Ippocrate e la Scuola di Kosn.72, 2016, pp. 3295-3298, DOI: 10.4487/medchir2016-72-5

Abstract

Was Hippocrates the founder of the medical school having his name? Was he its principal exponent and interpreter? We cannot answer ‘yes’ or ‘no’ to these questions. The article briefly analyzes the paths throw which history constructed the image of the Hippocratic School. The School of Kos, more than being a precise reality, seems to be a cultural construction, fixed as a sort of revealed truth during the XIXth century.

Parole chiave: Ippocrate – Scuola di Kos – Scuola di Cnido

Keywords: Hippocrates – School of Kos – Cnidian School

Articolo

Beneficiò Ippocrate dell’insegnamento della Scuola di Kos? Ne fu il fondatore? Ne fu il caposcuola? Come vedremo, dobbiamo rassegnarci a non rispondere né sì né no. In effetti, Ippocrate nacque a Kos, come suo padre che gli insegnò la medicina e come suo nonno, che si chiamava già Ippocrate ed era anch’egli medico. Non vi erano allora in questa isola del Dodecanneso né scuole di insegnamento, né naturalmente diplomi, né tempio di Asclepio e nemmeno platani sotto la cui ombra raccogliere gli allievi (Fig. 1).

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Il tirocinio dei giovani si faceva in famiglia, al letto del malato – ed il termine “clinico” ne fa ancor oggi fede -, ma probabilmente anche presso la casa del medico, dopo le visite, sempre sotto la guida del padre e sempre oralmente. Tale trasmissione da padre a figlio si verifica nel caso del “padre della medicina”, che formò due figli medici, Tessalo (che avrebbe officiato in Sicilia ed in Macedonia) e Dracone; entrambi ebbero un figlio cui diedero il nome del loro nonno.  Ma la famiglia si allargò, nel senso che il maestro diede fiducia a suo genero, Polibo, e gli affidò le proprie responsabilità mediche quando partì per la Tessaglia (Fig. 2). In altre parole, due categorie di medici si distinguono allora a Kos: quelli che come il grande Ippocrate pretendono di discendere realmente da Asclepio per il tramite di suo figlio Podalirio e quelli che si avvicinano al maestro e si aggregano ai suoi seguaci, come ad esempio Siennesi di Cipro; si può poi immaginarne probabilmente una terza, quella di coloro che non hanno nulla a che vedere con Ippocrate.

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I primi, in quanto ritenuti di origine divina, beneficiano di privilegi religiosi a Delfi, informazione di cui disponiamo grazie alla pubblicazione relativamente recente (1956) di  un decreto datante ai primi anni del IV secolo a.C., scoperto nel fatale 1939, che regolava  la condotta della loro associazione o koinon nel santuario di Delfi; essi sono degli “Asclepiadi”, discendenti “biologici” di Asclepio (pur se tutti gli Asclepiadi biologici non sono necessariamente dei medici), e questo aggettivo glorioso non tarderà ad essere sviato dal suo senso reale, de facto a causa di una certa confusione innocente, oppure volontariamente per una autoglorificazione più o meno pubblicitaria : dei medici di altra ascendenza definiranno se stessi “Asclepiadi” come rendenti omaggio al dio Asclepio mediante l‘esercizio della loro arte. Ma i veri Asclepiadi non sono tutti di Kos: ve ne sono anche altri a Cnido, sul continente asiatico, che sono citati nel decreto, e nel caso di questi luoghi di sapere si è autorizzati a pensare che una nobile rivalità sia stata esacerbata dal fatto della loro prossimità geografica, di circa una trentina di chilometri. Ve ne furono anche a Rodi, dove la famiglia si è estinta. La rivalità non implicava necessariamente il voler la morte del vicino oppure l’anatema, come è provato da questo koinon. Secondo anche la testimonianza di Galeno (De methodo medendi) “…i due gruppi di Asclepiadi in Asia, a anche i medici che abitavano in Italia (Filistione, Empedocle, Pausania ed i loro discepoli) partecipavano a (una) competizione salutare. Vi era una rivalità tra tre scuole mediche famose, i medici della scuola di Kos contavano tra loro il più alto numero di colleghi eccezionali, seguiti da quelli di Cnido ed infine dagli Italiani”, già segnalati da Erodoto in particolare a Crotone.

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La “desertificazione” medica suggerita dalla scomparsa dei Rodiani e dal declino di quelli di Cirene, colonia greca in Libia la cui gloria è egualmente attestata da Erodoto, aggiungendosi ad un aggravamento della situazione sanitaria dovuta probabilmente alla prima invasione della malaria, ebbe numerosi effetti cruciali nella storia della medicina occidentale: il culto di Asclepio conobbe uno sviluppo folgorante (Fig.3). Ippocrate viaggiò (era un medico periodeuta) per rendersi conto della situazione al di fuori del suo ambito insulare: si recò, come s’è detto, nel nord della Grecia, nell’isola di Taso, l’isola rotonda a qualche chilometro dalla Tracia (Fig.4), peregrinazioni queste che ci valsero quel tesoro che sono i sette libri delle Epidemie, una delle opere più celebri della letteratura medica mondiale. In effetti, da allora si presentò la necessità di scrivere dei libri di medicina, più tardi riuniti in seno a quello che avrebbe preso il nome di Corpus hippocraticum, perché bisognava allargare il vivaio dei futuri medici al di fuori della famiglia, in circuiti sempre maggiori, non essendo più possibile che ciascuno di questi allievi venisse totalmente preso per mano. Galeno, nel De anatomicis administrationibus, spiega che “col passare del tempo parve opportuno trasmettere l’arte non soltanto agli appartenenti alla famiglia, ma anche al di fuori di essa. Così dunque l’arte medica uscì dalla famiglia degli Asclepiadi”. Sono questi apprendisti, tanto per cambiare esterni, che debbono vincolarsi, verso la loro arte e verso il loro maestro, a non rivelare l’insegnamento dispensato, onde preservare la dimensione aristocratica del cerchio degli Asclepiadi, mediante quello che noi chiamiamo il Giuramento di Ippocrate, che l’intera tradizione attribuisce effettivamente ad Ippocrate e che è di fatto allo stesso tempo un contratto ed un giuramento; la nostra tradizione moderna si è focalizzata molto meno sugli aspetti contrattuali, maggiormente ancorati ad una quotidianità concreta che non c’è più, che agli aspetti deontologici e morali, i quali possono essere generalizzati e continuano a risuonare nelle coscienze.

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Un eccezionale papiro greco d’ Egitto conosciuto sotto il nome di Anonimo di Londra, città dov’ è oggi conservato, scritto nel primo secolo della nostra era, compila delle liste nelle quali è sottolineata l’origine dei medici nella Grecia delle piccole città. Per Ippocrate, niente, come se la cosa fosse ovvia; ma tra i suoi contemporanei: la Grecia propriamente detta, Egimio d’Elide e Petronio di Egina; Kos, Polibo già citato, Dessippo; Cnido, Euryphon ed il suo discepolo Alcamene d’Abydos, Erodico; l’Italia, Filistione di Locri, Filolao di Crotone, più filosofo che medico, Ippone di Crotone, Timoteo di  Metaponto.

Ma guai a questi nuovi venuti, che potevano divenire pericolosi; Galeno stesso, secondo una leggenda medievale, doveva essere un giorno assassinato da Ippocrate nel suo giardino dei semplici perché ne sapeva più di lui, almeno in botanica medicinale! (Fig. 5). Galeno ne sapeva ovviamente di più in parecchi campi; mi piace in particolare segnalare certe lussazioni della spalla non viste da Ippocrate, come egli dice nel suo De humero iis modis prolapso quos Hippocrates non vidit, di fatto un estratto del suo Hippocrates de articulis liber et Galeni in eum commentarii quatuor, I 3 (K XVIII A 307), problema che potrebbe essere stato ben inquadrato prima di lui a Cirene.

Ma dobbiamo noi allora affermare che la scuola di Kos non è una realtà? Che la scuola di Kos è un mito? In effetti essa non è né un mito né una realtà, ma in gran parte una costruzione storica che si spiega da un lato con il fondamento ideologico che è il triangolo ippocratico formato dal malato, dal suo medico e dalla malattia, senza considerare gli dei (la cui esistenza non è negata, al contrario). E che si spiega d’altro lato anche con ciò che accadde nel tempo, in diverse tappe, alla medicina occidentale, antica e moderna.

Soffermiamoci sulla tappa alessandrina: ad Alessandria, a partire dal terzo secolo, si apre un “museo”, si lancia il concetto di corsi di studi stabilendo in quale ordine debbano venire letti gli scritti ippocratici; la creazione di una biblioteca richiede il raggruppamento dei manoscritti esistenti tanto di medicina che degli altri ambiti del sapere, e così si verrà ad accentuare la preminenza di Ippocrate e di Kos. I medici vi si riuniscono e discutono, e lo stesso Galeno vi trascorrerà anni di studio. Una nuova forma di condivisione medica prende corpo, senza tuttavia escludere segretezze e gelosie. Dopo la città di Alessandria altre imboccheranno anch’esse questa strada: Efeso si doterà ad esempio di un museo ove i medici si potessero riunire in corporazione, con una certa gerarchia professionale e dei concorsi i cui vincitori vedevano affluire la clientela, sempre in un quadro di organizzazione senza diploma; essa assocerà Asclepio ed i medici organizzando grandi Asclepieia.

Dai tempi di Galeno altri due fenomeni contribuiscono a rafforzare la nozione di scuola medica: è l’epoca delle “sette”, gruppi di medici che sceglievano un maestro, aderivano ad un corpo di dottrine e si vantavano di questa appartenenza; Galeno combatte particolarmente la setta metodica, che disprezza e tenta di ridicolizzare. Ed il maestro di Pergamo concepisce ed attua il concetto di progresso educativo, scrivendo trattati per i principianti, come appunto De sectis ad eos qui introducuntur, e ad tirones De musculorum dissectione, De ossibus, De pulsibus.

Ma, tralasciando parecchie tappe, soffermiamoci sul XIX secolo, che fissa la scuola di Kos come una sorta di verità sacrosanta. Scegliamo tre responsabili: Salvatore de Renzi, studioso napoletano, con i suoi lavori sulla scuola di Salerno; Charles Daremberg, che si è occupato di Galeno; Emile Littré, studioso di Parigi che ha lavorato su Ippocrate. Nato nel 1801, intraprende anch’egli gli studi di medicina, ma non prosegue fino alla fine del corso, rifiuta di fare una tesi e si identifica in qualche sorta con Ippocrate: un Ippocrate rivisitato, illuminato da ciò che accade nelle scuole del suo tempo ed in particolare a Montpellier, città dove si insegnava la medicina ippocratica e dove il patriota greco in esilio Adamantios Korais (nato a Smirne e non nella Grecia propriamente detta) ha fatto i suoi studi tardivi, pubblicando nel 1800 a Parigi, da perfetto francofono e da fedele lettore di Montesquieu, il De aere, aquis et locis di Ippocrate, che conoscerà un grandissimo successo, ben oltre il mondo dei filologi e delle accademie (Fig. 6).

Schermata 2017-01-31 alle 16.26.16Littré dà del Giuramento una interpretazione idealizzata, non prestando forse sufficiente attenzione alla differenza tra il giuramento (orale) ed il contratto (scritto), ma dando del termine la traduzione di “impegno”, interpretazione moralizzante che pesa ancor oggi sui nostri medici.

La scuola di Kos, più che una realtà precisa, è dunque una costruzione dello spirito allo stesso tempo progressiva e retrospettiva, grazie a riesami successivi condotti secondo il metro della situazione contemporanea dell’insegnamento medico, basata essa stessa sulla storia generale e sulla storia politica.

 

Bibliografia

1) Fioranelli, P. Zullino, Io, Ippocrate di Kos, Laterza, Roma-Bari, 2008 (presentazione di Giorgio Cosmacini)

2) D. Gourevitch, «Daremberg, his friend Littré and positivist medical history», in Frank Huisman e John Harley Warner ed. Locating Medical History: The Stories and Their Meanings, Baltimore – London, the Johns Hopkins Press, 2004, chapter three, p. 53-73

3) Yves Grandjean, François Salviat, Guide de Thasos, EFA, Athènes, 2000

4) Jacques Jouanna, Hippocrate. Pour une archéologie de l’école de Cnide, Les Belles Lettres, Paris, 20042

5) Jacques Jouanna, Hippocrate, Fayard, Paris, 19952 Ippocrate, trad. it. della prima ed., Torino, SEI, 1994

6) Jacques Jouanna, “Place et rôle de Coray dans l’édition du traité hippocratique des Airs, Eaux, Lieux”, in D. Gourevitch (éd.), Médecins érudits de Coray à Sigerist, De Boccard, Paris, 1995, 7-24.

Cita questo articolo

Gourevitch D., Ippocrate e la Scuola di Kos, Medicina e Chirurgia, 72: 3295-3298, 2016. DOI:  10.4487/medchir2016-72-5

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