Il medico e il rispetto della fede religiosa della personan.71, 2016, pp. 3225-3229, DOI: 10.4487/medchir2016-71-2

Abstract

Medicine is based on three main pillars: Clinical-scientific evidence, Clinical competence and appropriate approach to ethical values of each person. For this last point, physicians should be able to fully understand and respect these values, since patients experience distress in relation to their  their illness and, as in end of life, severe frailty. Therefore the curriculum of schools of medicine and nursing  should appropriately teach how to face patients with different religious beliefs.

At the University of Florence Medical School a specific teaching project aimed to provide future physicians and nurses with the knowledge elements of different religions and related habits. The group involved in the project included high level representatives of catholic, hebraic, islamic, buddhist and hindu religions. The activity was focused on religious assistance, prayer, pain, gender, heritage, organ transplantation, relations with relatives, nutrition, end of life, death and body care.

In particular, for pain each member was asked to answer three questions: 1) Is pain a religious valuable element? 2) are there gender specific differences in pain treatment? 3) is consciusness impairment acceptable in relation to pain relief?

During the special course, large interaction was stimulated to share the best way to face the most crucial problems in patients with different religious beliefs, in order to identify the best approach for health professionals.

Parole chiave: Fede religiosa, abitudini religiose, rispetto per la persona, dolore, fine vita

Key words: Religious belief, religious habits, respect for human beings, pain, end of life

Articolo

Nascita di una idea

La medicina si fonda essenzialmente su tre elementi portanti: le evidenze clinico-scientifiche, le competenze cliniche, e l’approccio coerente all’etica del paziente e quindi l’attenzione ai valori intrinseci della persona. Per quest’ultimo aspetto, il bravo medico deve essere in grado di comprendere questi valori, perché il paziente è una persona quasi sempre sofferente e nei casi più gravi, come nel fine vita, particolarmente fragile. Pertanto nei Corsi di Laurea per gli studenti di medicina, così come per quelli di infermieristica, sarebbe opportuno fornire un adeguata formazione sulla conoscenza delle varie confessioni religiose dei pazienti. I futuri medici e infermieri dovrebbero acquisire quella sensibilità nei confronti del paziente che  dovrebbe essere guidata e indirizzata attraverso un percorso formativo specificamente volto a fornire allo studente gli elementi di conoscenza delle diverse confessioni e dei comportamenti a queste legate che gli consentano di operare nel rispetto della persona anche in questo importante aspetto che si  inserisce nello sforzo della moderna medicina verso la medicina personalizzata, una terapia adeguata alle necessità della  persona  tenendo conto della spiritualità di ciascuno.

Il gruppo di lavoro

Su questa base razionale alla fine del 2014 è iniziato un lavoro di preparazione di un percorso di formazione specifico, sostanziatosi in un’attività di ADE, in cui hanno giocato un ruolo attivo:

Anita Norcini Tosi, Teologa, coordinatrice Incontri interreligiosi

Antonio Panti Presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Firenze

Stefano Tarocchi  Preside della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale

Joseph Levi Rabbino capo della Comunità ebraica di Firenze

Abdel Qader  Moh’d Imam della Comunità islamica di Perugia

Mauro Bombieri Parabhakti Das

Alessandro D’Alessandro Istituto italiano Buddista Soka Gakkai

GF Gensini Professore di Medicina Interna

Il gruppo, coordinato da Anita Norcini Tosi e da Gianfranco Gensini ha lavorato nell’ottica di evidenziare i diversi approcci che il medico deve avere nei riguardi di coloro che soffrono appartenenti a fedi diverse. La comunicazione fra medico e “paziente” è tanto più stretta e favorevole ad un corretto percorso di cura quanto maggiore è la reciproca comprensione intendendo per questa il necessario diverso approccio che si deve tenere, seppur in casi di analoga malattia, a seconda della recettività del paziente: all’interno di questo ambito è determinante la conoscenza dei diversi approcci in relazione alle diverse fedi religiose. Queste a loro volta possono dare in questo percorso un contributo fondamentale, anche se il medico deve mantenere sempre un approccio laico rispettando l’autodeterminazione del paziente e aumentandone la resilienza, riducendo così il rischio di perdere la fiducia e la speranza. Un corretto approccio ai valori personali del paziente è fondamentale non solo in termini di rispetto del paziente stesso, ma anche per la guarigione o se questa non è possibile, comunque per la stabilizzazione della malattia.

E’ stato messo a punto una griglia semplificata, di seguito riprodotta, che elenca i diversi elementi di attenzione nella gestione clinica di pazienti di diverso credo.

Gruppo di lavoro interreligioso

I valori della persona

Il medico mediatore culturale e religioso

Firenze 18/11/2014

1) La spiritualità (assistenza religiosa; preghiera)

2) Il dolore

3) Il fine vita

4) Le differenze di genere (sessualità)

5) Eredità

6) I trapianti d’organo

7) Il rapporto con la famiglia

8) La morte e la gestione della salma

9) L’alimentazione

 

I moduli in cui si è sviluppato il corso sono stati in tutto 6, il primo di tipo introduttivo con la presenza di tutti i docenti. Sono seguiti tre incontri con due docenti di due diverse religioni per volta, un 5° incontro su temi specifici come la Fecondazione e il Fine Vita  e un 6° incontro finale su un argomento trasversale, il dolore, per fare un parallelismo di differenze comportamentali a seconda delle diverse religioni).

Il dolore

Il rapporto e la comunicazione medico-paziente nella visione delle diverse religioni

Il dolore è un valore?

Esistono pregiudizi di genere nella terapia del dolore?

Quanto è accettabile una modifica dello stato di coscienza in rapporto alla terapia del dolore?

Il punto di vista laico del medico:

Il progresso medico-tecnologico ci pone oggi di fronte a dilemmi che fino a pochi decenni fa non ci saremmo posti.

Le scelte etiche non necessariamente debbono sempre essere di tipo religioso, ma possono avere una visione più ampia e valoriale dell’intera società.

Il medico deve essere un inseparabile compagno di viaggio per il paziente con l’obiettivo di guarire le malattie, un viaggio che però troppo spesso rischia di trasformarsi in un percorso di accanimento terapeutico. L’atto medico non può esimersi dal considerare gli effetti che questo avrà sulla qualità di vita futura del paziente.

La posizione del medico dovrebbe sempre essere quella di accettare le volontà espresse dal proprio paziente sulla base del principio di autodeterminazione.

Il progressivo invecchiamento della popolazione determina lo sviluppo di una complessità di patologie croniche concomitanti e invalidanti che impongono al medico una visione olistica del paziente finalizzata a comprendere le esigenze prioritarie del malato rispetto alle aspettative  di qualità di vita del paziente.

Nella relazione medico-paziente è importante costruire un cammino condiviso (alleanza terapeutica) che consenta a quest’ultimo di affrontare il percorso di cure durante tutto l’arco temporale di vita nel modo più sereno possibile.

La Legge 30/2010 nell’Art.1  impone di assicurare un programma di cura individuale per il malato (terapia del dolore e cure palliative) e per la sua famiglia secondo tre principi fondamentali:

Tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione

Tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine

Adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia

Secondo il codice di deontologia medica (2014) il medico deve impegnarsi a trattare il dolore,  Art.3: doveri del medico sono la tutela della vita, della salute psico-fisica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza, nel rispetto della libertà della persona, senza discriminazione alcuna, quali che siano le condizioni istituzionali   o sociali nelle quali opera.

Di seguito quanto espresso dagli esponenti delle diverse confessioni nel lavoro di gruppo innescato dalle tre domande iniziali sul dolore:

Ebraismo

Nell’ebraismo biblico il corpo umano ha la qualità ontologica di esprimere la presenza divina ed è  lo strumento offerto all’uomo per vivere e sperimentare la vita terrena nella dimensione umanana

Da questa visione del corpo umano, della sua vitalità e armonia con il resto del mondo fisico e l’universo intero, scaturisce la posizione ebraica del dolore.

L’immagine divina e la mente non sono separati dal corpo ma ne fanno parte e risiedono in esso.

In questa prospettiva il dolore come mezzo di espiazione non trova alcuna giustificazione teologica.

Pertanto, il trattamento riguardo il dolore devono sempre cercare di riportare l’equilibrio di partenza rispetto alle forze vitali del corpo e della vita.

Il “dovere” del medico deve essere quello di aiutare il paziente alleviandone il dolore.

In questo modo il paziente viene portato ad un nuovo equilibrio fisico e mentale, riscoprendo la sua dimensione divina.

Anche quando le forze vitali o la vita stessa  arrivano al loro esaurimento naturale, il fine vita, il medico ha il compito di trovare le strategie più adeguate per una morte “più bella e dolce” alleviando il più possibile le sofferenze del paziente.

Al medico è stata sì offerta l’occasione di curare il paziente e di prolungargli la vita, ma anche quella di poter alleviare il suo dolore collaborando così con la forma spirituale della persona stessa.

Cattolicesimo

Se sovente il paziente vive il dolore come crisi, è altresì vero che il dolore è occasione di cambiamento.

La persona che soffre, rischia di perdere la certezza della sua esistenza e il senso stesso della vita.

la presenza del dolore chiama in causa l’identità personale più espressiva portando il paziente al doversi reinventare.

Affinché la malattia si apra a un cambiamento e il dolore possa quindi divenire una esperienza positiva è necessario che il paziente con l’aiuto del medico ritrovi in se stesso la forza di vincerlo.

Il medico ha pertanto il dovere di alleviare il dolore in quanto la presenza dello stesso degrada l’uomo nella sua complessità.

Il medico ha il compito di andare incontro alla sofferenza del paziente ricorrendo a tutte quelle terapie che costituiscano un beneficio nel rendere più accettabile la sofferenza.

Insieme al dolore e alla sofferenza, il medico deve imparare a gestire la condizione di angoscia del paziente, andando oltre una medicina solo curativa ed efficiente.

Anche se il dolore è una malattia comune sia all’uomo che alla donna, tuttavia l’elemento femminile spesso ne fa esperienza in profonda solitudine.

La donna in quanto portatrice potenziale di amore e di vita  ha in sé la capacità di trasformare il dolore in amore/dono sia attraverso le sofferenze del parto, ma anche in caso di sterilità: la donna, infatti è disposta a sopportare  il dolore fisico nella speranza di concepire e di donare la vita ad un nuovo essere umano.

Islamismo

Allah ha creato il dolore come segnale per ringraziarlo della buona salute.

La buona salute ci avvicina al nostro Creatore, l’unico e l’assoluto. Con il dolore possiamo valutare e comprendere l’importanza della salute il che deve spingere il medico ad accelerare la guarigione aiutando così il paziente a tornare alla società sano e produttivo.

Il medico deve cercare di tranquillizzare il paziente ricordandogli la misericordia di Dio e la sua pietà, poiché questo aiuta il processo di cura.

I musulmani credono che la malattia che colpisce una persona sia la volontà di Allah di voler purificare il malato da tutti i peccati che ha commesso.

Il paziente deve quindi trovare la forza interiore di fede affinché la sua difesa fisica e psichica possa consentirgli di guarire.

Il buon comportamento del medico verso il paziente determina un “effetto magico” che porta il paziente ad affrontare la malattia sopportandone il dolore e quindi accettando il proprio destino.

Il paziente deve imparare a convivere con il dolore con pazienza e speranza, ringraziando Allah per tutto ciò che ha ricevuto nella vita.

Il rapporto tra il medico e il paziente deve essere sempre ammantato di una spiritualità profonda e di una umanità capace di superare ogni tipo di pregiudizio e discriminazione.

Il medico o l’operatore sanitario devono essere sempre sensibili verso le differenti religioni poiché questo influisce positivamente sulla guarigione dei propri pazienti.

Hindu’ – Hare Krishna

La tradizione vedica considera il dolore un fattore imprescindibile del mondo fenomenico e l’antico testo sanscrito Bhagavad-gita nel seguente verso lo definisce come un prodotto naturale dell’incontro tra sensi e materia.

Il concetto di karma (legge di causa ed effetto) considera il dolore parte inevitabile delle dinamiche dell’esistenza fenomenica mentre la sua quantità e l’intensità sono determinati dalle azioni passate, anche se non si ha più memoria di esse.

La sofferenza è invece direttamente proporzionale all’identificazione dell’essere vivente con il corpo fisico e con la sua struttura psichica. Le crisi scatenate dal dolore nelle sue varie manifestazioni (fisico, mentale o spirituale) spesso innescano vere e proprie rivoluzioni interiori e portano con sé profonde trasformazioni .

Il ruolo ideale del medico, che ipoteticamente dovrebbe avere anche un approccio olistico verso il paziente, ha un’importanza vitale nel facilitare questi processi di comprensione e di trasformazione interiori.

Lenire e alleviare il dolore del paziente è una funzione essenziale della missione del medico. Aiutarlo a comprendere ciò che il dolore insegna è di altrettanta importanza per rendere efficace la cura nel lungo termine, cura che altrimenti risulterà incompleta.

Il medico deve esprimersi non solo nel curare i sintomi e le cause fisiche della malattia, ma anche essere in grado di  scoprirne le radici profonde, che spesso hanno connotazioni psicologiche sommerse.

Un paziente che possieda una comprensione profonda e completa della propria condizione di malato e nel contempo di essere spirituale eterno, affronterà il problema che lo affligge con maggiore tolleranza e in modo costruttivo, riconoscendo una via di crescita anche nelle situazioni più difficili, rivalutando in modo positivo la propria situazione.

I ricercatori spirituali seri tendono a evitare per quanto possibile l’assunzione di analgesici, tranquillanti, sedativi e altri farmaci o sostanze coadiuvanti della terapia del dolore quando non si presenti una reale e grave necessità. Questo perché tali prodotti vanno a influenzare e modificare in vari modi la lucidità mentale, indebolendo le funzionalità psichiche.

la coscienza di Krishna, la raggiunta consapevolezza interiore porta naturalmente a un grado superiore di sopportazione del dolore e a un approccio sereno nell’affrontare la malattia.

Buddismo – Soka Gakkai

La religione buddista è nata come una via di salvezza, di liberazione e di riscatto dal dolore, affinché ogni persona possa realizzare nel corso della propria vita la felicità per sé e per il proprio ambiente.

Per il Buddismo, quindi, la felicità è un valore, in quanto è un bene di per sé desiderabile e un fine da perseguire, mentre il dolore, per la ragione opposta, non può essere considerato in sé e per sé un valore.

Il dolore può essere utilizzato come un mezzo, una opportunità per indirizzare la vita verso la felicità.

La prima formulazione della concezione buddista del dolore ci è stata tramandata nella dottrina delle “Quattro Nobili Verità”, che costituisce il nucleo fondamentale della illuminazione del Budda Shakyamuni:

  1. L’esistenza in quanto tale è sofferenza poiché i cinque aggregati che determinano l’attaccamento all’esistenza (ovvero la corporeità, la sensazione, la nozione, la volizione e la coscienza) producono sofferenza: la sofferenza del nascere, quella di ammalarsi, quella di invecchiare e quella di morire, la sofferenza dell’unione con ciò che ci dispiace, la sofferenza della separazione da ciò che ci è caro e infine la sofferenza di non ottenere ciò che si desidera;
  2. la seconda verità afferma che la causa della sofferenza è il desiderio, la sete di esistere e la sete di non esistere, la sete del piacere e della passione;
  3. la terza verità afferma che se c’è un inizio della sofferenza c’è anche la cessazione della sofferenza, che consiste nella liberazione dal desiderio, nella cessazione dell’attaccamento all’esistenza;
  4. la quarta verità afferma che c’è una via per ottenere la liberazione dal desiderio e l’estinzione della sofferenza. Questa via è il nobile ottuplice sentiero, cioè: retta visione, retta intenzione, retto parlare, retta condotta, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta attenzione e retta concentrazione.

Ogni forma di esistenza, compresa la vita umana, per il fatto stesso di esistere, apparire, divenire, decadere e morire è dolore. Ogni esistenza, in quanto è soggetta a questo ciclo, comporta sofferenza fisica e psichica: disagio, difficoltà, bisogno, inquietudine, angoscia, tormento e paura.

Il dolore è coessenziale alla vita, non può essere estirpato per sempre ma può essere curato ricercandone la causa e la terapia.

Attraverso la trasformazione della sofferenza e della malattia gli esseri umani possono comprendere il significato, il valore, la sacralità e la dignità della vita e godere di una esistenza pienamente realizzata e felice.

In questa sintesi abbiamo riportato i diversi punti di attenzione posti dai diversi esponenti delle confessioni.

Naturalmente nel lavoro complessivo, che ha toccato i diversi punti citati e in particolare quanto previsto dalla scheda, sono stati approfonditi i diversi elementi valutati cruciali per impostare appropriatamente la relazione del medico con il paziente, con la famiglia, con coloro che collaborano alla cura.

La dimensione umana e spirituale del paziente è stata così rispettata, creando un valido legame di empatia fra il medico e la persona malata.

Tutto il materiale prodotto e raccolto è stato organizzato in un progetto FAD, che verrà erogato dall’Università Telematica San Raffaele – Roma in collaborazione con il CESMAV (CEntro Studi Medicina AVanzata) e il supporto tecnico di NUMEplus

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INDUISMO HARE KRISHNA

Bhagavad Gita Cos’ì Com’è – BBT edition (Bhaktivedanta Book Trust)

Srimad- Bhagavatam (27 vol) – BBT edition

Caitanya Caritamrita (8 vol) – BBT edition

Sri Isopanisad  BBT edition

Nettare della devozione – BBT edition

Incontro con il maestro spirituale – BBT edition

Cita questo articolo

Gensini G.F, Norcini Tosi A., Panti A., et al., Il medico e il rispetto della fede religiosa della persona, Medicina e Chirurgia, 71: 3225-3229, 2016. DOI:  10.4487/medchir2016-71-2

La simulazione in medicina Basi e prospettive nell’insegnamento nel Corso di laurea in Medicina e Chirurgian.70, 2016, pp. 3166-3169, DOI: 10.4487/medchir2016-70-1

Abstract

Simulation is a technique initially developed in military and civilian aviation to replace or amplify real experiences in a fully interactive manner to maximize safety and minimize errors.

Low-fidelity simulation refers to partial task training for procedural skills, such as venepuncture, intubation or cardiopulmonary resuscitation.

High-fidelity simulation refers to scenario role-playing by full body software-controlled mannequins equipped with dynamic features.

Simulation sessions include planning, introduction, simulation, debriefing, evaluation, with debriefing representing a main component of the learning processes. Simulation can be successfully applied to under-graduate and post-graduate academic training, continuous medical education (CME), research and assessment methods. Simulation-based medical education is student-centred, and through repetitive practice and experiential learning allows to acquire  skills  and reduce mistakes in a controlled and safe practice.

Recently a  survey showed that in Italy health simulation laboratories exist in most Universities, but they are  mainly focused on postgraduate education. Simulation core curriculum shared by the different Universities is urgently needed, to allow a homogeneous practical education in our country. Centres and scientific organizations provided with high quality and extensive simulation capabilities and training programs for instructors and facilitators may help in supporting the spreading of simulation approach in undergraduate education in Italy.

Articolo

Introduzione

La simulazione è una tecnica che ha lo scopo di sostituire o amplificare esperienze reali con esperienze guidate che richiamano o riproducono aspetti sostanziali del mondo reale in modo totalmente interattivo (David Gaba)1.

La simulazione si è sviluppata inizialmente nelle organizzazioni dell’aviazione militare e civile per rendere massima la sicurezza  e  minimizzare gli errori.

Il primo esempio di simulazione medica risale agli anni ’60 quando furono messi a punto un modello base di rianimazione e il primo simulatore di paziente umano, il Sim One2.

La simulazione consente di riprodurre attività o situazioni mediche reali con lo scopo di migliorare le competenze tecniche e non tecniche, i processi decisionali, la riflessione critica e il giudizio clinico.

Una delle lezioni più importanti apprese dall’aviazione civile e militare è la comprensione e la messa a punto delle necessità dell’addestramento di squadra e i principi del lavoro di squadra. Questo è stato riconosciuto e valorizzato solo di recente nei sistemi sanitari moderni con la consapevolezza che più persone esperte non equivalgono necessariamente ad una squadra esperta 3.

La simulazione è distinta in bassa, media ed alta fedeltà 4.

La simulazione a bassa fedeltà si riferisce in generale all’addestramento per abilità tecniche e competenze procedurali, come la puntura venosa, l’intubazione orotracheale o la rianimazione cardiopolmonare.

La simulazione ad alta fedeltà si riferisce ad uno scenario di esercizio  di ruoli mediante l’utilizzo di manichini controllati da appositi “software” dotati di caratteristiche funzionali dinamiche come suoni cardiopolmonari e polsi centrali e periferici.

La simulazione nella formazione dello studente di medicina

In tutto il mondo la simulazione è stata progressivamente integrata nei curricula di formazione medica5 –7. In Italia la formazione medica tradizionale è ancora fortemente centrata sul docente, poco interattiva, basata principalmente su lezioni e non sufficientemente in grado di coinvolgere gli studenti in attività pratiche ed esperienze emozionali.

La formazione medica basata sulla simulazione è centrata sullo studente,  promuove l’apprendimento attivo attraverso azioni ripetute utilizzando il metodo dell’esperienza diretta e deliberata.

Le modifiche della gestione della sanità prevedono oggi una percentuale più elevata di pazienti acuti e ospedalizzazioni brevi, con una riduzione delle occasioni per gli studenti in medicina di apprendere direttamente dal mondo reale. In questo contesto l’apprendimento attraverso la simulazione rappresenta l’opportunità di confrontarsi con la semeiotica e un’ampia gamma di patologie in un ambiente controllato e “privo di rischi” esponendo lo studente a livelli progressivi di difficoltà e strategie multiple di apprendimento.

La formazione medica mediante simulazione a bassa, media e alta fedeltà comporta il miglioramento delle competenze tecniche, psicomotorie e cognitive degli studenti preparandoli adeguatamente al mondo reale.

L’uso diffuso di skill trainers aiuta lo studente ad apprendere le abilità manuali essenziali.

Le aree riportate di seguito sono quelle più adatte ai processi di apprendimento basati sulla simulazione ad alta fedeltà per la formazione curriculare:

  1. Conoscenza dell’anatomia del corpo umano attraverso la pratica ripetuta su simulatori di parti anatomiche o su manichini ad alta fedeltà;
  2. Conoscenza della fisiopatologia umana attraverso la pratica ripetuta su manichini ad alta fedeltà e gioco di ruolo di scenari di casi clinici;
  3. Sviluppo e miglioramento della riflessione critica e del giudizio clinico mediante la pratica deliberata e ripetuta;
  4. Miglioramento degli aspetti comunicativi e comportamentali mediante i pazienti standardizzati e la traslazione al mondo reale;
  5. Miglioramento delle capacità di lavoro di squadra intra – e interdisciplinare mediante la pratica deliberata e ripetuta durante lo svolgimento di scenari simulati;
  6. Esercizio dei ruoli;
  7. Utilizzo di programmi computerizzati di realtà virtuale per la gestione e la conoscenza di casi clinici supportati da dati di letteratura basati sull’evidenza e linee guida;
  8. Apprendimento riflessivo mediante analisi critica e costruttiva durante le sessioni di “debriefing” successive alle simulazioni;
  9. Apprendimento esperienziale attraverso una partecipazione attiva “centrata sul discente”;
  10. Sviluppo della capacità dello studente di gestire con facilità e familiarità un ampio spettro di problematiche relative al paziente, cliniche o ambientali, mediante l’addestramento e le azioni ripetute.

La simulazione nella formazione medica post-curriculare

Il modello ‘‘See one, do one, teach one’’ non può essere considerato il paradigma per l’insegnamento e l’apprendimento post-curriculare8, 9.

Simulazione nell’addestramento del medico di medicina generale (MMG)

In Italia il programma di formazione triennale per i medici di medicina generale è organizzato in modo da fare sì che il MMG acquisisca competenze cliniche, metodologiche e comportamentali nella gestione dei pazienti10, 11.

Le capacità comunicative, l’affidabilità clinica e le conoscenze della medicina generale potrebbero essere significativamente migliorate mediante l’esperienza di simulazioni effettuate con i pazienti standardizzati12.

La simulazione nell’Educazione Continua in Medicina (ECM)

La simulazione rappresenta l’opportunità di apprendere e applicare in tempo reale qualsiasi nuova terapia o procedura complessa all’interno di scenari clinici che riproducono fedelmente la realtà senza alcun rischio per il paziente13.

La pratica ripetuta e deliberata è l’elemento chiave per il conseguimento di un livello di eccellenza in qualsiasi ambito14 –16.

La simulazione nella formazione infermieristica

In sanità la figura dell’infermiere professionale è la più vicina al paziente e alla famiglia. La simulazione può avere un ruolo chiave nel fornire all’infermiere oltre che la preparazione necessaria ad un elevato profilo tecnico-professionale anche gli strumenti adeguati per una comunicazione efficace con il paziente e i suoi familiari, per percepire le sue necessità e condividerle con il medico nel migliore interesse del paziente17, 18.

Le sessioni di simulazione

Le sessioni di simulazione hanno una struttura standardizzata che comprende cinque fasi:

Pianificazione

Valutazione del profilo dei partecipanti, l’analisi dei bisogni formativi  e identificazione degli obiettivi formativi.

Durante la fase di pianificazione, l’istruttore o gli istruttori sceglieranno gli strumenti di simulazione, identificheranno i contenuti e le modalità della simulazione e stabiliranno l’algoritmo di ogni sessione di simulazione.

Introduzione

Presentazione del programma, descrizione della sua struttura e delle sue finalità. È una fase di “riscaldamento” durante la quale l’istruttore di simulazione stabilisce il contatto iniziale con i partecipanti mettendoli a loro agio e creando l’ambiente informale e l’atteggiamento positivo favorevoli all’esperienza di simulazione.

Simulazione

Nucleo centrale di ogni sessione o  corso di simulazione, parte “emozionale e sociale” dell’intera esperienza.

Il partecipante, individualmente o come componente di una squadra, agisce “come se” agisse in situazioni reali; le sue conoscenze tecniche e attitudini personali si combineranno e entreranno in azione in modo vario.

Ogni potenziale e reale scostamento e/o errore rispetto alla gestione standard ottimale del contenuto (procedura o caso clinico) della simulazione, secondo le evidenze scientifiche, le linee guida e le indicazioni tecniche, è  osservato, registrato e messo a fuoco da parte dell’istruttore nella discussione riflessiva durante il “debriefing”.

Debriefing

Revisione dopo l’azione

Rappresenta un processo che ha lo scopo di riesaminare la simulazione per promuovere lo sviluppo del ragionamento critico19, 20. È la fase dell’apprendimento riflessivo basato sull’esperienza. L’abilità dell’istruttore e la modalità di conduzione del debriefing ne determinano il valore formativo o, al contrario, distruttivo, dal punto di vista psicologico, per i partecipanti. Un debriefing efficace non  è un “giudizio” o, falsamente, un “non giudizio”, ma una critica costruttiva e rispettosa attenta alle azioni e alle prospettive dei partecipanti21 –23.

Si identificano almeno tre fasi nella struttura di ogni tipo di debriefing:

  1. Reazioni emozionali durante le quali i partecipanti sono messi a loro agio nel rivelare e condividere le emozioni in modo che siano pronti a focalizzare i problemi in una discussione costruttiva;
  2. Analisi e approfondimenti finalizzati a:

–  capire gli schemi mentali del discente alla base del loro comportamento;
–  permettere ai partecipanti di prendere in considerazione opzioni alternative per la conduzione del problema clinico, aiutarli a ricevere schemi mentali nuovi,
–  generalizzare il processo e discuterlo con il gruppo.

  1. Sintesi e messaggi principali conclusivi da ricordare.

Valutazione

Alla fine di un corso di simulazione viene chiesto ai partecipanti di valutare la qualità e la rilevanza dell’esperienza di simulazione.

Questo può essere fatto con un questionario con attribuzione di punteggio  per la valutazione quantitativa.

La simulazione è anche utilizzata come metodo di esame e valutazione 24

Negli USA l’“Accreditation Council for Graduate Medical Education” (ACGME), identifica sei ambiti di competenza clinica per ognuno dei metodi e strumenti che potrebbero essere usati per valutare conoscenze, competenze e abilità6:

  1. Cura del paziente
  2. Conoscenze mediche
  3. Apprendimento e miglioramento basato sull’esercizio
  4. Capacità di relazione e comunicazione interpersonale
  5. Professionalità
  6. Esercizio pratico sui sistemi sanitari.

La simulazione rappresenta una tecnica in grado di integrare l’insegnamento tradizionale nel percorso di formazione preliminare all’attività clinica reale. L’apprendimento esperienziale attraverso la simulazione, consente di acquisire abilità, in procedure semplici e complesse, e competenza  in contesti diversi, mediante la pratica ripetuta negli scenari di simulazione in totale assenza di rischi per il paziente. La simulazione consente  lo sviluppo delle capacità di lavorare in squadra, di gestire problemi clinici complessi e condizioni di crisi.

La situazione attuale dell’impiego della simulazione nell’insegnamento curriculare della medicina in Italia

Ragioni organizzative, etiche e di sicurezza del paziente non consentono di acquisire direttamente sul malato numerose competenze e abilità pratiche proprie delle formazione medica. Perciò la simulazione a veri livelli di complessità e fedeltà (alta, media, bassa) si deve affermare come parte essenziale degli strumenti didattici per una formazione completa ed equilibrata del medico (si pensi  all’auscultazione cardiaca e polmonare, ai prelievi venosi e arteriosi, alle suture di ferite, alla cannulazione dei vasi centrali, alle toracentesi, all’intubazione delle vie aeree, etc). Pertanto nella programmazione delle attività didattiche professionalizzanti nei tirocini dei corsi di laurea in Medicina e chirurgia si deve fare ampio uso delle tecniche di simulazione.

Dai recenti dati raccolti dalla Conferenza permanente dei Presidenti dei Corsi di laurea in Medicina e chirurgia (vedi lo specifico articolo in questo numero) si rileva che un buon numero di facoltà mediche dispongono di centri di simulazione ad alta fedeltà, che tuttavia sono utilizzati  prevalentemente per la formazione degli specializzandi o del personale delle aziende ospedaliero universitarie di riferimento, piuttosto che per gli studenti. Il principale limite ad un uso più diffuso di scenari di simulazione ad alta fedeltà nella formazione pre-laurea è dato dal fatto che questi corsi devono svolgersi a piccoli gruppi e comportano un forte impegno di tecnici e istruttori, dato il numero elevato di studenti.

Le prospettive

È necessario colmare rapidamente il gap tra teoria e pratica e fare largo ricorso alle tecniche di simulazione. Questo è tanto più urgente in vista della prossima introduzione della Laurea Abilitante, che prevede l’acquisizione durante i sei anni di corso di quelle abilità e competenze che oggi sono demandate ai mesi post-laurea che precedono l’esame di Stato.

Sarebbe auspicabile arrivare quanto prima ad elaborare un elenco curricolare delle attività da svolgere in simulazione e ritenute imprescindibili per la formazione del medico, da condividere tra i corsi di laurea in Medicina per dare omogeneità alla formazione in tutto il paese.

La scarsità di docenti  disponibili a diventare istruttori o facilitatori di simulazione è oggi il principale ostacolo allo sviluppo della simulazione nella formazione medica pre-laurea, anche più importante dei costi di acquisto di task trainers e  manichini. Non è un caso che molti corsi di laurea richiedono un supporto esterno per diffondere la conoscenza della simulazione e realizzare corsi specifici di formazione per aumentare il numero di facilitatori e/o istruttori di simulazione.

Questa richiesta di supporto formativo esterno rappresenta l’ambito di intervento prioritario nel prossimo futuro per la formazione medica pre-laurea.

Appendice

SIMMED Board of Directory  Prof. Gian Franco Gensini, SIMMED President, Florence. Dr. Luigi Arru, Regional Minister of Health, Sardinia. Dr. Francesco Borgognoni, Medical Emergency Department, USL UMBRIA 1, Perugia. Dr. Alessandro Bussotti, General Practice, Florence. Dr. Marco De Luca, Meyer Pediatric Hospital, Florence. Dr. Giuseppe Prof. Stefano Perlini, Medical Department, University of Pavia, Pavia. Prof. Riccardo Pini, SIMMED Secretariat, Medical Emergency Department, University of Florence, Florence. Dr. Luca Ragazzoni, CRIMEDIM—Center for Research on Emergency Medicine and Disaster Medicine, University of Piemonte Orientale ‘‘A. Avogadro’’, Novara. Dr. Paola Santalucia, Scientific Direction and Emergency Department, Foundation IRCCS Maggiore Hospital Policlinico, Milan. Dr. Serafina Valente, Cardiology Department, University of Florence—Careggi Hospital, Florence, Florence. Florence. Dr. Maurizio Zanobetti, University of Florence, Florence.

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Cita questo articolo

Santalucia P., Ingrassia P.L., Ragazzoni L., Ganau A., Gensini G.F., La simulazione in medicina. Basi e prospettive nell’insegnamento nel Corso di laurea in Medicina e Chirurgia, Medicina e Chirurgia, 70: 3166-3169, 2016. DOI:  10.4487/medchir2016-70-1

*“I concetti di seguito esposti si riferiscono all’executive summary del Position Paper della Società Italiana di Simulazione in Medicina (SIMMED) pubblicato su Intern Emerg Med, 2015” –  Intern Emerg Med. 11:537-44, 2015. La SIMMED sta curando la versione italiana del dizionario di simulazione in medicina (Healthcare Simulation DictionaryTM ) pubblicato in inglese nel giugno 2016 dalla Società di Simulazione in Sanità americana (SSH)”: Healthcare Simulation DictionaryTM. Retrieved from http://www.ssih.org/dictionary Lopreiato, J. O. (Ed.), Downing, D., Gammon, W., Lioce, L., Sittner, B., Slot, V., Spain, A. E. (Associate Eds.), and the Terminology & Concepts Working Group. (2016).