Il consenso informato e i soggetti fragilin.56, 2012, pp.2485-2486, DOI: 10.4487/medchir2012-56-4

Abstract

The informed consent comes normally from a major person, who has the control on his life and the capacity to decide for his own. But there are many cases in which the patient has not the age asked by law to give the authorization to the medical treatment, although he understands the situation and could decide for himself. In this sense too we speak about a weak person.

Articolo

Ai fini della piena comprensione del significato e della portata dell’istituto del consenso informato è essenziale calarsi in una nuova e diversa prospettiva  rispetto ad affermazioni da tempo oramai consolidate e mai più poste in discussione sia in dottrina che in giurisprudenza. Si allude, in particolare, alla pretesa unitarietà concettuale del fenomeno del consenso informato, vale a dire della sostanziale sovrapposizione tra il momento informativo e quello propriamente volitivo.

Alla base di questa costruzione vi è un ragionamento indubbiamente corretto, almeno in partenza. In particolare, com’è noto, l’affermazione del diritto del paziente al consenso informato trova origine e fondamento costituzionale, nella misura in cui, richiamando gli art. 2, 13 e 32 Cost., si pone l’accento sulla concezione personalista espressa dalla nostra Carta Costituzionale. Non vi sarebbe alcun rispetto della dignità umana, intesa come diritto fondamentale, nonché della stessa libertà personale e del diritto alla salute, qualora fosse possibile praticare un trattamento medico chirurgico indipendentemente dalla volontà del paziente.

Questa è la ragione per la quale l’art. 32 Cost. afferma il principio della volontarietà dei trattamenti sanitari e stabilisce il vincolo della riserva di legge per quelli di natura obbligatoria che siano necessari per tutelare anche la salute collettiva.

A queste considerazioni certamente condivisibili, tuttavia, se ne è aggiunta un’altra che in questa sede si intende porre in discussione. Si è detto, in sostanza, che un vero consenso, per essere tale, dovrebbe essere anche consapevole e, poiché è assai difficile esser consapevoli senza essere informati, ne deriva che non vi può essere altro consenso che quello informato.

L’assunto contiene una parte di verità nel momento in cui lega il consenso all’informazione, considerando i due aspetti come due facce della stessa medaglia ed evidenziando il rapporto di strumentalità dell’informazione rispetto al consenso. Ciò che questa concezione unitaria rischia però di far passare è un’impropria sovrapposizione tra l’informazione ed il consenso la quale porta a sua volta a svalutare l’autonomia dei due concetti ed a considerare la prima come un mero accessorio del secondo.

Si tratta di un risultato erroneo che nella realtà dei fatti determina uno svilimento del momento informativo che viene ad essere totalmente appiattito sul consenso.

L’attività informativa del medico va posta su un piano autonomo rispetto al consenso e ne va pertanto rinvenuto un altrettanto autonomo fondamento giuridico. Non trovandosene menzione nella Costituzione, che parla invece del consenso, la fonte dell’obbligo di informare il paziente non può che esser ravvisata nello stesso rapporto che lo lega al medico o alla struttura sanitaria. Restando al rapporto con la struttura sanitaria, in definitiva, l’obbligo di informazione trova fondamento proprio nel contratto di assistenza sanitaria.

Il consenso informato deve essere così scomposto in due distinte ed autonome attività con fondamento giuridico diverso: uno di ordine costituzionale, l’altro di natura contrattuale.

Questa precisazione risulterà estremamente utile per comprendere il modo in cui opera il consenso informato con riguardo ai soggetti fragili dei quali in questa sede si intende occuparsi.

La caratteristica del soggetto fragile, almeno in via di prima approssimazione, è quella di essere maggiore di età, e pertanto presuntivamente capace di intendere e di volere, ma al tempo stesso in possesso di una capacità che risulta fortemente menomata a causa dell’età e del decadimento cognitivo. Un soggetto, in sostanza, che, benché presuntivamente capace, in realtà non lo è. A questo punto è necessario in qualche modo collegare questa realtà con la dimensione contrattuale nella quale si inquadra la relazione terapeutica.

E’ noto, in proposito, che la giurisprudenza oramai costante intende il rapporto tra paziente e struttura sanitaria come un rapporto di natura contrattuale, e la contrattualità vale sempre e comunque, senza che abbia rilievo che il paziente sia un minore o altrimenti incapace, salvo poi verificare, caso per caso, chi debba essere il destinatario dell’attività informativa e chi debba esprimere il consenso.

E’ evidente che si pone un problema che ha a che fare con la rappresentanza degli incapaci e con i limiti di tale potere, con la comprensione di quali sono le attività nelle quali vi può essere la sostituzione del rappresentante al rappresentato e quali, invece, le situazioni così personali che non ammettono tale opzione.

Torna utile, a questo proposito, proprio la distinzione posta in apertura di questo contributo con riguardo al diverso fondamento giuridico dell’informazione e del consenso. Si consideri, infatti, che la necessità di ottenere il consenso del paziente, avendo una forte derivazione costituzionale, è presente in ogni caso, sia che si tratti di persona capace sia che si tratti di persona incapace di intendere o di volere. Al contrario, l’informazione, avendo un fondamento giuridico di natura contrattuale, segue necessariamente le regole del contratto. Con riferimento al contratto di assistenza sanitaria trova quindi applicazione la regola posta dall’art. 2 c.c. che fissa nel compimento del diciottesimo anno di età il momento di acquisizione della capacità generale di agire.

Questi principi in apparenza così lineari creano non poche tensioni e incongruenze con riguardo alla categoria dei soggetti c.d. fragili. Per definire più compiutamente tale categoria, alla quale già si è in precedenza accennato, occorre rilevare che la realtà si mostra molto più complessa delle previsioni astratte. Non esistono solo i soggetti maggiorenni e pienamente capaci, così come non esistono, dall’altro lato dell’alternativa, solo quelli che, minorenni o maggiorenni, siano privi della capacità di intendere e di volere  e necessitino del ricorso agli strumenti della rappresentanza. Tra queste due categorie, infatti, se ne distingue una terza che potremmo definire intermedia.

Esistono persone, infatti, che sono sì minorenni ma al tempo stesso sono in possesso di una buona capacità di discernimento, e così risultano in grado di comprendere la portata ed il significato delle proprie azioni, e, ancora, persone che, sebbene maggiorenni, soffrono per motivi di età o per situazioni emozionali di natura anche solo transitoria una riduzione della capacità naturale.

Costoro sono i c.d. soggetti fragili e si tratta di una categoria di non scarsa importanza soprattutto considerando la consistenza numerica dei pazienti in essa inquadrabili.

Se si ha riguardo a questo gruppo di soggetti è evidente che i principi generali entrano giocoforza in rotta di collisione. Accanto al momento costituzionale, che opera sempre e comunque, si pone infatti la disciplina contrattuale che, invece, non può non tener conto della capacità del soggetto. Tutto questo crea una situazione ben difficile da gestire, foriera peraltro di una conseguenza a dir poco paradossale: applicando in questi casi i principi generali e contemperando questi ultimi, per ovvie ragioni di realismo, con considerazioni che in qualche misura ad essi derogano, si finisce col creare un regime giuridico solo in apparenza certo, dal momento che le eccezioni diventano numericamente superiori alle regole nella pratica applicazione.

Ecco, allora, che potrebbe essere davvero utile chiedersi se in un contratto fantasma, al quale il legislatore non ha ancora deciso di metter mano, lasciando il difficile compito della pur necessaria regolamentazione ad interpreti e giudici, valga davvero la pena di continuare ad applicare la regola generale in materia di capacità di agire oppure, come accade per altri contratti ed istituti, prevedere una regola diversa. Questa regola, a nostro modo di vedere, dovrebbe rendere sufficiente un età diversa e inferiore rispetto a quella ordinaria per quanto riguarda la conclusione del contratto e l’esercizio dei diritti da questo derivanti e che, in ogni caso, faccia riferimento alla sola sua capacità di intendere e di volere, trattandosi di un contratto che coinvolge chiaramente i diritti fondamentali della persona.

In conclusione, la regola della capacità di intendere e di volere, rapportata al coinvolgimento di valori personalistici di portata costituzionale, pare più che corretta, coordinandosi, peraltro, con gli istituti della rappresentanza legale con riferimento a tutti i soggetti privi della capacità naturale.

Cita questo articolo Callipari N., Il consenso informato e i soggetti fragili, Medicina e Chirurgia, 56: 2485-2486, 2012. DOI:  10.4487/medchir2012-56-4

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