L’etica della docenza. Per un insegnamento eticamente fondato nei CLM in Medicina e Chirurgian.54, 2012, pp.2383-2391, DOI: 10.4425/medchir2012-54-3

Abstract

Ethics of commitment, responsibility and mutual respect are the main rules of medical teacher behavior and, medical profession. In addiction, medical education should be founded on the respect for individual freedom, beneficence and distributive justice, incorporating all values of professionalism as a core physician competency. At present, as a result of changes in patients’ expectations, health care delivery, medical knowledge and students’ requirements, ethical issues beyond medical education needs to be discussed in great detail. The present paper deals on the necessity of ethics for medical educators founded on relationships amongst individuals, rules, regulations, values and cultural influences. It discusses topics as a result of four work-discussion groups, regarding ethics of teaching, student assessment, teacher-student-patient relationships as well as undergraduate curriculum planning and development. In addiction, the present paper introduces a series of forthcoming studies on this matter.

Articolo

Introduzione

In occasione della 104a riunione della CPPCdLM, tenutasi a Parma il 19 Novembre 2011, la Commissione per l’innovazione didattica e pedagogica ha tenuto un Atelier Pedagogico su un argomento di grande importanza, quello dell’etica della docenza. L’argomento è stato affrontato nel rispetto delle sue molteplici valenze, ed è stato analizzato da quattro gruppi di lavoro centrati su altrettante tematiche giudicate essenziali per una corretta medical education.

L’atelier pedagogico sarà seguito, nelle prossime riunioni della Conferenza, da una “Pillola Pedagogica”, e da un “Forum” in cui il dibattito sarà allargato a esperienze concrete su iniziative riferite da diversi Corsi di Laurea. Le tematiche saranno quindi notevolmente approfondite e troveranno spazio nei prossimi numeri di Medicina e Chirurgia.

L’articolo affronta e introduce questo tema importante in ambito internazionale, percepito come problema su cui deve essere posta grande attenzione, perché basilare per una funzione docente efficace ed efficiente. La Funzione docente deve rappresentare il punto di partenza di un processo di formazione che non si esaurisca nei sei anni di corso, ma che sia la base metodologica, etica e riflessiva che duri tutta la vita; per una vita professionale corretta.

 Necessità del discorso etico nella pedagogia

L’etica è quel ramo della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontologico, ovvero distinguerli in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati.

L’etica del docente si colloca a pieno titolo all’interno del vasto corpo filosofico delle etiche professionali. L’insegnante è infatti doppiamente soggetto all’etica, in quanto formatore di competenze sociali e cognitive.

È proprio dall’azione del docente che possiamo ricavare le formule di un’etica della professionalità insegnante. L’insegnante educa (saperi, cultura, norme) e valuta (l’apprendimento e la formazione); orienta, guida e sostiene l’allievo, modellando su di lui tutto il suo operato; opera all’interno di una micro-comunità (la classe, la scuola, l’università) e partecipa attivamente ai suoi processi, ai suoi problemi, alle sue pratiche; progetta, svolge un ruolo di programmatore, di costruttore di itinerari teorici e pratici, didattici e formativi (Cambi, 2008).

E’ quindi necessario che il docente si ponga il compito di fissare la propria etica, di esplicitarla, di articolarla a sua volta e di pubblicizzarla in modo adeguato.

Come costruire l’etica? Con l’esperienza formativa e con quei saperi della formazione che le sono strettamente congiunti. Fissando in norme e regole il proprio profilo e dando corpo a un codice deontologico capace di sorreggere e orientare tutto il lavoro dell’insegnante (Cambi, 2008).

L’etica del docente si colloca nel punto di unione e di tensione di tre forme etiche: l’etica dell’impegno, l’etica della responsabilità e l’etica della comunicazione; anche se la dialettica tra le forme etiche deve trovare il giusto baricentro sulla responsabilità per poter essere organicamente costruttiva.

L’etica del docente innanzi tutto reclama un’etica dell’impegno. Essa si presenta come un assumere su di sé un compito, farlo proprio, attivarlo in tutto il proprio agire e connetterlo allo scopo di quell’impegno, che è il formare, il partecipare attivamente a un processo che, insieme, coinvolge il docente e l’allievo. Impegnarsi significa collaborare, pianificare obiettivi e darsi compiti. E l’impegno si costruisce sulla comprensione e sulla fedeltà. Comprensione della differenza di colui per cui ci si impegna e fedeltà al proprio progetto, pur mutabile che sia. Senza impegno il processo formativo collassa a routine.

In secondo luogo vi è necessità di un’etica della responsabilità, sia come correlazione razionale tra mezzi e fini, quindi efficiente, controllabile, sia come investimento per il giovane, per il suo futuro, per la sua integrità possibile. Etica istituzionale da un lato, etica interpersonale dall’altro, ma in cui la responsabilità sta al centro, come dispositivo-chiave.

Poi c’è l’etica della comunicazione, che verte sull’ascolto, sul dialogo, sull’argomentazione, sulla conversazione. E’ la dimensione tipica dell’insegnare, perché si fonda sulla parola, sul confronto, sullo stare insieme, gestiti in forma sempre più razional-comunicativa (Cambi, 2008).

L’etica nell’insegnamento della medicina

L’etica assume un valore particolarmente importante quando il docente, che è anche medico, dovrebbe essere rappresentativo del paradigma della professione medica, e quando lo studente, che sarà il medico del nostro prossimo futuro, si trovano in un contesto clinico e relazionale caratterizzato dalla presenza del paziente, che non sempre trova beneficio diretto nell’ambito della didattica tutoriale. Infatti, nel tipico setting clinico, in cui i docenti insegnano al letto del paziente e gli studenti sperimentano le basi del saper fare e del saper essere, i pazienti rappresentano la parte ancor più debole , perché possono essere esposti a rischi di tipo fisico, psicologico e di cura, talora senza il loro pieno consenso (Jagsi e Lehmann, 2004).

Tale complesso rapporto, quello tra docente, equipe professionale, studente e paziente, non può essere quindi lasciato alla semplice occasionalità.

Dovrebbe essere chiaro, anche se molto deve essere ancora fatto, che il rapporto tra formazione clinica, formazione medico-scientifica e formazione umanistica rappresenta un nodo cruciale nel campo della medical education, perché ne costituisce il costrutto epistemico e relazionale. I tre aspetti dovrebbero integrarsi nella consapevolezza che, per un medico, l’uno non possa darsi senza l’altro (Binetti, 2011a,b).

L’etica della medical education dovrebbe quindi basarsi sui principi di base dell’agire medico (respect for individuals, beneficience and distributive justice) proprio per la presenza del paziente (Jagsi and Lehmann 2004), e sui valori autentici della “professionalità” (Stern, 2006). La formazione di medici che siano anche veri professionisti dovrebbe basarsi non solo sui valori importanti dell’efficacia clinica e della medicina basata sulle evidenze (lifelong learning, clinical effectiveness, randomized controlled trials and systematic reviews, evidence based practice, searching, appraising and presenting the evidence), ma anche e soprattutto sui valori della responsabilità e dei rapporti interpersonali corretti (commitment, caring, competence, integrity, confidentiality, ability to work in team, concern for the individual and the community, education and training, contributing to the knowledge base of the discipline) e sul possesso/acquisizione di qualità umane (creativity, the habit of truth, the sense of human dignity, tenderness, kindliness, human intimacy and love) (Stern, 2006). Se la “professionalità” costituisce l’apice della nostra formazione, all’interno di una struttura che deve essere solida ed efficiente, le basi di questa struttura devono essere rappresentate dalla competenza clinica, da buone capacità a saper comunicare e dalla ottima conoscenza dei principi etici, legali e deontologici, mentre i pilastri sono rappresentati dall’eccellenza, dall’umanità, dalla responsabilità e l’altruismo. Una buona professionalità non può esistere se non è sostenuta da queste fondamenta e da queste colonne portanti (Figura 1) (Stern, 2006).

Figura 1

Insegnare i valori della professionalità

Numerosi esempi potrebbero essere tratti dalla lettura di quanto organizzato a livello internazionale nei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia (Familiari, 2000; Torsoli et al., 2000; Familiari et al., 2006; Stern e Papadakis, 2006; Mueller, 2009; Snelgrove et al., 2009; Gallo, 2010; Consorti et al., 2011).

Il dato inequivocabile che emerge è quello della necessità assoluta a dover rappresentare e insegnare tutti i valori della professionalità in un contesto educativo complesso, ben programmato sia per quanto riguarda gli obiettivi didattici, che per la metodologia dell’insegnamento e la corretta valutazione dei risultati (setting expectations, providing experiences, evaluating outcomes), e che sia in grado di fornire le basi culturali e metodologiche corrette per lo sviluppo di tali valori nello studente (Stern e Papadakis, 2006). Anche l’insegnamento in sé è una competenza, e come tale, prevede dei core values ben definibili ed implementabili: tra questi, alcuni ne rappresentano la base, come le capacità di learner engagement, learner centeredness, adaptability e self-reflection (Srinivasan et al., 2011).

All’interno di un modello organizzativo ben strutturato, si trova il docente con i suoi “comportamenti” che dovrebbero essere un esempio rigoroso di professionalità e di eticità non solo nel contesto educativo, ma anche al di fuori dell’Università e dell’Ospedale. Nel processo educativo in sé stesso dovrebbe essere implicito il concetto secondo il quale il docente debba saper aiutare lo studente nell’apprendere le basi morali della pratica medica sulla base di un modello di condotta esemplare che sia rappresentivo di un vero e proprio “modello di vita” condotta su solide basi morali (Tan et al., 2011).

E’ purtroppo vero che, in alcuni casi, pur mantenendo integro nella formalità il rapporto docente/studente, anche in modo inconsapevole, si possono instaurare dinamiche personali del tutto negative quali: la presenza di relazioni inappropriate, la violazione delle regole del corso su programmi od orari, la non osservanza dei propri doveri didattici, l’imposizione agli studenti di punti di vista del tutto personali, un comportamento non imparziale o l’evidenza di favoritismi, il mettere lo studente in difficoltà o denigrarlo, l’invasione della privacy dello studente, il coinvolgimento dello studente in comportamenti non etici (Larkin e Mello, 2010; Singh, 2010). Tale lista potrebbe essere ancor più lunga, ed è quindi sicuramente incompleta. Questi comportamenti, anche se tratti dalla letteratura internazionale, sono sicuramente applicabili alla realtà italiana e tali da vanificare, di fatto, qualsiasi sforzo organizzativo messo in essere da chi ha responsabilità di coordinamento nel Corso di Laurea.

Una prima risposta importante a quanto evidenziato dovrebbe consistere in un miglioramento significativo delle conoscenze sulla necessità morale del senso di cooperazione sociale, della lealtà, dell’imparzialità, della reciprocità e del rispetto, valori fondanti del duplice ruolo di medico e di docente. In realtà, anche se esistono norme, codici etici e di comportamento all’interno delle Università, tuttavia pochi sono i programmi finalizzati ad insegnare ai docenti dei corsi di medicina le buone norme della pedagogia e le corrette relazioni che debbono intercorrere tra i componenti del patto formativo, con un “modus operandi” che divenga anche emblema del corso di laurea (Larkin e Mello, 2010).

Lo scopo di questo atelier pedagogico e delle altre iniziatitive ad esso collegate che seguiranno, si pone proprio in questo ambito.

Alcune proposte dedicate alla diffusione delle “buone pratiche” tra i docenti possono essere tratte dalla letteratura, anche se alcune di esse sarebbero difficilmente realizzabili nel nostro sistema didattico (Brooks, 1995; Glick, 2001; Gitanjali, 2004; Singh, 2010).

Innanzi tutto, dovrebbe essere delineato e condiviso un chiaro documento di condotta morale, in cui siano però chiaramente descritte le sanzioni previste in caso di non osservanza (Gjtaniali, 2004).

Dovrebbe poi essere attuata una attenta soveglianza degli standard previsti per gli esami, tenendo nella giusta considerazione il fatto che chi imbroglia agli esami, continuerà ad imbrogliare anche dopo, nel corso della carriera professionale (Brooks, 1995; Glick, 2001). Debbono pertanto essere programmate regole chiare che siano in grado di migliorare l’imparzialità e la correttezza degli esami stessi (Gjtaniali, 2004).

Altro elemento interessante su cui riflettere è l’ipotesi di prevedere un regime di premialità (progressione di carriera, integrazioni economiche?) anche per il comportamento del docente, poichè gli studenti tendono a conformarsi al “modello” del loro docente, costruendo così dei modi di essere che saranno difficilmente modificabili in seguito (Singh, 2010).

Anche se i questionari degli studenti sono attualmente utilizzati dal sistema universitario italiano, pur tuttavia il feed-back degli studenti andrebbe utilizzato anche per monitorizzare il comportamento ed il modo di insegnare del docente (Singh, 2010), ed il livello di professionalità dell’intero corso di laurea (Todhunder et al,. 2011).

Infine, soprattuto chi coordina e dirige il Corso di Laurea o la Facoltà dovrebbe comportarsi in modo esemplare, anche nell’ottica del buon nome dell’Istituzione che si rappresenta (Gjtaniali, 2004).

Come può notarsi, alcune proposte sono di non facile attuazione, mentre altre potrebbero essere realizzate con semplicità; pur tuttavia, anche se il percorso può apparire complesso, esso deve essere affrontato con chiarezza, lealtà e onestà intellettuale.

 Quattro laboratori di approfondimento

Il Decision Making dell’etica della docenza si dovrebbe fondare su tre punti chiave che possono rappresentare una triade. In primo luogo vi è l’universo delle relazioni tra i diversi “attori” interessati (relationship amongst individuals); in secondo luogo il rispetto delle normative, delle leggi e dei codici di condotta (laws, rules, regulations and code of conducts) e in ultimo, ma non per importanza, il rispetto dei valori e delle influenze culturali (values and cultural influences) (Figura 2) (Singh, 2010).

Figura 2

La commissione Innovazione Pedagogica, al termine di una serie di riunioni preparatorie nelle quali sono stati discussi tutti gli aspetti correlati a tale importante problema, ha deciso di incardinare la discussione in quattro laboratori di approfondimento, così definiti: Problemi etici nell’insegnamento, Etica delle relazioni interpersonali tra gli attori della didattica, Problemi etici nella valutazione dell’apprendimento, Etica dell’organizzazione e della programmazione I laboratori sono stati coordinati dai colleghi della Commissione (hanno svolto le funzioni di esperti e facilitatori), e vi hanno partecipato molti dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia presenti alla Conferenza che si è tenuta a Parma. I quattro gruppi di lavoro sono stati aperti da altrettanti trigger narrativi, opera di quattro anonimi studenti iscritti ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia italiani, e raccolti dagli studenti SISM. Tali contributi sono riportati integralmente.

 Le conclusioni dei quattro laboratori

Al termine del lavoro nei laboratori, esperti e facilitatori dei quattro gruppi di lavoro hanno riferito in plenaria sulle conclusioni raggiunte.

Laboratorio No. 1
Problemi etici nell’insegnamento:

Trigger narrativo:

Sono uno studente che frequenta le lezioni, i tirocini e tutto ciò che la didattica universitaria mi offre. Compatibilmente con la logistica quotidiana, si capisce, ma diciamo che sono presente a quasi tutte le lezioni. Perché frequentare le lezioni? Perché si è convinti che rispetto allo studio a casa sui libri la lezione possa darti qualcosa in più, che la spiegazione del professore faciliti la comprensione dell’argomento e l’esperienza del docente possa dirigere lo studio in modo mirato e critico.

 A volte però, e non sono casi isolati, durante il corso di studi si assiste a lezioni che arricchiscono ben poco il nostro bagaglio culturale. Professori che arrivano tardi a lezione, che non si presentano o mandano all’ultimo uno spiazzato specializzando a fare lezione.

Durante le lezioni troppo spesso si leggono diapositive troppo scritte e troppo teoriche. Raramente si impostano le lezioni a partire dai problemi, dai casi clinici.

 Per quanto riguarda i contenuti, poi, a volte si rimane un po’ perplessi. Alcuni docenti che dovrebbero spiegare un argomento ed essere esaurienti, tralasciano volontariamente parti di programma, e se viene loro chiesto il motivo spesso la risposta è: “queste cose non vi serviranno, o sono troppo specialistiche”, o più spesso “anche se vi parlassi della terapia non vi rimarrebbe nulla, certe cose finchè non le vedete in clinica non vi rimangono”.

Ma quando dovremmo vederle se a tirocinio siamo 15 in una stanza e spesso il tutor finito il breve giro visite ci dice di andare pure perché siamo troppi e non ci sarebbe comunque modo di fare niente di pratico?

Le occasioni in cui hai la fortuna che durante un tirocinio il tutor si trattenga a spiegarti qualcosa o ti coinvolga nelle attività cliniche sono rarissime e preziose.  Ma la Medicina è almeno in parte un’arte e l’arte non è come le nozioni, non si impara solo dai libri, nè dalle slides delle lezioni, si impara osservando, scavando dentro noi stessi e scovando quale nel profondo del nostro cuore sia la nostra vocazione, in che modo le nostre qualità professionali ed umane vogliono mettersi al servizio del prossimo nell’ambito dell’assistenza sanitaria. Insomma, imparare la medicina è un po’ imparare l’arte del guardarsi dentro e del mettere al servizio del paziente le nostre qualità migliori.

L’insegnamento è il momento formativo in cui il maestro sa di essere un anello fondamentale nella formazione del discente e perciò adotta in ogni circostanza un atteggiamento quanto più corretto ed etico possibile, perchè sa che non si insegna solo quando si fa lezione, ma che un allievo impara dal suo maestro osservandolo in ogni suo minimo gesto ed atteggiamento, per cui il suo comportamento dovrebbe essere quanto più corretto ed etico possibile. 

Eppure, sono all’ordine del giorno docenti che non sono puntuali, che non ricevono gli studenti, che non sono reperibili, che non si presentano agli appuntamenti o alle lezioni, che non hanno un comportamento rispettoso verso i pazienti, gli studenti, i colleghi.

Impossibile pensare che crescere, nel momento in cui ci stiamo formando, e quindi siamo più vulnerabili, in questo ambiente e con questi esempi non influenzi il nostro futuro, professionale ed umano.

 La sintesi conclusiva del dibattito

Vi sono tanto implicazioni etiche nell’insegnamento che dell’insegnamento, nel senso che occorre insegnare in modo eticamente fondato e bisogna formare lo studente in Medicina all’etica medica.

Etica nell’insegnamento: l’etica deve essere alla base del patto formativo, dell’alleanza tra docente e studente. Per formare il docente ad un insegnamento etico occorre coltivare il suo umanesimo: le medical humanities non sono solo necessarie per la formazione dello studente ma anche per quella del docente. Contenuti e modalità della formazione devono tener conto di aspetti come l’educazione alla interculturalità (religiosa, di cultura, di genere….) nella relazione, l’abitudine al risparmio delle risorse come strumento etico per assicurare un più ampio accesso alla salute, e l’insegnamento del rispetto dell’integrità fisica e psicologica del malato, in particolare, e di qualunque interlocutore: lo studente deve imparare ad avere relazioni interpersonali e interprofessionali valide e non un rapporto del tipo tra fornitore di prestazione e acquirente.

Insegnamento dell’etica: non ci si può limitare ad un “corso di etica”: la formazione dello studente al comportamento etico deve durare per il tutto il percorso degli studi (corsi di metodologia) e può avvalersi anche dello strumento dei casi clinici simulati nei quali possono essere inserite facilmente implicazioni etiche. Obiettivo di questa formazione è quello di creare medici che abbiano – e mostrino – dignità, tenerezza, gentilezza, umanità e amore.

Laboratorio No. 2
Problemi etici nella valutazione dell’apprendimento:

Trigger narrativo:

Esame del terzo anno, sprint finale di ripetizione del programma, studio da più libri e tanta paura di non rendere all’esame in modo consono allo studio fatto.

Il Prof. formula la sua prima domanda. Purtroppo non sembra troppo soddisfatto della mia risposta. Seconda domanda: morbo di… Su questo sono ferratissima! L’ho studiato benissimo, mi prendevo in giro da sola dicendo che ne soffrivo in forma paucisintomatica!!! Invece, ben presto, mi rendo conto che non lo sta soddisfacendo nemmeno quella risposta. Non capisco, e così, sicura di ciò che avevo studiato e con poca voglia di ripetere l’esame, gli chiedo gentilmente di potergli mostrare ciò che c’è scritto sul libro.

Mi dice, dopo averlo sfogliato con sufficienza, che avevo ragione, ma che mi consigliava di non usare quel libro. Allora gli rispondo d’istinto che in realtà quel libro ce lo aveva consigliato lui il primo giorno di lezione, tanto è vero che il primo rigo scritto nel mio quaderno sotto la data è proprio il nome del libro. Squilla il suo telefono e mi avverte che se non rispondo alla domanda successiva come vuole lui mi boccia. Fine della telefonata.

La storia non finisce qui … Vado a parlargli il giorno dopo e mi dice che per passare l’esame decentemente avrei dovuto studiare da un altro libro molto più specialistico. Così torno a casa un po’ perplessa, sicura che non avrei avuto vita facile.

Mesi dopo ho scoperto che l’autore del libro consigliato il primo giorno di lezione e il mio Prof. avevano litigato. E io durante l’esame avevo fatto presente al Prof. che quel libro, scritto dalla persona che gli aveva dato dell’incompetente solo un mese prima, ce lo aveva detto proprio lui di comprarlo!!!

Questo episodio mi ha fatto riflettere sul modo in cui noi studenti siamo valutati. Certo, magari non saremo sempre preparati e meritevoli di voti altissimi, ma le modalità di esame troppo spesso sono approssimative, sbrigative, superficiali.

Ascoltando gli studenti parlare è frequente sentire frasi del genere: “Per passare l’esame quella patologia devi farla dal libro X, il prof. la vuole da lì, poi il resto puoi studiarlo dall’altro libro”, “la terapia però studiala sugli appunti, lui vuole sentirla in quel modo”. Dove è finita la fantasia dello studente, l’approfondimento personale di studio nel cercare libri, articoli, trattati, ecc. se i docenti per promuovere all’esame vogliono sentirsi dire l’argomento in un determinato modo che si diffonde ben presto tra gli studenti? Preparare un esame sta diventando un conto matematico: “imparati questo paragrafo dal libro X, questo capitolo dal libro Y, questo elenco dagli appunti, e sicuramente sarai promosso”.

Per non parlare del fatto che, a parte l’aspetto teorico e nozionistico, nella valutazione non viene mai approfondita la competenza dello studente nello svolgere attività di pratica clinica (esame obiettivo, anamnesi, prelievo venoso, esplorazione rettale, ecc.) né le capacità comportamentali nell’approccio al paziente o nell’affrontare situazioni umane particolari (fine vita, disabilità, patologie psichiatriche, situazioni sociali particolari come disoccupazione, tossicodipendenza, abbandono, ecc.).

Considerando che in didattica tutto ciò che non viene valutato, o viene valutato male, non esiste, poiché è chiaro che lo studente non lo approfondirà nello studio e nella sua preparazione, siamo sicuri che questo modo di valutare sia consono alla formazione di futuri medici chirurghi capaci di svolgere al meglio la loro professione, sia dal punto di vista delle conoscenze teoriche che pratiche e comportamentali?

La sintesi conclusiva del dibattito

La valutazione dello studente ha implicazioni etiche generali nel dominio della relazione docente-studente e ne ha altre, più specifiche, nell’ambito del processo di valutazione in sé.

Deontologia ed etica della relazione docente-studente nel contesto della valutazione: in corso di esame, occorre vincere i pregiudizi sulle modalità di presentazione dello studente e imparare a controllare i condizionamenti che derivano dal suo aspetto estetico. L’esame rischia di assumere l’aspetto di una “valutazione incondizionata”, di un esercizio di potere che compromette la relazione di crescita tra docente e studente: la valutazione dell’apprendimento deve essere vissuta come un’occasione di crescita dello studente e non di svalutazione della sua persona (che porta alla disperazione e all’abbandono).

Deontologia ed etica della valutazione: l’esame è un’occasione per verificare o valutare? Il concetto di valutazione è più ampio e intersoggettivo di quello della verifica: non sempre la “risposta esatta” è migliore di una risposta parzialmente inesatta ma che deriva dal ragionamento dello studente. L’etica della valutazione deve basarsi sulla formulazione di un assessment contract: all’inizio dei corsi si dovrebbe dare non il “programma di insegnamento” ma il “programma di apprendimento”: le regole vanno date e poi rispettate, ma devono essere eticamente valide. Al contrario, attualmente non c’è sincronia tra insegnamento, apprendimento e valutazione: l’insegnamento condiziona l’esame mentre dovrebbe essere l’inverso, per cui l’introduzione di un approccio etico nell’apprendimento e nella valutazione richiede un cambiamento sostanziale dell’approccio didattico. Imparare ad usare le tecniche docimologiche fa parte dell’etica dell’attribuzione del voto.

 Laboratorio No. 3
Etica delle relazioni interpersonali tra gli attori della didattica (studenti, docenti e pazienti):

Trigger narrativo:

Una normale mattina di lezione del terzo anno di medicina. La lezione avrebbe dovuto iniziare 20 minuti fa, ma il professore non si vede. Gli studenti parlano, scherzano e ingannano il tempo.

Entra il professore. L’aula si fa improvvisamente silenziosa, un silenzio che indica rispetto, rispetto per l’arrivo del Prof, didatta e nostro punto di riferimento come esempio di comportamento e di cultura, e io sono li tra le prime file per seguire da vicino cosa ha da offrirmi.

La lezione sta per iniziare, ma il telefono suona, mi guardo intorno, chi ha lasciato il telefono acceso a lezione? Ma il suono non viene da dietro di me, ma tutto intorno a me, dagli amplificatori. E’ il prof che ha lasciato il telefonino acceso e risponde. Sarà una cosa urgente, è il primario!

E invece no, dal tono la conversazione sembra uno scambio di saluti e di battute tra amici, con tanto di appuntamento per il fine settimana…E a noi tocca ascoltare la conversazione.

Chiude dopo un po’, ma non spegne il cellulare, potrebbe sempre arrivare un’altra chiamata!

Un mio collega alza la mano e con un tono critico ma educato fa notare al professore che sono stati persi più di 10 minuti di lezione per una telefonata e che gli studenti sono perplessi e un po’ infastiditi.

Con estrema calma e con il sorriso sulle labbra risponde: “ Potrete sopportare dieci minuti di pausa, non credo che vi dispiaccia poi così tanto riposarvi un attimo. E poi si sa, le mie ore non sono troppo intense ed estenuanti, ma i contenuti e quello che si impara sapete che sono superiori alla media delle vostre lezioni. Ad esempio, le lezioni del mio collega, il prof. X, iniziano sempre puntualissime, spaccando il minuto e durano fino alla fine delle ore, a volte anche dieci minuti in più, solo perché è logorroico e si perde, ma ditemi che sono lezioni interessanti? Insomma mica è importante quanto spieghi, ma cosa spieghi e come lo fai!”.

Ci siamo guardati un po’ imbarazzati. E’ stato fastidioso e spiacevole sentire un docente parlare male di un suo collega proprio con noi studenti.

Forse noi studenti meritiamo di più. Docenti che arrivano tardi a lezione, che rispondono al telefono nelle ore di lezione e parlano indisturbati in aula senza nemmeno staccare il microfono. Docenti che criticano altri colleghi certo non ci abituano ad una collaborazione e ad un team working che invece dovrebbero essere parte integrante del mestiere che andremo ad esercitare. Non vorrei un domani esercitare la professione in questo modo, con superficialità, mancanza di rispetto e autoreferenzialità, né come clinico né come docente.

 La sintesi conclusiva del dibattito

Il laboratorio si è aperto con la presa d’atto che il Gruppo di lavoro Innovazione Pedagogica, che ha organizzato questo atelier, è partito dalla scelta di delimitare il campo all’etica delle relazioni che vengono agite nel contesto specifico del C.L. in Medicina. Il Gruppo ha preso atto che tali relazioni sono assai complesse ma possono essere ricondotte ad una rete che coinvolge i diversi attori della didattica: i docenti (medici), gli altri professionisti sanitari, gli studenti e i pazienti. Si è allora convenuto di identificare lo studente come l’elemento centrale di questa rete di relazioni, in quanto ne è l’anello debole, da proteggere dalle relazioni negative che si instaurano tra docenti, tra curanti e malati, e tra figure professionali diverse: tutto ciò che ostacola la formazione dello studente è un vulnus etico. Si è quindi passati ad identificare una serie di parole-chiave dell’etica in quattro specifici contesti relazionali:

Relazione docente-studente:

  • Il docente deve mostrare rispetto per la persona dello studente, indipendentemente dalla sua identità di genere, dal suo credo religioso, dal gruppo etnico e sociale di appartenenza, e deve insegnare allo studente il rispetto reciproco tra studenti.
    • Il docente deve aiutare lo studente a valorizzare i propri punti di forza e a minimizzare i propri punti di debolezza, stimolando l’umiltà dello studente ma evitando ogni forma di didattica per umiliazione.
    • Il docente trasmette valori, stili di vita, modalità di relazioni (il saper essere, il professionalism) anche inconsapevolmente: deve divenire cosciente dell’insegnamento per induzione vitale che dà.
    • Alla valutazione dell’apprendimento va affiancata quella dell’insegnamento, da farsi in modo indipendente da parte di studenti e di docenti terzi (peer review).

Relazione (docente-docente)-studente:

  • Un docente non deve mai delegittimare o sconfermare un altro docente agli occhi dello studente.
  • Il rispetto per il collega non deve però andare a scapito del rispetto per lo studente (le criticità non vanno coperte ma affrontate nell’interesse dello studente). I Coordinatori (di Corso Integrato, di Semestre) devono rappresentare in modo autorevole le istanze degli studenti nei confronti dei docenti e trovare le soluzioni attuabili, formalizzando e facendo rispettare le regole del gioco, anche proponendo sanzioni.

Relazione (docente-prefessionista sanitario)-studente:

  • Il docente-medico deve mostrare/insegnare rispetto e spirito di collaborazione con tutti i professionisti della salute.
  • L’insegnamento interprofessionale ha una valenza etica in quanto coinvolge e dà piena dignità ad una serie di figure professionali diverse.

Relazione (docente-paziente)-studente:

  • Il docente deve mostrare/insegnare rispetto per il paziente, per la sua persona, e insegnare allo studente a vedere in lui un partner competente nel processo di cura. Il rispetto per il paziente include la sua privacy (non portare mai il paziente in aula) e la sua integrità come persona: insegnare a rispettare il cadavere, a vedere in lui una persona deceduta, non un oggetto.
  • Il docente deve presentare gli studenti ai pazienti come futuri membri della professione medica, e responsabilizzare i pazienti nella collaborazione al loro processo formativo.
  • Il docente deve insegnare allo studente come stabilire un rapporto professionale corretto con il paziente ed ottenerne la compliance.

Laboratorio No. 4
Etica dell’organizzazione e della programmazione:

Trigger narrativo:

Stamattina mi sono svegliato molto eccitato, è il mio primo giorno di tirocinio nel reparto che forse vorrei frequentare per la tesi.

Siamo in tantissimi, i tirocinanti intendo, ed io sono troppo dietro per vedere come si fa un giro visite come si deve. Non che ci sia chissà cosa da vedere, il dottore a cui faccio riferimento svolge rapidamente il suo compito di lavoro e scompare in un attimo nell’ambulatorio: ”Se mi cercate sono di là”.

Mi chiedo, ma non sarebbe possibile programmare il tirocinio in modo che ci sia un numero decente di studenti per ogni tutor? Non sarebbe possibile fare in modo che il tutor che si impegna ad accompagnare gli studenti in reparto abbia tempo sufficiente per insegnar loro qualcosa? Forse non è possibile. Forse io sono giovane e vedo le cose in modo troppo semplicistico.

Mi cambio e vado a lezione.

Appena mi siedo mi accorgo che l’argomento della lezione è già stato trattato altre volte, da altri docenti, in altri corsi. Qualcuno di noi lo fa notare al docente, ma lui non è il docente del corso, è solo un medico del reparto commissionato dal professore a svolgere la lezione. Non aveva idea che l’argomento fosse già stato fatto, si scusa ma, dice, non sa di cos’altro parlarci, ha con sé solo quella lezione. Molti si alzano, altri restano, aprono altri libri, studiano.

Ancora una volta rifletto. Mi domando: possibile che nessuno sia a conoscenza dei programmi che vengono svolti nei singoli corsi e non possa inoltrarli ai docenti in modo da evitare spiacevoli sovrapposizioni? Possibile che quando un docente stila il programma delle sue lezioni non si interessi delle materie e degli argomenti che lo studente ha già studiato nei corsi precedenti e sta studiando nei corsi contemporanei al suo?

Possibile che non gli interessi quali materie lo studente conosca in modo da integrarsi alle conoscenze già fatte proprie per arricchirle? Possibile che questo non sia ritenuto importante?

Ancora una volta mi rispondo che forse sono troppo giovane, troppo semplicista. Forse c’è una ragione logica per cui quello che a me sembra ovvio in realtà risulta inattuabile.

Lo spero con tutto me stesso perché io all’Universtà ci vado tutti i giorni, pago le tasse, compro i libri e impiego molta della mia giornata a studiare o a seguire lezioni e tirocini. Magari non sono lo studente perfetto, ma merito comunque il massimo impegno nel cercare di fornire a me e ai miei colleghi la didattica e la formazione migliore possibile.

 Vado a casa, sperando che la giornata successiva sia più produttiva.

La sintesi del dibattito

Il laboratorio si è aperto con la presa d’atto che l’imperativo etico deve superare la fase dei buoni consigli e giungere ad un livello prescrittivo: le attività di pianificazione, programmazione e organizzazione vanno rinegoziate di anno in anno e vanno comunicate agli studenti, con un patto formativo esplicito.

Si è poi convenuto che il lavoro dei responsabili didattici (dai Presidenti di CL ai Coordinatori di Corso Integrato) si articola in tre fasi:

Pianificare: il Coordinatore deve informare e motivare, prima, e poi coinvolgere docenti e studenti interessati, perché il coinvolgimento attivo è indispensabile per ottenere risultati.

Programmare: va fatto un contratto d’onore (il patto formativo) tra docente e studente, ma questo deve essere formalizzato. Gli accordi vanno poi rispettati da una parte e dall’altra. Questo processo va rinnovato anno per anno, perché le cose cambiano.

Organizzare: l’organizzazione non può prescindere da condivisione e rispetto del patto formativo e richiede il reperimento di risorse adeguate. L’organizzazione didattica è più semplice per i corsi di base che non per quelli clinici, ma ciò non deve impedire una corretta organizzazione delle attività clinica: la complessità deve essere uno stimolo e non un ostacolo

 Un commento conclusivo

I trigger narrativi elaborati da studenti dei corsi di laurea italiani non lasciano nessuno spazio all’immaginazione, descrivendo situazioni drammaticamente reali e viste da ognuno di noi.

Un ulteriore forte impulso a proseguire in questo percorso si deve trarre da uno studio longitudinale condotto sugli studenti del Jefferson Medical College, in cui si dimostra che il calo significativo di empatia negli studenti si verifica nel terzo anno. Gli autori concludono: It is ironic that the erosion of empathy occurs during a time when the curriculum is shifting toward patient-care activities; this is when empathy is most essential (Hojat et al., 2009).

L’atelier si è concluso con una discussione su quanto riferito dai Gruppi di lavoro e con l’invito, espresso da Pietro Gallo a nome del Gruppo Innovazione Pedagogica, ad approfondire i temi trattati nelle Sedi (in Consiglio di Corso di Laurea, in Commissione Tecnica di Programmazione, in Commissione Medical Education, in un Gruppo nominato ad hoc) in modo che il prossimo Forum possa essere una grande assise condivisa e un momento di elaborazione “alta” da parte della nostra Conferenza.

Non deve essere mai dimenticato che l’obiettivo finale è quello di assicurare la cura efficace della salute del prossimo futuro, con i futuri medici, della cui formazione abbiamo, oggi, la grande responsabilità.

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Cita questo articolo

Familiari G., Consorti F., Valanzano R., Vetore L., Casacchia M., Caruso G., della Rocca C., Gallo P., Per un insegnamento eticamente fondato nei CLM in Medicina e Chirurgia, Medicina e Chirurgia, 54: 2383-2391, 2012. DOI: 10.4425/medchir2012-54-3