Studio longitudinale sul benessere e le attitudini degli studenti di medicina e chirurgia: focus su alcuni risultati dei primi due tempi della ricercan.81, 2019, pp. 3601-3607, DOI: 10.4487/medchir2018-81-2

Abstract

In Italy, current undergraduate medical-school (UMS) assessment procedures test applicants’ cognitive skills only. There are not studies investigating the importance of non-cognitive skills as well as the impact of academic life (course, training, exams, and the like) on students well-being. In order to fill this gap the Italian Conference of UMS Directors promoted a longitudinal research aimed at investigating students’ well-being across the 6-years of course of study.
The research was longitudinal in design and involved 6 Universities equally distributed in the different geographic zones of Italy. A questionnaire measuring personality and self-efficacy; psychological well-being; motivational and vocational factors; socio-demographic variables was administered at the beginning of the first year and of the third year. A total of 834 students were enrolled in the first wave: the remainers at the second wave were 478 (about 53%).
Preliminary results obtained from the analysis of the questionnaire show that students personality profiles are relatively stable especially as are as rank order stability in personality traits (the so called “Big Five”), self-efficacy and empathy. However, moderate al-though significant decrease in academic self-efficacy and life satisfaction, and increase in personal disease across time emerged.
Although medicine students show high levels of self-regulation capability, as well individual profiles evidencing a substantial well being, the 3 years of course of Medicine show a significant (albeit moderate) impact on students perceptions of themselves. In particular, academic activities likely produced a more realistic self-evaluation of own academic capabilities. The commitments of the course of studies have a likely impact in increase a sense of personal disease of stu-dents.

Riassunto
In Italia, le attuali procedure per l’ingresso nei corsi di studio di medicina valutano solo le abilità cognitive dei candidati. Non vi sono studi che indaghino l’importanza delle abilità non cognitive e l’impatto della vita accademica (corso, formazione, esami e simili) sul benessere degli studenti. Per colmare questa lacuna, la Conferenza Italiana dei Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgia ha promosso una ricerca longitudinale finalizzata a indagare il benessere degli studenti nei 6 anni di corso di studio.
La ricerca è longitudinale e coinvolge 6 Università equamente distribuite nelle diverse zone geografiche d’Italia. Un questionario che misura i tratti di personalità e l’auto-efficacia; il benessere psicologico; i fattori motivazionali e vocazionali; le variabili socio-demografiche è stato somministrato all’inizio del primo anno e del terzo anno. Un totale di 834 studenti sono stati interessati nel primo tempo: i rimanenti al secondo tempo erano 478 (circa il 53%).
I risultati preliminari ottenuti dall’analisi del questionario mostrano che i profili di personalità degli studenti sono relativamente stabili, specialmente la stabilità dell’ordine di rango nei tratti della personalità (i cosiddetti “Big Five”), l’autoefficacia e l’empatia. Tuttavia, è emersa una moderata, anche se significativa, diminuzione dell’efficacia accademica e della soddisfazione della vita, e l’aumento del disagio personale nel tempo. Sebbene gli studenti di medicina mostrino alti livelli di capacità di autoregolamentazione, così come i profili individuali che dimostrano un sostanziale benessere, i 3 anni di corso di Medicina mostrano un impatto significativo (anche se moderato) sulla percezione da parte degli studenti di se stessi. In particolare, le attività accademiche hanno probabilmente prodotto un’autovalutazione più realistica delle proprie capacità accademiche. Gli impegni del corso di studi hanno un probabile impatto nell’au-mentare il senso di disagio personale degli studenti.

Key-words: longitudinale, benessere, stabilità, studenti (longitudinal, well-being, stability, students)

Articolo

Introduzione

Il Gruppo di Lavoro della Conferenza ha proposto uno studio longitudinale sul benessere e le attitudini degli studenti di Medicina, i cui risultati, nelle diverse fasi dello studio pre-viste (all’inizio del corso, all’inizio del terzo anno e alla fine del sesto anno) e a due anni dopo la laurea, dovrebbero dare importanti indicazioni su come migliorare la valutazione delle caratteristiche psicoattitudinali dei candidati, sul migliore orientamento professionale per gli stessi, finalizzato a fornire evidenze per la costruzione di un migliore processo di selezione a Medicina in Italia (Cavaggioni et al., 2013; Familiari et al., 2014; Barbaranelli et al., 2014, Patterson et al., 2016; 2018).
I risultati attesi da questo studio sono anche finalizzati al miglioramento della qualità della formazione professionale, alla diminuzione del drop out e quindi alla riduzione dei tempi di latenza tra la fine della scuola superiore e l’ingresso nel lavoro, alla rilevazione dei potenziali studenti che potrebbero presentare condizioni di disagio e avere necessità di aiuto psicologico durante il percorso di studio (Cavaggioni et al., 2013; Familiari et al., 2014; Barbaranelli et al., 2014).
In questo lavoro sono sinteticamente pre-sentati i risultati relativi alla seconda fase del-lo studio considerando le dimensioni considerate ex novo in questa seconda fase, sia i cambiamenti in alcune delle variabili rilevate nella prima fase (Barbaranelli et al., 2016).

Il questionario e le caratteristiche socio-demografiche del campione

Alla prima fase della ricerca hanno partecipato 980 studenti provenienti da 7 atenei equamente distribuiti sul territorio italiano. Le caratteristiche di questo campione sono state riportate nel lavoro empirico che ha descritto tale fase (Barbaranelli et al., 2016). Alla seconda fase hanno partecipato complessivamente 478 studenti. L’età degli studenti è compresa tra i 18 e i 30 anni (M =21.94, DS = 1.07), con il 60% del campione di sesso femminile.
Delle 8 sedi che inizialmente avevano partecipato alla prima fase della ricerca, una (Caltanissetta-Palermo) non ha partecipato alla seconda fase del progetto. Con l’esclusione di tale sede, circa il 58% dei partecipanti alla prima fase è stato presente anche nella seconda fase. Il tasso di attrition varia dal 20.5% al 79% a seconda della sede, con un tasso medio pari al 42.7%. Sono state esaminate le differenze tra i partecipanti rimasti nella ricerca e i partecipanti che risultano “persi”. I risultati evidenziano che il genere non è associato con l’attrition: χ²(1) = .172, p = .679. Anche l’età non ha alcuna relazione con l’attrition: F (1,806) = .028, p = .868 , così come i soggetti rimasti nel progetto non differiscono da quelli “persi” nel voto di maturità riportato al T1: F (1,751) = 1.741, p = .187. È inoltre importante sottolineare che gli studenti che non hanno partecipato al T2 non mostravano punteggi significativamente diversi sulle scale considerate nello studio da quelli della controparte della coorte che invece ha proseguito la ricerca al T1: F (27, 633) = 1.07, p = .373; Wilk’s χ = .956 . In buona sostanza, si può affermare che la proporzione di soggetti “persi” al T2 non sia riconducibile alle variabili oggetto d’esame nell’ambito del progetto.
Il questionario distribuito durante il primo semestre del terzo anno di frequenza, oltre ad analizzare le caratteristiche socio demografiche degli studenti, conteneva i seguenti strumenti di misura utilizzati anche nel primo tempo: scale di auto efficacia (Caprara, 2001), una versione semplificata del Big Five Questionnaire 2 (Caprara et al., 2008), l’indice di reattività personale (IRI, Davis, 1983), l’SCL-90R (Derogatis, 1994), la scala di positività (Caprara et al., 2012). Le scale introdotte ex-novo riguardavano la Soddisfazione verso gli studi (costituita da item mutuati dai principali strumenti utilizzati per la valutazione dei cor-si di studio), lo Stress (Cohen et al., 1983) e la versione italiana del Revised Two Factor Study Process Questionnaire (R-SPQ-2F; Biggs et al., 2001; Barbaranelli et al., 2018) per la misura dell’Orientamento allo studio.
Il questionario era approvato dalla Conferenza Permanente e dai Comitati Etici delle diverse sedi, e veniva distribuito con il consenso informato degli studenti che autorizzavano la diffusione ai fini scientifici dei soli dati aggregati dello stesso studio.

Risultati
Prenderemo in esame innanzi tutto i ri-sultati delle 3 scale “nuove” introdotte nel secondo tempo della ricerca. Per quanto riguarda la soddisfazione verso il corso di studio, tutti gli item risultano in medie sostanzialmente uguali o maggiori della media “teorica” di 3 (la scala usata va da 1 = per nulla soddisfatto/a a 5 = del tutto soddisfatto/a). Le aree di maggiore soddisfazione sono il corso di laurea, la facoltà e il rapporto con i colleghi. Le aree di minore soddisfazione sono il personale amministrativo e il modo in cui i professori fanno lezione. Per quanto riguarda la percezione di stress, il sentirsi nervosi o “stressati” e l’avere la sensazione di non riuscire a stare dietro a tutte le cose da fare, e la sensazione che le cose non vadano come si vorrebbe sono gli elementi di maggiore preoccupa-zione. Per quanto riguarda invece l’orientamento allo studio, gli studenti aderiscono in modo significativo ad un orientamento in cui lo studio dà un senso di profonda soddisfazione personale, in cui studiare le materie accademiche risulta essere avvincente e positivo, in cui si ritiene importante approfondire quanto viene proposto nei testi e nelle lezioni. Trova sicuramente molta meno adesione un approccio orientato verso una visione utilitaristica dello studio, improntata al superamento degli esami con il minimo sforzo, facendo il minimo indispensabile.
Per quanto riguarda le misure utilizzate nei 2 tempi, le analisi evidenziano innanzi tutto una sostanziale assenza di differenze significative tra le persone che sono rimaste nella ricerca e gli studenti “persi” nel secondo tempo.
Venendo ai risultati sostantivi del tempo 2, nei 5 grandi fattori della personalità (i cosiddetti “Big Five”) emerge innanzi tutto una forte correlazione tra i punteggi ottenuti nei 2 tempi, con correlazioni che vanno da .48 a .61: queste correlazioni testimoniano per una cosiddetta rank order stability, ovvero una stabilità della posizione relativa degli individui nel campione considerato, indipendentemente dai cambiamenti che possono verificarsi nel livello medio delle caratteristiche considerate. Se l’ordine dei punteggi nel gruppo rimane molto stabile, si assiste tuttavia ad un cambiamento nei valori medi dei tratti rilevati come emerge nella Figura 1, con punteggi che risultano al secondo tempo più bassi di quelli rilevati al tempo 1.

Figura 1. Punteggi dei Big Five nei due tempi della ricerca

Energia (tendenza ad affrontare situazioni e contesti di vita di vita differenti con vigore);
Amicalità (orientamento alla socialità e all’atteggiamento positivo nei confronti degli altri);
Coscienziosità (disposizione all’ordine, al metodo e alla perseveranza nelle attività che si intrapren-dono);
Stabilità emotiva (propensione al mantenimento costante del controllo delle emozioni negative);
Apertura mentale (tendenza all’apertura alle novità e agli stimoli non conformi alle abitudini personali).

Anche per le convinzioni di auto-efficacia percepita le correlazioni tra i punteggi ottenuti nei 2 tempi sono molto forti, essendo comprese tra .42 e .62, testimoniando così per una elevata rank order stability. Anche per queste caratteristiche si assiste tuttavia ad un cambiamento nei valori medi (vedi Fi-gura 2), con una tendenza generale a punteggi più bassi nel secondo anno che diventa significativa però solo per l’efficacia nella attività accademiche e nella resistenza alle pressioni dei pari.

Figura 2. Punteggi dell’Autoefficacia nei due tempi della ricerca
Autoefficacia:
nelle attività accademiche (percezioni della propria efficacia nella gestione dello studio, delle attività di gruppo e nelle relazioni con docenti e colleghi);
nell’essere assertivi (capacità percepite di esprimere e sostenere con forza le proprie opinioni e i propri diritti);
nella gestione delle emozioni ( capacità percepita nella gestione degli effetti delle emozioni nega-tive come la paura e la tristezza);
nell’empatia (percezioni relative alla propria competenza di aiutare e comprendere gli altri nei loro momenti di difficoltà);
nella sfera sociale (percepirsi in grado di stringere nuove amicizie e partecipare attivamente nelle occasioni sociali);
nella regolazione delle condotte trasgressive (percepirsi capaci di resistere alla pressioni degli altri e a persistere in attività in cui non ci si sente coinvolti);
nel problem solving (percezioni delle proprie competenze nella risoluzione dei problemi e nella ricerca di strategie alternative per contribuire alla loro risoluzione).

Anche per quanto riguarda l’empatia, la soddisfazione di vita e la positività emerge una forte stabilità dei punteggi ottenuti nei 2 tempi, con correlazioni che vanno da .43 a .56: anche in questo caso le alte correlazioni a distanza di tre anni testimoniano per una elevata stabilità della posizione relativa degli individui nel campione considerato. Se l’ordine dei punteggi nel gruppo rimane molto stabile, si assiste anche per queste variabili ad un cambiamento nei valori medi dei tratti rilevati come emerge nella Figura 3, con punteggi che risultano al secondo tempo più bassi di quelli rilevati al tempo 2 per tutte le dimensioni esaminate tranne due.

Figura 3. Punteggi dell’Empatia, della Soddisfazione di vita e della Positività nei due tempi della ricerca
Empatia/fantasia (tendenza a trasporre i pro-pri sentimenti e le proprie azioni in quelle di personaggi non reali, come gli eroi dei film e dei fumetti);
Empatia/considerazione empatica (propensione a sentirsi coinvolto e vicino agli altri nei loro momenti difficili);
Empatia/perspective taking (tendenza ad assumere spontaneamente la prospettiva degli altri circa un problema o una situazione);
Empatia/disagio personale (sperimentare sentimenti di discomfort quando gli altri stanno soffrendo o si trovano in difficoltà, non riuscire a mantenere un comportamento finalizzato allo scopo in tali situazioni);
Soddisfazione di vita generale (valutazione globale della propria vita al momento della compilazione del questionario);
Positività (tendenza ad assumere un approccio e una visione positiva della vita e delle proprie esperienze).

Per quanto riguarda infine le dimensioni psicologico-cliniche, la stabilità delle variabili risulta in linea con quelle evidenziate dalle altre variabili: i coefficienti di correlazioni infatti variano da .43 a .57. In generale si assiste ad un lieve incremento dei punteggi nelle diverse dimensioni che diventa statisticamente significativo per alcune di esse (in particolare la somatizzazione e la depressione).

Figura 4 Punteggi nelle dimensioni psicologico-cliniche nei due tempi della ricerca

Conclusioni
Il numero di soggetti persi al tempo 2 è elevato (poco meno del 43% del campione iniziale) ma in linea con quanto avviene nelle ricerche longitudinali (Duffy et al., 2011), considerando inoltre che tra la prima e la seconda somministrazione sono intercorsi tre anni. Emergono differenze tra le sedi nel mantenimento dei partecipanti. E’da considerare inoltre che una sede non ha partecipato alla seconda fase del progetto. La perdita di soggetti non risulta associata in modo sistematico, tuttavia, né a variabili demografiche come genere, età e voto di maturità, né alle variabili individuali considerate nello studio. Infatti, i soggetti “persi” non risultano differire in modo evidente e sistematico da quelli che hanno partecipato anche al tempo 2 rispetto alle variabili misurate nel primo tempo della ricerca. In tutte le variabili: le poche differenze riscontrate risultano sempre molto basse e non sistematiche.
Il questionario utilizzato al tempo 2 si caratterizza per l’inserimento di alcune nuove variabili. Un’area che si è deciso di indagare a partire dal secondo tempo riguarda la soddi-sfazione verso gli studi. In particolare, gli studenti sembrano apprezzare molto il corso di laurea, la facoltà e il rapporto con i colleghi, mentre evidenziano una minore soddisfazione riguardo al modo in cui i docenti fanno lezione e verso il personale amministrativo.
Gli studenti riportano un livello medio di stress: gli aspetti che risultano più stressanti sono legati alle sensazioni di nervosismo, al non riuscire a star dietro alle molte cose da fare e alla sensazione di non controllare appieno le diverse situazioni.
Infine, gli studenti sono orientati allo studio da motivazioni ispirate ad un sincero interesse e un forte coinvolgimento nelle materie (“approccio profondo”); riscuote meno adesione invece l’orientamento utilitaristico, finalizzato al minimo sforzo (“approccio superficiale”).
Come emerge dai risultati, tutte le dimensioni individuali considerate, dai tratti di personalità alle convinzioni di autoefficacia, dall’empatia alla soddisfazione di vita, dalla positività alle dimensioni psicologico-cliniche, evidenziano elevati coefficienti ci correlazione tra le misure prese nei 2 anni, le quali mostrano quindi una elevata stabilità temporale intesa come rank-order stability. Que-sto non impedisce l’emergenza di differenze nelle medie dei punteggi attraverso il tempo. In particolare, per i tratti di personalità si evidenzia un cambiamento medio verso punteggi significativamente e lievemente più bassi di quanto registrato al tempo 1. Tuttavia, tali cambiamenti risultano decisamente modesti rispetto alla grandezza dell’effetto esibita. Per le convinzioni di autoefficacia si evidenziano invece cambiamenti nei livelli medi piuttosto consistenti in due domini: nello specifico, gli studenti si percepiscono come decisamente meno efficaci nelle attività accademiche e nella capacità di resistere all’influenza dei pari rispetto a quanto dichiarato al tempo 1. Questi risultati potrebbero essere indicativi anche di una maggiore consapevolezza dei propri limiti e di una minore incidenza della “desiderabilità sociale” nelle risposte fornite dagli studenti.
Per quanto riguarda le dimensioni di empatia, sono soprattutto “fantasia” e “considerazione empatica” ad evidenziare un significativo (seppur blando) decremento tra i due tempi, mentre la dimensione di disagio personale subisce un leggero ma significativo incremento. Anche la soddisfazione di vita (generale) subisce tra i due tempi un leggero peggioramento, mentre non si osservano cambiamenti medi apprezzabili nella positività. Questo lieve decremento è sicuramente meno evidente di quello riportato nella letteratura internazionale, anche se in tali studi il riferimento è quello del momento caratterizzato dalle attività cliniche, mentre le nostre osservazioni della fase 2 si riferiscono ancora a studenti impegnati in tutte le sedi, tranne una dove era già stato svolto un tirocinio di sei mesi, nel periodo preclinico, al terzo anno di corso (Hojat et al., 2009; Chen et al., 2012; Hojat, 2018).
Per quanto riguarda le variabili psicologico-cliniche misurate attraverso la scala SCL90R, dal punto di vista del cambiamento tra i tempi, si evidenzia un peggioramento statisticamente significativo soprattutto nei livelli medi di depressione e somatizzazione. Le altre dimensioni non presentano invece differenze tra le medie attraverso i due tempi della ricerca o presentano differenze molto modeste. Questi dati sembrano concordare con recenti studi italiani, relativi agli studenti di medicina che si rivolgono al centro di counseling, dove sono prevalenti anche i sintomi legati alla de-pressione e ad altre dimensioni psicopatologiche (Rapinesi et al., 2018), oltre ad un livello di distress psicologico clinicamente significativo e comparabile con quello dei servizi di salute mentale (Strepparava et al., 2017).
I risultati di questo studio, nel loro complesso, evidenziano come gli studenti siano in grado di affrontare con efficacia le sfide del corso di studi, con i suoi tempi pressanti e le sue numerose sollecitazioni in termini di impegni e carichi di lavoro. Questo è evidenziato sia dalle medie nelle dimensioni dell’autoefficacia (comunque più elevate dei valori medi “teorici”), sia dalla generale soddisfazione verso il corso di studio. Ciò non impedisce tuttavia che gli studenti percepiscano un naturale disagio soprattutto nella gestione dei tempi, e nella consapevolezza che molto di quello che avviene nel corso di studi è al di fuori del loro controllo. In generale possiamo afferma-re che gli studenti evidenziano uno stato di sostanziale salute e benessere psicologici, sta-ti che vengono vissuti nella consapevolezza di essere persone tutt’altro che invincibili, ed ammettendo quelle che solo apparentemente possono sembrare fragilità.

Bibliografia

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Cita questo articolo

C. Barbaranelli, V. Ghezzi, G. Cavaggioni, M.F. Caiaffa, M.Valli, A.Piga, R. Muraro, V. Locatelli, M.G. Strepparava, G. Familiari, Studio longitudinale sul benessere e le attitudini degli studenti di medicina e chirurgia: focus su alcuni risultati dei primi due tempi della ricerca, in Medicina e Chirurgia, 81, 3601-3607, 2019. DOI: 10.4487/medchir2019-81-2

Affiliazione autori

Gruppo di Lavoro Accesso a Medicina e Test Attitudinali: riforma e monitoraggio

Core Curriculum dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia Editing, razionalizzazione, semplificazione e proposte di evoluzionen.73, 2017, pp. 3315-3321, DOI: 10.4487/medchir2017-73-2.

Abstract

The “Core Curriculum” for the Italian degree course in Medicine has been recently revised. Due to its over 15 years challenging and sometimes troubled evolution, it appeared to need an important editing intervention. Style standardization, rationalization and simplification were adopted and, at the end of the editing process, the number of the curriculum items (named in Italian Unità Didattiche Elementari – UDE i.e. Elementary Educational Unit) was significantly lowered. Four learning field were introduced, named and organized to provide an idea of learning progression; each UDE was unilaterally referred to one of them. Further evolutions are certainly possible and some of them are here discussed

Key words: Core Curriculum, Learning field, Elementary Educational Unit, Skill

Parole chiave: Core Curriculum, Area di Apprendimento, Unità Didattica Elementare, Abilità pratica

Articolo

Introduzione

La storia del Core Curriculum dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia1 nasce all’inizio degli anni 2000 dalla necessità di contrastare la parcellizzazione delle conoscenze sempre più favorita dalla “disintegrazione” dei corsi integrati in moduli disciplinari spesso semplicemente incollati tra loro e con una discreta percentuale di ridondanza dei contenuti. Tale situazione, come è noto, si era venuta a creare per una non corretta attuazione delle progressive riforme ordinamentali, nonostante gli sforzi in contro tendenza fatti dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. L’intuizione di Giovanni Danieli e il lavoro lungo e faticoso delle diverse commissioni succedutesi nel tempo all’interno della Conferenza per la stesura e l’aggiornamento del Core Curriculum, di cui si trova fedele traccia bibliografica nell’articolo scritto da Giuseppe Familiari per il numero 67 di Medicina e Chirurgia redatto in occasione dei trent’anni della conferenza2, hanno condotto alla produzione e alla approvazione di un Core Curriculum costituito da Unità Didattiche Elementari (UDE), intese come “particelle del sapere medico con un contenuto tematico circoscrivibile e coerente, caratteristiche didattico-pedagogiche omogenee, descritte in un linguaggio comprensibile in modo univoco dagli studenti e dai docenti e verificabili nel grado di apprendimento”, raggruppate in Ambiti Culturali Integrati (ACI) e facilmente accessibili/consultabili in quanto presenti on-line sul sito della Conferenza. In altre parole si è giunti a proporre uno strumento in grado di rendere omogenei a livello nazionale gli obbiettivi di apprendimento dei CLMMC e a cui i singoli CdL si possono ispirare nella propria autonomia decisionale, adattando il risultato finale alle caratteristiche peculiari di ogni sede. L’adozione delle UDE ha segnato il passaggio epocale dai curricula basati sul “cosa insegnare” a quelli basati sul “cosa lo studente deve apprendere”, mentre il ricorso agli ACI ha rappresentato un primo passaggio verso il superamento delle barriere disciplinari a favore dell’integrazione dei contenuti. Per le caratteristiche proprie dello strumento “Core Curriculum” lo stesso è bisognoso di continua manutenzione, aggiornamento e integrazione, ma nelle successive versioni tali operazioni sono esitate di sovente in un aumento numerico delle UDE che hanno raggiunto una quantità non più compatibile con i tempi di svolgimento dei CLMMC. Per tale motivo, nell’ultimo triennio, è stato dato mandato dalla Conferenza a una commissione coordinata da Calogero Caruso di operare, insieme alla consueta opera di manutenzione, aggiornamento e integrazione del Core Curriculum, anche una radicale revisione dello stesso ai fini di una possibile sostanziale riduzione del numero complessivo delle UDE. Alla fine dei lavori di tale commissione, che ha compiuto anche una rilevante opera di integrazione inserendo UDE relative a 12 argomenti di grande attualità con riformulazione ex-novo degli obbiettivi3, il Core Curriculum è risultato sicuramente più snello. La rilettura critica di tutto il lavoro svolto in questi anni sull’argomento ha evidenziato come l’intervento di diverse commissioni, e quindi di diversi autori nel tempo, da una parte è stato foriero di grande arricchimento, dall’altra ha reso necessario un intervento radicale di “editing” per uniformare e razionalizzare e, ove possibile, semplificare la forma di quanto reso. Scopo di questo articolo è quello di relazionare sui lavori svolti dalla commissione temporanea, costituita a questo scopo, dalla CPPCLMMC.

 

I lavori della Commissione “Editing” del Core Curriculum

La situazione di partenza

Prima dei lavori della Commissione coordinata da Calogero Caruso, gli aggiornamenti succedutesi nel tempo avevano condotto ad un numero di 2.254 UDE 4 raccolte in 16 Ambiti Culturali Integrati (Fig. 1)

Il paziente e meticoloso lavoro della Commissione, effettuato anche tramite la consultazione di esperti esterni, sempre comunque selezionati tra coloro che condividevano le impostazioni della Conferenza, in particolare circa la necessità di superare i contesti disciplinari, ha portato alla riduzione del numero delle UDE fino a 1.770, e questo nonostante l’introduzione di un discreto numero di nuove UDE relative ad alcuni argomenti di recente introduzione nell’ambito degli obbiettivi di apprendimento essenziali dei CLMMC. La collocazione nei 16 ACI era rimasta invariata.

Gli interventi effettuati

La revisione della forma

In termini di forma sono state condotte alcune modifiche sistematiche, nel tentativo di rendere il “corpus” più fruibile alla consultazione e di renderlo congruo con una progettazione per competenze senza snaturare il suo significato originario di repertorio delle unità “elementari” su cui fondare le attività didattiche. In questo senso si è cercato di uniformare la totalità delle UDE, per quanto possibile, allo schema verbo + contesto + contenuto. Anche la scelta dei verbi è stata standardizzata al massimo e contestualizzata al tipo di UDE in questione (Fig. 2)

Fig. 1: Ambiti Culturali Integrati

Ambiti Culturali Integrati

  • Clinica medica, chirurgia e cure primarie
  • Etiologia e patogenesi delle malattie
  • Fisiopatologia dell’attività fisica e malattie dell’apparato locomotore
  • Funzioni biologiche integrate degli organi e apparati umani
  • Malattie neurologiche e degli organi di senso
  • Medicina bio-molecolare e biotecnologica
  • Medicina della riproduzione e materno-infantile
  • Medicina e sanità pubblica
  • Metodologia clinica
  • Metodologie e tecniche diagnostiche
  • Morfologia umana
  • Patologia sistematica integrata
  • Scienze del comportamento umano
  • Scienze umane
  • Trattamento del paziente
  • Urgenza, emergenza e primo soccorso

 

Fig. 2: Verbi preferiti

Verbi preferiti

da utilizzare, a meno che non sia richiesto un verbo o espressione molto specifica (ad es. disegnare un albero genealogico)

  • per UDE cognitive di livello mnemonico: elencare, descrivere, definire
  • per UDE cognitive di livello argomentativo: discutere, correlare, applicare conoscenze
  • per UDE relative ad abilità o competenze tecniche: eseguire, condurre, utilizzare, applicare tecniche, ricercare
  • perUDE relative a competenze interpretative: valutare, interpretare
  • perUDE relative a competenze cliniche: ipotizzare diagnosi differenziali, diagnosticare, prescrivere, indicare (un approccio diagnostico o terapeutico)
  • perUDE relative a competenze comunìcativo-rclazionalì: comunicare, spiegare, educare
  • per UDE relative a competenze gestionali: formulare un iter/pianificare, gestire, controllare, cooperare

Generalizzazione delle UDE

Questa operazione si è rilevata particolarmente utile per semplificare il Core Curriculum e diminuire il numero di UDE. Nei fatti si è provveduto a raggruppare tutte le UDE con medesimo verbo e contesto, ma con contenuto diverso, in un’unica UDE con lo stesso verbo e contesto e contenuto generalizzato affiancandola ad una serie di contenuti possibili in cui la stessa UDE si potesse articolare (Fig. 3).

Oltre l’evidente vantaggio in termini di riduzione numerica e di facilità di lettura, la costituzione di un elenco di possibili articolazioni dell’UDE ne consente una maggiore flessibilità anche in termini di aggiornamento che, per ovvi motivi, è limitabile alle sole quantità e qualità delle articolazioni.

Divisione delle UDE

La necessità di divisone delle UDE è nata principalmente per un’esigenza di razionalizzazione. Di frequente erano presenti UDE contenenti contemporaneamente sia obiettivi cognitivi, sia abilità pratiche o competenze professionali complesse con evidente confusione e contraddizione stessa del concetto di unità elementare. Si è proceduto a dividere tali Unità ottenendo, pressoché sempre, UDE omogenee in termini di tipologia di obbiettivi (Fig. 4).

L’aumento di UDE dovuto a questa operazione è stato ampiamente compensato dall’operazione di generalizzazione descritta precedentemente.

Fig. 3: Generalizzazione delle UDE

 

Descrivere le caratteristiche di alcoli, fenoli, tioli, eteri e tioeteri valutandone il ruolo biologico generale mnemonico-interpretativa teorica alcoli, fenoli, tioli. eteri e tioeteri
Descrivere le caratteristiche di aldeidi e chetoni acidi carbossilici e amine e derivati valutandone il ruolo biologico generale mnemonico-interpretativa teorica Descrivere le caratteristiche, valutandone il aldeidi e chetoni addi carbossili e amine e derivati
Descrivere le caratteristiche dei derivati degli acidi carbossilici valutandone il ruolo biologico generale mnemonico-interpretativa teorica ruolo biologico, delle diverse sostanze di interesse derivati degli acidi carbossilici
Descrivere le caratteristiche chimiche di carboidrati lipidi, proteine, nucleotidi ed eterociclici valutandone il ruolo biologico generale mnemoni cointerpretativa teorica carboidrati lipidi, proteine, nucleotidi ed eterociclici

 

 

Introduzione delle Aree di Apprendimento e raggruppamento delle UDE in base alla corrispondenza tra Ambiti Culturali Integrati di appartenenza a Area di Apprendimento

La scelta di introdurre le Aree di Apprendimento intese come aree omogenee, anche parzialmente sovrapponibili, all’interno delle quali i diversi corsi integrati mettono in condizione lo studente di conseguire obbiettivi di apprendimento congrui con la tematica propria dell’area stessa, è nata dall’esigenza di superare l’esperienza, pur positiva, degli Ambiti Culturali Integrati. Questi ultimi avevano certamente avuto il merito di superare le segmentazioni disciplinari, ma erano ancora slegati da una logica stringente di progressione di apprendimento, indispensabile ai fini del tentativo di rendere omogenei i percorsi formativi dei CLMMC italiani. In tema di semplificazione massima sono state individuate quattro differenti aree che sono state immaginate anche in una possibile progressione di apprendimento al fine di indirizzare la collocazione delle UDE nell’ambito dei curricula dei CdL. L’area delle Scienze di Base, che probabilmente dovrebbe essere denominata più propriamente Scienze di Base Precliniche per sottolineare la finalizzazione univoca di tutto il percorso pedagogico dei CLMMC verso la formazione di competenze mediche e quindi cliniche, ricomprende tutte le UDE necessarie alla formazione di base indispensabili alla comprensione dei fenomeni fisiologici e fisiopatologici. L’area delle Metodologie e Scienze precliniche è di riferimento per tutte le attività didattiche volte all’apprendimento, da parte dello studente, dei metodi e delle metodologie di studio, di approccio all’assistito e ai problemi di salute nonché dei meccanismi etiopatogenetici e fisiopatologici alla base delle malattie. L’area delle Scienze Cliniche Diagnostiche, Mediche e Chirurgiche, di gran lunga la più vasta, rappresenta l’ambito di apprendimento centrale dei CLMMC nella quale si articolano le UDE volte al conseguimento delle competenze che mettano lo studente in grado di costruire i corretti iter diagnostico-terapeutici per gli assistiti con cui interagirà durante la sua professione di medico; peraltro va sottolineato che gli obbiettivi di quest’area di apprendimento sono, di fatto, irraggiungibili in assenza del propedeutico raggiungimento di quelli relativi alle aree già descritte. L’area delle Emergenze e Urgenze Specialistiche riguarda l’apprendimento di tutte le competenze indispensabili per fronteggiare le situazioni di pericolo di vita ed è quindi un’area altrettanto caratterizzante la figura del medico che i CLMMC si prefiggono di formare.

Così individuate le aree, sono state stabilite le corrette corrispondenze tra le stesse e gli ACI (Fig. 5) per poi pervenire alla sostituzione di questi ultimi e alla corrispondenza delle UDE direttamente con le Aree di Apprendimento.

Fig. 4: UDE e tipologia di obbiettivi

Discutere gli altri effetti centrali delle risposte di fase acuta; gli effetti ipotalamici delle chitochine: il comportamento malattia (anoressia, apatia, astenia, sonnolenza) ed il suo significato teleonomico. Descrivere l’attivazione dell’asse ipotalamico-ipofisario nello stress e nella risposta infiammatoria: i glucocorticoidi e le risposte infiammatorie generale mnemonica-argomentativa 1. Discutere gli altri effetti centrali delle risposte di fase acuta; gli effetti ipotalamici delle citochine: il comportamento malattia (anoressia, apatie, astenia,sonnolenza) e il suo significato teleonomico. 2. Descrivere l’attivazione dell’asse ipotalamico-ipofisario nello stress e nella risposta infiammatoria: i glucocorticoidi e le risposte infiammatorie.

 

Fig. 5

1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologia umana
1) Scienze di base Morfologa umana
Area di apprendimento Nuovo Ambito Culturale Integrato (ADI)
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie
2) Metodologie e scienze precliniche Etiologia o patogenesi delle malattie

 

Il problema delle cosiddette UDE pratiche e i loro rapporto con le cosiddette Skills

Durante le operazioni di “editing” descritte, che hanno comportato la rilettura totale e ripetuta da parte di tutti i componenti la Commissione della totalità del curriculum (metodologia questa che ha permesso a tutti di averne una visione complessiva e non parcellare e di poter sviluppare un confronto tra i componenti sull’insieme dell’elaborato), è apparsa evidente la ridondanza di un certo numero di UDE cosiddette pratiche e le cosiddette Skills (intese come abilità che lo studente deve necessariamente apprendere per poter completare il suo percorso formativo) elaborate dalla Conferenza. Qual era il rapporto tra UDE pratiche e Skills? Era evidente la necessità di condividere delle definizioni precise delle due entità anche per scegliere che cosa dovesse far parte del Core Curriculum e cosa dovesse esserne escluso. In questo senso si è proceduto a condividere, anche in seno alla Conferenza, le seguenti definizioni:

  • UDE Pratiche
    • Unità didattiche elementari che prevedono l’insegnamento/apprendimento di un’attività anche di tipo pratico, non necessariamente da sottoporre a valutazione tramite una prova pratica, nell’ambito di unità didattiche complesse all’interno del corso integrato di riferimento
  • Skills
    • Abilità pratiche che debbono essere insegnate/apprese eventualmente anche al di fuori dei CI di riferimento e la cui acquisizione/effettuazione dovrebbe essere sempre verificata La conseguente decisione è stata quella

di eliminare tutte le UDE pratiche corrispondenti alle Skills approvate dalla Conferenza dal Core Curriculum, in quanto il loro apprendimento è dato già come necessario ai fini del conseguimento della laurea in Medicina e Chirurgia.

 

Il risultato

Le operazioni nel complesso hanno condotto alla modifica di 460 UDE su 1.770 (pari al 25,98 per cento) che ha esitato in un numero finale di UDE pari a 1.659 raccolte in quattro Aree di Apprendimento. Il Core Curriculm in tale forma è pubblicato sul sito della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia5. Nel complesso la revisione operata dalla commissione Caruso e il successivo Editing hanno portato ad una diminuzione totale di circa ¼ delle UDE.

Analizzando il risultato ottenuto in base alla distribuzione per aree di apprendimento (Fig. 6) a al grado di competenza (Fig. 7) si ritiene che la stessa sia abbastanza congrua in tutti e due i casi.

Fig. 6

Area di Apprendimento Numero assoluto Percentuale
Scienze di Base 281 16,18 %
Metodologie e Scienze Precliniche 426 24,52 %
Scienze cliniche integrate Diagnostiche, Mediche e Chirurgiche 1002 57,69 %
Emergenze e Urgenze specialistiche 28 1,61
Totale 1737 100 %

 

Fig. 7

Grado di competenza Numero assoluto Percentuale
Mnemoniche 986 56,77 %
Argomentative 147 8,46 %
Tecniche 102 5,87 %
Interpretative 92 5,29 %
Cliniche 311 17,91 %
Comunicativo-relazionali 87 5,00 %
Gestionali 12 0,70 %
Totale 1737 100 %

 

Nello specifico è presente un rapporto corretto tra le Aree di Apprendimento con un’attesa preponderanza di quella cliniche, mentre per quel che concerne il grado di competenza, quella teorica sebbene ancor di lunga prevalente, si attesta appena sopra il 50%.

Un dato meno incoraggiante è quello relativo alla distribuzione del grado di abilità (Fig. 8).

È evidente come le abilità pratiche rappresentino ancora un frazione bassa del bagaglio di apprendimento previsto nei CLMMC, sebbene il fatto che insieme a quelle teorico-pratiche ormai raggiungano e superino ¼ della totalità delle UDE previste, debba essere testimonianza di una chiara inversione di tendenza rispetto al passato. D’altro canto, se è vero che la preparazione teorica del laureato in Medicina e Chirurgia italiano è considerata mediamente superiore a quella degli altri Paesi europei e extra-europei, questo è dovuto al fatto che tradizionalmente nel nostro Paese l’esposizione alla pratica clinica è stata sempre riservata al periodo post-laurea. Ovviamente non deve essere più così, ma se il dato derivante dall’attuale rielaborazione del Core Curriculum fosse realmente corrispondente a quello che sarà appreso dai nostri studenti nel prossimo futuro in termini di abilità pratiche, ci potremmo considerare ampiamente soddisfatti.

Fig. 8

Grado di abilità Numero assoluto Percentuale
Autonoma 14 0,80 %
Pratica 308 17,73 %
Teorica 1270 73,12 %
Teorico/pratica 145 8,35 %
Totale 1737 100 %

 

Considerazioni conclusive

Certo il Core Curriculum, così revisionato e rielaborato, è sicuramente strumento più adeguato a essere utilizzato per la costruzione dei curricula dei CLMMC italiani benché sia certamente ancora migliorabile.

Per scelta, la Commissione “editing” non ha effettuato tagli concettuali, ma ha solo eliminato ridondanze, agito sulla forma per renderla omogenea, e cercato di semplificare al massimo la struttura. L’unica proposta in qualche senso politica, fatta propria dalla Conferenza tutta, è stata quella di sostituire gli Ambiti Culturali Integrati con le Aree di Apprendimento cercando in questo modo di indicare una progressione temporale e concettuale degli obbiettivi di apprendimento. Ciò nonostante sembrano necessari ulteriori interventi che si ritiene la commissione permanente della Conferenza, denominata non a caso, “Core Curriculum, definizione e monitoraggio” debba mettere in agenda. Anche quest’ultima revisione, infatti, sembra ancora viziata da un’idea di “core” riferita più alle diverse branche specialistiche che al concetto del cosiddetto “medico standard”, inteso come il neolaureato che possiede le basi della professione medica ed è quindi in grado di affrontare e risolvere i problemi di salute posti dai singoli pazienti e dalla comunità nella prevenzione, nella diagnosi, nella terapia e nelle riabilitazione delle malattie di più comune riscontro, individuando, cercando, acquisendo e infine mettendo in pratica, al proprio livello operativo, le conoscenze e le strategie adeguate. Ci sarà tempo per affinare, in senso specialistico

o generalistico, le competenze necessarie all’esercizio pieno della professione durante la formazione post-laurea. Il neolaureato deve possedere gli strumenti indispensabili per perfezionare la sua formazione di base che oggi, stante la continua e veloce progressione delle conoscenze, non può essere mai considerata realmente completa perché dovrà continuare per tutta la vita professionale nell’ambito di una educazione medica continua. In questo senso è possibile che, affinando le tecniche di generalizzazione e migliorando la definizione degli obbiettivi di apprendimento veramente indispensabili a partenza dai problemi prevalenti di salute che il “medico standard”, così come definito, si troverà ad affrontare, si possa arrivare ad una ulteriore importante riduzione del numero della UDE. Provocatoriamente si potrebbe lanciare uno slogan del tipo “1.000 e non più di 1.000” ponendo l’obbiettivo di arrivare ad un Core Curriculum di 1.000 UDE. Un’ulteriore riduzione, specie se della consistenza proposta, sicuramente aumenterebbe la fruibilità dello strumentoda parte dei singoli CdL, altro problema noto che ha limitato la diffusione dell’adozione delle UDE nei corsi,come dimostrato anche dai dati dell’ultimo esercizio delle Site Visit 6. In questo senso sarebbe importante anche concepire delle linee guida per l’utilizzo del Core Curriculum, magari partendo da una simulazione di un curriculum tipo per un CLMMC, basato su Unità Didattiche Complesse costruite utilizzando le Unità Didattiche Elementari secondo la progressione suggerita dall’appartenenza delle stesse alle diverse aree di apprendimento.

Infine vale la pena di ricordare che il Core Curriculum edito dalla Conferenza Permanente dei Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, per tutto quello che è stato anche ricordato in questo articolo, oltre che per la sua storia, è uno strumento plastico e in continuo aggiornamento in dipendenza sia dalla evoluzione delle conoscenze, sia dal progresso tecnologico che mette a disposizione in continuazione nuovi mezzi diagnostici e terapeutici, e, pertanto, necessità di costante manutenzione. Tale manutenzione non può che derivare dal continuo confronto tra tutti coloro che lo utilizzano e, quindi, ci si augura, tutti i docenti e tutti gli studenti dei CLMMC italiani i quali, tramite i dibattiti all’interno dei propri CCL, sedi proprie per l’elaborazione di tutto ciò che pertiene all’ottimizzazione dell’erogazione della didattica, possano veicolare le proposte di modifica tramite i rispettivi Presidenti, tenendo sempre bene a mente, però, che la singola UDE non appartiene a nessuna disciplina, ma rappresenta un obbiettivo di apprendimento al quale possono e debbono contribuire tutte le discipline utili alla sua realizzazione.

Ringraziamenti

Gli autori sono profondamente grati alla Dott.ssa Maria Carmen Mazzitelli per la preziosa e competente assistenza fornita durante tutti i lavori della commissione e per la rilettura critica del testo.

Bibliografia

1) Vettore L., Il “Core Curriculum” italiano, storie di ieri e di oggi. Gli inizi, l’evoluzione, le prospettive, Medicina e Chirurgia, 2015; 68: 3079-3084. DOI: 10.4487/medchir2015-68-1

2) Familiari G. La Storia della Conferenza vista attraverso gli articoli pubblicati su Medicina e Chirurgian. 2015; 67: pp.3047-3071. DOI: 10.4487/medchir2015-68-1

3) Caruso C., Il “Core Curriculum” italiano, storie di ieri e di oggi. La revisione del Core Curriculum degli studi di Medicina, Medicina e Chirurgia, 2015; 68: 3085-3088. DOI: 10.4487/ medchir2015-68-2

4) http://presidenti-medicina.it/db/

5) http://presidenti-medicina.it/core-curriculum/

6) Della Rocca C., Lenzi A.,On site visit 2004-Risultati del primo esercizio del secondo ciclo, Medicina e Chirurgia, 2015; 68: 3094-3104. DOI: 10.4487/medchir2015-68-4

Cita questo articolo

Della Rocca C., Basili S., Caiaffa M.F., Caruso C., Murialdo G., Zucchi R., Lenzi A., Core Curriculum dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia Editing, razionalizzazione, semplificazione e proposte di evoluzione, Medicina e Chirurgia, 73: 3315-3321, 2017. DOI:  10.4487/medchir2017-73-2

Il ruolo organizzativo e pedagogico del Presidente di Corso di Laurea Magistrale in Medicinan.60, 2013, pp.2683-2698, DOI: 10.4487/medchir2013-60-3

Abstract

Until lately, the Presidents of the Italian Undergraduate Curricula in Medicine were fully aware of their role in curriculum managing only. A recent reform of the Italian University Structure, shifting the focus from the Schools of Medicine to the single Departments, gave the Curricula Presidents larger autonomy but also burdened them with new managerial tasks, especially in the field of quality assurance. In the meantime, the spurs received by the National Conference of Undergraduate Curricula Presidents, through its Educational Innovation Committee, and the bench-mark of International Medical Education, are convincing the Italian Curricula Presidents of their constitutional role as promoters of the new achievements of research in Medical Education, too. In this setting, the Educational Innovation Committee organized a workshop, open to all the Undergraduate Curricula Presidents, on the topic of their changing role. The workshop was held in Rome (Sapienza University) on the 23rd June 2013, and gained a wide attendance.

The workshop was subdivided into two subsequent Sessions, respectively dealing with the managerial and educational roles of the Presidents of Undergraduate Curricula in Medicine. Each Section was organized in three contemporary working groups. Each class was lead by an expert in medical education and by a chairperson, and worked separately on a different topic. At the end of each Session,  a plenary debriefing allowed all participants to share the conclusions of the different groups. The topics addressed in the single groups were: Session 1 (managerial role): 1.1) the role of the President of the Undergraduate Curriculum in Medicine; 1.2) the role of the Coordinators of the single Integrated Courses and Terms (Italian curriculum is 6-year long and is arranged into 12 subsequent semesters); 1.3) the role of the Teaching-Educational Committee (every President should by assisted by a technical committee including both teachers and students, and in some Curricula a proper Medical Education Committee is also present); Session 2 (educational role); 2.1) quality control, including self-evaluation, on curriculum efficacy; 2.2) teaching and learning clinical skills; 2.3) modalities of learning assessment. 

Articolo

 

Premessa

In questo articolo si dà ragione, per sommi capi, dell’atelier pedagogico che il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica ha organizzato per la Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale (CLM) in Medicina, a Roma Sapienza il 23 Giugno 2013.

Scopo di questo atelier era di fare il punto sul ruolo del Presidente del CLM in Medicina, soprattutto in questa fase delicata di passaggio in cui viene ridefinito il ruolo di raccordo della facoltà, o della scuola di Medicina. Il Presidente di CLM si trova oggi ad essere coinvolto sempre di più in un’impegnativa ricerca di eccellenza didattica e di innovazione pedagogica, che ne esalta le doti di pedagogista, ma anche i crescenti compiti organizzativi (una volta in gran parte demandati alle facoltà) che affronta spesso senza avere adeguate strutture di supporto.

In questo contesto, è maturata la decisone di coinvolgere i Presidenti di CLM in un atelier, che affrontasse tali tematiche. Queste hanno confermato la loro grande attualità, stante l’adesione senza precedenti riscontrata: hanno partecipato 48 tra Presidenti e loro delegati e 5 Studenti in rappresentanza del SISM (per l’elenco dei partecipanti si rimanda all’Appendice in calce a questo articolo).

– la prima, dedicata al ruolo manageriale della  Presidenza del CLM, si è concentrata, in altrettanti Laboratori, sugli attori dell’organizzazione didattica: il Presidente di CLM, la Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica (CTP) e il Coordinatore Didattico di anno/semestre e di corso integrato;

– la seconda, incentrata sul ruolo pedagogico del Presidente di CLM, ha affrontato, in altrettanti Laboratori, alcuni temi squisitamente pedagogici quali: la valutazione dell’apprendimento, le attività formative professionalizzanti e, in questa fase di interazione con l’ANVUR, la valutazione dell’efficacia didattica.

Ogni Laboratorio è stato animato da un esperto (in genere un Presidente di CLM o un membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Pedagogia Medica) e da un moderatore (in genere un Presidente di CLM).

Sessione I: Laboratorio No. 1

Tema: Il ruolo del Presidente di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Esperto: Giuseppe Familiari (Roma Sapienza, Polo S. Andrea)

Moderatore: Maria Filomena Caiaffa (Foggia)

Obiettivi: Al termine del Laboratorio, i partecipanti dovranno essere consapevoli che il Presidente, oltre alle responsabilità formali della gestione del CLM, ha anche le seguenti responsabilità/obblighi:

– indirizzo verso modelli innovativi e aggiornati di pedagogia medica, condivisi con la comunità internazionale;

– promozione dei valori fondanti della professionalità e del comportamento eticamente corretto;

– attenzione a che vi sia il giusto equilibrio di ruoli all’interno della comunità co-educante (Corpo Docente/Studenti/Pazienti).

Il ruolo del Presidente di CLM: da quello istituzionale a quello pedagogico

Il Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (CLMMC) riveste un ruolo oltremodo complesso, in un momento storico caratterizzato da un rapido cambiamento economico e sociale. Andreas Schleicher1 definisce emblematicamente tale complessità: “Today, because of rapid economic and social change, Schools have to prepare students for jobs that have not yet been created, technologies that have not yet been invented and problems that we don’t yet know will arise”. Il Presidente del CLMMC, oltre alle responsabilità formali legate alla gestione del Corso di Laurea, dovrebbe quindi avere anche un ruolo di indirizzo verso modelli pedagogici innovativi, aggiornati e condivisi con la comunità internazionale; dovrebbe essere inoltre promotore dei valori fondanti della professionalità e del comportamento eticamente corretto dei docenti e degli studenti; dovrebbe curare che vi sia il giusto equilibrio all’interno della comunità co-educante costituita dal corpo docente, dagli studenti e dai pazienti.

Il Presidente ha, pertanto, non solo un ruolo istituzionale, ma anche un ruolo a forte caratterizzazione pedagogica, comprendente quello della promozione di valori nell’ambito della comunità co-educante.

Il ruolo istituzionale del Presidente è ben descritto nei regolamenti didattici degli Atenei, anche se, in relazione all’applicazione della Legge n. 240 del 30/12/2010, vi possono essere interpretazioni diverse negli Statuti degli atenei italiani. A titolo di esempio, ai commi 4 e 5 dell’Articolo 13 (Corsi di Studio) dello Statuto della Sapienza di Roma è scritto che al “Presidente spetta il compito di convocare il Consiglio, determinare l’ordine del giorno, organizzare la didattica e coordinare – in accordo con il/i Dipartimento/i coinvolto/i le coperture dei singoli insegnamenti” e che “i Consigli operano in conformità al Regolamento Didattico di Ateneo, assicurano la qualità delle attività formative, formulano proposte relativamente all’ordinamento, individuano annualmente i docenti tenendo conto delle esigenze di continuità didattica”.

In estrema sintesi, il Presidente predispone il documento di programmazione didattica che deve essere approvato dal Consiglio, in relazione al piano degli studi, alle sedi delle attività formative professionalizzanti, alle attività didattiche elettive, al calendario delle attività didattiche e degli appelli d’esame, ai programmi dei singoli corsi integrati ed ai compiti didattici attribuiti ai Docenti ed ai Tutori.

Il Presidente, come recentemente previsto dal Decreto Legislativo 27/01/2012 n. 19, riguardante l’introduzione del sistema di accreditamento iniziale e periodico dei corsi di studio, predispone inoltre il rapporto del riesame annuale e provvede ai numerosi adempimenti previsti dall’attivazione della scheda SUA. Questi ultimi compiti previsti dal Decreto Legislativo sono in realtà complessi e ampliano il ruolo del Presidente, là dove alla sua funzione strettamente istituzionale deve essere aggiunta quella che preveda una buona conoscenza e una buona pratica delle regole della pedagogia medica.

Il ruolo pedagogico del Presidente non deve però essere considerato solo nel nuovo confronto con il sistema di valutazione e di accreditamento italiano (ANVUR/AVA), ma soprattutto in relazione al confronto obbligato con la dimensione internazionale della medical education, dove sono costantemente rivalutate le diverse abilità del core curriculum (curriculum planning), la certificazione del loro effettivo raggiungimento (learning outcomes), le nuove strategie di apprendimento/insegnamento (approaches to teaching and learning), i metodi di verifica dell’apprendimento (assessment tools) e di tutto quello che riguarda, in senso lato, le metodologie ed il management della formazione del medico.2,3,4,5 

L’attenzione del Presidente dovrà essere incentrata anche e soprattutto sull’efficacia di singole parti del processo formativo, come ad esempio l’erogazione delle attività e i risultati di apprendimento nei singoli corsi integrati e nei singoli moduli all’interno dei corsi integrati, bilanciando l’attenzione tra qualità del processo e qualità del prodotto, allo scopo di organizzare il curriculum in maniera più sistematica, più trasparente e soprattutto rendendo i docenti più responsabili.6

Uno strumento pratico ed efficace per guidare la riflessione sulle strategie pedagogiche del corso di laurea in Medicina e Chirurgia è sicuramente offerto dalle SPICES di Harden.7 Come suggerito dal metodo SPICES, in una visione moderna, ed ampiamente accettata dalla letteratura internazionale, la didattica moderna dovrebbe essere centrata sull’apprendimento piuttosto che sull’insegnamento (Student-centred education), finalizzata all’apprendimento per problemi (Problem-based learning), con integrazione interdisciplinare e interprofessionale (Integrated education), a misura di studente (Elective-driven education) e sistematica (Systematic education).8 Alcuni esempi di organizzazione curriculare derivano anche da questo modello, come il curriculum dal profilo biomedico-psico-sociale caratterizzato da forte integrazione verticale tra scienze di base e scienze cliniche, dall’inizio precoce della formazione clinica e da un percorso verticale di metodologia medico-scientifica e scienze umane che accompagna lo studente sino alla laurea.9,10,11

Un insegnamento moderno deve inoltre fare espresso riferimento ai valori che possono trarsi dall’apprendere all’interno della comunità, nei cui confronti il Corso di Laurea dovrebbe avere maggiori responsabilità formative.12,13,14

Il ruolo del Presidente di CLM, promotore di valori ed armonizzatore della comunità co-educante

Il ruolo pedagogico del Presidente deve essere considerato in senso ancora più ampio, in relazione ai comportamenti eticamente corretti che dovranno acquisire gli studenti in formazione, all’interno di un contesto formativo che ne sappia far emergere correttamente le potenzialità inespresse.15,16,17

È emblematica, in tal senso, la proposizione posta da Stefano Semplici,18 Presidente del Comitato Internazionale di Bioetica dell’UNESCO: “se nelle Facoltà di Medicina si debba semplicemente insegnare come funziona il corpo umano, a quali rischi di malattia è esposto e come le diverse patologie possono essere efficacemente curate o si debba piuttosto integrare questo fascio sempre più differenziato di competenze in una visione del senso della pratica medica, dei suoi fini e dunque, conseguentemente, dei suoi doveri”. Sempre dallo stesso autore, il richiamo all’Art. 6 del Codice Deontologico FNOMCeO là dove è scritto: “il Medico è tenuto a collaborare alla eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario, al fine di garantire a tutti i cittadini stesse opportunità di accesso, disponibilità, utilizzazione e qualità delle cure” ed il suo commento che riportiamo integralmente: “Non si tratta, con tutta evidenza, di uno standard di competenza. Si tratta del dovere morale di opporsi all’idea che ogni cittadino ha diritto alla speranza di salute che è in grado di comprare e nulla più. Questa tesi non si trova nei trattati di anatomia e non corrisponde alle condizioni di esercizio della pratica medica in molti paesi. Fa parte, con altri principi come quello del rispetto dell’autonomia del paziente, di una prospettiva etica, prima ancora che di un quadro normativo giuridicamente vincolante, che si chiede di condividere. E che dunque dovrebbe essere insegnata. Come non sempre accade, almeno in forma curriculare esplicita, visto che la bioetica e l’etica medica continuano a spiccare per la loro assenza in molte delle Facoltà di medicina italiane”. Senza dubbio parole forti e importanti, su un tema che ha già l’attenzione dei Presidenti.

Anche nella prospettiva internazionale, è forte la consapevolezza del fatto che i valori della professionalità (professionalism) debbano essere incorporati all’interno dell’intero percorso curriculare.19

I valori della globalizzazione dell’educazione medica sono infine importanti nella visione che ogni singolo Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia non debba essere una entità isolata, ma debba condividere culture ed esperienze di tipo internazionale. Affrontare i temi della salute globale significa inevitabilmente incrociare la questione della complessità e dell’efficacia con quella dei fini e dei beni.

Il ruolo “multifunzionale” del Presidente può essere sinteticamente descritto da queste definizioni:

1. saper organizzare e coordinare le attività didattiche con attenzione alla realtà internazionale, seguendo le giuste innovazioni e suscitando il dibattito corretto tra Docenti e Studenti;

2. saper promuovere comportamenti eticamente corretti sia nei Docenti che negli Studenti;

3. costituire il primo esempio di correttezza professionale, competenza e comportamento nei confronti degli Studenti e dei Docenti;

4. essere in grado di risolvere con equilibrio le problematiche, invece di alimentare discordie, che dovessero porsi nella gestione del corso.

Il Questionario delle Priorità: l’emergenza pedagogico/formativa

Nell’ambito del laboratorio, è stato distribuito ai Presidenti un “Questionario delle Priorità”, nel quale si chiedeva di indicare, tra le 29 azioni pedagogico/formative di miglioramento del Corso di Laurea descritte, le cinque azioni giudicate come urgenti e prioritarie (Tab. 1).

L’analisi dei questionari compilati ha evidenziato la seguente lista delle cinque priorità scelte dai partecipanti, in ordine decrescente:

1. organizzo il tirocinio pratico-formativo degli studenti cercando di creare le condizioni che migliorino la qualità dell’apprendimento in laboratorio ed in clinica (piccoli gruppi);

2. istituisco un gruppo di lavoro per la definizione delle attività didattiche professionalizzanti di concerto con il Preside di Facoltà/Direttore di Scuola e il Direttore Generale dell’Azienda;

3. istituisco o rinnovo la “Commissione Paritetica” con gli studenti, cercando di metterli realmente al centro del processo formativo;

4. potenzio i rapporti internazionali cercando di aumentare il numero di accordi bilaterali ERASMUS e il numero di soggiorni internazionali degli studenti e dei docenti;

5. analizzo i corsi integrati, le modalità di insegnamento e avvio un processo di riorganizzazione delle aggregazioni disciplinari.

L’analisi delle azioni pedagogico/formative, scelte come prioritarie dai Presidenti, pone l’accento sull’esigenza di rinnovamento e di potenziamento su ambiti basilari quali quello del core curriculum e dello svolgimento corretto delle attività didattiche professionalizzanti, il rapporto con gli studenti, la maggiore esigenza di scambi internazionali, la riorganizzazione dei corsi integrati. Questi argomenti rappresentano già materia di studio per la Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina, e questo censimento di opinione non fa che rafforzare l’idea del giusto percorso intrapreso, già da numerosi anni, dalla Conferenza stessa.

Sono diventato Presidente di Corso di Laurea. Nei primi cento giorni del mio mandato affronto queste priorità di ambito didattico/pedagogico: (indicare non più di 5 opzioni tra quelle esistenti o proponendone altre)

1 Attivo un gruppo di lavoro per la definizione della mission formativa, specifica del corso
2 Analizzo l’organizzazione didattica per valutare il livello di integrazione verticale/orizzontale
3 Analizzo i corsi integrati, le modalità di insegnamento e avvio un processo di riorganizzazione delle aggregazioni disciplinari
4 Analizzo l’organizzazione didattica verificando se è condotta per problemi o è sistematica
5 Istituisco o rinnovo la “Commissione Tecnico-Pedagogica”
6 Istituisco la Commissione “medical education” per implementare la “internazionalizzazione” del CLM
7 Istituisco un gruppo di lavoro per la definizione delle unità didattiche elementari (UDE) ed una analisi/revisione del “core curriculum” su standard Europeo
8 Istituisco un gruppo di lavoro per la definizione delle attività didattiche professionalizzanti di concerto con il Preside di Facoltà/Direttore di Scuola e il Direttore Generale dell’Azienda
9 Mi metto a scrivere un codice di comportamento etico per i Docenti e gli Studenti
10 Analizzo le forme esistenti di valutazione degli studenti (compreso l’esame di laurea), vedo il loro livello di coerenza con gli obiettivi didattici e cerco di razionalizzarne l’organizzazione generale
11 Istituisco o rinnovo la Commissione “Quality Assurance” e mi occupo del controllo dell’efficienza didattica del CLM, facendo anche attenzione all’efficacia didattica dei singoli Docenti
12 Istituisco o rinnovo la “Commissione Paritetica” con gli studenti, cercando di metterli realmente al centro del processo formativo
13 Faccio una analisi delle attività svolte dai coordinatori di semestre/coordinatori di corso integrato e propongo al Consiglio un rinnovo totale/parziale
14 Implemento metodologie didattiche in modalità E-learning avanzate istituendo un gruppo di lavoro ad hoc
15 Implemento o istituisco lo “Skill Lab” o un “Centro di Simulazione Avanzato”
16 Mi occupo, per quanto rientri nelle mie possibilità di gestione, di migliorare la vivibilità dei luoghi di studio, delle aule, dei laboratori. Cerco di rendere disponibili i fondi che sono necessari chiedendo ai Responsabili dei Centri di Spesa correlati al CLM
17 Mi occupo della didattica tutoriale e cerco di rinnovare l’organizzazione esistente
18 Attivo forme di peer-education coinvolgendo studenti anziani e specializzandi
19 Implemento la collaborazione con il territorio promuovendo nuove iniziative/convenzioni con Enti Pubblici, Ospedali, ASL, Ordine dei medici, Associazioni in ambito sanitario etc.
20 Potenzio il servizio di biblioteca con abbonamenti on-line a riviste scientifiche e pedagogiche
21 Potenzio i rapporti internazionali cercando di aumentare il numero di accordi bilaterali ERASMUS e il numero di soggiorni internazionali degli studenti e dei docenti
22 Istituzionalizzo seminari di aggiornamento pedagogico per i docenti, cerco di istituire dei premi per i migliori studenti del CLM, implemento i “grand rounds” e le “conferences”
23 Attivo un percorso di eccellenza centrato sulla ricerca scientifica per gli studenti meritevoli
24 Potenzio e razionalizzo il sito internet del CLM (bacheca, calendari, forum etc.)
25 Mi occupo delle ADE e cerco di implementare le integrazioni interprofessionali
26 Potenzio e razionalizzo l’attività della segreteria didattica del CLM e sottolineo l’importanza del rispetto degli orari di ricevimento degli studenti
27 Se sono Presidente di CLM di un piccolo Ateneo con un numero limitato di Docenti, cerco di risolvere i problemi che possono derivare da pensionamenti e/o maternità del personale docente.
28 Organizzo il tirocinio pratico-formativo degli studenti cercando di creare le condizioni che migliorino la qualità dell’apprendimento in laboratorio ed in clinica (piccoli gruppi)
29 Cerco di organizzare in modo razionale il calendario delle lezioni frontali, del tirocinio pratico-formativo, gli spazi per lo studio autonomo e il calendario di esami.
30 Altro:

Tab. 1 – Il “Questionario delle Priorità” per l’azione didattico-pedagogica del Presidente di CLM in Medicina

Sessione I: Laboratorio No. 2

Tema: Il ruolo del Coordinatore di Corso Integrato e di Semestre/Anno

Esperto: Carlo Della Rocca (Roma Sapienza, Polo Pontino)

Moderatore: Silvio Scarone (Milano Statale, Polo S. Paolo)

Obiettivi: Al termine del Laboratorio, i partecipanti dovranno essere consapevoli che:

– il Coordinatore di Corso Integrato (CCI) e il Coordinatore di Semestre/Anno (CS) hanno funzioni sia tecnico-organizzative che pedagogiche;

– il CCI e il CS lavorano all’interno e per un progetto pedagogico unitario e condiviso del CLM, con il quale si confrontano continuamente;

– la possibilità che il CCI e il CS hanno di adempiere alle proprie funzioni è strettamente collegata alla capacità di interagire tra loro e con i docenti.

Dopo un breve giro di presentazione, l’esperto ha impostato la propria relazione sui compiti del CCI e del CS presentando una serie di esperienze criticamente riesaminate. A seguire è stato svolto un lavoro in piccoli gruppi costituito dalla pianificazione/programmazione di un semestre tipo (il I semestre del IV anno del CLMMC “E” del Polo Pontino della “Sapienza, Università di Roma”) articolata sulla base di obiettivi didattici, distribuzione dei CFU, tipologia di insegnamento e modalità e calendario degli esami. Il lavoro dei gruppi è stato infine discusso collegialmente ed è stata quindi raggiunta una sintesi motivata e condivisa di quanto elaborato, che ha costituito il prodotto finale del lavoro del laboratorio da presentare in plenaria.

Il ruolo del Coordinatore di Corso Integrato

È stato rilevato come la figura del Coordinatore di Corso Integrato20 sia ormai diffusamente consolidata mentre quella del Coordinatore di Semestre lo è molto meno (96% vs 59% dei CLMMC italiani, fonte Site Visit, III esercizio I Ciclo21)  ed è stato sottolineato come spesso sia il Presidente di CLM a vicariare quest’ultima figura, talvolta anche inconsapevolmente, benché si tratti di un ruolo fondamentale. Per ambedue le figure sono stati quindi delineati sia i compiti pedagogici che quelli organizzativi. Nel caso del CCI è stata ricordata e riproposta la check-list condivisa dalla Conferenza dei Presidenti di CLMMC e  pubblicata nel numero 35/2006 di Medicina e Chirurgia22 (Tab. 2), sottolineando come essa riguardi meramente gli aspetti organizzativi che, se pur minimali, rappresentano comunque l’ossatura del coordinamento di corso integrato.

Tab2 dossier60

In realtà, il germe del valore pedagogico dell’azione del CCI è già insito nei compiti organizzativi sopra ricordati che, tra l’altro, rispondono anche alle esigenze di trasparenza e di comportamento etico indispensabili nell’azione del docente dei nostri CLM. Ad esempio, non si può definire un orario, nel rispetto dei CFU di ciascun modulo, che sia didatticamente valido in termini di distribuzione dei compiti didattici e di pianificazione di attività didattiche coerenti, senza individuare preliminarmente e collegialmente gli obiettivi dell’apprendimento (competenze conoscitive e operative) nel rispetto del core curriculum.Tale azione va fatta partendo da “cosa lo studente deve sapere/saper fare” e non da “cosa il docente pensa di dover  insegnare” e non va disgiunta dall’individuazione di forme di valutazione pertinenti agli obiettivi stessi. In questo senso, a livello del Corso Integrato, l’integrazione tra funzioni pedagogiche e organizzative risulta più immediata anche perché la mancata integrazione tra le due funzioni risulta facilmente in una “scomposizione” dell’integrità del corso stesso, che è macroscopicamente evidente sia allo studente che ai docenti.

Il ruolo del Coordinatore di Semestre

Diverso appare il discorso per il coordinamento di semestre, dove i compiti organizzativi, anch’essi riassunti in una check-list condivisa dalla Conferenza, e pubblicata sempre nel numero 35/2006 di Medicina e Chirurgia (Tab. 3), sono particolarmente rilevanti e possono apparire meno immediatamente integrati con una funzione pedagogica. È per questo che la mancanza del CS nella quasi metà dei CLMMC italiani viene solo apparentemente vicariata da un coordinamento centrale che, nella stragrande maggioranza dei casi, non può far altro che distribuire aule e definire orari.

Tab3 Dossier60

Il Progetto pedagogico di semestre

In realtà è proprio la crucialità del compito organizzativo del Coordinatore di Semestre che può in qualche modo limitarne l’evoluzione in senso pedagogico, e non è raro che questo esiti in una funzione di mero assemblaggio di corsi tra loro rigidamente separati (si pensi alla difficoltà di introdurre, ad esempio, l’esame di semestre24). Funzione pedagogica fondamentale sarebbe, in questo contesto, quella di costruire un progetto di semestre in cui i corsi siano realmente integrati tra loro in termini, ad esempio, di una disposizione dei contenuti didattici secondo una progressione di apprendimento rinforzata anche da calendari di esami che facilitino “corsie preferenziali” a sostegno della stessa progressione di apprendimento. Per fare questo è indispensabile creare una comunità formativa di studenti e docenti centrata sulla trasparenza del patto formativo (blackboard, liste di discussione…) e verificare l’efficacia della didattica con indicatori soggettivi (i giudizi degli studenti e dei docenti) ed oggettivi sia di processo (acquisizione di competenze pedagogiche da parte dei docenti…) sia di risultato (valutazioni formative, il progress test, il flusso degli studenti nel semestre…). Tutto ciò è realizzabile in modo efficace solo se, a livello di CLM, il curriculum è stato realmente programmato secondo un progetto che abbia individuato, per ciascun semestre, un quadro coerente di obiettivi e che il tutto sia concertato e condiviso nell’ambito del rispetto reciproco dei ruoli e delle funzioni dettato dai principi dell’Etica della Pianificazione e dell’Organizzazione, anch’essi condivisi dalla Conferenza e pubblicati nel numero 54/2012 di Medicina e Chirurgia25.

Dibattito e conclusioni

Sulla base di quanto discusso, la proposta di pianificazione e programmazione del semestre-tipo è stata effettuata secondo i seguenti criteri:

– Individuazione di una successione “a cuneo” dei Corsi di Patologia Integrata, in modo che la progressione dell’apprendimento dello studente possa essere per contenuti omogenei (singolo apparato o apparati tra essi integrati; cardiovascolare e polmonare, nefro-urologico, ecc);

– “Spalmatura” dei Corsi di Anatomia Patologica e di Metodologia Clinica durante tutto il semestre con contenuti coordinati con quelli di volta in volta sviluppati nelle Patologie Integrate e con svolgimento di journal club curati dal Coordinatore del Corso Integrato di Lingua Inglese, anch’esso distribuito durante tutto il semestre;

– Centralizzazione, a livello di coordinamento di semestre, delle attività professionalizzanti, organizzate in piccoli gruppi contemporaneamente attivi a rotazione sotto il tutoraggio dei docenti dei diversi corsi, per il raggiungimento delle abilità individuate tra gli obiettivi del semestre stesso.

In conclusione è stato ampiamente condiviso come i ruoli del CCI e del CS non siano solo fondamentali per l’organizzazione puntuale ed “eticamente” corretta del CLMMC, ma che essi possano e debbano rappresentare gli strumenti effettori del progetto pedagogico del Corso di Laurea stesso, progetto che deve essere sviluppato sotto l’impulso e la guida del Presidente di Corso di Laurea, ma che di volta in volta si arricchisce e si modifica in base alle esperienze proprie dei singoli coordinamenti di corso integrato e di semestre.

Sessione I: Laboratorio No. 3

Tema: Il ruolo della Commissione Tecnica di Programmazione Didattico-Pedagogica

Esperto: Stefania Basili (Roma Sapienza, Polo Policlinico)

Moderatore: Bruno Moncharmont (Molise)

Obiettivi: Al termine del Laboratorio, i partecipanti dovranno essere consapevoli che:

– La CTP esercita funzioni istruttorie nei confronti del CCLM, o deliberative su specifico mandato dello stesso;

– La CTP  identifica le necessità didattiche del CCLM e propone le afferenze dei Docenti ai CI;

– La CTP organizza il monitoraggio permanente di tutte le attività didattiche;

– La CTP promuove iniziative di aggiornamento didattico e pedagogico dei Docenti.

La Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica26 (CTP) è presente, come organo del corso di studi, nella maggior parte dei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia italiani, sebbene la sua denominazione possa essere differente (ad esempio, Commissione didattica oppure Giunta per la didattica). Anche la sua composizione, così come la periodicità delle sue riunioni, varia moltissimo da sede a sede. Anche le funzioni attribuite alla CTP presentano un ampia variabilità tra le varie sedi.

Composizione e durata in carica della CTP

La CTP è solitamente prevista nel regolamento didattico del Corso di Laurea ed è istituita dal Consiglio di Corso di Laurea, e la sua durata coincide con quella del Presidente, che è in genere triennale.

Nella sua composizione la CTP include sia membri di diritto che membri eletti. Membri di diritto sono il Presidente del Corso di Laurea, che solitamente la presiede, ed il Vicepresidente. Membri eletti sono solitamente dei docenti di ruolo, preferibilmente almeno uno per ogni anno di corso. È auspicabile che la CTP sia composta dai Coordinatori didattici di semestre (o di anno, laddove così previsto). Non vi è uniformità nella presenza dei rappresentanti degli studenti. In alcuni casi la composizione della CTP include tra i membri di diritto il coordinatore del tirocinio (o attività professionalizzanti) ed il manager didattico (o responsabile della segreteria didattica). Il Presidente può integrare la CTP con altri membri, ai quali possono essere attribuite deleghe specifiche e con i vice-coordinatori di semestre, nel caso fossero previsti. Il numero dei componenti è pertanto notevolmente variabile, da un minimo di 8-10 ad un massimo di 25-30. Le funzioni svolte dai componenti della CTP debbono essere riconosciute come compito istituzionale del docente e pertanto certificate dalle Autorità accademiche come attività inerenti la didattica.

Funzioni della CTP

La CTP si riunisce in media una volta ogni due mesi, o ad intervalli più brevi quando se ne presenta la necessità, ed esercita funzioni istruttorie nei confronti del CCLM, o deliberative su specifico mandato dello stesso. In particolare, le attività della commissione si esplicano negli ambiti sottoelencati che, pur rimanendo comunque di pertinenza del Consiglio di Corso di Studi, possono giovarsi della ristretta composizione della commissione per essere definite o implementate in maniera più efficace:

i. definizione del progetto formativo del corso di studi

ii. organizzazione delle attività didattiche

iii. utilizzo delle risorse dedicate alla didattica

iv. monitoraggio della coerenza dei risultati ottenuti con gli obiettivi programmati

v. promozione dell’aggiornamento didattico-pedagogico dei docenti.

Definizione del progetto formativo del corso di studi

La CTP identifica gli obiettivi formativi del core curriculum, li aggrega nei corsi di insegnamento che risultano funzionali alle finalità formative, ed attribuisce loro i crediti formativi, in base all’impegno temporale complessivo richiesto agli studenti per il loro conseguimento. È parte di questa progettazione anche la definizione delle propedeuticità degli esami di profitto e la istituzione di limitazioni alla iscrizione agli anni successivi in funzione della progressione della carriera dello studente. Inoltre la commissione si impegna a riesaminare periodicamente la programmazione didattica in termini di calcolo del numero ottimale di docenti attesi e di attribuzione dei compiti didattici ai docenti. D’intesa con i docenti interessati, individua le metodologie didattiche adeguate al conseguimento dei singoli obiettivi didattico-formativi. È attribuito alla CTP anche il compito di valutare ed organizzare le attività didattiche elettive (ADE) altresì definite attività formative a scelta dello studente (AFASS), sia per quanto riguarda il numero di crediti ad essi attribuibili in relazione all’impegno dello studente, sia per la loro congruità con il progetto formativo.

Organizzazione delle attività didattiche

La CTP, con la collaborazione delle segreteria didattica, pianifica e coordina tutte le richieste organizzative della didattica. Particolare incombenza tecnica della CTP è la assegnazione di aule adeguate per le lezioni frontali, dei laboratori per le lezioni interattive e delle strutture assistenziali per le attività professionalizzanti. La Commissione ha la responsabilità, poi, di redigere il calendario delle attività didattiche, e di conseguenza l’orario delle lezioni, con particolare riguardo alle festività religiose, alla disponibilità delle aule ed alla pianificazione delle attività professionalizzanti. Grazie alla presenza dei docenti dei diversi anni di corso, la commissione deve stabilire anche il calendario delle verifiche di profitto, per ottenere una ottimale distribuzione delle date di esame per gli studenti, e proporre al Presidente la composizione delle commissioni di esame. Laddove se ne ravveda la esigenza, la CTP può discutere con i docenti la modalità di preparazione delle prove – formative e certificative – di valutazione dell’apprendimento, in coerenza con gli obiettivi formativi prefissati.

Il dialogo continuo con i rappresentanti degli studenti ed i coordinatori didattici di semestre o di anno servirà poi alla CTP per intervenire su ulteriori esigenze organizzative che si renderanno manifeste durante lo svolgimento dell’attività didattica, elaborando proposte, redigendo bozze di delibera ed esaminando le pratiche riguardanti gli studenti da sottoporre alla discussione collegiale del Consiglio.

I problemi specifici di singoli studenti che giungono all’attenzione della CTP e che riguardano la progressione della carriera dello studente o, comunque, la vita dello studente all’interno della comunità accademica, dovranno essere affrontati con la partecipazione del tutor al quale lo studente era stato affidato. La CTP non può infatti sostituirsi alla servizio di tutoraggio, ma deve piuttosto favorirne l’utilizzo e l’efficacia.

Utilizzo delle risorse dedicate alla didattica

La CTP valuta, con funzioni propositive nei confronti del CCLM, le afferenze ai corsi integrati di professori e ricercatori, tenendo conto delle necessità didattiche del CCLM, delle appartenenze dei docenti ai settori scientifico-disciplinari, delle loro propensioni e del carico didattico individuale. Per le competenze disciplinari non presenti, la commissione formula proposte di copertura di insegnamenti sia per quanto riguarda la tipologia di copertura (supplenza o contratto) sia per quanto riguarda i requisiti necessari per l’attribuzione. Se coerente con la regolamentazione dei Dipartimenti, la commissione può anche essere chiamata ad esprimere un parere sulle domande di copertura pervenute.

Altro compito della commissione è quello di proporre la distribuzione di risorse finanziarie del Dipartimento in funzione delle necessità dei diversi corsi integrati e delle proprie iniziative pedagogiche (acquisto di manichini e attrezzature didattiche, finanziamento di attività pedagogiche).

Monitoraggio della coerenza dei risultati ottenuti con gli obiettivi programmati

La CTP esegue una rilevazione continua della specifica realtà del CLM, dei suoi limiti e punti di forza, tramite il continuo ascolto delle istanze degli studenti e dei docenti, e tramite un’analisi ragionata dei risultati delle rilevazioni delle opinioni degli studenti e dei dati relativi alla progressione delle carriere degli studenti di ciascuna coorte. Inoltre, individua parametri di risultato e di processo, e verifica, con l’ausilio di questi, l’efficacia della didattica, programmando successivamente, d’intesa con i docenti, azioni di miglioramento. Da queste azioni deve conseguire una revisione periodica del curriculum degli studi, dell’articolazione dei corsi integrati e dell’attribuzione dei CFU sulla base dell’evidenza sperimentale raccolta.

Sulla base di queste attribuzioni la CTP può a pieno titolo svolgere le funzioni del Gruppo di riesame previsto dal DM 47/13, provvisto che nella composizione siano rappresentati gli studenti ed il personale tecnico amministrativo, assumendo quindi un ruolo ben definito nel processo di autovalutazione ed accreditamento (AVA).

a CTP promuove iniziative di aggiornamento didattico e pedagogico dei docenti e dei tutor clinici, d’intesa con la commissione per la medical education interna al Corso di Laurea o all’Ateneo (laddove istituite).27 La commissione inoltre pianifica varie forme di sperimentazione didattica, ne segue l’esecuzione e ne valuta i risultati.

Dibattito e prospettive future

Dalla discussione con i partecipanti all’atelier è emerso che, sia pur con tutte le differenze esistenti, la CTP è un organo indispensabile nella complessa realtà di un corso di laurea in Medicina e Chirurgia, al quale le sue stesse peculiarità (durata, integrazione didattica-assistenza, formazione dello studente per una figura professionale ben definita, per citarne solo alcune) impongono una organizzazione forte e ben strutturata. La commissione però, lungi dall’essere un apparato burocratico sclerotizzante, deve essere intesa come un organo dinamico, propositivo ed innovativo, soprattutto se essa si impegna a coinvolgere tutti i docenti del corso di laurea a riconsiderare i propri modelli di insegnamento alla luce degli attuali modelli di innovazione pedagogica nel campo della medical education.

Una ulteriore considerazione è emersa dalla discussione delle attribuzioni della CTP passate in rassegna nei paragrafi precedenti. È evidente che alla CTP sono attribuite funzioni importanti sia nella fase di progettazione del corso di studi che della sua realizzazione, nonché funzioni di verifica della coerenza dei risultati ottenuti con gli obiettivi definiti. Queste attribuzioni consentono alla CTP di svolgere tutte le azioni previste da un processo di qualità. Nell’ottica degli adempimenti previsti dal processo AVA (autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica, DM 47/13 e documento ANVUR del 9 gennaio 2013) la CTP, oltre che configurarsi in Gruppo di riesame (come già fatto rilevare precedentemente), potrà e dovrà svolgere un ruolo fondamentale nel coadiuvare il Presidente del corso di studi per la compilazione della scheda SUA finalizzata all’accreditamento iniziale. Per contro, proprio le specifiche attribuzioni della commissione nel campo della progettazione del corso di studio e del processo di autovalutazione non possono consentire ai componenti della CTP (né tantomeno al Presidente del consiglio di corso di studi) di partecipare come componenti o coordinatori delle commissioni paritetiche docenti studenti previste dalla legge 240/10, alle quali è attribuito il compito di verifica interna della efficacia dell’attività di autovalutazione dei corsi di studio.

Sessione II: Laboratorio No. 4

Tema: La valutazione dell’efficacia didattica

Esperto: Fabrizio Consorti (Roma Sapienza “C”, Polo Policlinico)

Moderatore: Licia Montagna (Milano Statale, Polo Humanitas)

Obiettivi: Al termine del Laboratorio, i partecipanti dovranno essere consapevoli che:

– la valutazione è un’attività multidimensionale, basata su valori;

– la valutazione più corretta e utile è inquadrata in una ottica di “sistema”.

Valutazione di profitto, di processo e di risultato

Nel mondo della formazione, quando si parla di valutazione si intende un insieme di azioni il cui esito è quello di produrre un giudizio di valore su un “oggetto”, situazione o evento. In didattica, quando parliamo di valutazione si è soliti associarla alla valutazione di profitto del discente. Si tratta di un modello che si è affermato principalmente nei sistemi scolastici e di derivazione comportamentista.

La valutazione di profitto parte dalla definizione di obiettivi educativi misurabili e osservabili, con la finalità di misurare il livello di performance raggiunto alla fine del processo di apprendimento28,29,30. Questo modello, essenziale per la definizione e la valutazione di obiettivi core nella formazione sanitaria, risulta riduttivo quando si tratta di valutare abilità complesse quali le competenze relazionali, di ragionamento e di assunzione di decisioni, e soprattutto non tiene conto degli elementi di processo che hanno portato lo studente a quel risultato, ovvero non considera come oggetto della valutazione il processo di apprendimento e la modalità con cui viene ottenuta la performance osservata. Se, come detto, questo modello è considerato essenziale nella formazione sanitaria, perché permette di definire e assicurare con un buon margine di precisione un livello standard di perfomance dei futuri professionisti della salute (medici, infermieri), dall’altro restituisce una fotografia che, per quanto precisa, è anche estremamente povera rispetto all’intero percorso formativo dello studente. Non permette di comprendere i processi che hanno portato ad un determinato risultato, i fallimenti, le difficoltà, le risorse messe in campo per superarle.

Accanto a questo modello, da diversi anni nel mondo della formazione si parla di valutazione di risultato, ovvero di un sistema di valutazione che non si focalizza solo sui contenuti o sui comportamenti misurabili, ma considera anche il cambiamento del soggetto nel percorso di apprendimento, attraverso una vasta gamma di eventi, e lungo tutto l’arco di tempo della sua storia formativa. La valutazione di risultato non è da confondere con la valutazione di processo in senso stretto, in quanto si tratta di considerare non solo le conoscenze e abilità acquisite,  ma le modalità con cui questo processo è avvenuto. In altre parole, è come guardare uno stesso oggetto da più punti di vista, permettendo in questo modo di avere una comprensione più ampia del fenomeno.31

La valutazione come sistema

Considerare la valutazione come un “sistema” capace non solo di misurare se il soggetto rientra all’interno di uno standard di competenza,32 ma anche la capacità da parte dello stesso soggetto di agire, declinando il sapere e le abilità acquisite all’interno del contesto, comporta l’allestimento di metodi di valutazione plurimi e multi-modali,33 capaci di cogliere il soggetto nella gestione dei processi: per esempio, pazienti simulati per la valutazione delle skill relazionali; prove pratiche sul manichino per la valutazione delle competenze tecniche; valutazione al letto del paziente (mini-CEX34), il tutto con prove ripetute più volte nel tempo.

Un sistema di valutazione efficace, capace dunque di restituire la “rotondità” del processo formativo, è un sistema che non solo si basa su una forte progettazione, ma che chiede anche trasparenza: per esempio, dichiarando gli obiettivi di apprendimento all’inizio del percorso, obiettivi  coerenti al core curriculum nazionale. È un sistema che si preoccupa di monitorare il percorso formativo attraverso l’uso di test d’ingresso e in itinere. Questo aspetto è molto importante per uscire dalla logica di considerare il processo valutativo come un evento finale legato all’apprendimento realizzato, con il rischio di associare il risultato al programma erogato. L’introduzione di sistemi di valutazione in itinere significa considerare la valutazione come un sistema di feedback in cui la valutazione serve non solo all’autovalutazione dello studente, ma anche al docente per monitorare ed orientare l’attività didattica e formativa, in un ottica di ricerca.

In questo senso anche il progress test può rappresentare un valido strumento per sviluppare la capacità critica e di auto-valutazione dello studente, per esempio allestendo momenti di restituzione dei risultati agli studenti stessi, utilizzando il test come uno strumento longitudinale che offra la possibilità di costruire un profilo dello studente per seguire il proprio processo di apprendimento.

L’efficacia della valutazione si esprime dunque anche nella possibilità di sviluppare una cultura della valutazione, educando lo studente a saper effettuare una critica interna da confrontare poi con il feedback esterno: perché non ha senso valutare un adulto se questi non è capace di auto-valutarsi; passo indispensabile per riconoscere poi la valutazione esterna che riceve.

La competenza del valutatore

È chiaro che un sistema di questo tipo, in cui la valutazione si apre anche ad una dimensione “dialogica”, la competenza del valutatore (formatore/docente) è essenziale. Un valutatore aperto a considerare la valutazione non solo come evento misurabile ma anche come evento da interpretare e comprendere attraverso dati che provengono da eventi diversi (abbiamo visto la necessità di utilizzare metodi e strumenti diversificati a seconda degli obiettivi di apprendimento da valutare); un valutatore capace di mettersi in gioco accettando la sfida di elaborare strumenti che permettano non solo di attribuire un punteggio, ma di saper anche descrivere un fenomeno di apprendimento, per poterlo così comprendere e solo allora valutare anche nella sua soggettività.

Dibattito e conclusioni

Sulla base di queste considerazioni, e del lavoro svolto dal gruppo durante il workshop, possono essere suggerite le seguenti raccomandazioni:

– la competenza del valutatore ( = del docente che valuta) è di importanza fondamentale;

– è necessario utilizzare delle modalità oggettive e pertinenti di valutazione (prove pratiche, pazienti standardizzati, progress test delle competenze);

– un elemento importante nella valutazione è la differenza pre-post intervento. Si incoraggia perciò l’uso di test di ingresso ed in itinere;

– si caldeggia un uso più esteso del progress test nazionale come strumento: va preparato e poi discusso con gli studenti;

– ruolo degli studenti:

– vanno aumentate e valorizzate le loro “competenze” a valutare;

– va diffusa una “cultura della valutazione”, rafforzata da ritorni visibili verso gli studenti;

– una valutazione di efficacia è possibile solo se gli obiettivi sono esplicitamente indicati, preferibilmente referenziati a quelli del core curriculum nazionale

– la valutazione NON è una minaccia all’autonomia universitaria se:

– l’uniformità riguarda la core competence come risultato atteso e i criteri e metodi di valutazione;

– l’autonomia si esplica nei metodi formativi, nella testimonianza dei modelli di ruolo, nella dimostrazione di libertà critica di pensiero;

– la definizione di una “idoneità didattica” può essere il frutto maturo di un buon sistema valutativo

Sessione II: Laboratorio No. 5

Tema: Le Attività Formative Professionalizzanti

Esperto: Rosa Valanzano (Firenze)

Moderatore: Luigi Demelia (Cagliari)

Obiettivi: Al termine del Laboratorio, i partecipanti dovranno essere consapevoli che:

– distribuzione e modalità di svolgimento delle Attività Formative Professionalizzanti (AFP) sono assai variabili in Italia;

– le difficoltà attuative nell’organizzazione delle AFP possono trovare numerose soluzioni;

– le AFP includono non solo abilità operative (saper fare) ma anche abilità relazionali e competenze professionali.

Le attività didattiche professionalizzanti rappresentano un elemento distintivo ed imprescindibile della formazione medica, che coniuga le conoscenze  acquisite con le abilità ad esse connesse.35 

Non si tratta comunque di esclusive competenze tecniche, ma anche di  competenze gestuali, emotivo-relazionali e metodologiche-metacognitive che dovranno condurre lo studente a comprendere le potenziali integrazioni tra medici, tra le differenti figure professionali, le persone assistite e la società.

Inoltre, le attuali possibilità diagnostiche procedono ad una velocità che spesso supera le nostre capacità di trattare e di adeguatamente intervenire.

La storica affermazione “see one, do one, teach one” non è dunque più storicamente accettabile. Tuttavia le basi della conoscenza, la risoluzione dei problemi, la capacità di sintesi e di analisi  rimangono in ogni caso quali presupposti indispensabili per il loro conseguimento.

Competenze gestuali

Le competenze gestuali devono prevedere:

– la comprensione della procedura, in termini di indicazioni, complicanze e controindicazioni;

– l’apprendimento delle modalità di esecuzione (ad esempio: conoscere la regione anatomica, individuare il corretto angolo di visuale, conoscere e scegliere i materiali necessari, saperli utilizzare in modo appropriato e sicuro, etc.);

– l’acquisizione del coordinamento psico-motorio necessario;

– l’acquisizione della specifica abilità tecnica (technical skill).

Molteplici sono le modalità didattiche utilizzabili: letture, modelli, animali, cadaveri, attori (paziente standardizzato), programmi computerizzati, simulatori virtuali, persone malate, peer physical examination. Esse dovranno essere scelte sulla base del tipo di procedura e del livello di conoscenza stabilito, nonché, ovviamente, sulla disponibilità delle attrezzature scelte. Un cenno a parte va fatto riguardo la peer physical examination che potrà divenire sempre più diffusa a causa della minore presenza dei malati nei reparti, conseguente al diffondersi di altri tipi di assistenza (es. ospedali territoriali, case protette, hospice, etc), della presenza di malati più gravi (e quindi meno facilmente disponibili per gli studenti), nonché per il possibile rifiuto della visita da parte delle persone assistite. La peer physical examination presenta tuttavia lo svantaggio di svolgersi in un ambiente protetto, in assenza della componente empatica, e con la possibile presenza di fattori locali, quali leggi, costumi, religioni che possono pregiudicare un corretto apprendimento.

Competenze emotivo-relazionali

Di grande complessità risulta l’insegnamento e l’acquisizione delle competenze emotivo-relazionali, tanto che Cochrane ed altre EBM rewievs affermano che esse possono sì essere insegnate, ma senza la sicurezza del loro effettivo trasferimento e mantenimento nella pratica clinica. Le competenze emotivo-relazionali devono essere indirizzate sia verso la persona assistita sia verso gli altri studenti, i medici, gli infermieri e le altre figure professionali, il cui lavoro potrà garantire adeguati risultati solo se svolto in maniera collaborativa e coordinata.

Benché sia dimostrato che adeguate competenze emotivo-relazionali assicurino una migliore diagnosi, una migliore scelta decisionale da parte del paziente ed un migliore outcome, l’insegnamento è spesso assente o inefficace, talora proprio per il mancato coinvolgimento dell’assistito. La valutazione di tali competenze è estremamente difficile in quanto viene ad inserirsi la dimensione dell’attendibilità:

– la conoscenza e l’abilità;

– la capacità di discriminazione (e di autovalutazione dei propri limiti);

– la coscienziosità (precisione);

– la veridicità (l’assenza di inganno nell’interazione discente/docente).

Le modalità di approccio alle competenze emotivo-relazionali possono essere:

– attitudinali (basate sulla sensibilità e sulla consapevolezza culturale);

– cognitive (basate sulla conoscenza multiculturale);

– trans-culturali (basate su appropriate skill che, partendo dallo stretto legame tra comunicazione ed esito della cura, si modulino e si adeguino sulla base del tipo di malato, cercando di eliminare le disparità etniche tramite un’adeguata comunicazione trans-culturale).

Competenze metodologiche/meta-cognitive

Le competenze metodologiche/metacognitive (cliniche) consistono nella capacità di organizzare, dirigere e controllare i processi mentali, adeguandoli alle esigenze del compito da svolgere. Essere permettono di costruire il sapere partendo da strategie cognitive ed esperienziali elaborate personalmente a partire da informazioni conosciute. Esse includono competenze generiche, quali il ragionamento, la comunicazione, l’aggiornamento, la professionalità, e competenze specifiche, tra le quali l’analisi, la valutazione, l’interpretazione, la programmazione, la comunicazione, l’intervento, nonché lo sviluppo professionale, il suo mantenimento e trasferimento. In definitiva, quanto più una persona è cosciente del suo operato e di come la propria mente lavora, tanto  più è in grado di operare un controllo sui propri processi cognitivi e conseguentemente ottiene migliori risultati nelle attività che esegue.

Insegnamento e valutazione dell’apprendimento delle competenze professionali

Le modalità didattiche e valutative devono essere modulate in maniera flessibile ed adeguata al contesto didattico dei vari CLM.

In primis, è necessario individuare e precisare  in maniera chiara e fattibile le skill che devono essere incluse nei curricula, prevedendo una loro coerente progressività, stabilendo una gradualità nel livello di responsabilità, associata ad un’adeguata metodologia didattica, e ad una   pertinente modalità di verifica.

È inoltre ovviamente  necessario, a monte, che esistano strutture e facilities didattiche adeguate, pur nell’ambito delle peculiarità delle diverse esigenze o scelte locali. In alcuni casi esistono infatti difficoltà attuative, conseguenti ad  inadeguati accordi con il SSN, ad indisponibilità di spazi idonei ed anche (benché raramente) alla resistenza, da parti dei docenti, a dedicarsi a tale  tipo di didattica, privilegiando invece quella frontale che  risulta di routinaria, e quindi  più agevole, attuazione.

Strumenti didattici per le attività formative professionalizzanti

Per quanto sopra enunciato, gli strumenti didattici possono e sono estremamente diversi nei vari CLM e possono prevedere: letture, modelli, animali, cadaveri, attori (paziente standardizzato), programmi computerizzati, simulatori virtuali, persone assistite.

Di seguito viene precisato il setting e le caratteristiche delle varie scelte didattiche.

1. L’osservazione diretta del paziente

2. La peer physical examination

3. L’impiego del paziente standardizzato

4. L’utilizzo di animali da laboratorio

5. L’ impiego di cadaveri

6. La disponibilità di laboratori chirurgici

7. L’impiego di metodiche innovative, quali simulatori, realtà virtuale, etc.

Osservazione diretta del paziente

L’osservazione diretta della persona assistita consente di lavorare nell’ambiente reale, permettendo allo studente di raccogliere l’anamnesi, di fare l’esame obiettivo, di eseguire una medicazione, etc. Tali azioni dovranno sempre considerare la tipologia dell’assistito ed il contesto socio-culturale in cui essa vive, nonché le sue convinzioni etico-religiose, alle quali potranno conseguire differenti modalità di visita o di setting di visita. Una donna di religione islamica, ad esempio, potrebbe chiedere di essere visitata da un sanitario donna, rendendo implicito che, in tale caso, alle abilità tecniche si affiancherebbero le abilità emotivo-relazionali e metodologiche-metacognitive.

Peer physical examination (PPE)

Le modalità di gestione del sistema sanitario Italiano si sono profondamente modificate negli ultimi anni, parallelamente alle caratteristiche dei pazienti stessi, che presentano un età anagrafica più elevata, con conseguente incremento delle  co-morbidità e quindi, della complessità. A fronte di ciò si associano richieste aziendali (talora perentorie) di riduzione dei giorni di degenza. Da tali considerazioni scaturisce la possibilità, o addirittura  la necessità, di utilizzare questa metodica didattica che presenta dunque (accanto alla peculiarità pedagogica) vantaggi pragmatici: la PPE è molto più economica di un simulatore ed evita di addestrare docenti ad hoc; inoltre protegge gli assistiti dall’imbarazzo di avere accanto studenti troppo giovani, pur consentendo loro di fare pratica  e di ottenere un immediato feed-back della loro prestazione; inoltre è documentato un elevato gradimento di tale metodica da parte degli studenti, che arriva al 94-98%, se si evitano procedure invasive quali l’esplorazione rettale o vaginale e la regione inguinale e mammaria.

Il paziente standardizzato

Nasce a Maastricht negli anni ’70 per poi diffondersi rapidamente. I pazienti standardizzati/simulati possono essere attori, studenti o pazienti veri  che vengono addestrati, attraverso un impegnativo training di preparazione, a simulare i più vari sintomi clinici e svariate condizioni psico-emozionali. Tale metodica didattica è di grande utilità nel setting di valutazione di performance clinica tramite  il modello dell’OSCE (objective structured clinical examination).

Il vantaggio principale consiste nella costante disponibilità di pazienti, a cui corrisponde un’illimitata  possibilità di addestramento (almeno teorica) e a cui si associa l’opportunità di realizzare un feed-back con l’attore, in un contesto distensivo.36

L’utilizzo di animali di laboratorio

Ha scarsissima applicazione nei Corsi di Laurea in Medicina, se non nell’ambito di un lavoro sperimentale finalizzato ad una tesi di laurea

L’impiego di cadaveri

Tale possibilità didattica permette un diretto contatto dello studente con l’anatomia normale e patologica, rendendo certamente più semplice l’acquisizione delle conoscenze anatomiche e dei loro risvolti in campo clinico e medico-legale. Tuttavia esistono notevoli difficoltà nel loro reperimento. La donazione dei cadaveri ad uso scientifico è ancora raramente concessa dai familiari del defunto, spesso per motivi religiosi o per difficoltà formali e burocratiche.

L’impiego di metodiche innovative: simulatori e realtà virtuale

Le tecnologie più avanzate applicate a manichini ed ambienti realistici sono in grado di simulare situazioni in ogni campo della medicina. I modelli di ultima generazione sono in grado di imitare in maniera estremamente realistica le reazioni fisiche e fisiologiche di un paziente vero, grazie a un software interattivo basato su sofisticati modelli matematici, che simula in tempo reale la risposta cardiovascolare, respiratoria, neurologica e farmacologica di un organismo umano. Le apparecchiature collegate al manichino registrano in ogni istante le sue reazioni e le conseguenze dell’intervento medico simulato. Tutte le simulazioni didattiche possono essere  registrate da una telecamera e successivamente riproposte ed analizzate dai docenti durante lezioni frontali e discussioni di gruppo (debriefing).

In ogni caso l’efficienza e l’efficacia didattica rimangono indissolubilmente legate al docente ed al suo cuore.

Dibattito e conclusioni

La discussione in laboratorio ha evidenziato una serie di potenzialità e di criticità. È emersa, in primo luogo, una grande diversità di impostazione del curriculum delle attività didattiche professionalizzanti nelle diverse Sedi, che fa nascere l’esigenza di un censimento specifico, a livello nazionale, al di là dei risultati offerti dalle on-site visit. In questo contesto potrà nascere l’esigenza di una ricognizione degli accordi convenzionali tra Sistema Sanitario Nazionale e Università, al fine di valorizzare le esperienze che si sono rivelate più efficaci. Nel contesto di questa revisione, occorrerà prevedere forme di incentivazione dei Medici del Sistema Sanitario Nazionale verso forme di tutoraggio rivolte agli studenti dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina.

Un altro tema di grande rilievo emerso dalla discussione (e che è stato affrontato in maggiore dettaglio nel laboratorio n°. 6) è la necessità di definire forme specifiche e pertinenti di valutazione dell’apprendimento delle abilità professionali, affiancando alla valutazione delle necessarie competenze cognitive che sono alla base dell’esercizio della professione, anche la valutazione – mediante opportune prove pratiche – dell’effettiva acquisizione di abilità gestuali e relazionali e di competenze professionali.

Sessione II: Laboratorio n° 6

Tema: La valutazione dell’apprendimento

Esperto: Pietro Gallo (Roma Sapienza “C”, Polo Policlinico)

Moderatore: Pier Maria Furlan (Torino, Polo S. Luigi Gonzaga Orbassano)

Obiettivi: Al termine del Laboratorio, i partecipanti dovranno essere consapevoli che:

– la valutazione condiziona l’apprendimento;

– una corretta prova di valutazione deve essere:

– pertinente

– obiettiva

– collegiale (inter-disciplinare ed eventualmente inter-professionale)

– le modalità di valutazione vanno scelte in fase di programmazione del corso.

Dopo un breve giro di presentazione, l’esperto ha introdotto il tema illustrando i tre obiettivi della sua presentazione.

La valutazione condiziona l’apprendimento

Uno dei più noti assunti della Pedagogia Medica è che assessment drives learning,37 ovvero che la valutazione indirizza (spesso in modo compulsivo…) l’apprendimento dello studente. In altre parole, lo studente studia, apprende, acquista competenze in funzione delle modalità dell’esame. Ma è anche vero che assessment drives teaching: le scelta delle modalità di valutazione delle competenze acquisite dovrebbe condizionare non solo la programmazione e l’esecuzione delle attività didattiche, ma anche la selezione degli obiettivi educativi realisticamente perseguibili.38 Al contrario, nel momento attuale, si registra una contraddizione: c’è diffusa consapevolezza dell’importanza di erogare una didattica professionalizzante ma poi si insiste su di un’unica forma di valutazione, l’esame orale. In questo modo si vanificano enormi investimenti in termini di risorse umane e materiali, e si manda allo studente un messaggio confondente. Se si vuole che lo studente acquisisca abilità operative e relazionali, prima, e competenze professionali, poi, è indispensabile includere nella valutazione dell’apprendimento una qualche forma di “prova pratica”. È, del resto, questa la via da percorrere per giungere a uno degli obiettivi qualificanti che la Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina si è posta: quell’esame di laurea abilitante che dovrà necessariamente comprendere una forma di valutazione pratica.

In realtà, per valutare le competenze acquisite dagli studenti abbiamo un’intera cassetta degli attrezzi,39,40,41 fornita di strumenti diversi:

Esami scritti

Ve ne sono di numerose tipologie:

– domande a risposta multipla;

– domande a risposta aperta “breve”;

– domande a risposta aperta “lunga”;

– temi;

– tesine.

Contrariamente a quanto comunemente si crede, l’esame scritto valuta non solo le competenze mnemoniche ma anche abilità “superiori” come interpretare (dati o quadri morbosi), valutare nessi logici, risolvere problemi, e prendere decisioni.

Esami orali

Anche in questo caso, ci sono diverse tipologie:

– esami orali “tradizionali”;

– esami orali con griglia di valutazione;

– esami orali nei quali l’esaminatore si pone come “paziente standardizzato”.

Esami pratici

Anche in questa cassetta, ci sono molti attrezzi:

– valutazione orale o scritta (si mostrano reperti [pezzi anatomici, quadri istologici, radiogrammi, tracciati ECGrafici…] e si pongono quesiti interpretativi);

– esami pratici su singole competenze operative (saper fare… una manovra semeiologica o terapeutica, un atto gestionale…);

– esami pratici su competenze relazionali: tanto le prove pratiche sulle competenze operative che quelle sulle competenze relazionali possono avvalersi di video (OSVE: Objective Structured Visual Examination) e richiedono l’impiego di griglie di osservazione;

– paziente simulato

– paziente standardizzato

– prova pratica a stazioni (OSCE: Objective Structured Clinical Examination)

Portfolio

Lo studente può inserire nel suo portafoglio personale appunti, materiale didattico ricevuto, proprie ricerche bibliografiche, tesine svolte, un diario di bordo… Il portfolio è in primo luogo uno strumento formativo di riflessione dello studente ma può essere esaminato in modo critico insieme a lui e divenire così uno strumento di valutazione certificativa.

Una corretta prova di valutazione deve essere: a) pertinente, b) obiettiva, c) collegiale (inter-disciplinare e possibilmente inter-professionale)

Qual è, nella cassetta degli attrezzi delle prove di valutazione, lo strumento migliore? Evidentemente un martello non è in sé né migliore né peggiore di un cacciavite, ma è più o meno pertinente all’obiettivo che uno si è dato. Allora, la prova migliore è quella più pertinente agli obiettivi didattici che uno si è dato. In questo senso, una prova pratica è l’unica pertinente alla valutazione dell’acquisizione di competenze operative, mentre un esame scritto è perfettamente in grado di valutare le competenze conoscitive, così come l’esame critico di un paziente simulato permette di valutare il possesso di numerose competenze professionali.

Ma, se il primo requisito di un esame è quello di essere pertinente, l’etica del docente e il patto formativo con lo studente richiedono che un esame debba essere anche obiettivo. Da questo punto di vista, non tutte le prove, per quanto pertinenti, sono ugualmente obiettive.

Caratteristica di una prova di valutazione obiettiva è che: a) ogni competenza da verificare sia misurabile e sia stata definita a monte; e b) che il livello accettabile di performance complessivo (in termini di promosso/non-promosso e di voto) sia stato predeterminato, prima dello svolgimento della prova. In questo senso, non tutte le prove pertinenti sono anche obiettive:

–  esami scritti: solo le domande a risposta multipla e quelle a risposta aperta breve consentono una valutazione predeterminata e obiettiva;

– esami orali: possono diventare obiettivi solo mediante l’uso di griglie di valutazione stabilite a monte;

– esami pratici: anche questi, per essere obiettivi, richiedono l’impiego di griglie di osservazione (checklist) predeterminate.

Infine, la valutazione dell’apprendimento deve essere integrata e collegiale: il grande impegno di integrazione, che è necessario sia in fase di pianificazione che di esecuzione del corso, viene del tutto vanificato se tale integrazione non viene espressa anche in fase di valutazione.

Il senso dell’attuale riforma degli ordinamenti didattici è quello dell’integrazione interdisciplinare,42 ed infatti i nostri corsi sono tutti denominati come “corsi integrati”. Tuttavia, la valutazione dei curricula dei CLM del nostro Paese rivela che molti corsi sono ancora monodisciplinari, e molti altri, pur multi-disciplinari, dividono rigidamente l’apporto delle diverse discipline all’interno di moduli separati e distinti. Al contrario, un corso interdisciplinare si caratterizza non solo per l’apporto di disciplinaristi diversi ma per l’organizzazione dell’attività didattica in Unità Didattiche Complesse, articolate in interventi didattici – di durata variabile – posti in successione o, meglio, in co-presenza.

Un esame integrato interdisciplinare ha anche il pregio che porta a privilegiare la verifica delle capacità di risolvere problemi e prendere decisioni: le competenze cognitive e quelle operative sono spesso “disciplinari” mentre nella realtà il medico affronta “problemi interdisciplinari”.

Le modalità di valutazione vanno scelte in fase di programmazione del corso

La programmazione del corso non può essere disgiunta da quella dell’esame,43 anzi ne deve essere guidata. Occorre partire dall’esame perché un obiettivo didattico ha senso solo se è verificabile, e va insegnato nella misura in cui se ne può verificare l’apprendimento.

Articolazione del dibattito

A titolo d’esempio, e per animare il dibattito, viene descritta la modalità con cui si svolgono gli esami di molti Corsi Integrati del CLM in M&C del Polo San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino), che consiste in un numero di domande chiuse e aperte proporzionale ai CFU dei singoli moduli. Viene preso ad esempio il corso di Neurologia e Malattie del comportamento che, oltre a queste discipline, comprende Anatomia, Biochimica, Fisiologia, Farmacologia e Neurochirurgia, per un totale di 17 CFU (Tab. 4). Per ogni CFU vengono sottoposte agli allievi 4 domande chiuse e una/due domande aperte. Per accedere all’orale bisogna aver superato il 25% delle domande di ciascuna materia (un punto per ciascuna domanda chiusa corretta, sino a 4 per quelle aperte) e il 50% delle domande totali. L’accesso all’esame orale è facoltativo e qualunque sia il risultato (purché superiore ai valori di cut-off) garantisce il 18. Se si sostiene l’orale, la commissione ha a disposizione un range di sei punti (in meno o in più): accedere alla prova orale con un 23 può comportare la bocciatura, mentre con 25 teoricamente si può ottenere la lode. Il compito vale anche (e solamente) per l’appello successivo. È concesso ritirarsi ma, in questo caso, lo scritto dovrà essere ripetuto. Per la prova scritta sono concessi 90 minuti e la durata media dell’interrogazione orale oscilla tra i 15 e i 30 minuti.

tab4 dossier60

Da quest’anno le “dorsali cliniche”44 saranno oggetto di esame orale e di discussione di tutti gli accertamenti strumentali. L’esame dei tirocini presso i distretti, il 118-ambulanze e i MMG prevede invece una relazione scritta e una discussione orale.

Dopo un’approfondita discussione alla quale hanno partecipato tutti i presenti, il laboratorio si è concluso con l’esecuzione di un “esercizio” desunto dalla letteratura:45 è stata scelta una Unità Didattica Complessa che è stata articolata in Obiettivi Didattici Elementari. Questi sono stati suddivisi in obiettivi cognitivi, pratico/relazionali e professionali ed è stata compilata una griglia nella quale, per ogni obiettivo, andavano precisate le modalità di insegnamento (scegliendo tra tutoriale, lezione frontale, attività didattica a piccoli gruppi e paziente simulato) e la tipologia di valutazione (optando tra  prova scritta, orale, pratica o portfolio). Il risultato dell’esercizio (riportato nella Tab. 5) non ha alcuna pretesa di esaustività, ma ha aiutato i presenti a prendere coscienza: a) dell’opportunità di scegliere tra forme diverse di insegnamento, in funzione dell’obiettivo specifico; b) della necessità di scegliere tra forme diverse di valutazione dell’apprendimento, che siano pertinenti all’obiettivo didattico; c) che le due componenti di programmazione delle procedure didattiche e di scelta delle modalità di valutazione non possono essere disgiunte.

Tab5 dossier60

Appendice

All’atelier pedagogico dal titolo Il ruolo del Presidente di Corso di Laurea in Medicina, organizzato per la Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina (CPPCLM), tenutosi a Roma Sapienza, il 23 Giugno 2013, a cura del Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica, hanno partecipato: Francesco Bandello (Milano San Raffaele), Isabella Barajon (Milano Statale Humanitas), Stefania Basili (Roma Sapienza “D”), Tiziana Bellini (Ferrara), Silvia Bocci  (SISM, Siena), Maria Filomena Caiaffa (Foggia), Renzo Carretta  (Trieste), Paola Cassoni (Torino I), Amos Casti (Segretario della CPPCLM), Sandra Cecconi (L’Aquila), Claudio Ceconi (Ferrara), Gian Paolo Ceda (Parma), Fabrizio Consorti (Roma Sapienza “C”), Francesco Curcio (Udine), Angelo D’Ambrosio (SISM, Roma Sapienza Sant’ Andrea), Carlo Della Rocca (Roma Sapienza “E”), Luigi Demelia (Cagliari), Italia di Liegro (Palermo, Caltanisetta), Maria Luisa Eboli (Roma Università Cattolica S.C.), Giuseppe Familiari (Roma Sapienza, S. Andrea), Amelia Fillippelli (Salerno), Giorgio Fujiano (Catanzaro), Piermaria Furlan (Torino San Luigi Gonzaga – Orbassano), Pietro Gallo (Roma Sapienza “C”), Antonello Ganau (Sassari), Paola Izzo (Napoli Federico II), Marco Krengli (Piemonte Orientale), Andrea Lenzi (Presidente della CPPCLM), Claudia Marotta (SISM, Roma Università Cattolica S.C.), Manuela Merli (Roma Sapienza “B”), Mario Messina (Siena), Gabriella Mincione (Chieti), Bruno Moncharmont (Molise), Licia Montagna (Milano Statale Humanitas), Raffaella Muraro (Chieti), Giovanni Murialdo (Genova), Marco Nicolazzi (SISM, Piemonte Orientale), Alessandro Padovani (Brescia), Carla Palumbo (Modena/Reggio Emilia), Giampaolo Papaccio (Napoli II Università), Maria Penco (L’Aquila), Laura Recchia  (Molise), Paolo Remondelli (Salerno), Luca Richeldi (Modena/Reggio Emilia), Giorgio Rosso (Torino San Luigi Gonzaga – Orbassano), Marina Scarpelli (Ancona), Silvio Scarone (Milano Statale, San Paolo), Anna Spada (Milano Statale, Policlinico), Felice Sperandeo (SISM, Roma Sapienza “D”), Francesco Squadrito (Messina), Maria Grazia Strepparava (Milano Bicocca), Rosa Valanzano  (Firenze) e Maurizia Valli (Pavia).

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Cita questo articolo

Gallo P., Basili S., Caiaffa M.F. et al., Il ruolo organizzativo e pedagogico del Presidente di Corso di Laurea Magistrale in Medicina, Medicina e Chirurgia, 60: 2683-2698, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-60-3