La scuola medica dell’Università di Padovan.76, 2017, pp.3437-3440, DOI: 10.4487/medchir2017-76-4

Abstract

Articolo

 

Il periodo d’oro dell’Università di Padova coincide certamente con la dominazione veneziana iniziata nel 1405, che la trasformo nel principale centro culturale della Serenissima, tuttavia le sue radici vanno ricercate nell’ambiente culturale patavino sin dalle origini dello Studio nel 1222. La tradizione di ricerche sul diritto romano, che a Padova risale alla rinascita alto medievale del Comune dopo le distruzioni subite durante le invasioni barbariche, testimonia un legame con il mondo classico che rimase saldo nel tempo e che fu alla base di una cultura preumanistica fiorita già nel 15° secolo, a sua volta prerequisito fondamentale per lo straordinario sviluppo della scienza e della cultura iniziato nel Rinascimento. Tale cultura fu favoriva dalla Signoria della famiglia Carraresi fra 1318 e la conquista veneziana. I Carraresi ospitarono a Padova alcuni dei maggiori letterati e scienziati dell’epoca, come Lovato de’ Lovati (c. 1240-1309), Pietro d’Abano (1257-1316), Albertino Mussato (1261-1329), Dante Alighieri (1265-1321), Jacopo Dondi dell’Orologio (1290-1359), suo figlio Giovanni (c.1330-1388) e Francesco Petrarca (1304-1374).

La figura più importante della scienza medica in questo periodo fu senza dubbio Pietro d’Abano, i cui lavori rappresentano perfettamente l’ambiente culturale patavino. Pietro studio greco a Costantinopoli, fu professore di medicina a Parigi e Bologna e dal 1306 alla morte fu docente di medicina e filosofia naturale a Padova. Nella sua opera piu famosa, il Conciliator differentiarum philosophorum et praecipue medicorum, tento di conciliare le teorie medico-cosmologiche arabe, allora ancora dominanti sulla scena europea, e greche, dimostrando di essere uno dei primi ad aver compreso che la scienza greca dovesse essere riscoperta alla fonte, cioè studiando le opere in lingua originale. In questo trattato sviluppo un approccio medico imperniato sull’astrologia, considerata come una vera e propria scienza naturale basata su di una concezione dell’uomo e dell’intero creato come un armonioso organismo regolato dalle costellazioni. Allo stesso tempo, dedico ampio spazio all’anatomia umana e fu uno dei primi medici occidentali a considerare l’importanza del rapporto medico-paziente e, in particolare, della fiducia del malato nei confronti del medico. Significativamente, fu accusato di eresia per aver messo in dubbio i miracoli dei santi, in quanto pretendeva di spiegarli come fenomeni naturali. In sostanza, fu uno dei maggiori rappresentanti di un nuovo approccio allo studio della natura del tutto emancipato dalla teologia.

Il Quattrocento si apre a Padova con l’inizio della dominazione veneziana (1405). I reggenti della Serenissima compresero sin da subito l’importanza strategica dello Studio. L’Università di Padova diventava, in un certo modo, l’Università della Repubblica di Venezia, centro di istruzione della classe dirigente veneziana e di accoglienza dei rampolli delle famiglie aristocratiche europee. Per quanto riguarda la scuola medica, questo secolo vide una prima fioritura dell’anatomia, in stretta relazione con la riscoperta filologica della scienza greca, che avrebbe costituito il preludio essenziale per la rivoluzione vesaliana del secolo successivo. Alessandro Benedetti (1450-1512) rappresenta l’esempio più significativo in quest’ambito. Nel 1502 pubblico l’Historia corporis humani sive Anatomice che presentava delle caratteristiche del tutto nuove rispetto alla trattatistica anatomica dell’epoca. Qui, Benedetti proponeva un modello di teatro anatomico sul tipo degli anfiteatri romani di Roma e Verona, dove l’anatomista e il cadavere erano posti, insieme, al centro della scena, non più distanti e separati come nelle tipiche lezioni medievali. In secondo luogo, Benedetti tentava di rifondare l’anatomia attraverso un nuovo linguaggio ispirato alla terminologia greca, non più araba. Per far questo, utilizzo ampiamente il De medicina di Celso (c. 25 a.C. – c. 50 d.C.), riscoperto solo qualche decennio prima. Nella bibliografia finale del testo Benedetti proponeva anche una scelta di autori greci (Ippocrate, Platone, Aristotele, Galeno, Rufo di Efeso, Alessandro di Afrodisia) del tutto rivoluzionaria per quell’epoca. Egli infatti possedeva una delle migliori collezioni di manoscritti greci del suo tempo. Infine, nella lettera dedicatoria all’Imperatore Massimiliano I d’Asburgo (1459-1519), enumerando le ragioni per cui l’anatomia potesse essere una scienza degna di un imperatore, Benedetti sosteneva che, innanzitutto, era una disciplina fondamentale sia per la medicina che per la chirurgia e che, non meno importante, era una scienza che rivelava l’opera di Dio, in quanto il corpo umano costituiva un microcosmo che rifletteva l’intero macrocosmo.

Il Cinquecento vide lo Studio di Padova all’apice della sua fama. Andrea Vesalio (1514-1564), dopo aver studiato a Lovanio e Parigi, decise di venire a Padova, da lui definita sede del “Ginnasio più famoso del mondo”, non solo per l’importanza che l’anatomia rivestiva in questa scuola, ma anche per la disponibilità di testi e manoscritti di scienza greca in lingua originale. Fattori, questi, strettamente legati. A partire dalla seconda meta del Quattrocento, Padova e Venezia costituirono uno dei poli più importanti in Europa di stampa e traduzione dei classici della letteratura e scienza greca. Ciò aveva determinato, qui non meno che in tutt’Europa, una rinascita della medicina di Galeno (129 – c. 216) che, a sua volta, aveva comportato una rinnovata attenzione all’anatomia

Nel suo capolavoro, il De humani corporis fabrica, Vesalio si presentava, infatti, come il nuovo Galeno dell’anatomia, tant’e che il trattato ricalcava, in parte, il De anatomicis administrationibus, testo galenico fondamentale sull’anatomia, che era iniziato a circolare in Europa solo al principio del Cinquecento. Un’anatomia che acquisiva un ruolo preponderante non solo in medicina, ma nell’intera economia delle scienze della natura. Si puo sostenere, infatti, che la Fabrica di Vesalio costituì uno sviluppo dell’approccio iniziato con l’Anatomice di Benedetti, sebbene fosse incomparabilmente superiore a quest’ultimo per la qualità delle osservazioni scientifiche fatte sul cadavere umano.

Naturalmente, divenire il nuovo Galeno dell’anatomia significava superare del tutto le concezioni galeniche e Vesalio compi questo passaggio fondamentale nel corso del suo soggiorno patavino.

Le Tabulae anatomicae sex, sua pubblicazione al principio dell’insegnamento di anatomia a Padova, sebbene fossero innovative per il fatto di basarsi quasi esclusivamente sull’illustrazione anatomica, piuttosto che sulla descrizione letterale, riproponevano alcuni degli errori anatomici fondamentali di Galeno. Solo al termine del suo percorso patavino, con la pubblicazione della Fabrica nel 1543, Vesalio poteva dimostrare che l’anatomia galenica, in quanto basata sull’animale e non sull’uomo, era largamente scorretta.

Vesalio fu il capostipite di una generazione di anatomisti che fino ai primi anni del Seicento diede contributi fondamentali alla conoscenza della struttura del corpo umano, aprendo sempre piu la strada allo studio della funzione degli organi e dei tessuti.

Dopo di lui, per un breve periodo tenne la cattedra di anatomia il cremonese Matteo Realdo Colombo (1516-1559). Nel suo De re anatomica (1559) dimostrava e divulgava per la prima volta in occidente la circolazione polmonare, infliggendo un ulteriore colpo alla concezione galenica del corpo umano.

Dopo Colombo, Gabriele Falloppia (1523-1562) diede contributi fondamentali non solo all’anatomia (basti pensare alle tube uterine che prendono ancora oggi il suo nome), ma anche alla botanica e alla pratica clinica. Successore di Falloppia fu Girolamo Fabrici d’Acquapendente (1533-1619), eccellente medico, chirurgo e anatomista, il cui nome e legato alla costruzione del primo teatro anatomico stabile al mondo, inaugurato a Padova nel 1595 (fig. 1). Egli adotto un metodo anatomico, sviluppato in modo esplicito e coerente, che consisteva in tre momenti principali: la “dissezione” o historia dell’organo, la sua “azione” e infine la sua “funzione” o utilità. Tale approccio lo porto a svolgere ricerche pionieristiche non solo di anatomia normale, ma anche di anatomia comparata ed embriologia, discipline di cui può essere considerato fra i fondatori. E doveroso ricordare, infine, Giulio Cesare Casseri (1552-1616), assistente, poi allievo di Fabrici, che svolse importanti ricerche sugli organi di senso e in campo embriologico.

Se il Cinquecento fu il secolo d’oro dell’anatomia, il Seicento, pur continuando a produrre scoperte anatomiche fondamentali, vide straordinarie acquisizioni nel campo della fisiologia. Galileo Galilei (1564-1642) fu docente a Padova a cavallo fra Cinque e Seicento e la sua influenza si estese anche negli studi medici. Santorio Santorio (1561-1636), per esempio, che fu anche amico e collaboratore di Galileo, e universalmente noto per aver introdotto il metodo quantitativo in medicina. Invento diversi strumenti per misurare i parametri fisiologici, come il “pulsilogio” per quantificare la frequenza del “polso”.

Fu il primo, inoltre, a utilizzare il termometro in ambito clinico. Il Seicento, inoltre, fu il secolo che vide la realizzazione di una delle più importanti scoperte di tutti i tempi in ambito medico, quella, cioè, della circolazione del sangue. La teoria circolatoria fu dimostrata per la prima volta da William Harvey (1578-1657) nella sua celebre Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus (1628). Harvey si laureo a Padova nel 1602, allievo di Fabrici d’Acquapendente proprio nel periodo in cui quest’ultimo scopriva l’esistenza delle valvole nelle vene. Scoperta, questa, che, per ammissione esplicita dello stesso Harvey, fu fondamentale per indurlo a pensare alla circolazione sistemica del sangue. Determinante fu anche l’influenza dell’aristotelismo patavino e, in particolare, la suggestione avuta dall’idea aristotelica della perfezione del moto circolare, che Harvey volle individuare anche nel corpo umano. Infine, Harvey dimostro la teoria della circolazione non solo attraverso l’anatomia e la vivisezione animale, ma anche attraverso il calcolo matematico, dimostrando con ciò di seguire l’innovazione iatromatematica introdotta da Santorio sulla scia della rivoluzione metodologica galileiana.

Se il Seicento fu il secolo della fisiologia, il Settecento fu il periodo che vide una fondamentale rivoluzione nel campo della patologia. Tale rivoluzione, sebbene gradualmente preparata nel secolo precedente da una schiera di anatomisti e fisiologi in tutt’Europa, fiori definitivamente grazie al lavoro di Giovanni Battista Morgagni (1682-1771), “principe degli anatomisti europei”, docente a Padova di medicina teorica (1711-1715) e di anatomia dal 1715 alla morte. Raccogliendo storie cliniche e referti autoptici nel corso di tutta la sua attività di medico e docente universitario, pubblico in tarda età il monumentale De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis (1761), basato sistematicamente sul metodo della correlazione anatomo-clinica e considerato come atto di nascita dell’anatomia patologica.

Morgagni dimostro, attraverso la descrizione di 700 casi, che ogni malattia era caratterizzata da una precisa lesione d’organo. I sintomi clinici, dunque, venivano ricondotti al danno organico e spiegati attraverso le perturbazioni funzionali da esso causate. Sebbene la prospettiva umorale, che aveva dominato la medicina occidentale sin dalla scuola ippocratica, in Morgagni non sia del tutto superata, la sua opera spiano la strada per l’imposizione della patologia d’organo che ebbe sviluppi fondamentali, nel corso dell’Ottocento e del Novecento, nella diagnostica e nella terapeutica. Si puo sostenere che la medicina scientifica occidentale sia tutt’ora pienamente basata sull’approccio anatomo-clinico.

Giovanni Battista Morgagni può essere considerato l’ultimo rappresentante del periodo d’oro della scuola medica patavina. Tuttavia, la sua figura, e quella dei suoi eminenti predecessori, e rimasta viva anche nei secoli successivi, fornendo un esempio e un modello al quale si sono ispirati molti altri grandi medici patavini Otto e Novecenteschi. Dopo un periodo di appannamento in seguito alla caduta della Repubblica di Venezia, infatti, la scuola medica di Padova torno a costituire un punto di riferimento in Italia e all’estero. Lo testimoniano, per esempio, il primo trapianto cardiaco eseguito in Italia nel 1984 da Vicenzo Gallucci (1935-1991) e le tante eccellenze che fanno ancora di questa scuola un luogo di alta produzione scientifica, incontro e dibattito internazionale.

Figura 1: Il primo teatro anatomico stabile al mondo, inaugurato a Padova nel 1595 e tuttora preservato presso il Palazzo del Bo, storica sede centrale dello Studio patavino.

Bibliografia

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Zampieri F., La scuola medica dell’Università di Padova, Medicina e Chirurgia, 76: 3437-3440, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-76-4