaggioni a nome di Familiari: Selezione all’accesso e test attitudinale; 4) Caruso: Medicine alternative e contraffazione Medicinali; 5) Casacchia: Criteri e parametri di valutazione della didattica ai fini della valutazione del Docente; 6) Porro: Medicina del territorio; 7) De Melia: Distribuzione dei CFU ai SSD: 8) Della Rocca: Cronoprogramma della valutazione e site visit di accreditamento; 9) Recchia: AVA, autovalutazione, valutazione, accreditamento; 10) Basili: Progress test .

Il rappresentante degli studenti del SISM (Segretariato Italiano Studenti in Medicina) illustra lo scopo dell’associazione e presenta organizzazione del Congresso Internazionale

Il Prof. Familiari presenta una analisi del test nazionale di ammissione a Medicina. Dopo aver presentato i dati relativi al numero di partecipanti nelle varie sedi e dei punteggi ottenuti, conclude che l’accorpamento non evita la disparità dei punteggi soglia in Italia, crea necessità di trasferimenti tra le sedi dei singoli accorpamenti e che la procedura sembra molto più lenta di quanto previsto inizialmente nel bando ministeriale. Vengono, inoltre confrontati i dati degli studenti della Sapienza-Cattolica-Campus immatricolati nell’Anno 2008.

Il Prof. Danieli illustra il Sommario del n. 56 della rivista della Conferenza, Medicina e Chirurgia.

Il prossimo incontro della Conferenza si terrà il 10 Dicembre a Roma.

Notizie dal CUNn.57, 2013, pp.2568

Nei mesi da giugno a dicembre del 2012 l’attività del Consiglio Universitario Nazionale si è incentrata principalmente sul chiarimento di alcuni aspetti ancora controversi della procedura per le abilitazioni nazionali. Quest’azione di verifica del CUN sulle procedure concorsuali si è basata sulle indicazioni contenute nella nota del 26 aprile 2012, nella quale il Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Prof. Francesco Profumo ha chiesto al CUN di monitorare il processo di applicazione della legge 30 dicembre 2010, n.240 e segnalarne i profili critici meritevoli d’interventi correttivi. Nel dibattito che ne è scaturito il CUN ha sempre operato al fine di garantire che le procedure delle abilitazioni scientifiche abbiano inizio e si svolgano correttamente giacché gli ultimi concorsi universitari sono stati banditi ormai nel lontano 2008.

Con questo spirito di collaborazione istituzionale all’inizio di giugno è stata redatta una mozione sul decreto n. 76 del 7/6/2012 “Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari”, che enuclea alcuni dei problemi divenuti materia di dibattito fino a oggi. In questa mozione il Consiglio ha ribadito la sua posizione sul fatto che il sistema di abilitazione non debba essere ridotto a una mera verifica quantitativa degli indicatori bibliometrici ma, come la legge vigente prescrive, si basi su “un motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche”. Il CUN è consapevole che l’applicazione tout court dei parametri si basa su previsioni che appaiono affette da un’indeterminatezza che non consente una corretta individuazione delle ricadute effettive sulle procedure di valutazione e che potrebbe impedire uno svolgimento regolare delle abilitazioni. In particolare, i punti critici che il CUN ravvisa sono che la popolazione volontaria del sito Cineca richiesta dal decreto possa, come poi è successo, non fornire “un’adeguata garanzia sulla rappresentatività del database dell’effettiva produzione scientifica della comunità accademica”. Per evitare questi rischi nella mozione è stata chiesta una serie di precisazioni sulla qualità del database e sulle procedure di calcolo dei parametri che, in gran parte, rimarranno lettera morta.

Successivamente, nella delibera n. 50/2012 sulla modalità di calcolo degli indicatori per i commissari e i candidati delle procedure di abilitazione, all’art. 16 l’Anvur ha chiesto al CUN se potesse determinare, nei SSD sopra i 100 docenti, la presenza di distribuzioni multimodali nella produzione scientifica dei docenti. Il CUN non ha ritenuto, nella sua mozione del 11/7/2012 di poter aderire a tale richiesta soprattutto perché non convinto dell’effettiva utilizzabilità degli indicatori proposti dall’ANVUR riproponendo, quindi, le sue forti perplessità sull’impianto complessivo della proposta.

Il 25 luglio il Ministro Profumo ha incontrato il CUN informandolo su diversi argomenti trattando, in modo particolare, le abilitazioni scientifiche nazionali. In questo incontro il Ministro ha confermato la pubblicazione pochi giorni dopo del decreto direttoriale relativo all’indizione delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale per la I e II fascia dei professori universitari. Sui vincoli imposti al turn over dai recenti provvedimenti legislativi, il Ministro ha confermato che i fondi del piano straordinario per gli associati restano fuori dalle limitazioni previste dalle nuove norme legislative, così come le disponibilità residue del turn over 2009-2010 e le risorse proprie degli Atenei. Nella stessa seduta il CUN, oltre ad affrontare nuovamente la questione della multimodalità all’interno dei settori concorsuali, ha chiesto chiarimenti su alcuni punti ancora controversi della procedura di abilitazione. In particolare il CUN, nella mozione sul DM 7 giugno 2012 n. 76, ha chiesto l’interpretazione autentica del combinato disposto dell’art. 3 comma 3 e dell’art. 6 comma 5, in merito alla facoltà delle commissioni di discostarsi dall’utilizzo degli indicatori di attività scientifica definiti all’art. 6 dello stesso DM 76/2012 e che venisse fornita in via interpretativa una definizione del concetto di «normalizzazione per età accademica» presente negli allegati A e B del DM.

Tra la fine di luglio e l’inizio di settembre, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana è stato pubblicato il Decreto Direttoriale n. 222 del 20 luglio 2012, che bandisce la “procedura per il conseguimento dell’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia” e, sul sito dell’ANVUR, le tabelle e i documenti riguardanti le mediane riferite ai settori bibliometrici e a quelli non bibliometrici, per i professori ordinari candidati a partecipare alle Commissioni nazionali di abilitazione, per i candidati all’abilitazione a professore ordinario e per i candidati all’abilitazione a professore associato. Infine il 6 settembre 2012 sono stati pubblicati gli elenchi delle riviste di “classe A” ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale per i settori non bibliometrici.

I numerosi problemi riscontrati in questa fase e le diverse versioni delle mediane da considerare per le procedure di abilitazione hanno creato un certo sconcerto nel mondo accademico italiano a tal punto che il CUN ha deciso di intervenire con due mozioni: una a garanzia del principio di trasparenza in merito alle procedure di abilitazione scientifica nazionale, l’altra di richiesta di esplicito chiarimento in merito al valore da assegnare al superamento della mediana per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale. Queste prese di posizione del CUN hanno suscitato la risposta sia del Ministro sia dell’ANVUR.  In una lettera indirizzata al Presidente del CUN, il Ministro ha risposto alla richiesta di chiarimento in merito alla facoltà delle Commissioni per Abilitazione Scientifica Nazionale di discostarsi dall’utilizzo degli indicatori di attività scientifica affermando che “le Commissioni hanno un margine di discrezionalità, atteso che possono discostarsi dai criteri e parametri disciplinati dal decreto, incluso quello della valutazione dell’impatto della produzione scientifica mediante l’utilizzo degli indicatori di attività scientifica, dandone specifica motivazione sia al momento della fissazione dei criteri di valutazione dei candidati sia nel giudizio finale espresso sui medesimi”. Nonostante questa precisazione il CUN ha ripetuto la necessità di un atto normativo esplicito per chiarire il punto.  A chiarimento anche di queste questioni, L’ANVUR ha pubblicato sul proprio sito una serie di documenti concernenti le procedure per Abilitazione Scientifica Nazionale tra cui le modalità di calcolo delle mediane e due documenti di chiarimento sulla lista delle riviste di classe A dei settori non bibliometrici.

Il 10 luglio il CUN ha ricordato Massimo Realacci, indimenticato consigliere rappresentante dell’area medica, la cui scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile per la passione, la competenza e la nobiltà d’animo con la quale affrontava tutti gli aspetti dell’attività del Consiglio.

Alla ripresa dei lavori dopo il periodo estivo, l’attenzione del CUN, pur continuando a essere focalizzata su temi quali l’abilitazione nazionale – sollecitando la rapida composizione delle commissioni e approvando una raccomandazione in merito alla definizione delle liste di studiosi ed esperti in servizio presso università di un Paese aderente all’OCSE ai fini del sorteggio delle Commissioni giudicatrici per il conseguimento dell’ASN – si è portata sui temi economici; in particolare, è stata espressa grande apprensione all’interno del mondo universitario per il paventato taglio di 400 milioni di euro al Fondo di Finanziamento Universitario per l’anno 2013.

Il CUN ha elaborato una proposta per la definizione dei criteri e delle procedure per il riconoscimento di scientificità delle riviste e ha reso il parere sulla bozza di Decreto di attuazione del DPCM 26.7.2011 concernente i criteri e le modalità per il riconoscimento dell’equivalenza ai DU di area sanitaria dei titoli del pregresso ordinamento, ai sensi dell’art. 4, c. 2 della L. 26 febbraio 1999, n. 42 .

Nella seduta del 6-7 novembre 2012, il CUN ha incontrato il Direttore generale dott. Daniele Livon che ha voluto chiarire alcuni dubbi espressi dal Consiglio in merito alle procedure di costituzione delle Commissioni per le Abilitazioni Scientifiche Nazionali; ai tempi e ai modi di avvio dell’AVA; alla scadenza per la spendibilità dei fondi straordinari per gli associati 2012 e 2013; alle risultanze delle procedure di valutazione per le “chiamate dirette” 2011.

Nella medesima seduta, il CUN ha incontrato i professori Bernardo Giorgio Mattarella (dell’Università degli Studi di Siena e della Scuola superiore della Pubblica Amministrazione) e Pier Luigi Portaluri (dell’Università degli Studi del Salento) che hanno tenuto un seminario interno sui procedimenti disciplinari nei confronti del personale docente e ricercatore. I colleghi hanno illustrato le principali questioni sottese al tema, quali: gli istituti e gli strumenti di garanzia dell’autonomia della Ricerca, dell’insegnamento e più ampiamente dell’autonomia universitaria, i diritti e i doveri connessi all’esercizio di funzioni pubbliche o comunque di rilevanza pubblica, i principi di etica pubblica, gli illeciti disciplinari e le sanzioni, il sistema delle garanzie procedimentali.

Si è inoltre avviata una riflessione in merito alle risultanze dei dati relativi ai finanziamenti PRIN 2010-2011. Nell’adunanza del 7/11/2012 in una nota inviata al Sig. Ministro, Prof. Francesco Profumo, il Consiglio Universitario Nazionale, ribadendo le preoccupazioni più volte espresse negli anni passati, ha giudicato particolarmente allarmante la previsione di un’ulteriore riduzione di 400 milioni di Euro a carico del Fondo di Finanziamento Ordinario 2013, condividendo perciò le medesime istanze poste a contenuto della mozione, chiedendo al Governo e al Parlamento di reintegrare i 400 milioni di EURO e di ripristinare il FFO 2013 almeno al livello del 2012.

Relativamente alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, il CUN ha approvato – a sostegno della mozione della Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia del 3 luglio 2012 e di quanto deliberato dalla Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Medicina e Chirurgia nelle sedute del 27 marzo e del 19 aprile 2012 – una mozione a proposito del processo di rinnovamento della prova di ammissione al CLM a Ciclo Unico in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e protesi dentaria.

Infine, è stata approvata una ulteriore nota che contiene “proposte relative a indicazioni ministeriali per la formulazione dei criteri di valutazione da parte delle Commissioni per l’ASN”;  sono state elaborate raccomandazioni e pareri relativamente al ruolo dei ricercatori a tempo determinato nei fondi PRIN e una Raccomandazione sullo schema di decreto del Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca «Regolamento recante modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di Dottorato e criteri per la istituzione dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditati».

Lettera

La Specializzazione di Medicina di Comunità, collocata dal DM 1.8.2005 nell’Area Medica-Classe della Medicina Clinica Generale, è l’unica Specializzazione che forma Medici Specialisti nell’area della Assistenza Sanitaria Primaria (ASP), sostenuta dall’OMS in numerosi Documenti.

La ASP è un modello di approccio ai bisogni di salute, siano essi bisogni semplici o bisogni complessi di tipo sanitario (es. polipatologia cronica), assistenziale (es. non autonomia), familiare (es. famiglia multiproblematica), sociale (es. abitazione inadeguata, reddito insufficiente).Tale approccio è denominato “approccio bio-psico-sociale”, è centrato sulla persona ed è basato su specifici criteri di valutazione dei bisogni (valutazione multidimensionale) e su altrettanto specifici criteri di risposta ad essi nei servizi in rete (integrazione dei servizi e dei professionisti, continuità di cura e assistenza, partecipazione di pazienti e famiglie nelle cure). Il modello della ASP è pertanto un modello basato su aspetti clinici, assistenziali e di coordinamento di interventi centrati sulla persona (cure+care+coordination).

Nel nostro Paese la ASP è denominata Cure Primarie (CP). Le CP sono al momento oggetto di crescente attenzione da parte delle Regioni alla luce degli scenari nazionali demografico (invecchiamento della popolazione), sanitario (aumento di patologie croniche e disabilità) ed economico (crescente spesa sanitaria, contenimento dei finanziamenti pubblici). Riconoscendo nella ASP “appropriatezza di risposta” ai bisogni primari di salute e “sostenibilità economica di offerta” dei servizi, tutte le Regioni hanno intrapreso il percorso di sviluppo di strutture specifiche di produzione delle CP (Dipartimenti di Cure Primarie, Nuclei di Cure Primarie, Case della Salute), con l’obiettivo di gestire programmi assistenziali centrati sui bisogni della persona, appropriati, efficaci ed erogati con gestione efficiente delle risorse. Rientrano in questi programmi le varie forme di assistenza domiciliare, le dimissioni ospedaliere protette, i percorsi di cura integrati per le patologie croniche e le disabilità, nell’intento di assistere pazienti complessi e/o in fase terminale attraverso cure specifiche e tecnologie di supporto all’interno della propria famiglia o delle comunità di appartenenza. La realizzazione di questi percorsi richiede la collaborazione attiva fra servizi ospedalieri e servizi territoriali secondo una visione centrata sul paziente e sui suoi bisogni assistenziali. La crescita di questi servizi è tuttavia resa critica dalla difficoltà di reperire professionisti provvisti di specifiche competenze di clinical governance dei percorsi di cura e assistenza, orientate a garantire continuità nei servizi in rete, con attivazione delle risorse necessarie secondo criteri di efficacia, efficienza e qualità.

Le metodologie da seguire per costruire questi percorsi costituiscono lo “specifico culturale” della Medicina di Comunità. Si tratta di metodologie nuove basate sulla rilevazione dei bisogni multidimensionali di salute, sulla stesura di piani assistenziali individuali, sulla attivazione della partecipazione di paziente e famiglia, resi competenti attraverso interventi di educazione sanitaria e terapeutica, sul coordinamento di team multiprofessionali, sulla attivazione di risorse appropriate, integrate e continue, sulla verifica di risultati di cura ed esiti di salute e qualità di vita.

Questo “specifico culturale” richiede competenze tradizionali e innovative che la Scuola fornisce attraverso il suo Ordinamento Didattico. Le competenze tradizionali sono quelle impartite dalle numerose discipline accademiche attinenti alle aree della prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione, organizzazione e gestione dei servizi. Le competenze innovative sono il prodotto di attività formative teoriche e professionalizzanti attinenti gli aspetti culturali e metodologici della“clinical governance dei percorsi di cura” previsti in molti percorsi aziendali innovativi, orientati ad obiettivi strategici centrati sul paziente. Ciò è reso possibile grazie alla “rete formativa integrata Università-SSR” in cui si sviluppa il percorso della Specializzazione.

Ne emerge uno “specifico professionale” che si configura come vera e propria sfida per la formazione di professionisti utili ai SSR.

Nota: dettagliate informazioni su Medicina di Comunità e Specializzazione si possono ricavare consultando i siti: http://www.medicina-comunita.unimore.it/site/home.html; http:// it.m.wikipedia.org/wiki/Medicina_di_comunità

 

Maria Angela Becchi1, Paola Facchin2

Scuole di Specializzazione diMedicina di Comunità delle Università di Modena Reggio Emilia1 e di Padova2

 

La prova finale per il conseguimento della laurea in Infermieristica: studio trasversalen.57, 2013, pp.2564-2566, DOI: 10.4487/medchir2013-57-8

Abstract

The bachelor’s course in Nursing ends with a final exam including a practical test and a dissertation. The current law only indicates the number of assessors in the commission, thus leaving universities free to choose how to conduct the exam. In 2011, we administered a questionnaire to 152 Italian nursing schools, in order to study the examination criteria for the final exam. 112 schools returned the questionnaire. 60 of them considered the marks scored by the students in both their theoretical and stage exams; 7 schools only considered the theoretical exams. 60 did not require cutoff marks. Erasmus experiences contributed to the final score in 18 schools, top marks in 40. Many different types of examination were in use for practical tests, and several type of dissertations were accepted. The current situation is far from the principles of the Bologna Process. The National conference can play an important role in standardizing both criteria and assessment methods for the final exam.

con la collaborazione del Gruppo di lavoro composto dal Consiglio direttivo della Commissione Nazionale dei Corsi di Laurea in Infermieristica: Pietro Altini, Saverio Ambesi, Maria Caiaffa, Alessandro Delli Poggi, Annamaria De Rossi, Anto De Pol, Loreto Lancia, Rosanna Lombardi, Maria  Matarese, Oliva Marognolli, Bruno Moncharmont, Alvisa Palese, Daniela Tartaglini.

Articolo

Introduzione

Il Corso di Laurea in Infermieristica termina con un esame finale, che abilita all’esercizio della professione; il suo scopo è verificare che al termine degli studi lo studente abbia raggiunto i livelli di competenza previsti dai decreti ministeriali (MIUR, 2009). La competenza può essere definita come ”una caratteristica intrinseca individuale, causalmente collegata ad una performance efficace o superiore in una mansione o in una situazione e che è misurata sulla base di un criterio prestabilito” (Gandini, 2005).

Nell’ambito della prova finale del triennio infermieristico, la competenza da valutare è di tipo professionale, costituita dai saperi e dalle tecniche connessi all’esercizio delle attività operative e richiesti da funzioni e processi di lavoro (McCready, 2006). In un’ottica più sociologica, essa è la risorsa che permette visibilità e riconoscimento nel mercato lavorativo (Walsh, Bailey e Koren, 2009).

La normativa prescrive lo svolgimento di una prova pratica e la dissertazione di un elaborato finale, in presenza di una commissione composta da “non meno di 7 e non più di 11 membri”, di cui almeno due designati dal Collegio professionale (MIUR, 2009). Le Università possono svolgere le prove secondo i criteri e le modalità che ritengono più idonee; sorge pertanto il dubbio che vi siano notevoli disomogeneità tra quanto avviene nei diversi Atenei. Poiché le competenze da acquisire sono uguali per tutti gli studenti, sarebbe auspicabile l’utilizzo di un metodo unico per l’accertamento, in ottemperanza alle indicazioni del Processo di Bologna (Davies, 2008). Per far ciò, è necessario disporre di informazioni precise sulle caratteristiche delle prove attualmente in uso. L’articolo presenta uno studio originale, volto a indagare le modalità di svolgimento della prova finale del corso di laurea in Infermieristica negli Atenei italiani.

Metodi e strumenti

È stato condotto uno studio trasversale, tramite la somministrazione di un questionario a 152 sedi del corso di laurea in Infermieristica. Non esistendo in letteratura uno strumento adatto agli scopi di questo studio, è stata creata una batteria di sei domande a scelta multipla*; alcune consentivano una risposta aperta (voce “altro”). I quesiti, formulati in base alla normativa vigente e ai regolamenti disponibili sui siti web delle Università, indagavano le seguenti aree:


Determinazione del voto di laurea (peso degli esami di profitto e tirocinio, della prova abilitante e dell’elaborato finale)


Caratteristiche della prova pratica (tipo di prova, attività sul paziente o in laboratorio gesti, piano assistenziale, procedure infermieristiche).

– Soglia di superamento

– Caratteristiche e valutazione degli elaborati finali

– Composizione della commissione valutatrice.

Il questionario, accompagnato da un testo di presentazione dello studio, è stato inviato tramite e-mail nella primavera del 2011. Le risposte, restituite attraverso lo stesso mezzo, sono state raccolte in un database di Microsoft Access®; le variabili quantitative sono state analizzate con Epi Info® tramite mode (Mo), mediane (Me) e range interquartili (IQR). Le risposte aperte sono state classificate tramite un codebook, al fine di raggruppare in classi univoche quelle che esprimevano gli stessi concetti con parole diverse; i dati così ottenuti sono stati descritti in termini di frequenze. La consistenza interna non è stata valutata poiché, considerata l’autonomia concessa dal Legislatore agli Atenei, le variabili non si prestavano alla formulazione d’ipotesi circa l’esistenza di legami. La validità di contenuto è stata garantita tramite il puntuale riferimento alla legislazione e ai regolamenti universitari. In base ai contenuti delle domande, non si è rilevata la presenza di variabili confondenti, né l’opportunità di costituire sottogruppi durante l’analisi; per esaminare i dati mancanti sono state utilizzate statistiche descrittive.

Risultati

112 sedi di corso, sulle 152 contattate, hanno restituito il questionario compilato (73.7%); 46 si trovavano al Nord (41.1% delle risposte), 38 al Centro (33.9%) e 28 al Sud (25.0%). Le restanti quaranta non hanno indicato il motivo della mancata partecipazione.

Determinazione del voto di laurea

La maggior parte delle sedi considera votazioni ottenute sia negli esami di profitto, sia in tirocinio, calcolando una media aritmetica (n=60, 53.6%) o ponderata (n=34, 30.3%). Tredici sedi (11.6%) non hanno barrato nessuna delle scelte riguardanti i voti degli esami e delle esperienze di reparto, né fornito spiegazioni circa i metodi utilizzati. Alcune sedi (n=7) conteggiano solo i voti degli esami di profitto; diciotto attribuiscono un peso all’esperienza Erasmus (Mo=2 punti), quaranta considerano le lodi ottenute negli esami di profitto, con criteri variabili. L’esperienza Erasmus, le lodi, la discussione della tesi e la prova pratica hanno valore diversi nelle varie sedi; la Tab. 1 compendia le particolarità dei punteggi attribuiti.

Tabella 1 – Determinazione del voto di laurea nelle sedi CLI

Caratteristiche della prova pratica

Il 50% delle sedi (n=56) sottopone i candidati a una prova scritta, che in nessun caso contiene domande aperte. Il numero di quiz che la compongono varia da ventidue a ottanta (Me=30, IQR 30-60, Mo=30). Tre sedi utilizzano per lo scritto altrettanti metodi alternativi (“micro-situazioni contestualizzate a risposta multipla, discussione di un caso etico-deontologico e una domanda aperta relativa al processo assistenziale”, “relazione scritta”, “tema a caso estratto dalla commissione”). La simulazione in laboratorio è utilizzata da44 sedi (39.3%), il caso clinico da 14 (12.5%), la discussione di un piano infermieristico da 12 (10.7%). Sette sedi portano lo studente al letto del malato, sei utilizzano checklist e cinque si servono del metodo OSCE (Objective Structured Clinical Examination). Le voci contenute nel campo “altro” sono “Quiz, caso clinico e discussione orale sull’argomento della prova” (1 sede), “Simulazione in laboratorio, checklist e discussione di casi clinici estratti a caso” (1 sede), “Quiz da 50 domande e colloquio” (6 sedi), “Dimostrazione pratica di un argomento tecnico-assistenziale” (1 sede) e “Quiz, caso clinico, checklist, discussione piano assistenziale, valutazione OSCE modificata” (1 sede). Le modifiche apportate alla valutazione OSCE non sono state specificate.

Soglia di superamento

Il 51.8% delle sedi (n=58: 17 sedi su 46 al Nord, 16 su 38 al Centro, 25 su 28 al Sud) non richiedono il raggiungimento di un punteggio minimo per il superamento della prova abilitante. Il 29.4% delle sedi (n=33: una al Nord, 6 al Centro, 26 al Sud) non ha barrato nessuno dei valori soglia proposti dal questionario, né hanno compilato il campo “altro”. Tra le sedi che impongono una soglia (n=54, 48.2%), tre hanno fissato un limite inferiore al 50% del punteggio massimo raggiungibile; le altre adottano criteri variabili, in funzione dei punteggi ottenibili tramite le prove che hanno scelto di attuare. Rapportando tutti i valori a dieci, per semplicità di confronto, il punteggio medio richiesto è di poco superiore alla metà del massimo possibile (5,3±0,1).

Indipendentemente dall’esito della prova pratica, sei sedi del Nord permettono comunque la discussione dell’elaborato finale, senza posticiparla, consentendo dunque il conseguimento del titolo e dell’abilitazione; in tutti gli altri casi (n=48, 42.8%) essa è rimandata. Una delle sedi che adottano quest’ultimo criterio, precisa che la discussione deve avvenire nella stessa sessione in cui è stata sostenuta la prova pratica.

Caratteristiche e valutazione degli elaborati finali

Il punteggio assegnato va da zero a venti (Me=Mo=10, IQR=[8;10]). Tredici sedi al Nord e dieci al Centro accettano indifferentemente lavori di ricerca infermieristica, revisioni bibliografiche, documenti compilativi e report di esperienze cliniche. Il 35.7% delle sedi (n=40: 13 al Nord, 5 al Centro, 22 al Sud) non accettano nessuno dei quattro tipi di tesi indicati nel questionario. Una sola specifica il tipo di elaborato alternativo accettato (“tesi di argomento teorico o applicativo”). Altre cinque prendono in considerazione studi descrittivi e tre accettano un elaborato definito “tesi empirica”, senza ulteriori informazioni.

Composizione della commissione valutatrice

Una sola sede ha sei commissari, contro i sette previsti dalla legislazione, sebbene ciò accada occasionalmente, secondo quanto dichiarato dalla sede stessa; in tutte le altre sedi che hanno risposto (n=86, 76.8%) il numero varia da sette a undici. Non è possibile fornire un dato mediano, poiché cinquantasei sedi hanno scritto l’esatta dicitura “da 7 a 11”. Nove sedi hanno un ricercatore MED/45 in commissione (6 al Nord, 3 al Centro, 0 al Sud), contro ventiquattro che riferiscono di non averne (79 dati mancanti, 70.5%). Venti sedi dichiarano di avere un professore associato di Scienze Infermieristiche; il dato appare inverosimile, essendo superiore al numero di professori MED/45 italiani (è dunque possibile che in alcuni casi si tratti di docenti a contratto). Sette (tutte al Centro) ne hanno “uno o due”, sei ne sono prive. Il numero di docenti relatori in commissione varia da 0 a 9 in ventisei sedi; altre quindici, genericamente, lo indicano come “variabile” senza specificare gli estremi dell’intervallo. I correlatori sono da 0 a 4 (Mo=0, n=21) o in numero “variabile” (n=14). In due sedi (una al Nord e una al Sud) non vi sono coordinatori in commissione; in 38 sedi ve n’è uno, in 7 “uno o due”, in tre “due”, in 5 “da due a cinque”, in sei “cinque o sei”, in 51 casi il dato manca o non è valutabile. Non è possibile fornire mediane per i dati presentati, poiché spesso i compilatori hanno fornito intervalli anziché dati esatti.

Risposte mancanti

Come si evince dalle sedi precedenti, numerose sono state le risposte mancanti ai quesiti riguardanti la valutazione degli elaborati, i valori massimi delle medie di ammissione e la composizione della commissione. Non sembra tuttavia esistere una preponderanza geografica nel numero di risposte non date.

Discussione

L’obiettivo dello studio era fotografare la situazione, offrendo un compendio delle modalità di svolgimento e valutazione delle prove finali nelle Università italiane. Sono emerse molte discrepanze tra gli Atenei; l’unico dato che accomuna le sedi è il numero di commissari, stabilito per legge. In molte università manca un valore soglia per il superamento dell’esame abilitante; la sua assenza impedisce di valutare la reale preparazione degli studenti al termine del triennio. Alcune sedi non richiedono nemmeno che, in caso di mancato superamento della prima prova, la discussione dell’elaborato finale sia rimandata. Nelle Università che richiedono un punteggio, frequentemente esso supera di poco il 50% del massimo ottenibile; ciò contrasta con i principi di valutazione seguiti nel triennio, durante il quale la sufficienza corrisponde al 60% (diciotto trentesimi).

Vi sono sedi che non tengono conto delle esperienze di reparto nella determinazione del voto; ciò contrasta con la natura del corso di laurea che, essendo professionalizzante, dovrebbe trovare nel tirocinio un momento di grande rilevanza. L’esperienza Erasmus non è considerata ovunque, nonostante il valore formativo che può assumere se ben progettata. La prova pratica è condotta con molti differenti metodi e gli elaborati finali ricevono, talvolta, punteggi molto alti (20/110).

Si segnalano le difficoltà nell’ottenimento dei dati da numerose sezioni di corso, oltre all’elevato numero di risposte mancanti. Quest’ultimo dato riguarda soprattutto la valutazione dell’elaborato finale, i valori massimi delle medie di ammissione alla dissertazione e la composizione della commissione. L’assenza di dati sottrae tessere importanti ad un mosaico che, per le sue caratteristiche di eterogeneità, avrebbe meritato una descrizione più dettagliata. A causa delle differenze descritte, non è possibile generalizzare i risultati ottenuti alle sedi che non hanno risposto; per questo motivo, si è scelto di non riportare alcun intervallo di confidenza. Poiché il questionario non prevedeva un campo in cui segnalare eventuali motivazioni per il rifiuto della compilazione, non vi sono dati per la formulazione d’ipotesi circa i motivi delle mancate risposte.

Conclusioni

La situazione italiana sembra ancora lontana dai criteri di omogeneità propugnati dal Processo di Bologna; in particolare, appare necessaria l’introduzione di un valore soglia nazionale, coerente con i criteri utilizzati nel triennio, per la valutazione della prova pratica. Il tirocinio e le esperienze Erasmus, accomunate dalla pratica in unità operativa, dovrebbero a nostro avviso essere considerate ovunque. A fronte dei dati sulla composizione delle commissioni, si potrebbe valutare l’opportunità di inserire, in tutte le commissioni, coordinatori infermieristici di sezione o relatori; questa proposta deve tuttavia considerare le notevoli differenze tra i modelli organizzativi adottati dagli Atenei. Il titolo conseguito in Italia permette di lavorare anche nei restanti Paesi dell’Unione Europea; per questo motivo, è auspicabile un rapido superamento delle differenze esistenti a livello nazionale. La validità della laurea a livello internazionale, infatti, esige che la preparazione ottenuta sia certificata in modo omogeneo ovunque nel Paese; al momento, quest’obiettivo appare lontano. La Conferenza Nazionale delle Classi di Laurea delle Professioni Sanitarie, con al suo interno la Commissione nazionale dei Corsi di Laurea in Infermieristica, può dunque svolgere un lavoro prezioso, poiché agevola la collaborazione tra sedi formative situate in tutta Italia; alla luce della continua attività svolta dalla Conferenza stessa, lo studio proposto meriterebbe di essere ripetuto nel futuro, per confrontare i risultati con quelli presentati in questa sede. In quest’ottica, la presente raccolta dati servirà da base per affrontare quanto declinato nel DM 270/2004 e nella Circolare del 19/01/2012, emanata congiuntamente dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in materia di prova finale del corso di laurea in Infermieristica. Il gruppo di lavoro intende approfondire le modalità di svolgimento delle prove, alla luce dei riferimenti normativi citati.

Gli Autori ringraziano le sedi del corso di laurea in Infermieristica che hanno risposto al questionario inviato.

Bibliografia

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4) Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica. Decreto interministeriale 2 aprile 2001. Gazzetta Ufficiale 6 maggio 2001 n° 128 – Supplemento ordinario n° 136. Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie.

5) Ministero dell’Istruzione, dell’Univeristà e della Ricerca e il Ministro del lavoro, della Salute e delle Politiche sociali. Decreto Ministeriale 19 febbraio 2009. Gazzetta Ufficiale 25 maggio 2009 n°119. Determinazione delle classi delle lauree delle professioni sanitarie, ai sensi del Decreto ministeriale 22 ottobre 2004 n°270. 2009.

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Cita questo articolo

Destrebecq  A., Vitali S., Dimonte V., et alMedicina e Chirurgia, 57: 2564-2566, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-57-8

La Scuola Post-Laurea di Sanità Pubblica Senese. Quindici anni di attivitàn.57, 2013, pp.2555-2563, DOI: 10.4487/medchir2013-57-7

Abstract

Introduction: Public Universities and private schools in all countries have substantially expanded the postgraduate course as a sign that degree is often not sufficient to ensure access to employment;
Aim: to present the experience of a Siena Post-Graduate Public Health School (SPGPHS) from 1996-2011
Activity: We made a review of the Italian legislation governing the postgraduate training and we studied the structure of post graduate schools in Public Health in several italian and foreign prestigious Universities.
Results: the SPGPHS was attended by about 1200 students from all the Italian regions. 320 scientific papers were published and/or presented al national/international conferences; SPGPHS has also proven to be able to completely finance itself.
Conclusion: postgraduate universities courses are becoming very important and attenders range widely in age. Many students undertake Postgraduate courses to improve their work position, to attain Continuing Medical Education credits, but at the same time, to gather multidisciplinary scientific knowledge and to acquire professional skills. SPGPHS has proven to be able in financing itself responding to the market logic which is guided by performance and efficiency aspects.

Articolo

Introduzione

Il Dirigente di Sanità Pubblica necessita di competenze tecnico-professionali, relazionali ed organizzative multidisciplinari, la cui acquisizione è demandata alla formazione post-laurea. Peraltro, nel panorama nazionale, poche sono le realtà in grado di coprire a 360° con la propria offerta formativa il dominio culturale della Sanità Pubblica.

Ancora nel 1990 il compianto Prof. Pinchera affermava:“La formazione post laurea costituisce una parte fondamentale nella preparazione del professionista e tuttavia non ha finora ricevuto attenzione adeguata dall’Università, che invece dovrebbe esserne un autorevole erogatore”. Nei più di 20 anni da allora trascorsi, solo le Scuole di Specializzazione (SS), di interesse quasi esclusivamente medico, ed i Dottorati di Ricerca (DR), anch’essi a target abbastanza limitato, hanno trovato una congrua, seppur migliorabile, strutturazione. Per quanto previsti fin dal Regio Decreto n°1592 del 1933, i Corsi di Perfezionamento (CP) non sono mai decollati come attività “nobile”, cosicché, nel 1999 l’ordinamento universitario italiano importa il concetto di Master (M), che all’estero rappresentava, da lustri, il prodotto didattico di punta di molti Dipartimenti. Conferma la scarsa attenzione nostrana al settore post-laurea il fatto che l’Università ed in particolare le Facoltà di Medicina, pur teoricamente produttrici di Corsi di Alta Formazione (CA) e di Aggiornamento, si siano lasciate marginalizzare dal programma Educazione Continua in Medicina (ECM), avviato alla fine degli anni ‘90 dal Ministero della Salute ed oggi presidiato dalle Regioni. Le ragioni di ciò vanno, a nostro avviso, ricercate principalmente in due ordini di problemi:

1) una mentalità burocratica tenta, da sempre, di proiettare gli schemi ben acquisiti dell’organizzazione didattica pre-laurea (vocata ad erogare titoli, con valore legale, a studenti junior, non direttamente paganti tariffe di mercato) basata su una didattica di cui è cardine la lezione magistrale e la cultura accademica consolidata (Fig.1a), al post-laurea (rivolto per lo più a studenti senior, paganti in proprio) che dovrebbe basarsi su una didattica teorico-pratica immediatamente derivata dal divenire continuo della ricerca scientifica e dell’esperienza sul campo. (Fig.1b).

Fig. 1 – Caratteristiche differenziali dell’attività didattica universitaria

2) l’abitudine a sopravvivere nella “riserva” creata dal valore legale dei titoli di studio e dai finanziamenti centrali, porta a sottostimare l’importanza dei prodotti formativi vocati al libero mercato, quali sono, o dovrebbero per lo più essere, quelli post-laurea, attraverso i quali il professionista-cliente individualizza il proprio curriculum e acquisisce skill immediatamente spendibili. Il principio del “pago di tasca, quindi pretendo” spiazza l’autoreferenzialità che è male tipico, non solo dell’Università, ma dell’intera pubblica amministrazione italiana. L’utente, senior e pagante, di questi prodotti è, infatti, dotato di una capacità critica che non hanno gli utenti dei Corsi di Laurea (e delle stesse SS).

Di fatto, per quanto riconosciuto di pari nobiltà accademica dalla Magna Charta di Bologna (1988) e dalle dichiarazioni congiunte dei Ministri dell’Educazione dei diversi stati europei (Sorbona 1998, Bologna 1999) il livello postgraduate è ancora alla ricerca in Italia, di un proprio modello di riferimento e di un sistema creditizio distinto da quello undergraduate.

Un ulteriore problema, come accennato, si profila a chi si occupa più specificamente di formazione in Sanità Pubblica:

3) la multidisciplinarietà dell’ambito culturale di riferimento e la interprofessionalità dell’ambito operativo. Già nel 1800 il dominio culturale delI’Igiene (che all’Università di Siena veniva insegnata come “Medicina Pubblica”) era impregnato di contenuti economici oltre che preventivi. Da sempre la Sanità Pubblica si basa sul supporto giuridico. Le competenze ambientali, impiantistiche, organizzative, educative, statistico-epidemiologiche, ecc. ed il ruolo di interfaccia che il Professionista di Sanità Pubblica tipicamente esercita fanno sì che diverse professionalità trovino cimento in questo campo.

Raccolto, a suo tempo, l’appello del Prof. Pinchera Congresso Nazionale della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (Bari, 2008) abbiamo presentato i primi risultati alla nostra sperimentazione organizzativa e didattica: la “Scuola Post-Laurea di Sanità Pubblica Senese” (SPLSPS). Occorre chiarire che con il termine di “Scuola”, ci riferiamo ad un concetto antecedente la Legge 30 dicembre 2010 n. 240 e riferito ad un cloud coordinato ma non formalizzato di attività accademiche istituzionali. Apriamo ora la nostra ormai quindicennale esperienza alla valutazione esterna e ad un confronto più allargato.

Obiettivi

– architettare e sperimentare un modello di riferimento per l’organizzazione didattica universitaria post-laurea;

– promuovere l’integrazione multidisciplinare ed interprofessionale nella formazione e nella ricerca scientifica in tema di Sanità Pubblica.

Attività

In Fig. 2 è descritta l’evoluzione dell’offerta formativa in oggetto. Previa analisi e frequenza di diverse realtà esterne, nazionali ed internazionali, a partire dai primi anni ‘90, abbiamo costruito un sistema basato su una ventina di Short Courses (attività d’aula tematica, nella quale si sviluppa l’integrazione didattica multidisciplinare e l’interazione poliprofessionale), che possono essere fruiti singolarmente come CA, spesso accreditati nell’ambito del programma di Educazione Continua in Medicina), o, come Moduli variamente articolati, nell’ambito di diverse attività didattiche post-laurea, anche in mutuazione: SS, DR, M, CP.

Fig. 2 – Scuola Post-Laurea di Sanità Pubblica Senese: evoluzione dell’offerta formativa (barre) e quote di iscrizione riscosse (linea)

Nell’anno accademico 1995/96 prendeva corpo il CP in Programmazione ed Organizzazione dei Servizi Sanitari, che si proponeva specificamente di integrare con contenuti organizzativi e manageriali (sviluppati in tre Moduli di nuova istituzione) gli insegnamenti della SS in Igiene e Medicina Preventiva (attiva, presso la nostra Università, dal 1969) tradizionalmente impegnata soprattutto su temi infettivologici, ambientali e di metodologia epidemiologica. A tale integrazione partecipavano le seguenti strutture della nostra Università:

– Laboratorio di Programmazione ed Organizzazione dei Servizi Sanitari

– Laboratorio per l’Innovazione nelle Pubbliche Amministrazioni-Scuola per Funzionari e Dirigenti Pubblici

– Dipartimento Studi Aziendali;

Il successo, anche economico, di questo Corso ci ha motivato e supportato nello sviluppo delle ulteriori iniziative: dall’anno accademico 1998/99 il CP in Direzione e Gestione delle Aziende Sanitarie, dall’anno accademico 2002/03 il M di II livello in Health Services Management, dall’anno accademico 2004/05 il M di I livello in Management delle Professioni Sanitarie.

In Fig. 3 è schematizzata la struttura generale che la nostra offerta didattica è andata acquisendo. Come si vede, la crescente complessità dei prodotti completa i Moduli (a prevalente contenuto teorico o teorico-pratico), con stage e attività professionalizzanti (svolte in sede o nell’ambito di una rete di strutture convenzionate) eminentemente pratiche e con lo sviluppo di ricerche e progetti, per lo più oggetto di Tesi tutorate, discusse alla fine dei percorsi formativi. I tratteggi, riportati come “nuove proposte”, alludono alle sinergie in atto o possibili, con altri Dipartimenti nello strutturare ulteriori offerte didattiche condividenti alcuni Moduli.

Fig. 3 – Scuola Post-Laurea di Sanità Pubblica Senese: struttura generale dell’offerta didattica

In sintesi questo è l’impegno richiesto dai diversi prodotti:

Moduli-Short Courses (5 giorni d’aula, 4 CFU)

CP (6 mesi, 18 CFU)

M I e II livello (un anno, 60 CFU)

DR (3 anni, 180 CFU)

SS (5 anni, 300 CFU)

Uno Short Course-Modulo prevede: attività d’aula, laboratori didattici (dimostrazioni, esercitazioni, workshop), dopo cena (caminetti scientifici e moonlight sessions), integrati da formazione a distanza e studio individuale.

Il nostro modello organizzativo si basa in massima parte sulla residenzialità, in ragione dei seguenti vincoli/opportunità:

– relativo isolamento di Siena dalle principali vie di comunicazione;

– disponibilità di una sede versatile e prestigiosa direttamente gestita dall’Università: la trecentesca Certosa di Pontignano,

– la concentrazione delle attività consente l’acquisizione dei crediti formativi post-laurea a studenti lavoratori, quali di fatto sono i Professionisti (spesso in posizioni intermedie o apicali del Servizio Sanitario), che afferiscono ai nostri prodotti;

– sviluppo di una maggiore interattività discente-discente-docente-docente anche al di fuori dell’aula.

Questi i Moduli attivati:

– Basi di eziopatogenesi e prevenzione – Basi di informatica e statistica in sanità – Epidemiologia e programmazione sanitaria – Sistema informativo sanitario – Economia e scienza dell’organizzazione – Scienze giuridiche e sociali – Economia, gestione e controllo delle aziende sanitarie – La gestione amministrativa e finanziaria delle aziende sanitarie – Risorse umane in sanità: tecniche direzionali – Primary Health Care: dal mito all’organizzazione – Tecnica ospedaliera: dal risk management alla clinical governance – Igiene ambientale, abitativa ed urbana – Igiene e sicurezza nell’ambiente di lavoro – Igiene degli alimenti e della nutrizione – Tutela e gestione della risorsa idropotabile – Promozione della salute – Il laboratorio di sanità pubblica – Metodologia epidemiologica – Statistica avanzata applicata all’epidemiologia – Epidemiologia e prevenzione delle malattie infettive – Epidemiologia e prevenzione delle malattie cronico-degenerative – Qualità, comunicazione e marketing in sanità – Emergenze di sanità pubblica e collaborazione internazionale

Risultati

Circa 1200 Discenti (medici, infermieri, tecnici sanitari, dirigenti amministrativi, sociologi, economisti, biologi, veterinari, farmacisti, ecc.), di tutte le Regioni italiane, hanno frequentato nostri corsi dal 1996 al 2011.

La produzione scientifica della SPLSPS consta ad oggi di circa 320 lavori scientifici, per lo più sviluppati come Tesi e poi pubblicati e/o presentati in Convegni nazionali ed internazionali: essi sono frutto di interazione tra le diverse discipline (epidemiologia e sanità pubblica, economia politica ed aziendale, giurisprudenza, sociologia/psicologia, ecc.) e professionalità di Discenti e Docenti.

Nella figura 4 è altresì riportato l’ammontare delle quote di iscrizione ai M, CP e Short Courses in oggetto annualmente riscosse dalla nostra Università (linea continua): si nota un trend in costante crescita (fino al 2004) che testimonia la bontà delle proposte, sempre basate su un’attenta disamina dei bisogni, svolta in sinergia con le Associazioni Scientifiche e Professionali interessate.

Sottolineiamo che il CP “Programmazione ed Organizzazione dei Servizi Sanitari” è stato da noi istituito prima che il DPR 10 dicembre 1997 n. 484 disciplinasse i Corsi di Formazione Manageriale per l’accesso alla Dirigenza dei Servizi Sanitari delle ASL, anticipando quasi perfettamente i requisiti dallo stesso prescritti.

L’integrazione dei due CP in “Programmazione ed Organizzazione dei Servizi Sanitari” ed in “Direzione Gestionale delle Aziende Sanitarie” che ha dato origine al M di II livello in “Health Services Management” soddisfa alle prescrizioni del D.M. 1 agosto 2000 “Disciplina dei Corsi di Formazione dei Direttori Generali delle Aziende Sanitarie”.

Sottolineiamo altresì che il M di I livello in “Management per le professioni sanitarie” è stato da noi istituito prima che la Legge 1 febbraio 2006 n.43 prescrivesse per le figure apicali delle Professioni Sanitarie un “Master di I livello in Management/Coordinamento”.

Dal 2005 in poi si nota una contrazione delle  domande di iscrizione, che riteniamo di poter spiegare, almeno parzialmente, con:

– la nascita di attività formative concorrenti;

– la diminuzione dei fondi e delle risorse stanziati dalle Aziende Sanitarie per la formazione dei loro dipendenti;

– la crisi economica in atto.

Detto income economico (oltre 3 milioni di euro!) ha dimostrato la capacità di totale autofinanziamento della Scuola Post-Laurea di Sanità Pubblica Senese.  Occorre dire che la Scuola, nei suoi primi anni di attività, ha fruito della sponsorizzazione della Banca Monte dei Paschi di Siena e della Banca Toscana per circa 10.000 euro equivalenti e di un finanziamento della Fondazione MPS (euro 30.000 nel 2004). Ogni anno circa il 15-20% delle tasse di iscrizione sono state trattenute  dall’amministrazione universitaria ed una quota analoga (avanzi di gestione) ha finanziato l’attività di ricerca. Le principali spese sono costituite da:

– retribuzioni docenti, viaggio, vitto e alloggio (21%)

-contratti di collaborazione (16%)

-materiale didattico e di segreteria (9%)

-attrezzature didattiche (2%).

In Fig. 4 è riportata la stima dell’indotto economico per la città di Siena sviluppato dalla SPLSPS. E’ stato calcolato il numero di soggiorni di studenti residenti al di fuori delle province di Siena, Arezzo e Grosseto attribuendo a ciascuno di loro una spesa di 50 euro. Si tratta, evidentemente, di una stima minimale, in base alla quale si desume un indotto di circa 1,5 milioni di euro in 15 anni.

Fig. 4 – Scuola Post-Laurea di Sanità Pubblica: indotto economico per la città di Siena

Conclusioni

La formazione “post graduate” è un ambito di attività che non può essere sottovalutato dall’Università, perchè è meno sensibile al calo demografico (che condiziona gli accessi ai Corsi di Laurea) e perché interessa un bacino di utenza non limitato ad una ristretta  fascia di età 20-30 anni.

L’Università italiana solo da poco tempo,  costretta dalla crisi economica, sta imparando a raccogliere l’opportunità offerta dai prodotti post-laurea, più direttamente “esposti al mercato” (CP, CA, M): essi costituiscono un oggettivo banco di prova per la libertà e la qualità dell’insegnamento, nonché per la pubblica imprenditorialità, che le Università, attraverso i propri Dipartimenti, dovrebbero sviluppare per rendersi veramente autonome, come da tempo previsto. La vitalità di questi prodotti è, e sarà sempre più, essenziale per la sopravvivenza e l’indipendenza accademica, che dovrà, prima o poi, dimostrare capacità di autosostenersi economicamente.

La riaffermazione del ruolo cardinale dell’Università in questo settore, intrinseco alla sua mission, non può prescindere dalla competitività della propria produzione sia sotto il profilo della qualità – efficacia didattica che sotto quello dell’efficienza erogativa – costi. L’Università deve saper riprendersi quella importante fetta di mercato oggi in gran parte occupata da enti che non hanno la diretta gestione della formazione tra le proprie priorità istituzionali.

La organizzazione “modulare” dell’attività didattica d’aula, da noi sperimentata, che ne consente  la mutuazione da parte di diverse attività post-laurea ed agevola la “capitalizzazione” di crediti formativi, “fidelizza”, per periodi potenzialmente lunghi, all’Università un’utenza professionale dotata di elevata, stimolante capacità critica. Essa risulta, altresì, funzionale all’applicazione della nuova regolamentazione  delle SS mediche (es. mutazione di attività didattiche di “Tronco Comune”, ex D.M. 1 agosto 2005) ed all’assolvimento in qualità (grazie alla disponibilità di risorse finanziarie che consentono di remunerare contributi didattici non esclusivamente locali) dell’obbligo di garantire agli studenti almeno 200 ore di didattica frontale per ogni anno di corso.

Riteniamo che il modello organizzativo da noi messo a punto, per le sue positive valenze, debba uscire dalla fase sperimentale e trovare anche in Italia un ambito di applicazione più ampio, peraltro non limitato alla Sanità Pubblica.

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Cita questo articolo

Nante N., Battista G., Sancasciani S., et al., La Scuola Post-Laurea di Sanità Pubblica Senese Quindici anni di attività, Medicina e Chirurgia, 57: 2555-2563, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-57-7

Proposta di un modello sperimentale per la selezione e l’accesso ai Corsi di Studio in Medicina e Chirurgian.57, 2013, pp.2555-2558, DOI: 10.4487/medchir2013-57-6

Abstract

Many universities all over the world assess both cognitive and ‘non cognitive’ skills of examinees at the entry test for the Faculty of Medicine. In Italy, many divisions of public administration as well take into consideration the assessment of non cognitive skills e of psychological status. The current procedures to assess the examinees for the academic course of medicine and surgery are based only on the results of cognitive tests. For a better future selection, the Authors suggest an experimental research that, beside the current criteria, proposes a new way to identify the main non cognitive predictors of success within the academic courses of Medicine and Surgery. The research calls for test, questionnaires and value interviews administration in between the entry tests and the graduation thesis. It also considers the collaboration between the universities within the experimentation and the high schools joined to them. It provides a follow up as well. Different are the short, middle and long term outcomes expected.

*Gruppo ‘Selezione all’accesso e test attitudinali, riforma e monitoraggio’ della Conferenza.

Articolo

Introduzione

Ci sembra importante sottolineare in premessa diversi aspetti che sono implicati nella selezione dei candidati ai corsi di studio in medicina e chirurgia.

La finalità della formazione della Facoltà di Medicina è sostanzialmente professionalizzante, ovvero fornisce conoscenze atte a permettere l’attività medica. Questa ha forti implicazioni psicologiche, relazionali e sociali su tutti i piani, dall’etico all’economico. Per tale ragione, un numero sempre crescente di sedi universitarie nel mondo, in aggiunta ai test che valutano le abilità cognitive dei candidati, si sta avvalendo di una serie di strumenti volti a valutare anche le abilità “non cognitive”1,2,3. In Italia in molti ambiti pubblici, come il Ministero dell’Interno ed il Ministero dei Trasporti ed in moltissimi privati dalle università alle grandi aziende, la valutazione delle abilità non cognitive e dell’assetto psicoattitudinale è già prassi4, mentre in alcune sedi come l’UCSC da tre anni non vengono più somministrati test cognitivi ma solo psicoattitudinali.

 

Le procedure attuali di selezione dei candidati ai corsi di studio in medicina e chirurgia in Italia sono basate solamente sull’esito della prova di ingresso ministeriale che non tiene conto delle differenze individuali nella personalità ovvero di caratteristiche “non cognitive” come gli interessi, le inclinazioni e le attitudini individuali. A tale riguardo, un approccio più flessibile e moderno alla valutazione5,6 e più in linea con le istanze che sembrano delinearsi in ambito internazionale, dovrebbe mirare ad un migliore riconoscimento delle specifiche psicoattitudinali dei candidati ed alla possibilità di un miglior orientamento professionale per gli stessi. Una più attenta selezione dei candidati permette da una parte di ottimizzare la qualità della professione ed offrire professionalità più valide e da un’altra, di diminuire i drop out e quindi i tempi di latenza tra la fine della scuola superiore e l’ingresso nel lavoro. Ciò comporta, sul piano sociale un aumento della produttività, ottimizzando le capacità dei singoli e le specifiche risorse e, per converso, una diminuzione degli sprechi.

La proposta del modello sperimentale, di seguito descritto, per la selezione e l’accesso ai corsi di studio in medicina e chirurgia è stata presentata e discussa nel corso della riunione della Conferenza Permanente dei Presidenti de Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia che si è tenuta a Firenze il 5 e 6 Ottobre 2012.

Integrazione delle attuali procedure di selezione: proposta di ricerca pilota

Nell’ambito dei compiti che il gruppo di lavoro “Accesso a Medicina” si è dato, rientra anche quello di identificare una serie di possibili criteri che tengano in maggior conto le dimensioni individuali “non cognitive” di cui sopra. Questi criteri non ambiscono a sostituire i criteri di selezione attuali, ma possono rappresentare un importante complemento per raggiungere l’obiettivo di una selezione più accurata.

E’ importante a tale riguardo individuare quali caratteristiche “non cognitive” possono essere rilevanti nell’associarsi significativamente a “buoni esiti” accademici e professionali. A tale proposito viene proposta una ricerca pilota che possa condurre alla individuazione di tali caratteristiche. La ricerca rappresenta un “modello sperimentale” che può fornire elementi conoscitivi per la messa a punto di un successivo protocollo da applicare gradualmente nelle procedure di selezione dei candidati ai CDS in Medicina e Chirurgia. Di seguito delineeremo le principali caratteristiche della ricerca pilota.

Essa mira, in particolare:

a) alla individuazione dei principali predittori cognitivi e non cognitivi del successo nei CDL di Medicina e Chirurgia

b) allo studio dei percorsi e delle traiettorie individuali di cambiamento e crescita negli anni della istruzione universitaria

c) alla individuazione delle variabili (curricolari ed extra-curricolari) che rappresentano fattori di protezione e fattori di rischio rispetto alla carriera accademica

d) alle identificazione delle dimensioni che possono risultare maggiormente associate alla riuscita professionale.

Il progetto ha un carattere longitudinale e multicentrico e prevede la partecipazione di diverse sedi universitarie e di istituti di scuola media superiore ad esse correlate, per facilitare l’orientamento e il passaggio alla vita universitaria.

In particolare, sono previste le seguenti strutture didattiche coinvolte:

Università: 2 a Nord, 2 al Centro, 2 a Sud (sia statali che non statali)

Scuole Superiori: in stretta correlazione con le Università di riferimento

Tempistica della ricerca, modalità di somministrazione e aree indagate

Lo schema successivo riportato nella Tabella 1, descrive l’articolazione della ricerca. Sarebbe auspicabile articolare la rilevazione dei dati lungo un arco temporale che consenta di prendere in considerazione sia l’intero ciclo della “vita accademica” nei sei anni in cui gli studenti frequentano il CDS, sia il periodo dell’ingresso nel mondo del lavoro (a due anni di distanza dalla laurea). Lo schema fornito di seguito quindi prevede un monitoraggio lungo 5 momenti temporali, nei quali agli studenti vengono richieste informazioni relative alle caratteristiche individuali, alle aspettative accademiche e professionali, alla soddisfazione rispetto all’esperienza universitaria.

Tabella 1 – Articolazione della ricerca

La somministrazione dei questionari (implementabile attraverso il web, in modo tale da abbattere radicalmente i costi legati alla produzione del materiale cartaceo, e alla acquisizione su supporto informatico dei dati da analizzare) dovrà essere integrata da colloquio di orientamento/counseling, per approfondire eventualmente quanto emerge dalle risposte ai questionari, per restituire ai partecipanti i risultati dei “test” e per saldare un commitment che consenta quindi di non perdere troppi partecipanti strada facendo. Non è esclusa la possibilità di impostare almeno il primo colloquio come intervista semi-strutturata al fine di poter utilizzare una metodologia valutativa anche su questo specifico aspetto.

Gli strumenti di misura previsti indagheranno diverse aree e verranno mutuati dalla letteratura scientifica relativa alla misura delle attitudini, della personalità, degli interessi, delle aspettative, delle motivazioni7,8. Si cercherà di privilegiare (ovunque possibile) strumenti agili e di pubblico dominio, in modo da non dover affrontare problematiche legate ai copyright e/o ai costi di acquisto del materiale.

Il test “Conosci Te Stesso” (CTS, Caprara e Barbaranelli)9 è disponibile online gratis sul portale Sapienza. Esso contiene scale di misura che possono essere utilizzate nei diversi tempi di assessment previsti dal progetto, come la personalità (Big Five)10, le capacità (autoefficacia), gli interessi professionali. Si tratta di un test validato e ampiamente utilizzato nell’ambito dell’orientamento accademico. Attualmente il database della Sapienza contiene circa 9.000 valutazioni completate.

Inoltre, altri strumenti di misurazione verranno presi in considerazione, ad integrazione della valutazione ottenibile tramite il CTS. Potranno essere introdotti alcuni test di personalità che possano orientare sulle diverse strutture, sul vissuto circa la qualità della vita e sugli stili di difesa. In linea con altri studi già in corso, come quelli che si stanno realizzando a Milano Bicocca, verrà altresì valutata l’area dell’empatia e dell’intelligenza emotiva che ‘accanto alla conoscenza dei contenuti disciplinari, sono dimensioni fondamentali per sviluppare le capacità d’uso delle conoscenze acquisite al fine di svolgere adeguatamente il ragionamento clinico ed il processo diagnostico indispensabili prerogative di un buon medico’.11 In particolare è importante utilizzare un questionario informativo che permetta di conoscere, oltre alle informazioni personali, le eventuali esperienze lavorative, il gradimento scolastico, le competenze personali, relazionali e tecniche, le motivazioni alla scelta della Facoltà, gli interessi culturali, artistici e sportivi, al fine di avere un quadro autodescrittivo dei singoli candidati. Tale questionario è di importanza cruciale per poter orientare un colloquio di approfondimento. Si potrebbe, in un tempo successivo, immaginare un gruppo di ‘ammessi con riserva’ che verranno seguiti con maggiore attenzione dai tutor ed eventualmente inviati all’opportunità offerta dagli sportelli counseling della Facoltà. La riserva dovrà essere sciolta entro l’anno accademico. Parti integranti del questionario infine saranno: a) scale per rilevazione in ingresso delle aspettative rispetto al Corso di Studi, e alla professione medica, e delle motivazioni individuali relative alla scelta effettuata; b) scale per la rilevazione della qualità del e della soddisfazione verso il corso di studi (da utilizzare nella valutazione in itinere). E’ importante rilevare, sia in ingresso sia in itinere, dimensioni legate alla valutazione della qualità della vita, al benessere psicologico e fisico, all’adattamento sociale e agli stili di difesa. E’ importante considerare anche una o più scale di validità, per tenere sotto controllo stili di risposta influenzati dalla desiderabilità sociale. La scelta degli strumenti di rilevazione dovrà comunque tenere conto della complessità della siglatura degli stessi (tempi non troppo lunghi) e degli eventuali costi (copyright).

Risultati attesi

Risultati generali e indicazioni operative

– individuazione delle variabili veramente importanti nella spiegazione e previsione del successo accademico e del drop-out

– individuazione delle traiettorie di sviluppo/crescita nel percorso accademico.

– revisione della procedura di selezione in ingresso nei corsi di medicina e chirurgia alla luce dei risultati ottenuti.

Risultati a breve termine

Un primo risultato consentirà di esaminare le differenze tra gli studenti che hanno superato la prova selettiva e gli esclusi, rispetto alle variabili rilevate in fase di iscrizione alla prova (personalità, opinioni, motivazioni, aspettative, voto di maturità). Questa analisi può dare indicazioni importanti sulla necessità di una revisione della prova di ingresso per ridurre al minimo gli errori di classificazione (falsi positivi, falsi negativi).

Alla fine del primo anno di corso sarà già possibile effettuare una serie di analisi statistiche multivariate (regressioni, modelli di equazioni strutturali) considerando come variabili dipendenti la media dei voti conseguiti negli esami di profitto e la regolarità del percorso di studio (rapporto tra crediti ottenuti e crediti previsti), e come variabili indipendenti i risultati del test di ammissione, il voto di maturità e le variabili “non cognitive” rilevate nel primo anno di misurazione. In questo modo è possibile fornire una valutazione della rilevanza differenziale delle variabili indipendenti rispetto al successo accademico, quindi quantificare quale è il peso dei fattori “cognitivi” (carriera scolastica, test di ingresso), e di quelli non cognitivi (personalità, interessi, aspettative, orientamenti, benessere individuale). Altre analisi considereranno come variabili dipendenti la valutazione della qualità e la soddisfazione verso il corso di studio in Medicina e Chirurgia per evidenziare le eventuali criticità e i punti di forza, e per individuare quali dimensioni rendono meglio ragione nell’influenzare tali importanti percezioni di qualità.

Risultati a medio termine

Si tratta in questo caso di esaminare l’impatto delle variabili rilevate all’inizio del corso (tempo 1) e all’inizio del secondo anno (tempo 2), sulle misure rilevate alla fine del IV anno (tempo 3), un momento che rappresenta un reale punto di svolta nella carriera accademica del futuro medico. In questo periodo, infatti incomincia una parte critica per lo studente, poiché passa dalla formazione teorica a quella clinica ed al rapporto diretto col malato. Un processo di selezione nell’ambito della facoltà di medicina dovrebbe tener conto, innanzitutto, di due aree molto importanti e strettamente connesse. Da una parte il rapporto con il corpo, la malattia e la morte e dall’altra, la responsabilità e lo stress che da questo derivano.

Risultati a lungo termine

Varranno considerati due momenti importanti per quanto riguarda gli esiti del percorso formativo: a) la laurea; b) l’ingresso nel mondo professionale. Nel primo caso si tratta di un completamento naturale del percorso iniziato con la rilevazione dei dati in ingresso, momento fondamentale per valutare appieno il potere predittivo del test di ingresso “canonico”, della preparazione scolastica conseguita alla fine della scuola superiore, e delle dimensioni “non cognitive” rilevate in ingresso.

Il valore applicativo di tali analisi è immediatamente evidente: le tecniche di analisi statistica che verranno utilizzate consentiranno di ponderare l’impatto differenziale delle diverse variabili di cui sopra sugli esiti finali misurati obiettivamente tramite il voto di laurea e la regolarità del percorso accademico, e soggettivamente tramite le misure di soddisfazione e di percezione della qualità.

Infine, il follow up a due anni dalla laurea, se possibile, consentirà di valutare ulteriormente le variabili in gioco in relazione alla condizione occupazionale dei laureati e alla soddisfazione in merito ai corsi di studio seguiti: tali risultati potranno essere interpretati anche alla luce di quanto emerge dal monitoraggio Almalaurea www.almalaurea.it sulla condizione occupazionale dei laureati italiani.

Il carattere longitudinale e multicentrico della ricerca consentirà di avvalorare i risultati.

Elementi di carattere operativo/normativo

La realizzazione dei questa ricerca presuppone:

a) l’autorizzazione del Ministero dell’Istruzione ed eventualmente di quello della Salute perché tutti gli iscritti alla prova di selezione nelle diverse sedi che partecipano alla sperimentazione compilino online il questionario per la misura delle caratteristiche “non cognitive”. L’anonimato verrà mantenuto tramite l’utilizzo della matricola assegnata al candidato come identificativo necessario per la compilazione della prova online. Per stimolare la partecipazione alla sperimentazione si possono prevedere diversi incentivi;

b) l’autorizzazione da parte dei Comitati Etici di Facoltà alla ricerca longitudinale. In questo caso i partecipanti non potranno essere anonimi. E’ da valutare la possibilità di incentivi ai partecipanti (crediti?)

c) la messa a disposizione di risorse economiche ed umane (ad esempio, assegnisti di ricerca, dottorandi) che curino gli aspetti operativi e metodologici della ricerca (raccolta e analisi dei dati, restituzione dei risultati agli studenti, colloqui e counseling).

Bibliografia

1) Lumsden MA, Bore M, MIllar K, et al. Assessment of personal qualities in relation to admission to medical school. Med Educ 2005;39:258-65

2) Carr SE. Emotional intelligence in medical students: does it correlate with selection measures?. Med Educ 2009;43:1069-7

3) Elam C. Use of ‘emotional intelligence’ as one measure of medical school applicants’ non-cognitive characteristics. Acad Med 2000;75 (5):445-6.

4) Cucè P, Cosciotti F. La selezione del personale in Polizia quale forma di prevenzione primaria del disagio psichico nella dialettica tra valutazione psicologica e psichiatrica. II Convegno Psichiatria e Psicologia Miliare e di Polizia. Roma, 27-29 Ottobre 2009.

5) Familiari G, Falaschi P, Morisani L, et al. Corsi di orientamento in preparazione alle prove di accesso ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e nelle Professioni sanitarie: una proposta di cooperazione Scuola-Università. Med Chir 2006;35:1413-7.

6) Familiari G, Relucenti M, Ziparo V, Gaudio E, Lenzi A, Frati L. Come selezionare i medici della nuova generazione: proposte in tema di ammissione a medicina e chirurgia. L’Arco di Giano, 2009;61:221-234

7) Siu E, Reiter HI. Overview: what’s worked and what hasn’t as a guide towards predictive admissions tool development. Adv in Health Sci Educ 2009;14:759-75.

8) Peskun C, Detsky A, Shandling M. Effectiveness of medical school admission criteria in predicting residency ranking four years later. Med Educ 2007;41:57-64.

9) http://w3.uniroma1.it/conoscitestesso/

10) Barbaranelli C, Caprara GV, Steca P. Big Five Adjectives. La lista degli aggettivi secondo il modello dei Big Five. Firenze, Giunti OS, 2002.

11) Strepparava MG. Comunicazione privata.

Ringraziamenti

Si ringrazia la Prof.ssa Strepparava per lo stimolante contributo apportato, nella realizzazione del presente lavoro.

Cita questo articolo

Cavaggioni G., Barbaranelli C., Di Liegro I., et al, Proposta di un modello sperimentale per la selezione e l’accesso ai Corsi di Studio in Medicina e Chirurgia, Medicina e Chirurgia, 57: 2555-2558, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-57-6

Medical Research Education in Europen.57, 2013, pp.2539-2554, DOI: 10.4487/medchir2013-57-5

Abstract

Published with the permission of European Science Foundation (Science Policy Briefing 46 “Medical Research Education in Europe”, September 2012, ISBN: 978-2-918428-79-4)

Articolo

Foreword

Fostering and improving medical research education is crucial to biomedical research and clinical patient treatment.

It has been identified as the main challenge in every biomedical research strategy report from the European Science Foundation (ESF) and European Medical Research Councils (EMRC). The EMRC White Paper, ‘Present Status and Future Strategy for Medical Research in Europe’ (2007), the EMRC White Paper II, ‘A Stronger Biomedical Research for a Better European Future’ (2011), and the ESF Forward Look strategy documents, ‘Investigator-Driven Clinical Trials’ (2009) and ‘Implementation of Medical Research in Clinical Practice’ (2011) all recommend increasing and improving education and training in the broad field of biomedicine as the most important basis for strengthening medical research and implementing the best clinical practice.

This Science Policy Briefing on Medical Research Education aims to analyse the overall situation across Europe, identify concrete challenges, and formulate practical recommendations building on existing resources or practices to help overcome the challenges identified.

The recommendations include measures aimed at achieving improved recruitment and early involvement in and acknowledgement of research, improved curricula incorporating multidisciplinary skills, harmonised and highquality common standards that enable much more mobility, better access to cutting-edge research infrastructure and resources, and more synergy among all stakeholders, from the individual to institutions and governments.

A warm thank you to Professor Giovanni Pacini, Chair of this Science Policy Briefing and to all the international experts who have contributed to this report. Finally, I would like to acknowledge and thank the EMRC staff for their work on this report.

Education is the prerequisite for biomedical research and clinical practice, and from EMRC we hope that this report will provide the tools for strengthening this important area, for the benefit of patients and societies worldwide.

Introduction

Our understanding of human health and disease has been redefined in the last decades due in great part to revolutionary discoveries and innovations based on longstanding and novel healthcare challenges to both the individual patient and world populations. High-quality medical research is a cornerstone in the development of new and effective diagnostics and treatments that will lead to improved medical care and a better quality of life. For excellent healthcare provision incorporating all emerging innovations, well-educated medical researchers are an essential element.

Europe has around 440 medical schools that produce some 70,000 medical graduates every year, accounting for a total of 2.5 million medical doctors that cater to a population of 770 million people1. The appearance of new demographic, social, behavioural and epidemiological changes coupled with increased public expectations have revealed the mismatch between the competencies of most medical graduates and the current and future needs of the patients they mean to serve. In this regard, there is not enough emphasis on the acquisition of research skills throughout medical undergraduate and specialist training. This makes it challenging for the average medical doctor to revisit concepts around health and disease with a critical approach, challenge medical dogmas, strive to seek new knowledge, and successfully bridge the gap between the bench top and the bedside.

This results in missed opportunities to transpose questions and answers from forefront research into medical practice, and to maximise the potential of translational research findings and transformative improvements for human healthcare.

The number of medical doctors who acquire adequate research training is relatively low in many European countries, particularly in primary healthcare settings compared to academic hospitals. Against a backdrop of constant redefinition of professional boundaries and skills in healthcare professions, so-called basic medical research ends up being performed in many cases by nonmedical scientists such as biologists, pharmacologists, bioengineers, or biophysicists. However, these professionals generally lack the tools for bridging the gap between scientific knowledge and the issues generated in laboratories, clinics, operating theatres, and everyday conditions of human populations.

This context often results in a loss of cost-opportunity and a slow application of innovations that could save or improve the lives of millions of patients worldwide, and also stimulate the European economy. Efforts should therefore be made to increase the number of medical doctors exposed to cutting-edge research environments, conversant in research resources and methodologies, and capable of generating and applying new knowledge faster and of triggering innovations throughout the healthcare spectrum.

Education is an area of national sovereignty across Europe, and thus the European Union (EU) cannot oblige its Member States to standardise their education systems. In most European countries, medical research education lies at the interface between the competences of several governance institutions, namely Ministries or Departments of Education, Healthcare, Research and Innovation, or even Economy, and a series of heterogeneous regional bodies. This administrative set-up makes sense to a certain extent, because healthcare environments are by definition also educational settings, where professionals work and train in parallel. The drawback is that this complex network of stakeholders challenges efforts to expedite reforms and make anyone in particular fully accountable.

To add a layer of complexity to this setting, medical research education stakeholders are also placed among opposing forces. Firstly, the Bologna Process aims at the harmonisation of academic standards and the mutual recognition of degrees across Europe in order to increase mobility and competitiveness. In this process, medicine has been granted an exceptional status. Secondly, the increasing autonomy that universities are acquiring in some locations is leading to training schemes that are potentially even more varied. Thirdly, the novel programmes and degrees that some European medical schools are developing in other locations such as Asia or the Middle East embody new opportunities for educational experimentation and add further heterogeneity.

Fourthly, there is political will within the EU to increase collaborations with neighbouring countries, and this is likely to have an impact on healthcare as well.

For all these reasons, a solid overview of good practices in medical research education would improve ongoing and future policy reforms, resulting in many benefits for Europe. There are some interesting initiatives in Europe as well as stakeholders aspiring to accelerate the process of benchmarking and harmonisation (see Tables 1 and 2).

The objectives of this ESF EMRC Science Policy Briefing on Medical Research Education in Europe are to provide a preliminary overview of the current status of medical research education in Europe, identify good practices and the main barriers to change, and provide recommendations for improving medical research education in the future.

Current status of medical research education in Europe

Medical research education is heterogeneous in Europe.

While this provides an opportunity for testing different approaches, it also poses a challenge when attempting to mutually recognise qualifications, benchmark quality standards, and increase the mobility of professionals so as to achieve a true European Research Area and European Higher Education Area. A voluntary survey conducted among several countries shows that in general terms, European countries adhere to an overall similar template (see Table 1).

Common features include PhD programmes being governed by individual universities with varying degrees of governmental or federal oversight, programme duration ranging from three to five years, doctoral candidates (or doctoral students2) joining PhD programmes either in the middle of their medical studies or upon final graduation, and PhD supervisors being PhD holders themselves. The requirement to publish peer-reviewed articles prior to defending a doctoral thesis is becoming increasingly popular across Europe, ranging from advisable to mandatory. Funding of candidates is one of the aspects that show the greatest local variation, with remuneration ranging from very modest grants to full salaries.

Table 1 summarises the countries studied, and Table 2 shows the main categories of stakeholders involved in medical research education in Europe.

Main barriers to medical research education in Europe

A review of the key reports published in the last decade in Europe, plus direct consultations with relevant experts at national and pan-European levels, has highlighted the following challenges.

Recruitment and career development

Few medical doctors are recruited into research, and research career structures in the medical field are too heterogeneous.

Medical students with an interest in research are often identified too late, or presented with insufficient career options that encourage them to pursue training in basic medical research or clinical research. In some countries, research careers are seen as somewhat opposed to clinical careers among physicians, and research activity is not considered a significant merit to further progress in the medical career, thus discouraging scientific development in clinicians.

In addition, many European PhD and postdoctoral students travel outside Europe to science- and healthcare-hubs where research careers are better rewarded in terms of financial compensation, stability, and social prestige1. After acquiring the relevant skills and expertise, their return to Europe varies according to nationality, with situations ranging from a temporary brain exchange to a permanent brain drain. European countries that do not match non-European settings in terms of career progression or financial compensation fail to attract their medical graduates back, and thus fail to reap the return on investment in individuals trained mostly in European public education systems heavily subsidised by European tax payers.

Curriculum design

Medical education insufficiently incorporates research skills into its classic syllabus, and opportunities for multidisciplinarity are scarce.

The average medical doctor spends four to six years in medical school, followed by a competitive specialist training scheme lasting from three to six years.

Throughout this training period, exceptionally good learning approaches in terms of methodology and content are only to be found in some European settings.

Many environments are characterised by learning approaches that seem rather conservative, with outdated classroom formats and master–apprentice relationships that do not leverage the many advantages offered by novel participatory technologies and dynamic educational approaches. In this context, the incorporation of research into the curriculum is deficient, and even highly motivated individuals find it challenging to find time to engage in such activities.

In addition, compared to standard medical practice, a research career is financially unattractive and professionally unstable. The average European medical doctor often has no dedicated time for research or access to appropriate research infrastructures.

Finally, a lack of multidisciplinarity in the curricula sometimes reduces opportunities for collaboration with other fields of knowledge with potential links to medicine, such as technology, humanities, social sciences, or economics.

Harmonisation, overarching quality control and common standards

Harmonisation and mutual recognition of degrees is still an issue in Europe, with standardised quality assurance in medical research education being largely absent, not only at the national level but also at the pan-European level.

There is no single overarching institution to ensure coherence and global quality controls. There are also no comparable standards among countries or even among schools within the same country, potentially leading to heterogeneous educational outputs.

Research infrastructures and allocation of resources

In many countries, funding of MDPhD programmes and access to appropriate research infrastructures remains poor.

In many countries, research facilities and cutting-edge small or large research infrastructures are largely inaccessible to physician scientists in training.

Information about resources and facilities at the national and pan-European level is often disperse and scant. A lack of adequate funding and institutional support further aggravates these issues.

Cooperation between universities, research organisations, healthcare centres and other public or private agents

Universities generally have poor functional connections with public or private research stakeholders, failing to maximise returns and explore new opportunities to synergise and make efficient use of people and resources.

Extramural partners often have the required stateof-the-art infrastructures, resources and expertise to add value to research programmes. Interaction between clinicians and non-hospital researchers may often be difficult due to time and human resource constraints in the clinical world and to insufficient participation of researchers from other organisations in hospital-based research.

Thus, there is a risk of not connecting the right people to work on the right ideas, of duplicating efforts, of wasting time and funds, and of failing to maximise the opportunities to improve European healthcare systems and place Europe at a sustainable pole position in key healthcare domains.

Policy recommendations for an improved medical research education in Europe

Recruitment and career development

Medical students and doctors should participate in research from the earliest stages of their training.

Their output throughout all stages of their career must become acknowledged as a valuable career merit alongside others, such as teaching, clinical work or consulting in private and public work environments across Europe. A PhD should be given the same career merit as specialist training. A well-funded European Medical Scientific Training Programme would transmit best practices, foster excellence and increase collaborations and mobility across Europe.

Research careers for medical doctors may develop along diverse paths across Europe, but the milestones and outputs should be comparable. As part of their mission of rendering service to society, educational institutions should provide support for research career progression steps by offering specific training in transferable skills and subjects such as biomedical ethics and research integrity.

Career bridges should be designed to enable candidates to tailor their curriculum and to allow full comparison between merits from public or private sectors across Europe. Institutions must build and maintain active ties with collaborators outside healthcare centres so as to increase the impact that medical researchers may have in other disciplines and sectors of the economy.

Researchers should be able to remain independent when choosing research career paths that best suit their skills, preferences and opportunities, and they should also be able to develop their careers at locations that prove to be the most attractive. The design and assessment of research careers must incorporate transparency, fairness and an equal-opportunities approach, ensuring that gender, age and all other types of social diversity features are respected. European funding schemes such as the Marie Curie Initial Training Networks (FP7)3 and Erasmus Mundus4 should be promoted and further supported with sustainable funds, and ideally linked to similar initiatives at national and regional levels.

Curriculum design

Undergraduate and specialist medical education programmes should incorporate (multidisciplinary) research skills and principles of evidence-based medicine as a regular part of their syllabus. Research programmes could also become more attractive by contemplating a well-tailored modular approach where candidates could sequentially complete accredited phases of shorter duration than a fulltime PhD programme.

Research programmes should strive to incorporate hands-on, problem-based and systems-based approaches along with top-notch theoretical science-based training.

Educational systems should develop sustainable funding models with relevant partners. This flexibility would offer more opportunities for candidates and increase the diversity in the choice of thematic modules and institutions.

Curriculum design should be ambitious and openminded, and actively support multidisciplinarity and the practice of evidence-based medicine. In this regard, MD-PhD programmes could incorporate other disciplines (e.g. physics, mathematics, statistics, economics, ethics, social sciences and humanities, law or management) and embrace active collaborations with other healthcare professions, so that candidates could acquire tools to better formulate hypotheses, understand research observations and results, and render a better service to society.

Amidst the global explosion of information and greater accessibility to knowledge, educational institutions could consider revisiting their role and leveraging on participatory technologies and other resources and approaches to better train medical researchers for the global interdependent context in which we live.

Continuous professional development programmes for senior medical researchers should also be part of this comprehensive reform.

Harmonisation, overarching quality control and common standards

In spite of the heterogeneity of schemes, Europe should aim at mutual recognition of degrees. The development of standards for the global recognition of degrees and the proactive identification of worldwide opportunities for advancement are needed.

Pan-European career-tracking schemes can support the development of world-class quality standards in medical research education. This will in turn increase the excellence and overall competitiveness of European researchers and research institutions.

The development of common evaluation tools and indicators could well be a first step towards full harmonisation, benchmarking and an overall increase in the quality and mobility of professionals and knowledge.

European initiatives such as the Innovative Medicines Initiative (IMI)5, the European Medicines Research Training Network (EMTRAIN)6, and the Pharmaceutical Medicines Training Programme (PharmaTrain)7 are positive steps forward. In parallel, harmonisation should also allow physicians to combine their specialist training with intensive research experience to enable them to function afterwards as more effective clinical scientists.

Independent, international evaluation panels may play a useful role in systematically assessing the output of medical research programmes and identifying areas of improvement. International research organisations could support these accountability exercises by sharing best practices for merit review or ensuring research integrity.

MDPhD candidates and their supervisors must also play an active role in ensuring the highest quality of this process and its outcomes. Supervision must be a

collective effort at doctoral schools, with clearly defined responsibilities for all stakeholders in medical research education. The role of faculty must be explicitly acknowledged and appraised, for these are the teachers, mentors and role models for future generations of MDPhDs.

Institutions must provide doctoral supervisors with professional development tools and opportunities.

Objectivity and impartiality when judging PhD curricula and PhD theses must be ensured. Evaluation criteria should be made public. Medical universities should encourage PhD jury panels to include a considerable proportion of scholars from institutions outside the home institution of the PhD candidate. PhD jury members should hold doctorates themselves. This does not preclude having a small proportion of jury members that lack such a qualification but are nevertheless well-recognised experts in a field pertinent to the PhD thesis under evaluation. PhD supervisors should also be doctors. In the case of co-supervision, at least one of the supervisors must be a PhD.

Medical universities should require that the PhD candidate publishes peer-reviewed reports (namely articles in specialised international journals), files patents, or submits other proof of original research adapted to the specificities of the medical field but in any case complying with international quality standards.

Infrastructure and allocation of resources

The number of appropriately funded MD-PhD programmes with the highest internationally accepted standards must be increased in Europe. Medical researchers should maximise the use of information technologies and attain exposure to the variety of research infrastructures across Europe, ranging from the smallest ones at their local institution, to the largest ones at the pan-European level. National and/or pan-European initiatives for cataloguing these European infrastructures as identified by the research community should be further supported by greater funding, dissemination and overarching official endorsement.

Medical researchers should comply with the highest research ethics standards and applicable regulations affecting data protection when utilising these infrastructures and making use of any human specimen collections hosted therein.

The choice of the research infrastructure to be used will remain at the discretion of the candidate, but access should be encouraged by appropriate funding and access to European research infrastructures, especially those under the IMI5, the European Strategy Forum on Research Infrastructures (ESFRI)8, the European Clinical Research Infrastructure Network (ECRIN)9 and the Mapping of the European Research Infrastructure Landscape (MERIL) Project10 frameworks.

Overall funding of MD-PhD programmes needs to be improved across Europe, and new models explored wherever appropriate.

Geographical and transdisciplinary mobility

Mobility and international collaborations at all stages of the MDPhD career should be increased by allocating greater funds to programmes, developing standards for global recognition of degrees, and proactively identifying worldwide opportunities for advancement. Horizontal policies that help create a framework of trust among participants, such as common principles for peer review or research integrity, would yield very positive results.

Geographical and transdisciplinary mobility are a means to increase innovation and thus should be encouraged from the earlier career stages. In this regard, pan-European programmes such as Marie Curie Actions3 and Erasmus4 are essential to nurture this objective and should attract far greater funds.

Pan-European organisations are a useful agent when trying to establish common principles and sets of guidelines based on good practices and consensus.

Recommendations contained in overarching policy documents such as those of the European University Association (EUA) or the Organisation for PhD Education in Biomedicine and Health Sciences in the European System (ORPHEUS), or specific ones such as the ESF-ALLEA European Code of Conduct for Research Integrity or the ESF European Peer Review Guide are useful starting points for the community.

Fruitful models of cooperation ranging from exchanges of faculty and students to private-public consortia around well-targeted goals, or multinational joint degrees could all benefit from smarter uses of information technologies. This would help retain talented researchers and attract non-Europeans to Europe, to contribute to the greater healthcare research enterprise.

Cooperation between universities, research organisations, healthcare centres and other public or private agents

Institutions offering medical research degrees should develop more numerous and more active connections with public and private stakeholders, be they in their immediate regional environment or worldwide.

The development of tailored win-win collaborations would optimise the use of resources and skills, motivate young and senior researchers to explore new pathways in translational research, and achieve useful results in a shorter time. Institutions should allocate funds for partnerships of this kind with players in different regions of the world, and designate highly qualified officials to actively support researchers in this endeavour.

Collaborations may include the whole spectrum of medical research education activities, ranging from educational programmes, to laboratory or field research joint projects, joint workshops, student and staff exchanges, or joint publications. Individuals from both public and private organisations could be an asset and thus should be allowed to contribute. In this regard, European initiatives such as IMI5, EMTRAIN6 and PharmaTrain7 offer valuable training resources.

PhD candidates should be encouraged to link and contribute to medical innovations from the very beginning of their research career. Training on intellectual property rights and entrepreneurship should be made available as part of the doctoral curriculum, and opportunities to actively liaise with the private sector should be fostered.

Supervisors should ensure that all potential innovative aspects of the doctoral work performed are professionally managed from the beginning, with the support of dedicated staff employed by the university (at technology transfer offices or similar support services).

These staff shall advocate on behalf of the best interest of the PhD candidate, the supervisor and the institution, and will advise on how best to interact with extramural collaborators that may have competing interests.

Documents signed by candidates and supervisors upon starting any doctoral research programme should include confidentiality agreements and detailed institutional policy and procedures regarding technology transfer, regardless of the final topic of the PhD thesis that each candidate may chose. Due to the strategic relevance this matter has for universities, candidates should be offered educational materials and training on technology transfer and intellectual property rights.

Conclusions

Medical research education is a vital component of the modern healthcare enterprise that improves patients’ lives, generates innovations through new discoveries and inventions, and activates our economy. An overview of the different models available across Europe yields a very heterogeneous picture from one country or region to another, with some challenges remaining worryingly persistent in spite of ongoing reforms.

The key challenges identified and the recommendations proposed are summarised in Table 3 and Figure 1.

The main barriers revolve around a lack of comparable career progression steps; curriculum designs, educational resources and strategies that need to be modernised; healthcare systems that could be made more attractive for medical researchers; the need for new private and public funding schemes that channel sustainable support into MDPhD programmes; and overarching institutions and common policies and practices that would ensure the highest quality so as to enable mutual recognition of degrees and facilitate more effective international collaborations.

In the face of global competition for talent and resources, and the unprecedented challenges set forth by new demographic, social and epidemiological changes, Europe must take on board all relevant stakeholders to take firm and coordinated steps in terms of programme reforms, updated governance structures, ambitious policy measures, and forward-looking resource allocations to overcome these barriers and improve medical research education for the long-term.

However, expectations need to be realistic. Medical research education is not the sole factor impacting health systems worldwide11. Other societal issues such as demographics, national economies, governance systems, politics and similar factors have a profound impact on the final outcome that citizens benefit from.

Additionally, as the role of physicians within healthcare systems is also evolving, their own research training needs to be fine-tuned in accordance with other professions contributing to the global picture. In this regard, efforts to train other professionals in the basics of healthcare research, and particularly its clinical aspects, could also contribute to yielding faster and greater benefits for patients.

The increasing tide towards more evidence-based policies worldwide suggests that improving research education, not only with greater funds but also with smarter curricular approaches, may contribute to shaping the doctors of tomorrow, who will be equipped with robust analytical skills and greater critical minds to challenge inherited dogmas and strive to obtain and disseminate new knowledge.

With this objective in mind, all stakeholders need to take an active and responsible role: individuals, research and educational institutions, oversight bodies, and governments.

Europe has led commendable improvements in this area, but much work lies ahead. The goal of this ESF EMRC Science Policy Briefing is to constructively contribute to the ongoing debate and efforts leading to reforms in medical research education across Europe.

Figure 1 – Elements to improve MD-PhD education

Table 1 – Key features of selected countries

Table 2 – Main stakeholders involved in medical research education across Europe

Table 3 – Summary of main challenges and recommendations to help overcome them

1 Frenk J, et al. Health professionals for a new century: transforming education to strangthen health systems in an interdependent world. Lancet. 2010. 4; 376(9756): 1923-58.

2 For the purpose of this document, 2PhD/doctoral candidate” and “PhD/doctoral student” will be considered as synonymous.

3 http://ec.europa.eu/research/mariecurieactions/

4 http://ec.europa.eu/education/external-relation-programmes/mundus_en.htm

5 Innovative Medicines Initiative (IMI), a joint undertaking between the European Union and the pharmaceutical industry association (EFPIA). www.imi.europa.eu

6 European Medicines Research Trainign Network (EMTRAIN). www.emtrain.eu

7 Pharmaceutical Medicines Training Programme (PharmaTrain). www.pharmatrain.eu

8 http://ec.europa.eu/research/infrastructures/index_ en. cfm?pg=esfri

9 http://www.crin.org/

10 http://www.esf.org/meril

Annex 1: Case Studies

A small number of European and non-European countries that voluntarily provided information about their MD-PhD educational systems were studied in further detail to illustrate the variety of approaches that exist.

The participating countries were the United Kingdom, Denmark, Finland, Iceland, Norway, Sweden, Estonia, Poland, Czech Republic, Slovakia, Hungary, Croatia, France and Australia.

United Kingdom

Until about 1970, it was rare for a British medical graduate to study for a PhD degree. Since then, it has become more common, and it would now be unusual for an individual to be appointed to an academic position in a university medical school without a PhD. Also, there are clinicians in hospital appointments who have a PhD degree in addition to their basic medical qualification and clinical specialist qualifications, and clinicians of this type often remain active in research.

The qualifying medical degree in British universities is normally a bachelor of medicine and surgery, abbreviated in many different ways – MB BS, MB BChir, BM BS, and so on. Most universities allow students to take an extra year during the medical course to complete a bachelor degree in a relevant subject, such as biochemistry, molecular biology, pharmacology, medical ethics, etc. This is called an intercalated degree. The MD degree – doctor of medicine – is a research degree, normally with requirements very similar to those of a PhD degree.

The PhD degree can be taken at any time after the student has completed a bachelor degree or equivalent: the student may take extra time during the undergraduate medical course to complete a PhD degree as well as the qualifying MB degree; a PhD degree can be done immediately after medical qualification; or a medical graduate can take time out of his or her postgraduate specialist medical education to study for a PhD degree.

The PhD degree may also be an advantage when applying for high-level clinical positions. There have been few studies of the outcome of PhD training for medical graduates. However, the Wellcome Trust examined the later careers of all PhD students funded through its Medical Graduate Fellowship scheme (which supports PhD studies during postgraduate specialist training) and found that almost all former Medical Graduate Fellows had highly successful clinical academic careers.

Nordic countries (Denmark, Finland, Iceland,

Norway and Sweden)

Nordic countries share strong historical, cultural and linguistic ties, which reflect on the flexible approach they have in place when it comes to collaborating in research, participating in each other’s doctoral juries and evaluation panels, and mutually recognising PhD qualifications.

In general, Nordic countries favour a combined MD PhD training approach. A PhD is composed of an initial theoretical part (accredited courses or similar), followed by an experimental phase where the PhD candidate performs original research under supervision and often publishes the results as scientific papers for obtaining the doctoral degree.

Candidates are mostly funded by national research councils, universities or private organisations. In the specific case of medical doctors, they may also be employed by hospital departments. Less frequently, candidates are also allowed to join PhD programmes bringing in their own funds. In countries such as Sweden, Norway and Denmark, a PhD is regarded as an additional merit for MDs aiming at high-level positions at academic hospitals.

In spite of overarching similarities, some differences persist. One of these is the length of the programmes.

Sweden and Finland have four-year programmes, while Denmark, Norway and Iceland have three-year programmes. Expectations regarding the relative weight of the research component and output measurement are also different. A joint committee to start work in autumn 2012 has been established to harmonise these aspects.

Central and Eastern European countries (Estonia, Poland, Czech Republic, Slovakia, Hungary and Croatia)

Different countries take different approaches to exposing medical students to research.

In general, doctoral programmes across Central and Eastern Europe last three to four years, with some exceptions (e.g. in Estonia four years for internal study, and five years for external study). In the Czech Republic, the maximum duration of external PhD study is eight years, and if the dissertation is not successfully defended within this period, the programme is terminated.

In most countries, MDPhD candidates can only be admitted to a PhD programme upon obtaining an MD degree. The exception is Hungary, where students still at the end of their MD studies are allowed to enrol in a PhD programme.

In most countries the framework of PhD education is defined by the different national governments, but individual universities have autonomy to design particular features of their PhD programmes and decide on official criteria for awarding PhD degrees.

In some countries, for example Slovakia, research institutes such as the Academy of Sciences are allowed to conduct independent doctoral programmes, while in others, such as the Czech Republic or Croatia, programmes must be run jointly with a university. In Estonia, there are Doctoral Schools formed between the country’s six public universities and external partners. Doctoral Schools are project-based and are partially sponsored by the European Social Fund. Their aim is to increase interdisciplinarity and international and national cooperation, and improve the quality of tutoring, and for this they offer training in transferable skills.

Candidates are allowed to train as medical specialists and enrol in doctoral programmes in parallel.

Once admitted, PhD students must take overarching methodological and theoretical courses in a wide variety of subjects. Generally, proficiency in English (or other European languages such as French, German or Spanish) is required.

Criteria for successfully completing PhD studies vary among countries and even among universities within a country, and are normally defined by the latter. Policies regarding salaries for PhD students vary widely. In some countries PhD students receive stipends from the government, while in others proper salaries exist. In either case, financial compensation for PhD candidates is very low.

In most countries there is a global trend towards increasing the quality of the PhD by strengthening the requirements regarding the number and quality of publications needed prior to defending the PhD thesis, and by improving the social and financial conditions of the candidates. In many countries such as Slovakia, current discussions focus on attaining world-class standards by embracing the Standards for PhD Education in Biomedicine and Health Sciences in Europe according to ORPHEUS-AMS-WFME criteria.

France

Since 2003, Inserm and the Liliane Bettencourt Foundation (LBF) have offered a coordinated fellowship to financially support students selected to follow a double MD-PhD course (double cursus). Each year, some 150 students in their second year of medicine take a national exam and the top 20 to 25 are selected for this course. The students receive 470 Ä a month during the 16 months of their master’s studies and 1,700 Ä a month during the 3 years of their PhD from the LBF. They are further supported by a monthly salary of 1,700 Ä from Inserm during the 3 years of their second clinical cycle.

Their internship is supported by hospital grants, while their residency is supported by hospital grants and university funds.

The experience accumulated by the Inserm-LBF School since the course was launched 9 years ago clearly indicates that the best and easiest system is to complete the M1/M2 –PhD segment as early as possible. Today, 129 students are enrolled in this double MD-PhD course, at the end of which they will have completed a full MD degree in addition to a full master’s and scientific PhD degree.

In addition, students benefit from individual tutoring with the staff of Inserm-LBF. They also receive complementary training in fundamental biology and medicine throughout the double cursus during dedicated weeks where they attend lectures and conferences.

The LBF also provides fellowships for those who wish to complete a post-doctoral year and offers support to students who have obtained their PhD to attend several international congresses.

Finally, the Inserm-LBF School recruits some students for a similar double Pharmacy-PhD course.

Australia

There is concern in Australia that few medical graduates are making a commitment to research as a significant part of their careers. Medical specialisation is controlled entirely by colleges, such as the Royal Australasian College of Physicians and the Royal Australasian College of Surgeons. Colleges and hospitals have emphasised clinical training programmes over research work programmes leading to a doctorate.

There is no nationwide coordination of a programme

for doctoral research. The largest and most established

universities have academic departments in major hospitals and provide support for a research higher degree programme at these sites. There is currently little coursework in most PhD programmes.

Doctoral programmes generally recruit medical graduates after completion of their postgraduate clinical training programmes. Very few PhD programmes are actually combined with medical degrees from the onset. An estimated two thirds of the small proportion of medical graduates who undertake research training enrol for a PhD.

An estimated one third of medical graduates training in research enrol for a two- to three-year research programme, usually with a clinical focus, leading to the award of a Doctor of Medicine or MD.

PhD supervisors must have an appropriate research record and be endorsed by a specific university.

Interestingly, many universities have training programmes for supervisors.

The outcome of both the PhD and MD by research is a major thesis, which is examined externally but not defended publicly. Some medical schools have offered an MBBS/PhD programme. Most medical graduates who choose to complete a research training programme and obtain a research degree at doctoral level do so after their specialist training programme and are generally supported by a tax-free scholarship, which they supplement by undertaking some clinical work.

The solution to these current challenges in attracting medical graduates to undertake research higher degrees at doctoral level would involve support from the specialty colleges for research training to integrate this better with clinical training, acceptance by government (which funds most of the clinical training positions) that funding should be provided at a comparable level for those who spend time training in research, more substantial research training and experience during the medical course, and better coordination of a research training programme for clinicians across different universities.

Bibliografia

ESF EMRC White Paper ‘Present Status and Future Strategy for Medical Research in Europe’. November 2007.

ESF EMRC Forward Look ‘Implementation of Medical Research in Clinical Practice’. May 2011. ISBN 978-2-918428-36-7.

ESF EMRC White Paper 11 ‘A Stronger Biomedical Research for a Better European Future’. September 2011. ISBN 978-2-918428-35-0.

OECD Global Science Forum. ‘Facilitating International Cooperation in Non-Commercial Clinical Trials’. October 2011.

League of European Research Universities (LERU). ‘Harvesting talent: strengthening research careers in Europe’. January 2010.

European University Association (EUA). ‘Doctoral Programmes in Europe’s Universities: Achievements and Challenges’. 2007.

Organisation of PhD Education in Biomedicine and Health Sciences in the European System (ORPHEUS), Association of Medical Schools in Europe (AMSE) and World Federation for Medical Education (WFME). ‘Standards for PhD Education on Biomedicine and Health Sciences in Europe’. 2012. ISBN: 978 87 7934 600 0.

Organisation of PhD Education in Biomedicine and Health Sciences in the European System (ORPHEUS), ‘Towards Standards for PhD Education in Biomedicine and Health Sciences’, 2009.

European University Association (EUA)-Council for Doctoral Education, Salzburg Principles and Salzburg II Recommendations. Europe 2020 Flagship Initiative Innovation Union.

League of European Research Universities (LERU). ‘Doctoral degrees beyond 2010: training talented researchers for society’. March 2010.

Banff Principles on Graduate Education, agreed by the US Council of Graduate Schools, the EUA, the Canadian Association for Graduate Studies, the Australian Deans and Directors of Graduate Studies, and the Association of Chinese Graduate Schools. 2007.

Acknowledgements

This Science Policy Briefing contains the generous feedback from a number of international experts in medical research education. Among them, we wish to express our gratitude to (in alphabetical order):

Chair • Professor Giovanni Pacini – Institute of Biomedical Engineering, Padova, Italy

Experts • Professor Mario Amore – Associate Professor of Psychiatry, University of Parma, Italy • Professor James Best – Head, Melbourne Medical School, The University of Melbourne, Australia. Former Chair, Research Committee, National Health and Research Council of Australia • Professor Nils Billestrup Graduate School of Health Sciences, University of Copenhagen, Copenhagen, Demark • Dr Kerstin Cuhls CC Innovations- und Technologie Management und Vorausschau, Fraunhofer Institut für System- und Innovationsforschung (ISI), Karlsruhe, Germany • Professor Rafael Garesse Facultad de Medicina, Universidad Autónoma de Madrid, Spain • Professor Enrique Gómez-Barrena Facultad de Medicina at Universidad Autónoma de Madrid and University Hospital La Paz, Madrid, Spain • Professor David Gordon President, Association of Medical Schools in Europe. Visiting Professor, University of Copenhagen, Denmark • Professor Nick J. Goulding Vice-President, Academic Development, British Pharmacological Society, and William Harvey Research Institute, Barts, and the London School of Medicine and Dentistry, London, United Kingdom

• Dr Mike Hardman AstraZeneca • Professor Zdravko Lackovic President, Organisation for PhD Education in Biomedicine and Health Sciences in the European System (ORPHEUS), Director of PhD Programme Biomedicine and Health Sciences, University of Zagreb Medical School, Zagreb, Croatia • Professor Andrea Lenzi President of the Italian National University Council, and President of the National Conference of Degree Courses in Medicine and Surgery, Rome, Italy • Professor Maria dos Anjos López Macedo Auxiliary Professor, Conselho Científico das Ciências da Vida e da Saúde and Fundaçao para a Ciencia e a Tecnologia, Portugal • Professor Francis Quétier French National Institute of Health and Medical Research (Inserm), Paris, France • Professor Charlotte Ringsted Centre for Clinical Education, University of Copenhagen and Capital Region, Copenhagen, Denmark • Dr Annette Schmidtmann German Research Foundation, Bonn, Germany • Professor Olwyn M.R. Westwood Centre for Medical Education, The London School of Medicine and Dentistry, London, United Kingdom • Dr Ghada Zoubiane Programme Manager, Medical Research Council, United Kingdom • Professor Riccardo Zucchi President, School of Medicine, University of Pisa, Pisa, Italy

ESF-EMRC Standing Committee Members consulted

Austria • Austrian Science Fund (FWF) Not represented

• Austrian Academy of Sciences (ÖAW) Professor Hans Lassmann, Brain Research Institute, Vienna Belgium

• Fund for Scientific Research (FNRS) Professor Pierre Gianello, Catholic University of Louvain, Woluwe-St-Lambert

• Research Foundation Flanders (FWO) Professor Roger Bouillon*, Laboratory of Experimental Medicine and Endocrinology, Leuven Bulgaria

• Bulgarian Academy of Sciences (BAS) Professor Bogdan Petrunov, National Center of Infectious and Parasitic Diseases, Sofia Croatia

• Croatian Academy of Sciences and Arts (HAZU) Professor Krešimir Pavelic, Rudjer Boskovic Institute, Zagreb Czech Republic

• Academy of Sciences of the Czech Republic (ASCR)/Czech Science Foundation (GAČR) Professor Josef Syka*, Institute of Experimental Medicine, Prague

Denmark

• Danish Council for Independent Research – Medical Sciences (FSS) Professor Niels Frimodt-Møller, University of Copenhagen, Hvidovre Estonia

• Estonian Research Council (ETAG) Professor Raivo Uibo, University of Tartu, Tartu Finland

• Academy of Finland Professor Tuula Tamminen, University of Tampere, Tampere France

• National Centre for Scientific Research (CNRS) Dr Emmanuelle Wollman, Paris

• French National Institute of Health and Medical Research (Inserm) Dr Claire Giry*, Inserm, Paris Germany

• German Research Foundation (DFG) Professor Martin Röllinghoff*, Nuremberg University, Nuremberg Greece

• National Hellenic Research Foundation (NHRF) Professor Andrew Margioris, School of Medicine, Heraklion Hungary

• Hungarian Academy of Sciences (MTA)/Hungarian Scientific Research Fund (OTKA) Dr János Réthelyi, Semmelweis University, Budapest Iceland

• Icelandic Research Council (RANNIS) Dr Jona Freysdottir  University Research Hospital, Reykjavik Ireland

• Health Research Board (HRB) Professor Catherine Godson, University College Dublin, Dublin Italy

• National Research Council (CNR) Professor Giovanni Pacini*, Institute of Biomedical Engineering, Padova Lithuania

• Research Council of Lithuania (LMT) Professor Limas Kupčinskas, Lithuanian University of Health Sciences, Kaunas Luxembourg

• National Research Fund (FNR) Not represented Netherlands

• Netherlands Organisation for Scientific Research (NWO) Professor Marcel Levi, Academic Medical Centre, University of Amsterdam, Amsterdam Norway

• The Research Council of Norway Professor Stig Slørdahl*, Norwegian University of Science and Technology, Trondheim Poland

• Polish Academy of Sciences (PAN) Professor Anna Czlonkowska, Institute of Psychiatry and Neurology, Warsaw Portugal

• Foundation for Science and Technology (FCT) Professor Isabel Palmeirim, Department of Medicine, University of Algarve, Faro Romania

• National Council for Scientific Research (CNCS) Professor Simona-Maria Ruta, Carol Davila University of Medicine, Bucharest Slovakia

• Slovak Academy of Sciences (SAV) Dr Richard Imrich, Centre for Molecular Medicine, Bratislava Spain

• Council for Scientific Research (CSIC) Professor Isabel Varela-Nieto*, Instituto de Investigaciones Biomédicas ‘Alberto Sols’, Madrid

• Ministry of Economic Affairs and Competitiveness (MINECO) Dr Carlos Segovia, Institute of Health Carlos III (ISCiii)

Madrid Sweden

• Swedish Research Council (VR) Professor Mats Ulfendahl, Swedish Research Council, Stockholm Switzerland

• Swiss National Science Foundation (SNF) Professor Stéphanie Clarke, Centre Hospitalier Universitaire Vaudois, Lausanne Turkey

• The Scientific and Technological Research Council of Turkey (TÜBITAK) Professor Haluk Topaloğlu, Hacettepe Children’s Hospital, Ankara United Kingdom

• Medical Research Council (MRC) Dr Mark Palmer*, Medical Research Council, London * The delegate is also a core group member.

 

This ESF Science Policy Briefing has been prepared by the following people, under the responsibility of the Standing Committee of the European Medical Research Councils (EMRC):

• Professor Liselotte Højgaard EMRC Chair, Director, Professor, Clinical Physiology, Nuclear Medicine & PET, Rigshospitalet, University of Copenhagen and Danish Technical University, Denmark

• Dr Vanessa Campo-Ruiz Science Officer to the Chief Executive, ESF, Strasbourg, France

• Professor Kirsten Steinhausen Senior Science Officer, Biomedical Sciences Unit, Strasbourg, France

• Dr Stephane Berghmans Head of Unit, Biomedical Sciences Unit, Strasbourg, France

• Ms Janet Latzel Unit Coordinator, Biomedical Sciences Unit, ESF, Strasbourg, France

Cita questo articolo

Højgaard L., Hynes M., Medical Research Education in Europe, Medicina e Chirurgia, 57: 2539-2554, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-57-5

The international dimensions of medical educationn.57, 2013, pp.2536-2538, DOI: 10.4487/medchir2013-57-4

Articolo

Designing medical curricula and syllabi with the international milieu in mind

Present-day medical education has become, organisationally speaking, a rather complex affair involving, besides other factors, a high degree of responsibility towards the international community. For quite some time now the essential parameters which governed the training of medical doctors in the past have changed, so that it is now mandatory that those entrusted with medical pedagogy or with organisational tasks within the medical training sphere, be perfectly attuned to the importance of the internationalisation of both educational processes and modern scientific research methods.

In other words, it is no longer conceivable, nowadays, to design didactic, curricular and methodological teaching/learning programs without reference to the world at large. It is to this international milieu that scientific associations like the “Association for Medical Education in Europe (AMEE)” belong; AMEE addresses matters of medical teaching with the utmost methodological and scholarly rigour that has nothing to envy the achievements of other international scientific associations which cater for medical issues and scientific research within the many disciplinary areas of medicine and the fields of scientific research most closely associated with them.

AMEE: Europe’s most important international association (www.amee.org)

AMEE (www.amee.org) is undoubtedly Europe’s most important international association, as far as the service it offers its members, the number of its associates, and the high scientific standard of its conferences and the publications issued by the conferences, are concerned.

All AMEE members receive, free of charge, 12 issues per annum of the scholarly “Medical Teacher” journal, obtain special rates permitting them to attend the annual conventions and purchase the AMEE guides, free subscription to “MedEdWorld” and, finally, the right to vote at the general assembly held annually within the ambit of the AMEE international convention.

The AMEE journal, “Medical Teacher”, is a periodical devoted to medical pedagogy, and addresses colleagues involved in teaching within the medical field. It latest “impact factor” (2011) was calculated at 1,217.

The AMEE conventions are its true force. The 2012 was held in Lyon last August and attracted 3,500 participants from all over the world. During these annual conferences it is possible to be informed of all the latest developments within the area of medical and health-care teaching; furthermore, it is also possible to share resources and experiences, in a friendly international context of the highest level. AMEE 2013 will be held in Prague from the 24th. to the 28th. of August 2013 (Fig. 1).

Of particular interest are the “AMEE Guides”, based on “Best Evidence Medical Education”, a veritable practical “how-to-do-it” guide to specific topics regarding the medical and health-care professions. These guides are easy to access through the AMEE website.

MedEdWorld – A Global on-line Medical Education Community (www.mededworld.org)

MedEdWorld (www.mededworld.org) is an international network (organised and established recently under the patronage of the AMEE) which provides faculties of medicine and surgery, teachers and students from all over the world, with direct access to innovative ideas and experiences regarding the field of medical education.

The network also permits teachers and students to collaborate directly with a view to developing good medical techning/earning practices through access to specific literature, to international good practice experiences, thanks to an important and highly qualified international teaching/learning on-line system.

MedEdWorld not only provides access to information, but, above all, it offers ample possibilities to collaborate at international level on issues regarding developments within the field of medical pedagogy. It is, therefore, possible to obtain information about conventions and take part directly in international conferences and meetings dealing with medical pedagogy (availing of synchronous web streaming in the case of more important venues), gain direct access to scientific articles and international books addressing international themes, participate in and make contributions to interactive on-line and face-to-face courses, round tables and study groups dealing with specific issues. Furthermore, there is also the possibility to be continually updated concerning new applicative technologies, skill labs, and obtain information about international work opportunities.

The general principles that regulate the activities run by MedEdWorld may be summed up essentially in the terms “collegiality” (related to the possibility of taking part in the offer provided to all medical schools worldwide who wish to join the project) “equity” (referred to fee differentiation based on the effective economic possibility of the single teachers, students and institutions) and “collaboration” (related to the aim of sharing resources and cooperating for the common good).

The internationalisation process: an inexorable choice

As already emphasised in the premise, the evolution of the medical pedagogical sciences has become unimaginably complex in the last decade alone. Profound changes regarding, in particular (though not exclusively), the identification of the competences and skills to be included when engaged in curriculum planning, ways of testing and guaranteeing learning outcomes, new approaches to teaching and learning, assessment tools and all the myriad factors that concern, in general, teaching methods and training management within the ambit of the various courses held by schools of medicine and surgery.

Developments have reached such dimensions that they are now containable only within an international framework. Undoubtedly the changes under way are of the greatest importance to those we may call the “stakeholders” of medical education. Dent and Harden (2009) indicate six important “topics” vital to didactic renewal in the near future:

– The globalisation of healthcare delivery and the international dimensions of medical education;

– A reconceptualisation of the role of the doctor and a recognition of the importance of learning outcomes when defining curricula for the training of an appropriate workforce;

– The changing context in which clinical experience is gained;

– Continuing developments of new learning technologies and their influence on teaching and learning;

– An evolving conceptualisation of assessment and its role in curricula;

– The recognition of professionalism and scholarship in medical education.

It is interesting to note that internationalisation is the first point on this agenda of priorities. There is no doubt that the pedagogical renewal undertaken by the Italian faculties of medicine and surgery, over the past ten years, is of the highest quality and efficacy, thanks, above all, to the endeavours of the Permanent Committees of the Chairpersons of the Medical Degree Courses and the Deans of the Medical Faculties (Snelgrove et al., 2009; Gallo, 2011; Binetti et al., 2012); it is equally true that the creation of an international dimension capable of involving the students entrolled in our faculties more directly, is also of the utmost importance. It is towards the achievement of this goal that both AMEE and MedEdWorld may make the greatest and most significant contribution, something that must in no way be underrated.

Bibliografia

1) Binetti P, Gaudio E, Lenzi A, Armocida G, Ricciardi W, Frati L. Ripensare la Facoltà di Medicina e Chirurgia. MedChir 54: 2399-2406, 2012.

2) Dent JH, Harden RM. A Practical Guide for Medical Teachers. Churchill Livingstone – Elsevier, 2009.

3) Gallo P. Insegnare nei corsi di laurea in medicina e odontoiatria. Espress Edizioni, Torino, 2011.

4) Snelgrove H, Familiari G, Gallo P, Gaudio G, Lenzi A, Ziparo V, Frati L. The Challenge of reform: 10 years of curricula change in Italian Medical Schools. Medical Teacher 31: 1047-1055, 2009.

Cita questo articolo

Familiari G., The international dimensions of medical education, Medicina e Chirurgia, 57: 2536-2538, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-57-4