L’integrazione del territorio nel sistema delle cure Parte 2a – Proposta di un curriculum “verticale”n.59, 2013, pp.2642-2649, DOI: 10.4487/medchir2013-59-5

Abstract

The present article reports the conclusions of a forum organized by the Medical Education Working Group of the Conference of Directors of Undergraduate Curricula in Medicine, on the topic of University and National Health Service integration in the educational process of undergraduate students.
Participants have been divided into four parallel workshops respectively dealing with; i) physician-patient-family interaction (early and advanced clinical contact); ii) the professional approach to the patient and its methodological implications; iii) Hospital-Health Services interaction in curing and caring; iv) management of healthcare resources in Hospital-Health Services interaction.
The final debriefing and discussion have allowed some conclusions to be drawn: i) integration of the hospital and health system should cover all the community settings and all the professionals involved; ii) such an integration should be pursued in all the different steps of medical curriculum, with progressively different learning objectives, methods of teaching, and ‘actors’ to be involved; iii) the aim of community-based medical education is to make students able not only to cure but also to take care of patients, framed in their family and community context; iv) communication in every setting between physicians and health professionals, and between these and the patient, and his/her family, to warrant the continuity of cures, should be taught;  v) attention should be paid to the ethic relevance not only of caring but also of making economically congruous choices in terms of diagnosis, therapy, and prevention; vi) importance of prevention, for the sake of single patients and community health promotion, should always been underlined. 

Articolo

Premessa

In un recente articolo su Medicina e Chirurgia1 si è riferito sui contenuti dell’atelier pedagogico che il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica ha organizzato per la Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina a Firenze, il 5 Ottobre 2012. In questo atelier, i Presidenti dei CLM in Medicina si interrogarono su tre domande: perché realizzare l’integrazione del territorio nel sistema delle cure? E come realizzarla? E, infine, quando, in quale fase del curriculum degli studi, realizzarla?

In estrema sintesi, l’atelier offrì le seguenti risposte: l’integrazione nosocomio-territorio è necessaria perché il territorio è un setting privilegiato per l’apprendimento di svariate competenze professionali, e perché il patto formativo impone di far precedere il tirocinio valutativo presso i medici di medicina generale (previsto per l’esame di stato) da un tirocinio formativo pre-laurea; il come di questa integrazione didattica consiste nel passaggio da una mera multi-disciplinarità all’inter-disciplinarità, puntando verso la trans-disciplinarità, che sostituisca un insegnamento per settori scientifico-disciplinari con un apprendimento per competenze; la riflessione sul quando di questa integrazione ha portato ad una proposta di curriculum ad integrazione longitudinale nel quale le attività professionalizzanti legate al territorio siano distribuite nei sei anni di corso, secondo il principio della spirale di Harden2.

Dopo l’atelier, il Gruppo di Lavoro Innovazione Pedagogica ha deciso di organizzare un forum sul medesimo tema. Le modalità di lavoro del forum, infatti, differiscono da quelle dell’atelier perché l’innesco alla discussione nei Laboratori non viene da esperti di Pedagogia Medica ma direttamente dei Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgia del nostro Paese. Lo scopo del forum, che si è tenuto a Palermo il 22 Marzo 2013, era quindi di rivedere la proposta di integrazione longitudinale del curriculum, emersa a Firenze, partendo dalle esperienze concrete di didattica sul territorio maturate nel nostro Paese, e giungendo ad una formulazione condivisa che partisse da queste.

Il forum si è articolato in quattro laboratori, gestiti da altrettanti Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgia, coadiuvati da un facilitatore.

Laboratorio No. 1

Tema: L’interazione medico-paziente-famiglia in fase precoce (early clinical contact) e avanzata

Presidente-esperto: Giuseppe Familiari (Roma Sapienza, Polo S. Andrea)

Facilitatore: Fabrizio Consorti (Roma Sapienza, CL “C”)

L’esperienza “early patient contact” nell’Università di Roma Sapienza

I lavori del gruppo hanno avuto inizio con la presentazione dell’esperienza di “early patient contact” nel territorio svolta dall’Università di Roma Sapienza. Tale esperienza si è fondata su alcuni punti essenziali di seguito riportati:

Il contesto formativo generale e la dorsale metodologica come integrazione verticale

A partire dall’anno accademico 1999-2000, le attività di “early patient contact” hanno origine come attività obbligatorie per tutti gli studenti iscritti, nell’ambito di un progetto didattico attivato in quell’anno, inserito in una visione del “processo educativo come sperimentazione,” con un profilo, dichiarato esplicitamente, di tipo biomedico-psico-sociale3, 4, 5, 6.

La vera e propria dorsale metodologica dell’organizzazione didattica è stata il corso integrato di metodologia medico scientifica e scienze umane. Tale corso accompagna lo studente lungo l’intero percorso formativo (I-VI anno)3, 4, 5, 6.

Il programma di early patient contact tra basi teoriche e contatto reale con il paziente

Dall’anno accademico 1999-2000, nel corso integrato di Metodologia del primo anno di corso, è previsto un corso dedicato al rapporto tra medico, paziente, e infermiere, al concetto di malattia, alla comunicazione interpersonale, ed alla multiprofessionalità. In questo ambito gli studenti acquisiscono le basi teoriche riguardanti argomenti di storia della medicina e bioetica, di psicologia generale, di antropologia culturale, semeiotica e metodologia medica e chirurgica, epistemologia e pedagogia speciale. Essi svolgono, nello stesso semestre, un tirocinio pratico, guidato da un docente tutor, dedicato all’anamnesi psico-sociale. Tali incontri avvengono al letto del paziente, nell’ambito dei Reparti Universitari3, 4, 5, 6.

Nel secondo anno di Corso, sempre nell’ambito del corso integrato di Metodologia, è previsto un corso dedicato alla epistemologia, alla logica, all’etica, alla metodologia della comunicazione scientifica, all’economia sanitaria, alle relazioni ambiente-malattia, con una introduzione alla medicina basata sulle evidenze, all’anamnesi ed all’esame obiettivo. All’interno di questo corso, gli studenti svolgono un tirocinio pratico in cui apprendono le manovre rianimatorie di Basic Life Support. Il tirocinio si svolge con l’aiuto di docenti tutor, ed al suo termine lo studente deve conoscere le motivazioni dell’intervento precoce sul paziente in emergenza cardio-respiratoria e deve saper effettuare le manovre previste dai protocolli internazionali sul manichino antropomorfo3, 4, 5, 6.

Le attività nel territorio con i Medici di Medicina Generale, L’Early Clinical Contact in Medicina Generale

La prima sperimentazione in ambito territoriale ha inizio con l’anno accademico 2002-2003, in collaborazione con i Medici di Medicina Generale (MMG), come attività teoriche e professionalizzanti, per 2 CFU, integrate nei Corsi di Igiene, Sanità Pubblica, Medicina di Comunità e del Territorio, Medicina del Lavoro, nel IV, V e VI anno di corso.
La finalità didattica dell’insegnamento tutoriale pre-laurea della Medicina Generale (MG) è stata quella di far conoscere agli studenti i fondamenti della MG, consentire loro un apprendimento interattivo delle metodologie e delle problematiche connesse alla assistenza medica primaria, mettere in pratica alcune attività proprie della MG stessa.
È nell’anno accademico 2008-2009 che l’esperienza di early clinical contact nel setting universitario si amplia con attività nel territorio che sono sempre organizzate con la piena collaborazione dei MMG. L’internato elettivo precoce in MG è così previsto anche nei primi tre anni di corso ed inizia come attività a scelta dello studente7.

Discussione e competenze attualmente sviluppate dal gruppo di lavoro

Il gruppo ha soprattutto analizzato le esperienze legate al contatto con vari ambienti clinici nei primi due anni e come queste fossero eventualmente riprese negli anni clinici.

In accordo alla griglia proposta, vengono qui di seguito elencate le competenze attualmente sviluppate attraverso il contatto clinico precoce nei CLM che hanno partecipato al Laboratorio, insieme alle modalità di apprendimento e ai contesti ed attori coinvolti nelle diverse esperienze concrete. Quando era prevista una ripresa negli anni successivi, questo viene esplicitamente dettagliato.

– Comunicazione medico-paziente-infermiere: questa competenza risulta centrale in molte delle esperienze condivise. Modalità e ambito privilegiati sono la frequenza dei reparti ospedalieri per piccoli gruppi (1° e 2° anno) assegnati ad un tutor medico (Vivere il reparto). In qualche caso l’assegnazione è viceversa fatta ad un tutor infermiere, in rapporto vario fra 1:1 e 1:3. In tutti i casi è previsto un debriefing di riflessione sull’esperienza vissuta, riflessione che in uno dei casi condivisi confluisce in un portfolio di scritti riflessivi, la cui tenuta si estende per tutti e sei gli anni e costituisce oggetto di esame al 6° anno. Questa competenza viene anche sviluppata con la frequenza degli ambulatori di medicina generale, che in qualche caso è anche orientata all’apprendimento dell’anamnesi psico-sociale come stanza particolare di colloquio col paziente. In alcune realtà la frequenza degli studi di medicina generale viene replicata anche al 3° e (per un periodo prolungato di 2-3 settimane) al 5° anno, quando però l’interesse formativo è ormai orientato all’approccio clinico tipico delle cure primarie. In tutti i casi considerati è stato anche evidenziato il valore di role modelling conseguente all’esposizione precoce all’esempio di professionisti al lavoro.

Etica di fine vita e riflessione sui contenuti emotivi correlati: lo sviluppo di queste competenze è introdotto da un breve corso d’aula, propedeutico ad una esperienza di 2° anno in un hospice. Viene garantita una tutorship.

Acquisizione di comportamenti coerenti alle norme di sicurezza: l’acquisizione della competenza viene avviata da un corso d’aula sulla prevenzione dei rischi professionali e completata dalla frequenza dei mezzi di Pronto Soccorso della CRI provinciale, con cui è stata stipulata una convenzione ad hoc. L’esperienza ha anche valore in termini di role modelling, come già detto sopra.

Skill manuali di base: prelievo venoso e BLS. Si tratta di due esperienze diverse, in cui a studenti del 2° anno vengono proposti un corso BLS in skill lab e una serie di esercitazioni su manichino di prelievo, seguiti dalla frequenza di un centro prelievi. Quest’ultima esperienza ha valore anche in termini di approccio al paziente.

Laboratorio No. 2

Tema: L’approccio professionale al paziente e le sue implicazioni metodologiche

Presidente-esperto: Rosa Valanzano (Firenze)

Facilitatore: Agostino Palmeri (Catania)

Le modalità attuative in materia di medicina territoriale sono strettamente legate alle realtà locali, con particolare riferimento agli accordi politico-istituzionali esistenti. In alcune Regioni la  Medicina Generale (MG) viene riconosciuta come indispensabile nella formazione di base degli studenti in Medicina, nonché nella formazione permanente dei medici, quale elemento di primaria importanza per la salute dei cittadini. In molte sedi Universitarie sono stati stipulati accordi specifici tra Regione ed Università, che formalizzano la collaborazione tra Università/CCL e Regioni.  con l’esplicita attribuzione di funzioni di docenza ad alcuni medici, coinvolti in didattica frontale e  nel tutoraggio del tirocinio clinico presso i medici di Medicina Generale.

L’importanza dell’insegnamento della MG è del resto evidente se si pensa che più del 40% dei laureati in Medicina andrà ad operare sul territorio,  come medico di famiglia  o nelle strutture territoriali delle aziende sanitarie.

Obiettivi formativi

È auspicabile che i Corsi di Laurea prevedano un curriculum che includa l’acquisizione di competenze quali:

– la conoscenza dell’incidenza delle malattie nell’ambiente in cui si opera, e dei bisogni di salute della popolazione;

– la conoscenza dei principi e delle modalità delle cure primarie offerte alla persona e alla comunità;

– l’apprendimento delle modalità con cui il medico di medicina generale affronta e risolve i principali problemi sanitari dal punto di vista preventivo, diagnostico, prognostico, terapeutico e riabilitativo;

– la consapevolezza dell’importanza rivestita dalla famiglia nelle decisioni diagnostiche, etiche, terapeutiche e riabilitative finalizzate al miglioramento della compliance della persona malata e dell’efficacia dell’intervento del medico;

– la consapevolezza dell’importanza del colloquio tra medico, paziente e familiari, finalizzata alla costruzione di una relazione empatica e di un rapporto di fiducia;

– la capacità di applicare il saper essere e il saper fare nel contesto degli studi medici o delle visite domiciliari, con l’opportunità di osservare la persona sana o malata in relazione all’ambiente che lo circonda;

– la capacità di negoziare e contrattare con il paziente le possibili soluzioni ai problemi presenti;

– la capacità di modulare la modalità di approccio al paziente, acuto e cronico, in assistenza domiciliare e con continue necessità terapeutiche e/o riabilitative, fino al termine della vita;

– la capacità di collaborare e integrarsi con le altre figure professionali presenti sul territorio.

Metodologie didattiche

L’apprendimento si può avvenire in un reparto ospedaliero, nello studio del medico di medicina generale, nelle strutture territoriali, o al domicilio del paziente, con la presenza di un tutore che:

– segue lo studente durante le attività formative previste, inclusa l’attività pratica;

– usa metodiche adeguate ed efficaci all’apprendimento degli obbiettivi formativi previsti;

– imposta una relazione educativa che attiva i processi di apprendimento, coinvolgendo non solo la sfera cognitiva ma anche quella emotiva ed affettiva;

– insegna allo studente come comportarsi nei differenti contesti al fine di renderlo  autonomo e indipendente;

– valuta e certifica il raggiungimento di tali obbiettivi.

Il tutore può agire in vesti differenti:

coacher: stimola i collaboratori a sviluppare competenze e raggiungere gli obiettivi di sviluppo professionale;

mentor: esperto e professionalmente maturo che segue il giovane professionista inserito in una organizzazione, favorendo lo sviluppo professionale e aiutandolo nei momenti critici del percorso di maturazione professionale;

supervisore: esperto che non ha una responsabilità formativa diretta ma presta aiuto in una fase specifica, con attività di consulenza.

Le tecniche tutoriali che il tutore mette in opera per raggiungere suoi obiettivi possono essere:

– Piani di apprendimento: la loro tecnica formalizza un momento precedente del tirocinio  durante il quale tutore e tirocinante stabiliscono l’impegno e concordano il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento entro un tempo definito;

– Briefing e de briefing:. si basano sull’esperienza clinica del discente e si strutturano i due momenti: preparazione all’osservazione e all’azione (briefing), e poi analisi dell’impatto sul lavoro (debriefing);

Check list: è una modalità di apprendimento che avviene tramite un elenco scritto delle sequenze da realizzare da parte del discente dopo aver osservato una procedura. È uno strumento di innesco dell’osservazione e della riflessione e dell’interiorizzazione di una sequenza pratica nelle sue articolazioni logiche. Va spiegata, discussa e integrata con il tutore.

Counselling: è una consulenza formativa nella quale il tutore interviene tramite incontri individuali, su richiesta del discente, e per una durata determinata, al fine di analizzare i problemi incontrati durante il tirocinio. Fare counselling è ascoltare chi porta il problema in modo costruttivo, per fornire informazioni sulla situazione e per farvi fronte. Non si suggeriscono le soluzioni al discente, ma lo si aiuta a soppesare e scegliere. Il tutore pone attenzione ai problemi dello studente,  al suo temperamento e atteggiamento, e si adopera a creare un clima adatto a motivare il suo sviluppo professionale.

Il tutore, in breve, ha doppio ruolo: guida e facilitatore con la finalità di stimolare le capacita di autoapprendimento.

Laboratorio No. 3

Tema: L’interazione Ospedale-Territorio nel “curare” e nel “prendersi cura”.

Esperto: Angela Becchi (Modena)

Facilitatore: Carla Palumbo (Modena)

La tesi che il Laboratorio si è dato è la dimostrazione dell’importanza della formazione per “la Interazione ospedale-territorio nel curare e prendersi cura” del paziente complesso, cronico, fragile nella rete dei servizi (ospedale, servizi territoriali).

Obiettivi formativi

L’obiettivo formativo generale è che lo studente deve acquisire competenze per curare e prendersi cura del paziente complesso nei servizi territoriali (ambulatoriali, domiciliari, residenziali) integrati con l’ospedale. A questo si aggiungono obiettivi formativi specifici, quali:

Conoscenze: lo studente deve essere in grado di definire, descrivere e discutere i seguenti concetti:

– paziente cronico-complesso-fragile e bisogni multidimensionali di salute;

– approccio bio-psico-sociale, famiglia informata-formata-competente;

– percorsi di cura nei servizi in rete, team multiprofessionale e relative prestazioni sanitarie e sociali;

– curare e prendersi cura come medico.

Abilità: lo studente deve dimostrare capacità di:

– fare diagnosi (di complessità, dei bisogni, dei servizi);

– stendere Piani Assistenziali Individuali, indicare le modalità di partecipazione di paziente e famiglia,  indicare gli aspetti di educazione terapeutica, indicare le modalità di cura, del prendersi cura (informare, formare, aiutare, esercitare avvocatura sanitaria) e della continuità delle cure nei servizi in rete;

– redigere la documentazione sanitaria.

Attitudini: lo studente deve dimostrare di comprendere la importanza della continuità delle cure e del prendersi cura, identificando i propri compiti di medico fra quelli delle altre professioni sanitarie e sociali, comunicando con le altre professioni e coordinandosi con esse.

Metodologie didattiche

Metodi

– Lezioni (per acquisire Conoscenze);

– Guida alla soluzione di casi clinici simulati (per acquisire Abilità);

– Discussione interattiva su FDOM (punti di Forza, Debolezza, Opportunità, Minacce) di “attività per percorsi di cura integrati” vs “ prestazioni isolate” (per acquisire Attitudini).

Nel dibattito in laboratorio è emersa la necessità di garantire omogeneità delle modalità didattiche fra docenti universitari e docenti-tutor (medici di MG e aziendali, professionisti di area sanitaria) in termini di: utilizzare un linguaggio comune nel presentare i contenuti agli studenti; prediligere i casi simulati con partecipazione attiva degli studenti;  utilizzare i manichini per insegnare l’approccio corretto al paziente; fare stendere agli studenti lettere di dimissione orientate al medico di famiglia in forma esaustiva e corretta; e più in generale adottare strumenti per la comunicazione bi-direzionale fra medici di MG e medici ospedalieri.

Setting di insegnamento

– Reparti ospedalieri di Area clinica;

– Studi dei MMG;

– Domicili dei pazienti (per il riscontro della continuità ospedale-servizi territoriali);

– Residenze

Strumenti

Libri testo, articoli scientifici, diapositive (per Conoscenze);

– Schede didattiche (per Abilità);

– Schede FDOM (per Attitudini).

Verifica (in itinere e finale): soluzione individuale di “Casi clinici simulati” con risposte aperte secondo schemi predefiniti e conformi alle Schede didattiche utilizzate nelle Attività interattive.

In conclusione, il dibattito nel Laboratorio ha evidenziato come l’integrazione ospedale-territorio negli studi medici vada realizzata in un percorso longitudinale: le competenze sulle Cure Primarie devono essere fornite già a partire dai primi anni, mentre il concetto di integrazione fra Ospedale e Servizi territoriali deve tenere conto di discipline propedeutiche e quindi affrontato sistematicamente al 5° e 6° anno di corso.

Laboratorio No. 4

Tema: La gestione delle risorse nell’interazione tra Ospedale e Territorio.

Presidente-esperto: Pier Maria Furlan (Torino Orbassano)

Facilitatore: Carlo Della Rocca (Roma Sapienza, CL “E”)

La tesi del laboratorio è stata che l’esposizione dello studente alla problematica dell’interazione tra ospedale e territorio ed alla sua gestione è fondamentale per determinare l’apprendimento di un agire clinico congruo con un’etica della responsabilità, che è alla base della stessa idea di cura. In questo contesto e alla ricerca del come, quando e con chi realizzarla, è stata descritta l’esperienza del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia San Luigi Gonzaga di Torino-Orbassano, ed è stata verificata la fattibilità, così come sperimentato in questo Corso di Laurea,  dell’ introduzione di un curriculum verticale, di un approccio clinico anticipato con una posticipazione coerente per argomenti delle materie di base e un apprendimento nel territorio professionalizzante.

Obiettivi formativi della sperimentazione

Introdurre una integrazione tra comparti suddivisi per materie attraverso trasmissioni teoriche e funzionali interattive.

Metodi e setting d’insegnamento

Il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia “San Luigi Gonzaga”, con il DM 270/2008, ha introdotto delle modifiche orientate alle necessità degli studenti e all’allargamento della didattica a tutti i luoghi delle cure. In questo è stato facilitato dalla struttura didattica che può contenere tutte le aule e laboratori in un unico perimetro, adiacente all’ospedale AOU e unitamente alla sua caratteristica di essere Ospedale di riferimento di un vasto territorio con una consistente rete formativa.

Il nuovo piano di studi è caratterizzato dalla “early clinical exposure”, dall’integrazione per aree tematiche finalizzate all’approccio al malato nella sua totalità e non alle singole malattie, alla comprensione clinica per problemi, all’ampliamento delle capacità metodologiche e semeiotiche estendendo l’osservazione a tutti i contesti della pratica medica extraospedaliera, territoriale e della medicina d’urgenza (118). Si è voluto, quindi, trasmettere agli studenti il concetto che i percorsi clinici e assistenziali debbono sempre di più abbandonare il procedere per “one to one step”8 ed erogare un’assistenza centrata sulla totalità e complessità del malato e del suo ambiente, e includere l’esercizio dell’interprofessionalità con tutti gli operatori della salute.

Il curriculum è stato modificato in senso verticale, anticipando l’esperienza clinica al primo anno, rendendo più contestuali e affini gli insegnamenti biologici con quelli clinici attraverso Corsi integrati (C.I.) che posticipano i primi (ad es. anatomia e biochimica sono abbinati a materie cliniche sino al 5° anno) e anticipano i secondi (ad es. Cardiologia e Malattie dell’apparato respiratorio  al 2° anno) e accompagnandoli con “dorsali” cliniche interdisciplinari orientate alla complessità e alla soluzione di problemi dal 2° al 5° anno. Il 2° e il 5° anno vedono corsi obbligatori di BLSD (basic life support).

Strumento particolarmente innovativo, dal 4° anno la possibilità di frequentare gli studi di MMG, i Distretti, la centrale del 118 e due settimane di frequenza effettiva sulle ambulanze attrezzate. Questa possibilità è coordinata unitariamente da un referente dei 25 MMG, da due direttori di Distretto e dal Direttore provinciale del 118. Da quest’ anno gli studenti frequenteranno un corso stanziale di 2 giorni sulle maxi emergenze.

Discussione e sintesi del lavoro del Laboratorio

Sulla base dell’esperienza presentata, i partecipanti al laboratorio hanno innanzitutto discusso il concetto di “territorio” rilevando come la conoscenza dello stesso sia fondamentale per modulare i tipi di intervento sanitario, e che lo stesso rappresenta il luogo dove si mantiene la salute, mentre l’ospedale rappresenta sempre di più il luogo di cura dell’evento morboso acuto, risolto il quale l’assistito va “restituito” alle competenze sanitarie territoriali. È stata quindi focalizzata la struttura sanitaria del territorio, declinandone le componenti individuate come: Medici di Medicina Generale e Pediatri di libera scelta, Distretti Sanitari, Residenze Sanitarie Assistite, Consultori, Dipartimenti Territoriali (Dipartimento Salute Mentale e Prevenzione), 118. L’esposizione dello studente a tali concetti e a tali contesti è indispensabile anche per far comprendere come la gestione dei percorsi di cura e delle risorse necessarie per garantirli sia in realtà parte integrante della qualità delle cure stesse, trasformi le conoscenze teoriche in assistenza reale, collochi l’assistito dentro la sua storia ed il suo sistema di relazioni ed inserisca la dimensione individuale dell’assistenza all’interno di un sistema di cura e di tutela della salute. Tramite tale approccio, lo studente cimenta e accresce le sue conoscenze, abilità e competenze all’interno di una visione più attuale e sostenibile dell’erogazione delle cure e, attraverso anche il rilievo delle carenze presenti, rafforza la motivazione all’apprendimento. La presa di coscienza di tali concetti ha portato il Laboratorio alla condivisone di ritenere necessaria l’applicazione di esperienze come quella riportata dal Presidente-esperto, verificandone la fattibilità in base alle congiunture locali; sono state rilevate le criticità di applicazione in termini di resistenze generiche al nuovo ed alle aperture all’esterno, ed è stata segnalata la necessità di integrare i programmi con gli obiettivi specifici della formazione sul territorio (non trattandoli separatamente) anche attraverso una gestione delle Attività Didattiche Professionalizzanti eventualmente centralizzata a livello di semestre onde evitare eccessive parcellizzazioni. In sintesi è stato infine proposto il seguente schema di applicazione:

Obiettivi di apprendimento

– Saper agire, nel suo essere clinico (diagnosta e terapeuta), nell’ambito della continuità assistenziale in modo “economicamente congruo”

– Essere partecipe ed attore di strategie in continua evoluzione che devono portare al  ripensamento continuo dei percorsi di prevenzione e diagnostico-terapeutici in base al progredire delle conoscenze e delle tecnologie

– Interagire e coinvolgere altri soggetti in termini di sinergie di azioni e di interessi e di integrazione socio-sanitaria

Metodologie di insegnamento

– Stages, UDE, Problem Solving

– Attori da coinvolgere:

– MMG, Operatori dei Distretti e delle altre strutture territoriali, 118, Figure delle professioni sanitarie.

Biennio Obiettivi di apprendimento Metodologie di insegnamento Attori da coinvolgere
I In un corso di Metodologia medico-scientifica di base (con moduli dedicati all’early clinical contact, alle scienze umane, all’etica medica, alla psicologia clinica) l’integrazione nosoco- mio-territorio si presta a trattare temi come: a) la comunicazione medico-paziente-famiglia-infermiere; b) la riflessione sui vissuti emotivi; c) l’etica del fine vita; d) il role modelling professionale (medici e professionisti della salute); e) l’anamnesi psico-sociale; f) alcune norme di sicurezza; g) il basic life support. Didattica a piccoli gruppi; tuto- rato da un minimo di 1:6 a un massimo di 1:1 Tutor da individuare tra medici di medicina generale, infermieri, dottorandi, medici ospedalieri, operatori dell’hospice, del 118 e della CRI provinciale
II In un corso di Metodologia medico-scientifica clinica (con moduli dedicati alla metodologia clinica, all’epidemiologia e all’organizzazione sanitaria, alla semeiotica e alla simulazione di procedure diagnostico- terapeutiche) l’integrazione nosocomio-territorio si presta a trattare temi come: a) la con- tinuità assistenziale in percorsi diagnostico-terapeutici economicamente congrui; b) i percorsi di prevenzione per la salute indivi- duale e della collettività (stili di vita, procedure di prevenzione); c) l’integrazione socio-sanitaria tra attori diversi del processo di prevenzione e cura; d) l’apprendimento di procedure di primo soccorso Procedure di problem solving applicate tanto a problemi di salute individuali che a problemi di salute pubblica; stage presso strutture territoriali Tutor da individuare tra medici di medicina generale, professio- nisti della salute, operatori dei distretti, delle altre strutture terri- toriali e del 118
III In corsi di Metodologia medico-scientifica: Sanità pubblica (con moduli dedicati al management sanitario e all’organizzazione sanitaria) e in corsi di Medicina Interna e Specialità mediche, l’integrazione nosocomio-territorio si presta a trattere temi come: a) l’approccio bio-psico-sociale finalizzato a curare e prendersi cura del paziente (specie se fragile) inserito nel suo contesto familiare e sociale; b) la comunicazione tra attori diversi finalizzata alla continuità delle cure nella rete dei servizi; c) la capacità di lavoro in team interdisciplinari e interprofessionali Conoscenze: Didattica frontale e, specialmente, a piccoli gruppi (seminariale).
Abilità: Simulazione su manichini; ampio utilizzo di casi clinici (e problemi gestionali) simulati; saper comunicare tra diversi pro- fessionisti sanitari e saper scrivere una lettera di dimissione; tirocinio professionalizzante sul territorio.                Attitudini: focus group; saper rilevare punti di forza, debolezza, opportunità e minacce mettendo a confronto il “Sistema per prestazioni isolate” e quello “per prestazioni integrate”
Setting: reparti nosocomiali di area clinica, studi dei MMG e domicili dei pazienti, residenze, SerT. Attori: Tutor da individuare tra docenti universitari di area clinica, medici di medicina generale, professionisti della salute, operatori dei distretti e di tutte le strutture territoriali

 

Conclusioni

Al termine del lavoro nei quattro laboratori, si è tenuto un debriefing di restituzione in assemblea plenaria. I facilitatori dei laboratori hanno riferito su quanto emerso nei rispettivi gruppi di lavoro e l’assemblea ha animato un dibattito. Da questo, è emersa l’esistenza, nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia Italiani, di un’enorme ricchezza e molteplicità di iniziative e di progetti in termini di integrazione del territorio nel percorso formativo del futuro medico.
Dal dibattito è emerso, inoltre, un consenso unanime ad una verticalizzazione del curriculum che consenta l’integrazione con il territorio in tappe diverse e successive del curriculum degli studi, cercando di integrare a cuneo6 il biennio delle scienze di base, quello della patologia, e quello della clinica). In questo processo di verticalizzazione si sono rivelati come molto utili alcune dorsali metodologiche del curriculum, come i corsi di metodologia medico-scientifica, i corsi di medicina interna e quelli delle specialità mediche.

Da quanto emerso, è possibile costruire una tabella riepilogativa (Tab. I) che permette di delineare, per ciascun triennio, obiettivi di apprendimento, metodologie di insegnamento e attori da coinvolgere.

Al termine dei lavori del forum è sembrato possibile trarre alcune conclusioni riassuntive:

– la collaborazione con i MMG non esaurisce il ricchissimo spettro dell’interazione con il territorio, che deve includere il distretto, l’hospice, la CRI, il 118, il SerT…

– l’interazione nosocomio-territorio può essere inserita in tutte le tappe del curriculum medico, con obiettivi e metodologie didattiche differenti, e coinvolgendo attori diversi.

– l’approccio bio-psico-sociale degli studi medici ha lo scopo di insegnare a curare e a prendersi cura del paziente, inserito nel suo contesto familiare e sociale.

– va testimoniata e insegnata la comunicazione tra i diversi professionisti della salute e tra questi e il paziente (e la sua famiglia), per garantire la continuità delle cure tra servizi in rete, e per tener conto dei vissuti emotivi degli operatori, dei pazienti e dei loro familiari.

– occorre segnalare la rilevanza etica non solo del prendersi cura, ma anche di ogni scelta – economicamente congrua – in tema di percorsi diagnostico-terapeutici e di prevenzione.

– va sempre sottolineata l’importanza della prevenzione, al servizio della salute del singolo individuo e della collettività.

Questo Forum, e tutta la trilogia sulla integrazione del territorio nel sistema delle cure aveva lo scopo di offrire ai Presidenti di CLM una proposta di percorso verticale da poter inserire nel proprio curriculum degli studi. Volutamente, la proposta che emerge alla fine della trilogia non entra in dettagli ordinamentali (Quanti CFU? Quali esami? Didattica curriculare vs. elettiva, frontale vs. piccoli gruppi, modulare vs. seminariale, ecc) per permettere a ciascun CLM di adattare a sé questa proposta in termini di reale fattibilità.

Bibliografia

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8) Furlan P.M. I Luoghi delle cure. Vol I°. Celid

Forum su L’integrazione del territorio nel sistema delle cure, svolto a Palermo il 22 Marzo 2013 (Presidente Prof. Pietro Gallo).

Cita questo articolo

Gallo P., Becchi M.A., Consorti F., L’integrazione del territorio nel sistema delle cure Parte 2a – Proposta di un curriculum “verticale”, Medicina e Chirurgia, 59: 2642-2649, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-59-5

L’integrazione del territorio nel sistema delle cure. Ricadute sul processo formativon.58, 2013, pp.2599-2605, DOI: 10.4487/medchir2013-58-9

Abstract

Aim of the present article is to report the conclusions of an educational workshop on the teaching opportunities deriving from community-based medical education.

The workshop started with a briefing illustrating why, how and when the hospital and community settings should be integrated in planning an undergraduate curriculum in Medicine. After that, participants have been divided into four parallel workshops respectively dealing with; i) physician-patient-family interaction; ii) management of frail patients in the community; iii) health care in the community; iv) management of healthcare resources in the community.

The final debriefing and discussion has allowed some conclusions to be drawn: i) integration of the hospital and community settings in medical students education is both necessary and useful, taking profit of the natural features of the two settings, respectively favouring the study of disease and illness; ii) such an integration should not be limited to the last years of the medical curriculum, but be spread along all the six years, starting from an early clinical contact in the first year; iii) some educational tools and methods appear to be particularly suitable in the community context, e.g. narrative medicine (and board diary in particular) and problem solving (not limited to individual medical histories but extended to community health problems); iv) aim of community-based medical education is not only to develop students’ knowledge, skills and professional competence, but also to help students acquire a comprehensive vision of healthcare management.

Articolo

Premessa

Scopo di questo articolo è riferire sui contenuti dell’atelier pedagogico che il Gruppo di Studio Innovazione Pedagogica ha organizzato per la Conferenza Permanente dei Presidenti di CL in Medicina. L’atelier (Tab. 1) si è svolto in occasione della riunione della Conferenza che si è tenuta a Firenze, il 5 Ottobre 2012.

L’atelier ha preso l’avvio con una riflessione su tre domande: perché realizzare l’integrazione sul territorio del sistema delle cure? E come realizzarla? E, infine, quando, in quale fase del curriculum degli studi, realizzarla?

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Tab. 1 – Programma dell’atelier “l’integrazione nel territorio del sistema delle cure: ricadute sul processo formativo” (Firenze, 5 Ottobre 2012).

Perché un CL in Medicina dovrebbe realizzare l’integrazione del territorio nel sistema delle cure?

La riflessione della Conferenza è stata che l’integrazione nosocomio-territorio nella formazione dello studente in Medicina è intanto necessaria, ed è sopratutto utile. La necessità di questa integrazione deriva dal patto formativo tra Università e Studenti, che prevede che non sia corretto sottoporre a verifica certificativa ciò che non è stato insegnato. Al contrario, l’attuale normativa prevede che l’esame di stato per l’abilitazione alla professione medica includa un tirocinio valutativo sul Territorio e, nello specifico, presso gli studi dei Medici di Medicina Generale. È evidentemente necessario che l’Università organizzi un tirocinio formativo prima della laurea, in modo da preparare i propri studenti all’esame di stato. Al momento, il tavolo tecnico insediato presso il Ministero della Salute sta valutando l’ipotesi di inserire organicamente nel curriculum degli studi medici un tirocinio sul territorio che sia insieme formativo e valutativo, aprendo la strada alla trasformazione dell’esame di laurea in Medicina in una laurea abilitante. La nostra Conferenza auspica da tempo questa soluzione, vedendovi un’utile opportunità didattica. Infatti, il Territorio si presta meglio del Nosocomio per l’insegnamento di significativi aspetti della professione medica, quali:

– la relazione medico-famiglia-paziente, con tutte le implicazioni della visita domiciliare;

– la relazione interprofessionale tra i diversi professionisti della salute, che trova ambiti privilegiati nel territorio;

– la metodologia didattica dell’approccio clinico per problemi, che include tanto problemi di salute del singolo paziente, che problematiche di epidemiologia e prevenzione dell’intera popolazione;

– l’approccio privilegiato al paziente fragile, in un contesto di prevalenza di problemi di salute cronici assai diverso da quello nosocomiale;

– l’insegnamento sul campo della struttura e delle funzioni del sistema sanitario nazionale e delle cure primarie;

– l’insegnamento dei principi del management sanitario e della sostenibilità dell’impegno sanitario sul territorio;

– Un approccio più sistematico di quanto sia possibile realizzare nel nosocomio ai principi della salute globale e della medicina delle migrazioni.

Infine, mostrare allo studente in Medicina l’importanza della gestione del benessere e della salute della popolazione è un modo per migliorare la qualità (ed accrescere la quantità) delle vocazioni rispetto alla medicina di base e per innescare una preparazione remota all’impegno attivo sul territorio.

Come un CL in Medicina dovrebbe realizzare l’integrazione del territorio nel sistema delle cure?

L’integrazione nosocomio-territorio è solo un caso particolare di quell’integrazione didattica (trasversale vs. longitudinale, interdisciplinare vs. interprofessionale) di cui la Conferenza Permanente dei Presidenti di CL in Medicina ha da tempo riconosciuto la necessità e il valore pedagogico. La Conferenza si è espressa più volte in favore del superamento della mera multi-disciplinarità, intesa come “somma” di discipline; del raggiungimento di una effettiva interdisciplinarità e interprofessionalità; e della progressione verso la transdisciplinarità, con un insegnamento che prescinda dall’appartenenza disciplinare dei docenti e tenda al superamento del concetto stesso di settore scientifico-disciplinare.

Quando, in quale fase del curriculum, un CL in Medicina dovrebbe realizzare l’integrazione sul territorio del sistema delle cure?

Al momento attuale, la tendenza maggioritaria nei CL in Medicina italiani è quella di realizzare l’integrazione del sistema delle cure nel territorio nell’ultimo anno del corso di laurea in Medicina, favorendo l’integrazione didattica dei medici di medicina generale con i docenti di medicina interna e/o di sanità pubblica. Al contrario, in un curriculum degli studi a forte integrazione longitudinale1, nel quale le attività professionalizzanti siano “spalmate” in diversi e successivi anni di corso, si può ipotizzare una collocazione più ampia del contributo offerto dal territorio.

Al termine di questa introduzione, i partecipanti all’atelier si sono suddivisi (Tab. 1) in quattro laboratori distinti, diversificati per tema.

Laboratorio No. 1: L’interazione medico-paziente-famiglia

Il Laboratorio No. 1, condotto da Luciano Vettore e animato da Massimo Casacchia e Maria Stella Padula si è dato un titolo articolato e programmatico: “Le differenze nelle relazioni tra medico, paziente e famiglia negli ambiti professionali della medicina ospedaliera e – rispettivamente – della medicina generale; possibilità d’integrazione e peculiarità che meritano di essere insegnate: quando, come e da chi?

Dopo una breve premessa iniziale del conduttore sulle “regole del gioco”, i due “discussant” hanno presentato come “trigger” della discussione due storie di relazioni tra medico, paziente e famiglia.
La prima “storia” nel contesto ospedaliero, presentata da Massimo Casacchia, narra il ricovero nella “reparto-tenda” di Psichiatria nel dopo-terremoto dell’Aquila di un ragazzo di 24 anni per peggioramento del quadro clinico, su iniziativa del suo  Medico di famiglia (MdF), che aveva riorganizzato la sua azione di cura nelle tendopoli. La madre del paziente, ospitata nella struttura (a differenza di quanto sarebbe potuto accadere nel reparto ospedaliero in muratura), collabora con medici e infermieri nell’assistenza al figlio e diventa in ciò “esperta”, continuando questo suo apporto anche dopo la dimissione. Anche dopo di questa l’MdF continua a seguire il paziente per i problemi medici in stretta relazione con la madre.

La seconda “storia” nel setting della Medicina Generale (MG), presentata da Maria Stella Padula, è stata scritta da una studentessa: narra una visita domiciliare a una paziente ultraottantenne emiplegica, assistita dalla figlia precocemente vedova, che presenta una amputazione all’arto superiore all’altezza del gomito; essa ha a sua volta tre figlie adolescenti, due delle quali con problemi di salute e psicologici. Tutto ciò fornisce un quadro esistenziale di sofferenza dell’intera famiglia, e i problemi delle figlie diventano il vero oggetto della visita, mentre le condizioni fisiche della nonna diventano alla fine solo il pretesto della visita domiciliare. Il racconto della studentessa è molto “partecipato” anche dal punto di vista emotivo e rivela i molti interrogativi che questa si pone come riflessione su ciò a cui ha assistito, tanto che ha intitolato la sua storia “Una famiglia da curare: un puzzle della sfortuna”.

Alla conclusione della presentazione delle due storie la discussione risponde sostanzialmente a tre domande:

1) Cosa abbiamo imparato dalle narrazioni?

2) Cosa possono imparare gli studenti dagli eventi narrati per farne tesoro quando nella loro professione futura dovranno porre attenzione alla relazione tra medico, paziente e suoi familiari, sia all’interno dell’ospedale che sul territorio.

3) Quale contributo formativo differente, ma sperabilmente integrabile perché complementare, possono dare riguardo a ciò la Medicina dell’Ospedale e la Medicina generale?

Infine l’ultima parte del Laboratorio è dedicata alla presentazione di un progetto, consistente in due moduli didattici.

Il primo modulo propone un progetto di lettera di dimissione dall’ospedale con i contenuti di seguito indicati, in buona parte attinenti alle relazioni con il MdF e con la famiglia.

– Le ragioni del ricovero, la diagnosi, la sua gravità e la prognosi;

– le possibili conseguenze della malattia sulla vita del paziente negli aspetti lavorativi, familiari, relazionali e comportamentali (per es, stili di vita);

– l’eventuale presenza di co-morbidità e di fattori di rischio;

– il grado di consapevolezza del paziente sulla sua condizione;

– il presumibile carico familiare dell’assistenza;

– il progetto terapeutico non solo con le prescrizioni, ma anche con le indicazioni dei possibili supporti che potranno venire dall’ambulatorio divisionale e dal day hospital;

– i possibili segni premonitori di un’eventuale riaccensione della malattia, nei confronti dei quali lo staff ospedaliero dichiara la propria disponibilità a fornire tempestivamente consulenza telefonica o via mail;

– l’invito esplicito e la piena disponibilità a continuare la collaborazione nel prosieguo delle cure con il MdF, con i familiari di riferimento e con gli eventuali care giver.

Le caratteristiche di tali contenuti acquisiscono valenza formativa se di esse è reso partecipe lo studente che conosce quel paziente.

L’obiettivo didattico del modulo si propone di stabilire nel processo comune di cura relazioni reciproche tra staff ospedaliero, MDF e famiglia.

La metodologia didattica consiste nella preparazione e nella consegna della lettera in presenza dello studente. Sarebbe poi auspicabile che ogni studente potesse accompagnare almeno una volta uno dei pazienti che ha seguito durante il ricovero alla prima visita del MdF dopo la dimissione, ma ciò sarà possibile solo con studenti già in possesso di discrete competenze cliniche e con MdF adeguatamente formati alla funzione tutoriale.

La collocazione temporale nel curriculum di fatto coincide con il periodo nel quale lo studente frequenta il reparto.

Il secondo modulo propone il progetto “Adottare un paziente cronico”.

Si tratta di un iter guidato della durata di 3 anni, nel quale uno studente deve seguire un paziente cronico e la sua famiglia nei percorsi di diagnosi e cura, sia nell’Ospedale che sul Territorio. Lo studente deve compilare un diario di bordo “strutturato”, costituito cioè da numerose “griglie” nelle quali annotare i problemi e le informazioni anagrafiche del paziente e della sua famiglia, i dati e le motivazioni del follow up clinico (osservazione delle visite, eventi intercorrenti, approfondimenti diagnostici, decisioni terapeutiche e loro motivazioni); sono presenti inoltre schede di autovalutazione delle capacità comunicative e dell’emotività, nonché spazi “narrativi” per le note personali sul caso, su ciò che lo studente ritiene di aver imparato, ma anche sulle proprie reazioni emotive suscitate da esso, fornendo così un forte stimolo all’apprendimento metacognitivo.

L’obiettivo didattico del modulo è quello di stimolare lo studente a osservare e narrare per imparare a riflettere su ciò che sta imparando.

La metodologia didattica si sostanzia di un diario di bordo strutturato con le caratteristiche sopra descritte.

La collocazione temporale nel curriculum è longitudinale: per es., al CdLM in Medicina di Modena, dove il progetto è in sperimentazione, è situata continuativamente dal 3 al 6° anno.

Laboratorio No. 2: La gestione del paziente fragile sul territorio

Conduttore Giuseppe Familiari, Discussant Anna Paola Mitterhofer e Giulio Nati

Definizione di paziente fragile

La descrizione del paziente fragile è piuttosto complessa e ancora in via di definizione poiché oltre a far riferimento ad aspetti di tipo clinico, raccoglie le problematiche di tipo socio-assistenziale che generalmente coesistono in questo tipo di paziente.

Nei pazienti fragili si osserva generalmente la presenza di più malattie croniche. Si tratta di pazienti generalmente anziani, disabili o con malattie disabilitanti, talvolta malati psichiatrici con comorbidità e di difficile gestione assistenziale, il cui outcome è quasi sempre negativo. Operativamente, la fragilità può essere quindi letta secondo alcuni aspetti/domini peculiari quali lo stato socio-ambientale critico, la ridotta autonomia funzionale, l’invecchiamento avanzato, la coesistenza di malattie croniche e la polifarmacoterapia.

La fragilità dovrebbe essere, però, più della somma di singole condizioni patologiche e andrebbe interpretata come una patologia complessa e unica, la cui gestione non si risolve sommando più consulenze specialistiche (più prestazioni professionali, più linee guida, più diagnosi, più prescrizioni terapeutiche), ma praticando realmente la cooperazione e l’interazione di più professionisti, del paziente, del suo nucleo familiare e sociale connessi in rete2.

Il rapporto didattico-assistenziale con il paziente fragile

I principali punti del rapporto didattico-assistenziale con i pazienti fragili sono basati su problematiche legate alla condizione geriatrica, al ruolo delle cure palliative, all’autonomia di questi pazienti e all’organizzazione dell’ambiente sociale3.

La condizione geriatrica a causa della multimorbidità e la presenza di disfunzioni disabilitanti come il difficile controllo vescicale, l’incontinenza e la riduzione del visus, richiede un approccio olistico ed un giusto timing dei ricoveri ospedalieri. Le cure palliative svolgono un ruolo cruciale nel controllo del dolore e la libertà dal dolore è una condizione necessaria per il miglioramento dello spirito e quindi lo stato psicologico di questi pazienti, influenzando positivamente loro autonomia. L’organizzazione dell’ambiente sociale condiziona e definisce il contatto con i curanti, è di estrema importanza per il paziente fragile, e sembra esserlo più di quanto i pazienti non riferiscano.

Gli obiettivi didattici nel Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia si debbono prefiggere di sensibilizzare gli studenti al tema della fragilità con l’esposizione precoce sin dal primo anno di corso (Early Clinical Contact, ECC) per una migliore empatia con il malato, di indurre motivazioni alla cura di condizioni di difficoltà sociale associate a disabilità mentale o fisica rinforzando l’aspetto sociale della cura medica, indurre riflessioni sull’assistenza e la comprensione di pazienti che manifestano fragilità, insegnare il comportamento più adatto nella gestione dei pazienti fragili, acquisire capacità di comportamento sia in ambito bio-medico che psico-sociale4-10.

Modelli adeguati di Curriculum medico dovrebbero inoltre prevedere un insegnamento interdisciplinare e interprofessionale (IPE), quest’ultimo rivolto a gruppi di infermieri e studenti di medicina, dedicato alle cure palliative e con gli obiettivi didattici specifici studiati su pazienti fragili anziani (geriatrics, palliative care, communication and patient autonomy, organization and social networks) allo scopo di formare futuri gruppi di lavoro più affiatati e quindi più efficaci9.

Deve poi essere sottolineata la necessità, per gli studenti, della figura di riferimento definita come “individual lead o champion”, intesa come docente fortemente motivato sull’importanza dell’insegnamento medico e capace di trasmettere con entusiasmo agli studenti un approccio sempre positivo verso il malato3. Il ruolo del docente in questo contesto si dimostra essere fondamentale per il semplice presupposto, ampiamente dimostrato, che gli studenti osservano e copiano i comportamenti dei loro docenti, ed il loro ruolo diventa un modello comportamentale per il carattere futuro degli studenti stessi11.

Il gruppo di lavoro ha anche ritenuto che fosse importante saper identificare precocemente i sintomi ed i segni che caratterizzano i pazienti fragili, in particolare per gli aspetti psichiatrici, per intervenire il più tempestivamente possibile ed arrestare il processo evolutivo della/e patologia/e.

Per quanto riguarda gli strumenti, si è ritenuto di dover sottolineare il valore didattico del tirocinio professionalizzante, in particolare se sostenuto da momenti d’aula sia prima (come introduzione) che dopo (come conclusione) del periodo di pratica.

La gestione del paziente fragile sul territorio

La definizione di tale obiettivo didattico è costituita dalla risposta alla domanda su quali tra le competenze specifiche un MMG debba saper mettere in atto per gestire i pazienti fragili, sempre nel riferimento alle caratteristiche di tali pazienti, per poi identificare quali competenze specifiche debbano essere messe in atto dalla Medicina Generale sul territorio.

Per quanto attiene specificamente alla Medicina Generale, è necessario fare riferimento allo specifico core curriculum per l’insegnamento, che descrive sei competenze specifiche (gestione delle cure primarie, centralità del paziente, risoluzione di problemi specifici, approccio multidisciplinare, orientamento alla comunità, approccio olistico), all’interno delle quali si possono identificare gli aspetti rilevanti nella presa in carico territoriale del paziente fragile12.

Laboratorio No. 3: La tutela della salute sul territorio

Conduttore Fabrizio Consorti, Discussant Maria Luisa Sacchetti e Loris Pagano

Il punto di partenza per poter parlare di tutela della salute sul territorio è la considerazione complessiva dell’intero sistema delle cure primarie, che si estende ben oltre la medicina generale, per quanto quest’ultima rivesta un ruolo “pivotale”. Infatti oltre alle diverse figure mediche coinvolte (pediatri di libera scelta e altri specialisti), bisogna considerare la complessa rete di strutture organizzative esistenti ed operanti nel territorio. Esistono infatti i Centri di Assistenza Domiciliare (CAD) e i servizi di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) e Programmata (ADP), ognuno dotato delle sue specificità, risorse e normativa. Non vanno dimenticati infine i grandi ambiti della Salute Mentale (CSM) e dei consultori materno-infantili. Tutte queste strutture devono poter trovare posto in un progetto organico di formazione al concetto di tutela della salute, che si pone come obiettivo non la cura della malattia acuta o cronica ma la promozione di stili di vita corretti, la diffusione di informazioni utili al mantenimento della salute, la prevenzione primaria, secondaria e terziaria.

Una nota particolare durante il laboratorio è stata fatta a proposito del ruolo delle associazioni di volontariato, che possono costituire una ulteriore risorsa per la progettazione didattica, rappresentando spesso un ambiente privilegiato perché uno studente possa sperimentare le attività di prevenzione o avere contatto con ambiti particolari come le malattie rare, ad esempio per il counselling familiare.

Obiettivi formativi

Se si volessero delineare possibili obiettivi e competenze per l’ambito della tutela della salute nel territorio, si dovrebbe innanzitutto partire dalla caratteristica dominante del territorio stesso, per come delineato in precedenza, cioè dalla sua “complessità”.

Un primo obiettivo potrebbe perciò essere quello di consentire l’acquisizione da parte dello studente della visione e conoscenza complessiva del sistema delle “cure primarie”.

La frequenza delle strutture territoriali dovrebbe essere indirizzata a che lo studente possa esplorare

– il “ruolo” del medico nel territorio

– la complessità delle condizioni di salute

– il reale valore dei determinanti di salute

cogliendo l’importanza del lavoro coordinato e di équipe.

Temi particolari, tipici di questo ambito e molto attuali potrebbero essere le dipendenze:

– alcool

– sostanze da abuso

– gioco

Una funzione molto importante e che dovrebbe avere notevole rilievo è quella del ruolo informativo verso i pazienti, soprattutto per quanto riguarda gli stili di vita (alimentazione, attività fisica, fumo e altri fattori di rischio, igiene sessuale), la capacità di leggere in maniera critica le informazioni provenienti dai media e da Internet, il counselling genetico anche in funzione dei programmi di screening e i programmi vaccinali.

Tutto questo infine dovrebbe consentire allo studente di sperimentare come la pratica clinica basata su evidenze sia possibile anche nella complessità del territorio.

Collocazione curriculare e criticità

Come si vede non si tratta di obiettivi e competenze che possano essere risolti con qualche seminario, ma si richiede una riorganizzazione organica del curriculum, perché si possa essere efficaci.

In particolar modo sembra importante che le attività formative indirizzate a questo ambito siano collocate fin dall’inizio degli anni clinici (4° anno), avendo allocate una quantità di CFU significativa, basata soprattutto su didattica professionalizzante (fra 2 e 5 CFU), integrata da poca didattica frontale. Non si tratta della solita richiesta di “più spazio curriculare” di una nuova disciplina che si affaccia all’agone accademico, ma unicamente della considerazione che ci si sta avviando a trasferire il mese valutativo in Medicina Generale dell’esame di stato al’interno del corso di laurea. Si colga dunque l’occasione per caricare di significati didattici quell’esperienza.

Le principali criticità individuate consistono soprattutto nella miglior definizione della figura del tutor (riconoscimento e retribuzione, formazione e valutazione), nell’integrazione con le strutture del territorio – probabilmente più complessa ancora che con quelle ospedaliere – e nel rapporto politico coi decisori regionali. Da ultimo di sottolinea come un cambiamento di questa portata sarà possibile solo se preceduto dalla preparazione di un “terreno fertile” nei corsi di laurea, sostenuto da iniziative come quelle intraprese in maniera lungimirante dalla Conferenza.

Laboratorio No. 4: La gestione delle risorse sanitarie sul territorio

Il Laboratorio n. 4 è stato condotto da Carlo Della Rocca, ed animato dallo stesso e da Carlo Saitto.

Le tesi proposte all’inizio del lavoro sono state le seguenti:

– l’ottimizzazione delle risorse nella gestione della salute sul territorio è possibile tramite l’integrazione delle attività socio-sanitarie ed il continuo aggiornamento delle metodologie di prevenzione, diagnosi e cura

– questo approccio “aperto” e “lungimirante” alla gestione della salute pubblica deve essere patrimonio del medico e quindi merita di essere insegnato: quando, come e da chi?

Le modalità di lavoro adottate hanno seguito il seguente schema:

– Il Coordinatore ha brevemente introdotto il tema

– I due “Discussant” hanno presentato due esempi/proposte di ottimizzazione delle risorse per la gestione di interventi di sanità territoriale

– Il Gruppo ha effettuato un’ampia discussione collegiale sul tema dalla quale è scaturita una  proposta di un “modulo didattico” con i suoi obiettivi, metodologie didattiche e collocazione temporale nel  curriculum.

La considerazione preliminare è stata quella che la necessità di rendere “sostenibile” un sistema sanitario che si prenda cura in modo equo della totalità dei soggetti rende indispensabile che ogni singolo operatore sia consapevole della problematica dell’ottimizzazione delle risorse. In particolare il medico, per le sue prerogative di Dirigente, ovunque svolga la propria attività, mette in essere quotidianamente atti che comportano l’impiego di risorse o direttamente gestite o indirettamente coinvolte sia a livello di ospedale sia di territorio.  È ovvio che non è possibile, quindi,  escludere dall’iter formativo del medico una specifica informazione sulle conseguenze economiche delle sue scelte operative e l’esposizione alla problematiche della gestione delle risorse. Non è un caso, infatti, che ormai pressoché tutti i CLMMC d’Italia (fonte: site visit) prevedano nell’ambito dei loro curricula la presenza di corsi/moduli di “economia sanitaria/management”. Peraltro, nella maggioranza dei casi, i contenuti di tali corsi appaiono scarsamente integrati con le problematiche cliniche, come se fossero “a latere” delle stesse. In realtà è opinione del gruppo che la gestione delle risorse più che essere un argomento “aggiuntivo” da studiare, dovrebbe essere una chiave per  riordinare le conoscenze cliniche dello studente (e del docente). Le risorse, infatti, non vanno considerate come solo un mero problema di costi e la loro gestione è ormai diventata a tutti gli effetti parte integrante della qualità stessa delle cure. In questo senso la loro corretta gestione trasforma la conoscenza medica in assistenza, colloca l’assistito all’interno della sua storia e del suo sistema di relazioni, e inserisce la dimensione individuale dell’assistenza in un sistema di cura e di tutela della salute. Le conseguenze possibili di un approccio di questo tipo sul “sapere medico” coinvolgono sia gli aspetti della conoscenza, sia del conseguimento delle abilità e delle competenze, sia della visone stessa dell’apprendimento dello studente. Nello specifico settoriale del territorio sono considerabili due approcci esemplificativi: le risorse interpretate intorno al paziente con risvolti evidenti e immediati sulle problematiche di governo clinico e le risorse interpretate  intorno al bisogno di salute della popolazione con evidenti implicazioni di Sanità Pubblica.

In definitiva il gruppo ha condiviso che il tema della gestione delle risorse rimanda, in ultima analisi, alla definizione di un’etica delle responsabilità che è forse la sostanza della stessa idea di cura.

Alla luce di quanto discusso, il gruppo ha proposto il seguente “modulo didattico”:

• Obbiettivi (conoscenze, abilità, competenze, visione)

– saper agire, nel suo essere clinico (diagnosta e terapeuta), in modo “economicamente congruo”

– essere partecipe ed attore di strategie in continua evoluzione che devono portare al ripensamento continuo dei percorsi di prevenzione e diagnostico-terapeutici in base al progredire delle conoscenze e delle tecnologie

– interagire e coinvolgere altri soggetti in termini di sinergie di azioni e di interessi e di         integrazione socio-sanitaria

• Metodologia didattica

– Problem solving

– Stages

• Collocazione temporale

–  Spalmato tra metodologie – patologie integrate – medicine e chirurgie in forma di UDE (Unità Didattiche Elementari) su specifici problemi di ampia rilevanza (es. screening del carcinoma della cervice uterina; il diabete; ecc.)

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Tab. 2 – Ipotesi di lavoro, emersa a conclusione dell’atelier “l’integrazione nel territorio del sistema delle cure: ricadute sul processo formativo”, su una possibile distribuzione longitudinale della didattica sul territorio nel curriculum degli studi.

Conclusioni

Al termine del lavoro nei quattro laboratori, si è tenuto un debriefing di restituzione in assemblea plenaria. I Conduttori dei laboratori hanno riferito su quanto emerso nei rispettivi gruppi di lavoro e l’assemblea ha animato un dibattito.

Tutti hanno convenuto sull’opportunità dell’integrazione nosocomio-territorio nella formazione dello studente in Medicina, sfruttando le differenze naturali tra i due diversi setting, ad esempio privilegiando lo studio della disease in ambito ospedaliero e della illness sul territorio.

Un’altra conclusione sulla quale si è registrato un consenso unanime, è l’opportunità di non limitare l’apporto del territorio ad un tirocinio valutativo nell’ultimo anno del corso di laurea ma di distribuire la didattica in questo setting in numerosi anni, sfruttando esperienze di “dorsale metodologica” quali il corso integrato di Metodologia Medico-Scientifica che si estende dal I al VI anno nei corsi di laurea della Sapienza di Roma. Il dibattito si è animato sulla quantità di CFU che è necessario allocare per coprire la didattica sul territorio, specie se distribuita su diversi anni: c’è chi ritiene sia necessario riservare alla medicina sul territorio un elevato numero di CFU, e chi pensa che sia possibile inserirla come didattica integrata nei corsi esistenti senza dover ogni volta creare moduli didattici autonomi e allocare CFU specifici. La didattica sul campo solleva comunque il problema, tutt’altro che secondario, di formare, valutare e incentivare (retribuire?) i tutor.

Il dibattito ha incluso anche il suggerimento di strumenti didattici specifici per la didattica sul campo, quali la medicina narrativa (è di grande utilità e pertinenza l’uso del diario di bordo), il problem solving (non limitato ai problemi di salute del singolo ma anche a quelli della comunità). Il fine è quello di aiutare lo studente a sviluppare non solo conoscenze, abilità e competenze professionali, ma anche una visione complessiva della gestione della salute.

Infine, il dibattito emerso nei laboratori, ed illustrato in plenaria (Tab. 2), ha permesso di formulare una ipotesi di lavoro, che verrà ripresa nel Forum che il Gruppo Innovazione Pedagogica organizzerà per la riunione di Palermo, sulla possibile distribuzione nei sei anni di corso dei contenuti della didattica sul territorio.

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Cita questo articolo

Gallo P., Consorti F., Studio individuale e studio guidato. Concetti, bisogni e approcci, Medicina e Chirurgia, 58: 2599-2605, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-58-9