Notizie dal CUNn.62, 2014, pp.2823,

Nei primi mesi del 2014 il CUN  ha incontrato il presidente della CRUI Prof. Stefano Paleari che ha esposto i punti principali su cui intende porre l’attenzione del Governo e della Comunità scientifica rispetto all’esigenze dell’Università con lo scopo di invertire il trend negativo che ha creato molte difficoltà ( finanziarie, di reclutamento e turnover, di diritto allo studio)  negli ultimi anni. Secondo il Presidente della CRUI gli aspetti essenziali su cui bisogna intervenire sono l’autonomia, la semplificazione, le misure per la competitività e la progettazione di un nuovo sistema di finanziamento. L’ampio dibattito che è seguito all’intervento ha trovato molta condivisione e volontà di approfondire tali argomenti.

Nell’incontro successivo con il Direttore del Dipartimento Prof Marco Mancini si è discusso della possibile revisione dei settori scientifico disciplinari e della rimodulazione sulle modalità di svolgimento dell’abilitazione scientifica nazionale a questi strettamente connessa. Altro argomento di discussione ha riguardato la conclusione dell’ANPRePs , quindi  della costituzione di un’unica anagrafe della ricerca con un unico sistema di inserimento dei prodotti.

Collegato  a quest’ultimo tema è l’ Open Access , su cui la commissione designata dal CUN dopo avere incontrato i rappresentanti degli Editori e della CRUI, si è fatta promotrice della formulazione di una dichiarazione congiunta CUN- CRUI  su l ’ “Accesso Aperto “ alle Pubblicazioni Scientifiche la quale propone l’attuazione di politiche coordinate e concertate fra i diversi soggetti interessati, pubblici e privati, per assicurare efficacia ed effettività a questo strumento del sapere scientifico.

Tra le diverse raccomandazioni, mozioni e pareri disponibili sul sito  HYPERLINK “http://www.cun.it” www.cun.it si segnala la Mozione sull’accreditamento dei corsi di dottorato di ricerca (29.01.2014); la Raccomandazione su finanziamento di un piano straordinario per la chiamata di professori di seconda fascia e suo effetto virtuoso sul sistema, in cui si raccomanda che si attivino le procedure per una seconda tornata del piano straordinario per la chiamata dei professori di seconda fascia, con l’obiettivo di reclutare a fine 2015, dopo la selezione locale nelle forme previste dalla legge, 4.000/5.000 nuovi professori di seconda fascia, con un impegno finanziario stimabile in circa 100 milioni di Euro a partire dal 2016. Questo contribuirebbe ad un riequilibrio del sistema incidendo favorevolmente sul reclutamento di RTD tipo B e di professori di I fascia. ( 06.02.2014)

Nel mese di febbraio, come a tutti noto, l’insediamento del nuovo governo ha comportato la sostituzione della Ministra On. Maria Chiara Carrozza con la Ministra  On. Stefania Giannini che il CUN incontrerà in una delle prossime adunanze.  Alla nuova Ministra sono state indirizzate la Raccomandazione su finanziamento dei contratti di formazione medica specialistica e pubblicazione del bando di indizione del concorso  in cui si evidenzia la consistente riduzione del contingente globale di contratti di formazione medica specialistica per l’anno accademico 2012/2013 rispetto all’anno accademico 2011/2012;  si sottolinea che una ulteriore diminuzione del numero di contratti di specializzazione medica potrà determinare ripercussioni negative sulle prospettive del sistema sanitario pubblico, precludendo inoltre a molti studenti che conseguono la laurea magistrale in Medicina e Chirurgia la possibilità di proseguire l’ordinario percorso di studio verso la specializzazione medica;  si ritiene che sia ineludibile l’esigenza di provvedere al reperimento delle risorse aggiuntive necessarie all’incremento del capitolo di spesa relativo ai contratti di formazione medica specialistica a finanziamento ministeriale…. (11.03.2014) e infine una Mozione sulla scheda  Scheda Unica Annuale della Ricerca Dipartimentale (SUA-RD) chiedendone di fatto una semplificazione (31.03.2014). La prossima adunanza del CUN si terrà l’8 e il 9 aprile.

Notizie dalla Conferenza Permanente di CLM in Medicina e Chirurgian.62, 2014, pp.2824

Milano, 21 – 22 febbraio 2014

Il giorno 21 febbraio i lavori della Conferenza vengono aperti dal Presidente alla presenza del Magnifico Rettore, Prof. Gianluca Vago, del Presidente del Comitato Ordinatore e del Direttore Sanitario dell’Ospedale Ca’ Granda.

Il Prof. Lenzi riferisce sul problema del reclutamento, richiamando la necessità della valutazione della didattica con criteri semplici, sulle Scuole di Specializzazione, con l’avvio del concorso nazionale, sull’esame di stato abilitante, da sdoppiare in due diverse sedute; e annuncia il Congresso della AMEE che si terrà in agosto a Milano.

Il Segretario riferisce brevemente sull’indagine in tutti i Corsi di Laurea relativa agli studenti in sovrannumero. Il Prof. Gaudio segnala la formazione di un tavolo tecnico per il numero programmato che tenga conto dell’offerta formativa dell’Università e del diritto allo studio.

Il Prof. Tenore presenta i dati preliminari del Progress Test del 2013 con le statistiche relative agli esercizi degli ultimi anni  e comunica che il prossimo Progress Test si terrà mercoledì 12 novembre 2014.

Il Prof. Gaudio presenta gli ultimi dati relativi ai Corsi di Laurea in lingua inglese attualmente attivati e le criticità ed il grado di soddisfazione degli studenti. Fa presente la necessità di promuovere una mozione della Conferenza dei Rettori per aumentare il numero dei posti riservati agli studenti stranieri e propone anche di attivare per essi dei corsi opzionali in lingua italiana.

Nella sezione pomeridiana si è tenuto l’atelier “Verso una laurea professionalizzante: acquisizione delle competenze professionali”, magistralmente coordinato dal Prof. Gallo. Si sono svolti dei lavori a tema in quattro gruppi diversi: 1) lo skill lab, 2) il paziente simulato, 3) e-learning, 4) l’esame obiettivo tra pari e l’insegnamento al letto del paziente, a cui è seguito un interessante di battito in assemblea.

Il giorno 22 febbraio il Presidente apre la seduta annunciando i prossimi incontri che si terranno a Roma il giorno 09 giugno 2014 e il successivo ad Alghero (Porto Conte) nei giorni 03 e 04 ottobre 2014 (data da confermare).

Il gruppo di lavoro coordinato dal Prof. Curcio presenta il documento “Valutazione della didattica: rapporto conclusivo”, sui criteri della valutazione e le criticità. Dalla discussione emergono importanti considerazioni, per cui il Presidente propone che vengano sintetizzate le proposte avanzate e il documento finale con l’approvazione della Conferenza venga poi inviato all’ANVUR.

La Prof. Mara GraziellaTognetti, Presidente del Corso di Laurea di Servizio Sociale – Università di Milano Bicocca – fa il punto sulla offerta formativa delle medicine tradizionali e non convenzionali  nelle varie sedi universitarie.

Il Prof. Caruso riferisce brevemente sulla revisione delle UDE del core curriculum suddivise in diverse aree e che verranno accorpate.

Il Prof. Della Rocca, relativamente alle “on site visit” aggiorna la situazione relativa al questionario e presenta il programma delle visite con la composizione delle commissioni.

Il Prof. Familiari illustra lo stato dell’arte relativo a un modello sperimentale per la selezione e l’accesso ai corsi di laurea e uno Studio Longitudinale sul percorso accademico nei primi tre anni di Medicina degli Studenti di Sapienza Università di Roma, in relazione alla partecipazione al test statale e al test dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Successivamente il Prof. Cavaggioni presenta  le osservazioni preliminari su uno Studio osservazionale comparativo su un campione di studenti del Nord, del Centro e del Sud con valutazione della Maturità, del Test di accesso e delle Scelte effettuate nel test di Ammissione a Medicina.

Infine, da parte del Presidente viene presentato il sommario della rivista Medicina e Chirurgia 62/n.2 del 2014.

Cataldo Cassano, il Personaggio, la Scuola e l’Universitàn.62, 2014, pp.2819-2822

Abstract

This survey deals with the main part of his life  spent in teaching and research in the Department  of Internal Medicine of the Rome University “Sapienza”. In this Department he has been Director  for seventeen years, until his retirement.

From the University of Pisa , in which he was  Professor of Clinical Medicine, in 1955 he moved  to Rome, where he was able to form a remarkable group of doctors and researchers in different fields, especially gastroenterology, endocrinology  and metabolism, nephrology with the aim of bringing in medical school the modern knowledge of specializations with highest scientific impact. In teaching  and research he  privileged the inquire into the pathophysiological mechanisms  of disease with the most advanced techniques. In these areas  his coworkers reached a grade of excellency on national and international levels and gave birth to different groups  highly considered in the scientific milieu; many of them obtained leading positions in different Italian Universities.

He has been member of the Senate of the Republic for two  terms, but he managed to be above all a University teacher  and not  a fully dedicated politician.

His life and teaching leave a considerable mark in the University medical history in Italy.

Articolo

Mi è gradito il compito di ricordare nelle grandi linee i principali avvenimenti dell’iter accademico e culturale, e possibilmente il contenuto essenziale  dell’attività e dell’insegnamento, di Cataldo Cassano iniziando dal 1925, anno della sua laurea raggiunta all’età di 23 anni, fino al 1972, anno della sua uscita dai ruoli, e soffermandomi in maniera più specifica nei diciassette  anni trascorsi nel Policlinico Umberto I.

In prima istanza ed in termini generali e preliminari, per la parte più strettamente accademica, si  può ricordare che egli ha fatto parte di un gruppo di cattedratici che in un periodo di grande progresso e di importanti rivolgimenti politico-sociali in Italia, ed in particolare a Roma, è stato di riferimento clinico e culturale per medici e studenti. Quando, venendo da Pisa, Cassano giunse nella capitale trovò nella Facoltà personaggi come G. Di Guglielmo, L. Condorelli, P. Valdoni, R. Paolucci, per ricordare solo i cattedratici della medicina e chirurgia generale; a questi durante il periodo del  suo insegnamento si succedettero alle scadenze previste dalle leggi P. Stefanini, G. Giunchi, M. Bufano, E. Biocca, ed altri che in diverse discipline hanno onorato la Facoltà medica di Roma.

Giungere a Roma per un cattedratico del tempo costituiva una tappa finale ed una degna conclusione dell’iter accademico nella sede ritenuta la più prestigiosa del nostro paese. Il Policlinico Umberto I era l’ospedale più grande e più famoso in Italia, centro di cultura, ma anche di prestigio personale e di potere. In periodi precedenti alla cattedra di  Patologia, e poi di Clinica Medica, di Pisa egli era stato assistente di Anatomia Patologica a Perugia, indi assistente nella stessa disciplina a Cagliari e subito dopo Aiuto nella Clinica Medica di Bari al seguito del suo maestro Francesco Galdi. A Roma  Cassano per un anno fu Professore di Semeiotica Medica e fu ospitato nella Clinica Medica per la benevola disponibilità di G. Di Guglielmo, e subito dopo nell’Istituto di Patologia Medica, lasciato da L. Condorelli, a sua volta  passato in Clinica Medica; aveva portato con se una dozzina di stretti collaboratori, cui si associarono anche alcuni studenti. Richiamo alla memoria che in quell’epoca un cattedratico che si spostava ad una nuova sede, in virtù di una usanza consolidata, poteva portare con se aiuti e assistenti, che collaboravano gomito a gomito col maestro, e davano un solido significato al concetto di Scuola. Da Pisa si erano trasferiti a Roma in diversi scaglioni Ernico Fiaschi, Carlo Conti, Lidio Baschieri, Aldo Torsoli, Domenico Scavo, Domenico Andreani, Aldo Fabbrini, Mario Andreoli, Gianfranco Mazzuoli, Ivo Baschieri, Alessandra Perego, Luciano Palagi; e fra gli studenti Renzo Caprilli. Nel  nuovo  Istituto fu subito circondato da un nutrito manipolo di giovani medici che si unirono in buona armonia ai “pisani”. Un folto numero di studenti divennero “interni” e costituirono ben presto una apprezzabile frazione della Scuola ed una promessa per il suo futuro.

Le strutture che lo accolsero, peraltro, non erano proprio le migliori che si potessero desiderare;  l’assetto edilizio era fatiscente, le corsie piene ma in disordine, i laboratori confusi e vuoti, gli ambulatori attivi ma trascurati.

Cassano dette subito mano alla strutturazione edilizia con l’acquisizione di una nuova grande ala nel retro del vecchio Istituto, anche con l’intervento del noto architetto Nervi, che aveva un figlio fra i giovani medici al seguito del maestro. È doveroso ricordare l’impegno di tempo e di energie che Carlo Conti prodigò fino a completamento del rinnovato Istituto di Patologia Medica. Nuove moderne strutture vennero realizzate secondo gli orientamenti che Cassano volle dare alla scuola, specialmente nella nuova sezione. Ricorderò l’ampia aula, che di recente gli è stata dedicata, i nuovi  reparti di degenza, gli ampi laboratori di ricerca con le stanze refrigerate, il reparto di medicina nucleare e quello di microscopia elettronica, che costituirono pregevoli novità per il Policlinico e la Facoltà. L’Istituto di Patologia  Medica nel 1968 si trasformò in Istituto di Clinica Medica 2, e tale è  rimasto fino ad oggi.

Nella medicina italiana si era chiaramente manifestata la necessità di rinnovare le modalità dell’ insegnamento e della ricerca, come pure di rivedere gli orientamenti culturali; ed era impellente il bisogno di specializzare il grande contenitore della medicina interna, per affinarne i contenuti.  Cassano comprese queste esigenze ed incoraggiò i collaboratori a dedicarsi con  impegno all’approfondimento dei settori specialistici, soprattutto nel campo della gastroenterologia, del metabolismo, della endocrinologia, della nefrologia e della ematologia, sempre tenendo in considerazione le basi  internistiche. Per la cardiologia, che pure era coltivata intensamente a Pisa, si ritenne importante ed esauriente il fondamentale apporto della Scuola di Condorelli, atto a soddisfare completamente le richieste di aggiornamento e perfezionamento in questo ambito della didattica e della attività clinica nella Facoltà e nel Policlinico. In un secondo tempo nell’alveo della endocrinologia, soprattutto  per  merito di Conti, assunse una parte autonoma l’andrologia, che offriva nuove ampie prospettive.  Cassano era cresciuto nell’ambito della scuola italiana di medicina costituzionalistica arricchita da consistenti basi di anatomia patologica, ma non  ebbe  remore ad aprirsi alle nuove discipline, che  avrebbero potuto parcellizzare il corpus della medicina interna, ma che nel suo insegnamento si riunirono felicemente nella patologia medica.

Sul piano degli assetti accademici gli orientamenti impressi da Cassano si tradussero progressivamente in insegnamenti ufficiali ed un buon numero di allievi raggiunse le rispettive cattedre di medicina interna, endocrinologia, di gastroenterologia, in successione di nefrologia e più tardi di  andrologia e diabetologia.

Alcuni allievi in quel periodo occuparono ruoli di primo piano nelle università di Cagliari (Ernico Fiaschi) e di Pisa (Lidio Baschieri). In varia scadenza nella nostra Facoltà  si inserirono Carlo Conti, Domenico Scavo, Domenico Andreani ed Aldo Torsoli, cui con diverso intervallo di tempo  con  l’ampliamento del corpo accademico si aggiunsero Aldo Isidori, Gianfranco Mazzuoli, Mario Andreoli, Aldo Fabbrini, Giulio A. Cinotti e Francesco Sciarra; alcuni di questi allievi erano provenienti da altre  sedi universitarie  che temporaneamente li avevano ospitati. Nello stesso periodo si ebbe anche il trasferimento di cinque validissimi collaboratori negli USA e nel Canada, dove raggiunsero  ruoli di “full professor” (Giuseppe Andres, Mario Di Girolamo, Diego Bellabarba, Mario Giacomelli, Luciano Zamboni).

Senza seguire pedissequamente l’ordine cronologico, ricorderò che per il normale e previsto ritmo delle successioni, vi fu il progressivo  inserimento nella nostra Facoltà  di altri quindici docenti di prima fascia: Marcello Negri, Umberto Di Mario, Massimino D’Armiento, Franco Dondero, Giovanni Spera, Emilio D’Erasmo, Giuseppe Aliberti, Francesco Pugliese, Vincenzo Toscano, Cesare Corazziari, Gian Franco Delle Fave, Franco Fallucca, Salvatore Minisola, Mario Giacovazzo ed Andrea Lenzi, attuale Presidente del CUN. E non mi sembra fuori luogo aggiungere che due illustri studiosi, che hanno raggiunto fama internazionale, e cioè Lelio Orci, professore di Istologia della Università di Ginevra, e Giorgio Croce, eminente ricercatore in genetica ed immunologia  negli Stati Uniti, si sono sempre ritenuti in buona  misura collegati con la nostra scuola, essendone  stati allievi per alcuni anni.

Dopo il pensionamento di Cataldo Cassano nella direzione della 2° Clinica Medica, più tardi con l’aggiunta di Dipartimento di Clinica medica e delle specialità, si sono succeduti fino ad oggi Alessandro Beretta Anguissola, Domenico Andreani, Aldo Torsoli, Marcello Negri, Umberto Di Mario, Emilio D’Erasmo, Sebastiano Filetti. Ma come era prevedibile, la capacità espansiva della Scuola ha fatto sì che molti suoi membri siano entrati a far parte di altre Facoltà mediche al di fuori della Sapienza. Mi è gradito il compito di ricordare quei colleghi che hanno onorato la Scuola raggiungendo i più alti traguardi accademici in  sedi come Padova, Pisa, Napoli,  Verona, L‘Aquila, hieti  e nella stessa città di Roma nelle nuove Facoltà di Tor Vergata, Università Cattolica e Campus Biomedico. A completamento di questa elencazione, in realtà un po’ sommaria e burocratica, è necessario riferire che un altro manipolo di professori in stretto rapporto collegati con il nucleo centrale della Scuola ha occupato fuori dalla “Sapienza”ruoli di prima fascia (Fabio Tronchetti, Ernico Fiaschi, Lidio Baschieri, Ludovico Scuro, Aldo Pinchera, Romano Carratù, Guido Menzinger, Gaetano Frajese, Ivo Baschieri, Francesco Pallone, Luciano Campanacci. Remo Naccarato, Glauco Torlontano, Fabrizio Monaco, Emilio Tresalti, Enio Martino, Gian Franco Fenzi, Sergio Tonietti, Paolo Pozzilli, Alfredo Pontecorvi) senza contare quegli allievi di una generazione ancora più giovane, che chiamerei affettuosamente di  “nipotini”, giunti in evidenza per il diretto intervento dei “padri”, che partendo da Padova, Pisa e Roma si sono sparsi in altre sedi italiane. E non vanno dimenticati numerosi professori associati e ricercatori di vaglio distribuiti negli alti livelli delle Facoltà, degli ospedali e dei laboratori di ricerca a Roma ed altrove. Può darsi che involontariamente abbia trascurato qualche nome: nel caso me ne scuso fin da ora. Voglio ricordare che per le leggi della vita la maggioranza dei docenti citati non sono più fra noi e mi sembra doveroso rivolgere a loro un grato pensiero per il patrimonio comune che hanno contribuito a formare.

Passando ad altri aspetti della personalità di Cassano, farò presente che egli era ben introdotto negli ambienti politici della capitale; già a Pisa era stato consigliere comunale per la DC; era stato, ed a Roma ancor più, era medico personale di Presidenti della Repubblica, Capi del governo, ministri e parlamentari di ogni collocazione politica; egli stesso è stato senatore per due legislature. Ma desidero subito chiarire che Cassano mai si è dedicato in pieno alla attività politica, perché ha continuato il regolare insegnamento universitario ed ha seguito i pazienti in ospedale e fuori. Pur essendo chiara  la sua fama, non fu scevro di qualche sorpresa in quell’epoca l’arrivo nella Patologia Medica di un emiro arabo con il dovuto seguito di funzionari,  mogli e concubine, con il prevedibile sconquasso organizzativo; non mancherò  i ricordare anche che egli ha curato a lungo Padre Pio da Pietrelcina,  recandosi periodicamente a San Giovanni Rotondo nell’Ospedale da lui fondato; tra l’altro in questo ospedale hanno prestato la loro opera nel primariato di medicina interna, molti allievi della Scuola.

Nel 1964 insieme ad eminenti colleghi si fece promotore della fondazione della Società Italiana di Endocrinologia, di cui è stato Presidente per un decennio, e della Società Italiana di Diabetologia. Nel 1965 è  stato Presidente del Congresso Internazionale sul gozzo a Roma, che ebbe gran successo  per l’attivo intervento di Mario Andreoli, e che gli fece condurre tutti i congressisti insieme al Rettore della Sorbona, J. Roche, in udienza al Pontefice  Paolo VI, di cui era stato allievo nell’epoca della sua militanza nella FUCI, quando il futuro Papa era semplice assistente ecclesiastico della organizzazione.

E’ stato membro del Consiglio Superiore dalla P.I. per due tornate ed ha ricevuto la medaglia d’oro per i meriti della scienza e della cultura. Non è mancato un impegno nella trattatistica ed editoriale: il primo volume su “Le malattie metaboliche” con il suo maestro Galdi, quello sulla “Tiroide” con L, Baschieri, il volume sulla “Terapia del diabete e delle complicanze” con D.Andreani, ed infine il “Trattato italiano di Endocrinologia”, che ha visto l’opera attiva  di molti membri della scuola, in primo luogo Domenico Andreani, Marcello Negri, Federico De Luca e Leonardo Cramarossa. Proseguendo un  impegno culturale contratto a Pisa,  ha diretto fino al suo collocamento a riposo la “Rivista di fisiopatologia clinica e terapia” e la più nota “Folia Endocrinologica”, che in pratica è servita da palestra a tutti i giovani endocrinologi delle diverse scuole italiane. Si è fatto promotore di diversi convegni scientifici ed ha presentato importanti  relazioni nei Congressi di medicina interna e nei campi specialistici (ricordo le relazioni congressuali su: la clorosi, le sindromi gastrocardiache, la fisiopatologia del colon, la sindrome nefrosica, gli ipertiroidismi, la sterilità endocrina maschile); mi sembra opportuno annotare che in tutti i contributi clinici e di ricerca egli tendeva a privilegiare gli aspetti fisiopatologici in logica conseguenza del suo desidero di comprendere i meccanismi di insorgenza ed evoluzione degli eventi morbosi.

Riportandomi nel contesto degli indirizzi della Scuola riferirò che nel prosieguo di tempo si sono formati gruppi di ricerca di primo piano, che hanno acquisito apprezzamento e fama in Italia ed all’estero e che hanno onorato la Facoltà Medica e lo “Studium  Urbis”.come allora era denominata la nostra Università, e poi la “Sapienza”. Ed in questa scia sono sorti a varia distanza di tempo diversi gruppi di studio e strutture collegate con il CNR, con il Ministero della Sanità, con Società scientifiche nazionali ed internazionali: sono da ricordare il gruppo di studio sugli ormoni steroidei di Conti, il gruppo di studio degli ormoni proteici di Menzinger, il Centro di studio delle malattie della tiroide di Andreoli, il Canale didattico parallelo di Torsoli, ed ancora di Torsoli la Fondazione di  ricerca sulla fisiopatologia dell’apparato digerente, la Fondazione per il diabete, l’endocrinologia ed il metabolismo (DEM), di cui mi onoro di essere tuttora Presidente, il Centro per lo studio del metabolismo osseo di Mazzuoli, il Centro Internazionale per lo studio della malattia diabetica e della complicanze (CISD) di Pozzilli, il Centro andrologico internazionale sperimentale di Lenzi, il  Centro di studi sulle cefalee di Giacovazzo,il Gruppo  Italiano di studio del colon, divenuto poi  European Crohn’s and colon Organization di Caprilli.  Ritengo importante  citare anche i collegamenti di studio e ricerca  sull’apparato gastroenterico ed in particolare delle vie biliari, con la Scuola di P. Stefanini, anch’egli venuto a Roma da Pisa.

Molti dei più giovani colleghi che operano nelle citate strutture tuttora efficienti non hanno certamente incontrato il prof. Cassano, ma hanno ricevuto l’influsso del suo insegnamento e dei suoi  orientamenti di ricerca fisiopatologica. E constato  che con l’allontanarsi nel tempo dagli inizi della Scuola appare sempre più vivo ed attuale il  suo contributo alla medicina in Roma ed in Italia. E non temo di affermare che egli vada annoverato fra le eminenti personalità mediche che,  anche  in  virtù delle propagini e dei traguardi realizzati dagli allievi, hanno punteggiato nei vari decenni la medicina italiana.

A questo punto sarebbe necessario completare il quadro della personalità di Cataldo Cassano, ricordando le sue doti umane; molto brevemente accennerò alla sua vivace intelligenza, alla prontezza con cui si rendeva conto delle situazioni più contorte, alla sua acuta sensibilità che gli consentiva di percepire minime variazioni dello standard  espressivo linguistico e logico degli interlocutori; godeva di ampia preparazione umanistica, di una garbata ironia, di una signorile  accettazione dello spirito scanzonato e caustico dei toscani; non mancava di un fine spirito umoristico. A mò di esempio citerò un episodio che dice molto dei suoi  atteggiamenti.

Quando dietro incitamento di Aldo Moro, che allora era Presidente del Consiglio, si presentò per la candidatura al Senato ed ebbe successo, all’On. Taviani, che era uno dei principali notabili della D.C. e che si congratulava con lui, ebbe a sortire con una frase che creò nei presenti viva ilarità:” Caligola fece senatore il suo cavallo e Moro ha fatto senatore il suo medico”.

Fra i molti ricordi che vengono in mente con vivezza in questo ambito vi sono alcune sue lezioni tenute nell’aula, ora a lui dedicata, molto elaborate, talora tormentate, a lungo preparate con la nostra collaborazione ed esposte con grande trasporto emotivo, che trascinarono studenti ed assistenti ad entusiastici applausi. In una di queste occasioni Cassano venne fuori con una frase che diceva molto sul suo sottofondo sornione; egli ebbe a dire:” vi impedisco di applaudire, come in un domani vi impedirei di fischiarmi, quando una lezione non fosse da voi approvata”.

Egli ebbe un alto concetto della Università in cui si dovevano esprimere al massimo la fantasia innovativa, l’ approfondimento scientifico, il coraggioso coinvolgimento nelle prospettive culturali più attraenti  e  promettenti. E c’è da sperare che questo suo insegnamento sia seguito dagli epigoni della Scuola  tuttora attivi nella università italiana.

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Cita questo articolo

Andreani D., Cataldo Cassano, il Personaggio, la Scuola e l’Università, Medicina e Chirurgia, 61: 2819-2822, 2014.

Il De motu cordis di William Harvery: scienza, medicina, politican.62, 2014, pp.2814-2818

Il 15 luglio 1652 il medico inglese George Ent scriveva da Londra al suo amico Cassiano del Pozzo, romano, grande collezionista di arte e di oggetti di scienza, vicino all’accademia dei Lincei, e gli raccontava di aver eseguito una dimostrazione scientifica in presenza di William Harvey e di altri membri del College of Physicians di Londra. Utilizzando il cadavere di un uomo morto per strangolamento, di cui aveva legato i vasi e nel cui cuore, polmoni e fegato aveva iniettato acqua calda, aveva dimostrato la correttezza della teoria di Harvey della circolazione del sangue, divulgata circa un quarto di secolo prima, e che dalla sua pubblicazione non aveva mai cessato di provocare aspre critiche e discussioni. L’esperimento di Ent e la sua sede (il College of Physicians era la massima autorità professionale inglese in campo medico) dimostrano che la scoperta era tutt’altro che pacificamente accettata.  Informarne Cassiano a Roma era un modo per rinsaldare i legami tra due mondi molto diversi, ma nei quali la ricerca naturalistica era praticata ad altissimo livello.

In questo breve articolo presenteremo la vita di Harvey, studente a Padova, medico di due re d’Inghilterra, sperimentatore in un’età turbolenta e piena di elementi di novità, dal punto di vista politico come da quello scientifico. Passeremo poi a un esame il più dettagliato possibile, dato il breve spazio a disposizione, del De motu cordis (1628) e della sua struttura. Una terza parte finale sarà dedicata a una breve disamina della storiografia recente su Harvey e sulla sua scoperta.

1. La vita inquieta di un uomo tranquillo

Per indole e per formazione intellettuale Harvey non era un rivoluzionario. Nato e cresciuto in un’era di violenti rivolgimenti politici, appartenente all’alta società del suo paese, era piuttosto, come spesso accade, un uomo delle istituzioni e dell’ordine. Intellettualmente indipendente, descritto come vivace, franco, spiritoso e informale, era fornito di una vasta cultura che si estendeva anche alla letteratura e all’arte, in medicina “mantenne un senso di identità comune con i suoi predecessori, anche dopo averne rifiutato alcune delle più fondamentali teorie”. Nonostante alcune interpretazioni, come si vedrà, ne abbiano messo in discussione la fedeltà alla corona, e abbiano piuttosto insistito sulla sua accettazione dell’ideale repubblicano, la sua vita si svolse per la maggior parte in un contesto ‘protetto’, di borghesia attiva e intraprendente ma che mirava alla stabilità dello stato e alla creazione di un ordine politico che, pur rispettoso di alcune prerogative delle corporazioni e degli individui, prevedeva comunque l’esistenza di un potere centrale forte. Harvey credeva nello sviluppo di istituzioni scientifiche; collaborò a lungo con il College of Physicians, insistendo non solo sul suo ruolo istituzionale di controllo sull’esercizio della professione, ma anche sulle sue potenzialità come centro di ricerca scientifica: aveva progettato di fornire il College di una biblioteca e provvide per testamento a un sostanzioso lascito. Si interessò allo sviluppo delle istituzioni universitarie inglesi, che nel suo tempo erano ancora meno sviluppate, per ciò che riguarda la medicina, di quelle continentali, e soprattutto italiane e francesi. Anche la sua posizione nei confronti dei chirurghi, con cui i conflitti professionali erano frequenti, era meno distante di quella di molti suoi colleghi.

Nato a Folkestone, una città di mare nel sud-est dell’Inghilterra, nella contea del Kent, Harvey era figlio di un proprietario terriero, poi divenuto un mercante, intraprendente e agiato; i suoi cinque fratelli furono mercanti di successo. Grazie alla sua condizione sociale, il padre gli permise di studiare, prima a Canterbury e poi dal 1593 a Cambridge, al Gonville and Caius College, dove ebbe modo di assistere ad anatomie. Per gli studi medici si recò nel continente, viaggiando in Francia e in Italia; nel 1599 era a Padova, dove si addottorava il 25 aprile 1602. Il periodo padovano fu il più importante nella sua formazione; assistette alle lezioni di Girolamo Fabrici d’Acquapendente, uno dei massimi anatomisti della sua epoca. Ma Padova era anche uno dei centri riconosciuti dell’aristotelismo, della filosofia naturale, cioè, che si era più interessata alle radici biologiche della medicina, istituendo una stretta connessione fra ricerca filosofico-scientifica e teoria medica. Maestro di Harvey fu anche Cesare Cremonini. Se quello dell’incontro a Padova tra Galilei e Harvey è un aneddoto privo di appoggi documentari, è però vero che il pisano insegnava a in quella università negli anni in cui Harvey vi risiedette.

Tornato in Inghilterra, si inserì nel livello ‘alto’ della sua professione, anche grazie al matrimonio con Elizabeth Browne, la figlia di Lancelot, un celebre medico londinese. La coppia non ebbe figli. Entrato nel College of Physicians, vi fu accettato come Fellow il 5 giugno 1607. Il 14 ottobre 1609 divenne medico al St. Bartholomew Hospital, uno dei principali e più antichi di Londra, tra i quattro amministrati direttamente dalla città. Si tratta di un posto che mantenne per il resto della sua vita. Come si vede, Harvey era tutt’altro che un anatomista o filosofo naturale ‘puro’: la sua esperienza di medico pratico era ricca e varia, e questo si riflette anche nei suoi lavori. Ugualmente importante fu il suo ruolo nel College: nell’agosto del 1615, e fino al 1656, a Harvey fu affidato l’incarico di tenere le prestigiose Lumleian lectures, istituite nel 1583. Si trattava di lezioni di anatomia, inizialmente rivolte ai chirurghi, ma divenute nel tempo uno dei più noti luoghi di diffusione del sapere medico tout court. In quella del 1616 Harvey annunciò appunto al sua nuova teoria sulla circolazione del sangue. Le note prese per queste lezioni, oggi alla British Library, sono tra i suoi primi lavori conosciuti, e mostrano una buona conoscenza della letteratura medica e anatomica del suo tempo.

Nel 1618 Harvey iniziò la sua lunga carriera di medico di corte, divenendo physicus  straordinario del re, Giacomo I Stuart. Nel 1625, quando al trono salì Carlo I Stuart, mantenne e anzi rafforzò la sua posizione, ‘scalando’ le diverse posizioni gerarchiche fino a diventare, nel 1639, ‘physician in ordinary’ del re. I suoi rapporti con il monarca non erano di semplice subordinazione, ma di amicizia, come spesso accadeva tra curanti e pazienti illustri. Molto si è discusso dell’adesione di Harvey alle teorie monarchiche; quel che è certo è che la sua lealtà a Carlo rimase anche dopo gli eventi rivoluzionari degli anni Quaranta e la sconfitta e la decapitazione del re. La vita della corte fu del resto preziosa per lo sviluppo delle teorie di Harvey: le cacce frequenti e il facile accesso al gran numero di cervi e altri animali dei parchi reali gli consentirono osservazioni anatomiche poi confluite nei suoi lavori, in particolare nell’opera sulla generazione. La partecipazione di Harvey alla vita dell’alta aristocrazia gli consentì anche di viaggiare: nei primi anni ‘30, al seguito del Duca di Lennox, fu in Italia e in Spagna; nel 1636, al seguito di Thomas Howard, Earl of Arundel, a Regensburg e di nuovo in Italia. Harvey era in contatto con l’aristocrazia inglese e con molti intellettuali del suo tempo, tra i quali Francis Bacon, Thomas Hobbes, Robert Fludd, John Selden, John Aubrey, Anne Conway. Le sue frequentazioni non erano limitate ai circoli più influenti dell’alta società. Il poeta John Donne era suo amico e accennò nel 1621, prima della pubblicazione del De motu, alla possibilità di misurare la portata delle cavità del cuore. Ma Harvey aveva ottimi rapporti anche con il chirurgo paracelsiano John Woodall, a capo della corporazione dei barbieri-chirurghi e suo collega in ospedale.

Nel 1628, a Francoforte, era uscito il De motu cordis. Il ritardo nella sua pubblicazione sembra essere stato dettato da ragioni di prudenza, così come la dedica al re (che, va ricordato, non era libera, ma implicava la precedente accettazione da parte del dedicatario). Le polemiche che ne accolsero la pubblicazione furono molto aspre, e possono aver contribuito ad allontanare, entro certi limiti, la ricca clientela di Harvey, che però continuò a lavorare al servzio dell’aristocrazia. Alla fine degli anni ‘30, accompagnò il re nelle sue spedizioni contro gli scozzesi; nel 1642, allo scoppio della guerra civile, restò con lui a Oxford dal 1642 al 1646, continuando le sue ricerche a dispetto dei tempi difficili; dopo la resa della città restò col re, seguendolo anche nella prigionia a Newcastle nel 1647. Nelle prime fasi della guerra, Harvey aveva perso, nel saccheggio del palazzo di Whitehall a Londra, la residenza reale, dove anch’egli alloggiava, una una serie di lavori già iniziati e rimasti manoscritti: appunti, rapporti di dissezioni, e in particolare un importante lavoro sugli insetti. Dopo la cattura, il processo e l’esecuzione di Carlo I Harvey restò a Londra, proseguendo indisturbato la sua vita intellettuale, e morendo poi a Roehampton, a casa di un fratello, il 3 giugno 1657, senza assistere alla fine della dittatura repubblicana di Oliver Cromwell e alla Restaurazione della monarchia.

Nel 1649 furono pubblicate le Exercitationes… de circulatione, due epistole rivolte a Jean Riolan il giovane, celebre anatomista parigino, che era fermamente opposto a Harvey, e che propugnava una versione aggiornata delle teorie galeniche sulla circolazione. Nel 1651, per intervento degli amici e in particolare di George Ent, fu finalmente pubblicato il lavoro sulla generazione, le Exercitationes de generatione animalium, alla preparazione del quale Harvey aveva lavorato per molti anni, approfondendo una linea di ricerca che probabilmente era quella a cui teneva di più, che più aveva sofferto delle turbolenze della guerra civile, e che contribuì non poco a modificare la visione della circolazione come espressa nelle Exercitationes del 1649. Il testo è incentrato su una discussione approfondita ma critica delle teorie di Aristotele, che era ancora il più influente autore in materia biologica. Lavorando su embrioni di differenti specie animali, e in primis sulle uova di gallina, Harvey raggiunse risultati fondamentali: negò la possibilità della generazione spontanea, affermò il principio secondo cui ‘ex ovo omnia’, per il quale un uovo femminile fecondato dal seme maschile è all’origine di ogni processo riproduttivo (un’affermazione che sarebbe stata ulteriormente corroborata dalle scoperte anatomiche sull’apparato riproduttivo femminile), e sviluppò una teoria epigenetica dell’accrescimento dell’embrione. Tra i titoli di merito di Harvey vi è quello di essersi servito per le sue osservazioni di un numero impressionante di animali diversi, tra i quali anfibi e pesci, contribuendo così a fondare l’anatomia comparata.

Nel 1651, scrivendo a sua nuora, la dotta Anne Conway, Edward, Viscount Conway, la avvertiva di non fidarsi troppo di Harvey, che era stato contattato per tentare di risolvere le ricorrenti, violente crisi di emicrania della donna. Il suocero la avvertiva che il medico, eccellente anatomista, noto per il suo grande contributo scientifico, aveva però il difetto di essere governato dalla sua immaginazione (Phantasy) anche nella medicina pratica; che, come Descartes e Campanella, grandi innovatori, era la stessa forza del suo intelletto a indurlo alle sue scoperte, e allo sforzo di presentarle al mondo; ma che un medico curante con troppa phantasy può essere molto pericoloso per i suoi pazienti. La scarsa cosiderazione dell’importanza della scoperta di Harvey per la concreta pratica medica era condivisa da molti in Europa, anche da personaggi meno comprensivi di quanto fosse Edward Conway nei confronti della sua statura intellettuale, e più interessati al mantenimento dello statu quo accademico e professionale.

2.  Il De motu cordis

Il De motu cordis si presenta in modo diverso da quello che ci aspetteremmo da un medico di corte del primo Seicento – non si tratta di un ponderoso trattato, ma di un libro rivoluzionario anche nel formato, in 4°, piuttosto breve, scritto in uno stile secco e preciso: un altro segno della sua modernità. Nonostante la concisione, tuttavia, il testo ha due dediche, al re Carlo I e a John Argent, presidente del College of Physicians. Il De motu ha quindi appena un totale di 72 pagine a stampa per 17 capitoletti, preceduti da un Proemio; contiene anche due tavole ‘doppie’ che illustrano l’esperienza che Harvey riteneva fondamentale per dimostrare la direzione del flusso del sangue arterioso e venoso, quella delle legature degli arti. Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1628, a Francoforte sul Meno, da William Fitzer, un inglese, ma fu presto ristampato un po’ in tutta Europa, a segnalare, anche più che la diffusione delle tesi di Harvey, le controversie che esse provocarono. La decisione di non pubblicare in patria potrebbe essere stata dettata da prudenza, o dal desiderio di mettere il libro su un mercato, quello tedesco, che era il più vivace d’Europa per le fiere librarie che si tenevano appunto a Francoforte. La prima edizione è dunque relativamente rara, e contiene anche parecchi errori – forse dovuti alla difficoltà di decifrare la scrittura dell’autore – ma quelle che si susseguirono nel corso del secolo si trovano in molte biblioteche.

Il libro si apre con la dedica al re, nella quale Harvey utilizza la celebre analogia tra il cuore, ‘sole’ del microcosmo e responsabile della vita e del vigore del corpo, e il re, inteso come ‘cuore’ dello stato. In quella ai colleghi anatomisti del College Harvey dice di sperare nella sospensione, nelle questioni scientifiche, di passioni come la collera e l’invidia; spiega di scrivere per la verità e dopo lunghe e accurate osservazioni; dichiara il proprio rispetto per gli autori antichi e la propria decisione di omettere ogni riferimento agli anatomisti moderni, per non provocare dispute — una decisione che sarà rispettata solo in parte. In effetti la storiografia ha ben chiarito che anche prima di Harvey una serie di medici e anatomisti, tra i quali Andrea Cesalpino e Miguel Servet, avevano avanzato ipotesi che andavano nella stessa direzione che poi Harvey avrebbe percorso con molta più lucidità e dopo una serie impressionante di osservazioni sistematiche, portando a compimento e chiudendo la lunga storia delle dispite sul ruolo del cuore, del sangue, e della circolazione. Se Harvey decide di non citare i suoi predecessori moderni, tuttavia, non è per obliterarne il ruolo, ma per evitare di disperdersi in una serie pressoché infinita di controversie di dettaglio.

Come si è visto, tanta prudenza non sarebbe bastata a evitare le opposizioni, talora violentissime, che accolsero l’opera. Nel Proemio Harvey mette in luce lo stato estremamente incerto delle spiegazioni e nozioni contemporanee riguardanti la circolazione, il ruolo di arterie e vene, quello del cuore e dei polmoni. Il testo di Harvey, è bene sottolinearlo, concerne tanto il moto del cuore che la questione della funzione della respirazione; Harvey dichiara di avere in preparazione uno studio sui polmoni. La circolazione polmonare era stata descritta da Ibn-al Nafis e da Realdo Colombo; tuttavia è solo dopo la scoperta di Harvey che il ruolo della respirazione potrà essere chiarito, soprattutto per opera del gruppo dei cosiddetti “fisiologi di Oxford”,che si sono rifatti alle sue teorie. Una delle poche citazioni di Harvey è da Fabrici d’Acquapendente; ma è Galeno il vero bersaglio delle sue critiche, sia per ciò che riguarda il ruolo e il moto delle arterie che la funzione delle vene. La critica più distruttiva rivolta a Galeno è anatomica: per l’anatomista e medico di Pergamo il setto interventricolare dovrebbe essere pervio, consentendo il passaggio del sangue. Già Vesalio aveva dimostrato che questo passaggio è inesistente, o almeno nonosservabile.

La prima parte del testo, i capitoli da 1 a 7, è strettamente osservativa: Harvey afferma di essersi basato su numerose vivisezioni di animali diversi per osservarne da vicino il moto del cuore, traendone le seguenti conclusioni: il cuore ha sistole e diastole; il battito che noi avvertiamo non dipende dalla diastole, come si è sempre creduto, ma dalla sistole, cioè dalla contrazione muscolare che consente al cuore di spingere con forza il sangue nelle arterie. Il movimento delle arterie è contrario a quello del cuore, nel senso che le arterie si dilatano quando il cuore si contrae; dal ventricolo sinistro il sangue va alle arterie, mentre da quello destro va all’arteria polmonare. Le orecchiette hanno un moto quasi simultaneo a quello dei ventricoli, e sono anch’esse piene di sangue, rappresentando come un deposito o un luogo di ‘stoccaggio’ per il sangue, dove la vita comincia e finisce. L’ uso del cuore è dunque solo quello di far passare il sangue alle arterie. Tuttavia non si comprende bene la sua funzione se non si affronta quella del rapporto tra cuore e polmoni: il sangue passa dal ventricolo destro ai polmoni e da lì torna al ventricolo sinistro. Harvey conclude affermando che lo stesso Galeno ha visto, in un certo senso, i dettagli di questo passaggio, interpretando però i dati in modo non corretto.

Il cuore dell’argomentazione di Harvey, e la parte più celebre del libro, è nei capitoli dall’8 al  13. Qui Harvey fa un uso parziale, e nella forma di esperimenti mentali, di argomentazioni di tipo quantitativo (quanto sangue, quanti battiti/contrazioni, quanto tempo per un circolo completo). Poiché è impossibile che il fegato produca tutto il sangue che è nel corpo, e che secondo la fisiologia tradizionale sarebbe utilizzato per nutrirne le membra, Harvey confessa di essersi chiesto se sia possibile attribuirgli un movimento circolare anziché di dispersione alle estremità. In questo modello le vene riportano il sangue al cuore, e come le arterie sono piene di sangue, che va considerato come un’unica massa. La circolazione può essere descritta in tre passaggi: spinto dalla sistole, il sangue va nelle arterie; penetra poi nel corpo; le vene lo riportano al cuore. Alle estremità del corpo il sangue passa dalle arterie alle vene per anastomosi o attraverso porosità. Le legature degli arti, tratte dalla pratica della flebotomia, consentono di osservare sia il moto delle arterie (centrifugo) che quello delle vene (centripeto). Il sangue passa sempre tutto per il cuore che lo spinge poi nei vasi; si tratta di quantità calcolabili e questo dimostra che il fegato non ne potrebbe produrre abbastanza nel tempo dato. Infine, le valvole scoperte da Fabrici hanno l’importante funzione di impedire il riflusso del sangue verso le estremità.

La parte finale, i capitoli dal 14 al 17, è di sintesi: il ruolo del cuore è di spingere il sangue nel circolo arterioso/venoso, e ciò si dimostra sia con ragioni ‘verisimili’ che confermano il modello circolatorio (ad es., il movimento conserva la vitalità del sangue, che coagula se fermo), sia con le conseguenze che si possono trarre dal modello, come la rapida azione dei farmaci su tutto il corpo, sia con la conferma attraverso l’anatomia: anche comparata, e embriologica.

Le reazioni alla scoperta di Harvey furono molte e diverse, e la storia della sua diffusione a livello europeo è troppo lunga e troppo complessa per ricordarla qui – essa coincide, in effetti, con tutta la storia posteriore della fisiologia e della medicina. Qui possiamo però ricordare che la scoperta fu in genere accettata più facilmente in ambiente chirurgico che tra i medici accademici. I chirurghi avevano una familiarità così forte con i processi e i pericoli relativi alla flebotomia che si dimostrarono, in molti casi, assai più aperti dei loro colleghi medici. La storia della diffusione italiana delle scoperte di Harvey, in un arco cronologico che va dal napoletano Marco Aurelio Severino, chirurgo colto e di livello universitario, a Bernardino Genga, chirurgo ospedaliero al romano ospedale del S. Spirito, ne è una piccola ma interessante dimostrazione.

3. Quale immagine di Harvey?

Il testo di Harvey è stato spesso letto come il più notevole esempio, in età moderna, di ‘riduzionismo’ fisico in ambito scientifico: utilizzando una metodologia incentrata sull’idea che la natura sia scritta in caratteri matematico-geometrici, secondo ciò che aveva proclamato l’italiano Galileo Galilei, il medico inglese avrebbe elegantemente e chiaramente dimostrato che il sistema fisiologico di Galeno non reggeva a un esame attento. Nonostante gli avanzamenti in anatomia, e le critiche di Vesalio e di altri, l’auctoritas del medico di Pergamo, peraltro lui stesso grande anatomista, era ancora lontana dall’essere messa in discussione. Harvey osò compiere il passo che pochi prima di lui avevano osato, e disse chiaramente che la fisiologia antica non era sbagliata in alcuni punti di dettaglio, emendabili, ma che era da riscrivere in toto, contribuendo così a creare un’immagine profondamente diversa dall’antica del funzionamento del corpo umano e animale. I suoi oppositori, che furono molti, si sarebbero opposti di fatto al progresso, e avrebbero rifiutato ottusamente di vedere una verità che era invece chiara anche ai più umili barbieri-chirurghi e macellai.

Come accade per tutte le immagini semplici, e che corrispondono più all’idea contemporanea di metodo scientifico e sperimentale che alla realtà storica, anche questa contiene molti elementi falsi e qualche verità. Tuttavia William Harvey era pienamente immerso nel suo tempo, e le sue opere stanno a dimostrarlo; applicare anacronisticamente alla sua interpretazione nozioni e concetti derivati dagli imponenti sviluppi successivi della biomedicina è insensato, e non serve ad esaltarne la grandezza, ma, al contrario, a farne un pallido precursore, anziché un grande protagonista, la cui scoperta, pur legata al suo tempo, merita ancor oggi la nostra attenta considerazione.

Di fatto, la storiografia recente e più avvertita ha molto contribuito a superare questa interpretazione agiografica, riportando Harvey sulla terra e mostrando quanto fosse interessato ai dibattiti contemporanei, e non solo a quelli scientifici. Negli anni ‘60 del Novecento è iniziato un profondo processo di revisione di questa  figura centrale della scienza europea del Seicento. Alcune letture eccessivamente o troppo crudamente politiche del De motu e delle successive Exercitationes sono state rifiutate — Christopher Hill, autore di importanti studi sulla rivoluzione inglese, aveva infatti sostenuto che l’adesione di Harvey alla causa realista nel corso della guerra civile era di pura facciata, e che egli sarebbe stato molto più vicino alle idee repubblicane dei parlamentaristi. Le sue opere mostrerebbero un’evoluzione dall’insistenza sul cuore come centro dell’organismo alla maggiore importanza assegnata alla circolazione del sangue, che sarebbe andata di pari passo con la fine della monarchia e con la possibilità di manifestare apertamente la propria adesione alle teorie ‘alla Hobbes’ che vedeva nel corpo politico la presenza essenziale dei cittadini. L’articolo di Hill scatenò una polemica che contribuì però, insieme ad altri interventi, alla ridefinizione del ruolo delle credenze religiose e politiche nella nascita della scienza moderna — una problematica che senz’altro riguarda anche la figura di Harvey. Ma in quegli anni la vera novità su Harvey venne, oltre che dalla documentata e affascinante biografia di Keynes che è stata citata, soprattutto dai molti interventi e poi dal libro di uno storico della medicina di origini tedesche, Walter Pagel. Pagel ha dimostrato molto persuasivamente, con l’appoggio di un arco ampio di testi e con un’accurata contestualizzazione, che con ogni probabilità la radice profonda della ‘rivoluzione’ harveiana va cercata nella sua adesione profonda all’aristotelismo, appreso a Padova alla scuola di maestri che erano filosofi e anatomisti, e che fece sentire il suo effetto nel momento in cui si doveva trovare un modello per la circolazione che ne facesse risultare l’eccellenza per la vita (il cerchio è una figura perfetta).

Pur con la consapevolezza della complessità della teoria e della scoperta della circolazione, delle sue stratificazioni nel tempo, e della questione irrisolta delle convinzioni profonde del suo autore in tema di religione e politica, l’opera di Harvey risulta ancora oggi straordinaria, soprattutto se messa a confronto con i testi di molti suoi contemporanei.  Leggendo il De motu cordis si è in effetti colpiti dalla stringatezza e dalla precisione del ragionamento, dall’efficacia della dimostrazione, dall’incalzare dell’argomentazione e dagli elementi osservativi allineati more geometrico, secondo una collaudata tradizione anche retorica di filosofia naturale, ma pur sempre incentrati sull’osservazione diretta e su ragionamenti di tipo quantitativo, che l’autore fa giocare con abilità e precisione contro i suoi avversari. Si tratta di una lettura che, superato l’ostacolo della prosa latina e le complessità di alcuni riferimenti, risulta interessante per gli studenti e può tranquillamente essere consigliata a chi desideri farsi un’idea diretta del testo, oggi disponibile in un’ottima edizione italiana, e online, in diverse versioni, anche accompagnate da altro materiale documentario.

Il professionalism, teoria e attualitàn.62, 2014, pp.2811-2813, DOI: 10.4487/medchir2014-62-6

Abstract

Professionalism is often defined as a set of personal traits, and there is a general consensus about a set of elements that are components of professionalism, even if their exact determination remains elusive. Professionalism can also be conceived as the expression of the social contract between society at large and the profession.

This paper briefly summarizes some basic assumptions about the nature of professionalism as a complex construct, highlights the main features of the development of professional image of medical doctors in Italy from the years of Risorgimento up to present time, to show how the cultural and political environment influenced this process. On these premises, the structure of a possible longitudinal curriculum for the development of professionalism in medical student is presented. The foundation of this proposal is that professionalism is the context of medical expertise, as a combination of rules, conditions, and meanings in which the act of health care occurs. It encompasses the ability of critical reflection on technical expertise and it is expressed through the ability to act and make decisions when dilemmas or elements of complexity are present. So, starting from the use of validates scales to measure theoretical knowledge and attitudes, a set of methods as reflective writings, critical cases analysis and simulated patients are incrementally added to the curriculum to challenge the ability of students to face professional dilemmas.

Articolo

Parlare del concetto di professionalità o professionalismo (professionalism nella letteratura internazionale) è ancora molto attuale, forse ancora più attuale ora di quanto non lo fosse 20 o 30 anni fa. Affrontare questa tema è infatti il modo corrente per riflettere sul modello di medicina, sulla sua immagine, sul ruolo dei medici e sulle loro prassi di cura. Tutto ciò ha ovvie, rilevanti ricadute sui modelli e contenuti della formazione, nonché sull’azione dei Corsi di Laurea.

Nel continuum delle diverse prospettive presenti in letteratura internazionale, possono essere rilevate alcuni nuclei di discussione. Una prima controversia è relativa alla definizione della natura intrinseca del professionalism, inteso come un insieme di valori e norme indicati da organismi di regolamentazione medici1 o come espressione del contratto tra medici e la società.

Arnold2 nella sua review relativa alle definizioni di professionalism, pur nella varietà delle espressioni, ha identificato tre poli ordinatori:

– umanesimo (humanism) inteso come insieme di doti umane (rispetto, compassione, integrità)

– auto-valutazione/regolazione/riflessione (self assessment, regulation and reflection)

– competenze specifiche come il ragionamento etico e la comunicazione (ethical reasoning, communication skills).

Un seminario internazionale dal titolo Contratto Sociale di Medicina con la società – Una prospettiva internazionale3, ha concluso che sono state notate solo piccole differenze nel ruolo del medico in diversi contesti culturali e paesi, differenze che tuttavia riflettevano le specificità nazionali del contratto sociale nella sanità. Per piccole che possano essere, queste differenze devono tuttavia essere rispettate nell’insegnamento del professionalism. Anche il recente report di Ho dopo una conferenza internazionale tenutasi in Arabia Saudita, ha sottolineato l’importanza di un approccio culturalmente sensibile alla professionalità4.

Un altro argomento di discussione è se la professionalità sia un insieme di tratti stabili di un medico o se essa debba essere intesa come un insieme di comportamenti e relativi processi decisionali5, in una prospettiva che sia sensibile anche al contesto sociale e culturale2.

La ricerca dalle scienze sociali ha dedicato molti sforzi alla definizione di professionalità. Una delle prime definizioni di “professione” risale a circa 50 anni fa, basata sui pilastri di competenza, autonoma e ideali di servizio6. Una recente review ha esaminato la gamma degli approcci utilizzati nella sociologia delle professioni7. La conclusione è che i fattori che costituiscono la professionalità non sono statici. Queste conclusioni sono coerenti con le posizioni introdotte in precedenza sulla professionalità come contratto sociale e processo dinamico e hanno una diretta conseguenza sulla modo con cui il professionalism viene insegnato e valutato8,9,10.

La sociologa Giovanna Vicarelli ha dedicato molta attenzione allo sviluppo della professione del medico, dagli anni post-risorgimentali fino ai giorni nostri. Essa identifica alcune grandi fasi di sviluppo.11

Nell’Italia post-unitaria e liberale, i medici fanno parte dell’elité modernizzante del paese. Il modello di cura è fortemente orientato ad una clinica ad personam e paternalistica, ma si osservano già i germi di una clinica ad societatem di natura preventiva e sociale. Nel 1910 nasce l’Ordine dei Medici e la medicina diventa così a tutti gli effetti una professione.

Nel ventennio fascista si avviano intensi processi di medicalizzazione del mondo del lavoro, della famiglia e dello sport e tempo libero, con l’avvio di istituti di protezione e prevenzione. I medici così, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, appaiono come garanti della salute nel nuovo ordine sociale imposto dal regime. Nel 1943, in piena 2° Guerra Mondiale, a testimonianza che la vita sociale e politica continuava nonostante tutto, nasce l’INAM.

Nel dopoguerra si sviluppa un’idea di clinica ad organum, sulla base del progresso tecnologico e scientifico. Il sistema mutualistico viene superato e si sviluppa un sistema di welfare democratico che conduce nel 1978 alla nascita del Servizio Sanitario Nazionale. L’ultima fase, quella attuale, è caratterizzata come quella della “perdita di dominanza”. Nel 1992 la l. 502 avvia l’aziendalizzazione del SSN e con essa esplode il conflitto con la “cultura manageriale”. Nel contempo aumentano la domanda di salute e le aspettative del pubblico nei confronti della medicina, con attese al limite del miracolistico. Compaiono fenomeni prima ignoti come la conflittualità medico-legale e il  burn out12,13.

Questa breve disamina ha lo scopo di rafforzare l’affermazione che il professionalism non è esclusivamente l’insieme di caratteri e valori che – oltre alla competenza tecnico-professionale – fanno di un medico un “buon medico”. La professione non è completamente libera nel definire autonomamente competenze e modi operativi dei medici, in realtà non lo è mai stata, neanche quando l’immagine sociale del medico era associata a grande autorevolezza ed autonomia. Da sempre la professione ha dovuto fare i conti con le attese sociali e col potere politico e ancora di più adesso, che la sua autonomia è fortemente messa in discussione.

Se la professionalità è un costrutto complesso, derivante dalla interazione tra competenze e atteggiamenti personali, principi professionali e interpretazioni socialmente costruite, allora essa deve essere valutata in modo multimodale e multidimensionale14 e il suo sviluppo negli studenti di medicina deve essere osservato secondo una prospettiva longitudinale di “valutazione per l’apprendimento”15. Ciò richiede l’esecuzione di numerose prove di valutazione formativa, di complessità crescente, integrate trasversalmente in diversi corsi integrati, preferibilmente in quelli ad orientamento più metodologico. Si trascorre così dalla dimensione inter-personale del rapporto medico-paziente, alle considerazioni di ordine socio-culturale, al quelle di natura organizzativa ed economica, fino a quelle deontologiche e legali. Un esempio di possibile organizzazione di un percorso formativo per il professionalism è mostrato in Fig. 1 e Fig. 2.

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Il prezzo del non presidiare in maniera esplicita questo processo di formazione è quello di lasciare spazio libero al “curriculum nascosto” (hidden curriculum), che è comunque in azione nel formare l’immagine di medico negli studenti, a partire dagli esempi osservati, non sempre positivi o positivamente criticati e assimilati. Uno studio condotto a Milano dimostra come vengano spesso assimilati modelli di tipo paternalistico e proni a norme di condotta che ufficialmente non sono incoraggiate20.

Uno studio condotto su studenti romani21 dimostra la presenza di caratteri di altruismo e moralità personale, focalizzazione sui rapporti interpersonali ma anche sul preminente valore della competenza tecnica e su un’idea – oggi irrealistica – di dominanza professionale. Mancano completamente l’idea di responsabilità sociale e di attenzione agli aspetti organizzativi ed economici. Questo quadro è riconducibile ai modelli di professionalism che Hafferty22 ha definito come “nostalgic” e “unreflective”.

In sintesi possiamo considerare il professionalism come il contesto della competenza medica, cioè l’insieme di regole, di condizioni e di significati in cui si esplica l’opera del medico, nonché la capacità di riflessione critica sulla competenza tecnica, per operare scelte professionalmente competenti quando sono in gioco elementi dilemmatici o di complessità. La formazione di un professionalism  maturo è basata su  percorsi longitudinali e trans-disciplinari, iterativi secondo il criterio dello spiral learning, in cui attività formative e di valutazione multimodale ripetuta siano integrate tra loro e appoggiate dall’esercizio della riflessione esplicita.

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19) Tromp F, Vernooij-Dassen M, Kramer A, Grol R, Bottema B. Behavioural elements of professionalism: assessment of a fundamental concept in medical care. Med Teach. 2010;32:161–169.

20) Lamiani G, Leone D, Meyer EC, Moja EA. How Italian students learn to become physicians: a qualitative study of the hidden curriculum. Med Teach. 2011;33(12):989-96

21) Consorti F. Traits of professionalism in students challenged with dilemmatic situations in video recorded simulations: a qualitative study. AMEE 2013, Abstract book, p. 675.

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Cita questo articolo

Consorti F., Il professionalism, teoria e attualità, Medicina e Chirurgia, 62: 2811-2813, 2014. DOI:  10.4487/medchir2014-62-6

Documento di indirizzo per la definizione dei programmi di insegnamento di Infermieristican.62, 2014, pp.2805-2810, DOI: 10.4487/medchir2014-62-5

Abstract

With the aim or reducing the variability across teaching programs and to ensure an homogeneous level of education at national level, the National Commitee of Bachelor Nursing Degrees identified a set of core  contents.One hundred-eleven core contents were selected through shared  criteria and then based on a broad shared consensus a national guideline for developing nursing programs was developed.

Articolo

Introduzione

La Commissione Nazionale dei corsi di Laurea in Infermieristica ha istituito un gruppo di lavoro coordinato da Anna Brugnolli, Alvisa Palese e Oliva Marognolli per elaborare linee di indirizzo per la costruzione dei  programmi di infermieristica.  Il documento è stato discusso e approvato il 12 settembre 2013 a Portonovo.

Disegnare programmi infermieristici che riflettano la pratica infermieristica contemporanea e in grado di fornire contenuti essenziali senza sovraccaricare il curriculum, è una delle sfide più attuali. Oggi, più di un tempo, è necessario preparare neo-laureati con una profonda comprensione delle problematiche prioritarie di salute in particolare associate all’incremento della longevità, della cronicità, degli effetti sulla salute delle disuguaglianze e delle nuove “povertà”, nonché delle esigenze di de-ospedalizzazione. Gli infermieri devono essere preparati per lavorare in ambienti sanitari e/o socio-sanitari complessi e in condizioni di carenza cronica di personale, in cui sono richieste abilità interdisciplinari, leadership e capacità di partecipazione alle scelte attraverso il pensiero critico (Dimonte, 2012)1.

Per questa ragione, è quanto mai urgente riflettere sui programmi di infermieristica e sui contenuti essenziali che devono esprimere, assicurando una preparazione omogenea a livello nazionale basata su un ‘minimum core content’. La principale finalità del gruppo di lavoro era, pertanto, l’elaborazione di una guida di indirizzo operativa ai Corsi di Laurea (CdL) per l’elaborazione dei programmi di infermieristica.

Materiali e Metodi

Il gruppo di lavoro ha elaborato attraverso una analisi di documenti nazionali e internazionali sui programmi di infermieristica i criteri  guida necessari per scegliere i contenuti core.

Il minimum core content (ovvero il set di contenuti essenziali dei programmi di infermieristica) è stato definito attraverso un processo basato su alcune riflessioni metodologiche preliminari:

– Recuperare la storia: quali sono stati gli organizzatori curricolari dei contenuti con cui il Paese si è confrontato? Storicamente nella formazione infermieristica i contenitori tradizionali sono stati i “contesti di cura” (il paziente in rianimazione), le “patologie” o i “quadri clinici”  (il paziente con scompenso), oppure i segni/sintomi (dispnea, ipossia, disidratazione). In molti CdL sono stati utilizzati anche i problemi prioritari di salute, ovvero macro-contenitori che hanno orientato e guidato le scelte formative per assicurare all’infermieristica una congruenza con la rilevanza sociale di alcuni problemi.

– Valorizzare la prospettiva europea: quali sono le indicazioni europee rispetto ai piani di studio infermieristici? Negli ultimi anni è stata prioritaria in Italia l’attenzione a integrare contenuti, competenze e learning outcome. I risultati di apprendimento (learning outcomes) consistono in dichiarazioni di ciò che ci si aspetta lo studente debba conoscere, comprendere ed essere in grado di dimostrare alla fine del processo di apprendimento; le competenze rappresentano, invece, una combinazione dinamica di attributi cognitivi e metacognitivi relativi alla conoscenza e alle sue applicazioni nella pratica professionale. Nell’ambito del progetto europeo attivato con il Processo di Bologna è stato elaborato il modello Tuning che costituisce una piattaforma utile allo sviluppo di varie aree disciplinari in termini di risultati di apprendimento (learning outcome) e di competenze. Uno dei gruppi più attivi è stato quello infermieristico, coordinato da Mary Gobbi, docente presso l’Università di Southampton (UK), che ha partecipato alla stesura del documento “A Tuning guide to formulating degree programme profiles” e all’identificazione di 40 core competences infermieristiche, che sono anche in corso di validazione a livello italiano. Un primo documento è stato pubblicato dalla Federazione IPASVI nel 2012 (Venturini et al., 2012)2. Parallelamente, all’interno della Commissione Nazionale Infermieristica della Conferenza Permanente delle Professioni Sanitarie, si è costituito un gruppo di lavoro che ha elaborato con un processo di consenso un profilo di competenze esito della formazione infermieristica per orientare gli esami di abilitazione e rispondere alle esigenze emergenti (Palese et al., 2007)3.  Sviluppare materiali che valorizzino i lavori già realizzati e integrino la prospettiva Italiana con quella europea, è una priorità.

-Allineare e armonizzare i contenuti con altri aspetti del processo formativo che sono oggetto di altri gruppi di lavoro nell’ambito della Commissione Nazionale. Tra questi, ricordiamo lo sforzo realizzato con il ‘Progress test’. Pertanto, il gruppo di lavoro ha valorizzato i contenuti individuati con la metodologia del blue-print dal gruppo “Elaborazione Progress test” costituitosi all’interno della Commissione Nazionale dei CdL nel 2012 per la costruzione delle domande del Progress test.

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Individuazione del set minimo di contenuti

Il gruppo di lavoro ha pertanto elaborato un primo profilo di 111 contenuti e 37 abilità da apprendere nei  laboratori considerati essenziali sulla base dei seguenti criteri guida:

1. problemi o “focus” delle cure infermieristiche: sono stati individuati nella promozione della salute, nella gestione delle malattie croniche, nei problemi legati all’invecchiamento, nella criticità vitale e nelle cure fine vita, individuati in base alla rilevanza e priorità epidemiologica, ai bisogni sanitari e di salute maggiormente incontrati dagli infermieri, ma anche alla rappresentazione dei bisogni della popolazione assistita (necessità che il paziente ‘sente’ come necessarie, ad es. continuità per la terapia nelle condizioni di cronicità);

2. contenuti che affrontano situazioni esemplari dal punto di vista assistenziale in quanto  contribuiscono allo sviluppo delle competenze esito: sono state valorizzate le prospettive inerenti le logiche e i percorsi assistenziali, alcuni principi assistenziali come la sicurezza, la pratica etica, il lavoro in team, l’abilità di comunicazione-relazione,  l’evidence based practice e principi di caring;

3. principi pedagogici: si è ipotizzata l’esigenza di superare un approccio eccessivamente contenutistico attraverso la selezione di situazioni essenziali ed esemplari che permettano l’acquisizione del “come” apprendere e affrontare una situazione assistenziale. Ovvero, privilegiare situazioni che permettono allo studente di sviluppare capacità di auto-apprendimento e abilità trasferibili anche ad altre situazioni che incontrerà in futuro.

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Risultati

Raccolta di  un primo consenso

Con la finalità di avviare un consenso preliminare sulla prima lista di contenuti essenziali emersi, è stato trasmesso un questionario elettronico a tutti i Coordinatori della Didattica professionale dei CdL in Infermieristica (n = 216). Sono stati raccolti dopo tre settimane 146 questionari.

Il questionario raccoglieva anche alcune indicazioni sulla complessità dei CdL coinvolti. Come emerge dalla Tabella 1, hanno risposto prevalentemente docenti di infermieristica.

I 146 rispondenti al questionario afferivano a CdL in Infermieristica che mediamente includevano 20 docenti (media 19.5; Ds 12.68 IC 95%: 17.4-21.6). La loro localizzazione era prevalentemente al Nord (n = 117; 80.1%), ma discreta è stata anche la rappresentanza di CDL localizzati al Sud (n = 11; 7.5).

Infine, il questionario indagava il grado di congruenza dei contenuti proposti rispetto ai programmi effettivi, già in uso, nei CdL: sulla base delle risposte ottenute, l’80% dei contenuti erano già presenti nei programmi approvati nel proprio CdL (in media il 95% dei rispondenti dichiara un’aderenza del 78-82%) (Tab. 2).

La maggior parte dei 111 contenuti essenziali inclusi nel questionario sono stati considerati irrinunciabili: 93 contenuti, infatti, sono stati considerati “irrinunciabili” da > 90% dei rispondenti.

Le tabelle 3a e 3b illustrano i set di  contenuti  che hanno ottenuto maggiore o minore consenso.

Tuttavia, come emerge da queste tabelle, su alcune questioni vi è stato circa il 20% di “non consenso”. La sorveglianza notturna ha ottenuto il maggiore dissenso, come pure gli aspetti inerenti il decesso, la cura del paziente con apparecchio gessato, la predisposizione della distribuzione della terapia, la gestione di pazienti con alcune problematiche (es. pancreatico, sostituzione valvolare/bypass coronarico, e declino cognitivo con reazioni aggressive). Su alcuni aspetti di “non consenso”, sono state attivate delle discussioni ad hoc dal gruppo di lavoro.  L’assistenza notturna è l’area più nuova considerata, tuttavia, un’area rilevante per l’azione di “sorveglianza” agita dall’infermiere. Probabilmente il tirocinio degli studenti si realizza prevalentemente nelle fasce orarie diurne poiché più ricche di opportunità di apprendimento o perché si ritiene che durante la notte siano declinate le stesse competenze agite durante il giorno. Tuttavia, durante la notte alcuni pazienti hanno maggiore rischio (ad esempio quelli con problemi cardiovascolari) e gli infermieri devono saper prendere decisioni da soli; non da ultimo, di notte la decisione clinica è basata su dati e segnali diversi rispetto a quelli diurni es provenienti dal rumore del respiro, movimento del paziente durante il sonno.

Anche i 37 laboratori hanno ottenuto mediamente elevato consenso: come emerge dalla tabella 4, alcuni hanno tuttavia ottenuto un minor consenso probabilmente perché alcune skills non invasive (es. mettere delle calze antitrombo) sono insegnate ed acquisite al letto del paziente.

Elaborazione di una proposta di contenuti essenziali

Da questi risultati, dai suggerimenti e osservazioni emerse, è stata individuata una prima lista dei 111 “minimun core content” (Tabb. 3a e 3b) e una sintesi di 15 laboratori (Tab. 4).

Questo secondo set di contenuti è stato integrato con le competenze e learning outcome del progetto Tuning (Venturini et al., 2012) per facilitare la creazione dei programi di infermieristica e la visualizzazione di come questi possano contribuire allo sviluppo di competenze incluse nel Tuning.

Il Gruppo di Lavoro ha, inoltre, deciso di effettuare un successivo round di consenso che si è svolto nell’Assemblea della Commissione Nazionale il 12 settembre 2013 e nella quale sono state dibattute le scelte e apportati cambiamenti. Le raccomandazioni emerse, i contenuti minimi e il set di laboratori irrinunciabili sono stati approvati così come contenuti nel presente documento. L’assemblea inoltre propone di dare al documento ampia diffusione non solo ai CdL ma anche ai direttori dei servizi infermieristici affinché siano noti i contenuti della preparazione offerta agli studenti di infermieristica. L’assemblea, infine, si impegna a rivalutare la qualità dei contenuti del presente documento e i laboratori identificati con periodicità triennale.

Conclusioni

Raccomandazioni per lo sviluppo dei programmi di infermieristica

Nella progettazione e gestione in aula dei programmi di infermieristica si raccomanda di

– sviluppare un approccio ai programmi che consideri l’integrazione orizzontale e verticale sia con le altre infermieristiche sia con discipline cliniche e non cliniche al fine di ridurre le ridondanze e aumentare la preparazione degli studenti;

– individuare contenuti che esprimano gli effetti delle cure infermieristiche sui pazienti laddove possibile;

esplorare i seguenti focus:

• da pazienti ricoverati/in fase acuta verso un’assistenza mirata alla cronicità e alla comunità;

• un approccio che considera l’evoluzione e complessità dei problemi del paziente e della famiglia lungo un continnum del problema di salute rispetto al contesto;

• richiesta di interventi assistenziali efficaci, utili e vicini alla pratica – trasferibili;

• esigenza di ridurre sprechi e sviluppare una attenzione alle risorse, analizzando come si può dare una buona assistenza senza incrementare i costi («best care at lower cost» );

• gli effetti  sulla salute delle disuguaglianze e della“povertà”;

• la rapida crescita delle tecnologie dell’informazione sia nell’educazione sia nella modalità di erogare l’assistenza;

• richiesta di imprenditorialità come negoziare, cercare lavoro, scrivere un curriculum, per sviluppare nel neo-laureato abilità di ricercare ed ambientarsi nel mondo del lavoro;

– superare la convinzione che il programma deve affrontare e trasmettere tutti i contenuti infermieristici: la conoscenza è sempre più complessa ed evolve – si modifica rapidamente;

– ridurre in aula l’enfasi alle procedure infermieristiche (es. come medicare una lesione, come applicare un catetere vescicale,..) per valorizzarle nelle attività di laboratorio anche con uso di video autogestito dagli studenti;

– definire per ciascun programma le varie componenti della didattica: impegno di ore di lezione, di attività didattica guidata dal docente come lavoro di gruppo, esercitazione,  studio guidato  e attività di studio individuale;

– utilizzare metodologie didattiche che sviluppino capacità di valutare più piste d’azione, abilità di presa di decisione, problem-solving, ragionamento clinico e attenzione ai risultati dell’assistenza;

– offrire agli studenti libri di testo e non slides o fotocopie al fine di aiutarli a costruire una conoscenza solida su materiali stabili e sistematici;

– rivalutare i programmi di Infermieristica, la loro progettazione, gestione e le risorse a supporto almeno ogni due anni al fine di assicurarne aggiornamento, revisione, continuo adattamento ai cambiamenti delle priorità;

– fornire strumenti affinché i neo-laureati sviluppino capacità di auto-valutazione della obsolescenza o attualità delle proprie conoscenze, di ricerca e apprendimento continuo.

Nella versione online della rivista (www.presidenti-medicina.it) è riportato l’elenco completo dei contenuti core e un esempio di programma di infermieristica basato sul framework del Supplement Diploma.

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Proposta di “minimun core content” per costruire i programmi di insegnamento del Corso di Laurea in Infermieristica

I contenuti sono  correlati con le competenze del progetto Tuning

(legenda: X forte contributo * contributo indiretto)

COMPETENZE SPECIFICHE (TUNING)

DIMENSIONI E CONTENUTI ESSENZIALI

Associate ai valori professionali e al ruolo dell’infermiere

Associate alla pratica infermieristica e al processo decisionale clinico

Associate all’uso appropriato di interventi, attività e abilità infermieristiche finalizzate a fornire un’assistenza ottimale

Conoscenze e competenze cognitive

Comunicative e interpersonali incluse le tecnologie per la comunicazione

Leadership, management e gestione delle dinamiche di gruppo

Dimensione: Cure assistenziali primarie  e di sorveglianza            
Valutazione, misurazione  e gestione del dolore acuto e cronico, nella persona non comunicante o con deficit cognitivo, barriere linguistiche e culturali (straniero/incomprensione linguistica/altra cultura, afasia).

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Valutazione della funzione intestinale: prevenzione e  cure infermieristiche per la stipsi e diarrea acuta e  cronica (adulto – anziano, da farmaci..).

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Riposo-sonno e disturbi del sonno.

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Sorveglianza e responsabilità nell’assistenza notturna;  problemi che più facilmente si manifestano durante la notte e peculiarità dell’osservazione -raccolta dati durante la notte.

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La cura del corpo e cura di sé. Attività assistenziali di cura del corpo: la detersione e i principi guida; Attività e ausili di igiene e cura del corpo  al lavandino e  letto.  Igiene orale e dei denti/occhi.

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Valutazione dello stato nutrizionale e principi di una sana alimentazione e idratazione.

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Assistenza al pasto: identificazione e decisione di interventi per paziente con malnutrizione in eccesso e in difetto (obesità, cachessia).

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Valutazione e gestione  della disfagia/prevenzione e gestione ab-ingestis.

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Prevenzione e gestione delle infezioni del tratto urinario (es cistite) e infezioni catetere correlate.

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La nutrizione tramite Ne e PEG; modalità di gestione e prevenzione complicanze.

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Valutazione e gestione della ritenzione e incontinenza urinaria urinaria cronica e acuta.

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Valutazione della funzione respiratoria. Manifestazione e gestione delle principali alterazioni: dispnea acuta e cronica, ortopnea, respiri patologici, ipossia, stasi secrezioni, tosse, ostruzione/stasi bronchiale.

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Valutazione della mobilità e esercizio fisico. Valutazione e cure assistenziali  tollerenza/intolleranza all’esercizio fisico. Effetti della sedentarietà sulla salute . La gestione asssitenziale e uso di ausili nelle difficoltà motorie   Presidi e ausili per la deambulazione e posizionamento.

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Concetto di sindrome da immobilizzazione o sindrome ipocinetica: conseguenze psico-sociali (impatto su paziente/famiglia/care-giver) e fisiche dell’immobilità e interventi di prevenzione e trattamento contratture, TVP, ipotensione ortostatica, stasi polmonare, osteoporosi.

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Prevenzione e gestione delle lesioni cutanee da pressione: fattori di riscchio e pato meccanici, scale di valutazione del rischio, ausili e interventi preventivi, stadiazione della lesione e decisioni di trattamento.

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Valutazione, prevenzione e trattamento alla persona con disturbo della termoregolazione: iperpiressia, ipertermia e ipotermia.

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La misurazione e interpretazione dei segni vitali (coscienza,  Fc, PA, FR, pulsossimetria e TC): modalità e criteri per stabilire la  frequenza  di misurazione, fattori/interferenze che influenzano l’accuratezza del dato, valori di normalità e indicatori di instabilità o criticità.

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Il decesso e la cura del corpo/salma: sostegno dei familiari, la cura del corpo dopo il decesso, procedura di cura della salma  a domicilio e in strutture sanitarie.

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Dimensione: Sicurezza cure infermieristico gestire regimi terapeutici -assistenziali  e ambiente            
Precauzioni standard:  Igiene delle  mani, sistema barriera e dispositivi di protezione individuale. 

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Precauzioni aggiuntive per contatto, per la trasmissione per via aerea, droplet, e contatto: sistemi barriera e DPI, collocazione del paziente, educazione paziente e familiari.

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Corretto utilizzo dei dispositivi di protezione aggiuntiva: maschere FFP2-FFP3.- Igiene respiratoria/cough etiquette.

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Classificazione dei presidi in  critico, semicritico e non critico e loro trattamento (decontaminazione, detersione, disinfezione, sterilizzazione).

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Lo smaltimento delle diverse tipologie di  rifiuti, gestione della biancheria, principi e criteri di igiene ambientale.

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Principi ergonomici nel fornire assistenza   (dispositivi/presidi) e nella movimentazione dei pazienti. Prevenzione delle lombalgie.

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Fattori di rischio, prevenzione e gestione delle cadute.

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Caratteristiche e principi di sicurezza dell’intero processo della terapia: dalla fase di prescrizione alla fase di monitoraggio degli effetti attesi. I sistemi di distribuzione e conservazione dei farmaci.

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Praparazione e somministrazione sicura dei farmaci per via orale, parenterale, sangue:  uso delle  7 o 9 G,  gestione farmaci a basso indice terapeutico e ad alto livello di attenzione (LASA), fonti di informazione.

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Effettuare i calcoli di farmaci: calcolo dosaggio ( trasformazioni, diluizioni, mcg, mg, gr …)  e velocità  gtt /ml orario e tempi di infusione terapia infusionale.

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Terapia orale e alimenti: assunzione a stomaco pieno e vuoto e  gestione farmaci  nel  pre-postoperatorio ed durante esami diagnostici, interazioni tra farmaci e tra farmaci ed alimenti, frantumazione e polverizzazione dei farmaci.

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Decisione sulla distribuzione oraria giornaliera di un piano di trattamento considerando intervalli tra farmaci, relazione farmaco/pasto.

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Terapia s/c i/m e ipodermoclisi: tipologia e caratteritiche delle sedi; quantità,  farmaci e soluzioni infusionali più frequenti, prevenzione complicanze locali.  L’idratazione tramite ipodermoclisi.

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Terapia e/v e infusionale: criteri di scelta della via intravenosa,  tipologia e caratteritiche dei farmaci e soluzioni infusionali più frequenti, prevenzione e trattamento delle complicanze correlate alla terapia infusionale: sovraccarico, stravaso (accenno anche chemioterapici), flebite chimica e infettiva, infiltrazione, occlusione), scelta di dispositivi appropriati di controllo velocità infusionale.

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Gestione cateteri vascolari periferici, PICC e centrali.

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Farmacosorveglianza dei principali farmaci: diuretici come la furosemide, beta bloccanti, ACE inibitori, Levo- dopa, FANS, Oppiodi,  Antiaggregante (ASA), Anticoagulanti orali (acenocumarolo/warfarin), psico-farmaci.

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Soluzioni e modalità di somministrazione  per nutrizione parenterale periferica ed centrale (NPT) monitoraggio e prevenzione delle principali complicanze.

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Gestione assistenziale della persona con  nutrizione enterale tramite SNG o PEG: miscele nutritive, modalità e tempi di somministrazione, prevenzione complicanze, posizionamento.

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Principi della venipuntura e puntura arteriosa. Riconoscere valori ematici alterati: globuli bianchi e rossi, HCT, Hb, ematocrito,  valori del K, Na, INR, creatinina, clearence creatinina, piastrine, azotemia, Hb glicata, pH, pO2, pCO2.

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Preparazione ed assistenza post-esame strumentali/diagnostici alla persona colonscopia e broncoscopia o con mezzi di contrasto – ripresa della alimentazione dopo gastroscopia, , procedure invasive (toracentesi, paracentesi, rachicentesi, biopsie – es. epatica).

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Dimensione: La persona con problemi  cronici            
Le reazioni del paziente  e della famiglia alla malattia cronica ed alla sua cronicizzazione e le strategie di supporto.

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Modello di approccio alla cronicità.

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sotto dimensione:   problemi cardio – respiratori            
Assistere ed educare la persona con scompenso cardiaco cronico/stabilizzato per promuovere l’auto-cura:  monitoraggio dei sintomi e dei segni di instabilità, dieta-idratazione, attività fisica ed esercizio, assunzione  e vigilanza trattamento farmacologico, prevenzione instabilità. La gestione assistenziale (sorveglianza e cure assistenziali) dell’instabilità clinica e edema polmonare.

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Bilancio idrico, parametri del bilancio dei liquidi  standard e significato, disequilibrio dei liquidi, eccesso e difetto di volume e  maldistribuzione.

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La valutazione e gestione assistenziale del dolore toracico e IMA,  vigilanza e cure assistenziali della fase acuta e durante angioplastica o trattamento antitrombotico. Assistere ed educare la persona con Sindrome coronarica acuta – Angina, post-infartuato   per promuovere l’auto-cura:  monitoraggio dei sintomi e dei segni di instabilizzazione, dieta,  riabilitazione e  tolleranza esercizio, assunzione  e vigilanza trattamento farmacologico, prevenzione instabilità,   auto-controllo dei segni/sintomi e stile di vita.

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Educare il paziente in terapia con anticoagulanti orali.

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Assistere ed educare la persona con BPCO  stabilizzato per promuovere l’auto-cura:  monitoraggio dei sintomi e dei segni di instabilizzazione, dieta-idratazione,  tolleranza esercizio fisico e ginnastica respiratoria, assunzione  e vigilanza trattamento farmacologico (terapia inalatoria, puff) , prevenzione instabilità. La gestione assistenziale dell’insufficienza respiratoria acuta.

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Assistere ed educare la persona con ossigenoterpia a lungo termine  e supporto ventilatorio non invasivo a lungo termine,   Bi-PAP, C-PAP, nasal C-PAP.

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Assistere la persona con asma: indicatori di gravità e cure in fase di crisi, autogestione farmaci, riduzione allergeni (ambiente),  affrontare una situazione acuta, riconoscimento dei segni di riacutizzazione.

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sottodimensione: problemi oncoematologici            
La gestione dei sintomi della persona con malattia oncologica in corso di trattamento chemio-radioterapico e in fase avanzata e/o  fine vita: mucosite, radiodermite, alopecia, dispnea, fatigue, neutropenia e neutropenia febbrile, piastrinopenia, nausea e vomito, cachessia, anoressia, xerostomia, disgesua, astenia e fatica cronica e strategie di miglioramento della qualità di vita.

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La nutrizione nel paziente neoplastico e chemiotrattato e la valutazione/gestione della cachessia neoplastica.

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Reazioni e paure del morente e della famiglia e accompagnamento del paziente dei famigliari.

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L’accompagnamento di fine vita, i contetsi di presa in carico (cure palliative), e l’accompagnamento nella elaborazione del lutto.

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sottodimensione: problemi metabolici            
La gestione assistenziale ed educativa dell’ipoglicemia, iperglicemia, coma chetoacidosico.

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La prevenzione e il trattamento  del piede diabetico e delle ulcere croniche.

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Educare la persona all’autocontrollo e all’autogestione dei regimi terapeutici per la cura del diabete attività fisica, dieta, terapia insulinica e ipoglicemizzante orale.

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sottodimensione: problemi gastro-intestinali            
Assistere la persona affetta cirrosi epatica  alterazione della coscienza da  encefalopatia, ascite, contenuti educativi rispetto a dieta, auto-controllo dei segni/sintomi.

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Sorveglianza e gestione del sanguinamento delle vie digestive e monitoraggio, ripresa  alimentazione  post-trattamento endoscopico.

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Assistenza ed educazione alla persona con pancreatite.

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sottodimensione: problemi neurologici            
Valutazione , misurazione e gestione del deficit di memoria, di linguaggio, di percezione, stato confusionale e delirium e agitazione, comportamento aggressivo.

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Reazioni aggressive  della persona con declino cognitivo da bisogno non soddisfatto e durante le cure assistenziali.

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Valutazione, prevenzione e gestione dello stato confusionale o delirium nell’anziano, post-operatorio o di origine metabolica.

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Aspetti  assistenziali ed educativi ad una persona affetta da ictus: sorveglianza delle prime 24 ore e fase postacuta , esiti  aspetti riabilitativi della persona con emiplegia.

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Peculiarità assistenziali della persona affetta da Parkinson e demenza.

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dimensione: Problematiche assistenziali della persona sottoposta ad  intervento chirurgico            
Lo stress chirurgico e conseguenze sul decorso chirurgico.

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Le incisioni chirurgiche: strutture anatomiche coinvolte, definizioni e denominazione, motivo della scelta del sito di incisione, il  processo fisiologico di guarigione della ferita chirurgica.

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Informazione pre-operatoria ed effetti sui sintomi e decorso peri-operatorio..

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Valutazione clinica preoperatoria del rischio chirurgico e infettivo.

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Preparazione infermieristica all’intervento chirurgico: cute, igiene cavo orale, preparazione intestinale, alimentazione; principali interventi per prevenire le complicanze tromboemboliche, profilassi antibiotica e rischio “infettivo” chirurgico. Strategie per assicurare attenzioni allo spazio e all’intimità del paziente.

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Sorveglianza postoperatoria: monitoraggio, controllo ferita e drenaggi, ipotermia, complicanze da posizionamento in sala, , ipotensione, ritenzione urinaria, dolore, nausea e vomito,Gestione dei fluidi e/v e per os nel postoperatorio

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Interventi educativo-assistenziali finalizzati a facilitare il recupero della mobilità  post-operatoria, ripresa peristalsi-ileus (fisiologico e patologico), ripresa rialimentazione,  ridurre la fatica e convalescenza postoperatoria.

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Bisogno educativo-informativi della persona sottoposta ad intervento chirurgico in regime di ricovero o day surgery: alimentazione,ferita e medicazione, doccia, ,rimozione dei punti, controlli post-operatori, convalescenza e fatigue, ripresa del attività lavorativa

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Approccio assistenziale educativo e riabilitativo al paziente sottoposto ad intervento di sostituzione valvolare e by pass aorto-coronarico.

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Peculiarità assistenziali ed educative nei  pazienti affetti dai principali problemi chirurgici: intervento sul colon, mastectomia,  gastrectomia, lobectomia/pneumectomia,  esofago, pancreas.

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Effetti sul paziente, sull’assistenza e sui suoi bisogni educativi alla dimissione di modelli organizzativi chirurgici (day e week surgery), approcci chirurgici mini-invasivi (laparoscopica e con uso di tecnologia robotica) e della metodologia  fast-track surgery.

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Peculiarità assistenziali e riabilitative del persona sottoposta ad intervento di protesi d’anca e con frattura di femore.

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Assistere ed educare la persona con arto immobilizzato da apparecchio gessato.

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Gestione e educazione paziente con stomia (colon/urostomia).

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Problematiche assistenziali in situazione di criticità            
Triage: principi, criteri e codici per definire le priorità in emergenza e valutazione primaria e secondaria del paziente in emergenza.

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Indicatori di instabilità -recupero stabilità del paziente critico o instabile (vari contesti assistenziali).

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La vigilanza e il monitoraggio non cruento del paziente con instabilità neurologica e cardio-respiratoria: monitoraggio gestione  respiratoria (NIMV e invasiva), sorveglianza e risposta ai trattamenti e/v   complessi  (amine, sorveglianza effetti attesi , controllo effetti indesiderati, interazioni), valutazione della funzione neurologica.

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Approccio nutrizionale al paziente critico/instabile.

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Assistenza al paziente con tracheostomia: cura stoma e tecniche di comunicazione.

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Bisogni della famiglia e  principi di caring (intimità e nudità, tocco, …),adattamento del paziente; gestione del ricordo (gravità della situazione clinica  e/o permanenza in terapia intensiva)

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Modificazioni emodinamiche legate agli interventi di cura e di assistenza ( durante il posizionamento, cura del corpo,..).

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Approccio al paziente poli-traumatizzato e triage:  ABCDE  con particolare attenzione alla gestione vie aeree, immobilizzazione e trasporto.

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Arresto cardio – circolatorio e BLD.

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Situazioni di primo intervento: paziente  ustionato,  annegato, puntura di vipera o insetti, frattura esposta, sincope, crisi convulsiva indipendentemente dalla causa,  ferite e le manovre di  tamponamento dell’emorragia esterna.

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Modalità di attivazione di un sistema di soccorso extra – intraospedaliero e catena della sopravvivenza.

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Dimensione: Metodologie assistenziali, educative, relazionali , EBP e organizzative            
Il metodo clinico: rilevanza e tappe.

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La comunicazione e il processo comunicativo, forme di comunicazione verbale, paraverbale, non verbale.

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I principi di una buona relazione assistenziale: accettazione incondizionata, congruenza, empatia e giusta distanza.

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La relazione di cura: stili e tecniche che facilitano il colloquio, che sviluppano la fiducia del paziente; utilizzo dell’agenda del paziente.

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La relazione professionale ed interprofessionale tra pari, relazioni di potere all’interno del team.

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Informare, educare e istruire il paziente e la famiglia: effetto terapeutico dell’educazione sulla  motivazione e capacità di apprendimento, autoefficacia. Destinatari degli interventi educativi.

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Le fasi per progettare un intervento educativo strutturato per il paziente e famiglia/caregiver.

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Leggere e comprendere gli articoli scientifici  di interesse infermieristico relativi a studi primari e secondari.

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Caratteristiche delle Linee Guida, sistema Grade e trasferimento delle raccomadazioni nella pratica assistenziale.

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Tappe e abilità richieste per una pratica basata sulle evidenze.

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Dimensione: Organizzazione dell’assistenza e continuità            
Criteri di organizzazione  delle cure infermieristiche: priorità assistenziali, modalità di classificazione dei pazienti, gestione del tempo e il turno.

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Modelli assistenziali di erogazione delle cure infermieristiche in contesti ospedalieri e di comunità/distrettuali.

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Criteri e modalità per attribuire attività assistenziali e supervisionare  gli operatori di  supporto.

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La documentazione delle cure assistenziali standard e criteri della documentazione

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Trasmissione delle informazioni per garantire continuità e trasferire la responsabilità dei pazienti: standard di una buona consegna, modalità di trasmissione.

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La qualità dell’assistenza infermieristica: indicatori di qualità e standard.

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Servizi che garantiscono la continuità assistenziale: cure intermedie, RSA, Assistenza domiciliari integrata.

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Gestione dell’assistenza infermieristica domiciliare nel rapporto con la famiglia: valutazione delle risorse famigliari e scelta del care-giver di riferimento.

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Dimissione pianificata: criteri e strumenti per la valutazione dei pazienti che hanno bisogno di una dimissione pianificata; processo e fasi della dimissione pianificata, criteri di eleggibilità della famiglia.

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Responsabilità  professionali – deontologiche – etiche            
Confidenzialità e privacy, segreto professionale e d’ufficio,  contenzione, uso del placebo, gestione dell’errore/malpractice, privacy e segreto professionale e d’ufficio, informazione e consenso alle cure.

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Caring infermieristico e i principi di caring: presenza, dare comfort, vigilanza, intimità e tocco,  favorire l’autodeterminazione, sostenere l’autocura, rispettare le diversità culturali.

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La salute e i fattori determinanti della salute e la malattia e impatto sulla persona/famiglia, le reazioni della famiglia alla malattia.

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La professione e le funzioni dell’infermiere in Italia, sbocchi professionali.

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Codice deontologico e principi etici della professione e di responsabilità professionale (amministrativa, civile, deontologica e penale).

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Proposta di abilità da apprendere nei  laboratori di infermieristica 

Legenda: X forte contributo;  * contributo indiretto

COMPETENZE SPECIFICHE (TUNING)

ABILITA’  OPERATIVE

Associate ai valori professionali e al ruolo dell’infermiere

Associate alla pratica infermieristica e al processo decisionale clinico

Associate all’uso appropriato di interventi, attività e abilità infermieristiche finalizzate a fornire un’assistenza ottimale

Conoscenze e competenze cognitive

Comunicative e interpersonali incluse le tecnologie per la comunicazione

Leadership, management e gestione delle dinamiche di gruppo

Effettuare l’esame obiettivo, rilevare segni vitali (FC perif e centrale), PA, FR, TC e pulsossimetria) e condurre un intervista.

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Le prese e tecniche di posizionamento , tocco, – deambulazione – trasferimento della persona e uso di ausili a supporto delle ADL e deambulazione ( deambulatore, bastone, tripode) o trasferimento (sollevatore, roller,..).

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La gestione dell’ossigenoterapia/aerosolterapia.

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Gestione del drenaggio toracico.

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Medicazione di una lesione:  vascolare cronica e/o da decubito.

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Tecniche di primo soccorso: BLSd,  tamponamento ferita, posizione sicurezza, manivra di Heimlich, immobilizzazione con o senza presidi, estricazione e rimozione casco.

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Prelievo venoso, capillare, arterioso e inserzione ago-cannula.

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Somministrazione di farmaci per via iniettiva: diluizione e aspirazione, riconoscimento sedi e  tecnica iniettiva per via intramuscolare, sottocutanea (penne), intradermica.

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Predisposizione di una soluzione infusionale  ed utilizzo set a caduta, pompe volumetriche e pompe siringa.

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Tecniche e modalità educative applicate all’ auto- gestione di un trattamento cronico farmacologico, gestione della stomia.

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Esecuzione, analisi della refertabilità e prima interpretazione di un ECG.

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Aspirazione orofaringea e tracheobronchiale.

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Tecniche di comunicazione e di relazione.

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Cura del corpo parziale e totale, igiene del cavo orale in situazioni complesse (stomatite, paziente in coma).

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Lavaggio mani (con sapone detergente, con sapone antibatterico, frizione alcoolica) e preparazione di un campo sterile e indossare guanti sterili e DPI

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Esempio di un programma secondo la struttura del supplement diploma 

INSEGNAMENTO  “INFERMIERISTICA CLINICA IN AREA MEDICA” 2° ANNO – SEMESTRE XXX

L’insegnamento si focalizza sull’assistenza ai pazienti con problemi medici cronici in fase di stabilità e instabilità (scompenso cardiaco, IMA e angina, BPCO e Asma).   L’approccio considera  i contenuti  e modalità  assistenziali per attivare specifici comportamenti  di autocura considerando che la maggior parte dei pazienti con malattia cronica vivono a domicilio e il tempo di ospedalizzazione è molto breve. I problemi del paziente saranno affrontati considerando la loro evoluzione, la valutazione del paziente ragionata e  la scelta di interventi assistenziali basati sulle evidenze , appropriatezza e bisogni del paziente. L’instabilità/riacutizzazione sarà affrontata con un protocollo assistenziale. Saranno considerati l’impatto e vissuto  della malattia sulla vita del paziente  e sulla famiglia ed esplorati gli aspetti di riabilitazione e palliativi rispetto ai sintomi nello stadio avanzato (es dispnea). Questo Insegnamento si costruisce sulle conoscenze del 1° anno di infermieristica (valutazione del respiro, significato e segni/sintomi dell’ipossia, dispnea, principi di O2terapia; principi di nursing, vigilanza), di  fisiologia, fisiopatologia e patologia generale. I  contenuti sono collegati ai due moduli successivi  di educazione terapeutica e infermieristica della comunità per il  trend di dimissione precoce e necessità di supporto al momento della dimissione._______________________________________Modulo: MEDICINA INTERNA MED/09  2 cfu – XX ore

Fattori di rischio, trattamento e complicanze precoci e tardive dell’Ipertensione arteriosa

Scompenso cardiaco cronico: segni e sintomi, quadri clinici ed evoluzione, trattamento farmacologico, chirurgico, dietetico e attività fisica. Complicanze e fattori di gravità e prognostici

Anemie, linfomi e leucemie

Malattie Reumatologiche:principali quadri e sintomatologia Principi di trattamento

malattie emorragiche

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Modulo: MALATTIE CARDIOVASCOLARI  MED/11   1 cfu – XX ore

Fattori di rischio di malattia cardiovasc.: dislipidemia,…

Cardiopatia ischemica: Angina e IMA

Cardiologia interventistica per la sindrome coronarica acuta

I farmaci più utilizzati in cardiologia: antiaggraganti, ACO Bbloccante, antianginosi trombolitici, lidocaina digitale

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Modulo: PNEUMOLOGIA  MED/10   1 cfu – XX ore

BPCO  (bronchite cronica e enfisema): prevenzione, sintomatologia e indici di gravità, gestione riacutizzazioni e

riabilitazione respiratoria

Ossigeno terapia a lungo termine (OTLT) e supporto ventilatorio non invasivo 

Asma acuta

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Modulo: INFERMIERISTICA CLINICA MEDICA   MED/45   2 cfu – XX ore

Assistenza notturna e il rumore: peculiarità nella valutazione e osservazione dei pazienti durante a notte, la sorveglianza,  problemi che più facilmente si manifestano durante la notte.

La gestione assistenziale dei principali problemi collegati ai problemi o aree di vigilanze collegati a problemi cardiovascolari (cardiopatia ischemica e scompenso cardiaco) e respiratori (BPCO):

Contenuti  autocura: riconoscimento instabilità, dieta, controllo peso, assunzione dei farmaci, attività fisica e interventi per ridurre affaticamento e non tolleranza all’attività fisica

Ipossia acuta e cronica

Dispnea acuta e cronica e ostruzione/stasi bronchiale (la gestione della dispnea cronica e terminale sarà affrontata in  infermieristica della cronicità  e  cure palliative )

Riposo a letto come prescrizione terapeutica

Disequilibrio dei liquidi e indicatori

Assistere ed addestrare la persona con OTLT  a lungo termine

parametri del bilancio idrico  standard e significato rispetto alle diverse situazioni cliniche

La gestione assistenziale (sorveglianza e cure assistenziali) dell’instabilità clinica

Valutazione e primo approccio al dolore toracico

Casi e situazioni assistenziali “assistenziali ed educativi” su persona affetta scompenso cardiaco, angina e infarto,  da BPCO e asma

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ESITI DI APPRENDIMENTO (LEARNING OUTCOME) DELL’INSEGNAMENTO

L’insegnamento contribuisce ai seguenti esiti di apprendimento:

–           Accertare e gestire l’assistenza infermieristica nei pazienti con problemi cronici e di disabilità

–           Partecipare e collaborare nella gestione dei percorsi diagnostico-terapeutici

–           Vigilare e monitorare la situazione clinica e psico-sociale dei pazienti identificando precocemente i segni di aggravamento

–           Attivare processi decisionali sulla base  delle condizioni del paziente

–           Sostenere l’apprendimento del paziente all’autogestione dei problemi di salute

METODI DI INSEGNAMENTO

Saranno utilizzate lezioni con modalità interattiva: gli studenti saranno incoraggiati attivamente ad integrare la teoria con le precedenti esperienze pratiche e/o integrare –collegare le nuove conoscenze con quelle affrontate in altri moduli.

Saranno utilizzati letture  di testimonianze per analizzare  e riflettere sulle percezioni e bisogni dei  pazienti e famigliari. Il corso prevederà   scenari clinici con la finalità di integrare conoscenze interdisciplinari e applicare modalità di  problem solving e percorsi decisionali.

METODI DI VALUTAZIONE

(…)

Bibliografia

1) Dimonte V., Saiani L. Redefinition of professional roles, and if we were to re-start from the patients? [Ridefinizione dei ruoli professionali: E se provassimo a ri-partire dai pazienti?]  (2012) Assistenza Infermieristica e Ricerca, 31 (2), pp. 58-62.

2) Venturini G., Pulimeno AML., Colasanti  D., Barberi S., Sferrazza S., De Marinis MG. Validazione linguistico-culturale della versione italiana del questionario sulle competenze infermieristiche del progetto Tuning Educational Structures in Europe L’Infermiere 3, 2012.

Palese A., Dalponte A., Dalle competenze esito al Piano di studi del CL in Infermieristica. Una proposta orientata ai learnig outcomes, Quaderni delle Conferenze Permanenti delle Facoltà di Medicina e Chirurgia, 2008;42: 1798-1808

Cita questo articolo

Brugnolli A., Marognolli O., Palese E., Dimonte V., Documento di indirizzo per la definizione dei programmi di insegnamento di Infermieristica,  Medicina e Chirurgia, 62: 2805-2810, 2014. DOI:  10.4487/medchir2014-62-5

Verso una Laurea professionalizzante. 1° Acquisizione delle competenze professionalin.62, 2014, pp.2797-2804, DOI: 10.4487/medchir2014-62-4

Abstract

At present, becoming a practitioner in Italy implies taking a graduation in ‘Medicine and Surgery’ in one of the Italian Universities and passing a state qualifying examination, managed by the Ministry of Health. In order to avoid duplications and to shorten the long training period spent by future doctors, the National Conference of Undergraduate Curricula Presidents has proposed to the Ministries of Education and of Health to unify the procedures and create a qualifying medical degree.

Such a new examination will necessarily imply the check of practical abilities and this stresses the importance of teaching both practical skills and professional competencies.

In this setting, the Educational Innovation Committee of the National Conference organized a workshop, open to all the Undergraduate Curricula Presidents, on the topic of teaching professional competencies in the undergraduate curricula. The workshop was held in Milan (State University) on the 21st February 2014. 

The workshop was subdivided into four contemporary working groups. Each class was lead by an expert in medical education, introduced by a demonstration by a medical student, and guided by a chairperson, and worked separately on a different topic. At the end of the team work, a plenary debriefing allowed all participants to share the conclusions of the different groups. The topics addressed in the single groups were: 1: the skill lab; 2: the simulated patient; 3: the technology-enhanced learning, and 4: the peer-clinical examination.

Articolo

 

Introduzione

Questo articolo riferisce i tratti essenziali dell’atelier pedagogico dal titolo Verso una Laurea professionalizzante: Acquisizione delle Competenze Professionali. L’evento è stato organizzato dal Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica per conto della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale (CPPCLM) in Medicina, e si è svolto a Milano Ca’ Granda il 21 Febbraio 2014.

Scopo di questo atelier era di fare il punto sulle modalità di insegnamento delle attività formative professionalizzanti (AFP) nel Corso di Laurea Magistrale (CLM) in Medicina, soprattutto in vista dell’esame di laurea abilitante che la CPPCLM sta proponendo di attuare.

Quando si parla di acquisizione di competenze professionali occorre distinguere tra:

– abilità operative e relazionali (le practical skills della letteratura anglosassone), quali saper misurare la pressione arteriosa o saper comunicare una notizia al paziente, e

– competenze professionali vere e proprie, quali saper fare una diagnosi, somministrare una terapia o impostare una procedura

Le competenze professionali sono, in realtà, competenze metacognitive, in quanto implicano l’acquisizione di conoscenze e di abilità. Per impostare la terapia dell’ipertensione, il medico deve intanto conoscere le basi molecolari e fisio-patologiche di questa condizione morbosa (competenza conoscitiva), e poi essere in grado di misurare la pressione arteriosa del paziente (competenza operativa).

In passato, l’insegnamento della Medicina era concentrato sulla trasmissione di conoscenze e solo in piccola parte sull’insegnamento a letto del malato. Oggi la formazione alla professionalità impone un insegnamento molto più pratico e ciò richiede un crescente utilizzo di tecniche di simulazione (Simulation-Based Medical Education, SBME).

L’espansione della SBME si spiega con motivazioni che sono comuni a tutto il Mondo occidentale e con altre che sono specifiche del nostro Paese.

Nel mondo i principali motivi che hanno condotto alla diffusione della SBME1 sono:

– l’etica del Paziente: c’è una crescente consapevolezza del diritto del malato alla privacy e a essere protetto dai rischi che possono derivare dall’intervento dello studente;

– la Medicina difensiva: la simulazione è utile per accrescere la competenza dei professionisti della salute e per ridurre il tasso di errori;

– le esigenze di Sanità pubblica: la necessità di ridurre i costi della sanità impone ricoveri sempre più brevi, riducendo la possibilità che gli studenti possano avere accesso ai pazienti;

– l’adesione al Core Curriculum: gli studenti devono affrontare un ampio numero di malattie, setting clinici e situazioni realistiche di problem-solving e decision-making, che non possono essere presentate dai pazienti di volta in volta ricoverati in reparto;

– la necessità di strumenti per una valutazione pertinente ed obiettiva: tutti gli sforzi profusi nell’insegnamento professionalizzante sono vanificati da una valutazione solo teorica, e la valutazione dell’acquisizione delle competenze professionali richiede lo sviluppo di nuovi strumenti;

– la pressione da parte dell’Industria della Simulazione: inevitabilmente, la necessità di strumenti di simulazione sempre più sofisticati alimenta il mercato, ma per il CLM in Medicina non servono le costosissime “high-tech simulation modalities”, necessarie per alcune forme di addestramento infermieristico o medico-specialistico, ma bastano le economiche “low-tech simulation modalities” (una coscia di pollo è efficace per imparare a fare una sutura come un manichino sofisticato).

In Italia vi sono poi condizioni peculiari, che riflettono la realtà sociale del nostro Paese:

– il portato degli anni ’60 e ‘70: in quegli anni frotte di baby-boomers hanno studiato Medicina portando il rapporto medici/popolazione Italiana ad essere uno dei più alti d’Europa, con la conseguente introduzione del numero chiuso. Questo, oltre a calmierare il numero di laureati, ha permesso – insieme alla frequenza obbligatoria – di passare da una didattica teorica, frontale, ad un insegnamento professionalizzante, a piccoli gruppi, divenuto sostenibile grazie alla riduzione degli iscritti;

– il cambiamento odierno: i baby-boomers stanno andando in pensione e, per ragioni economiche, questi non vengono rimpiazzati; di contro, dopo decenni di numero chiuso (e non di numero programmato), il numero di medici in Italia sta per divenire insufficiente. Di conseguenza, il rapporto docenti/studenti sta diminuendo rapidamente e ciò mette a repentaglio le prospettive reali della didattica a piccoli gruppi. In questo scenario, almeno la low-tech SBME – consentendo agli studenti di migliorare e valutare le proprie abilità operative con un minimo supporto tutoriale – può essere di grande utilità.

L’atelier ha affrontato la tematica dell’acquisizione delle competenze professionali toccando, in altrettanti laboratori, quattro tematiche fondamentali:

– lo skill lab

– il paziente simulato

– l’e-learning

– l’esame obiettivo tra pari

Ogni Laboratorio è stato animato da un esperto (con specifica esperienza sul tema), uno o più dimostratori (studenti del SISM e un’attrice) e da un facilitatore (un Presidente di CLM e il Presidente della SIPeM).

A tutti i laboratori è stato dato il medesimo mandato: “il Gruppo formuli una proposta di acquisizione di competenze professionali, mediante la modalità di insegnamento-apprendimento illustrata nel laboratorio, che sia proponibile e fattibile nei CL italiani in vista dell’esame di laurea abilitante”

Laboratorio No. 1

Tema: Lo skill lab

Esperto: Riccardo Lubrano (Roma Sapienza “C”)

Dimostratori: Stefano Guicciardi (SISM Modena) e Marco Nicolazzi (SISM Piemonte Orientale)

Facilitatore: Giuseppe Familiari (Roma Sapienza “S. Andrea”)

Contenuti del Laboratorio

In medicina con la dizione “skill” si intende una serie di manovre finalizzate a permettere l’esecuzione di un atto medico o chirurgico secondo linee guida internazionali. L’introduzione delle skill nel core curriculum del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia pone delle difficoltà organizzative ma al contempo è un’occasione importante per apportare delle innovazioni al modo di fare didattica e all’incisività del piano formativo. Il processo per renderle fruibili dovrebbe articolarsi attraverso tre fasi preparatorie tra loro interdipendenti: la progettazione della skill, la tecnica di insegnamento e quella di valutazione.

Progettare la skill significa disegnare l’esecuzione dell’atto, secondo quanto riconosciuto come appropriato dalla letteratura scientifica. L’obiettivo da raggiungere sarà quello di preparare una nozione tecnica in un formato facilmente distribuibile agli studenti i cui contenuti non devono poter essere alterati affinché tutti ricevano nello stesso modo la stessa informazione. Questo concetto di diffusione e condivisione del sapere, necessariamente si rifletterà sulla modalità di insegnamento che non potrà più essere affidata all’estrosità del singolo, ma dovrà essere codificata e standardizzata. Processo questo che trasformerà l’insegnante in un facilitatore dell’apprendimento e sarà il garante dell’uniformità della distribuzione del saper fare. End-point di questa successione di eventi, sarà una prova di verifica del processo di formazione in cui il facilitatore valuterà l’esecuzione dell’intervento educativo con le stesse caratteristiche di analisi per ogni soggetto esaminato. Ovviamente il denominatore comune di queste tre fasi sarà l’uniformità, che potrà essere realizzata solo rendendo ovunque uguali questi momenti.

La diffusione uniforme dell’informazione potrebbe richiedere la creazione di una collana di e-book,  e/o DVD, o di un sito web a cui possano accedere liberamente tutti gli studenti. Così, nella successiva fase pratica dell’apprendimento il facilitatore potrà più semplicemente operare su una popolazione che ha ricevuto la stessa formazione teorica e, ove possibile, sfruttare la tecnica di insegnamento “pratica mentre guardi”. Da qui la necessità di realizzare un irrinunciabile programma di formazione dei formatori per avere una metodica di “insegnamento standard” più adatta al moderno ruolo del facilitatore. Chi vorrà “insegnare” l’abilità dovrà mostrare di saper utilizzare il processo standard di formazione proposto per il singolo atto. Ovviamente la formazione del formatore a sua volta comprenderà per ogni skill l’apprendimento dello schema standard del processo di valutazione che lo studente dovrà superare per acquisire l’abilitazione alla sua esecuzione.

Affinché la skill non perda la sua capacità formativa, e determini l’ottimizzazione del saper fare, questa andrà integrata nelle scienze di base e nelle scienze cliniche del nostro curriculum e in processi di apprendimento via via più complessi come il basic life support, gli scenari ed i megacode, ne quali gli studenti saranno chiamati a risolvere situazioni cliniche di progressiva complessità. Si potrà così costruire una scala progressiva di apprendimento pratico dal I al VI anno di corso.

Molti saranno portati a pensare che tutto questo significherà costi elevatissimi per i corsi di laurea, ma in realtà la simulazione della skill può e deve essere realizzata a basso costo. Infatti a stabilire l’efficacia del processo formativo non sarà il manichino a bassa od ad alta fedeltà ma la capacità didattica del facilitatore, opportunamente integrata in un processo standard di formazione e valutazione. Per permettere a tutti i Corsi di Laurea di iniziare ad organizzare in modo uniforme ed efficace questa didattica, si potrebbe sviluppare un modello progressivo, in cui le nuove skill potranno essere inserite man mano che le precedenti raggiungeranno  la piena efficienza nella formazione.

In conclusione la realizzazione di un programma comune di preparazione, insegnamento e valutazione delle skill significherà dare alla nostra didattica un ruolo più definito, permettendo di dare l’avvio ad un interessante processo di omogenizzazione e integrazione tra i Corsi di Laurea in Medicina delle facoltà italiane.

L’elaborazione del mandato

A conclusione della relazione iniziale, gli studenti del SISM hanno reso una eccellente dimostrazione di insegnamento e di valutazione dell’apprendimento, con l’uso del manichino per basic life support (BLS), avente per oggetto la corretta esecuzione delle manovre di BLS. A conclusione della dimostrazione, in cui sono stati messi chiaramente in evidenza i concetti espressi nella relazione dell’esperto, si è avviata una interessante discussione sul mandato ricevuto dal gruppo di lavoro.

Al termine del dibattito sono state formulate le proposte sotto descritte, che sono messe all’attenzione dei Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia.

A) Le abilità: core curriculum condiviso e per complessità crescenti

– Assoluta necessità di definire un core curriculum di attività pratiche da eseguire con uso di skill lab, che sia condiviso a livello nazionale;

– debbono essere previste modalità condivise di erogazione corretta agli studenti;

– deve essere fatto riferimento ai diversi gradi di complessità, dallo skill al megacode alla simulazione, da posizionare in progressione verticale all’interno del corso in anni diversi dal primo al sesto;

– è preferibile utilizzare un numero limitato di abilità, ma che siano standardizzate, essenziali e erogate sistematicamente a tutti gli studenti iscritti.

B) Preparazione all’insegnamento ed alla valutazione in forma standardizzata

– Vi deve essere la responsabilità di un docente coordinatore che sappia dare le basi standardizzate della formazione, in questo setting particolare, ai facilitatori che opereranno a diretto contatto con gli studenti;

– il gruppo di lavoro ha sottolineato l’importanza che il facilitatore debba essere adeguatamente preparato e sappia gestire un rapporto di comunicazione corretto con gli studenti con cui dovrà interagire;

– il processo di formazione non può prescindere dalla valutazione di quanto appreso dallo studente, che sia correttamente standardizzata ed effettuata attraverso l’uso corretto di griglie condivise per la misurazione delle abilità apprese dagli studenti.

C) Integrazione verticale delle abilità nel corso di studi

– Il gruppo di lavoro ha ribadito l’importanza dell’integrazione delle scienze di base con le scienze cliniche, soprattutto nella fase precoce del percorso di studio;

– l’integrazione nei sei anni di corso deve essere inoltre organizzata per complessità crescente delle manualità da apprendere attraverso l’uso dello skill lab (BLS, scenario, megacode);

– sarebbe inoltre auspicabile un accordo nazionale sulla distribuzione delle abilità negli anni di corso, necessario a garantire trasferimenti corretti e preparazione omogenea, almeno per quelli definiti come irrinunciabili.

D) Ipotesi di risorse e costi riferibili ad un corso con 80 studenti per BLS/ALS

– Necessità della presenza di almeno 6 formatori per BLS e ALS;

– uso di manichini a basso costo (n. 4 family pack per BLS) da utilizzare per tutti gli studenti dal primo anno di corso (turnazioni con gruppi di 12 studenti);

– uso di manichini a costo maggiore (n. 2 per ALS) per scenari più comuni di intervento negli anni successivi (turnazioni con gruppi di 12 studenti);

– i simulatori sono utili soprattutto nell’area dell’emergenza, ma sono caratterizzati dall’altissimo costo.

E’ ipotizzabile un investimento iniziale di circa 15.000 euro.

Laboratorio No. 2

Tema: Il Paziente Simulato

Esperto: Egidio A. Moja (Milano Statale)

Dimostratori: Felice Sperandeo (SISM Roma Sapienza “D”) e Giulia Casoli (Milano, attrice)

Facilitatore: Fabrizio Consorti (Roma Sapienza “C” – SIPeM)

Contenuti del Laboratorio

Un paziente simulato o standardizzato – chiariremo in seguito alcune differenze tra questi due termini – può essere definito come una persona che:

1) ha avuto un training per interpretare un paziente (la sua storia, i suoi sintomi) in un modo realistico,

2) utilizza tale competenza in corsi pre- o post-laurea di educazione medica.

Pazienti simulati e standardizzati vengono con crescente frequenza utilizzati nei percorsi formativi in medicina. In queste note, dopo una breve precisazione terminologica, accenneremo alle ragioni di questo sempre più largo utilizzo e descriveremo la nostra esperienza di giochi di ruolo con pazienti simulati all’interno del Corso di Laurea in Medicina (Polo San Paolo) di Milano.

Terminologia

Molti autori usano in modo intercambiabile i termini simulato e standardizzato; altri sottolineano che la principale caratteristica del primo termine rimanda alla capacità di simulare, il secondo alla capacità di simulare ed alla stabile coerenza dei dati forniti. Un esempio: portando una storia di alcolismo un paziente simulato sarà tenuto a fornire una serie di dati appresi sulla sua dipendenza e sui suoi sintomi ma avrà una certa libertà nel descrivere altri dati personali, famigliari o sociali; in una situazione standardizzata anche questi dati verranno con ogni cura predefiniti e appresi dal paziente attore.

Sia i pazienti simulati che i pazienti standardizzati possono naturalmente essere utilizzati per l’insegnamento e la valutazione di abilità nel campo della comunicazione e dell’esame obiettivo fisico. I pazienti-attori – sia simulati che standardizzati – sono però persone sane che possono mimare un sintomo ma non averne l’obiettività. A questa “mancanza” pone un parziale rimedio quello che va sotto il nome di simulazione ibrida. Nella simulazione ibrida ai pazienti-attori si aggiungono dispositivi tecnologici che forniscono le componenti fisiche che i pazienti-attori non possono avere. Ad esempio, in una situazione di simulazione ibrida lo studente appoggia lo stetoscopio al torace dell’attore e una fonte remota trasmette i suoni di una predeterminata patologia.

Le ragioni di un utilizzo sempre più frequente

Tradizionalmente il contatto con il paziente (raccogliere la sua storia, visitarlo…) rappresenta il momento fondamentale e irrinunciabile nella formazione dei futuri medici. Perché, allora, introdurre (anche) pazienti-attori nel loro curriculum?

Si possono elencare una serie di condivisibili ragioni. Una prima serie di ragioni nasce dai percorsi di cura contemporanei che vedono una progressiva contrazione dei posti-letto ospedalieri e dei tempi di degenza ed una maggiore attenzione alla medicina territoriale: tutto questo determina una riduzione del numero dei pazienti che gli studenti possono incontrare nel loro percorso formativo. Una seconda serie di ragioni nasce dalla crescente riluttanza da parte di molti pazienti a collaborare con le esigenze educative di Ospedali universitari. Una terza nasce dall’attuale maggiore attenzione a evitare ai pazienti ogni manovra o passaggio non strettamente necessari.

Si può osservare che le ragioni finora citate sono, come dire, in negativo: siamo costretti ad utilizzare (anche) pazienti-attori. Ve ne sono però molteplici in positivo. Sul piano comunicativo ci sono aree drammatiche o delicate – ad esempio, dare cattive notizie o raccogliere dati in ambito sessuale – in cui esercitarsi in un ambito protetto prima di incontrare pazienti reali appare doveroso addirittura da un punto di vista etico. Sul piano delle storie cliniche i pazienti-attori possono essere formati ad interpretare i casi più disparati fornendo agli studenti una varietà di esperienze che può superare quella dei pazienti ricoverati. Sul piano pratico i pazienti-attori possono imparare ad adeguare la difficoltà del caso al livello di esperienza dello studente; possono replicare più e più volte il medesimo caso favorendo un progressivo apprendimento da parte dei discenti; possono, al termine della consultazione, discuterne punti di forza e punti di debolezza. Un ultimo, certo non trascurabile, vantaggio dei pazienti simulati risiede nel loro utilizzo nei momenti valutativi. L’esame al letto del paziente dovrebbe rappresentare l’ultimo e più convincente passaggio della formazione dello studente. Due sono i principali fattori che rendono discutibile l’oggettività di una valutazione di tale passaggio: la variabile difficoltà dei casi clinici e la soggettività dell’esaminatore. L’impiego di  simulazioni, e in particolare di simulazioni ibride, potrebbe azzerare il primo fattore e ridurre considerevolmente il secondo.

L’elaborazione del mandato

Il laboratorio ha avuto un taglio fortemente interattivo, proponendo alcune riflessioni teoriche iniziali, seguite da numerosi esempi dal vivo o video-ripresi, che hanno permesso ai partecipanti di percepire, anche se solo attraverso rapidi assaggi, caratteristiche e potenzialità delle attività educative basate su pazienti simulati.

L’elaborazione del gruppo rispetto al mandato di lavoro si è prodotta quasi spontaneamente, nel corso stesso delle attività laboratoriali. Sono state condivise alcune esperienze in atto, relative alla disponibilità di locali attrezzati a laboratorio delle abilità, capace di ospitare azioni simulate e videoriprese o all’utilizzo già sperimentato di pazienti simulati, limitatamente alla formazione alle sole abilità cliniche, senza particolare attenzione agli aspetti comunicativi e relazionali.

Circa la collocazione curriculare dell’utilizzo dei pazienti simulati, il gruppo ha convenuto sulla loro utilità negli anni clinici, anche se sono stati ravvisati buoni motivi per iniziare già dagli anni di base, come introduzione progressiva e controllata alle abilità relazionali. Quest’ultimo dominio è stato unanimemente riconosciuto come quello più peculiare per questa metodica.

Le criticità riscontrate sono riassumibili nel problema della sostenibilità di questo tipo di attività per un intero gruppo-classe, qualora si volesse uscire dall’utilizzo limitato ad un’ADE e indirizzato a pochi studenti. Esistono problemi di tempo curriculare, di spazi dedicati e soprattutto di preparazione dei docenti. Volendo però cogliere quest’ultimo aspetto come opportunità, è stato osservato che la formazione all’impiego dei pazienti simulati è utilizzabile anche per promuovere un approccio alla formazione che sia maggiormente student-centred.

Sono state indicate come azioni propedeutiche l’utilizzo dei film, la  formazione dei formatori e la formazione degli attori. E’ anche indispensabile l’adozione di un modello pedagogico del CLM che non renda l’esperienza coi pazienti simulati un evento avulso e isolato.

Laboratorio No. 3

Tema: L’e-learning

Esperti: Marco Masoni e Maria Renza Guelfi (Firenze)

Dimostratore: Eleonora Leopardi (SISM Roma Sapienza “B”)

Facilitatore: Rosa Valanzano (Firenze)

Contenuti del Laboratorio

Per meglio comprendere quale possa essere il vero apporto della formazione a distanza nel futuro dell’educazione è opportuno sostituire il termine e-learning, che indica genericamente l’uso delle tecnologie telematiche a fini di apprendimento, con Technology Enhanced Learning (TEL) che si focalizza sulle modalità offerte dalla Information and Communications Technology (ICT) di migliorare/ottimizzare i processi di apprendimento, favorendo i differenti stili ed offrendo flessibilità in termini di spazio, tempo, ritmi personali nell’affrontare gli argomenti di studio.2

Il TEL appare particolarmente appropriato in ambito universitario, in cui la qualità della didattica deve essere elevata e mai subordinata ad istanze aziendali, economiche o politiche, come può invece accadere in altri contesti.

Sono stati analizzati gli approcci TEL considerati più adeguati ed efficaci per la formazione professionalizzante degli studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. Il dimostratore (studente SISM) ha navigato all’interno di corsi online a differente strutturazione, cercando di esplicitare i processi mentali coinvolti durante l’interazione, trasferendo ai presenti considerazioni e meta riflessioni che sono state oggetto di discussione. In questo modo sono stati visionati e analizzati diversi ambienti virtuali di apprendimento, alcuni dei quali prediligevano l’interazione con i materiali ed altri in cui prevaleva la componente di costruzione collaborativa di conoscenza. Gli approcci TEL mostrati sono stati ordinati e tassonomizzati, in funzione di una classificazione proposta da Trentin.3 La maggioranza dei corsi online analizzati sono stati sviluppati all’interno della Scuola di Scienze della Salute Umana dell’Università di Firenze.

Se opportunamente progettato, il TEL può favorire l’acquisizione di competenze trasversali di tipo tecnologico, cooperativo/collaborativo e interdisciplinare che superano le tradizionali di dominio e che possono essere molto utili nell’esercizio della pratica clinica. Benché le potenzialità del TEL nell’apprendimento individuale siano non trascurabili, occorre sottolineare che è soprattutto tramite la costruzione di ambienti di apprendimento collaborativi che si crea un humus adatto all’acquisizione delle competenze trasversali sopra menzionate.4

In merito alle competenze tecnologiche, è intuitivo che una didattica basata su ICT contribuisca ad un migliore uso professionale della rete sia nell’auto-apprendimento che nell’interazione con una comunità professionale.

Proporre ambienti virtuali di apprendimento in cui lo studente deve interagire con docenti e discenti favorisce l’acquisizione di competenze cooperative/collaborative. La progettazione e la realizzazione a più mani di artefatti, il rispetto delle scadenze e le modalità di relazionarsi nel lavoro di gruppo sono attività che comportano educazione alla mediazione, alla negoziazione ed all’argomentazione di idee, favorendo l’accettazione di quelle altrui. A ciò consegue la necessità di acquisire la capacità di dialogare attraverso la parola scritta, con continuo confronto e mediazione, alla luce della necessità di accettare e confrontarsi con visioni multiprospettiche spesso non coincidenti.

Infine, l’utilizzo di strategie collaborative in rete favorisce l’educazione all’interdisciplinarietà, aspetto centrale di fronte al rapido avanzamento della conoscenza in ogni settore del sapere. In particolare il corpus informativo presente in rete rende la ricerca di informazioni un’attività fondamentale per l’aggiornamento del medico che conduce al recupero di documenti con contenuti che vanno oltre la disciplina di studio, che comunque necessitano di oculata interpretazione e valutazione.

L’elaborazione del mandato

In un’epoca di sempre più rapido progresso scientifico e tecnologico, l’acquisizione di competenze tecnologiche, cooperative/collaborative e interdisciplinari è centrale in un’ottica di life-long learning, in cui il medico dovrà provvedere autonomamente al proprio aggiornamento sia mediante un apprendimento individuale che attraverso processi di gestione/condivisione della conoscenza che si attuano in collaborazione con altri. Queste due diverse modalità di aggiornamento possono essere influenzate in misura considerevole dalla rete.5 Secondo questa visione, il TEL diventa cruciale come preparazione ad uno sviluppo professionale continuo poiché consente l’acquisizione di competenze che spaziano oltre lo specifico ambito disciplinare, ma che possono rivelarsi determinanti nell’esercizio della prassi clinica.

Per diffondere nuovi approcci al TEL capaci di migliorare la qualità della formazione all’interno di un Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia occorre superare un’ottica individuale e talora autoreferenziale per passare a una visione organizzativa. È necessaria una strategia che miri a ottenere un consenso ampio tra tutte le componenti di governance, attuando politiche globali di coinvolgimento del personale docente, accompagnate a una mission ed operatività tali da garantire un appropriato sviluppo istituzionale capace di trasformazione.6

Laboratorio No. 4

Tema: L’esame obiettivo tra pari e l’insegnamento al letto del paziente

Esperto: Oliviero Riggio (Roma Sapienza “B” e “C”)

Dimostratore: Laura Vivalda (SISM Torino)

Facilitatore: Carlo Della Rocca (Roma Sapienza “E”)

Contenuti del Laboratorio

Preliminarmente è stata sottolineata l’importanza dell’esame obiettivo nella pratica clinica, anche attuale, nonostante la sempre maggiore, deprecabile, tendenza di sostituirlo mediante l’utilizzo di tecniche di immagine ed esami di laboratorio sempre più sofisticati. In questo senso è stato rilevato come l’introduzione dell’esame obiettivo tra pari possa almeno parzialmente ovviare alle sempre maggiori difficoltà connesse all’insegnamento di questa abilità “teorico-pratica”, ma anche “metodologica”, nell’attuale contesto di sempre maggiore diminuzione dei rapporti docenti/discenti e discenti/assistiti “fruibili” per attività didattiche. Nel tentativo di definire le reali potenzialità di tale metodologia didattica è apparso utile confrontare, prima di tutto, le due tipologie classiche di esame obiettivo: l’esame obiettivo sistematico e l’esame obiettivo guidato da ipotesi (Figg. 1 e 2).

A questo punto è apparso utile analizzare i vantaggi e i problemi dell’apprendimento tanto dell’esame obiettivo in ambiente clinico che nella situazione tra pari.

Schematicamente:

Apprendimento dell’esame obiettivo in ambiente clinico

Vantaggi

– Didattica focalizzata su problemi reali

– Svolto nel contesto professionale reale

– E’ il solo ambiente in cui abilità come la raccolta dell’anamnesi, l’esecuzione dell’E.O., il ragionamento clinico, il prendere decisioni, l’empatia e la professionalità possono essere apprese nel loro insieme.

Problemi

– Tempi limitati

– Esigenze in conflitto (cliniche, amministrative)

– Troppi studenti, pochi pazienti, scarse risorse

– Didattica spesso contingente ai pazienti disponibili (difficilmente pianificabile)

– Sistematicità difficile

– Dignità e privacy del paziente

 

Apprendimento dell’esame obiettivo tra pari

Vantaggi

– Attuabilità: basta una stanza con un lettino

– Attrezzatura: minima (Sfignomanometro, termometro)

– Costi: praticamente zero

– Apprendimento rinforzato da possibilità di ripetizione del gesto (allenamento) praticamente infinita dall’osservazione reciproca

Problemi

– Reperti patologici

• praticamente assenti

• necessità di affiancare lo studio dei reperti patologici con sussidi didattici come foto, registrazioni di rumori patologici, ecc. che non potranno mai sostituire la pratica sul paziente.

Infine è stata elaborata la problematica connessa alla differenza di genere naturalmente presente negli studenti attori dell’esame tra pari, rilevando che anche con l’esclusione della sfera genitale, dell’esplorazione rettale e della mammella femminile, per le quali non esiste spazio nell’ambito di questa metodologia didattica, possono generarsi situazioni di disagio che devono essere serenamente gestite nel rispetto del pudore dei singoli e che comunque, anche in base alla letteratura internazionale, sono confinate a piccole percentuali di casi di solito insorti a causa di una non appropriata gestione da parte del tutor dell’approccio iniziale.

 L’elaborazione del mandato

Questa fase del laboratorio è stata introdotta da un’efficacissima dimostrazione, condotta dagli studenti del SISM, di un esempio di esame obiettivo tra pari. Gli studenti si sono alternati nei ruoli di “attore”, colui che esegue l’esame obiettivo, di “modello”, colui che simula l’assistito, e di “scriba”, colui che rileva l’uso corretto della terminologia usata e degli atti ispettivi effettuati mediante l’uso di “griglie” standardizzate pre-confezionate.

A seguito della dimostrazione è apparsa chiara a tutti l’estrema applicabilità ed utilità dell’esame obiettivo tra pari per l’apprendimento dell’esame obiettivo sistematico. Il dibattito in seno al laboratorio si è incentrato sulle ragioni per le quali l’esame tra pari rappresenti attualmente una pratica poco diffusa. Le problematiche rilevate sono state essenzialmente di tipo organizzativo e logistico, ma che appaiono comunque risolvibili tramite un’almeno parziale centralizzazione dell’organizzazione delle ADP a livello di coordinamento di semestre o comunque tramite un reale coordinamento delle stesse. E’ evidente che necessitano comunque spazi nei quali gli studenti possano “allenarsi” anche in autonomia e un certo numero, se pur limitato rispetto a quello richiesto nella ADP in contesto clinico, di tutor clinici, formati, che avviino e controllino le attività di apprendimento degli studenti. E’ stato infine ricordato il vantaggio della valutabilità della performance anche ai fini di una sua eventuale inclusione in contesti di esame pratico.

In conclusione si è ritenuto che l’esame obiettivo tra pari rappresenti una valida metodologia didattica che può permettere l’acquisizione di competenze professionali metodologiche di base (esame obiettivo sistematico) come la semeiotica del “normale” anche in ambito specialistico. La fattibilità, sebbene con i limiti ricordati, è ampia ed è estendibile anche all’apprendimento dell’esecuzione di indagini strumentali non invasive (come l’ecografia).

Fig. 1 – Caratteristiche degli esami obiettivi sistematici e guidati da ipotesi. 

Image 10

Fig. 2 – Caratteristiche dell’insegnamento degli esami obiettivi sistematico e guidato da ipotesi. 

Image 11

Conclusioni

Al termine di questo atelier, a partire dal contributo degli esperti e dal dibattito nei laboratori è stato possibile concludere che le attività di simulazione sono diventate uno strumento indispensabile di insegnamento nei Corsi di Laurea in Medicina lungo tutto il percorso curriculare.

Dall’atelier sono emerse alcuni dei punti di forza dell’educazione medica basata sulla simulazione:

– risponde alle crescenti esigenze di attuare attività formative professionalizzanti (AFP);

– ovvia al problema della riduzione del numero dei docenti;

– ottimizza l’impiego del tutor clinico;

– favorisce forme attive e collaborative di apprendimento e forme pedagogicamente innovative (più efficaci) di insegnamento.

Dalla presentazione degli esperti e, ancor più, dai laboratori, è emerso che l’educazione medica basata sulla simulazione è fattibile nella generalità dei CLM in Medicina Italiani:

– i costi della simulazione (a bassa tecnologia) necessaria alle esigenze di un CLM in Medicina sono contenuti;

– le attività di simulazione richiedono l’intervento iniziale di un tutor clinico ma poi gli studenti possono esercitarsi “tra pari”;

– anche la progressiva creazione di un centro di simulazione è fattibile.

Certo, è apparso chiaro che la simulazione richiede un forte coordinamento (trasversale e longitudinale) dell’attività didattica. Occorre:

– programmare le AFP del core curriculum in una progressione curriculare;

– programmare la valutazione dell’acquisizione delle AFP (nell’ottica dell’esame di laurea abilitante);

– programmare in modo omogeneo la formazione dei formatori (all’insegnamento e alla valutazione).

Non va nascosta una criticità che risiede nel fatto che.la simulazione è di facile realizzabilità in un contesto elettivo, mentre è nel contempo necessario ma anche assai più impegnativo estenderla all’intero gruppo-classe.

La CPPCCLM ha fin qui svolto un ruolo prezioso nella valorizzazione delle AFP, fino alla promozione dell’esame di laurea abilitante. Per favorire l’adozione in tutti i CLM Italiani di tecniche di educazione medica basata sulla simulazione la CPPCCLM deve continuare a svolgere un ruolo trainante. Per farlo, la CPPCCLM deve favorire:

– progetti formativi condivisi,

– il core curriculum nazionale,

– la standardizzazione delle attività formative e valutative,

– il coordinamento trasversale e longitudinale delle attività formative,

– la formazione dei formatori,

– l’analisi dei costi e la programmazione.

La prosecuzione naturale di questo atelier sarà un nuovo incontro (Alghero, Ottobre 2014) dal titolo “Verso una laurea professionalizzante: certificazione delle Competenze professionali”. I temi dei 4 laboratori saranno

– Il Paziente standardizzato

– L’OSCE

– Il Portfolio

– Il Tirocinio certificativo

Medicina e Chirurgia darà prontamente conto dei risultati di questo nuovo atelier in un prossimo numero della Rivista.

Bibliografia

1) Ziv A: Simulators and simulation-based medical education. In: Dent JA e Harden RM (eds) A Practical Guide for Medical Teachers, pp. 217-222. Churchill Livingstone, Edinburgh, 2009.

2) TEL Committee, University of Texas (2004), Report of Technology Enhanced Learning Committee. URL: http://www.utexas.edu/provost/research/TEL_Report_2004.pdf (acceduto il 13/3/2014)

3) Trentin G Tecnology Enhanced Learning e didattica universitaria: i diversi approcci e i motivi della loro scelta. Tecnologie Didattiche 2006 37(1):3-9

4) Trentin G Dallo studio individuale all’apprendimento in rete: i diversi ruoli delle tecnologie informatiche e della comunicazione. In book: Simulazioni interattive per la formazione giuridica, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2007 Editors: D. Giuli, N. Lettieri, N. Palazzolo, O. Roselli, pp.55-71

5) Masoni M, Guelfi MR, Conti A, Gensini GF. E-learning in Sanità. Springer 2011

6)Masoni M, Guelfi MR, Conti A, Gensini GF.  Gli Atenei e le Facoltà di Medicina e Chirurgia di fronte alla sfida dell’e-learning. Clinical Management Issue 2009; 3(4):133-180

Cita questo articolo

Gallo P., Casoli R., Consorti F., et al., Verso una Laurea professionalizzante. 1° Acquisizione delle competenze professionaliMedicina e Chirurgia, 62: 2797-2804, 2014. DOI:  10.4487/medchir2014-62-4

 

Studio osservazionale comparativo su un campione di studenti del Nord, del Centro e del Sud con valutazione della Maturità, del Test di accesso e delle scelte di sede effettuate al concorso con graduatoria nazionale 2013-2014. Osservazioni preliminarin.62, 2014, pp.2794-2796, DOI: 10.4487/medchir2014-62-3

Abstract

In compliance with the new norms governing access to medical faculties in Italy, which foresee a sole national ranking list, a comparative observational study was carried out on a sample of students from the country’s northern, central and southern areas (888 in all), the aim of which was to appraise the students’ O-level marks, the results of their national entrance examinations and the particular university campuses chosen by them.

The preliminary results, based on a direct survey carried out at the end of the month of November 2013, seem to reveal that: A) the students from the south obtained better O-level results than those of the centre and north; B) the students from the north obtained higher scores at the entrance examination compared to those of the centre and south; C) the few students from the south who chose to sit for the test in a northern university obtained very high O-level marks and also high scores at the entrance exam; D) the students from the south who chose universities in the centre and north were strongly motivated in their choice, while those from the north who chose universities in the central or southern areas, usually did so for reasons of necessity but, probably, spurred by equally strong motivations.

These preliminary results need to be integrated with the definitive results of the ranking list which was completed on March 5th. 2014. Test on well-being and attitudes was administered to the students themselves, the results of which, correlated with these students’ entrance-exam data and future academic results, will be availed of to provide “evidence” helpful to the improvement of the national entrance examination.

Articolo

Introduzione

Il DM n. 449 del 12-6-2013 ha introdotto, come procedura concorsuale per l’accesso ai Corsi di Laurea Magistrali in Medicina e Chirurgia delle Università Statali, dall’anno accademico 2013-2014, la graduatoria unica nazionale. I vincitori della prova, che si è svolta il giorno 9 Settembre 2013, sono stati immatricolati in una delle sedi scelte dagli stessi candidati in ordine alle preferenze espresse e sulla base del punteggio ottenuto (DM n. 449 del 12-6-2013). I candidati hanno pertanto avuto la possibilità di esprimere le loro preferenze in ordine decrescente, anche su tutte le sedi del territorio, avendo poi la possibilità di immatricolarsi nella sede oggetto della loro migliore scelta, sulla base del punteggio ottenuto. Il valore del voto ottenuto all’esame di Maturità, che avrebbe dovuto concorrere alla formazione del punteggio per l’ammissione ai Corsi di Laurea, veniva dapprima annullato, e successivamente ripristinato con decreto convertito in legge, limitatamente alla prova concorsuale già svolta (DL n. 104 del 12-9-2013 convertito nella Legge 128/2013 dell’8-11-2013). Le procedure di immatricolazione nelle Sedi universitarie del territorio italiano si sono da poco concluse, con Provvedimento ministeriale di chiusura delle graduatorie nazionali, il giorno 5 Marzo 2014 (DM n. 170 del 21-2-2014).

Il sistema della graduatoria nazionale ha consentito a numerosi studenti di potersi immatricolare nelle sedi universitarie coincidenti con le loro residenze anagrafiche, mentre un certo numero di studenti ha dovuto trasferirsi dalla propria sede di residenza.

Il Gruppo di Lavoro “Selezione all’accesso e test attitudinali – riforma e monitoraggio” della Conferenza Permanente dei Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, nell’ambito del Progetto di Ricerca MIUR “Analisi della predittività dei risultati dei test di ammissione al corso di laurea in medicina: uno studio longitudinale”, ha pertanto condotto uno studio osservazionale comparativo su un campione di studenti che si sono immatricolati in alcune sedi del Nord, del Centro e del Sud Italia.

Lo scopo di queste osservazioni preliminari è stato quello di analizzare i voti di Maturità, i punteggi ottenuti al test di ingresso nazionale e il tipo di scelta fatta dagli studenti rispetto alla sede di immatricolazione consentita dal punteggio ottenuto, con l’intento di valutare le differenze riscontrabili in relazione alle diverse aree geografiche di residenza degli immatricolati ai Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia per l’anno accademico 2013-2014.

Materiali e metodi

A) Popolazione in studio

I Presidenti dei Corsi di Laurea delle sedi che hanno partecipato allo studio hanno distribuito un questionario agli studenti frequentanti il primo anno di corso, ai quali si è direttamente chiesto quale fosse il voto ottenuto all’esame di Maturità (minimo 60 – massimo 100 e lode quantificato come 101), il punteggio ottenuto al test di ingresso nazionale (Massimo 90 punti ottenibili), il numero di “scelta di sede” (possibilità di scegliere tutte le sedi del territorio nazionale in ordine di preferenza) riferito alla sede in cui si erano immatricolati e stavano frequentando il corso e la Città/Provincia di provenienza.

L’indagine è stata effettuata sugli studenti iscritti e frequentanti in sei sedi, due del Nord Italia (Milano Bicocca e Pavia), due del Centro Italia (Sapienza Sant’Andrea e Chieti) e due del Sud Italia (Foggia e Palermo), scelte in riferimento alla classificazione geografica Nord, Centro e Sud dell’ISTAT. Il questionario è stato distribuito tra il giorno 15 e il giorno 25 Novembre 2013, nella fase centrale di svolgimento dei corsi del primo semestre.

Alle due sedi del Nord Italia erano stati assegnati dal MIUR 335 posti. Da queste due sedi sono pervenute n. 284 risposte da studenti frequentanti, pari all’84,8% degli studenti immatricolabili. Tra questi, vi sono risposte date da 20 studenti provenienti dal Centro/Sud, pari al 7,7% degli studenti frequentanti.

Alle due sedi del Centro Italia erano stati assegnati dal MIUR 412 posti. Da queste due sedi sono pervenute n. 309 risposte da studenti frequentanti, pari al 75% degli studenti immatricolabili. Tra questi, vi sono risposte date da 38 studenti provenienti dal Nord pari al 12,3% degli studenti frequentanti, e da 50 studenti provenienti dal Sud, pari al 16,2% degli studenti frequentanti.

Alle due sedi del Sud Italia erano stati assegnati dal MIUR 475 posti. Da queste due sedi sono pervenute n. 295 risposte da studenti frequentanti, pari al 62% degli studenti immatricolabili. Tra questi, vi sono 25 studenti provenienti dal Centro/nord, pari all’8,5% degli studenti frequentanti.

Sono stati pertanto complessivamente analizzati i risultati e le scelte fatte da n. 888 studenti, rappresentanti il 72,7% dei 1222 studenti immatricolabili nelle sedi oggetto di studio. Non sono inclusi nello studio gli studenti entrati ai sensi della Legge 128/2013, che si sono immatricolati nel periodo successivo al rilevamento effettuato.

B) Analisi statistica

Le caratteristiche delle variabili in studio sono state descritte attraverso il calcolo di indici sintetici quali media, deviazione standard, mediana e altri quantili.

Le differenze fra le sedi geografiche analizzate sono state sottoposte a verifica di significatività attraverso test parametrici, dopo aver controllato la normalità distributiva, (t di Student per dati indipendenti e Anova con correzione di Bonferroni) e non-parametrici (Mann-Whitney e Kruskal-Wallis).

La significatività statistica è stata considerata per p<0,05.

Tutte le analisi sono state eseguite con il software MedCalc® (Mariakerke, Belgium).

Risultati

I dati descrittivi riguardanti il voto di Maturità, i risultati al test di ingresso e le scelte effettuate dagli studenti delle diverse aree geografiche sono esposti nelle Tabelle 1A-B, 2A-B e 3A-B. Le comparazioni statistiche parametriche e non-parametriche relative agli stessi argomenti di indagine sono descritte nelle Tabelle 4, 5A-B e 6, tutte riportate nell’edizione on-line della rivista (www.medicina-presidenti.it).

In estrema sintesi, tali tabelle mostrano che gli studenti del Sud ottengono voti di Maturità significativamente più alti rispetto agli studenti residenti al Centro e al Nord Italia. Al contrario, gli studenti del Nord ottengono punteggi significativamente più alti al test di ingresso rispetto agli studenti del Centro e del Sud Italia.

Deve essere anche notato come i pochi studenti del Sud che entrano nelle sedi del Nord Italia abbiano voti di maturità molto alti e, contemporaneamente ottengano punteggi significativamente alti nel test di ingresso, anche in comparazione con gli stessi studenti del Nord Italia.

Per quanto attiene alle scelte espresse, appare evidente come gli studenti residenti al Sud che si spostano al Centro e al Nord Italia, lo facciano per scelta primaria (Mediana = 1), decisa e motivata. Al contrario, deve essere notato come gli studenti residenti al Nord che si trasferiscono al Centro (Mediana = 14,5) e al Sud Italia (Mediana = 24), lo facciano non per scelta primaria, ma per necessità legata al punteggio più basso ottenuto, anche se vi deve essere la stessa forte motivazione a volersi trasferire in una sede lontana, insieme alla disponibilità finanziaria per poterlo fare.

Discussione

I dati che emergono dall’analisi del campione sono certamente interessanti e confermano, innanzi tutto, quanto già precedentemente dimostrato sui risultati ottenuti ai test di ingresso, riguardo ai risultati significativamente migliori che ottengono gli studenti che sostengono la prova di accesso al Nord rispetto a quelli del Centro e del Sud Italia (Familiari et al., 2013). Altro dato interessante appare quello che emerge dal gradiente inverso dei voti ottenuti all’esame di Maturità, che appaiono significativamente più alti nelle regioni del Sud, nei confronti sia del Centro che del Nord Italia.

Non vi è dubbio che questi dati, ottenuti da un campione di studenti frequentanti il primo anno di corso, dovrebbero essere confrontati con i dati nazionali completi in possesso del MIUR. Tale comparazione potrebbe fornire ulteriori importanti indicazioni, ad esempio sulla eventuale esistenza di chi, pur avendo avuto la possibilità di immatricolarsi fuori sede, non si è poi immatricolato, probabilmente per motivi personali e/o socio-economici.

In relazione a quanto rilevato, la considerazione del voto di maturità associata al punteggio del test avrebbe bilanciato i risultati generali a confronto tra Nord e Sud, ma tale conclusione potrebbe trarsi con maggiore potenza statistica dall’analisi dei dati nazionali completi in possesso del MIUR.

Altro rilievo di tipo sociologico a cui dare attenzione è senza dubbio quello che si evidenzia sulla tipologia delle scelte. Appare evidente che gli studenti residenti al Sud si trasferiscono al Centro e al Nord, per loro precisa scelta, e avendone le capacità culturali e cognitive per poterlo fare. Al contrario, gli studenti del Nord che si trasferiscono verso il Centro Italia, cosi come gli studenti del Centro/Nord che si spostano verso il Sud Italia, non lo fanno per scelta precisa, ma sicuramente per necessità, anche se ad essi non mancano motivazione e possibilità economiche per sostenersi in questo tipo di scelta.

Un limite di queste osservazioni preliminari è insito nel fatto che il censimento è stato effettuato nel periodo intermedio del secondo semestre, a graduatorie non ancora concluse. Esso, probabilmente, non fa emergere completamente il numero degli studenti che si sono trasferiti, e che, presumibilmente, sono rimasti in posizione di attesa sino alla chiusura della graduatoria. A tale proposito, l’attenzione deve essere posta sul fatto che le risposte ottenute dagli studenti rappresentassero solo il 62% degli immatricolabili nelle sedi del Sud, mentre nelle sedi del Nord le risposte fossero pari all’85% degli immatricolabili. I dati presentati in questo studio non considerano quegli studenti entrati con il “bonus” Maturità, e questo rende omogeneo il campione analizzato.

Deve essere infine evidenziato che, al campione di studenti oggetto di questo studio, è stato somministrato un questionario sul benessere e le attitudini, allo scopo di condurre uno studio longitudinale di correlazione tra tali caratteristiche personali e la carriera accademica degli stessi studenti, secondo il protocollo già approvato dalla Conferenza Permanente dei Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (Cavaggioni et al., 2013). I dati di ingresso di questi studenti, rappresentano, di fatto, l’inizio di questo studio longitudinale, che si prefigge di fornire evidenze utili a migliorare il processo di selezione dei nostri studenti di Medicina e Chirurgia (Cavaggioni et al., 2013; Familiari et al., 2009; 2012; Swanwick, 2012).

Tab1_62

Tabella 1B: Box-Plot del voto di maturità per sedi e provenienze geografiche. Studenti residenti al Nord immatricolati nelle sedi del Nord Italia: Nord; Studenti residenti al Centro immatricolati nelle sedi del Centro Italia: Centro; Studenti residenti al Sud immatricolati nelle sedi del Sud Italia: Sud; Studenti residenti al Centro/Sud immatricolati nelle sedi del Nord Italia: Centro-sud vs Nord; Studenti residenti al Nord immatricolati nelle sedi del Centro Italia: Nord vs Centro; Studenti residenti al Sud immatricolati nelle sedi del Centro Italia: Sud vs Centro; Studenti residenti al Centro-Nord immatricolati nelle sedi del Sud Italia: Centro-Nord vs Sud

Senza titolo1

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Tabella 2B: Box-Plot del punteggio al test nazionale per sedi e provenienze geografiche. Studenti residenti al Nord immatricolati nelle sedi del Nord Italia: Nord; Studenti residenti al Centro immatricolati nelle sedi del Centro Italia: Centro; Studenti residenti al Sud immatricolati nelle sedi del Sud Italia: Sud; Studenti residenti al Centro/Sud immatricolati nelle sedi del Nord Italia: Centro-sud vs Nord; Studenti residenti al Nord immatricolati nelle sedi del Centro Italia: Nord vs Centro; Studenti residenti al Sud immatricolati nelle sedi del Centro Italia: Sud vs Centro; Studenti residenti al Centro-Nord immatricolati nelle sedi del Sud Italia: Centro-Nord vs Sud

 

Senza titolo2

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Tabella 3B: Box-Plot delle scelte per sedi e provenienze geografiche. Studenti residenti al Nord immatricolati nelle sedi del Nord Italia: Nord; Studenti residenti al Centro immatricolati nelle sedi del Centro Italia: Centro; Studenti residenti al Sud immatricolati nelle sedi del Sud Italia: Sud; Studenti residenti al Centro/Sud immatricolati nelle sedi del Nord Italia: Centro-sud vs Nord; Studenti residenti al Nord immatricolati nelle sedi del Centro Italia: Nord vs Centro; Studenti residenti al Sud immatricolati nelle sedi del Centro Italia: Sud vs Centro; Studenti residenti al Centro-Nord immatricolati nelle sedi del Sud Italia: Centro-Nord vs Sud

Senza titolo3

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Tabella 6: est non parametrico di Mann Whitney per i confronti diretti tra gli studenti residenti al Centro/Sud che si sono iscritti al Nord (Nord da Centro Sud) nei confronti degli studenti residenti e iscritti al Nord, al Centro e al Sud, e degli studenti residenti al Centro/Nord che si sono iscritti al Sud (Sud da Centro Nord) nei confronti degli studenti residenti e iscritti al Nord, al Centro e al Sud.

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Bibliografia

1) C. Cavaggioni, C. Barbaranelli, I. Di Liegro, A. Lanzone, V. Locatelli, S. Morini, R. Muraro, M. Valli e G. Familiari. Proposta di un modello sperimentale per la selezione a l’accesso ai corsi di studio in medicina e chirurgia. Med Chir. 57: 2555-2558, 2013.

2) G. Familiari, V. Ziparo, M. Relucenti, E. Gaudio, A. Lenzi, L. Frati. Come selezionare i medici della nuova generazione: proposte in tema di ammissione a medicina e Chirurgia. Arco di Giano 61, 221-234, 2009.

3) G. Familiari, A. Lanzone, I. Di Liegro, V. Locatelli, S. Morini, R. Muraro, M. Valli, C. Barbaranelli, R. Baldini, M. Relucenti, R. Heyn, A. Lenzi, E. Gaudio. L’accesso a Medicina: quando un processo di selezione? Med. Chir. 56: 2517-2519, 2012.

4) G. Familiari, R. Baldini, C. Barbaranelli, G. Cavaggioni, A. Lanzone, I. Di Liegro, V. Locatelli, S. Morini, R. Muraro, M. Valli, R. Heyn, M. Relucenti, E. Gaudio, A Lenzi. I punteggi soglia del concorso di accesso nazionale a Medicina e Chirurgia per ripartizione geografica: Analisi degli ultimi otto anni. Med. Chir. 58: 2575-2577, 2013.

5) T. Swanwick (ed.). Understanding Medical Education. Evidence, theory and practice. Wiley-Blackwell, USA, Association for the Study of Medical Education (ASME), 2012.

Cita questo articolo

Familiari G., Baldini R., Lanzone A., et al., Studio osservazionale comparativo su un campione di studenti del Nord, del Centro e del Sud con valutazione della Maturità, del Test di accesso e delle scelte di sede effettuate al concorso con graduatoria nazionale 2013-2014. Osservazioni preliminari,  Medicina e Chirurgia, 62: 2794-2796, 2014. DOI:  10.4487/medchir2014-62-3

Il Core Curriculum degli studi di Medicina. Stato dell’arte e prospettiven.62, 2014, pp.2791-2793

Abstract

The core curriculum of the Medical Studies is the complex of essential content that all graduates should have  completely and permanently acquired for the exercise of the profession. The core curriculum contains 2048 units of Elementary Educational Units ( the smallest particle of detailed and comprehensive medical knowledge) that belong to 15 cultural areas that deliberately ignore the scientific sector to facilitate horizontal and vertical integration of knowledge, hence allowing to  the students to achieve a multidisciplinary and integrated vision of the common problems of health and disease. This text briefly describes the stat of the art and future perspectives.

Articolo

Premessa

La missione specifica del corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia è finalizzata al reale sviluppo della competenza professionale e dei valori della professionalità negli studenti. Essa si fonda a) sull’importanza dell’integrazione del paradigma biomedico del curare la malattia con quello psicosociale del prendersi cura dell’essere umano pur nella “complessità della cura”; b) sull’acquisizione di una formazione orientata alla prevenzione della malattia ed alla promozione della salute nell’ambito della comunità e del territorio; c) sulla profonda conoscenza delle nuove esigenze di cura e di salute, incentrate non soltanto sulla malattia, ma, soprattutto, sull’essere umano ammalato, nella sua globalità di soma e psiche e specifico contesto sociale.

Ovviamente. in linea  generale, questa specifica missione è propria di tutte le Scuole di Medicina italiane e, globalmente, fa parte della cultura medica del mondo occidentale, pur non di meno  va perseguita condividendo la scelta di quei  contenuti essenziali considerati  irrinunciabili.

L’esigenza di definire e condividere i contenuti essenziali (“core curriculum”) alla formazione del Medico è sentita fortemente  sia nelle scuole mediche italiane, sia in molti paesi europei.  Il core curriculum dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia è il complesso di contenuti essenziali che tutti i neo-laureati devono aver acquisito in modo completo e permanente per l’esercizio della professione. Contiene  2048 Unità Didattiche Elementari (UDE, la più piccola particella del sapere medico dettagliata e completa) che afferiscono a 15 ambiti culturali che volutamente ignorano i settori scientifici disciplinari per favorire l’integrazione orizzontale e verticale delle conoscenze e così far conseguire allo studente una visione multidisciplinare ed integrata dei problemi più comuni della salute e della malattia. Di ogni UDE viene definito il livello di conoscenza, competenza e di abilità.

Inquadramento storico

L’Università di Maastricht, da molti considerata il laboratorio didattico d’Europa, già nella seconda metà del secolo scorso aveva definito, attraverso i propri “blueprint”, una sorta di classificazione e descrizione degli elementi essenziali (irrinunciabili) del curriculum di Medicina.

Negli stessi anni l’Ufficio Regionale Europeo della WHO pubblicava alcuni dossier di confronto tra i percorsi didattici di tutti gli Stati della nascente Unione Europea, e suggeriva un allineamento dei Curricula, all’epoca (e ancor oggi) molto diversi e talvolta divergenti tra le diverse nazioni.

Esattamente in quegli anni in cui iniziava a fiorire una letteratura dedicata all’insegnamento della Medicina, spesso caratterizzata da  articoli a carattere sperimentale o epidemiologico. Inoltre, l’intensa attività delle Conferenze dei Presidenti dei Corsi di Laurea in Medicina, dei Presidi delle Facoltà e dei Presidenti delle Scuole di Medicina o di alcune società scientifiche, come quella di Pedagogia Medica (SIPeM), hanno fatto crescere l’interesse al core curriculum e ai metodi di insegnamento della medicina da parte dei docenti e degli studenti.

La Conferenza permanente dei Presidenti di Corso di laurea in Medicina e Chirurgia, infatti,  già dai primi anni ottanta, ha contribuito in modo determinante,  alle riforme e controriforme della didattica Italiana orientate alla omogeinizzazione dell’insegnamento della medicina, anche grazie a specifici strumenti di letteratura, quale la rivista  “Medicina e Chirurgia” e i “Quaderni”. Ma l’acme di questo percorso è stato raggiunto poco prima del 2000, sotto la guida magistrale di Giovanni Danieli, quando si è avviata la creazione del core curriculum nazionale italiano, primo esempio di core curriculum internazionale per la formazione del Medico. Fino a quel momento  non esisteva un vero censimento su come venisse insegnata la Medicina nel mondo tanto che l’Ateneo di Bologna aveva avviato un progetto (“MED2000”) finalizzato a raccogliere quante più informazioni possibili dall’intero mondo accademico: basandosi sulle informazioni del Word of Learning del 1998, è stato chiesto ai Presidi delle  Facoltà di tutto il Mondo il dettaglio analitico dei programmi dei corsi di Medicina. Sorprendentemente alcune centinaia di Presidi hanno partecipato attivamente al progetto inviando i dati richiesti e/o compilando i questionari pubblicati online. Questa importante risposta ha consentito, pertanto, la raccolta di un ricchissimo e fondamentale materiale didattico, per la prima volta nella storia dell’insegnamento della Medicina nel mondo.

Questa iniziativa venne subito patrocinata dalla Conferenza permanente dei Presidenti dei Corsi di laurea e dal Ministero e fu accolta dalle Sedi con l’esplicita richiesta di creare un core curriculum “nazionale”. Da qui naque  il gruppo di ricerca e la commissione che hanno realizzato il core attraverso un lavoro lungo e complesso, che ha visto più di 60 presidenti  impegnati in questa minuziosa ricerca per oltre dieci anni.

Il lavoro ha seguito uno schema originale, basato su: a) necesità di ignorare i dettami del Ministero e i regolamenti e ordinamenti didattici; b) ignorare le pressanti richiese dei singoli Settori Disciplinari o dei singoli Collegi disciplinari o Società scientifiche; C) basare la creazione del curriculum  sullo studio della letteratura e dei curricula delle singole sedi d’eccellenza di insegnamento della medicina nel mondo; d) sui suggerimenti liberi, ma argomentati e frutto di lunga discussione, dei singoli Presidenti con docenti e studenti, spesso reinterpretati dagli esperti di pedagogia e di pedagogia medica; e) sulla richiesta esplicita (e obbligatoria per chiunque volesse proporre un  obiettivo formativo o “argomento”) di precisare in modo analitico tutte le caratteristiche psicopedagogiche e gli attributi utili allo studente nonché necessari ai singoli Docenti, o ai Corsi di Laurea, per organizzare le attività didattiche.

Sulla base di questi principi si è riusciti già in prima battuta, a definire un curriculum accettato e condiviso (all’epoca) da tutti i Presidenti e dagli esperti di pedagogia medica e (oggi) dalla maggioranza dei docenti fortemente orientato alla creazione di un medico generalista in grado di ragionare a 360 gradi sulla medicina.

Per la prima volta, si era di fatto delineato un metodo corretto e riproducibile per contenere la geopardizzazione incoerente e babelica, nelle modalità e nei contenuti, dell’insegnamento della Medicina.

Dopo questa prima fase si è avviata il lavoro di verifica del core, attraverso a) un controllo crociato delle UDE proposte tra Presidenti/Docenti,  b) un confronto delle proposte del core con altri modelli internazionali, quali  i Bluprint di Maastricht ed altri autorevoli curricula, c) le segnalazioni dei colleghi e i primi test sperimentali di applicazione del core in alcune sedi.

Intanto cominciavano ad apparire numerose pubblicazioni in tema di efficacia o efficienza dei curricula formativi, come ad esempio quelle sul confronto tra curricula orizzontali e verticali, o sugli “outcome” di breve e medio termine delle varie tipologie didattiche, sulla utilità o inutilità di certe modalità d’esame. Ovviamente ogni elemento utile veniva impiegato per migliorare il core curriculum con un attento lavoro di lettura e revisione della letteratura, che è stato poi ripreso e potenziato oggi.

Manutenzione del Core Curriculum

Come recitano le Schede Uniche di Valutazione dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, nella formazione del medico, deve essere proposto il giusto equilibrio d’integrazione verticale e trasversale tra: a) le scienze di base, che devono essere ampie e prevedere la conoscenza della biologia evoluzionistica, della biologia molecolare e della genetica e della complessità biologica finalizzata alla conoscenza della struttura e funzione dell’organismo umano in condizioni normali, ai fini del mantenimento delle condizioni di salute ed alla corretta applicazione della ricerca scientifica traslazionale; b) la conoscenza dei processi morbosi e dei meccanismi che li provocano, anche al fine di impostare la prevenzione, la diagnosi e la terapia; c) la pratica medica clinica e metodologica, che deve essere particolarmente solida, in modo tale da costruire la propria scala di valori e interessi, e ad acquisire le competenze professionali utili a saper gestire la complessità della medicina; d) le scienze umane, che devono costituire un bagaglio utile a raggiungere la consapevolezza dell’essere medico e dei valori profondi della professionalità del medico; e) l’acquisizione della metodologia scientifica, medica, clinica e professionale rivolta ai problemi di salute del singolo e della comunità.

Nel campo delle scienze della salute è in corso da anni una rivoluzione che comporta un’apertura nei confronti di nuove applicazioni nel settore sanitario con un coinvolgimento globale. Le nuove conoscenze hanno originato nuove discipline scientifiche (quali la genomica) la cui applicazione ha un impatto profondo sulla professione medica. Le potenzialità delle nuove conoscenze infatti coinvolgono fortemente settori di attività connessi al mantenimento della salute umana. Più in generale, tutte le conoscenze mediche negli ultimi anni hanno subito un incremento esponenziale e si sta delineando con chiarezza la necessità di nuovi approcci per la diagnosi e la cura dei pazienti (così come per il rapporto medico-paziente).

La formazione universitaria in ambito medico, oltre che modularsi sui bisogni di salute, non può prescindere dall’evoluzione della ricerca scientifica, dalla innovazione didattica e dalla discussione sociale nelle sue forme più avanzate. La qualità della formazione sanitaria, in tutti i livelli di azione, è quindi una sfida costante, dovendosi confrontare con le notevoli e veloci innovazioni diagnostiche e terapeutiche e con i bisogni di salute globale.

Lo studente non può prescindere dalle conoscenze di argomenti quali le Cure palliative, le Malattie Rare, la Farmacoviglianza, le Dipendenze, la e-Health, la Vaccinologia, la Medicina Predittiva (Genomica), la Medicina di Genere e le Medicine Complementari, la cui importanza è indubbia dal punto di vista informativo e da quello formativo al fine di garantire un’analisi critica delle informazioni che bersagliano tanto il medico quanto  i pazienti.

E’ questo il caso ad esempio dei Vaccinologia in quanto un’opinione pubblica sempre più antiscientifica ritiene i vaccini più dannosi che utili, della Medicina Predittiva che nell’accezione “estrema” (che è poi la vulgata giornalistica) rende, per il grosso pubblico,  pressocchè inutile l’anamnesi e la visita in quanto il medico dovrebbe diagnosticare e curare solo sulla base dei test genomici, delle Medicine Complementari, per le quali la pressione dell’opinione pubblica si fa  sempre più incalzante in quanto le relative prescrizioni terapeutiche sono considerate rimedi naturali.

Anche argomenti più tradizionali richiedono una attenta revisione, come la Medicina Trasfusionale, anche alla luce delle più recenti acquisizioni della staminologia (il caso Stamina docet). Per non tacere, infine, del doveroso spazio che deve essere lasciato alla formazione in  Medicina Narrativa in quanto lo studente deve essere educato a comprendere il disagio del paziente per le alterate condizioni di benessere e le sue aspettative, ad ascoltare quindi la sua storia di malattia, il suo vissuto: non guarirà certamente se il medico lo ascolta attentamente, ma sicuramente, come la neurofisiologia ci insegna, si sentirà meglio!

In un’epoca, come quella attuale, caratterizzata da rapidi mutamenti scientifici, demografici, epidemiologici è solo l’ampliamento continuo delle conoscenze che consente di poter operare al meglio per tutelare la salute dei cittadini. Quindi, la Conferenza dei Presidenti, su indicazione del suo Presidente, Andrea Lenzi, ha nominato una commissione, coordinata da Calogeo Caruso,  che proceda alla revisione (manutenzione) del Core Curriculum che deve rappresentare uno strumento plastico ed in continua revisione al fine di implementare e perfezionare il percorso formativo dei futuri medici.

Cita questo articolo

Gaddi A., Basili S., Rizzo C., Lenzi A., Caruso C., Il Core Curriculum degli studi di Medicina. Stato dell’arte e prospettive, Medicina e Chirurgia, 62: 2791-2793, 2014.

Studiare Medicina in Europa. Dai piani di studio all’esperienza sul campon.62, 2014, pp.2783-2790, DOI: 10.4487/medchir2014-62-2

Abstract

A comparison is made between medical education in Italy and in other European countries (France, Germany, United Kingdom, Sweden), based on the analysis of teaching programs and on the experience of some Italian students who had the opportunity to receive part of their medical education in at least three of these countries.

In spite of the different patterns of organization, the contents of basic science and clinical disciplines are quite similar. Detailed analysis of curricula and programs shows however that the time dedicated to clinical training is substantially lower in Italy, namely about one year less than in all other countries. On the other hand, the Italian medical education system reserves more time for basic science and clinical lectures.

The results of this analysis are confirmed by the students’ reports. The theoretical knowledge provided in the medical school is usually deeper in Italy than elsewhere. In all other countries a pathophysiological approach to human disease, deeply grounded in basic sciences, is quite circumscribed. However Italian medical education suffers from limited student-patient interaction, and teaching is rarely based on problem-based learning and problem solving. Italian students were impressed by the observation that in foreign countries clinical examinations are largely based on the discussion of real cases and that in France medical students receive specific tasks in patient care since their third year.

In conclusion it is suggested that the strength of the Italian system, i.e. the emphasis placed on scientific and pathophysiological education, should be preserved, but the time devoted to theoretical teaching should be reduced, to favor early experience in patient care and interactive clinical teaching.

Articolo

Integrazione europea e formazione medica

Con l’integrazione europea è stata elaborata una normativa per l’esercizio della professione medica nei paesi dell’Unione, che comporta il riconoscimento diretto del titolo di laurea in medicina e chirurgia a condizione che vengano rispettati alcuni requisiti definiti da norme comunitarie, recentemente integrate e riviste.

Le norme europee si incentrano su alcuni aspetti oggettivi e formali, quali l’aver ricevuto una istruzione universitaria di adeguata durata, mentre una descrizione dettagliata degli obiettivi formativi non è stata ancora fornita. In particolare il Decreto Legislativo 17-8-99 n. 3681, che dà attuazione alla Direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, tratta delle “condizioni di formazione dei medici chirurgici” all’art. 18, ove richiede come condizione formale un percorso formativo “della durata minima di sei anni o un minimo di 5500 ore di insegnamento teoriche e pratiche impartite in una università o sotto il controllo di una università”.

Riguardo ai contenuti della formazione ci si limita a quattro requisiti piuttosto generici, ovvero:

a) adeguate conoscenze delle scienze sulle quali si fonda l’arte medica, nonché una buona comprensione dei metodi scientifici, compresi i principi relativi alla misura delle funzioni biologiche, alla valutazione di fatti stabiliti scientificamente e all’analisi dei dati;

b) adeguate conoscenze della struttura, delle funzioni e del comportamento degli esseri umani, in buona salute e malati, nonché dei rapporti fra l’ambiente fisico e sociale dell’uomo ed il suo stato di salute;

c) adeguate conoscenze dei problemi e delle metodologie cliniche atte a sviluppare una concezione coerente della natura delle malattie mentali e fisiche, dei tre aspetti della medicina: prevenzione, diagnosi e terapia, nonché della riproduzione umana;

d) adeguata esperienza clinica acquisita sotto opportuno controllo in ospedale”.

Questi requisiti sono stati confermati integralmente nella Direttiva 2005/36/CE2, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (art. 24), e la recente Direttiva 2013/55/UE3 non ha aggiunto niente alla descrizione dei contenuti degli insegnamenti, anche se ha riformulato il requisito formale come segue: “almeno cinque anni di studio complessivi, che possono essere espressi in aggiunta anche in crediti ECTS equivalenti, consistenti in almeno 5500 ore di insegnamento teorico e pratico svolte presso o sotto la supervisione di un’università”.

Nella prospettiva di una effettiva integrazione dei percorsi formativi, sarebbe auspicabile che si confrontassero in modo più esteso e analitico le metodiche didattiche e i contenuti dei singoli insegnamenti, fino a configurare una sorta di “core curriculum” europeo. Si tratta naturalmente di una impresa complessa, per le differenze di tradizione, clima culturale, ordinamenti e legislazioni esistenti fra i diversi paesi. Inoltre un’analisi astratta dei piani di studio rischia di essere fuorviante, se non è accompagnata dalla verifica diretta dei percorsi formativi sperimentati dagli studenti. Questa è stata del resto una delle motivazioni principali per incentivare gli scambi di studenti fra paesi diversi, attraverso i programmi Socrates ed Erasmus.

Come contributo a sviluppare questo tema viene svolta una analisi comparativa fra il sistema formativo italiano e i sistemi formativi di quattro paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito, Svezia), basata sia sull’analisi dei piani di studio che sull’esperienza diretta di studenti che hanno avuto l’opportunità di svolgere in prima persona periodi di studio in almeno tre dei paesi indicati.

Uno sguardo ai piani di studio

Francia

Attualmente gli studi di medicina in Francia comprendono tre cicli suddivisi da due concorsi4,5. Il primo ciclo include il cosiddetto Paces 1 (Première Année Commune des Etudes de Santé), detto anche Licence 1, seguito dalla Licence 2. Il secondo ciclo corrisponde al cosiddetto externat, composto da 4 anni, denominati DCEM (Deuxième cycle des études médicales) 1-2-3-4 e completa quella che possiamo denominare la facoltà di medicina. Il terzo ciclo corrisponde al cosiddetto internat, che equivale alla scuola di specializzazione, e la cui durata varia da 3 a 5 anni, a seconda della specializzazione scelta.

Primo ciclo: Paces o Licence 1. Si tratta di un anno comune a 4 facoltà: medicina, odontoiatria, farmacia e ostetricia. Durante il primo semestre gli studenti seguono corsi di scienze di base (biologia, fisica, chimica), di scienze mediche (anatomia, istologia, embriologia, fisiologia) e di scienze umane e sociali. Al termine del primo semestre, per poter procedere nel percorso della Santé è necessario superare la prima parte di una selezione che verrà completata al termine del secondo semestre. Chi supera la selezione può seguire gli insegnamenti del secondo semestre, durante il quale, accanto alle materie comuni, ciascuno studente inizia ad approfondire materie appartenenti esclusivamente al suo ambito di interesse.

Al termine del secondo semestre viene svolta la selezione nazionale per l’ingresso nel percorso specifico scelto. Ogni anno il Ministero della Salute definisce un numero di posti fisso per ognuna delle 4 facoltà comprese nel percorso della Santé. Per l’anno accademico 2012/2013 erano disponibili 7500 posti per medicina, 1200 posti per odontoiatria, 1017 posti per ostetricia e 3095 per farmacologia. In questo anno soltanto il 20% degli studenti che avevano manifestato l’intenzione di dedicarsi agli studi medici è riuscito ad ottenere l’accesso al secondo anno.

Primo ciclo: Licence 2. Lo studente prosegue la sua formazione approfondendo tematiche delle scienze definite fondamentali (istologia, anatomia, biochimica, biologia) e inizia lo studio della fisiopatologia. Inoltre deve effettuare uno stage infirmier durante il quale viene introdotto alla pratica clinica (affianca gli infermieri ogni mattina e partecipa al giro visite) e lo stage de sémiologie médicale, che richiede di trascorrere metà giornata in un reparto medico e metà giornata in un reparto chirurgico ogni settimana fino alla fine dell’anno.

Secondo Ciclo: DCEM 1 (Licence 3). Lo studente affronta lo studio della fisiologia e della patologia d’organo ed effettua 2 stages di 2 mesi ciascuno (stages de sémeiologie médicale).

Secondo Ciclo: DCEM 2-3-4. Durante questi tre anni lo studente di medicina assume il ruolo di studente ospedaliero (étudiant hospitalier). Ha l’obbligo di stages (stages hospitaliers d’externat) durante tutto l’anno; ciascuno stage ha una durata minima di 2 mesi. Ha inoltre l’obbligo di effettuare almeno 36 guardie durante l’anno e la sua attività ospedaliera viene retribuita durante i 3 anni6. In pratica durante la settimana lo studente frequenta la corsia e nel pomeriggio segue le lezioni in facoltà. In alcuni reparti segue ulteriori corsi e partecipa ad alcuni degli incontri tra gli specialisti, durante i quali prende parte alla discussione dei casi clinici.

Alla fine del DCEM 4 lo studente affronta l’ECN7,8 (examen classant national), esame con graduatoria nazionale per l’accesso alla specializzazione che conferisce anche l’abilitazione all’esercizio della professione. L’esame, che ha una durata di 2 giorni, prevede l’analisi di 9 casi clinici e una prova di lettura critica di articolo scientifico. Ciascuna sezione è valutata in centesimi e il punteggio parziale ottenuto rappresenta il 10 % della valutazione finale.

La selezione per l’ingresso in specializzazione si basa sul punteggio ottenuto all’ECN: gli studenti con punteggio più alto scelgono prima degli altri la specialità e la sede del futuro internat, quelli con punteggio più basso adattano le proprie scelte in base ai posti rimasti vacanti. I posti vengono definiti ogni anno dal Ministero della Salute; nel 2013 sono stati occupati 7562 dei 7820 posti resi disponibili.

Germania

Il corso di laurea in medicina e chirurgia in Germania ha una durata di sei anni, strutturati come 2 anni di studi pre-clinici seguiti da 4 anni di studi clinici.

L’accesso alla facoltà di medicina9 è coordinato dal punto di vista amministrativo dallo Stiftung für Hochschulzulassung (SfH), un’organizzazione statale, ma la selezione è in ultima analisi svolta dalle singole università. Il più importante criterio sul quale si basa la selezione è rappresentato dal punteggio ottenuto al termine della scuola superiore. Tuttavia, è anche possibile, per incrementare le probabilità di successo della propria candidatura, partecipare a specifici test di valutazione organizzati dalle singole università. Per l’anno accademico 2013/2014 i posti disponibili per l’accesso alla facoltà di medicina erano 9068, a fronte di 44334 richieste.

Durante i primi due anni lo studente di medicina non si dedica esclusivamente allo studio di materie di base (fisica, chimica, biologia, anatomia, fisiologia, biochimica, ecc) ma anche alla pratica clinica, in quanto è tenuto ad effettuare un tirocinio infermieristico di tre mesi in un reparto a scelta.

Al termine dei due anni lo studente deve superare un esame di profitto, gestito a livello nazionale (Erster Abschnitt der ärztlichen Prüfung) che gli consente l’accesso agli studi clinici.

Nei tre anni successivi sono previste lezioni in facoltà e 4 mesi di tirocini clinici, anche in questo caso in reparti scelti dallo studente. L’ultimo anno (Praktisches Jahr) è dedicato esclusivamente ai tirocini: almeno uno di 4 mesi in chirurgia ed un altro di 4 mesi in una specialità medica. Tutti i tirocini effettuati in Germania possono, nel caso in cui lo studente lo desiderasse, essere sostituiti da internati elettivi clinici svolti all’estero.

Al termine dei sei anni lo studente si laurea dopo aver superato un esame finale nazionale (Zweiter Abschnitt der ärztlichen Prüfung). Il conseguimento della laurea è abilitante10. Gli studenti che, oltre a superare l’esame finale, hanno anche presentato e discusso un lavoro di ricerca possono ottenere il titolo accademico di dottore di ricerca (Dr. Med.).

Poiché non esiste una selezione condotta a livello nazionale, per proseguire nella formazione specialistica i laureati in medicina fanno domanda presso lo specifico ospedale dove intendono specializzarsi. La durata della formazione post-laurea varia in base alla specialità scelta, tuttavia in media è di 5 anni, al termine dei quali viene conseguito il titolo di Facharzt (specialista).

Regno Unito

Il corso degli studi di medicina in Regno Unito dura dai 5 anni (2 anni di studi preclinici + 3 anni di studi clinici) ai 6-7 anni nel caso in cui lo studente abbia intenzione di effettuare 1 o 2 anni ulteriori che gli consentono di conseguire un intercalated degree in una materia correlata al corso di medicina (biologia, neuroscienze, ecc), allo scopo di ottenere una solida formazione nella ricerca scientifica.

Le domande per l’accesso alla facoltà vengono effettuate attraverso lo Universities and Colleges Admissions Service (UCAS), come avviene anche per le altre facoltà britanniche. Attualmente gli studenti di medicina, oltre a superare l’intervista per la specifica Università scelta, nel caso in cui vengano selezionati devono anche superare lo United Kingdom Clinical Aptitude Test (UKCAT) (richiesto da 26 Università) e il BioMedical Admissions Test (BMAT) (richiesto da 5 Università). Per il 2013 erano disponibili circa 8000 posti per la facoltà di medicina con circa 21000 richieste di ammissione.

Tradizionalmente la formazione medica prevedeva 2 anni di studi preclinici e 3 anni di studi clinici nettamente separati. Attualmente le diverse Università hanno la possibilità di attuare forme di integrazione fra gli studi di materie precliniche e cliniche. In alcune facoltà i corsi sono organizzati in modo che ciascun apparato venga studiato allo stesso tempo su diversi piani: istologico, anatomico, fisiologico ed infine patologico. Viene descritto a titolo esemplificativo un percorso formativo comprendente un anno per il conseguimento di un intercalated degree e il piano di studi della facoltà di medicina dell’Imperial College di Londra11.

Il primo anno è concepito come introduzione alla evidence-based medicine e alla pratica clinica. I corsi includono una sessione introduttiva al percorso di formazione in ambito medico (2 settimane circa), lezioni sulle basi scientifiche della medicina e sul rapporto medico-paziente, ed un programma di esperienze cliniche. Queste ultime sono guidate da specialisti che lavorano in ambito ospedaliero e in medicina generale e consentono allo studente di comprendere ed apprendere le modalità di confronto con il paziente e di gestione del colloquio con malati cronici, oncologici.

Con il secondo anno lo studente affronta l’analisi di sistemi ed organi dal punto di vista fisiopatologico ed effettua alcuni tirocini clinici in ambito ospedaliero. Sono generalmente previsti due o tre tirocini della durata di 10-11 settimane.

Durante il terzo anno lo studente inizia ad affrontare le discipline cliniche e deve effettuare tre tirocini clinici della durata di 10 settimane durante i quali assume un ruolo attivo e codificato: segue il giro visite, affianca gli specializzandi nella attività di reparto e presenta casi clinici durante le consultant teaching lessons tenute da specialisti del reparto.

Il quarto anno rappresenta in questo specifico programma l’intercalated year che consente di ottenere un Bachelor’s degree nella materia scelta dallo studente. Durante questo periodo lo studente può essere inserito in un progetto di ricerca oppure può seguire un corso specialistico in aree di particolare interesse dal punto di vista medico o scientifico, che in genere hanno un forte contenuto nelle scienze di base.

Il quinto e il sesto anno sono dedicati allo studio delle specialità cliniche e all’esperienza in ospedale che prevede al quinto anno un mese di tirocinio e all’ultimo anno sette tirocini clinici di 3 settimane ciascuno, un tirocinio in un reparto a scelta ed un internato clinico di 8 settimane all’estero.

Al termine della formazione medica universitaria (undergraduate) è prevista una selezione nazionale che consente l’ingresso, sulla base della posizione ottenuta, al Foundation Programme12. L’ammissione all’Università prescelta non è però automatica, ma subordinata all’esito positivo di un colloquio. Il Foundation Programme comprende 2 anni durante i quali il futuro specialista ruota in diversi reparti e in diversi ospedali. Il primo anno conferisce l’abilitazione all’esercizio della professione e al termine dei 2 anni il medico prosegue la sua formazione nel percorso specialistico scelto o nella medicina generale.

Per la formazione nel campo della medicina generale occorre completare un training di tre anni che comprende 18 mesi spesi in diverse specialità (pediatria, psichiatria, geriatria e ginecologia ed ostetricia) ed ulteriori 18 mesi come General Practice Speciality Registrar presso un’unità di medicina generale.

Coloro che hanno deciso di intraprendere una specializzazione medica o chirurgica devono partecipare alla selezione per lo Specialty Training13, coordinata a livello  nazionale ma gestita dalle singole università. Si tratta di un percorso di formazione specialistica che ha durata di 6 anni. Nel 2013 i posti disponibili erano 691614, a fronte di un numero di richieste pari a 17206. Gli ammessi acquisiscono durante lo Specialty Training la qualifica di Registrar e al termine dei 6 anni conseguono il Certificate of Completion of Training, che consente l’accesso alle posizioni di specialista (Consultant) all’interno del sistema sanitario britannico.

Recentemente è stata introdotta anche una tipologia di formazione post-laurea che prevede, oltre alla formazione specialistica precedentemente descritta, un impegno specifico nella ricerca e nell’insegnamento. Questo percorso prevede un programma parallelo al Foundation Programme, denominato Academic Foundation Programme (AFP), seguito una formazione specialistica che in questo caso comprende 3 anni come Academic Clinical Fellow e ulteriori 4 anni di Clinical Lectureship. Alcuni laureati interessati alla ricerca in realtà acquisiscono anche un dottorato (PhD) subito prima o immediatamente dopo l’AFP.

Svezia

Il programma della facoltà di medicina in Svezia prevede 11 semestri complessivi di attività teorica e pratica.

L’accesso alla facoltà di medicina15 prevede in prima istanza la valutazione dei voti ottenuti alla scuola secondaria. Tuttavia, per gli studenti che non abbiano ottenuto voti eccellenti è possibile una seconda via di accesso che passa attraverso la partecipazione allo Högskoleprovet (Swedish Scholastic Aptitude Test), test che comprende soprattutto esercizi di algebra e aritmetica e una sezione di comprensione verbale in svedese e inglese. La soglia di punteggio sufficiente per l’ammissione è definita dalle singole facoltà. Nel caso restino posti liberi, è possibile coprirli attraverso una selezione locale che si basa su un’intervista, integrata da un test neuropsicologico e un’analisi motivazionale. Ogni anno in Svezia vengono resi disponibili circa 1300 posti e nel 2013 le richieste erano 1006316.

Il percorso di formazione medica a livello universitario può essere diviso in due livelli: Basic level, corrispondente ai semestri da 1 a 6; Advanced level, corrispondente ai semestri da 7 a 11. Il passaggio da un semestre al successivo è subordinato al superamento di un esame che comprende tutte le materie affrontate nei 6 mesi precedenti. A ciascun livello è inoltre necessario presentare un lavoro di tesi basato su progetti sviluppati autonomamente dallo studente17. In generale, la suddivisione degli insegnamenti e delle attività nei vari semestri è la seguente:

Semestri 1-3: corso di introduzione al percorso formativo in ambito medico, comprendente le usuali materie di base (anatomia, biologia, biochimica, fisiologia).

Semestri 4-5: dopo i corsi di microbiologia e patologia ha inizio la formazione clinica. Contestualmente ha inizio la frequenza in ospedale, che usualmente viene attuata subito dopo il corso teorico della specifica disciplina clinica. Generalmente ogni anno sono previsti 4 internati clinici di 3 settimane ciascuno durante i quali lo studente frequenta il reparto ed  ha un ruolo attivo nelle attività di corsia: segue il giro delle visite, compila la cartella clinica e viene supervisionato dai senior doctors. Peraltro anche la formazione teorica che precede il tirocinio comporta una significativa attività di corsia.

Semestri  6-9: continuano i corsi di materie cliniche e la frequenza in ospedale secondo lo stesso schema dei semestri precedenti.

Semestre 10:  il semestre è dedicato essenzialmente alla preparazione della tesi.

Semestre 11: lo studente prosegue lo studio delle materie cliniche e frequenta un tirocinio in medicina interna e medicina generale.

Al termine degli 11 semestri il junior doctor deve effettuare almeno 18 mesi di stages in diversi reparti ospedalieri prima di conseguire l’abilitazione con un esame locale18.

L’accesso alla specializzazione segue questo stage e non è gestito a livello nazionale ma dalle singole Università, che operano in generale una selezione basata sia sul curriculum che su una intervista. Il numero di posti di specializzazione è pari a circa 1500 all’anno, e negli ultimi anni è stato sempre superiore al numero di laureati.

L’esperienza sul campo

Vengono riportate di seguito, in forma schematica, le osservazioni che gli studenti hanno tratto dalla loro esperienza concreta.

Francia

La medicina in Francia si impara poco dai libri e molto al letto del malato. Gli esami sono concepiti e strutturati in funzione dell’ECN e gli anni di formazione clinica rappresentano essenzialmente una corsa preparatoria alla selezione per l’ingresso in specializzazione. I libri che sono utilizzati per la preparazione degli esami sono scritti dai Collèges des spécialistes e molto spesso vengono affiancati da compendi estremamente stringati con le mots-clés (parole chiave) utilizzate per la risposta alle prove dell’ECN e le domande delle passate edizioni dell’ECN.

Il sistema dei tirocini francesi è un sistema organico, organizzato e ben gestito. Lo studente ha un ruolo codificato: gli vengono assegnati dei pazienti, la gestione dei quali è condivisa con uno degli specializzandi; è obbligato ad affiancare gli specialisti durante le guardie notturne; deve partecipare ai corsi svolti all’interno del reparto; in alcuni casi presenta casi clinici durante gli incontri settimanali degli specialisti.

I momenti di confronto con gli specializzandi e il personale strutturato sono molti, tuttavia la mancanza di una forte base teorica non consente agli studenti di assumere un atteggiamento critico nella valutazione del caso clinico. A volte si ha addirittura l’impressione che lo studente non raggiunga una effettiva consapevolezza della pratica clinica che impara in corsia, ma si limiti a ripetere pedissequamente ciò che gli è stato insegnato.

Nel complesso gli studenti che hanno acquisito familiarità con il sistema francese ne indicano come pregi: la preparazione alla pratica clinica; la capacità di condurre il colloquio con il paziente in maniera autonoma fin dai primi anni di studio; la capacità di identificare i principali quadri clinici, il confronto giornaliero con gli specializzandi. I difetti segnalati sono invece i seguenti: l’impegno in ospedale lascia poco spazio allo studio (gli esami sono basati su casi clinici molto simili al modello ECN); la scarsa conoscenza teorica non consente una sufficiente coscienza nella gestione del malato; manca un feedback degli studenti sulla qualità dei corsi e dei tirocini.

Si sottolinea inoltre che il sistema consente a tutti gli studenti di raggiungere un livello comune di preparazione in ambito medico, uniformando la loro formazione. Mentre alcuni considerano questo risultato come un pregio, altri fanno rilevare che il sistema non incentiva lo sviluppo di uno spirito critico e scoraggia qualsiasi iniziativa autonoma e originale.

Germania

Anche in Germania la formazione medica è molto sbilanciata verso la pratica clinica. Il tempo dedicato alle scienze di base è limitato e la tendenza attuale in questo paese è quella di ridurre ulteriormente lo studio di queste materie a favore di un inizio più precoce della formazione clinica.

Nonostante il tempo dedicato alle discipline di base sia molto ridotto, gli studenti più motivati ed interessati alla ricerca hanno comunque la possibilità di partecipare ad un progetto di ricerca e di ottenere, al termine del percorso di studi e dopo la discussione di una tesi, il titolo di dottore di ricerca in medicina, che fornisce la possibilità di accesso alla carriera accademica.

Dall’altro lato l’esperienza clinica ottenuta durante i tirocini universitari è molto formativa. Come avviene anche negli altri paesi considerati, lo studente assume un ruolo attivo nella gestione del paziente ed è integrato nel team di reparto.

Va tuttavia sottolineata l’eterogeneità dell’ambiente universitario: la qualità della preparazione sia in ambito di ricerca e di studio delle materie di base che in ambito clinico è strettamente dipendente dall’Università presso al quale si svolge la propria formazione e di fatto esiste una netta distinzione fra Università di alto e basso livello. Esistono inoltre significativi fenomeni di migrazione studentesca, in quanto la definizione di un numero chiuso per l’accesso alla facoltà di medicina ha stimolato lo spostamento di studenti verso la Romania e la Bulgaria19, dove l’accesso alla facoltà di medicina non è limitato. Molti studenti completano nel paese straniero la formazione preclinica rientrando poi in Germania per proseguire con la formazione clinica.

Regno Unito

Il sistema britannico condivide con quello francese e tedesco l’enfasi posta sulla formazione pratica, ma la sua organizzazione complessiva, con la successione tra insegnamenti preclinici e insegnamenti clinici, è più prossima al sistema italiano. Lo studio delle materie di base non è trascurato, tuttavia la qualità degli studi preclinici non è omogenea ma largamente dipendente dall’università presso la quale si è iscritti.

L’inizio dello studio delle materie cliniche si accompagna anche all’inizio delle lezioni pratiche al letto del paziente. I tirocini sono ben strutturati, lo studente visita il paziente in prima persona e si confronta con gli specializzandi e i docenti durante il giro visite. I corsi pratici prevedono anche lezioni per la preparazione all’approccio del paziente, per la gestione del colloquio e per lo sviluppo di adeguate tecniche di interazione con pazienti che presentano problematiche particolari, come quelli oncologici.

È presente un servizio di tutorato sia durante la formazione pre-laurea che durante la specializzazione. Il tutor fornisce suggerimenti sulle scelte accademiche e rappresenta anche il punto di riferimento per risolvere problematiche incontrate durante la formazione. Un altro aspetto caratteristico del sistema inglese è rappresentato da prizes e awards che possono essere assegnati agli studenti più meritevoli, o che hanno presentato progetti di ricerca rilevanti negli specifici ambiti. È prevista la valutazione dei corsi e dei tirocini da parte degli studenti. Come descritto sopra, per la maggior parte degli studenti è anche possibile ottenere un intercalated degree, aggiungendo un anno di ricerca al periodo di formazione prelaurea.

Nel complesso gli studenti segnalano che il sistema britannico si colloca fra quello italiano e quello francese, nel senso la teoria non è completamente tralasciata e l’esperienza clinica è ben gestita. Come il sistema francese, quello britannico si prefigge di far raggiungere agli studenti un livello standardizzato di conoscenza della medicina, con il potenziale rischio di scoraggiare la tendenza all’apprendimento critico.

Svezia

Il sistema di formazione medica in Svezia presenta alcune problematiche che nascono principalmente dall’alta selettività dell’accesso alla facoltà di medicina. Come in Germania, molti studenti che riescono ad essere ammessi agli studi medici, anche dopo numerosi tentativi, decidono di conseguire la laurea in altri paesi, soprattutto dell’Europa orientale, poi rientrano in Svezia per completare la loro formazione con la specializzazione. In ogni caso la programmazione degli accessi non si è rivelata adeguata e negli ultimi anni si è registrata una notevole carenza di medici, tanto che buona parte degli specialisti non è di origine svedese.

Il sistema formativo svedese presenta comunque diversi aspetti positivi. La formazione universitaria in genere è gratuita per gli studenti di origine svedese, che percepiscono un sussidio da parte dello Stato durante il periodo universitario.  Inoltre il sistema universitario si caratterizza per la sua dinamicità: gli studenti partecipano alla valutazione e alla definizione dell’attività didattica, sono incentivate modalità alternative di insegnamento (e-learning) e gli studenti hanno la possibilità di partecipare gratuitamente alle conferenze organizzate in ambito accademico dalla propria università.

Il tempo dedicato allo studio delle discipline di base è molto limitato rispetto a quello destinato alla preparazione clinica, tuttavia gli studenti motivati hanno la possibilità di essere coinvolti in progetti di ricerca di base di loro interesse, assumendo un ruolo attivo nella definizione e nella gestione degli stessi ed aumentando così le possibilità di produrre pubblicazioni già prima della laurea. L’attenzione per la ricerca è dimostrata anche dal fatto che il percorso di formazione clinico post-laurea può essere facilmente integrato con un dottorato di ricerca, grazie all’istituzione di programmi che coniugano ricerca e attività clinica part-time.

In ultima analisi, nonostante lo squilibrio tra lo scarso numero di studenti che accedono alla formazione universitaria e l’alto numero di specialisti richiesti, il sistema svedese è un sistema che non trascura la preparazione relativa alle materie di base e alla ricerca, fornisce una solida preparazione clinica, integra diverse modalità di insegnamento e concede agli studenti l’opportunità di partecipare in maniera attiva alla definizione della didattica.

Discussione e conclusioni

Pur nella varietà degli ordinamenti e dei piani di studio, le discipline che costituiscono oggetto di insegnamento sono simili in tutti i paesi esaminati. L’analisi dettagliata dei piani di studio mostra però differenze significative. Nella figura 1 abbiamo cercato di ripartire schematicamente le attività previste in ogni anno di corso fra discipline di base, discipline cliniche e attività pratica svolta nei reparti clinici e nella figura 2 è riportato un riassunto cumulativo per i diversi paesi presi in esame, estendendo l’analisi fino al momento del conseguimento dell’abilitazione professionale.

Nell’ordinamento italiano lo spazio riservato alla specifica formazione professionalizzante è costituito dai 60 CFU di tirocinio professionalizzante, pari a circa un anno dei sei di durata della laurea magistrale, ai quali fanno seguito tre mesi di tirocinio post-laurea necessari per l’ammissione all’esame di stato. Di contro la durata delle attività professionalizzanti richieste prima dell’accesso alla professione medica è superiore a 2 e mezzo anni in Francia, Germania e nel Regno Unito, e a 3 anni in Svezia. In ciascuno di questi paesi quindi la frequenza a tempo pieno in reparti clinici è sostanzialmente superiore a quello che accade nella realtà italiana. A ciò si associa necessariamente una riduzione significativa nello spazio dedicato alle discipline di base e alla didattica frontale. In particolare in tutti i paesi presi in esame le discipline di base non trovano spazio dopo il secondo anno di corso, se non come componente di corsi integrati a prevalente impronta clinica.

L’esperienza personale riferita dagli studenti è in accordo con i risultati di questa analisi. La formazione teorica fornita dal sistema italiano è apparsa superiore a quella rilevata in tutte le realtà esaminate. In particolare l’approccio fisiopatologico fondato sull’integrazione fra discipline di base e discipline cliniche è virtualmente assente in alcuni paesi (Francia, Germania) e circoscritto in altri (Regno Unito e Svezia). D’altro lato si conferma che nel sistema italiano l’interazione fra studente e paziente è molto più limitata. Anche al di là della semplice valutazione quantitativa del tempo trascorso in reparto, l’impostazione generale della didattica clinica appare sostanzialmente diversa, e attività improntate al problem-based learning e al problem solving sono meno sviluppate che in ciascuno dei paesi presi in esame. Inoltre in tutti i paesi considerati le prove di verifica delle discipline cliniche sono basate in ampia misura (Germania e Regno Unito) o pressochè totalmente (Francia e Svezia) sull’analisi di casi clinici concreti.

È degno di nota anche il fatto che in alcune realtà (Francia) lo studente già dal terzo anno di corso riceve specifici compiti assistenziali nella gestione del paziente. Un’altra osservazione interessante è l’esistenza, in Germania e nel Regno Unito, di specifici percorsi istituzionalizzati opzionali per la formazione alla ricerca, che si conformano alle recenti raccomandazioni della European Science Foundation, prefigurando una sorta di “MD/PhD”20.

Come dato collaterale della nostra analisi ricordiamo che anche le procedure di selezione per l’accesso agli studi medici mostrano differenze significative (vd Tabella). L’Italia è l’unico paese che prevede una selezione all’ingresso interamente gestita a livello nazionale. In Germania, in Svezia e nel Regno Unito la responsabilità ultima delle selezione spetta alle singole università, anche se in ciascun paese parte del punteggio e/o della selezione vengono gestiti a livello nazionale. La Francia attua una procedura particolare, nella quale una selezione nazionale viene operata solo dopo il primo anno di corso.

Riguardo all’accesso alla specializzazione, oggetto attualmente di un intenso dibattito nel nostro paese, la situazione europea è variegata. Una selezione basata unicamente su un esame nazionale è operata soltanto in Francia, mentre in Germania, Regno Unito e Svezia esiste una significativa componente locale nella procedura di selezione.

In conclusione riteniamo di poter auspicare che i punti di forza del sistema formativo italiano, costituiti dal rilievo dato alla formazione scientifica e fisiopatologica, vengano preservati, ma che lo spazio dedicato alla didattica frontale tradizionale venga ridotto per favorire lo sviluppo di modelli innovativi di pedagogia medica e garantire una più precoce ed estesa interazione con il paziente.

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Fig. 1 – Distribuzione approssimativa delle attività formative nei diversi anni di corso, come percentuale del tempo totale disponibile. Sono incluse le attività post-laurea necessarie per il conseguimento dell’abilitazione professionale. Le attività sono distinte in discipline di base, discipline cliniche (termine con cui si fa riferimento a insegnamenti impartiti attraverso lezioni frontali o interattive) e attività pratiche svolte attraverso la frequenza nei reparti clinici, approssimativamente equivalenti al “tirocinio professionalizzante” dell’ordinamento italiano. Corsi che integrano discipline di base e discipline cliniche sono inclusi nell’ambito delle discipline cliniche. La tabella fa riferimento in particolare ai piani di studio delle seguenti istituzioni: per l’Italia l’Università di Pisa, per la Francia l’Università Diderot di Parigi, per la Germania l’Università Charité di Berlino, per il Regno Unito l’Imperial College di Londra, per la Svezia l’Università di Lund. Nel caso del Regno Unito il IV anno corrisponde all’intercalated year, dedicato in larga misura alla ricerca, ma utilizzato anche per integrare la formazione di base.

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Fig. 2 – Distribuzione globale delle attività formative nel corso degli studi medici, espressa in anni. Come nella figura 1, le attività sono distinte in discipline di base, discipline cliniche (termine con cui si fa riferimento a insegnamenti impartiti attraverso lezioni frontali o interattive) e attività pratiche svolte attraverso la frequenza nei reparti clinici, approssimativamente equivalenti al “tirocinio professionalizzante” dell’ordinamento italiano.

Bibliografia

1) DM Decreto Legislativo 17-8-99 n. 368,  http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/99368dl.html

2) Direttiva 2005/36/CE, http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2005:255:0022:0142:it:PDF

3) Direttiva 2013/55/UE, http://www.agrotecnici.it/DIRETTIVA_2013-55-CE.pdf

4) http://www.enseignementsup-recherche.gouv.fr/cid53276/les-etudes-sante.html#Les études de médecine

5) http://www.legifrance.gouv.fr/affichCode.do?idArticle=LEGIARTI000020829142&idSectionTA=LEGISCTA000006166666&cidTexte=LEGITEXT000006071191&dateTexte=20131227

6) http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000022502960&dateTexte=&categorieLien=id

7) http://www.anemf.org/Le-deroulement-des-ECN.html

8) http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000781548&dateTexte=&categorieLien=id

9) http://www.hochschulstart.de/index.php?id=515

10)http://www.charite.de/studium_lehre/studieren_an_der_charite/grundstaendige_studiengaenge/modellstudiengang_medizin/ http://www.impp.de/IMPP2010/Index.php

11) http://www1.imperial.ac.uk/medicine/teaching/undergraduate/mbbsbscmedicine/

12) http://www.foundationprogramme.nhs.uk/pages/home

13) http://specialtytraining.hee.nhs.uk/

14) http://specialtytraining.hee.nhs.uk/wp-content/uploads/sites/475/2013/03/Specialty-Training-2013.pdf

15) http://jamforutbildning.studera.nu/sok-jamfor/omrade/medicin-110?examen=28

16) http://www.lakarutbildningar.se/

17) http://www.med.lu.se/laekarutbildning

18) Tillgång på specialistläkare 2010, Labour Supply in Sweden Qualified Medical Specialists 2010, The National Board of Health and Welfare, Publication Year: 2012.

19)http://www.aerztezeitung.de/politik_gesellschaft/berufspolitik/article/818928/medizinstudium-nc-probleme-ab-balkan.html

20) European Science Foundation. 46 Science policy briefing: Medical Education in Europe. http://www.cun.it/media/120463/mo_2013_05_07_allegato.pdf

Cita questo articolo

Accorroni A., Zucchi R., Studiare Medicina in Europa. Dai piani di studio all’esperienza sul campo, Medicina e Chirurgia, 62: 2783-2790, 2014. DOI:  10.4487/medchir2014-62-2