L’insuccesso accademico nei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie e il monitoraggio dell’efficienza formativan.58, 2013, pp.2592-2595, DOI: 10.4487/medchir2013-58-7

Abstract

Italian Health Profession Degree Programs academic failure is comprised between 30 and 39%. Considering the progressive increase of this phenomenon and the recent Italian Law (D.M. n. 47, 2013) that considers academic failure as an indicator of educational inefficiency, it is become a priority to reflect on its determinants. Academic failure is due to a complex interaction between individual (e.g. age, gender), institutional (e.g. number of the students in the classes) and political factors (e.g. profession social image). Among this context, in order to increase educational efficiency, it is necessary to test multi-level strategies ranging from recruitment process to the curriculum redesign, as well as from the control of the lecturers and clinical learning environment quality, to the optimal tutor to students ratio. Strengthening the collaboration at different level, aiming to evaluate the effectiveness of the strategies undertaken is crucial.

Articolo

Introduzione

Con la recente emanazione del D.M. n. 47 del 30 gennaio 2013 – Decreto autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica – l’insuccesso accademico degli studenti universitari, definito come la differenza tra il numero di coloro che si immatricolano ad un Corso di Laurea (CL) e il numero di coloro che lo completano entro la durata legale prevista, è divenuto uno dei criteri considerati dell’ANVUR per la valutazione periodica delle attività formative universitarie1. Considerando i meccanismi premianti introdotti dal D.Lgs n. 19 del 27 gennaio 20122, l’attuazione di strategie volte a ridurre i livelli di insuccesso accademico è divenuta  una priorità. In occasione del Meeting della Conferenza Permanente dei CL delle Professioni Sanitarie (CLPS)  svoltosi a Portonovo il 15-16 settembre 2012 in una sessione dedicata alle tematiche formative si è riflettuto sul fenomeno dell’insuccesso accademico dei Corsi di  Studio delle Professioni Sanitarie, al fine di  analizzarne i  possibili fattori predittivi ed  elaborare strategie mirate.

 

+Il dato fa riferimento a tutti i corsi di Laurea triennali nazionali che aderiscono ad AlmaLaurea.

L’entità dell’insuccesso accademico

L’insuccesso accademico è molto diffuso a livello nazionale (Tab. 1): AlmaLaurea (2011)3 ha documentato che, nel 2010, solo il 38,0% degli studenti universitari ha conseguito la laurea triennale nei tempi previsti, con una durata media del percorso di studi delle lauree triennali  di 4,7 anni. Le indagini condotte nel triennio 2009/2011 evidenziano una sostanziale stabilità dei tassi di insuccesso nazionali riferiti a tutte le lauree triennali (61-62%) ed un trend in aumento della durata media del percorso di studi (D +0,1 su base annua). Confrontando i dati complessivi con quelli dei CLPS, questi ultimi mostrano un quadro più soddisfacente. Nello stesso anno il tasso medio d’insuccesso è stato, infatti, del 35,0% mentre la durata media del percorso di studi è stata di 3,8 anni con un ritardo medio alla laurea di 0,8 anni. Anche per quanto riguarda le performances riportate nei voti di laurea, la situazione dei CLPS è migliore. Il punteggio medio ottenuto dagli studenti dei CLPS nel triennio di riferimento è costantemente oltre la media nazionale di almeno 3 punti. Tra i CLPS il maggior livello di insuccesso (39,0%)  è stato registrato dai CL della classe della Riabilitazione mentre, al contrario, i CL della classe della Prevenzione hanno evidenziato il minor livello (30,0%).  L’insuccesso per i CL della classe delle Professioni Tecniche è stato invece del  32% mentre quello relativo ai CL in Infermieristica ed Ostetricia si è attestato al 34%. Con riferimento alle coorti degli immatricolati ai CL in Infermieristica nel decennio 1997-2007, seppur con una lieve approssimazione, si è registrata una progressiva diminuzione dell’insuccesso accademico  dal 38% al 25% (D -13%). Tale dato sembra aver seguito il progressivo aumento del rapporto tra i candidati ed posti disponibili registrato anche negli altri CLPS4 in modo inversamente proporzionale.

Nonostante tali dati appaiono confortanti alla luce delle recenti indicazioni normative1-2, considerando il trend relativo al triennio 2009-2011 in cui emerge per i CLPS un progressivo aumento dell’entità del fenomeno (D + 8% nel triennio 2009/2011), un aumento della durata del percorso di studi (D+0,1 anni su base annua) ed una lieve flessione dei voti medi alla laurea, è oggi prioritario riflettere sui determinanti d’insuccesso al fine di ottenere un continuo miglioramento dell’efficienza formativa.

Il percorso accademico degli studenti universitari e l’efficienza formativa

Gli studenti che intraprendono il percorso accademico possono seguire due principali traiettorie evolutive. La prima, quella del “successo” è seguita da coloro che concludono il percorso entro la sua normale durata legale1. La seconda, quella “dell’insuccesso” è invece seguita da coloro che, al contrario, non completano il percorso di studi entro la sua durata naturale. L’insuccesso è costituito da due componenti fondamentali: il primo, riguarda gli studenti che per qualsiasi ragione “abbandonano” il percorso di studi precocemente (entro il primo semestre del primo anno) o tardivamente (successivamente al primo semestre)5; il secondo è invece costituito dagli studenti “fuori corso” che, volontariamente (ad esempio per motivi personali) o, involontariamente (ad esempio per fallimento agli esami) non completano il percorso nei tempi previsti. Elevati livelli di insuccesso rappresentano un indicatore di inefficienza formativa1. Il fenomeno può assumere però valenza “positiva” qualora lo studente, abbandonando gli studi, trovi risposta alle aspirazioni ed ai talenti personali nell’ambito di altri percorsi accademici o quando, volontariamente, decide di rallentare la progressione per allineare le esigenze personali al carico di studio, mantenendo elevate le performaces negli esami6. La valenza positiva dell’insuccesso è presente anche nel caso in cui l’efficacia del sistema didattico e tutoriale permetta di intercettare gli studenti fragili e con difficoltà di apprendimento, rallentandone la progressione e offrendo supporto con piani di recupero personalizzati. Solo attraverso il consolidamento del bagaglio culturale necessario è infatti possibile garantire una pratica professionale sicura. Tali esempi, abbastanza frequenti nei percorsi formativi delle professioni sanitarie, non sono ascrivibili ad inefficienza del sistema universitario e subire acriticamente pressioni a laureare studenti nei termini previsti, può essere fuorviante e rischioso. Il dibattito sui livelli accettabili di insuccesso, il cui azzeramento non è possibile, né auspicabile, rimane quindi problema complesso e aperto. Un’attenta riflessione deve essere posta sulla frazione di evitabilità del fenomeno e cioè, sulla quota d’insuccesso determinato dalle inefficienze del sistema universitario. La carenza di percorsi part-time che agevolino la frequenza degli studenti lavoratori, programmi di studio non calibrati alle capacità  e all’impegno di uno studente medio, l’inefficacia di alcuni sistemi tutoriali7 e delle strategie di reclutamento e selezione8-9, sono solo alcuni  aspetti del sistema universitario che possono agire come determinanti del fenomeno. Lo studio sistematico dell’insuccesso permetterebbe di individuarne le cause, determinare i momenti in cui, durante il triennio, esso si acutizza, comprenderne la quota evitabile e stabilirne i livelli minimi accettabili.

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La ricerca dei determinanti di insuccesso accademico

Diversi autori hanno dimostrato interesse nel documentare  i possibili determinanti di insuccesso accademico10-11. Le ragioni sono da ricercarsi essenzialmente nell’impatto del fenomeno sulle performance universitarie (penalizzazioni economiche previste per i corsi di studio ad elevato insuccesso)2-11, nei notevoli costi sociali da esso derivanti12 e nel contributo fornito nell’acuire, ove presenti, situazioni di carenza futura delle diverse figure professionali disponibili nei sistemi sanitari13. L’insuccesso sembra realizzarsi attraverso una complessa interazione di fattori individuali (es. genere, età, scolarità, etnia), istituzionali (es. numerosità degli studenti nelle aule) e politico/professionali (immagine sociale della professione, economie locali)14. Le evidenze disponibili consentono di definire il profilo degli studenti a rischio d’insuccesso che sembrano  distinguersi per la presenza di alcune caratteristiche peculiari15 come ad esempio il genere maschile, l’età inferiore ai 23 anni, il background formativo debole (espresso con un basso punteggio di maturità), la presenza di un carico familiare, la presenza di difficoltà economiche che rendono necessario lo svolgimento di attività lavorative contestuali alla frequenza del corso. Seppure tali evidenze provengano soprattutto da studi in ambito infermieristico e quindi non siano generalizzabili a tutti i CLPS, la conoscenza dei possibili determinanti d’insuccesso, ne permette l’utilizzo come variabili d’indagine per lo studio del fenomeno. Rispetto alla frazione di evitabilità dell’insuccesso il contributo fornito dalla ricerca è purtroppo ridotto. Tra i fattori istituzionali associati all’insuccesso, si evidenziano: a) l’eccessiva numerosità degli studenti in aula16 che, riducendo la possibilità di interazione e confronto tra docente e studenti, non facilita i processi di apprendimento con dirette ricadute sulle performance d’esame e conseguente accumulo di ritardo nel percorso; b) le strategie di reclutamento e selezione qualora non permettano di individuare gli studenti di talento, motivati e con le maggiori abilità di studio8-9; c) le  metodologie tutoriali, spesso inadeguate nel sostenere ed orientare lo studente nel percorso di studi7. Solo attraverso l’intervento sui fattori istituzionali si potrà ottenere la riduzione dell’insuccesso evitabile ottenendo la piena e reale efficienza formativa universitaria.

Le possibili strategie per il miglioramento dell’efficienza formativa

Sono disponibili strategie  per ridurre l’insuccesso che tuttavia hanno bisogno di essere ancora valutate nella loro efficacia9-17. La prima strategia riguarda il reclutamento degli studenti9: numerosi abbandoni si  verificano, infatti, per una mancata risposta del Corso di studi alle aspettative dello studente18. Fornire ai possibili aspiranti, già nelle scuole secondarie, informazioni approfondite e di elevata qualità, permetterebbe di creare aspettative realistiche riducendo gli effetti negativi prodotti dallo shock da realtà che lo studente si trova a vivere non trovando piena corrispondenza rispetto a quanto immaginato19. Utili in tal senso potrebbero rivelarsi l’introduzione/rafforzamento delle visite guidate nei luoghi di cura affinché l’aspirante possa confrontarsi con l’ambito professionale di riferimento ed  il rafforzamento della partnership tra Università e Servizio Sanitario Nazionale17. Ulteriori esperienze di contrasto del fenomeno potrebbero essere: a) l’affinamento delle strategie di selezione degli studenti, riflettendo sulla possibilità di poter valorizzare il voto di maturità per incrementare la proporzione di studenti  con le migliori attitudini allo studio9; b) l’attivazione di un tutorato intensivo e supportivo, soprattutto per gli studenti del  primo anno7-20; c) il miglioramento della qualità degli ambienti di tirocinio clinico che hanno un pesante impatto sugli esiti di apprendimento21; d) la negoziazione diretta ed indiretta di supporti economici necessari a sostenere gli studenti motivati e di talento che vivono difficoltà economiche17. Nell’ottica del miglioramento dell’efficienza formativa, le esperienze proposte permettono di tenere aperto il dibattito sulla ricerca delle possibili strategie di intervento e sulla loro efficacia.

Conclusioni

Gli stimoli forniti dalle recenti norme, rafforzano la necessità di un continuo confronto interdisciplinare sulle tematiche proposte. La condivisione delle esperienze generate dai diversi gruppi disciplinari garantisce una rapida evoluzione delle conoscenze e, considerando la natura vincolante delle norme, è opportuno che  gli sforzi comuni siano indirizzati non solo al continuo monitoraggio dei fattori predittivi ma soprattutto a documentare l’efficacia delle strategie di miglioramento dell’efficienza formativa proposte. Emerge l’esigenza di intervenire in particolar modo sugli elementi istituzionali che sembrano incidere in modo significativo sugli esiti accademici degli studenti senza tuttavia tralasciare i fattori individuali che, seppur spesso non modificabili, rappresentano una preziosa fonte informativa utile a modulare e personalizzare il percorso formativo dello studente. Aumentare l’efficienza formativa, di cui l’insuccesso ne è un indicatore negativo, richiede azioni di ampio respiro, che vanno dalle strategie di reclutamento e selezione, alle scelte di progettazione curriculare, al monitoraggio della qualità degli insegnamenti, degli ambienti di tirocinio, delle modalità di tutorato, fino al supporto nel metodo di  studio ed alla definizione della composizione e della numerosità delle aule e quindi del rapporto studente/docente. Azioni che, vista l’estrema complessità del fenomeno e la variabilità degli attori coinvolti, richiedono uno sforzo comune, di confronto e supporto, tra i diversi  soggetti accademici.

Attualmente il sistema universitario italiano incentiva con molti meccanismi lo sviluppo della ricerca e contestualmente ha abbassato l’attenzione alla didattica. Investire sulla qualità dell’offerta formativa vuol dire anche premiare e incentivare i docenti a dedicare “pensiero” e tempo agli studenti e alla loro formazione. Forse è giunto il momento di rioerientare il sistema con maggior equilibrio tra la sua doppia mission: di didattica e di ricerca.

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano Angelo Mastrillo per aver reso disponibili i dati relativi all’insuccesso accademico nei CL in Infermieristica.

Bibliografia

1) Decreto Ministeriale 30 gennaio 2013 n. 47. Decreto autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica. Roma 2013.

2) Decreto Legislativo 27 gennaio 2012, n. 19. Valorizzazione dell’efficienza delle università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione di risorse pubbliche sulla base di criteri definiti ex ante anche mediante la previsione di un sistema di accreditamento periodico delle università e la valorizzazione della figura dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati al primo anno di attività, a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Roma, 2012.

3) AlmaLaurea, profilo corsi di laurea triennali. 2011; http://www2.almalaurea.it/cgi-php/universita/statistiche/framescheda.php?anno=2010&corstipo=L&ateneo=tutti&facolta=tutti&gruppo=tutti&pa=tutti&classe=tutti&corso=tutti&postcorso=tutti&disaggregazione=tutti&LANG=it&CONFIG=profilo.

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Cita questo articolo

Dante A., Saiani L., L’insuccesso accademico nei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie e il monitoraggio dell’efficienza formativa, Medicina e Chirurgia, 58: 2592-2595, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-58-7

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