Le Medical Humanities 1.081, 2019, pp.3608-3609

Nei documenti ufficiali della professione medica, sia nazionali (Bianco, 2010) che internazionali (ABIM, 2002) da tempo si invoca un’evoluzione della medicina, chiamata al compito gravoso ma ineluttabile di conciliare il progresso biomolecolare e lo sviluppo tecnologico con il recupero di una visione della cura centrata sulla persona intera. È altresì cruciale che tale rinnovata sensibilità umana si accompagni allo sviluppo di una competenza orientata ai fenomeni di globalizzazione.
Nonostante la dichiarata importanza, l’approccio metodologico allo sviluppo congiunto di competenze riflessive di relazione umana e di sensibilità globale è tuttora problematico.
Il vasto dominio dei metodi indicati come Medical Humanities (MH) sembra avere le caratteristiche necessarie a garantire gli esiti di formazione necessari alle sfide indicate in premessa, ma nonostante l’abbondanza di letteratura internazionale, le MH vengono percepite ancora troppo spesso come un fenomeno di nicchia, un bel divertissement collaterale alla “vera” formazione medica.
La necessità di un insegnamenti di MH nella formazione medica nasce essenzialmente dal fatto che i curricula universitari attuali non sembrano rispondere ancora in modo sufficiente ai bisogni emergenti dalle nuove circostanze con cui possono doversi confrontare oggi i medici e gli altri operatori sociosanitari. Questi possono infatti, con sempre maggiore frequenza, avere in cura pazienti provenienti da altre parti del mondo e appartenenti orizzonti cognitivi e valoriali completamente differenti da quello biomedico, essere coinvolti in ricerche policentriche, essere impiegati in società e organizzazioni internazionali, essere sollecitati a dare un contributo professionale in discussioni su problemi di sviluppo mondiale, sia da un punto di vista professionale che sociale essere sottoposti a pressioni professionali eccessive.
Contemporaneamente a queste considerazioni, da diversi anni il tema delle Medical Humanities applicate alla formazione medica sta trovando largo spazio nella letteratura scientifica internazionale. La multidisciplinarietà che le caratterizza rende esplicita la complessità del dibattito che gravita attorno a un campo così articolato da essere compo-sto dalla filosofia, dall’etica, dalla storia, dalla sociologia, dall’antropologia, dalla psicologia dalla letteratura e dalle arti (Batistatou A 2010). La letteratura internazionale però non sembra apportare sviluppi innovativi sul tema e mostra un atteggiamento compiacente senza produrre analisi costruttive. Le riflessioni che gravitano attorno alle Medical Humanities tendono a porre l’accento sulle criticità del sistema formativo biomedico attuale a cui viene imputato il fenomeno della depersonalizzazione e della reificazione del paziente e della commercializzazione delle professioni mediche.
Molte meno sono le riflessioni e le propo-ste volte a strutturare delle linee guida condivise che possano condurre alla costituzione di programmi formativi adeguati all’interno delle diverse scuole mediche. Tendenzialmente i diversi contributi constatano la quasi impossibilità di misurarne l’impatto e l’efficacia formativa delle MH tramite gli strumenti sino a ora predominanti nell’educazione medica, individuando ostacoli metodologici probabilmente insormontabili a causa della ampia pluralità di possibili confondenti.
Da ciò ne discende una palese criticità nella misurazione dell’impatto formativo, che però non esclude la necessità di una maggiore chiarezza in merito ai fondamenti epistemologici, ai fini, ai metodi e agli strumenti da utilizzare nella formazione degli studenti. Una interessante osservazione di Clayton J. Beker et al del 2017 propone un approccio di valutazione complesso che non utilizzi soltanto una metodologia empirica, numerica e tassonomica ma che possa combinare a essa la raccolta di narrazioni riguardanti l’esperienza individuale vissuta degli studenti di medicina. Oltre queste problematiche metodologiche ciò che sembra far convergere le diverse prospettive riguardanti le MH è il riconoscimento della necessità di accogliere due assunti fondamentali che ne definiscono l’utilità: da un lato, il bisogno di riconoscere una visione che possa storicizzare l’arte medica euro-occidentale cercando cioè di capire come il mondo medico viene a comporsi quale forma distinta di realtà per chi si accinge a immergersi nello studio della medicina; dall’altro, la consapevolezza degli avanzamenti conoscitivi e operativi della biomedicina che se hanno consentito l’espansione della Sanità Pubblica nella sfera globale determinando un notevole controllo rispetto alle patologie infettive hanno anche favorito, insieme a processi di altro ordine e grado, il conseguente e progressivo emergere di altre patologie come quelle degenerative, verso le quali i modelli virtuosi di lavoro scientifico sembrano aver perso gran parte del loro mordente, mentre al contrario cresce la necessità dello studio e dello sviluppo della compliance fra professionista e paziente.
Sembra dunque necessario superare la subordinazione che le MH ricoprono in rapporto alla disciplina biomedicina, troppo spesso costrette in una cornice di intrattenimento e svago per gli studenti. Inoltre, l’aumento cre-scente delle disuguaglianze in salute, delle diseguaglianze in relazione al genere, l’epidemia globale delle patologie croniche e la complessità della loro gestione in un contesto di crescente disagio socio-economico, unitamente ai cambiamenti culturali, socio-demografici legati all’invecchiamento della popolazione e a movimenti di popolazione, sono tutti componenti che contribuiscono a rendere necessaria una riflessione strutturale sui campi di applicazione clinica del concetto di equità in salute. Queste premesse evidenziano la necessità di sviluppare nel percorso formativo dei professionisti della salute un approccio interdisciplinare e multidimensionale volto a creare connessioni fra le riflessioni bioetiche riguardanti il principio di giustizia e la pratica clinica rivolta a soggetti caratterizzati da vulnerabilità sociale. L’opportunità di un ampliamento del percorso formativo dei professionisti della salute è dunque sempre più attuale e prevede la promozione di esperienze di sviluppo e diffusione di conoscenze avanzate di interesse multidisciplinare, finalizzate a ottenere standard educativi sempre più alti e a monitorare costantemente processi di apprendimento che abbiano ricadute concrete sugli standard delle prestazioni sanitarie. L’intento è quello di sviluppare delle sinergie multidisciplinari che connettano l’ottica della sanità pubblica, della bioetica e dell’antropologia al tema delle diseguaglianze in salute, degli stili di vita e della medicina di genere etc.

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