La laurea magistrale impatta sulle conoscenze, l’occupazione e l’upgrading professionale?n.85, 2020, pp. 3802-3808, DOI: 10.4487/medchir2020-85-8

Abstract

Questa indagine esplora aspettative, percezione dello sviluppo delle conoscenze, situazione lavorativa, sviluppo professionale e upgrading in un gruppo di studenti e di laureati magistrali in Scienze Riabilitative (LMSR) dell’Università di Milano (UNIMI).

Sono stati reclutati tutti gli studenti iscritti dall’A.A. 08/09 al 16/17 (n=213) e intervistati con tre questionari creati ad hoc e somministrati all’immatricolazione (T0), alla laurea (T1) e dopo un anno (T2). Gli intervistati sono stati arbitrariamente suddivisi in junior (età < 40) e senior (≥40). A T0-T1 ha risposto il 58.68% della popolazione; a T2, il 68.8%. Abbiamo rilevato: abbassamento dell’età media e maggiore differenziazione dei profili professionali degli iscritti alla LMSR, diminuzione dell’aspettativa dell’upgrading, percezione di incremento delle conoscenze a T1, soprattutto pedagogiche. Nella popolazione generale, l’occupazione passa dal 58 (T0) al 93% (T1) e secondo gli intervistati la LMSR ha avuto un ruolo rilevante. Il 96% è soddisfatto del percorso di studio. A un anno dalla laurea (T2), il 43% migliora/stabilizza la condizione lavorativa. L’autonomia decisionale passa dal 33% (T0) a 55% (T2). Il 19% prosegue gli studi (50% Master; 25% Dottorato). Ulteriore ricerca, anche in altre LM, è necessaria per comprendere come trasformare/migliorare la formazione post-base alla luce di bisogni e carriere degli studenti.

Parole chiave: Laurea Magistrale in Scienze della Riabilitazione, stato occupazionale, survey, sviluppo professionale, valutazione

Abstract

This survey explores expectations, perception of knowledge improvement, employment, professional development and upgrading in a group of students and graduates of the Master of Science in Rehabilitation (MScR), University of Milan (UNIMI). All students enrolled from the A.Y. 08/09 to 16/17 (n=213) have been included and interviewed with three questionnaires administered at registration (T0), graduation (T1) and after one year (T2). The interviewees were arbitrarily divided into junior (age <40) and senior (≥40). Fifty-eight% of the enrolled students answered (population T0-T1). At T2, 68.8% of the T0-T1 population responded. We found a decreasing of the average age of those registered in MScR, a greater differentiation of the rehabilitative professional profiles enrolled in the program, a reduction of the expectation of upgrading, a perception of increasing knowledge at T1, especially pedagogical. Employment increased from 58% (T0) to 93% (T1); according to the interviewees, the MScR played an important role in that change. Ninetysix% were satisfied. One year after graduation (T2), 43% improve/stabilize their working conditions. Perceived decision-making autonomy increases from 33% (T0) to 55% (T2). Nineteen% continued their studies (50% Master; 25% Doctorate). Further research is needed, to understand how to transform/improve postgraduate training, according to MScR students’ needs and careers.

Key words: Employment, evaluation, Master of Science in Rehabilitation, survey, professional development

Articolo

Introduzione

Le Lauree Magistrali (LM) sanitarie rispondono all’esigenza di formare figure con competenze per ricoprire posizioni manageriali, progettare e attuare la formazione e fare ricerca. Tali ruoli in passato erano attribuiti senza una specifica regola, per anzianità di servizio o acquisizione di merito; attualmente, invece, il titolo magistrale è un requisito legislativo e contrattuale per ricoprire cariche apicali nelle aziende, incarichi di docenza per i settori MED/45-50 e per accedere al Dottorato.

A oltre dieci anni dallo loro istituzione, in Conferenza e in Giunta si discute se siano percorsi ancora rispondenti al mandato istitutivo e sulla necessità di rivederli in termini di contenuti e organizzazione.

Nel sistema universitario italiano, la cultura della valutazione, intesa come analisi della soddisfazione anche lavorativa, dell’occupazione e delle prospettive economiche (Gianbalvo et al, 2015; Mastrillo, 2018), è divenuta in questi ultimi anni un argomento di sempre maggiore interesse. Si sono sperimentati metodi di indagine sui laureati e occupati (ISTAT, 2009) e introdotte pratiche che ne garantiscono la validità, nonché processi di autovalutazione. La condizione occupazionale è indagata da AlmaLaurea e concorre a dare una visione più chiara sul possibile “cambiamento lavorativo” in relazione agli sbocchi professionali previsti/auspicabili del percorso formativo analizzato, sul tasso occupazionale, sulle difficoltà a trovare un’occupazione coerente rispetto al profilo del laureato e sull’adeguatezza della retribuzione rispetto al titolo (1).

Questo non è tuttavia l’unico modo per valutare gli effetti della formazione. Nell’ECM infatti, uno dei modelli maggiormente utilizzati per la valutazione della formazione è quello di Kirkpatrick (1994), che descrive quattro livelli: gradimento, apprendimento, comportamento sul lavoro e impatto sull’organizzazione.

Se traslato alla formazione sanitaria universitaria, i primi due livelli possono essere considerati pienamente interni all’accademia e pertanto di più immediata valutabilità, mentre per gli ultimi due concorrono fattori ambientali e sociali esterni, che rendono il processo più diffi-coltoso, ma altresì importante e significativo. In particolare, la valutazione delle ricadute formative di un percorso universitario viene effettuata sia mediante la raccolta di dati oggettivi (analisi di varie tipologie di documenti) sia attraverso sistemi di valutazione diretta dei soggetti, come accade nei processi di valutazione interna delle aziende o in quelli di certificazione o ri-certificazione delle competenze (Tian et al, 2007).

La letteratura attribuisce altresì grande importanza a pratiche di autovalutazione da parte di soggetti, chiamati a esprimersi, spesso con questionari, sull’evoluzione delle loro conoscenze e competenze (Casebeer et al., 2004; Leong et al., 2010; Trewet & Fjortoft, 2013; Lawton et al., 2017).

Nonostante ciò, la valutazione viene spesso sottovalutata e considerata inutile dispendio di tempo e risorse. Il suo rafforzamento favorirebbe invece la crescita, lo sviluppo e l’innovazione del mondo accademico, in termini di efficienza e di efficacia.

Lo scopo del nostro lavoro è stato di valutare l’impatto della LMSR di UNIMI sulla percezione dell’evoluzione delle proprie conoscenze e capacità in diversi ambiti disciplinari pre- e post-laurea, sull’occupazione e sulle progressioni di carriera in un gruppo di studenti e di laureati mediante alcuni questionari creati ad hoc. Al contempo, è stato possibile mappare tale popolazione.

Metodo

È stata condotta un’indagine osservazionale descrittiva tra gli immatricolati e i laureati dal A.A. 08/09 al 16/17. Il percorso è attivo dall’A.A. 08/09 con un potenziale formativo di 20 posti, aumentato a 25 nel 12/13.

Per analizzare la popolazione degli immatricolati, il livello iniziale di conoscenze percepite, lo stato occupazionale e le aspettative, è stato somministrato all’immatricolazione (T0) il Questionario Entering Behaviour (QEB) (Bernardelli et al., 2013), introdotto nel 08/09 e reso obbligatorio dal 10/11; esso caratterizza lo studente per età, profilo professionale, titolo di studio, stato occupazionale, background formativo ed esperienziale e indaga, mediante un processo di autovalutazione, le co-noscenze iniziali nei tre ambiti della magistrale: area della ricerca, pedagogica (formazione/didattica) e del management.

Per indagare la percezione dell’efficacia del percorso formativo, intesa come miglioramento di conoscenze, lo stato occupazionale, l’upgrading professionale e la soddisfazione, è stato somministrato alla laurea (T1) l’Outcome Behaviour (QOB) introdotto nell’A.A. 10/11. Per misurare la percezione del mantenimento/sviluppo delle conoscenze e la ricaduta formativa, le condizioni lavorative, l’upgrading professionale e la soddisfazione a distanza di tempo, è stato somministrato telefonicamente a un anno dalla laurea (T2) l’Upgrading Map (QUM) introdotto nell’anno accademico 14/15.

I questionari prevedono domande a risposta chiusa con una sola opzione possibile su una scala Likert da 1 a 4 (insufficiente/assolutamente no, sufficiente/più no che sì, adeguato/più sì che no, eccellente/assolutamente sì) e a risposta aperta. I punteggi 1 e 2 sono considerati negativi; i punteggi 3 e 4 positivi.

Tutti gli studenti firmano un consenso informato al trattamento dei dati per il QEB e il QOB; per il QUM viene richiesto prima di iniziare l’intervista telefonica.

I dati raccolti sono stati analizzati utilizzando tecniche di statistica descrittiva, mediante il software Excel 97-2003. Ai risultati ottenuti mediante le risposte aperte sono stati, invece, applicati metodi di analisi del contenuto (Metastasio, Cini, 2009).

La popolazione è stata arbitrariamente suddivisa tra studenti junior (età<40 anni) e senior (età≥40 anni), per l’individuazione di eventuali differenze.

Risultati

Sono presentati i principali risultati relativi alla popolazione T0-T1 e T2, ossia le aspettative circa il percorso formativo, la percezione dell’efficacia,lo stato occupazionale, l’eventuale upgrading professionale e la soddisfazione.

Popolazione T0-T1

Negli anni accademici considerati per lo studio, si sono immatricolati 213 studenti di tutti i profili della Classe, seppur con percentuali e distribuzione differenti: Fisioterapisti (FT) (45%), Logopedisti (15%), Ortottisti (4%), Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE) (15%), Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica (TRP) (15%), Podologi (1%), Terapisti Occupazio-nali (TO) (2%) ed Educatori Professionali (EP) (4%). Si rileva un trend in aumento dei profili TNPEE, TRP e Logopedisti rispetto ai FT, che nel 2008 rappresentavano il 68% della popolazione.

Degli iscritti, 125 (59%) hanno compilato correttamente sia il QEB che il QOB e, quindi, rappresentano la popolazione T0-T1. A T0, 34 (27%) erano senior e 91 (73%) junior con età compresa tra 21-56 anni (media: 30 anni; mediana: 25 anni), con un trend in diminuzione negli anni presi in esame (Grafico 1). Il 74% aveva la Laurea e il 26% un titolo abilitante; il 12% aveva anche un Master in coordinamento e il 2% un’altra Laurea. A T0, il 58% era lavoratore (di cui, il 33% dichiarava di avere autonomia decisionale percepita nella propria professione) e il 42% era non occupato.

Aspettative a T0

La Tabella 1 mostra le aspettative per macroaree, suddivise tra senior e junior, che risultano sostanzialmente equivalenti: l’aspettativa di un upgrading è doppia nei senior rispetto al desiderio di confronto col docente e coi pari che, viceversa, è doppia nei junior.

Percezione dell’efficacia del percorso formativo: evoluzione delle conoscenze da T0 a T1

Nelle Tabelle 2, 3 e 4 è rappresentata, in percentuale, la percezione generale del livello di conoscenze suddivisa tra senior e junior, rispettivamente nell’area della ricerca, pedagogica e del management.

Dai risultati emerge una bassa percezione delle conoscenze in tutte e tre le aree a T0, soprattutto nella ricerca e management. Al contrario, a T1 emerge un’evoluzione di tale percezione in tutte e tre le aree; in maggior misura nell’area pedagogica.

Si osserva un miglioramento della percezione delle conoscenze nelle aree di ricerca e pedagogica maggiore nei junior rispetto ai senior, mentre c’è solo una lieve differenza riguardo il miglioramento delle conoscenze manageriali, percepite a T1 più adeguate dai senior.

Stato occupazionale ed eventuale upgrading professionale a T1

A T1, il 93% è occupato; il 30% ha migliorato la sua posizione: il 13% ha acquisito migliore posi-zione contrattuale (12% senior, 14% junior), il 9% ha un contratto di docenza (6% senior, 11% ju-nior) e il 7% (22% senior, 78% junior), ha ottenuto un upgrading professionale, inteso come nuova posizione (ruolo apicale in azienda, ruolo di direzione o coordinamento di un corso di studio o nell’ambito della ricerca). Di questi, il 100% ritiene che il percorso abbia avuto un ruolo decisivo; l’88% che le competenze acquisite abbiano avuto un ruolo decisivo e il 13% un ruolo importante.

Soddisfazione a T1

Il 96% si dichiara soddisfatto del percorso di studio (86% junior, 89% senior) e il 76% si iscriverebbe allo stesso corso di studio e nello stesso Ateneo (94% junior, 90% senior). Per il 78% le aspettative per le quali è stata effettuata la scelta di iscriversi alla LM espressa a T0 sono state realizzate (76% junior e 81% senior).

Popolazione T2

Hanno risposto e dato il consenso all’intervista telefonica (QUM) 86 soggetti (69% della popolazione T0-T1): rappresentano, quindi, la popolazione T2. Di questi, 28 (33%) erano senior e 58 (67%) junior L’età era compresa tra 22-59 anni (media: 34; mediana: 30).

La popolazione T2 include i laureati negli anni accademici dal 14/15 al 17/18 e tutti i profili professionali della Classe, escluso il Podologo, così rappresentati: FT (49%), TRP (14%), TNPEE (14%), Logopedista (10%), Ortottista (5%), EP (6%) e TO (2%). Tutti sono nella condizione di lavoratore.

Efficacia del percorso: mantenimento delle conoscenze come ricaduta formativa da T1 a T2

Nella Tabella 5, è rappresentata, in percentuale, la percezione dell’evoluzione delle conoscenze nelle tre aree da T1 a T2. Complessivamente, le conoscenze manageriali rimangono stabili, mentre diminuisce la percezione di adeguatezza delle conoscenza in ambito di ricerca e formazione.

Stato occupazionale ed eventuale upgrading professionale a T2

Il 43% ha modificato la posizione lavorativa (25% senior, 52% junior): il 32% dichiara di avere modificato il regime lavorativo o la tipologia di contratto o di avere avuto un avanzamento di carriera (43% senior, 29% junior); il 27% di ricoprire posizioni apicali in azienda (dirigenza, responsabilità di area e coordinamento) (43% senior, 26% junior): e l’8% di ricoprire ruoli nell’ambito della formazione accademica (10% senior, 0% junior). Il 19% (tutti junior) ha proseguito gli studi: di questi, 50% si è iscritto a un Master e il 25% a un dottorato.

Di questi, il 33% ritiene che il titolo conseguito abbia avuto un ruolo decisivo e il 44% un ruolo importante; il 28% che le competenze acquisite abbiano avuto un ruolo decisivo e il 53% un ruolo importante. A T2, il 55% dichiara di avere autonomia decisionale nella propria professione.

Soddisfazione a T2

L’80% rimane soddisfatto del percorso: il 53% per un incremento di conoscenze e il 15% per una crescita professionale/personale. Il 78% risponde che le aspettative espresse a T0 sono state realizzate (81% senior, 76% junior).

Discussione

Lo studio considera una popolazione di studenti immatricolati e laureati dal 08/09 al 16/17 (9 su 11 anni di attivazione), con una percentuale di soggetti indagati a T0-T1 del 59% (e del 69% di T0-T1 a T2): sembra pertanto possibile affermare che i dati siano adeguatamente rappresentativi.

Osserviamo come l’età media in generale degli studenti sia diminuita progressivamente: il trend sembra voler indicare come l’interesse verso il percorso formativo fosse maggiore durante i primi anni di attivazione per i senior, che probabilmente volevano consolidare con tale titolo ruoli e fun-zioni che già ricoprivano. Rileviamo, inoltre, come la popolazione fosse meno diversificata per profilo professionale; infatti, quello maggiormente rappresentato era il FT, mentre negli ultimi anni emergono i profili del TRP, del TNPEE e del Logopedista. Queste diversificazioni dei profili, che potrebbero essere presenti anche in altre Classi, hanno imposto un ripensamento della didattica, soprattutto nella tipologia e nell’approfondimento delle discipline cliniche e una riorganizzazione dei tirocini, con stipula di nuove convenzioni.

Per le aspettative all’iscrizione alla LMSR, abbiamo osservato come sembrino equivalenti tra senior e junior: infatti, il 40% dei senior e il 42% dei junior si aspetta di migliorare il sapere in generale o la crescita professionale (14% senior, 16% junior). Solamente il 12% dei senior, contro il 6% dei junior, dichiara di iscriversi alla LM per un possibile upgrading professionale, ottenuto per il 7% alla Laurea e per il 43% a distanza di un anno, sebbene con delle differenze, a favore dei senior. Sembra, quindi, che l’upgrading ricopra un ruolo sempre meno rilevante tra le motivazioni.

Il percorso di studio è percepito come efficace per la maggior parte dei laureati: le percezioni delle conoscenze sono migliorate da T0 a T1 in tutte le tre aree, maggiormente in quella pedagogica e poi in quella della ricerca e del management. I dati evidenziano un maggior miglioramento percepito nelle aree della ricerca e pedagogica per i junior e un lieve vantaggio nell’area del management per i senior. Questo si potrebbe spiegare con il fatto che l’incremento della conoscenza è legato, da un lato, al substrato su cui essa s’innesta e, dall’altro, al suo utilizzo (Santoianni, Striano, 2003). Probabilmente i senior usano maggiormente le conoscenze manageriali nel lavoro quotidiano mentre i junior sembrano maggiormente ricettivi verso la ricerca e la formazione, con più possibilità di ottenere un contratto di docenza.

I dati evidenziano anche un cambiamento dello stato occupazionale: infatti, se a T0 il 42% non è occupato, a T1 i lavoratori sono il 93%. Per il 33% il titolo ha avuto un ruolo decisivo e per il 44% importante nella condizione occupazionale e per il 58% le conoscenze acquisite sono state cruciali. Questi dati ci inducono a ipotizzare che il titolo di studio in qualche modo favorisca la condizione lavorativa, anche se il risultato potrebbe essere “fisiologico”, dovuto cioè al biennio magistrale, che è il tempo in cui gli studenti continuano a cercare (e trovare) lavoro.

Nel 30% si verifica un miglioramento della condizione lavorativa già alla Laurea (13% miglior contratto, 9% inizio di una docenza, 7% upgrading) e per il 43% a distanza di un anno: il titolo sembra avere avuto un ruolo decisivo o importante, così come le conoscenze acquisite, in particolare per i chi, grazie alla LMSR, ha avuto accesso a ruoli apicali in aziende e nella formazione.

Alla Laurea (T1) il 96% è soddisfatto e il 93% si iscriverebbe nuovamente (dati che si equivalgono stratificando il campione in senior e junior).

Gli intervistati segnalano la percezione di una diminuzione delle conoscenze a un anno dal titolo per le aree della ricerca e pedagogica e un mantenimento costante solo nell’area del management. Una spiegazione potrebbe essere che tali conoscenze sono quelle più utilizzate nei contesti organizzativi. Un altro dato interessante è che, tra gli occupati, a T2 un partecipante su due dichiara di avere auto-nomia decisionale nella propria professione (a T0 era così per il 33%); inoltre, il 19% dei laureati (tutti junior) ha proseguito gli studi, iscrivendosi a un Master (il 50%) o a un dottorato (il 25%). Sarebbe interessante comprendere se ciò è avvenuto a causa di bisogni formativi non soddisfatti o perché la LMSR ha svolto un ruolo di volano nella ricerca di sviluppo delle conoscenze/competenze, attraverso l’iscrizione a nuovi percorsi. Sempre a T2, la soddisfazione è in calo (80%) rispetto a T1 (96%), aspetto che potrebbe essere spiegato con il bisogno di approfondire/utilizzare maggiormente nella pratica alcune conoscenze che non sono state fornite nella LMSR (per esempio, di tipo clinico).

Tra i limiti del nostro studio vi è il non aver potuto utilizzare strumenti validati e aver indagato un solo corso, senza confrontare i dati con altri simili, per esempio nella stessa area geografica.

Conclusioni

Crediamo che i dati raccolti mediante la nostra indagine, anche se con alcuni limiti, stimolino la riflessione su come sta cambiando la popolazione che s’iscrive alla LMSR, evidenziando il ruolo che questa ha sullo sviluppo percepito di conoscenze, il cambiamento della condizione lavorativa, l’eventuale upgrading e la soddisfazione per il CdS. Se nella prima metà degli Anni Duemila la LM era un percorso rivolto a studenti già lavoratori che desideravano consolidare/migliorare il proprio ruolo professionale, oggi sembra rivolta a studenti con meno di 40 anni, che si iscrivono alla LM sia per migliorare la propria condizione lavorativa e l’autonomia decisionale sia per accedere ad altri gradi della formazione.

Ulteriore ricerca è necessaria per comprendere e monitorare, in tutte le LM delle professioni sanitarie, la trasformazione della popolazione degli studenti, l’utilità percepita della conoscenza/competenza acquisita, l’impatto effettivo non solo sulla condizione lavorativa, ma anche sullo sviluppo professionale, grazie alla maggiore autonomia decisionale nella pratica e all’accesso all’alta formazione.

NOTE

  1. Si veda almalaurea.it/universita/statistiche/metodologia-di-rilevazione (ultimo accesso 10/4/2020).

Bibliografia

– AlmaLaurea e l’Indagine sulla Condizione occupazionale dei laureati, dottori di ricerca e diplomati di master. https://www.almalaurea.it/universita/statistiche/metodologia-di-rilevazione (ultimo accesso 3 aprile 2020).

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– Casebeer L., Kristofco R.E., Strasser S., Reilly M., Krishnamoorthy P., Rabin A., Zheng S., Karp S., Myers L. (2004), Standardizing evaluation of on-line continuing medical education: physician knowledge, attitudes, and reflection on practice. Journal of Continuing Education in the Health Professions, 24(2):68-75.

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– Santoianni F., Striano M. (2003), Modelli teorici e metodologici dell’apprendimento, Roma-Bari: Laterza.

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Cita questo articolo

Bernardelli, G., et al., La laurea magistrale impatta sulle conoscenze, l’occupazione e l’upgrading professionale? in Medicina e Chirurgia, 85, 3802-3808, 2020. DOI: 10.4487/medchir2020-85-8

Affiliazione autori

Giuseppina Bernardelli – Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità; Responsabile del Progetto di tirocinio Corso di Laurea magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni sanitarie Università degli Studi di Milano.

Katia Daniele – Università degli Studi di Milano Bicocca.

Erica Amenta – Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie Università degli Studi di Milano.

Elisa Alberti – Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni sanitarie Università degli Studi di Milano.

Antonella Delle Fave – Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti, Presidente del Collegio Didattico Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie Università degli Studi di Milano.

Lucia Zannini – Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano

Clinical Learning Quality Evaluation Index per la valutazione della qualità dell’apprendimento clinico degli studenti infermieri e raccomandazioni di utilizzon.83, 2019, pp. 3685-3693, DOI: 10.4487/medchir2019-83-3

Abstract

Introduzione. I Corsi di StudioinInfermieristica (CdSI) italiani hanno bisogno di strumenti di valutazione dei tirocini per raccogliere le opinioni degli studenti. Esistono diversi strumenti per valutare la qualità degli ambienti di tirocinio clinico; tuttavia, molti hanno dei limiti e non misurano la qualità dell’apprendimento clinico.

Obiettivo. Obiettivo di questo contributo è (a) presentare lo strumento sviluppato e validato nel contesto italiano attraverso un progetto di rilevanza nazionale riportando anche la sintesi delle prove di validità emerse, ed (b) offrire una serie di raccomandazioni per il suo utilizzo.

Metodi. Dopo aver creato una rete di progetto denominata SVIAT, ‘Strumento Italiano per la valutazione dei tirocini clinici’, è stato sviluppato e condotto uno studio nazionale di validazione dello strumento CLEQI, Clinical Learning Quality Evaluation Index; quindi, dopo un anno di esperienza applicativa dello strumento, sono state identificate le raccomandazioni di utilizzo dello strumento.

Risultati: Alla validazione hanno partecipato 9607 studenti infermieri di 27 sedi universitarie italiane su 43 considerate (62.8%). Le proprietà psico- metriche dello strumento sono risultate da buone a eccellenti: lo strumento finale è composto da 22 item e 5 fattori: a) qualità delle strategie tutoriali, b) opportunità di apprendimento; c) sicurezza e qualità dell’assistenza; d) auto-apprendimento; e) qualità dell’ambiente di apprendimento. Lo strumento è accompagnato da un set di raccomandazioni di utilizzo al fine di una sua completa integrazione del sistema di valutazione della qualità di un CdS.

Conclusioni. Lo strumento è già utilizzato in molte sedi. Il suo utilizzo guidato dalle raccomandazioni assicura opportunità di confronto tra sedi di tirocinio di uno stesso corso e tra corsi di studio diversi; aiuta nella valutazione degli effetti delle strategie di miglioramento attivate e nell’individuazione del fabbisogno formativo dei tutor/assistenti di tirocinio

Parole chiave: qualità apprendimento clinico; studenti infermieristica; formazione infermieristica; questionario di valutazione; strumento; validità; affidabilità

Introduction. In the last years, among Italian nursing programs, the need to introduce tools eva- luating the quality of clinical learning as perceived by nursing students has emerged. Some nursing programs have developed specific tools, while others have adopted tools validated and then translated from other languages. However, limitations of these tools have emerged in their daily use, thus suggesting the need to develop a new tool capable of evaluating the quality of clinical learning as experienced by nursing students.

Aim. This paper has the purpose of summarizing (a) the national project aimed at developing and validating a new instrument capable of measuring the clinical learning quality as experienced by nursing students during their rotations; (b) the practical recommendations of the tool as emerged after one year from implementation.

Methods. After having developed a national network named SVIAT, ‘Italian Instrument Evaluating the quality of clinical placements”, a validation study has been designed and performed to assess the psychometric properties of the CLEQI, Clinical Learning Quality Evaluation Index. After one year of experience, a set of practical recommendations have been identified.

Results. 9607 nursing students attending their nursing education in 27 universities out of 43 (62.8%) participated. The psychometric properties of the new instrument ranged from good to excellent. According to the findings, the tools consist in 22 items and five factors: a) quality of the tutorial strategies, b) learning opportunities; c) safety and nursing care quality; d) self-direct learning; and e) quality of the learning environment. The CLEQI tool should be used followed specific recommendations aimed at including it in the quality evaluation systems available in the nursing programs.

Discussion. The tool is already used in different universities. Its systematic adoption may support comparison among settings offered by the same program and across different nursing programs; moreover, the tool may also support evaluating new settings as well as measuring the effects of strategies aimed at improving the quality of clinical learning experience of nursing students.

Keywords: Clinical learning; Clinical learning quality; Nursing education; Nursing student; Questionnaires; Validity; Reliability

Articolo

Introduzione

Nel 2015/16, con un progetto di rilevanza nazionale condotto con il supporto della Conferenza Permanente dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie (CPCLPS), è stato sviluppato e validato il CLEQI, Clinical Learning Quality Evaluation Index. Da molti anni, infatti, i Corsi di Studio in Infermieristica (CdSI) italiani avevano l’esigenza di dotarsi di strumenti di valutazione dei tirocini per raccogliere la percezione degli studenti e individuare aree di miglioramento: tuttavia, considerati i limiti degli strumenti disponibili1-2, il gruppo di progetto aveva deciso di andare oltre, sviluppando e validando uno strumento capace di misurare quanto un contesto di tirocinio èin grado di generare apprendimenti signi- ficativi; ovvero, intercettare se ed in quale intensità, sono presenti nell’esperienza clinica degli studenti, i fattori che influenzano gli esiti dell’apprendimento clinico,3,4-5 superando la semplice valutazione del livello di gradimento dei tirocini.
Dopo aver creato una rete di ricerca denominata ‘SVIAT’ (‘Strumento Italiano per la valutazione dei tirocini clinici’)3 organizzata su due livelli (Comitato Scientifico, vedi autori; e Rete di ricerca SVIAT, vedi Box1) si erano avviate le azioni per svilupparee validare uno strumento di misurazione della qualità percepita dell’apprendimento clinico
(a) per tutti i contesti frequentati dagli studenti in- fermieri: ospedali, residenziali e di comunità;
(b) adattabile ai diversi modelli tutoriali universi- tari presenti nel territorio nazionale (studenti affidati auntutoruniversitariochefrequentaanchelaclinica; studente affidato ad un infermiere di reparto che ha ricevuto preparazione ed incarico specifici; studente affidato al teamo all’infermiere coordinatore),6-7
(c) da proporre a livello nazionale anche per altre professioni e coinvolgendo anche gli studenti Erasmusal fine di procedere ad una validazione internazionale che è in corso; (d) capace di considerare anche il punto di vista degli studenti che sono stati generalmente esclusi
nelle validazioni degli strumenti disponibili2 e, infine, (e) parsimonioso nel numero di item: sono numerosi oggi i questionari a cui gli studenti devono
rispondere in ambito accademico.

Obiettivo di questo contributo è (a) presentare lo strumento nel suo sviluppo metodologico riportando anche la sintesi delle prove di validità emerse, ed (b) offrire una serie di raccomandazioni per il suo utilizzo.

Metodi

Dopo aver ottenuto l’approvazione del Comitato Etico dell’Università degli studi di Milano, è stato sviluppato uno strumento sulla base: a) di quelli disponibili in letteratura e validati anche in altre professioni; b) della letteratura sull’apprendimento clinico, e c) dell’esperienza di un gruppo multidisciplinare di esperti che includeva anche studenti3. Per la sua validazione è stato chiesto il supporto alla Commissione Nazionale dei Corsi di laurea in Infermieristica(CdSI) della CPCLPS che aveva invitato a partecipare allo studio tutti i corsi italiani (43 università, 208 sedi). In ciascuna sede erano eleggibili gli studenti che avevano concluso o stavano per concludere un’esperienza continuativa di tirocinio; mentre non lo erano gli studenti che avevano interrotto l’esperienza di tirocinio, che avevano svolto il tirocinio all’estero o che non avevano dato il loro consenso. Dopo aver illustrato le finalità dello studio, lo strumento è stato somministrato con modalità decise localmente (cartacea o piattaforma online). Per esplorare, (a) l’affidabilità test-retest; (b) la validità di criterio e (c) la validità discriminante3 in alcune sedi sono stati inclusi i Tutor, in altre lo strumento è stato somministrato due volte a distanza di una settimana, e in altre ancora è stato somministrato contemporaneamente al CLES (Clinical Learning Environment and Supervision) ed il CLES+T (Clinical Learning Environment + nurse Teacher)3; per un sottogruppo di studenti erano stati raccolti gli esiti dei tirocini (superato/non superato, nonché la valutazione ottenuta intrentesimi) espres- sa dai Tutor Universitari e Clinici.
Nella prima fasedi sviluppo dello strumento8 erano state sviluppate alcune raccomandazioni di utilizzo che sono state riviste nel corso di una conferenza di rilevanza nazionale svoltasi il 25 giugno 2019 presso l’Università di Verona sul tema “Il tirocinio nei CdS in Infermieristica e qualità dell’apprendimento clinico”, in cui la rete di ricerca SVIAT con la Commissione Nazionale dei CdSI alla presenza anche di numerosi componenti di altre commissioni nazionali CPCLPS ha dibattuto il suo concreto utilizzo alla luce dell’esperienza di alcune Università dopo oltre un
anno di concreta applicazione.

Risultati

Lo strumento CLEQI

Hanno partecipato allo studio di validazione oltre 10,000 studenti rendendo disponibili 9,607 questionari provenienti da 27 sedi universitarie sulle 43 (62.8%) italiane censite nell’anno accademico 2015/16.

Al momento della compilazione gli studenti partecipanti stavano svolgendo tirocini mediamente di cinque settimane (Deviazione Standard [DS] 2.81) in cui erano stati affidati in larga parte a un infermiere di riferimento (5090; 53.0%), in misura inferiore al team degli infermieri (3804; 39.7%) e al coordinatore della struttura/servizio che li assegnava di volta in volta agli infermieri in turno (405; 4.2%). In minima parte lo studente era stato seguito dal Tutor Universitario (165;1.7%) o era stato affidato all’infermiere coordinatore (93; 12.0%) (missing: 49; 0.5%). Complessivamente, il 67.7% (6506) aveva espresso la valutazione sul tirocinio ospedaliero appena concluso; il 30.1% (2892) per quello svolto in comunità e in minima parte (1.6%; 153) in casa di riposo (missing: 56, 0.6%). Le prove di validità condotte sullo strumento CLEQI sono sintetizzate nella Tabella 1.
Sulla base di tali prove, lo strumento nella sua versione definitiva è composto da 22 item e cinque fattori (Tabella 2) che riflettono quanto la letteratura suggerisce nella progettazione e conduzione dell’insegnamento
clinico e non la “piacevolezza dell’ambiente” : (1) il primo fattore misura la qualità delle strategie tutoriali attivate4-6 ovvero che cosa viene attivato nell’ambiente per facilitare i processi di apprendimento; (2) il secondo fattore misura le opportunità di apprendimento, nelle quali lo studente percepisce fiducia, possibilità di fare anche in autonomia, di sentirsi libero/a di esprimere le proprie opinioni e ricevere adeguata supervisione; (3) il terzo misura la sicurezza e la qualità dell’assistenza: gli studenti apprendono anche dai modelli, tramite imitazione di buoni e cattivi esempi e confrontando ciò che hanno appreso in teoria con quanto vedono nella
pratica; (4) il quarto fattore rileva quando la sede ha stimolato l’autoapprendimento: gli studenti universitari hanno bisogno di essere stimolati ad interrogarsi sui propri processi di apprendimento per diventare capaci di apprendere durante tutto l’arco della vita; (5) il quinto
misura infine la valutazione complessiva della qualità dell’ambiente di tirocinio. È inoltre emerso che CLEQI è uno strumento che riflette alcune esigenze specifiche del contesto formativo italiano: è ‘libero’ da modelli tutoriali predefiniti, considerata la grande variabilità nei modelli diffusi nelle diverse università6-7 e non parla dei ‘soli reparti ospedalieri’ ma si apre ai tanti e diversificati setting assistenziali (es. territorio, case di riposo).

Raccomandazioni di utilizzo
1) La valutazione della qualità dei tirocini e dell’insegnamento clinico riflette una componente del sistema di valutazione complessivo della qualità di un CdS: la sua progettazione ed implementazione deve essere coerente ad esso, pertanto si raccomanda di:

  • Valutare se lo strumento è congruente al sistema complessivo di valutazione della qualità adottato dal CdS e se la sua introduzione è
    compatibile con gli altri strumenti e metodi di valutazione attivati: lo strumento valuta se ed in quale intensità sono presenti nell’esperienza
    clinica degli studenti i fattori che influenzano gli esiti dell’apprendimento clinico; pertanto, responsabilizza gli studenti ad una valutazione critica, non tanto ad esprimere il grado di soddisfazione o meno della propria esperienza;
  • Esplorare se lo strumento è congruente con la rilevanza pedagogico-educativa attribuita ai tirocini: nei contesti in cui i tirocini non sono
    progettati e governati; in cui le sedi non sono aiutate a crescere nella loro capacità tutoriale e di facilitazione dei processi di apprendimento
    clinico; oppure in cui gli studenti frequentano sedi di tirocinio senza alcuna ‘regia’, è preferibile posticipare l’uso dello strumento per dedicare energie alla preparazione e allo sviluppo dei prerequisiti essenziali per un tirocinio di qualità;
  • Condividere con le strutture di Ateneo (Presidio della qualità, Struttura di monitoraggio della qualità della didattica o altre strutture, Nucleo di valutazione) le finalità dello strumento,la sua possibile integrazione nel processo di assicurazione della qualità, le modalità di rilevazione dei dati e il loro utilizzo, in analogiaa quanto già avviene per la valutazione della didattica;
  • Verificare il supporto delle strutture/uffici di Ateneo preposti ai sistemi di valutazione e la loro disponibilità ad assicurare il sostegno nel tempo: va evitato un carico di lavoro aggiuntivo sulle risorse tutoriali distaccate del CdS, ad esempio attivando in autonomia sistemi di valutazione che rischiano di sottrarre tempo al
    tutorato degli studenti che in alcune sedi è già molto critico;
  • Considerare anche il carico valutativo chiesto agli studenti (ad esempio, TECO-D, TECO-T, valutazione della qualità della didattica): il
    CLEQI è uno strumento parsimonioso, composto da soli 22 item, e questo dovrebbe facilitare la compilazione; tuttavia, in molti Atenei, oltre ai questionari sulla didattica gli studenti sonochiamati a valutare molti altri aspetti che possono gravare sugli studenti.

2) La valutazione della qualità dei tirocini e dell’insegnamento clinico deve essere (a) progettata e condotta con le sedi, (b) capace di supportare scelte o interventi di miglioramento e (c) utile allo sviluppo della qualità ed alle scelte pedagogiche. Pertanto, si raccomanda di:

  • Presentare lo strumento CLEQI alle direzioni delle aziende o strutture della rete formativa di riferimento, ai Coordinatori ed ai tutor/assistenti di tirocinio, illustrandone le finalità e l’utilizzo che verrà effettuato dei dati e fornire/presentare annualmente i risultati complessivi;
  • Incoraggiare le sedi di tirocinio attive e quelle potenziali ad utilizzare lo strumento quale griglia di autovalutazione o valutazione nella
    fase di accreditamento iniziale e in quelle continue;
  • Presentare lo strumento agli studenti ad inizio anno, in prossimità dei tirocini, indicandone finalità, struttura, ragioni per cui viene utilizzato, le modalità di raccolta ed utilizzo dei dati;
  • Gestire in modo efficace la rilevazione
    • [1] Stabilire la frequenza delle rilevazioni bilanciando
      l’esigenza di un monitoraggio sistematico con l’impegno richiesto agli studenti nella compilazione dello strumento e di elaborazione dei dati: ad esempio, CdS a bassa numerosità di studenti possono somministrare il CLEQI al termine di ogni tirocinio; diversamente, CdS ad elevata numerosità, possono orientarsi verso una unica rilevazione all’anno in concomitanza ad esempio, dell’ultima esperienza di tirocinio;
    • [2] Identificare le esperienze di tirocinio da esporre a valutazione sulla base dei bisogni di monitoraggio, le risorse disponibili e la finalità della raccolta dati: ad esempio, possono essere esposte a valutazione solo le esperienze di lunga durata, o anche quelle brevi; possono essere tenute ‘sotto controllo’ strutture di tirocinio percepite come critiche, ed evitato il monitoraggio di quelle percepite come eccellenti. Tuttavia, va evitata la valutazione di esperienze di tirocinio osservazionali
      o opzionali in cui lo studente non sviluppa competenze;
    • [3] Denominare in modo accurato le sedi di tirocinio
      e proporle all’inizio dello strumento per una compilazione accurata da parte dello studente: evitare l’indicazione libera del
      nome della sede da parte dello studente per le successive difficoltà a categorizzare correttamente ed evitare di indicare le sedi come macro-aree (ad esempio dipartimento di Medicina) che non permettono valutazioni a livello di singola unità; inoltre l’elenco delle sedi va verificato ed aggiornato annualmente al fine di allinearla con l’evoluzione delle aziende sanitarie;
    • [4] Assicurare l’anonimato in coerenza con altre forme di valutazione in uso (ad esempio sulla didattica) per lasciare libertà agli studenti di esprimere la loro opinione; tuttavia, se lo
      studente vuole/desidera indicare anche il nome del Tutor o della Guida/Assistente per le eccellenti o povere competenze tutoriali
      (ad esempio, in uno spazio bianco dedicato), si suggerisce di responsabilizzare lo studente ad indicare il proprio nome: in questo caso, infatti, la valutazione assume le caratteristiche
      anche di valutazione individuale, e pertanto lo studente va aiutato ad assumersi le sue responsabilità;
    • [5] Accompagnare gli item dello strumento con una scheda anagrafica capace di raccogliere qualche informazione minima: ad esempio, l’anno di corso oppure la durata del tirocinio, per poter intercettare qualche variabile individuale che può influenzare la percezione della qualità del tirocinio-insegnamento clinico. Infatti, sedi adatte agli studenti del terzo anno, possono essere inadatte per quelli del primo anno; alcune sedi possono essere efficaci anche con tirocini brevi mentre
      altre lo diventano con tirocini più lunghi. In alcuni contesti può essere utile raccogliere dati anche sulla numerosità degli studenti presenti (anche di altre professioni): infatti, le opportunità di apprendimento possono essere percepite inferiori quando le strutture sono sovraffollate;
    • [6] Somministrare lo strumento a tirocinio appena concluso, dopo la valutazione delle competenze, senza lasciar trascorrere troppo tempo per evitare distorsioni nel ricordo (es. si suggerisce la compilazione entro dieci giorni e comunque prima dell’inizio del tirocinio successivo);
    • [7] Valutare attentamente se introdurre lo strumento come obbligatorio o lasciarlo libero e riflettere attentamente sui sistemi per incoraggiare e mantenere elevata l’adesione degli
      studenti nel tempo. L’obbligatorietà della compilazione deve essere accompagnata da un sistema serio di presa di decisioni, ad esempio rispetto alle sedi che non raggiungono score ottimali: gli studenti devono poter apprezzare concretamente che le informazioni che danno sono prese in considerazione; questo li aiuta anche nel tempo ad essere responsabili delle valutazioni che producono. Per sostenere la loro adesione possono essere attivati sistemi diversi: ad esempio, valorizzarla attraverso l’attribuzione di 1 CFU tra le attività a scelta dello studente nell’ottica di sviluppare il senso di responsabilità verso i processi di valutazione della qualità; discutere con valenza annuale negli
      organi collegiali, alla presenza degli studenti, il loro punto di vista rispetto ai tirocini dando pertanto valore alla compilazione; oppure dedicare almeno una o due ore per ciascun tirocinio alla compilazione dello strumento quale attività ‘strutturata’ di riflessione critica dell’esperienza.
    • [8] Utilizzare la somministrazione dello strumento on line (tramite invio di un link all’indirizzo mail istituzionale degli studenti, oppure tramite caricamento del questionario su piattaforma elettronica di Ateneo) per evitare sovraccarico di lavoro ed agevolare l’elaborazione dei dati: l’invio automatizzato
      del link a fine tirocinio o in prossimità della sua conclusione, garantisce l’anonimato, la sistematicità delle rilevazioni e la popolazione automatizzata dei dati nel database per le successive analisi.

3) L’analisi dei dati deve informare decisioni sia da parte del CdS sia da parte delle sedi con la finalità di attivare processi di miglioramento continui. Pertanto, si raccomanda di:

  • Analizzare i dati in accordo a due linee: (a) la prima l’unità di analisi deve essere la struttura in cui lo studente ha fatto la sua esperienza di tirocinio per valutare a questo livello la sua percezione e restituire i dati alla stessa struttura; (b) la seconda, a livello più elevato (ad esempio il dipartimento o l’ospedale) per offrire una restituzione complessiva;
  • Evitare analisi quando sono disponibili poche valutazioni (es. uno o due studenti) perché sarebbero facilmente identificabili se la sede riceve il report di sintesi: si suggerisce di procedere nelle elaborazioni con > 3 studenti. Nelle sedi di tirocinio a bassa frequenza di studenti, si suggerisce di attivare altre forme di valutazione della qualità al fine di non trascurare comunque il parere degli studenti;
  • Utilizzare punteggi complessivi (ad esempio in ‘Medicina 3c’, il punteggio medio è stato di 50.5 da 0 a 66) per dare informazioni di sintesi sulla qualità dell’apprendimento clinico in un dato contesto; si raccomanda inoltre di affiancare al punteggio complessivo, l’analisi di ciascun fattore (ad esempio in Chirurgia d’urgenza il punteggio
    medio su ‘Sicurezza e qualità dell’assistenza’ era di 11.50 su 12) e anche di item (“Era garantita la sicurezza degli ospiti/degenti/residenti”, il punteggio medio era di 2 su 4) per aumentare la ricchezza informativa su punti di forza e criticità
    e supportare le decisioni.
  • Analizzare i dati che hanno una certa stabilità/omogeneità nel tempo o tra gruppi di studenti (quindi non espressione di episodi negativi) e
    discuterli nelle sedi collegiali per prender decisioni: pur non avendo ancora identificato cutoff, valori ≤ a 22, indicano una sede che ha estremo bisogno di riflettere sul suo ruolo nella formazione degli studenti. Punteggi molto bassi nel fattore ‘Sicurezza e qualità dell’assistenza’ devono suggerire la sospensione dei tirocini se
    non sono evidenti progetti di miglioramento che espongano gli tudenti a modelli di pratica sicuri ed accettabili. D’altra parte, dove i
    punteggi sono molto alti (ad esempio, > 44), sono presenti buone pratiche di insegnamento clinico che dovrebbero essere valorizzate e considerate di esempio per altre sedi più in difficoltà;
  • Analizzare i dati insieme ad altre fonti informative: lo strumento restituisce informazioni circa la qualità percepita dagli studenti rispetto all’apprendimento clinico, che devono essere lette tenendo conto delle variabili di contesto e del flusso di dati qualitativi che provengono anche dai Tutor Didattici, dati Tutor Clinici o dai Coordinatori delle sedi di tirocinio (che hanno segnalato, ad esempio, un momento particolare della vita del reparto a causa di cambiamenti
    interni): pertanto, si raccomanda di presentare e discutere i risultati delle rilevazioni con tutti gli attori coinvolti nel processo formativo;
  • Monitorare nel tempo l’evoluzione delle valutazioni e decidere la loro effettiva necessità: sono tante le valutazioni che oggi i CdS stanno
    realizzando ed una attenzione alla parsimonia va dedicata. Le valutazioni sono raccomandate solo se aiutano a prendere decisioni: i dati sulla qualità del tirocinio devono essere utilizzati dal Coordinatore dei tirocini come dati ‘di cruscotto’. Non sono gli unici da presidiare ma devono far parte di un sistema integrato di valutazione assieme ad altri elementi, ad esempio la frequenza degli incidenti critici (rischio biologico) che accadono in una struttura, la frequenza degli incident report segnalati dall’ospedale per la stessa sede con il coinvolgimento degli studenti e così via. Per le strutture che hanno aspetti critici, ad esempio sulla sicurezza dei pazienti o sulle opportunità formative, va tenuto monitorato questo aspetto; per altre invece che hanno sempre score molto alti, potrebbe essere allentata la valutazione e decisa con frequenza meno intensa; oppure monitorata con valutazioni effettuate dai Tutor Didattici che si sono dimostrate affidabili nella capacità di intercettare la qualità delle sedi di tirocinio;
  • Assicurare alle sedi di tirocinio la possibilità di ricevere dei report di sintesi personalizzati per conoscere i punti di forza e le criticità del loro contesto, offrendo così la possibilità di intraprendere azioni di miglioramento. Qualora, per mancanza di strutture di supporto, non fosse possibile elaborare tali report, è etico assicurarli almeno alle sedi i cui punteggi non hanno raggiunto i valori soglia considerati.

4) I dati devono essere divulgati nell’ambito delle strategie di diffusione dei dati di qualità del CdS considerando tuttavia la rilevanza degli stessi nel rapporto con le strutture di tirocinio. Si raccomanda pertanto di:

  • Discutere i dati almeno una volta all’anno negli organi collegiali del CdS, nel gruppo di revisione della qualità, e tra i Tutor Universitari e di Tirocinio al fine di intraprendere azioni di miglioramento e/o di valutarne l’efficacia a fronte delle azioni intraprese;
  • Presentare in forma aggregata i dati a fine o inizio di ogni anno accademico ai Dirigenti delle Professioni Sanitarie e ai Coordinatori delle sedi di tirocinio (es. area ospedaliera, area domiciliare) quale feedback complessivo del loro impegno, evidenziando i risultati positivi e proponendo azioni di miglioramento rispetto ai punti di debolezza, o comunicando gli esiti raggiunti a fronte di azioni di miglioramento attivate;
  • Diffondere i dati aggregati nella pagina web del CdS, dove sono indicati gli esiti dell’opinione degli studenti sui docenti: si suggerisce di pubblicare anche i risultati sulla qualità percepita dell’apprendimento clinico in tirocinio, indicando in forma
    anonima i punteggi medi per ciascun fattore, non riportando né la sede né l’azienda, almeno che questo non sia stato preventivamente discusso e concordato con le stesse.

Conclusioni

Con una rete ampia, denominata ‘SVIAT’, sostenuta dalla Conferenza Permanente dei Corsi di laurea delle Professioni Sanitarie, è stato sviluppato, validato e diffuso uno strumento di valutazione della qualità dei tirocini denominato CLEQI, ‘Clinical LEarning Quality Evaluation Index’ che misura la presenza e intensità di alcuni fattori documentati quali precursori di un apprendimento significativo. Lo strumento è già diffuso e implementato in molte università e costituisce pertanto la base di confronto tra sedi di uno stesso CdS e tra corsi di studio diversi; può essere utilizzato liberamente, senza chiedere alcuna autorizzazione.
Le sue potenzialità sono state riconosciute anche da altre professioni dell’area sanitaria che hanno attivato percorsi di validazione. Oltre ad informare sulla qualità dei processi di apprendimento attivati in una sede di tirocinio, lo strumento si è dimostrato utile nell’identificazione delle strategie di miglioramento e nell’individuazione del fabbisogno formativo dei Tutor o Assistenti/Guide di tirocinio.
Lo strumento va implementato in accordo ad un set di raccomandazioni di utilizzo al fine di una sua efficace integrazione nell’insieme del sistema di valutazione di qualità di un CdS.

Bibliografia

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Cita questo articolo

Palese, A., et al, Clinical Learning Quality Evaluation Index per la valutazione della qualità dell’apprendimento clinico degli studenti infermieri e raccomandazioni di utilizzo, Medicina e Chirurgia, 83, 3685-3693, 2019. DOI: 10.4487/medchir2019-83-3

Affiliazione autori

Alvisa Palese, Luca Grassetti, Irene Mansutti – Università di Udine;
Giulia Randon, Anita Bevilacqua, Federica Canzan, Adriana Dal Ponte, Franco Mantovan,Oliva Marognolli, Morena Tollini, Lucia Zannini, Anna Brugnolli, Luisa Saiani – Università di Verona;
Pietro Altini, Valerio Dimonte, Raffaela Nicotera – Università di Torino;
Carla Benaglio – Universidad Del Desarrollo Santiago, Cile;
Laura De Biasio, Adriana Fascì – Università di Trieste;
Anne Destrebecq, Benedetta Gambacorti, Stefano Terzoni – Università di Milano;
Silvia Grosso – Università di Padova;
Sandra Montalti – Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori, Meldola, Forlì-Cesena

Corrispondenza: Alvisa Palese, Università di Udine, alvisa.palese@uniud.it

Indagine nazionale sui tirocini professionalizzanti nei Corsi di Laurea in Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro (TPALL)n.79, 2018, pp. 3534-3540, DOI: 10.4487/medchir2018-79-6

Abstract

Il tirocinio rappresenta il cuore della preparazione professionale degli studenti dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie. Per identificare, descrivere e analizzare le caratteristiche, a livello nazionale, dei tirocini nel Corso di Laurea in Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro (TPALL) è stato disegnato uno studio esplorativo di tipo descrittivo, allo scopo di fornire nuove conoscenze sul tema, favorire il confronto tra i formatori e il miglioramento delle attività formative professionalizzanti. E’ stato progettato un questionario, applicando le prime fasi del processo di validazione, come indicato in letteratura. L’analisi della validità di contenuto è stata effettuata attraverso il Content Validity Index.

Il questionario risultante (50 items) è stato inviato per la compilazione online ai Direttori delle Attività Didattiche (DAD) delle 33 sedi del Corso di Laurea TPALL attivi nell’a.a. 2016-2017, afferenti a 27 Atenei italiani.

Hanno risposto il 78% dei Coordinatori, riportando i dati del 73% delle sedi dei corsi TPALL presenti in Italia, riguardanti il percorso di tirocinio di 1205 studenti.

L’indagine ha rilevato una realtà piuttosto differenziata dalla quale emergono criticità connesse al riconoscimento del ruolo delle figure tutoriali, alla progettazione dei percorsi formativi e alla loro valutazione. Da ciò è possibile trarre indicazioni per la ricerca di strategie comuni, l’implementazione della formazione delle figure tutoriali e l’arricchimento dell’offerta formativa.

Parole-chiave: Organizzazione dei tirocini; tecnicodella prevenzione; tutorato; survey; formazione di base.

Training in the field is considered a core phase in the educational process of healthcare professionals .We designed a National explorative survey to identify and describe the characteristics of the Environmental Health Officers (EHO) apprenticeships in undergraduate courses; our aim was to extend knowledge of this topic, stimulate debate among teachers and promote the improvement of training in the field.

We designed a questionnaire, and applied the first phases of the validation process, as pointed out by literature. The analysis of content validity was performed calculating the Content Validity Index. The resulting questionnaire (50 items) was emailed to all the 33 Italian Coordinators of EHO apprenticeships (belonging to 27 different universities) in the A.Y. 2016-2017, for online filling out.

Seventy eight% of the Coordinators filled out the questionnaire, reporting data related to 73% of the universities offering EHO courses, which globally involved 1205 students.

Our survey revealed a quite patchy situation, in which some critical aspects emerged, mainly related to the acknowledgment of the role of mentors/tutors, and to the activities of planning and evaluating training in the field.

Accordingly, we point out the necessity of discussing common strategies to implement EHO apprenticeships on a national basis, to develop mentors’ programs, and, more generally, to improve curricula.

Key words: Apprenticeship organization; environmental health officers; mentoring; survey; undergraduate training.

Articolo

Introduzione

Nel 2010, la Conferenza Permanente dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie (CPCLPS), forte della legge di Riforma Universitaria DM 270/2004, riprogetta e consolida le esperienze maturate nella formazione universitaria con la predisposizione del documento Principi e standard del tirocinio professionale nei corsi di laurea delle professioni sanitarie. Il documento richiama la forte valenza formativa del tirocinio curricolare, inteso come strategia formativa che prevede l’affiancamento dello studente a un professionista esperto in contesti sanitari specifici, al fine di svilupparne le competenze professionali, di identità e appartenenza professionale e di pre-socializzazione al mondo del lavoro.

L’attività di tirocinio professionalizzante prevista nel percorso formativo del Tecnico della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro (TPALL), che afferisce alla Classe di Laurea delle Professioni Sanitarie della Prevenzione, mutua dal DM 119/2009 gli obiettivi formativi qualificanti – il TPALL svolge con autonomia tecnico-professionale attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene e sanità pubblica e veterinaria – e prevede il tirocinio clinico, di almeno 60 CFU, come parte integrante e valorizzante la formazione professionale.

A oggi, però, non si dispone di informazioni sui modelli organizzativi e formativi per la realizzazione del tirocinio professionale del TPALL, né sul livello di adesione dei CdL alle indicazioni fornite in merito dalla CPCLPS. L’obiettivo di questa ricerca è stato identificare, descrivere e analizzare le caratteristiche dei percorsi di tirocinio dei CdL per TPALL, al fine di contribuire a fornire nuove conoscenze sull’oggetto indagato.

Materiali e metodi

Per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, è stato effettuato uno studio esplorativo di tipo descrittivo, che ha coinvolto tutti i Direttori delle Attività Didattiche (DAD) dei CdL TPALL italiani (33 sedi, 27 Atenei) cui è stato richiesto di compilare un questionario on-line, costruito applicando il processo sistematico in sette step proposto dalla AMEE Guide No. 87 (Developing questionnaires for educational research).

La revisione della letteratura (Step 1) ha evidenziato l’assenza di survey relative alle attività formative professionalizzanti nel CdL in Tecniche della Prevenzione.

Lo Step 2 ha riguardato l’analisi della presenza/assenza di informazioni sull’organizzazione del corso, la presentazione e la progettazione del tirocinio, nonché delle informazioni sulle attività di tirocinio disponibili sui siti delle diverse sedi del CdL (web research).

A partire dal quadro teorico concettuale di riferimento (identificato nel sopracitato documento della CPCLPS) sono state individuate le tematiche privilegiate e gli indicatori da considerare ai fini della ricerca (Step 3).

E’ stata quindi predisposta una prima versione del questionario (Step 4) costituita da 41 items ripartiti in 5 sezioni, che è stata sottoposta al giudizio di un gruppo di 6 esperti (Step 5), scelto sulla base dell’esperienza e competenza nel settore (una pedagogista e cinque professionisti con ruolo di DAD e Coordinatore di CdL triennali e magistrali afferenti all’area della Prevenzione), a cui è stato chiesto di esprimere un giudizio sulla rilevanza dei contenuti (utilizzando una scala Likert a 4 punti:  1 = non rilevante, 2 = in qualche modo rilevante, 3 = abbastanza rilevante, 4 = altamente rilevante) per ogni item del questionario.

Dai feedback provenienti dagli esperti, è stata avviata l’analisi della validità di contenuto secondo un metodo di quantificazione del grado di accordo degli esperti in merito alla rilevanza degli item, il Content ValidityIndex (CVI), un valore facilmente computabile e comprensibile, e in grado di produrre informazioni utilizzabili per raffinare o scartare singoli elementi oltre che a informazioni sulla validità globale della scala (intesa come insieme di items). Con un gruppo di 6 esperti il valore CVI per ogni item (I-CVI) è considerato “accet-tabile” se non è inferiore a 0,783. Secondo gli standard proposti da Polit et al. (2007), invece, il valore raggiunge un giudizio “eccellente” se compreso tra 0,81 e 1. Nel nostro studio l’I-CVI è risultato compreso tra 0,83 e 1.

Per il CVI riferito all’intera scala (S-CVI) si è proceduto al calcolo sia dell’indice S-CVI/UA (basato sull’accordo universale), il cui criterio di accettabilità è pari a 0,80, sia dell’indice S-CVI/Ave (basato sulla media), ilcui standard è individuato a 0,90. Nel nostro studio l’S-CVI/UA è risultato 0,82 e l’S-CVI/Ave è risultato 0,87.

Contestualmente alla validazione di contenuto, è stata verificata la validità di facciata. In conseguenza del giudizio espresso dagli esperti, dei risultati della web research e dei dati emersi dalle interviste cognitive  relative alla comprensibilità degli item e delle opzioni di risposta del questionario (validità del processo di risposta) effettuate con 4 soggetti (differenti dal team di esperti) non DAD, ma con competenze sui tirociniTPALL (Step 6), si è deciso di predisporre un Glossario (in Appendice) per rendere il più possibile univoca l’interpretazione dei termini adottati.

La Guida AMEE No. 87 prevede infine l’effettuazione di un test pilota (Step 7) condotto su membri della popolazione target e, a seguire, l’analisi statistica dei dati.

Nel nostro studio, avendo assunto come target l’intera popolazione reclutabile (i 33 DAD delle sedi del CdL)questa fase non è stata realizzata. Il questionario finale comprende 50 item ripartiti in 5 sezioni: organizzazione del CdL, caratteristiche dellesedi di tirocinio, organizzazione delle attività, progettazione e documentazione del percorso, valutazione dellostudente.

I dati raccolti sono stati elaborati utilizzando tecniche di statistica descrittiva, mediante Excel 2010. Ai risultati ottenuti attraverso le domande aperte o campi testo sono stati applicati, ove possibile, metodi di analisi di contenuto di un testo scritto. Al fine di individuare relazioni tra variabili nominali, il campione è stato ripartito in diversi gruppi, in base ad alcune caratteristiche (DAD operante a tempo pieno o parziale, presenza/assenza di Tutor della Didattica Professionale, aree geografiche di appartenenza). Riporteremo qui, per problemi di spazio, solo i confronti di maggior interesse. Viste le ridotte dimensioni del campione, si è adottato il test esatto di Fisher (α = 0,05). Per le variabili discrete è stato invece utilizzato il Test della somma dei ranghi di Mann-Whitney.

Risultati

Dei 33 questionari inviati ne sono stati raccolti 24 (73%) relativi a 21 dei 27 Atenei coinvolti (78%). Uno è risultato incompleto, per cui l’analisi dei dati è stata condotta su 23 questionari. In due sedi sono attivi, rispettivamente, solo il II anno di corso e il II e III anno.

Ha risposto l’83% delle sedi collocate in regioni del Nord (10 su 12) e Centro (10 su 12) e il 33% delle sedi nel Sud e Isole (3 su 9). L’indagine ha riguardato nel complesso il percorso di tirocinio di 1205 studenti.

Dai dati raccolti sull’organizzazione del CdL, emerge che in 15 sedi su 23 (65%) il DAD è dedicato alla funzione a tempo parziale, a fronte del 35% incaricato a tempo pieno.

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Il tempo dedicato dal DAD a tempo parziale alla funzione risulta molto variabile: da un minimo di 2 h settimanali ad un massimo di 29, con una media di 14 h settimanali dedicate; il 47% ha un incarico pari o inferiore a 10 h settimanali, l’80% pari o inferiore a 20 h.

I Tutor della Didattica Professionale risultano presenti in 5 delle 15 sedi in cui il DAD è a tempo parziale e, complessivamente, in 9 sedi su 23 (39%). Il loro numero varia da 1 a 15 e nel 66,7% delle sedi è pari o inferiore a 3. il dato non risulta correlato al numero di iscritti delle sedi considerate.

Circa le caratteristiche delle sedi di tirocinio, il Dipartimento di Prevenzione risulta la principale sede ospitante per tutti gli anni di corso e in tutte le aree geografiche, ma emerge una prevalenza più elevata del coinvolgimento di Studi professionali e Aziende private, in particolare per il II e III anno e già dal I anno nelle sedi del Sud e delle Isole. I criteri di selezione (per qualità e prestazioni) delle sedi di tirocinio sono riferiti per il 91% alla “presenza di opportunità di apprendimento rilevanti e coerenti con gli obiettivi formativi e le esigenze dello studente” e per l’83% (19 sedi su 23) alla “presenza di professionisti motivati all’insegnamento e alla supervisione dei tirocinanti”.

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Nelle sedi di tirocinio, gli ambiti di competenza professionale affrontati sono riferiti in prevalenza all’igiene e sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro in tutti gli anni di corso; la protezione ambientale risulta, invece, la tematica meno considerata.

Undici DAD su 23 (48%) dichiarano che in tutte le sedi ospitanti è individuato il Tutor di sede per il coordinamento e supporto ai colleghi e spesso non risulta distinzione, nell’ambito delle figure tutoriali, tra Tutor e Guida (o Assistente) di tirocinio. Infine, per l’accesso al ruolo tutoriale, il criterio dell’appartenenza al profilo professionale per i Tutor viene richiamato nel 18% delle risposte, e per le Guide di tirocinio nel 29%.

Il monitoraggio della qualità dell’offerta formativa professionalizzante è attuato dall’87% delle sedi formative, per il 50% con l’utilizzo di questionari; mentre la valutazione dell’ambiente di apprendimento è prevista nel 74% delle sedi, in prevalenza tramite somministrazione di questionari (76%).

Analizzando la distribuzione delle ore dedicate alle attività di tirocinio (valore medio), appare evidente una numerosità più elevata nel corso dei tre anni nel Nord e nel Centro, mentre nel Sud e nelle Isole il trend risulta meno marcato, con un appiattimento dei valori nel II e III anno.

Dal confronto tra aree geografiche sull’organizzazione delle attività, nello specifico sulla ripartizione delle ore tra attività propedeutica (attività d’aula, seminari, laboratori, esercitazioni ecc.) e attività sul campo (affiancamento dello studente ad un professionista esperto), la percentuale di ore dedicate ad attività propedeutiche risulta pari al 34% nel I anno (valore che si attesta al 42% nel Nord), 13% nel II anno e 14% nel III.

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Esaminando ciascuna sede di tirocinio emergono alcune differenze rilevanti: nel corso del I anno in 4 sedi su 21 (19%) tutte le ore di tirocinio sono dedicate ad attività propedeutiche e in 2 sedi (10%) l’intero monte ore è dedicato all’esperienza sul campo; il ricorso esclusivo ad esperienze sul campo è presente in 6 sedi su 23 (26%) nel II anno e in 4 su 22 (18%) nel III.

Le attività propedeutiche rilevate sono per lo più attività d’aula, che solo nel corso del III anno risultano indicate in percentuale minore rispetto a laboratori, esercitazioni e simulazioni.

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Nell’ambito della progettazione del percorso, gli obiettivi formativi risultano standardizzati dal CdL in 19 sedi su 23 (83%), ma per 8 di queste è stata evidenziata la possibilità di procedere comunque a una individualizzazione, sulla base delle esigenze dello studente. La verifica del loro raggiungimento e dell’apprendimento sviluppato sul campo è effettuata prevalentemente tramite colloquio orale con il tutor (78%) e attraverso la discussione di casi (74%). I report scritti rappresentano la modalità più diffusa di documentazione del percorso (18 sedi su 23; 78%).

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I contratti formativi, i portfolio e i diari di bordo (strumenti che facilitano l’apprendimento dall’esperienza e la riflessività, e che non possono prescindere da processi quali l’autovalutazione, l’analisi dei bisogni, i feedback costanti e la valutazione formativa) sono indicati rispettivamente da 10 sedi (43%), 4 sedi (17%), 1 sede.

L’autovalutazione risulta adottata sistematicamente solo in 5 sedi su 23 (22%) e praticata in modo saltuario in 7 (30%). Non è prevista nelle restanti 11 sedi (48%). Cinque dei 10 DAD che hanno indicato il contratto formativo come strumento di documentazione del percorso hanno dichiarato che non è prevista l’autovalutazione da parte dello studente.

L’analisi dei bisogni di apprendimento è prevista in 22 sedi su 23, individualmente (35%) o di gruppo (61%). Momenti intermedi di riflessione e di feedback tra studenti e tutor sono indicati come presenti in modo sistematico da 15 DAD su 23 (65%) e in modo saltuario da 6 (26%).

La valutazione formativa, mirata a seguire lo studente in tutte le fasi dell’apprendimento e a predisporre, se necessario, interventi di rinforzo, risulta attuata in modo sistematico in 8 sedi su 23 (35%) e in modo saltuario da un ulteriore 35%. In sette sedi (30%) non è prevista questa tipologia di valutazione.

La valutazione certificativa, che alla fine di ogni anno di corso, documenta con un voto il livello di competenza raggiunto dallo studente, è attuata, prevalentemente, attraverso il colloquio orale (dall’86% al 91%) e la relazione scritta delle attività di tirocinio (dal 52% al 74%).

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Le motivazioni della valutazione sono condivise con lo studente in modo sistematico in 18 sedi su 23 (78%); mentre in 5 sedi (22%) il confronto avviene in modo saltuario.

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Discussione

Le principali caratteristiche del tirocinio professionalizzante nel CdL per TPALL che l’indagine ha messo in luce sono relative ad aspetti di tipo organizzativo, legati alla ridotta presenza di DAD impegnati a tempo pieno (Il dato è in contrasto con quanto emerso dall’indagine nazionale promossa nel 2016 dalla CPCLPS “Evoluzione della funzione di coordinamento delle attività formative professionalizzanti dei Corsi di Laurea delle Professioni sanitarie. Indagine nazionale” che ha coinvolto 229 Direttori/Coordinatori di CdL delle Professioni Sanitarie di cui il 66% è risultato impegnato a tempo pieno. (Bielli S., Canzan F., Mastrillo A., Berti S., Ambrosi E., Saiani L. (2016). Medicina e Chirurgia, 72: 3263-3268)) e alla limitata individuazione di Tutor della Didattica Professionale dedicati, aspetto che diventa ancora più rilevante se messo in relazione alla complessità delle realtà con cui la sede formativa si deve interfacciare e in cui il settore privato emergere come un importante interlocutore per le attività di tirocinio.

In relazione alla progettazione delle attività di tirocinio sono state evidenziate incoerenze tra gli strumenti indicati per documentare il tirocinio e le pratiche necessarie per il loro utilizzo (es. autovalutazione) e differenze, tra le varie sedi, nella strutturazione delle attività (n. di ore, ripartizione delle attività) a fronte della comune necessità di orientare maggiormente l’attività propedeutica a esperienze che vedano il coinvolgimento attivo degli studenti. Al termine del percorso emerge poi il ricorso, nella valutazione, a modalità orientate soprattutto alla valutazione di conoscenze, non sempre adeguate alla valutazione di competenze relazionali e skills pratiche.

Limiti Della Ricerca

Durante l’indagine sono emerse alcune criticità che hanno posto dei limiti alla ricerca e che si ritiene utile registrare al fine di ottimizzare future esperienze:

  • linguaggio utilizzato nel questionario: nonostante la preventiva predisposizione di un Glossario (in Appendice), integrato nel questionario on line, l’interpretazione dei termini non è stata univoca, in particolare nella definizione dei diversi ruoli dell’organizzazione attinenti all’attività professionalizzante;
  • strumento utilizzato: non sempre è risultato capacedi “fotografare” la complessità della realtà indagata;
  • modalità di somministrazione: legata all’utilizzo di un questionario auto-compilato;

Conclusioni

Il quadro di insieme ci mostra una realtà piuttosto disomogenea da cui è possibile ricavare indicazioni per prossimi interventi:

  • Implementazione del sistema tutoriale dei CdL per TPALL attraverso la rivalutazione e il sostegno alle figuredel DAD, del Tutor della Didattica Professionale e, in generale, del sistema di tutorato professionale che accompagna gli studenti nell’esperienza di tirocinio. L’urgenza di richiedere per queste figure una formazione specifica sulle strategie tutoriali e l’appartenenza allo specifico profilo professionale è resa ancora maggior dall’emergere nel panorama dei percorsi di tirocini del settore privato.
  • Predisposizione di strumenti di progettazione e valutazione condivisi. L’implementazione delle attività propedeutiche finalizzate alla sperimentazione di specifiche competenze in ambiente protetto e le conseguenti attività sul campo necessitano di una progettazione centrata sullo studente, utilizzando strumenti come i contratti di apprendimento e i portfolios. La possibilità di costruire, attraverso il confronto, uno strumento condiviso rappresenta un modo per dare visibilità alle tante esperienze vissute nel campo dell’apprendimento e nello sviluppo di particolari abilità, partendo dall’individuazione di una comune “rubrica” di standard, competenze attese e relativi indicatori.
  • Predisposizione di strumenti di valutazione degli ambienti di apprendimento. Gli ambienti in cui queste esperienze hanno luogo dovrebbero offrire l’opportunità di sperimentare ciò che è stato appreso nella teoria, modelli con cui confrontarsi e buoni standard professionali. Recentemente è stato sviluppato e validato lo Strumento di Valutazione Italiano dell’Apprendimento in Tirocinio (SVIAT), già in uso presso i CdL di altre Professioni Sanitarie. L’“adattamento” di questo strumento al profilo del TPALL potrebbe rappresentare un’ulteriore possibilità di confronto e riflessione sull’esperienza di tirocinio in questo CdL, tanto più importante in un orizzonte che vede emergere interlocutori eterogenei e in cui diventa urgente individuare e rispondere ai bisogni formativi di Tutor e Guide (facilitatori dell’apprendimento e supporto nella valorizzazione dell’esperienza).
  • La Costruzione di reti istituzionali tra sede formativa e strutture ospitanti sul territorio è una strada privilegiata per l’integrazione, anche attraverso un coinvolgimento degli stakeholders nei processi di valutazione dell’offerta formativa che consenta di promuovere processi di miglioramento continuo.

Il lavoro svolto non è esaustivo rispetto all’oggetto dell’indagine: molti sono gli aspetti meritevoli di approfondimenti, anche in relazione allo sviluppo di competenze trasversali nel percorso del TPALL. Questa indagine, i dati raccolti, la loro elaborazione e gli spunti di riflessione scaturiti dalle analisi possono tuttavia rappresentare un contributo fornito alla Commissione e ai professionisti impegnati a vario titolo nei percorsi formativi dei TPALL da cui orientare strategie comuni, implementare la formazione delle figure tutoriali e arricchire l’offerta formativa.

Bibliografia

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Artino A.R. Jr, La Rochelle J.S., Dezee K.J., Gehlbach H. (2014). Developing questionnaires for educational research: AMEE Guide No. 87. Medical Teacher, 36(6), 463-474.

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Appendice

GLOSSARIO

Schermata 2018-11-22 alle 15.04.03

*“Principi e standard del tirocinio professionale nei corsi di laurea delle professioni sanitarie” CONFERENZA PERMANENTE DEI CORSI DI LAUREA DELLE PROFESSIONI SANITARIE – Settembre 2010

**”Documento di indirizzo sulla valutazione dell’apprendimento delle competenze professionali acquisite in tirocinio dagli studenti dei corsi di laurea delle professioni sanitarie” CONFERENZA PERMANENTE DEI CORSI DI LAUREA DELLE PROFESSIONI SANITARIE – Novembre 2011

Cita questo articolo

Mazzari M., Fustinoni S., Troia B.M., Zannini L., Indagine nazionale sui tirocini professionalizzanti nei Corsi di Laurea in Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro (TPALL), Medicina e Chirurgia, 79: 3534-3540, 2018. DOI: 10.4487/medchir2018-79-6

Affiliazione autori

Mariacristina Mazzari, Corso di Laurea Magistrale in Scienze delle Professioni Sanitarie della Prevenzione, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano

Silvia Fustinoni, Corso di Laurea Magistrale in Scienze delle Professioni Sanitarie della Prevenzione, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano

Bruno Maria Troia, Commissione Nazionale dei Tecnici della Prevenzione della Conferenza Permanente delle Professioni Sanitarie; Docente del Corso di Laurea Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro dell’Università di Torino

Lucia Zannini, Dipartimento di Scienze biomediche per la salute, Università degli Studi di Milano.