Medicine is based on three main pillars: Clinical-scientific evidence, Clinical competence and appropriate approach to ethical values of each person. For this last point, physicians should be able to fully understand and respect these values, since patients experience distress in relation to their their illness and, as in end of life, severe frailty. Therefore the curriculum of schools of medicine and nursing should appropriately teach how to face patients with different religious beliefs.
At the University of Florence Medical School a specific teaching project aimed to provide future physicians and nurses with the knowledge elements of different religions and related habits. The group involved in the project included high level representatives of catholic, hebraic, islamic, buddhist and hindu religions. The activity was focused on religious assistance, prayer, pain, gender, heritage, organ transplantation, relations with relatives, nutrition, end of life, death and body care.
In particular, for pain each member was asked to answer three questions: 1) Is pain a religious valuable element? 2) are there gender specific differences in pain treatment? 3) is consciusness impairment acceptable in relation to pain relief?
During the special course, large interaction was stimulated to share the best way to face the most crucial problems in patients with different religious beliefs, in order to identify the best approach for health professionals.
Parole chiave: Fede religiosa, abitudini religiose, rispetto per la persona, dolore, fine vita
Key words: Religious belief, religious habits, respect for human beings, pain, end of life
Nascita di una idea
La medicina si fonda essenzialmente su tre elementi portanti: le evidenze clinico-scientifiche, le competenze cliniche, e l’approccio coerente all’etica del paziente e quindi l’attenzione ai valori intrinseci della persona. Per quest’ultimo aspetto, il bravo medico deve essere in grado di comprendere questi valori, perché il paziente è una persona quasi sempre sofferente e nei casi più gravi, come nel fine vita, particolarmente fragile. Pertanto nei Corsi di Laurea per gli studenti di medicina, così come per quelli di infermieristica, sarebbe opportuno fornire un adeguata formazione sulla conoscenza delle varie confessioni religiose dei pazienti. I futuri medici e infermieri dovrebbero acquisire quella sensibilità nei confronti del paziente che dovrebbe essere guidata e indirizzata attraverso un percorso formativo specificamente volto a fornire allo studente gli elementi di conoscenza delle diverse confessioni e dei comportamenti a queste legate che gli consentano di operare nel rispetto della persona anche in questo importante aspetto che si inserisce nello sforzo della moderna medicina verso la medicina personalizzata, una terapia adeguata alle necessità della persona tenendo conto della spiritualità di ciascuno.
Il gruppo di lavoro
Su questa base razionale alla fine del 2014 è iniziato un lavoro di preparazione di un percorso di formazione specifico, sostanziatosi in un’attività di ADE, in cui hanno giocato un ruolo attivo:
Anita Norcini Tosi, Teologa, coordinatrice Incontri interreligiosi
Antonio Panti Presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Firenze
Stefano Tarocchi Preside della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale
Joseph Levi Rabbino capo della Comunità ebraica di Firenze
Abdel Qader Moh’d Imam della Comunità islamica di Perugia
Mauro Bombieri Parabhakti Das
Alessandro D’Alessandro Istituto italiano Buddista Soka Gakkai
GF Gensini Professore di Medicina Interna
Il gruppo, coordinato da Anita Norcini Tosi e da Gianfranco Gensini ha lavorato nell’ottica di evidenziare i diversi approcci che il medico deve avere nei riguardi di coloro che soffrono appartenenti a fedi diverse. La comunicazione fra medico e “paziente” è tanto più stretta e favorevole ad un corretto percorso di cura quanto maggiore è la reciproca comprensione intendendo per questa il necessario diverso approccio che si deve tenere, seppur in casi di analoga malattia, a seconda della recettività del paziente: all’interno di questo ambito è determinante la conoscenza dei diversi approcci in relazione alle diverse fedi religiose. Queste a loro volta possono dare in questo percorso un contributo fondamentale, anche se il medico deve mantenere sempre un approccio laico rispettando l’autodeterminazione del paziente e aumentandone la resilienza, riducendo così il rischio di perdere la fiducia e la speranza. Un corretto approccio ai valori personali del paziente è fondamentale non solo in termini di rispetto del paziente stesso, ma anche per la guarigione o se questa non è possibile, comunque per la stabilizzazione della malattia.
E’ stato messo a punto una griglia semplificata, di seguito riprodotta, che elenca i diversi elementi di attenzione nella gestione clinica di pazienti di diverso credo.
Gruppo di lavoro interreligioso
I valori della persona
Il medico mediatore culturale e religioso
Firenze 18/11/2014
1) La spiritualità (assistenza religiosa; preghiera)
2) Il dolore
3) Il fine vita
4) Le differenze di genere (sessualità)
5) Eredità
6) I trapianti d’organo
7) Il rapporto con la famiglia
8) La morte e la gestione della salma
9) L’alimentazione
I moduli in cui si è sviluppato il corso sono stati in tutto 6, il primo di tipo introduttivo con la presenza di tutti i docenti. Sono seguiti tre incontri con due docenti di due diverse religioni per volta, un 5° incontro su temi specifici come la Fecondazione e il Fine Vita e un 6° incontro finale su un argomento trasversale, il dolore, per fare un parallelismo di differenze comportamentali a seconda delle diverse religioni).
Il dolore
Il rapporto e la comunicazione medico-paziente nella visione delle diverse religioni
Il dolore è un valore?
Esistono pregiudizi di genere nella terapia del dolore?
Quanto è accettabile una modifica dello stato di coscienza in rapporto alla terapia del dolore?
Il punto di vista laico del medico:
Il progresso medico-tecnologico ci pone oggi di fronte a dilemmi che fino a pochi decenni fa non ci saremmo posti.
Le scelte etiche non necessariamente debbono sempre essere di tipo religioso, ma possono avere una visione più ampia e valoriale dell’intera società.
Il medico deve essere un inseparabile compagno di viaggio per il paziente con l’obiettivo di guarire le malattie, un viaggio che però troppo spesso rischia di trasformarsi in un percorso di accanimento terapeutico. L’atto medico non può esimersi dal considerare gli effetti che questo avrà sulla qualità di vita futura del paziente.
La posizione del medico dovrebbe sempre essere quella di accettare le volontà espresse dal proprio paziente sulla base del principio di autodeterminazione.
Il progressivo invecchiamento della popolazione determina lo sviluppo di una complessità di patologie croniche concomitanti e invalidanti che impongono al medico una visione olistica del paziente finalizzata a comprendere le esigenze prioritarie del malato rispetto alle aspettative di qualità di vita del paziente.
Nella relazione medico-paziente è importante costruire un cammino condiviso (alleanza terapeutica) che consenta a quest’ultimo di affrontare il percorso di cure durante tutto l’arco temporale di vita nel modo più sereno possibile.
La Legge 30/2010 nell’Art.1 impone di assicurare un programma di cura individuale per il malato (terapia del dolore e cure palliative) e per la sua famiglia secondo tre principi fondamentali:
Tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione
Tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine
Adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia
Secondo il codice di deontologia medica (2014) il medico deve impegnarsi a trattare il dolore, Art.3: doveri del medico sono la tutela della vita, della salute psico-fisica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza, nel rispetto della libertà della persona, senza discriminazione alcuna, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera.
Di seguito quanto espresso dagli esponenti delle diverse confessioni nel lavoro di gruppo innescato dalle tre domande iniziali sul dolore:
Ebraismo
Nell’ebraismo biblico il corpo umano ha la qualità ontologica di esprimere la presenza divina ed è lo strumento offerto all’uomo per vivere e sperimentare la vita terrena nella dimensione umanana
Da questa visione del corpo umano, della sua vitalità e armonia con il resto del mondo fisico e l’universo intero, scaturisce la posizione ebraica del dolore.
L’immagine divina e la mente non sono separati dal corpo ma ne fanno parte e risiedono in esso.
In questa prospettiva il dolore come mezzo di espiazione non trova alcuna giustificazione teologica.
Pertanto, il trattamento riguardo il dolore devono sempre cercare di riportare l’equilibrio di partenza rispetto alle forze vitali del corpo e della vita.
Il “dovere” del medico deve essere quello di aiutare il paziente alleviandone il dolore.
In questo modo il paziente viene portato ad un nuovo equilibrio fisico e mentale, riscoprendo la sua dimensione divina.
Anche quando le forze vitali o la vita stessa arrivano al loro esaurimento naturale, il fine vita, il medico ha il compito di trovare le strategie più adeguate per una morte “più bella e dolce” alleviando il più possibile le sofferenze del paziente.
Al medico è stata sì offerta l’occasione di curare il paziente e di prolungargli la vita, ma anche quella di poter alleviare il suo dolore collaborando così con la forma spirituale della persona stessa.
Cattolicesimo
Se sovente il paziente vive il dolore come crisi, è altresì vero che il dolore è occasione di cambiamento.
La persona che soffre, rischia di perdere la certezza della sua esistenza e il senso stesso della vita.
la presenza del dolore chiama in causa l’identità personale più espressiva portando il paziente al doversi reinventare.
Affinché la malattia si apra a un cambiamento e il dolore possa quindi divenire una esperienza positiva è necessario che il paziente con l’aiuto del medico ritrovi in se stesso la forza di vincerlo.
Il medico ha pertanto il dovere di alleviare il dolore in quanto la presenza dello stesso degrada l’uomo nella sua complessità.
Il medico ha il compito di andare incontro alla sofferenza del paziente ricorrendo a tutte quelle terapie che costituiscano un beneficio nel rendere più accettabile la sofferenza.
Insieme al dolore e alla sofferenza, il medico deve imparare a gestire la condizione di angoscia del paziente, andando oltre una medicina solo curativa ed efficiente.
Anche se il dolore è una malattia comune sia all’uomo che alla donna, tuttavia l’elemento femminile spesso ne fa esperienza in profonda solitudine.
La donna in quanto portatrice potenziale di amore e di vita ha in sé la capacità di trasformare il dolore in amore/dono sia attraverso le sofferenze del parto, ma anche in caso di sterilità: la donna, infatti è disposta a sopportare il dolore fisico nella speranza di concepire e di donare la vita ad un nuovo essere umano.
Islamismo
Allah ha creato il dolore come segnale per ringraziarlo della buona salute.
La buona salute ci avvicina al nostro Creatore, l’unico e l’assoluto. Con il dolore possiamo valutare e comprendere l’importanza della salute il che deve spingere il medico ad accelerare la guarigione aiutando così il paziente a tornare alla società sano e produttivo.
Il medico deve cercare di tranquillizzare il paziente ricordandogli la misericordia di Dio e la sua pietà, poiché questo aiuta il processo di cura.
I musulmani credono che la malattia che colpisce una persona sia la volontà di Allah di voler purificare il malato da tutti i peccati che ha commesso.
Il paziente deve quindi trovare la forza interiore di fede affinché la sua difesa fisica e psichica possa consentirgli di guarire.
Il buon comportamento del medico verso il paziente determina un “effetto magico” che porta il paziente ad affrontare la malattia sopportandone il dolore e quindi accettando il proprio destino.
Il paziente deve imparare a convivere con il dolore con pazienza e speranza, ringraziando Allah per tutto ciò che ha ricevuto nella vita.
Il rapporto tra il medico e il paziente deve essere sempre ammantato di una spiritualità profonda e di una umanità capace di superare ogni tipo di pregiudizio e discriminazione.
Il medico o l’operatore sanitario devono essere sempre sensibili verso le differenti religioni poiché questo influisce positivamente sulla guarigione dei propri pazienti.
Hindu’ – Hare Krishna
La tradizione vedica considera il dolore un fattore imprescindibile del mondo fenomenico e l’antico testo sanscrito Bhagavad-gita nel seguente verso lo definisce come un prodotto naturale dell’incontro tra sensi e materia.
Il concetto di karma (legge di causa ed effetto) considera il dolore parte inevitabile delle dinamiche dell’esistenza fenomenica mentre la sua quantità e l’intensità sono determinati dalle azioni passate, anche se non si ha più memoria di esse.
La sofferenza è invece direttamente proporzionale all’identificazione dell’essere vivente con il corpo fisico e con la sua struttura psichica. Le crisi scatenate dal dolore nelle sue varie manifestazioni (fisico, mentale o spirituale) spesso innescano vere e proprie rivoluzioni interiori e portano con sé profonde trasformazioni .
Il ruolo ideale del medico, che ipoteticamente dovrebbe avere anche un approccio olistico verso il paziente, ha un’importanza vitale nel facilitare questi processi di comprensione e di trasformazione interiori.
Lenire e alleviare il dolore del paziente è una funzione essenziale della missione del medico. Aiutarlo a comprendere ciò che il dolore insegna è di altrettanta importanza per rendere efficace la cura nel lungo termine, cura che altrimenti risulterà incompleta.
Il medico deve esprimersi non solo nel curare i sintomi e le cause fisiche della malattia, ma anche essere in grado di scoprirne le radici profonde, che spesso hanno connotazioni psicologiche sommerse.
Un paziente che possieda una comprensione profonda e completa della propria condizione di malato e nel contempo di essere spirituale eterno, affronterà il problema che lo affligge con maggiore tolleranza e in modo costruttivo, riconoscendo una via di crescita anche nelle situazioni più difficili, rivalutando in modo positivo la propria situazione.
I ricercatori spirituali seri tendono a evitare per quanto possibile l’assunzione di analgesici, tranquillanti, sedativi e altri farmaci o sostanze coadiuvanti della terapia del dolore quando non si presenti una reale e grave necessità. Questo perché tali prodotti vanno a influenzare e modificare in vari modi la lucidità mentale, indebolendo le funzionalità psichiche.
la coscienza di Krishna, la raggiunta consapevolezza interiore porta naturalmente a un grado superiore di sopportazione del dolore e a un approccio sereno nell’affrontare la malattia.
Buddismo – Soka Gakkai
La religione buddista è nata come una via di salvezza, di liberazione e di riscatto dal dolore, affinché ogni persona possa realizzare nel corso della propria vita la felicità per sé e per il proprio ambiente.
Per il Buddismo, quindi, la felicità è un valore, in quanto è un bene di per sé desiderabile e un fine da perseguire, mentre il dolore, per la ragione opposta, non può essere considerato in sé e per sé un valore.
Il dolore può essere utilizzato come un mezzo, una opportunità per indirizzare la vita verso la felicità.
La prima formulazione della concezione buddista del dolore ci è stata tramandata nella dottrina delle “Quattro Nobili Verità”, che costituisce il nucleo fondamentale della illuminazione del Budda Shakyamuni:
- L’esistenza in quanto tale è sofferenza poiché i cinque aggregati che determinano l’attaccamento all’esistenza (ovvero la corporeità, la sensazione, la nozione, la volizione e la coscienza) producono sofferenza: la sofferenza del nascere, quella di ammalarsi, quella di invecchiare e quella di morire, la sofferenza dell’unione con ciò che ci dispiace, la sofferenza della separazione da ciò che ci è caro e infine la sofferenza di non ottenere ciò che si desidera;
- la seconda verità afferma che la causa della sofferenza è il desiderio, la sete di esistere e la sete di non esistere, la sete del piacere e della passione;
- la terza verità afferma che se c’è un inizio della sofferenza c’è anche la cessazione della sofferenza, che consiste nella liberazione dal desiderio, nella cessazione dell’attaccamento all’esistenza;
- la quarta verità afferma che c’è una via per ottenere la liberazione dal desiderio e l’estinzione della sofferenza. Questa via è il nobile ottuplice sentiero, cioè: retta visione, retta intenzione, retto parlare, retta condotta, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta attenzione e retta concentrazione.
Ogni forma di esistenza, compresa la vita umana, per il fatto stesso di esistere, apparire, divenire, decadere e morire è dolore. Ogni esistenza, in quanto è soggetta a questo ciclo, comporta sofferenza fisica e psichica: disagio, difficoltà, bisogno, inquietudine, angoscia, tormento e paura.
Il dolore è coessenziale alla vita, non può essere estirpato per sempre ma può essere curato ricercandone la causa e la terapia.
Attraverso la trasformazione della sofferenza e della malattia gli esseri umani possono comprendere il significato, il valore, la sacralità e la dignità della vita e godere di una esistenza pienamente realizzata e felice.
In questa sintesi abbiamo riportato i diversi punti di attenzione posti dai diversi esponenti delle confessioni.
Naturalmente nel lavoro complessivo, che ha toccato i diversi punti citati e in particolare quanto previsto dalla scheda, sono stati approfonditi i diversi elementi valutati cruciali per impostare appropriatamente la relazione del medico con il paziente, con la famiglia, con coloro che collaborano alla cura.
La dimensione umana e spirituale del paziente è stata così rispettata, creando un valido legame di empatia fra il medico e la persona malata.
Tutto il materiale prodotto e raccolto è stato organizzato in un progetto FAD, che verrà erogato dall’Università Telematica San Raffaele – Roma in collaborazione con il CESMAV (CEntro Studi Medicina AVanzata) e il supporto tecnico di NUMEplus
BUDDISMO
Daisaku Ikeda, La buona medicina per tutti i mali. Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, Milano, Esperia ed. 2014.
D. Ikeda, L’età della saggezza. Gli anziani nell’epoca contemporanea, Milano, Esperia, 2013 (prima ed. 2001).
D. Ikeda, I misteri di nascita e morte. La visione buddista della vita, Milano, Esperia, 2010 (I ed. 1998).
D. Ikeda, Gioia nella vita, gioia nella morte. Affrontare le quattro sofferenze, Milano, Esperia, 2009.
D. Ikeda, Il bene più prezioso. Il Buddismo e l’arte della medicina, Milano, Esperia, 2008 (I ed. 2000).
D. Ikeda – Renè Simard – Guy Bourgeault, L’essenza dell’uomo, Milano, Sperling & Kupfer ed., 2004.
Lione Obadia, Il buddhismo in Occidente, Bologna, Il Mulino, 2009.
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Giangiorgio Pasqualotto, Oltre la filosofia, Angelo Colla Editore, Costabissara (Vicenza) 2008
INDUISMO HARE KRISHNA
Bhagavad Gita Cos’ì Com’è – BBT edition (Bhaktivedanta Book Trust)
Srimad- Bhagavatam (27 vol) – BBT edition
Caitanya Caritamrita (8 vol) – BBT edition
Sri Isopanisad BBT edition
Nettare della devozione – BBT edition
Incontro con il maestro spirituale – BBT edition
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