Il SISM fa riferimento alla definizione di Salute Globale proposta dalla Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG): un “approccio che mira a dare pieno significato e attuazione a una visione di salute come stato di benessere bio-psicosociale e come diritto umano fondamentale”. Da molti anni all’interno del SISM la Salute Globale occupa un ruolo di primo piano, perché in quanto approccio multidisciplinare, al di là della semplice realtà fisiopatologica, permette di disegnare e applicare politiche di salute che abbiano un approccio radicale nella risoluzione di problemi di Salute. Questo impegno è sfociato poi nella stesura del Policy Statement Approccio Globale alla Salute e alla Formazione Universitaria, approvato durante il LVII Congresso Nazionale del SISM, tenutosi nel mese di Novembre 2020. Essendo la Global Health un approccio transdisciplinare, il SISM si è dotato di due strumenti per lo studio e l’elaborazione di nuove proposte in merito: il Global Health Group (GHG), che lavora in termini di sensibilizzazione e advocacy sulla Salute Globale all’interno e all’esterno dell’Associazione, e il progetto “Laboratorio di Mondialità” (Labmond), in cui vengono analizzate specifiche tematiche inerenti la Salute Globale. Durante il 2020 il SISM ha deciso di elaborare una proposta da sottoporre alle Università ed alla Conferenza Permanente, attraverso cui intende stabilire il suo impegno nei confronti della promozione e della divulgazione dei principi della Salute Globale e dell’insegnamento della stessa. Il primo passo è strutturare il curriculum per tutti gli anni di studio secondo un approccio non esclusivamente associato alle materie del corso, bensì volto a legare le componenti attraverso l’utilizzo di un approccio alla Salute Globale. Per fare ciò le università dovrebbero stimolare la costruzione di spazi di incontro tra studenti provenienti da CdL differenti per incoraggiare una proficua Interprofessional Education, implementare il core curriculum delle scuole di medicina, inserendo competenze e conoscenze inerenti alla Salute Globale e incentivare la ricerca in materia di essa in tutti i dipartimenti. In secondo luogo, il SISM propone la promozione, all’interno delle singole Scuole di Medicina e Chirurgia, di attività didattiche elettive riguardo la Salute Globale, ma anche di opportunità formative per gli studenti in contesti diversi da quelli ospedalieri, favorendo la conoscenza delle dinamiche territoriali (Community-Based Education). Ciò può essere raggiunto anche attraverso bandi universitari sulla salute globale e sulla salute di comunità.
Infine, costruire e rafforzare i rapporti con altri enti del territorio e/o istituzioni pubbliche al fine di approfondire gli aspetti economici, sociali, ambientali che possano influire sullo sviluppo delle disuguaglianze in salute. Ciò potrebbe essere raggiunto sia attraverso proposte di tirocini in realtà di volontariato sia attraverso la valorizzazione di esperienze con associazioni di promozione sociale o di volontariato, che si occupano di salute e disuguaglianze.
This article presents the results of a survey conducted on 55 Italian courses in Medicine and Surgery, to assess the level of vaccination for sars-cov-2 in Italian medical students during the second semester of the academic year 2020/21, as of April 15, 2021. Were also investigated: the status of attendance at professional internships in relation to the administration of the vaccine, the active surveillance methods used among students attending in presence, and the percentage of students who refused vaccination. At that date, 54.7% of the student population had been vaccinated; 54.5% of the students did not attend the internships; furthermore 54.5% of those attending in presence was subjected to active surveillance, using very different protocols nationwide. The percentage of students who refused vaccination was low (1.75%). The results of this survey are discussed in relation to other international experiences and focus critical points of discussion for the Permanent Conference of the Master’s Degree Courses in Medicine and Surgery in order to find solutions in accordance with government indications.
Riassunto
In questo articolo sono presentati i risultati di una survey condotta su 55 sedi di corso di Laurea Magistrale in medicina e Chirurgia, svolta allo scopo di valutare il livello di vaccinazione per sars-cov-2 negli studenti italiani di medicina e chirurgia, nel corso del secondo semestre didattico dell’anno accademico 2020-2021, alla data del 15 aprile 2021. Veniva anche indagato lo stato delle frequenze in presenza ai tirocini professionalizzanti, in relazione alla somministrazione del vaccino, le metodiche di sorveglianza attiva utilizzate negli studenti frequentanti in presenza e la percentuale di studenti che rifiutavano la vaccinazione. A tale data era vaccinato il 54,7% della popolazione studentesca; non frequentavano i tirocini in presenza il 54,5% degli studenti. Il 54,5% dei frequentanti in presenza era sottoposto a sorveglianza attiva, con metodi molto eterogenei sul territorio. Bassa la percentuale degli studenti che rifiutavano la vaccinazione, pari all’1,75%. I risultati sono discussi alla luce delle evidenze internazionali e mettono in evidenza dei punti di criticità su cui la Conferenza permanente dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia dovrà discutere e risolvere, in accordo con le indicazioni governative.
Articolo
Introduzione
La vaccinazione degli studenti di Medicina e Chirurgia, al pari di quelli delle altre Professioni Sanitarie, ha rappresentato una priorità nei piani vaccinali nazionali e regionali. La vaccinazione degli studenti ha infatti avuto inizio precocemente, alla fine del mese di Dicembre 2020, come previsto dal Piano Strategico di vaccinazione del 12 dicembre 2020 (GU serie generale n. 72 del 24-3-2021, pagg 24-37), là dove gli “operatori sanitari e sociosanitari” rientravano nelle categorie ricomprese della fase 1 del piano strategico (insieme con le persone estremamente fragili e gli ultraottantenni). Lo stesso livello di priorità veniva mantenuto anche dalle raccomandazioni ad interim sui gruppi target del 10 marzo 2021 (GU serie generale n. 72 del 24-3-2021, pagg 38-50) e dall’ordinanza n. 6/2021 del Commissario Straordinario Gen. Figliuolo del 9 aprile 2021, là dove è scritto: “… è completata la vaccinazione di tutto il personale sanitario e sociosanitario, in prima linea nella diagnosi, nel trattamento e nella cura del COVID-19 e di tutti coloro che operano in presenza presso strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private”. Non vi erano dubbi sul fatto che anche gli studenti dovessero essere inseriti all’interno della categoria “operatori sanitati e sociosanitari”, in quanto assimilati ai lavoratori, come previsto dall’articolo 2 del D.Lgs n. 81 del 2008, lettera a), comma 1. Come però accaduto a livello internazionale, nel periodo iniziale della vaccinazione, fortemente in relazione alla carenza nelle consegne degli stessi vaccini che si è avuta nei mesi di gennaio e febbraio, si evidenziava una somministrazione discontinua dei vaccini anti sars-cov-2 nei confronti degli studenti, rispetto al personale medico e paramedico in servizio. In un articolo pubblicato su “The New York Times” il 14 gennaio 2021, si legge: “across states and schools, medical students’ access to the coronavirus vaccine has varied widely, creating some confusion and stress” (Goldberg, 2021). Allo scopo di valutare l’andamento del processo di vaccinazione in Italia, degli studenti di medicina e chirurgia, la Conferenza permanente dei Presidenti di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia (CPPCLM&MC) organizzava una survey nazionale allo scopo di valutare lo stato del processo generale di vaccinazione, le resistenze degli studenti nei confronti della vaccinazione e la ricaduta di tale processo sulla frequenza in presenza ai tirocini professionalizzanti abilitanti alla professione di medico chirurgo. Lo scopo della survey era anche quello di verificare l’applicazione della mozione del 28 febbraio 2021 della Conferenza Permanente dei Presidi/Presidenti delle Scuole di Medicina Italiane, condivisa anche con la CPCLM&MC, in cui si chiedeva che fossero assunte tutte le azioni necessarie affinché in tutte le Regioni fosse completata la vaccinazione di tutto il personale sanitario in formazione mettendo in assoluta priorità tale categoria dopo quella degli operatori sanitari.
Metodo
La CPPCLM&MC lanciava una survey nel mese di marzo 2021 (secondo semestre dell’anno accademico 2020-2021), indirizzata ai Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia italiani, utilizzando l’applicativo Google moduli. Nella survey vi erano contenute dieci domande riguardanti l’andamento della vaccinazione, le priorità individuate all’interno delle coorti di studenti iscritti dal primo al sesto anno di corso, l’incidenza della vaccinazione sulla frequenza in presenza dei tirocini e le modalità di sorveglianza attiva per gli studenti non vaccinati, la resistenza degli studenti alla vaccinazione e gli eventuali provvedimenti assunti. Rispondevano al questionario 55 Presidenti, corrispondenti al 73,3% dei corsi di laurea attivi sul territorio. In particolare, rispondevano al questionario i Presidenti delle sedi di: Bari, Bari corso lingua inglese, Bologna, Bologna corso lingua inglese, Brescia, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Ferrara, Firenze, Foggia, Genova, Insubria Varese, Messina, Messina corso lingua inglese, Milano Polo Centrale, Milano Vialba, Milano San Paolo, Milano corso lingua inglese, Milano Bicocca-Monza, Milano Humanitas MEDTEC School, Milano Humanitas corso lingua inglese, Milano San Raffaele, Milano San Raffaele corso in inglese, Modena e Reggio Emilia, Molise Campobasso, Napoli Federico II corso lingua inglese, Napoli II Ateneo L. Vanvitelli polo Caserta, Napoli II Ateneo L. Vanvitelli corso inglese, Padova, Palermo-Caltanissetta, Parma, Pavia corso Harvey in inglese, Perugia, Piemonte Orientale Novara Vercelli, Pisa, Politecnica delle Marche Ancona, Roma Sapienza corso A, Roma Sapienza corso C, Roma Sapienza corso D, Roma Sapienza corso E Latina, Roma Sapienza corso High Technology, Roma Sapienza Sant’Andrea, Roma Tor Vergata, Roma Tor Vergata corso lingua inglese, Roma Campus Biomedico, Roma Cattolica del Sacro Cuore, Salerno Baronissi, Siena, Torino Orbassano, Torino Orbassano corso lingua inglese, Trento, Trieste, Udine, Verona. Le risposte sono state raccolte fino al giorno 15 aprile 2021 ed analizzate e discusse nel corso della 142a riunione della CPPCLM&MC che si è tenuta il giorno 17 Aprile 2021 in modalità telematica con l’uso di Google-meet. L’analisi dei dati è stata svolta utilizzando il metodo descrittivo. I dati raccolti sono stati presentati in forma accorpata senza mettere in evidenza differenze per singole sedi o Regioni italiane.
Risultati
La pianificazione delle vaccinazioni degli studenti e le priorità fra le diverse coorti
Alla richiesta di conoscere se gli studenti fossero stati espressamente previsti nel piano vaccinale regionale solo il 54,5% delle sedi rispondeva affermativamente, mentre il 25,5% rispondeva negativamente e il 20% dichiarava di non conoscere il dato. All’interno del personale sanitario e sociosanitario gli studenti erano comunque ricompresi con priorità elevata, in contemporanea o subito dopo il personale sociosanitario di ruolo. In riferimento all’esistenza di direttive Regionali che ponevano un limite al numero degli studenti da vaccinare, il 58,2% delle sedi rispondeva negativamente, il 20% ignorava il dato, il 21,8% rispondeva invece in modo affermativo, specificando una indicazione a privilegiare gli studenti iscritti al quinto e sesto anno di corso. Un forte variabilità si registrava in riferimento alla percentuale degli studenti vaccinati, in riferimento al loro anno di corso. Poche sedi dichiaravano di aver vaccinato gli studenti iscritti a tutti gli anni di corso, mentre emergeva un forte prevalenza di sedi in cui gli studenti erano stati vaccinati privilegiando quelli degli ultimi anni, gli iscritti al sesto anno in quantità maggiore e, a decrescere, gli studenti degli anni precedenti (Figura 1). Alla data del 16 aprile risultavano vaccinati il 57,4% degli studenti (IC 95% della media: da 48,1% a 66,7%), con una deviazione standard molto alta (±33,1%) e con un minimo/massimo (0-100) che comprendeva corsi di laurea in cui non era ancora stato vaccinato nessuno studente e corsi di laurea in cui era stata proposta la vaccinazione alla totalità degli studenti iscritti (Figura 2). In una larga parte dei corsi di laurea (81,8%), l’elenco delle priorità veniva elaborato privilegiando le esigenze di doversi laureare e di dover svolgere in presenza i tirocini abilitanti alla professione di medico chirurgo del V e VI anno di corso ed i tirocini curriculari previsti nel IV anno di corso, mentre un numero inferiore considerava la esigenza di dover svolgere anche tirocini curriculari degli anni precedenti (65,4%). La scala delle priorità sulle coorti degli studenti da vaccinare era stabilita dall’Azienda sanitaria in accordo con il Corso di Laurea nel 52,7% delle sedi, mentre nel 27,3% era stabilito in autonomia dal Corso di Laurea e nel 9,1% in autonomia dall’Azienda Sanitaria di riferimento.
La frequenza ai tirocini e le modalità di sorveglianza attiva negli studenti non vaccinati
Il 54,5% degli studenti non vaccinati non risultava frequentare il tirocinio, il 20% stava frequentando solo i tirocini abilitanti alla professione di medico chirurgo e il 25,5% frequentava in presenza sia tirocini abilitanti alla professione di medico chirurgo che quelli curriculari (Figura 3). Per gli studenti non vaccinati venivano messe in atto pratiche di sorveglianza attiva solo nel 54,5% delle sedi, mentre il 45,5% di queste dichiarava di non avere pratiche di sorveglianza attiva in corso (Figura 4). Deve essere precisato che a questo specifico quesito rispondevano 44 sedi, pari all’80% degli intervistati. Solo 29 sedi (52,7%) fornivano indicazioni sulle modalità di sorveglianza attiva utilizzate. Erano indicate numerose modalità, anche se sembra prevalere l’uso del tampone molecolare ogni 7 giorni (17,2%), ogni 14 giorni (17,2%) o ogni mese (20,7%) (Figura 5).
Gli studenti che hanno rifiutato la vaccinazione
Indicazioni utili venivano fornite da 41 sedi, pari al 74,5% di quelle intervistate. La percentuale media degli studenti che rifiutavano la vaccinazione risultava essere molto bassa, pari al 1,75%. In relazione al minimo dichiarato, pari allo 0% ed al massimo pari al 20% vi era una deviazione standard alta (±4,0%), ma una mediana pari allo 0% (Figura 6). Per quanto riguarda eventuali provvedimenti presi nei confronti degli studenti che avevano rifiutato la vaccinazione, non ne venivano riferiti di nessun tipo, alla data del sondaggio, per la quasi totalità degli intervistati. Solo tre sedi (5,5%) dichiaravano di aver imposto limitazioni alla frequenza del tirocinio in presenza. Le stesse sedi dichiaravano di aver comunque messo in atto una campagna di sensibilizzazione, nei confronti di tali studenti. Una sede riferiva le indicazioni del Garante di Ateneo sul divieto a chiedere ad ogni studente se si fosse sottoposto a vaccinazione.
Discussione
La disomogeneità della vaccinazione degli studenti sul territorio e le priorità fra le diverse coorti di studenti
Deve essere evidenziato come i dati ottenuti derivino da un campione non completo, ma ben distribuito sul territorio (73,3% delle sedi attive) e abbastanza rappresentativo della situazione che si aveva al 15 aprile 2021, periodo che corrisponde generalmente al punto centrale delle attività didattiche del secondo semestre. Si evidenzia come, in osservanza a quanto previsto dalle normative nazionali, i piani Regionali abbiano chiaramente previsto la vaccinazione degli studenti come prioritaria, insieme al personale sanitario, anche se alcune Regioni (21,8%) hanno emesso direttive che hanno limitato il numero di studenti da vaccinare. Nel complesso si evidenzia, in quel periodo, una media della copertura vaccinale degli studenti, pari al 57,4%, anche se vi erano ancora grandi differenze sul territorio, con un minimo pari allo 0% e un massimo pari al 100% di studenti vaccinati nella singola sede. Questa difformità di somministrazione sul territorio riflette quanto accaduto a livello internazionale. Vi sono evidenze in tal senso, ad esempio, per gli Stati Uniti, dove in un articolo pubblicato il 9 marzo 2021, si legge: “a patchwork of policies from state to state has led to confusion and sometimes resentement” (Lynn-Green e Iwai, 2021). In questo articolo viene chiaramente indicato il disagio provato dagli studenti, di fronte all’evidenza di una palese disparità di trattamento: “Some students have expressed distress with how their school appears to undervalue them, despite known or equal risks compared to other medical school students” (Lynn-Green e Iwai, 2021). Anche gli studenti inglesi, come si evince da un articolo pubblicato nel mese di gennaio 2021, evidenziavano la disorganizzazione della campagna vaccinale nel loro paese: “many UK medical students reported they had not been offered vaccination against covid-19. This was in spite of guidance from the UK governments advisory committee … which states that students in clinical years should be prioritised as health and social care staff … This disparity, and delays in the distribution of vaccines, has led students to call for a more organized, robust vaccine rollout … and many students find themselves lost in a grey area … missing their vaccine invitation” (Nabavi, 2021). Appariva invece omogenea, sul territorio, la decisione sulla scala delle priorità degli studenti da vaccinare, legata soprattutto allo svolgimento dei tirocini curriculari e abilitanti e agli internati per la tesi di laurea (risultavano infatti vaccinati in maggior numero studenti del VI anno, del V anno, studenti FC e studenti del IV anno, meno quelli degli anni precedenti).
La frequenza ai tirocini e le modalità di sorveglianza attiva negli studenti non vaccinati
Un dato poco tranquillizzante riguardava la percentuale degli studenti non vaccinati (54,5%) che non erano coinvolti nelle frequenze dei tirocini in presenza. Certamente una percentuale alta e che riguarda oltre la metà degli studenti coinvolti. A tale riguardo, veniva anche riferito di come alcune Aziende sanitarie avessero sospeso la frequenza ai tirocini anche agli studenti vaccinati. È bene ricordare come nessun DPCM abbia mai sospeso i tirocini in presenza, semmai approvando l’utilizzo di metodologie di didattica a distanza, che restano in vigore sino al perdurare dello stato di emergenza, ad oggi fino al prossimo 31 luglio 2021. Alcune di queste decisioni potrebbero sembrare pertanto del tutto arbitrarie e contro il diritto allo studio degli studenti qualora assunte per decisione unilaterale dell’Azienda Sanitaria di riferimento, ricordando come, a norma delle disposizioni ministeriali vigenti, anche in zona rossa dovesse essere la Conferenza Regionale dei Rettori a deliberare per lo svolgimento delle attività di tirocinio in presenza o a distanza. Deve anche essere stigmatizzato come, proprio in relazione a tale criticità ed in previsione dei ritardi formativi che avrebbero potuto seguire alla mancata vaccinazione degli studenti, la Conferenza Permanente dei Presidi/Presidenti delle Scuole di Medicina Italiane aveva approvato una mozione in cui era contenuto un forte invito a completare il processo di vaccinazione degli studenti in Italia. Tale mozione era inviata al Ministro dell’Università e della Ricerca ed agli Assessori alla Salute di tutte le Regioni italiane, il 28 febbraio 2021. In questa mozione, condivisa anche con la CPCLM&MC, si chiedeva: “che siano assunte tutte le azioni necessarie affinché in tutte le Regioni sia completata la vaccinazione di tutto il personale sanitario in formazione mettendo in assoluta priorità tale categoria dopo quella degli operatori sanitari”, motivando tale azione urgente e indispensabile per “permettere una pronta e piena ripresa di tutte le attività formative, con particolare riferimento ai tirocini e alle attività professionalizzanti in genere; consentire la ricomprensione dei reparti Covid tra quelli in cui far ruotare il personale in formazione anche ai fini dell’apprendimento delle competenze specifiche stanti le necessità attuali; scongiurare il manifestarsi di una emergenza formativa dovuta al ritardo del compimento del percorso formativo e/o alla possibile diminuzione della qualità dello stesso per mancata esposizione alle problematiche di salute maggiormente al momento intercorrenti”. Un ulteriore dato di grande interesse riguarda la grande difformità riscontrata nelle pratiche di sorveglianza attiva nei confronti degli studenti non vaccinati che stavano frequentando in presenza i tirocini abilitanti e curriculari. Queste erano infatti dichiarate essere in atto solo nel 54,5% dei CLM intervistati e con modalità molto eterogenee, come sopra riportato. Anche questo dato evidenzia l’assenza di un coordinamento centrale su questo punto che è stato gestito a livello periferico, direttamente dalle Aziende Sanitarie, con livelli di accuratezza molto differenziati. In relazione alle numerose strategie di sorveglianza per il contenimento della pandemia COVID-19, messe in atto da tutti gli Atenei italiani, riguardanti le attività didattiche in presenza, sulla base di quanto previsto dai diversi DPCM che hanno normato tali attività, sembra poco attendibile che il 45,5% delle sedi non abbia messo in atto metodiche di sorveglianza attiva per gli studenti frequentanti i tirocini in presenza all’interno dei reparti assistenziali delle aziende/ASL di riferimento. Nella letteratura internazionale si ritrovano diverse evidenze correlate alle attività degli studenti di medicina (Wong et al., 2021) e sull’importanza della cosiddetta sorveglianza attiva negli operatori sanitari e sociosanitari cui gli studenti di medicina sono assimilati (Ibrahim, 2020).
Gli studenti che hanno rifiutato la vaccinazione
Un dato molto confortante riguarda la percentuale, molto bassa e pari all’1.75%, di studenti cui è stata proposta la vaccinazione e che non hanno aderito al piano vaccinale. Gli studenti di medicina europei sembrano avere un’ottima propensione nei confronti della vaccinazione (Rostkowska e al., 2021), anche se uno studio condotto negli Stati Uniti, tra gli studenti di medicina e di odontoiatria, parrebbe far emergere un valore molto superiore di studenti (circa il 23% degli intervistati) che appaiono titubanti di fronte alla vaccinazione COVID-19 (Kelekar et al., 2021). I provvedimenti presi nei confronti di chi non ha aderito alla campagna vaccinale comprendono sia la sensibilizzazione degli studenti, che l’attivazione di protocolli di sorveglianza attiva. Tre sedi dichiarano però di aver dato il divieto di accesso ai reparti assistenziali, mentre un’altra sede dichiara che il Garante ha stabilito il non doversi chiedere agli studenti se siano stati vaccinati o no. Risulta del tutto evidente come, in una situazione in cui la vaccinazione non sia stata concretamente offerta a tutti gli studenti di medicina italiani, non si possa poi costringerli a non frequentare i reparti assistenziali, senza provocare un indubbio danno nella loro formazione. È anche evidente come su questo punto siano necessarie delle chiarificazioni da parte del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Università e della Ricerca.
Temi su cui riflettere
I dati della survey, anche se evidenziano lo stato di fatto che vi era nella parte centrale del semestre didattico, mettono in luce alcuni punti, ancora non risolti, su cui sarà probabilmente necessario un forte pronunciamento della Conferenza permanente. Il primo riguarda l’inibizione alla frequenza in presenza dei tirocini professionalizzanti curriculari e quelli abilitanti alla professione di medico chirurgo (TPVES) a quegli studenti che rifiutassero di vaccinarsi, dopo aver terminato il piano vaccinale ed aver offerto la vaccinazione a TUTTI gli studenti italiani. Il decreto sulla obbligatorietà di vaccinazione per gli operatori sanitari prevede infatti un demansionamento di funzione, in caso di rifiuto. È possibile applicare questa norma agli studenti, impedendone di fatto la corretta formazione? Il secondo quesito riguarda un’altra evidenza, che riguarda l’inibizione alla frequenza in presenza dei tirocini professionalizzanti curriculari e quelli abilitanti alla professione di medico chirurgo (TPVES), agli studenti non vaccinati, non per loro volontà. Si configura una lesione del diritto allo studio, come sancito dall’art. 34 della Costituzione Italiana? Il diritto alla salute, anch’esso sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana, è un bene prioritario e prevalente o equivalente al diritto allo studio? Il terzo quesito riguarda la correttezza di quanto accade sul territorio, in termini decisionali sulla frequenza in presenza ai tirocini professionalizzanti. È corretto che tali decisioni siano assunte unilateralmente dalle Aziende Sanitarie quando tutti i DPCM le hanno consentite e, nell’ultimo DL ora in vigore, nelle zone rosse tale decisione è demandata alle Conferenze dei Rettori Regionali? Il quarto quesito riguarda la sorveglianza attiva e le modalità del suo svolgimento per gli studenti che frequentano i tirocini in presenza. È corretto non avere un piano di sorveglianza attiva concordato con l’Azienda, per gli studenti non vaccinati o vaccinati? Quattro punti che sembrano ancora da risolvere e da discutere, in accordo con le indicazioni del Governo.
Affiliazioni e autori
Giuseppe Familiari, Stefania Basili, Andrea Lenzi Sapienza Università di Roma
Bruno Moncharmont Università del Molise
Linda Vignozzi, Università di Firenze
Amos Casti, Università di Parma
Bibliografia
Goldberg E. Some
medical students celebrate with covid vaccine
selfies as others wait in line. The New York Times, Jan. 14, 2021.
Ibrahim NK. Epidemiologic surveillance for controlling Covid- 19 pandemic: types, challenges and
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Kelekar AK, Lucia, VC, Afonso NM, Mascarenhas
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di stampa.
Lynn-Green E, Iwai
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Nabavi N. Covid-19
vaccination for medical students: the grey
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Rostkowska OM,
Peters A, Montvidas J, Magdas TM, Rensen
L, Zgliczynski WS, Durlik M, Pelzer BW. Attitudes and knowledge of European medical students and
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Multinational cross-sectional survey. Int J Environ Res Public Health 18: 3595-3612, 2021.
Wong C, van den
Broek W, Doody G, Fischer M, Leech M, De
Ponti F, Gerbes A, Nishigori H, Lee Y, Frens M,
Kasuya H, Bazzoli F, Hickel R, Lee H, van Leeuwen J, Mitchell C, Kadomatsu K, Atherton J, Chan F
Continuing medical education during
pandemic waves of COVID- 19: Consensus
from medical faculties in Asia, Australia
and Europe. MedEdPublish https://doi.org/10.15694/ mep.2021.000064.1
Nell’articolo sono riportati e commentati i risultati della Survey formulata dal Tavolo Tecnico FNOMCEO-CPCLMMC sulla modalità di svolgimento dell’esame finale abilitante del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Parole chiave: “laurea abilitante”, TPVES, esame di stato.
Abstract
The article reports and comments the results of the Survey designed by the Joint Committee FNOMCEO-CPCLMMC on the procedure of the Board licence examinantion which is a contextual achievement of the license and the academic title, the so-called “qualifying degree”. Keywords: Qualifying degree, TPVES, board licence examination
Articolo
Introduzione
Il tavolo tecnico tra la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCEO) e la Conferenza Permanente dei Corsi di Laurea Magistrale di Medicina e Chirurgia (CPCLMMC) si è riunito in data 3 dicembre 2020 ed ha condiviso la necessità di condurre un monitoraggio sulle modalità di svolgimento dell’esame finale abilitante del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, dopo l’entrata in vigore della nuova legge sulla laurea abilitante. La survey consisteva in una serie di domande concordate tra FNOMCEO e Direttivo della CPCLMMC ed è stata inviata sia ai presidenti dei Corsi di laurea, da parte della Presidenza della Conferenza, sia agli Ordini dei Medici da parte della Federazione che li riunisce (i risultati della Survey inviata agli Ordini è oggetto dell’articolo successivo). Il presente articolo tratterà i risultati del sondaggio effettuato tra i presidenti dei corsi di laurea.
Risultati
Hanno compilato il questionario la maggioranza dei corsi di laurea magistrale, con una copertura di circa il 78% del totale. Le domande vertevano essenzialmente sulle procedure della seduta di Laurea Abilitante e sul clima di lavoro tra i membri della Commissione e il rappresentante dell’OMCeO, nonché sulla sua partecipazione attiva ai lavori della Commissione. La prima domanda, infatti, riguardava la verifica dell’attività di tirocinio del laureando e se questa venisse svolta insieme al rappresentante della OMCeO. Il 48% dei CdL ha risposto di averla effettuata insieme al rappresentante OMCeO prima della discussione della tesi, mentre la restante parte di circa il 50% dei corsi ha risposto di non effettuarla. Quindi i corsi di laurea sono sostanzialmente divisi, in maniera paritaria, su questo punto. La seconda domanda chiedeva invece se i rappresentanti OMCeO fossero stati invitati a partecipare alle sedute di Laurea: il 90% dei CdL ha risposto di invitarli sempre; in caso di risposta affermativa, veniva chiesto se il rappresentante avesse partecipato ad entrambe le fasi, cioè tanto alla verifica dei Tirocini prima della discussione di Laurea, quanto alla seduta vera e propria. La partecipazione ad entrambe le fasi è risultata tuttavia presente solo nel 40% dei casi, mentre in circa il 30% dei casi la partecipazione ad entrambe le fasi non è stata proposta. Il terzo quesito riguardava la possibilità di firma del rappresentante OMCeO nel verbale della seduta di laurea, insieme alla Commissione, e in particolare si chiedeva se esistesse uno spazio apposito nel verbale per l’apposizione di tale firma: nel 46% dei casi è stato risposto di sì, per il 30% ancora il rappresentante non è stato coinvolto in questa procedura, per il 22% dei casi la risposta è stata “no, mai”. E’ stato poi chiesto, se il rappresentante OMCeO firmasse il “verbale di congruità del percorso” in qualunque momento della seduta di Laurea, sia esso prima, durante o dopo l’esame di laurea: solo nel 19% dei casi la risposta è stata affermativa, mentre è risultata negativa nel 46% dei casi; vi è poi nuovamente un 30% di casi in cui si dichiara di NON coinvolgere ancora il rappresentante OMCeO nella procedura. Un’ulteriore domanda ha riguardato il clima di lavoro durante la seduta di Laurea ed in particolare se il rappresentante OMCeO avesse dialogato con la Commissione, e qui le risposte affermative sono state circa il 75% dei casi. Al contrario nel 15% di casi viene dichiarato che il rappresentante dell’OMCeO non ha mai interagito con gli altri Commissari durante le sedute di laurea. Parimenti si chiedeva poi se il rappresentante OMCeO avesse posto domande al candidato durante l’esposizione della tesi di laurea: circa il 60% ha risposto di no, il 34% ha risposto che ciò è avvenuto solo in alcune sedute, la restante minoranza ha affermato che ciò è avvenuto in tutte o nella maggioranza delle sessioni di Laurea. La domanda successiva ha poi esplorato se il rappresentante OMCEO avesse dato indicazioni riguardo alla formulazione del voto di laurea: la risposta è stata affermativa in circa l’87% dei casi. Sempre riguardo all’interazione e il clima di lavoro, si è posto poi il quesito per capire se all’inizio della seduta di laurea il Presidente della Commissione avesse o no presentato il rappresentante OMCEO agli altri membri della Commissione e ai candidati. La risposta è stata affermativa in circa l’85% dei casi. Riguardo alla cerimonia di proclamazione è stato chiesto se il rappresentante sia stato invitato a prendere la parola oppure no: nel 48% dei casi la risposta è stata negativa, nel 17% dei casi ciò è avvenuto in una minoranza delle sedute, nel 34% dei casi è avvenuto sempre. È emerso inoltre come l’Ordine provinciale avesse designato solo membri facenti parte del consiglio dell’Ordine o revisori dello stesso in circa il 50 dei casi, mentre in circa il 16% risulta essere stata designata una figura che non fosse né un consigliere né un revisore; nella restante percentuale dei casi non si aveva contezza di quale ruolo rivestisse la persona indicata all’interno dell’ordine. Una successiva domanda era volta a sapere se l’OMCEO provinciale avesse designato anche membri delle Commissioni paritetiche esistenti: nel 51% dei casi è stato risposto di non essere a conoscenza di questa informazione, nel 19% la risposta è stata affermativa, nel 29% negativa. Dalla survey è emerso inoltre come nel caso in cui l’OMCeO provinciale non avesse designato medici facenti parte degli organi dell’Ordine, risultassero designate talvolta figure di medici ospedalieri del S.S.N. (28% dei casi), talvolta medici di medicina generale (l 57% dei casi), talvolta medici impegnati nello svolgimento del tirocinio (31%), e talvolta pensionati (17%) Più raramente sono state designate figure di medici ospedalieri della sanità privata, oppure medici del servizio sanitario territoriale, o medici in continuità assistenziale, docenti universitari o infine liberi professionisti. Inoltre, in circa l’80% dei casi l’OMCEO provinciale ha indicato un nome specifico per ogni seduta. Infine, in circa il 73% dei corsi di laurea è stato rilasciato un diploma finale di laurea magistrale, con la specifica “abilitante alla professione di medico chirurgo (come nota MUR prot. 8610 del 25 marzo 2020 e prot. 9758 del 14 aprile 2020), mentre nel 7% dei casi è stato dichiarato di non rilasciare un diploma con tale dicitura e nel restante 20% il Presidente ha dichiarato di non essere in grado di rispondere a questa domanda.
Conclusioni
Quindi, riassumendo, la survey condotta fra i corsi di laurea riguardo alle modalità delle sedute di laurea, dopo l’introduzione della nuova laurea abilitante, ha evidenziato come, nella maggioranza dei casi, ci sia stato un ottimo coinvolgimento del rappresentante OMCeO nelle sedute di laurea, un medio coinvolgimento nella verifica del tirocinio prima della seduta. Il membro OMCeO, inoltre, ha apposto la propria firma nei verbali di laurea (46% dei casi), e nel verbale di congruità del percorso (solo nel 19% dei casi) o in entrambi i documenti (solo nel 9% dei casi). Anche per quanto riguarda il clima del lavoro, nell’87% si è evidenziato un clima improntato alla cordialità, nel 75% dei casi con un buon dialogo entro la Commissione di laurea e con una partecipazione attiva del membro OMCeO, che ha svolto un’opera di verifica del percorso di tirocinio nel 60% dei corsi di laurea, ha salutato i laureati nella proclamazione in circa il 50% dei casi ed ha interloquito durante le sedute nel 43% dei casi. Nel 95% dei casi il rappresentante OMCeO non ha rilevato particolari criticità all’interno della procedura e nel 63% dei casi ha partecipato alla formulazione del voto di laurea. Il componente designato è spesso un consigliere direttivo dell’Ordine (50%) o membro della Commissione paritetica (23%) e individuato in modo specifico nell’80% dei casi. Per quanto riguarda gli atenei – e la proposta di inserire una dicitura sulla abilitazione all’esercizio della professione di medico chirurgo nella certificazione del voto di laurea – essa è presente nel 73% dei casi. In conclusione si sono rilevate alcune proposte di miglioramento, ossia la necessità di far partecipare più attivamente il rappresentante dell’Ordine alle sedute di laurea, con un suo maggiore coinvolgimento anche nell’organizzazione dei tirocini. Attualmente la procedura vede il rispetto dei decreti ministeriali pubblicati e non appare necessario un ulteriore verbale di congruità, che non farebbe che appesantire burocraticamente la procedura, senza alcun miglioramento pratico della stessa. Infine è stato proposto di tenere una riunione preventiva alla sessione di laurea con membri dell’Ordine, per la valutazione del percorso del tirocinio abilitante. Infine, la copertura dei corsi da parte della survey è molto buona e interessa in modo omogeneo tutto il territorio nazionale, vi sono migliorie del processo solo nel 29% delle risposte, ma appaiono più di dettaglio procedurale che di carattere sostanziale sull’intero processo. Non vi è però, in ultima sintesi, un’uniformità nelle procedure, laddove ci dovrebbe essere un protocollo nazionale stabilito e condiviso con OMCeO.
Affiliazioni e autori
Linda Vignozzi Università degli studi di Firenze
Giuseppe Familiari, Roberta Misasi, Stefania Basili Università degli studi di Roma “La Sapienza”
Bruno Moncharmont Università degli studi del Molise
Roberto Monaco Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCEO)
The Permanent Conference of the Degree Courses of the Health Professions has carried out a descriptive analysis to detect the implementation of MIUR recommendations no. 13244 of 2018 for immediate integration into the teaching plans the field of Palliative Care. On the basis of the information provided by a convenience sample made up of 72 degree course locations, it should be noted that 43% of the sample had already entered training objectives on palliative care in the SUA from the 2018/2019 academic year, while 25% of the degree courses have planned to introduce them within the next academic year. In addition, more than half of the degree courses (58%), in previous years, had already addressed some issues of Palliative Care in different teaching programs. However, the results show that not all degree courses are yet ready to enhance Palliative Care in their training curriculum and that theoretical-practical training turns out to be uneven in favour of the northern courses location. The inhomogeneity of palliative care network in Italian regions can be considered among the causes of lack of sharing of training experiences at national level. Furthermore, the data collected shows a generalized absence of interprofessional training experiences which is probably the expression of a more widespread insufficiency of integrated teaching models in the university contexts.
Keywords: Education, Palliative Care, Healthcare Professions
Articolo
Introduzione
Circa 20 milioni di persone in tutto il mondo necessitano di Cure Palliative, intese come cure attive e globali che superano il tradizionale approccio bio-medico, ponendo un’attenzione spiccata anche verso le componenti psicologiche, sociali e spirituali (Moroni, Bolognesi, Muciarelli, Abernethy, & Biasco, 2011) che influiscono sulla qualità di vita di pazienti affetti da malattie gravi ed incurabili e delle loro famiglie (Connor & Bermedo, 2014; Hoerger, Wayser, Schwing, Suzuki, & Perry, 2019). Le Cure Palliative rispondono alla complessità dei bisogni assistenziali di tali pazienti mediante un approccio di cura interdisciplinare (World Health Organization, 2019), quale modalità privilegiata per una più completa ed articolata comprensione delle effettive condizioni del malato e per interventi sinergici tra professionisti con competenze diversificate, capaci di includere nella progettazione del lavoro di cura anche pazienti e familiari.
In Italia, la legge n. 38 del 15 marzo 2010 (Legge 38/2010) (G.U. 19 marzo 2010, n. 65), nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza, afferma il diritto ad accedere alle Cure Palliative di pazienti affetti da malattie cronico-evolutive per le quali non esistono terapie o, se esistono, sono inadeguate o inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia stessa o di un prolungamento significativo della vita. Si tratta di una Legge (Legge 38/2010) fortemente innovativa, non solo in tema di tutela della dignità, autonomia e qualità della vita del malato, ma anche in termini di formazione del personale sanitario. L’art. 8 di tale Legge prevede, infatti, l’individuazione di percorsi formativi progressivi in materia di Cure Palliative affinché, in linea con le raccomandazioni dell’European Association for Palliative Care (EAPC), oltre alla formazione di competenze specifiche, si diffonda in ambito sanitario una cultura palliativa quale patrimonio di tutti i professionisti della salute che operano nei diversi setting di cura (European Association dall’European Association for Palliative Care, 2009; Elsner et al., 2009; Ministero della salute, 2018; Ministero della salute, 2017). L’Accordo Stato-Regioni indica gli Infermieri e i Fisioterapisti tra le figure chiave dell’assistenza ai pazienti che necessitano di Cure Palliative. Per questi professionisti l’EAPC suggerisce un percorso formativo articolato su tre livelli diversificati di approfondimento, in quanto “non tutti gli operatori necessitano di una formazione della stessa natura e dello stesso livello, sia perché le loro responsabilità nei confronti dei malati e dell’équipe sono diverse e complementari, sia perché sono differenti la tipologia e il numero di malati che assistono”. Il primo livello prevede una formazione essenziale nel campo delle Cure Palliative rivolta a tutti i professionisti sanitari e fornita nei corsi di laurea professionalizzanti. Il secondo livello è finalizzato a far acquisire competenze specifiche in corsi post-base destinati a professionisti che dovranno lavorare nei contesti di Cure Palliative e il terzo livello prevede una formazione avanzata per tutti coloro che nei servizi dedicati dovranno assumere ruoli apicali in ambito clinico, educativo e manageriale. In Italia, nel 2012, è stato istituito il Master di I livello in Cure Palliative e Terapia del dolore per operatori sanitari in possesso della Laurea di primo livello in Infermieristica, Infermieristica Pediatrica, Fisioterapia e Terapia Occupazionale, per l’acquisizione di competenze specifiche in ambito clinico, comunicativo-relazionale, psicosociale ed etico (DM 14 aprile 2012). Il Master, con ordinamento didattico nazionale, ha costituito, e continua a costituire, un importante laboratorio didattico di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente che, oltre allo sviluppo di competenze specifiche, contribuisce alla sensibilizzazione del mondo universitario verso la necessità di creare percorsi formativi dedicati e progressivi nel campo delle Cure Palliative. Nonostante l’attivazione di questo importante percorso post-base a carattere specialistico, la formazione in Cure Palliative sembra però risentire di un forte ritardo in tutti i corsi di laurea della Facoltà di Medicina. Ad essere carente è proprio quel primo livello di formazione che l’EAPC ritiene essenziale per la diffusione di una cultura palliativa, patrimonio fondamentale di tutti coloro che potranno trovarsi a gestire i bisogni di Cure Palliative nei diversi contesti sanitari, a prescindere dai profili professionali e dalle diverse tipologie di specializzazione. La necessità di una formazione base congruente con le responsabilità proprie di ciascun profilo viene sostenuta anche dall’OMS nella 67a assemblea mondiale sulla salute del 2014 (World Health Organization, 2014).
Già da tempo, molti paesi del Nord America (Canada, Stati Uniti) (Ferrell, Mazanec, Malloy, & Virani, 2018; Rietze, Tschanz, & Richardson, 2018), dell’Europa (Spagna, Portogallo) (Martins Pereira & Hernández-Marrero, 2016; Valles Martinez & Garcia Salvador, 2013), l’Australia (Malone, Anderson, & Croxon, 2016), dell’Asia (Youssef, Mansour, Al-Zahrani, Ayasreh, & Abd El-Karim, 2015) hanno inserito contenuti specifici di Cure Palliative (Gillan, van der Riet, & Jeong, 2014) nei curricula accademici degli infermieri, fisioterapisti (Veqar, 2016) e terapisti occupazionali (Meredith, 2010).
In Italia, gli unici dati sugli insegnamenti in materia di Cure Palliative nei corsi di laurea delle professioni sanitarie risalgono ad uno studio del 2014 che ha evidenziato, nei soli CdL in Infermieristica, una diffusione eterogenea, con insegnamenti esclusivamente teorici della durata di poche ore (Mastroianni et al., 2019).
Nel 2018 il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della
Ricerca (MIUR), con la nota n. 13244 del 26 Aprile, inviava una raccomandazione
indirizzata ai Corsi di Laurea (CdL) in Infermieristica, Infermieristica
Pediatrica, Fisioterapia e Terapia Occupazionale per l’integrazione immediata
dell’insegnamento delle Cure Palliative nei loro piani didattici.
Il 15 maggio 2018 la Conferenza Permanente dei Corsi di
Laurea delle Professioni Sanitarie (CPCLPS) approvava una mozione in cui si
esprimeva a favore della raccomandazione del MIUR e sollecitava i
Coordinatori/Presidenti dei Corsi di Laurea della prima e seconda classe ad
integrare i piani di studio con specifiche attività/programmi formativi in
materia di cure palliative e di terapia del dolore, inserendo nella Scheda
Unica Annuale (SUA) i relativi risultati di apprendimento attesi.
Successivamente ha avviato una web survey nazionale esplorativa allo scopo di rilevare presso gli Atenei italiani il recepimento di dette raccomandazioni. Questo studio ne descrive il metodo e i risultati.
Metodo
Da febbraio a marzo 2019 è stato condotto uno sondaggio telematico trasversale su un campione di convenienza di CdL in Infermieristica, Infermieristica pediatrica, Fisioterapia e Terapia occupazionale.
Questionario
Un gruppo di esperti della CPCLPS ha sviluppato un questionario strutturato in 9 items: di cui 7 items a risposta chiusa e 2 a risposta aperta breve. Il questionario ha rilevato le seguenti informazioni:
a) la presenza nella Scheda Unica Annuale degli obiettivi formativi inerenti le Cure Palliative (quadro A4b2);
b) la presenza/assenza nel piano di studi di insegnamenti e/o moduli specifici per Cure Palliative;
c) l’anno di corso in cui viene impartito l’insegnamento, i Settori Scientifici Disciplinari (SSD) di riferimento e i relativi CFU;
d) gli ambiti di tirocinio;
e) le metodologie didattiche utilizzate. Tutti gli items sono stati caricati sul sito Web di Google Forms, uno strumento gratuito per la creazione di moduli di sondaggi online (https://docs.google.com/forms/u/0/). Il questionario richiedeva circa 30 minuti per essere completato.
Web survey
Una lettera di accompagnamento contenente un collegamento ipertestuale al sondaggio è stata inviata per e-mail ai direttori delle Università italiane dove sono attivi i CdL in Infermieristica, Infermieristica pediatrica, Fisioterapia e Terapia occupazionale. Il completamento del sondaggio implicava il consenso alla partecipazione. Per ciascun input è stato verificato il terminale sorgente attraverso la rilevazione del rispettivo codice di Internet Protocol Access, in modo da individuare e risolvere eventuali duplicazioni di compilazione generate per errore ovvero compilazioni che potessero condizionare o alterare la validità della rilevazione. Non sono stati offerte ricompense per la partecipazione alla web survey. L’identità di ciascun organo partecipante è stata mantenuta riservata durante la raccolta e l’analisi dei dati. I risultati della survey sono stati riportati seguendo la Checklist for Reporting Results of Internet E-Surveys (CHERRIES) (Eysenbach, 2004).
Analisi statistica
Google Forms ha automaticamente convertito ogni questionario in file Excel (Microsoft, Seattle, WA) e ogni questionario è stato controllato per potenziali incongruenze durante questo processo di conversione. I dati sono stati analizzati tramite il software statistico SPSS versione 22 calcolando le frequenze e le percentuali per le variabili categoriche e le medie e le deviazioni standard per quelle continue.
Risultati
Analisi del campione
Il campione di convenienza è rappresentato da 72 sedi dei CdL dislocate nelle regioni del nord, centro e sud Italia (vedi Tabella 1).
Presenza nella scheda SUA degli obiettivi formativi inerenti le Cure Palliative
L’inserimento nella SUA (quadro A4b2) degli obiettivi formativi inerenti l’àmbito delle Cure Palliative, era prevista in 31 sedi (43%) mentre in 18 (25%) si dichiarava di prevederne l’inserimento nel successivo anno accademico (vedi Tabella 2).
Presenza nel piano di studi di insegnamenti e/o moduli specifici per Cure Palliative e CFU assegnati
Quarantadue sedi (58%) dichiaravano di aver già inserito
l’insegnamento di Cure Palliative e di queste: 31 del CdL in Infermieristica, 5
del CdL in Fisioterapia, 4 del CdL in Terapia occupazionale e 2 del CdL in
Infermieristica pediatrica. Queste sedi hanno denominato l’insegnamento o il
modulo specifico per le Cure Palliative in modi differenti: nel CdL in
Infermieristica l’insegnamento era frequentemente denominato “Infermieristica clinica
nella cronicità e disabilità” (33%) e in genere era associato al modulo
“Infermieristica clinica in Medicina e Cure Palliative”. Altro modo di
denominare l’insegnamento, prevalentemente nelle sedi del Nord Italia, era
“Scienze cliniche dell’Area medicospecialistica” che veniva in genere associato
al modulo “Infermieristica Oncologica nelle Cure Palliative”.
Nel CdL in Terapia occupazionale la metà delle sedi
dichiarava di aver denominato l’insegnamento “Metodologie riabilitative e
occupazionali in medicina del lavoro” che comprendeva il modulo “Psicologia
sociale delle Cure Palliative”. Questo CdL è stato l’unico ad avere in tutte e
4 le sedi un insegnamento e un modulo denominato Cure Palliative. Inoltre, in
una sede del CdL in Infermieristica e in una di Fisioterapia venivano segnalate
specifiche attività seminariali.
Delle 30 sedi (30/72) che dichiaravano di non avere un
insegnamento o modulo specifico di Cure Palliative, 25 sedi (34,72%)
affermavano che argomenti specifici erano inseriti all’interno dei
programmi/syllabus di altri insegnamenti. Queste sedi erano 13 del CdL in
Infermieristica, 3 del CdL in Infermieristica pediatrica e 9 sedi del CdL in
Fisioterapia (vedi Tabella 3).
I CdL di Infermieristica (18 sedi su 30 rispondenti) e
Fisioterapia (5 sedi su 8 rispondenti) hanno dichiarato di attribuire
prevalentemente 1 CFU all’insegnamento di Cure Palliative mentre i CdL di Terapia
Occupazionale dichiarano di attribuirne più di uno (2 sedi su 3 rispondenti).
Collocazione nel triennio degli insegnamenti di Cure Palliative durante gli anni di corso e SSD attivati
Gli insegnamenti di Cure Palliative sono svolti prevalentemente nel secondo anno di corso per Infermieristica (33 sedi su 47 rispondenti); nel terzo anno per Fisioterapia (8 sedi su 16 rispondenti) e Terapia Occupazionale (4 sedi su 4 rispondenti); sia durante il secondo che durante il terzo anno (3 sedi su 5 rispondenti) per Infermieristica Pediatrica I SSD a cui è affidato l’insegnamento sono vari. In particolare, sono stati indicati i seguenti SSD:
MED/45, MED/48, MED/06, MED/41 dai CdL in Infermieristica; MED/45 e M-PSI/01 dai CdL in Infermieristica pediatrica; MED/09, MED/48, MED/06, MED/41 dai CdL in Fisioterapia e MED/48, MED/06 dai CdL in Terapia Occupazionale.
Ambiti di tirocinio
Il tirocinio specifico di Cure Palliative è garantito a tutti gli studenti in 16 sedi (26%); in 39(64%) viene effettuato solo da coloro che ne fanno richiesta o secondo la disponibilità della sede; invece, in 6 sedi (10%) non è previsto nessun tirocinio specifico (vedi Tabella 3a). Nelle sedi dei CdL che prevedono il tirocinio in Cure Palliative, esso viene svolto in vari setting della rete: hospice, assistenza domiciliare, ambulatorio di cure palliative, day hospice, ospedale, ambulatorio di terapia del dolore, casa di riposo con team di cure palliative (vedi Tabella 3b).
Metodologie didattiche utilizzate per l’insegnamento
Le modalità didattiche più utilizzate dai CdL sono le lezioni
frontali (46%), le discussioni di casi (49%) o l’utilizzo di filmati (36%).
Tutte le altre modalità come seminari, discussioni di gruppo
o project based learning sono utilizzate in tutti i CdL tranne in quello di
Fisioterapia.
Una delle sedi didattiche del Nord Italia del CdL in
Infermieristica dichiara di utilizzare l’approccio della simulazione.
Discussione
La survey nazionale, condotta dalla Conferenza Permanente dei
Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie (CPCLPS), evidenzia come la
raccomandazione del MIUR n. 13244 del 2018, finalizzata a diffondere la
formazione in Cure Palliative nei Corsi di Laurea nelle Professioni sanitarie
(Infermieri, Infermieri Pediatrici, Fisioterapisti e Terapisti Occupazionali),
sia stata positivamente accolta da una buona parte dei CdL. Infatti, il 43% di
essi ha previsto l’inserimento dei relativi obiettivi formativi nella SUA già
dall’Anno Accademico (A.A.) 2018/2019, mentre il 25% prevede di inserirli entro
il successivo A.A. Inoltre, i dati mostrano una crescente attenzione dei CdL
verso la diffusione di una cultura professionale in Cure Palliative: più della
metà dei CdL (58%), già negli anni precedenti, aveva inserito l’insegnamento di
Cure Palliative (CP) nei relativi piani di studio, anche se denominandolo
diversamente, e il 35% aveva comunque compreso alcuni degli argomenti inerenti
le Cure palliative nei programmi/syllabus di insegnamenti diversi. Gli
argomenti trattati in questi programmi corrispondono a quelli suggeriti
dall’Europen Association for Palliative Care (De Vlieger, Gorchs, Larkin, &
Porchet, 2008; Elsner et al., 2009): definizione di cure palliative, dolore,
sintomi neuro-psicologici (agitazione, confusione ecc.), gestione di altri
sintomi (dispnea, nausea, ecc.), etica e diritto, vissuto di pazienti, famiglie
e caregiver informali, abilità comunicative. Tali tematiche costituiscono i
contenuti essenziali utili ad orientare gli studenti a riconoscere il bisogno
di Cure Palliative in tutti i contesti sanitari e a fornire un’assistenza adeguata
a garantire il sollievo dal dolore e dagli altri sintomi nel pieno rispetto
della dignità dei pazienti, indipendentemente dagli ambiti assistenziali in cui
i professionisti sono chiamati ad operare.
Tuttavia, non tutti i CdL sono pronti a valorizzare le Cure
Palliative nei propri piani di studio. Non tutte le sedi hanno attivato corsi
specifici e, a livello nazionale, la formazione teorico-pratica si muove in
maniera disomogenea a favore delle sedi del Nord soprattutto per le esperienze
di tirocinio. Tale situazione sembra coincidere con la disomogenea diffusione
dei Master sul territorio nazionale (Ministero della Salute, 2010),
discretamente presenti nel centro nord e scarsamente attivi nel sud e nelle
isole (libro bianco).
La maggior parte delle sedi di CdL (64%) dichiara di organizzare
il tirocinio su richiesta del singolo studente mentre nel 26% delle sedi si
programma un tirocinio per tutti gli studenti del corso. Le due opzioni
indicano orientamenti formativi diversi: il primo lascia intendere il tirocinio
in Cure Palliative come un’occasione per sviluppare alcune competenze
considerate specialistiche soltanto per quegli studenti che ne segnalano uno
specifico interesse, il secondo fa pensare che il tirocinio in CP venga
considerato un’esperienza essenziale che contribuisce alla formazione di
competenze core di tutti i laureati sanitari. In entrambi i casi, c’è comunque
da considerare la carenza generale delle sedi di tirocinio, dei tutor, delle
facilitazioni didattiche presenti nei servizi di Cure Palliative, quali
hospice, assistenze domiciliari, ambulatori ospedalieri, ed al limite che hanno
le singole sedi di accogliere un gran numero di studenti.
L’insegnamento nei CdL in Infermieristica e Infermieristica Pediatrica è affidato prevalentemente ai Settori Scientifico Disciplinare (SSD) MED/45 (Scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche) e MED/06 (Oncologia Medica), mentre per quanto riguarda Fisioterapia e Terapia Occupazionale il SSD più utilizzato è stato il MED/48 (Scienze infermieristiche e tecniche neuro-psichiatriche e riabilitative). Questi risultati evidenziano che la maggior parte dei CdL stanno cercando di modulare l’insegnamento delle Cure Palliative all’interno dei piani di studio, con l’obiettivo di definirne e stabilizzarne tempi, contenuti e modalità all’interno di quei SSD che maggiormente richiamano competenze disciplinari proprie dei singoli profili professionali, data la mancanza di un SSD per le Cure Palliative. Di fatto l’importanza di competenze in Cure palliative è sottolineata per gli infermieri sia dal Profilo Professionale (D.M. n. 739 del 14 settembre 1994), dove viene ribadita la natura palliativa dell’assistenza, sia dal Codice deontologico che prescrive, tra l’altro, come ogni infermiere debba attivarsi “per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza dei pazienti”, adoperandosi affinché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari, nel pieno rispetto della sua autonomia e dei suoi valori, e lavorando con un forte orientamento interprofessionale nella rete dei servizi sociali e sanitari; mentre per i fisioterapisti il Codice Deontologico al Capo III, Art.34 dispone, in particolare, che essi si adoperino per garantire ad ogni persona la tutela e la promozione della qualità della vita in tutte le fasi, fino al suo termine, garantendo gli interventi necessari ad alleviare la sofferenza e a tutelare la dignità e l’autonomia della persona umana.
Per quanto riguarda i Terapisti occupazionali, i risultati
della survey mostrano che il relativo CdL, è stato l’unico ad avere in tutte le
sedi un insegnamento e un modulo specifico in questo ambito. Gli altri SSD a
cui viene affidato l’insegnamento sono quelli maggiormente affini, quali la
Medicina Interna MED/09, l’Oncologia MED/06 e l’Anestesiologia MED/41 (DM
4/10/2000) che nelle loro Declaratorie contengono un riferimento specifico alle
Cure Palliative, ma potrebbero essere presenti anche SSD quali la Neurologia,
l’Ematologia, la Radioterapia, le Malattie Infettive, considerate
specializzazioni equipollenti dal DM 28 marzo 2018. La varietà dei SSD
coinvolti nell’insegnamento delle Cure Palliative non ne facilità lo sviluppo
organico soprattutto considerando che i relativi contenuti possono essere
trattati sia nella descrizione di traiettorie di malattie quali quelle
oncologiche, da insufficienza d’organo o neurovegetative, sia come cure
specialistiche da destinare ai pazienti complessi, resi tali non tanto dalla
patologia originaria, quanto dalle loro caratteristiche personali (vedi
“coping”, resilienza, vulnerabilità, dipendenza, ecc.), dalla instabilità,
imprevedibilità e gravità dei bisogni espressi, dalle interazioni tra la
persona, la famiglia e il team curante, dalla disponibilità e dal coordinamento
delle reti di supporto (Gruppo di lavoro FCP-SICP “Complessità e Reti di Cure
Palliative”).
Limiti
I dati inseriti sono auto-riportati e quindi aperti ai bias dei rispondenti.
Conclusioni
La survey
fornisce una prima descrizione sulla risposta delle Università alla
raccomandazione del Miur relativa all’introduzione di percorsi formativi in
Cure palliative nei Corsi di Laurea delle professioni sanitarie.
A seguito
della mozione della CPCLPS, alcuni CdL stanno via via provvedendo
all’adeguamento dei propri piani di studio, introducendo nella SUA obiettivi
formativi inerenti la palliazione e il fine vita. La survey evidenzia anche che
alcuni CdL avevano provveduto a introdurre tali contenuti già nei programmi
degli anni precedenti, a dimostrazione di una discreta sensibilità su tali
argomenti tra le professioni sanitarie.
I risultati
di questa survey lasciano intravedere uno sviluppo delle tematiche inerenti le
Cure Palliative sia all’interno di insegnamenti sull’assistenza alla cronicità
e all’inguaribilità, sia all’interno di insegnamenti specifici. La varietà dei
settori scientifico disciplinari coinvolti sono espressione evidente della
trasversalità delle cure palliative, ma evidenziano, probabilmente, anche la
necessità di un loro riconoscimento all’interno di un settore scientifico disciplinare
ben distinto per definire e stabilizzare le competenze specifiche di cui sono
portatrici. Un altro risultato della survey che merita un’attenzione particolare
è quello relativo ai tirocini. Le esperienze, piuttosto difformi, rilevate tra
le varie sedi dei CdL fanno riflettere sulla necessità di poter offrire a tutti
gli studenti opportunità concrete di tirocini omogenei in cui misurarsi con le
più comuni problematiche della palliazione e del fine vita, affinché siano in
grado di affrontare tali situazioni in tutti i contesti di cura in cui si
troveranno ad operare come futuri professionisti. L’attuale disomogeneità di
sviluppo della rete di cure palliative nelle diverse regioni del nostro Paese
può essere considerata tra le cause di scarsa condivisione di esperienze formative
a livello nazionale. Inoltre, dai dati rilevati si evidenzia una generalizzata
assenza di esperienze di formazione interprofessionale che è verosimilmente
espressione di una più diffusa insufficienza di modelli didattici integrati nei
contesti dei CdL delle nostre Università. L’agire interprofessionale dovrebbe
essere annoverato tra le principali competenze del professionista della salute,
soprattutto nei contesti di cura della cronicità e della palliazione, e tali
competenze dovrebbero essere sviluppate fin dal contesto formativo di base,
attraverso metodologie innovative e coerenti con le finalità della pratica
interprofessionale.
Vale la pena ricordare che il 1° agosto 2018 la Direzione
del MIUR ha formalizzato la costituzione del Gruppo di Lavoro composto da
esperti dei settori di Cure Palliative e Terapia del Dolore il cui mandato è
stato quello di definire, tra l’altro, i concetti fondamentali di progettazione
formativa (competenze, abilità, obiettivi) e la definizione della articolazione
delle metodologie didattiche insite nei CFU. Tale riferimento può essere di
stimolo e guida per i CdL che vorranno implementare le esperienze formative in
questo settore, anche in termini di interprofessionalità, per dare piena
attuazione al disposto dell’articolo 8 della legge 38.
Bibliografia
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of palliative care at the end of life: Worldwide Palliative Care Alliance.
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ottobre 2000-supplemento ordina- rio 175 Allegati: A – Elenco dei
settori scientifico-disciplinari, B – Declaratorie dei settori, C –
Corrispondenze tra i settori, D – Le affinità tra i settori
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Affiliazioni e autori
De Marinis M.G, Facchinetti G. Unità di Ricerca Scienze Infermieristiche, Università Campus Bio-Medico di Roma
The effective collaboration between ANVUR and CPPCLMM & C made it possible to administer the disciplinary Skills Test (TECO) in the spring of 2021 to Italian students of the CLM in Medicine and Surgery. The article shows the participation data for this first edition.
Introduzione
Nella settimana dal 19 al 23 aprile di quest’anno si è svolto per la prima volta il Test sulle Competenze (TECO) disciplinari per i CLM in Medicina e chirurgia, nell’ambito del progetto TECO della Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR). Il test si è svolto completamente per via telematica, in relazione alle restrizioni dovute alla pandemia COVID-19, con la collaborazione di CINECA e si è avvalso della esperienza maturata dai corsi di laurea in medicina italiani nei 13 anni di vita del progress test, organizzato dalla Conferenza permanente dei Presidenti di corso di laurea magistrale in Medicina e chirurgia (CPPCLMM&C), che negli anni ha visto coinvolta la quasi totalità dei corsi italiani (Tenore et al., 2015, 2017, 2018; Recchia et al., 2019; Recchia e Moncharmont, 2019). Il progetto TECO è parte integrante del sistema Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento (AVA) e prevede sia la definizione che la somministrazione di test in grado di rilevare le competenze trasversali (TECO-T) e disciplinari (TECO-D) acquisite dagli studenti durante il corso di studi. La prova TECO-T è realizzata da ANVUR con la collaborazione di gruppi di esperti costituiti principalmente da docenti universitari, mentre la definizione del TECO-D, che rileva le specifiche conoscenze competenze disciplinari, in coerenza con i primi due Descrittori di Dublino, è realizzata da gruppi disciplinari (denominati Gruppi di lavoro) costituiti in seno ad ANVUR.
Il Gruppo di Lavoro (GdL) TECO-D/Medicina (definito per brevità TECO-M) è stato Istituito con delibera no. 12/2021 del Consiglio Direttivo dell’ANVUR del 21 gennaio 2021 ed è costituito da Fabrizio Consorti, Giuseppe Familiari, Pietro Gallo, Marco Krengli, Bruno Moncharmont, Maria Luigia Randi, Maria Grazia Strepparava e Linda Vignozzi e rimarrà in carica fino al 31 luglio 2022. Fanno parte del gruppo anche le dottoresse Morena Sabella e Maria Rita Infurna di ANVUR, con funzioni di coordinamento. Il GdL, insediatosi alla fine del mese di gennaio, ha svolto le prime attività previste dal mandato ricevuto, concernenti la definizione dei contenuti “core” declinati in obiettivi formativi finali e specifici, la definizione della prova TECO-De la gestione della somministrazione del TECO-D definito. Questa attività preparatoria è stata inoltre presentata e discussa nell’articolo di Fabrizio Consorti et al., pubblicato in questo stesso numero, che è stato inviato a tutti i partecipanti (tramite i presidenti di CL) nelle settimane precedenti la prova (Consorti, 2021). Ulteriore compito del GdL sarà quello di gestire la restituzione dei risultati ai singoli CdS quando i dati saranno resi disponibili dal CINECA.
Articolo
IL Test
Il GdL ha predisposto 80 quesiti a scelta multipla con una sola risposta valida (+ 4 distrattori) con riferimento ai 77 problemi clinici essenziali (PCE) definiti dalla Conferenza (Consorti, 2021). Per ogni quesito è tracciato il riferimento ad un singolo PCE e ad eventuali richiami per discipline di base. Il senso di questi richiami è di valutare anche l’acquisizione delle conoscenze di base, di volta in volta necessarie alla soluzione dei quesiti clinici. I quesiti sono stati organizzati in un database che consentirà, per ciascun quesito, di conservare anche i dati docimologici.
Il test è stato somministrato, insieme al TECO-T, agli studenti del VI anno di corso dei CLM in Medicina e chirurgia nei giorni 19 e 20 aprile e del III anno di corso nei giorni 21 e 22 aprile; gli studenti hanno avuto a disposizione 50 minuti per rispondere a TECO-T e 120 minuti per risolvere i problemi clinici relativi al TECO-M. Per la prova è stata utilizzata una piattaforma informatica allestita dal CINE- CA. In ogni sede la prova è stata coordinata da un referente di sede con cui hanno collaborato i tutor di aula (in totale 296 tutor).
La partecipazione
Hanno aderito alla prova 41 CLM, tra cui anche 7 corsi in lingua inglese. Dei 73 corsi LM-41 attivati nell’aa 2020/21, 62 hanno attivo il III anno e solo 60 il VI anno. In tabella sono riportati i dati di adesione.
Per 34 CLM hanno partecipato gli studenti di entrambi gli anni, per 5 solo del terzo anno e per 2 solo del sesto anno. Inoltre, in via sperimentale, in tre CLM hanno partecipato gli studenti del quarto anno ed in uno anche quelli del quinto. Hanno partecipato in percentuale maggiore gli studenti del III anno [3166 studenti (45,27% del totale)] rispetto a quelli del VI [2498 studenti del VI anno (30,03% del totale)]. Molto variabile, comunque, è stata la percentuale di partecipazione degli studenti iscritti all’anno nelle diverse sedi, come si può rilevare dai grafici presentati in fig. 1. Da una indagine contestuale alla richiesta di adesione alla prova è stato possibile rilevare che in 28 dei 41 CLM aderenti era concessa una forma di premialità agli studenti per la partecipazione al TECO. Per 20 di questi la premialità consisteva nella attribuzione di CFU nella carriera nell’ambito delle attività didattiche a scelta dello studente, mentre negli altri 8 consisteva in un bonus sul calcolo del voto della prova finale (voto di laurea). Dall’istogramma presentato in fig. 2 si può rilevare come la aspettativa di una premialità influisca positivamente sulla percentuale di partecipazione degli studenti alla prova.
Conclusioni
La lunga esperienza italiana sull’uso del “progress testing”, al pari delle numerose esperienze internazionali, conferma ulteriormente l’importanza di tale metodo di verifica longitudinale come efficace mezzo atto a censire le competenze degli Studenti di Medicina e Chirurgia (Schuwirth e Van Der Vleuten, 2012; Tenore et al., 2015, 2017, 2018; Recchia et al., 2019; Recchia e Moncharmont, 2019;Consorti, 2021). Deve anche essere ricordato come l’uso e la sperimentazione di queste metodologie verticali di verifica delle competenze, tra cui il nuovo assetto del TECO-M, costituisca un importante mezzo atto a favorire l’innovazione delle metodologie didattiche utili a far emergere la pratica della “competency-based education” (Van Der Vleuten e Schuwirth, 2019).
Al momento non sono ancora disponibili risultati del test per avviare un’analisi di sistema, con il calcolo degli indici docimologi per ciascun quesito e per restituire alle sedi i risultati in relazione ai singoli PCE. Saranno questi i prossimi impegni del GdL che, sulla base di questa analisi, potrà valutare criticità e identificare aspetti migliorabili nella formulazione dei quesiti o nella organizzazione per le prove degli anni successivi.
Le modalità di svolgimento della prova si sono dimostrate perfettamente sostenibili da tutte le sedi coinvolte, confermando la validità dello strumento informatico messo a disposizione da CINECA. Sarebbe auspicabile, in considerazione dell’effetto osservato del bonus sulla partecipazione, di aprire nell’ambito della CPPCLMM&C un confronto finalizzato ad individuare modalità condivise per erogare agli studenti una premialità per la partecipazione a questo tipo di verifica. Sarebbe comunque auspicabile prevedere per i prossimi anni un maggior coinvolgimento di tutte le sedi nella predisposizione dei quesiti, cosa che quest’anno non è stato possibile per i tempi non lunghi che si sono avuti a disposizione per consentire la somministrazione del test nel corrente anno accademico.
Riassunto
La fattiva collaborazione tra ANVUR e CPPCLMM&C ha reso possibile la somministrazione nella primavera del 2021 del Test sulle Competenze (TECO) disciplinari agli studenti dei CLM in Medicina e chirurgia italiani. Nell’articolo sono riportati i dati di partecipazione a questa prima edizione.
Bibliografia
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Affiliazioni e autori
Bruno Moncharmont, Fabrizio Consorti, Giuseppe Familiari, Stefania Basili Università degli studi di Roma “La Sapienza”
Pietro Gallo, Marco Krengli Università degli studi del Piemonte orientale
Maria Luigia Randi Università degli studi di Padova
Maria Grazia Strepparava Università degli studi di Milano-Bicocca
Linda Vignozzi Università degli studi di Firenze
Morena Sabella, Maria Rita Infurna Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca
Un anno dall’ultimo numero della nostra rivista. Un anno nel quale abbiamo dovuto continuare a convivere con questa inattesa ed infinita pandemia. La Conferenza ha continuato a riunirsi virtualmente ogni 2 mesi, per essere insieme, per prendere decisioni, condividere nuove modalità didattiche, affrontare criticità e cercare di risolverle al fine di mantenere sempre alti i livelli dei nostri Corsi di Laurea. Questo numero, tuttavia, racconta la dinamicità della Conferenza, o meglio delle Conferenze, durante questo periodo. La creazione del Test sulle Competenze(TECO)–M che la Conferenza dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia che è riuscita a mettere in atto con ANVUR dimostra la continua attenzione alla “mission pedagogica” della Conferenza. Nell’articolo di Fabrizio Consorti viene descritta la realizzazione del TECO-M (come Medicina) partendo dalla nostra più che decennale esperienza del Progress Test. Anche l’articolo si Giuseppe Familiari sul TPVES “a distanza” non solo descrive la situazione italiana in una indagine effettuata nel primo semestre ma aggiunge anche importanti riflessioni pedagogiche che potrebbero dare nuovi spunti all’insegnamento professionalizzante anche in una ottica post-pandemica. La Conferenza della Professioni Sanitarie, con la sua Presidente, impreziosisce il numero con un bellissimo articolo sulle Cure Palliative nei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie. Il tavolo Tecnico FNOMCEO-CPCLMMC non è stato da meno, si è riunito ogni 2 mesi consolidando sempre più questa importante collaborazione. L’articolo di Linda Vignozzi e Roberto Monaco riassume una particolare indagine sulla modalità di svolgimento dell’esame finale abilitante del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia visto dalla parte dell’Università e dalla parte della Federazione rivelando piccole criticità che saranno oggetto di una attenta revisione. Il SISM, ha lavorato con noi in questo terribile periodo, e i ragazzi contribuiscono alla stesura di questo volume con un articolo sulla GLOBAL HEALTH EDUCATION. Sempre attivi, sempre vicini: questa è la nostra forza. La Pandemia non è riuscita ad abbattere il nostro entusiasmo nel garantire una formazione di alto livello e omogenea in tutta Italia.
Buona Lettura,
Andrea Lenzi Editor-in- Chief of JIME (Journal of Italian Medical Education)
The National Agency for the Evaluation of the University and Research (ANVUR) developed a set of instruments to assess the learning outcomes of the Italian curricula. The considered outcomes are classified as disciplinary outcomes and transversal outcomes (literacy, numeracy, problem solving, civics) and are assessed with two types of instruments called Disciplinary Test (TECO D) and Transversal Test (TECO T). This article summarizes the general principles underlying the two classes of tests and the design principles of the TECO Dfor Medical students (TECO M). TECO Mis meant to assess the cognitive component of medical competence at the end of the curriculum: the knowledge underlaying decision making and the ability to interpret and decide intypical professional situations, both clinical, addressed to promote the health and behave ina professional manner.
Il progetto TECO si inscrive nella strategia complessiva e progressiva dell’ANVUR per un miglioramento della qualità della didattica universitaria. Uno dei primi passi è stato l’istituzione del sistema AVA (Autovalutazione, Valutazione Periodica e Accreditamento), orientato ad una valutazione fortemente econometrista del sistema universitario italiano. Si richiedeva infatti di descrivere le strutture e i processi degli Atenei e dei Corsi di Studio, come presupposti indispensabili per una buona didattica. Si ritenne allora che misurare anche il prodotto della formazione universitaria fosse troppo difficile, e ci si limitò al numero di laureati in corso o ai CFU maturati o agli abbandoni. Questi tipi di indicatori si denominano genericamente come output e sono di solito facilmente enumerabili. L’outcome, cioè l’esito, ovvero la formazione di alta qualità che si vuole ottenere alla fine di un percorso universitario, è viceversa un costrutto più impalpabile, che non può essere ridotto alla sola valutazione delle conoscenze teoriche acquisite. L’ANVUR ha quindi sviluppato un quadro di riferimento (Fig. 1) incentrato sui Descrittori di Dublino.
I primi due livelli dei Descrittori (colonna a destra) sono valutati da un insieme di strumenti di valutazione denominati TECO-D (D sta per disciplinare), sviluppati dal basso dalle comunità accademiche disciplinari. Viceversa, alcune abilità ascrivibili al livello di Autonomia di giudizio sono valutate con gli strumenti del TECO-T (T sta per Trasversale), che sono stati sviluppati top-down dall’ANVUR, in consultazione con esperti di settore.
IL TECO- T
Le competenze trasversali sono una eterogenea classe di costrutti così denominati perché non fanno riferimento ad un dominio disciplinare specifico, ma li attraversano tutti. Sono competenze che si costruiscono lungo tutto il percorso formativo di una persona, scolastico e informale, ma ci si aspetta che giungano ad una più piena maturazione alla fine del percorso universitario.
L’ANVUR
ha identificato quattro
competenze trasversali: Literacy, Numeracy, Civics e
Problem Solving.
La Literacy verifica i livelli di capacità degli studenti nel comprendere, interpretare eriflettere su di un testo non direttamente riconducibile a materie caratterizzanti un preciso Corso di Studi o ambito disciplinare, utilizzando due tipi di prove: un brano seguito da domande a risposta chiusa e un breve brano nel quale sono state cancellate delle parole (Cloze test) che lo studente deve reinserire.
La Numeracy misura i livelli di capacità degli studenti nel comprendere e risolvere i problemi logico-quantitativi, attraverso un breve brano corredato di grafici e tabelle seguito da alcune domande, un’infografica seguita da alcune domande e brevi quesiti di ragionamento logico.
Il Problem Solving valuta la comprensione e la capacità di risoluzione di problemi semplici e complessi, nonché la capacità di un individuo di conseguire obiettivi che in un dato contesto non possono essere raggiunti con azioni dirette o con concatenazioni note di azioni e operazioni.
La Civics valuta le competenze personali, interpersonali e interculturali che riguardano tutte le forme di comportamento e che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, come anche risolvere conflitti ove sia necessario. Alla base delle competenze civiche c’è la conoscenza di concetti come la democrazia, la giustizia, l’uguaglianza, la cittadinanza e i diritti civili.
Nei 4 anni scorsi l’ANVUR ha effettuato sperimentazioni su base volontaria dei test per queste competenze, allo scopo di validarli. Ora esiste un unico pacchetto di test TECO-T a disposizione
Il TECO-D e il concetto di “competenza professionale”
Il TECO-D è lo strumento volto a valutare i primi due livelli dei Descrittori di Dublino, con riferimento a domini disciplinari specifici. Con la collaborazione delle comunità accademiche, coordinate in gruppi di lavoro, sono stati al momento definiti i “contenuti core” e le relative prove di valutazione per sei professioni sanitarie, la pedagogia e la filosofia1.
Per comprendere appieno la portata e il significato del TECO-D, soprattutto per i CLM in Medicina, è necessario a questo punto richiamare il concetto di “competenza professionale”, nei termini il cui la nostra Conferenza lo ha definito in tanti anni di elaborazione e legarlo al senso del secondo livello dei descrittori di Dublino. Ispirandoci ad una delle definizioni più citata in letteratura2 , possiamo considerare la competenza professionale di un medico come la “capacità di usare” la conoscenza teorica, le abilità tecnico manuali e comunicative, nonché le proprie risorse umane (carattere, emozioni, atteggiamenti e sistemi etici) per curare le persone e le comunità.
La competenza di un professionista, quindi, va al di là anche del secondo livello di Dublino (conoscenze e capacità di comprensione applicate), per abbracciare anche gli ultimi tre (giudizio etico, comunicazione e azione in una organizzazione, aggiornamento continuo). Tuttavia, la valutazione degli ultimi tre livelli è ancora più difficile della valutazione delle conoscenze teoriche e della capacità di usarle per risolvere problemi professionali, quindi il TECO-D si propone realisticamente di valutare solo l’aspetto cognitivo della competenza professionale.
Il TECO-M
Il TECO-D dedicato a Medicina è indicato in breve come TECO-M, ed è stato sviluppato in continuità col decennale lavoro sul Core Curriculum3 , col Progress test nazionale, nonché utilizzando parte dei test che erano già stati preparato in previsione delle prime lauree con abilitazione e dell’abolita prova scritta. Gli obiettivi del TECO-M sono
valutare la capacità di comprendere e risolvere problemi clinici essenziali (vedi Tabella 1)
valutare in maniera solo indiretta il possesso delle conoscenze teoriche necessarie alla capacità professionale
Il presupposto infatti è che a fine percorso, se lo studente è in grado di risolvere problemi clinici o di sanità pubblica che presuppongo il possesso di conoscenze teoriche per essere risolti, si possa inferire che possegga anche le conoscenze stesse. Risulta quindi poco produttivo proporre una valutazione diretta delle conoscenze di base (fisica, chimica, biochimica, anatomia, fisiologia, patologia generale e fisiopatologia, …) e di quelle ulteriori conoscenze teoriche che sono più direttamente connesse con la clinica o con la cura delle popolazioni (epidemiologia, organizzazione sanitaria, anatomia patologica, medicina di laboratorio, imaging, farmacologia, …). Si potrebbe infatti dare il caso di uno studente che conosca molto bene la teoria che può condurre a una diagnosi e al seguente indirizzo terapeutico o a interventi di prevenzione o promozione della salute, ma non sia in grado di assemblare insieme i pezzi per formulare la diagnosi o il piano di intervento. Un tale studente non può essere considerato un esito formativo efficace: al termine del percorso gli studenti devono dimostrare competenza, non solo il possesso di conoscenze teoriche. Se viceversa si dimostra in grado di risolvere problemi professionali, è molto probabile che il laureando conosca anche la teoria sottesa alla soluzione. Se il numero di problemi a cui viene sottoposto è sufficientemente elevato, questa probabilità approssima la certezza. Un limite oggettivo a questo ambizioso programma di valutazione è che nei test TECO-D è obbligatorio l’uso delle sole domande a scelta multipla e che esse siano assegnate secondo un ordine casuale e diverso per ogni studente. Ciò è dovuto a motivi logistici e di uniformità fra tutte le discipline del panorama universitario e ciò impedisce di usare altre forme efficaci di test (sequenze di vero/falso, ad incrocio esteso, sequenze di domande di sviluppo di uno stesso caso). Per gli stessi motivi, il numero di domande non può essere molto ampio e ciò solleva un problema di validità: l’enorme dominio di conoscenza a cui è esposto uno studente di medicina viene sufficientemente rappresentato in un insieme di 80- 100 domande? D’altra parte, una prova più lunga pone anche problemi di affidabilità, poiché entrano in gioco fattori di stanchezza psicofisica. Si ricordi che stiamo parlando di domande che richiedono l’analisi, interpretazione e soluzione di un problema clinico o di sanità pubblica, non di domande con quesito breve e su conoscenze fattuali parcellari
. … e il Progress Test?
Poche ultime righe per evidenziare la differenza tra il TECO-M e le precedenti edizioni del progress test. Per brevità le esprimeremo per punti.
Il Progress Test (PT) non valutava le competenze cognitive, ma principalmente le conoscenze teoriche. Anche le domande cliniche spesso esploravano la conoscenza nosografica più che il problem solving.
Il PT era per sua natura volto a valutare che le conoscenze ed alcune abilità cliniche progredissero costantemente lungo i sei anni. Il test valutava anche se le conoscenze acquisite nei primi anni venissero mantenute negli ultimi anni.
Il PT non era calibrato per esprimere una soglia di sufficienza, ma per esprimere una curva di progressione. Negli anni accademici in cui il PT è stato somministrato, le domande sono state di difficoltà variabile, desunte da un database statunitense, con una relazione non sempre diretta con il core curriculum nazionale. Queste considerazioni spiegano le percentuali piuttosto basse di risposte corrette anche a inizio dell’ultimo anno di corso (circa il 55-60%)
Il TECO-M intende valutare uno degli outcome dei CLM di Medicina: la componente cognitiva della competenza professionale. Nella sua struttura di strumento di misura esso va inteso come l’equivalente della soppressa prova scritta di abilitazione
Conclusioni
Al termine di questo articolo vorremmo proporvi alcune considerazioni finali:
Il PT è stato uno strumento fondamentale di governo del sistema dei CLM di Medicina italiani, un’esperienza unica nel mondo
Proporre il TECO-M anche ad anni inferiori al 6° ricalca l’utilizzo dei test fatto col PT. Questa volta la curva sarà esplicitamente monodimensionale (progressione della componente cognitiva della competenza), anche se la struttura dei singoli item, ciascuno orientato alla capacità di utilizzare un gruppo di conoscenze teoriche, ne dovrebbe consentire una interpretazione multidimensionale. La tabella 2 mostra alcuni esempi di domande e come esse possano esplorare i domini conoscitivi sottesi alle decisioni.
La transizione dal PT al TECO-M può costituire il punto di svolta verso un orientamento sempre più basato sulla competenza dei nostri CLM. Ciò non rinnega la tradizione accademica italiana, che deve rimanere solidamente fondata sulla conoscenza teorica; al contrario, la fa evolvere verso un suo più pieno sviluppo.
Come è noto, “la valutazione guida l’apprendimento”. L’adesione al TECO-M può essere perciò un rilevante elemento di evoluzione dei nostri CLM verso un modello complessivo di insegnamento/apprendimento più dichiaratamente orientato alla competenza, oltre che all’acquisizione delle conoscenze. Ciò sarà tanto più vero, quanto più il TECO-M sarà inserito organicamente nella progettazione del CLM, valorizzato, premiato e interpretato per quello che vuole essere: uno strumento di valutazione di efficacia formativa al servizio del corpo docente e dei nostri studenti.
Note
1 Maggiori dettagli sono disponibili a: https://www.anvur. it/attivita/ava/teco-test-sulle-competenze/teco-d/
2 The habitual and judicious use of communication, knowledge, technical skills, clinical reasoning, emotions, values, and reflection in daily practice for the benefit of the individuals and communities being served” in: Ep- stein RM., Assessment in medical education, N Engl J Med 2007;356(4):387-96
3 http://presidenti-medicina.it/core-curriculum/
4 Gli esempi sono stati creati ad hoc per questo articolo e non fanno parte del database delle domande per il TECO-M 2021. Per brevità, gli esempi non comprendono le risposte tra cui scegliere ma vengono suggeriti alcuni quesiti possibili a cui ispirare le domande
Affiliazioni e autori
Fabrizio Consorti Dip. Scienze Chirurgiche, Univ. Sapienza di Roma