Universitari oggi, professionisti domani: indagine sui consumi dell’alcoln.76, 2017, pp.3424-3431, DOI: 10.4487/medchir2017-76-2

Abstract

Alcohol consumption is a major public health concern for the youth population. The present study evaluated, through internationally validated tools, consumption and consumption habits of alcoholic beverages, attitude towards alcohol and beliefs and basic knowledge about health risks in sample of 1928 university students, belonging to different universities for the most part Italians spread throughout the Italian territory and attending various Faculties. Compared to the general consumption of alcohol in young Italians, our sample shows a higher percentage of consumption (93% vs. 72.8%)

Regarding knowledge and beliefs, the results obtained show that the students interviewed are not sufficiently informed about the risks involved in the intake of large quantities of alcohol, in fact less than 50% of the analysed sample correctly answers these questions. It should be emphasized that there are no differences with respect to the faculty attended. This involves a reflection on the fact that attending a university belonging to the medical area or health professions does not protect against the implementation of unhealthy and therefore harmful lifestyles. This is particularly serious considering that these same students will be the professionals of tomorrow called to intervene on these problems to inform, promote healthy lifestyles and treat. For this reason, the data collected in this study suggest increasing and addressing in a more specific way the training needs of the students to make them able to understand, identify and intervene correctly in the promotion of their own health and of the people who will rely on them of solutions to their health problems

Key Words: Alcohol consumption, university students

Il consumo di alcol risulta essere una delle principali preoccupazioni della sanità pubblica per la popolazione giovanile. Il presente studio ha valutato, attraverso strumenti validati a livello internazionale, i consumi e le abitudini relative al consumo di bevande alcoliche, l’atteggiamento verso l’alcol e le credenze e le conoscenze di base relative ai rischi per la salute in un campione di 1928 studenti universitari, afferenti a differenti atenei per la maggior parte italiani diffusi su tutto il territorio italiano e frequentanti diverse facoltà. Rispetto al consumo generale di alcol nei giovani italiani, il nostro campione di studenti universitari mostra una percentuale più elevata di consumi (93% vs. 72,8%). Allo stesso modo, il nostro campione mostra comportamenti di binge drinking più frequenti rispetto agli italiani di età compresa tra i 18 e i 24 anni (45,8% vs. 17%). Il 53,5% risulta essere un bevitore ad alto rischio. Coerentemente con i dati Italiani la frequenza dei bevitori ad alto rischio e maggiore al Nord. Gli studenti del nostro campione bevono prevalentemente birra e vino, nei bar e nei pub ed in generale lontano dai pasti. Relativamente ai motivi per i quali i giovani consumano alcol, e preoccupante il fatto che una grande percentuale di bevitori ad alto rischio consuma alcolici per gestire le emozioni negative, non solo per socializzare e divertirsi. Invece, tra i bevitori a basso rischio i nostri dati riportano che la motivazione principale e quella di uniformarsi al gruppo, mostrando quindi una maggiore capacita di gestione dei consumi finalizzata all’accettazione da parte del gruppo di riferimento.

Relativamente alle conoscenze e credenze, i risultati ottenuti mostrano che gli studenti intervistati non sono sufficientemente informati circa i rischi che comporta l’assunzione di elevate quantità di alcol, infatti meno del 50% del campione analizzato risponde correttamente a queste domande. E da sottolineare il fatto che non vi sono differenze rispetto alla facoltà frequentata.

Ciò comporta una riflessione in merito al fatto che frequentare un’università appartenente all’area medica o delle professioni sanitarie non tutela rispetto alla messa in atto di stili di vita poco salutari e quindi dannosi. Ciò e particolarmente grave considerando che questi stessi studenti saranno i professionisti di domani chiamati ad intervenire su questi problemi per informare, promuovere stili di vita salutari e curare. Per tale motivo, i dati rilevati in questo studio, suggeriscono di incrementare e indirizzare in maniera più specifica il fabbisogno formativo degli studenti per renderli capaci di comprendere, individuare, intervenire correttamente nella promozione della salute propria e delle persone che a loro si affideranno alla ricerca di soluzioni ai propri problemi di salute.

Parole Chiave: Consumo di alcool, studenti universitari

Articolo

Introduzione L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che in Europa si abbia il piu elevato consumo di alcol al mondo. Sempre in Europa, l’alcol e il principale fattore di rischio per la salute dei giovani (World Health Organization, WHO, 2014). Nella popolazione generale l’abuso alcolico provoca 3,3 milioni di morti ogni anno in tutto il mondo, ossia il 5,9% del totale dei decessi. Questa percentuale diventa ancora più significativa quando si osserva che nei giovani, di età compresa tra i 20 ei 39 anni, circa il 25% delle morti sono attribuibili all’alcol.

Ulteriormente, il 5,1% dell’onere globale delle malattie e degli incidenti, misurato in DALYs (Disability-Adjusted Life Years), ossia anni di vita persi a causa della morte prematura, di condizioni di cattiva salute e di disabilita e imputabile all’alcol.

Nell’ultima Relazione del Ministero della Salute e riportato che nell’anno 2015, il 64,5% degli italiani di età superiore agli 11 anni (35 milioni e 64 mila persone) ha consumato almeno una bevanda alcolica, con prevalenza notevolmente maggiore tra i maschi rispetto alle femmine (77,9% vs. 52,0%). In particolare, nella fascia di età compresa tra gli 11 e i 24 anni e soprattutto diffusa la consuetudine di bere alcolici al di fuori dai pasti, con una frequenza di almeno una volta a settimana e spesso con comportamenti di binge drinking, ossia consumo di numerose unita di alcol in un breve arco di tempo (>6 unita alcoliche in un’unica occasione) durante il weekend.

Nel 2015, il fenomeno del binge drinking ha riguardato il 15,6% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età: il 22,2% dei maschi e l’8,6% delle femmine. Nel 2016 tale percentuale ha raggiunto il 17% (21,8% nei maschi e 11,7% nelle femmine). Tra le bevande preferite dai giovani vi sono la birra, diffusa maggiormente tra i ragazzi, mentre gli aperitivi alcolici sono diffusi maggiormente tra le ragazze. Già nel 1994 una ricerca condotta dal Centro Studi Alcologia e Gastroenterologia del Policlinico Umberto I (attuale CRARL Centro di Riferimento Alcologico Regione Lazio, costituito con DGR il 16 settembre 1997, n° 5626), aveva evidenziato che l’86% dei giovani tra i 13 ed i 19 anni assumevano bevande alcoliche, consumate fuori pasto. Questi dati sono stati confermati anche negli ultimi anni, dai dati dell’Osservatorio Adolescenti di Telefono Azzurro e DoxaKids secondo i quali al 50,6% degli adolescenti intervistati, dagli 11 ai 19 anni e capitato di bere alcolici ed il 49,9% si e ubriacato almeno una volta.

Questi dati indicano che tra i giovani e diffuso un comportamento abituale legato all’uso di alcol, in opposizione a quelle che sono le attuali disposizioni rispetto al consumo di alcolici nelle fasce di età più giovani (Legge 189/2012, Decreto-Legge 20 febbraio 2017, n 14). Le linee guida sul consumo di alcol a basso rischio, elaborate dalla Joint Action on Reducing Alcohol Related Harm (Progetto finanziato dall’Unione Europea; 32 partner associati e 28 partner collaboranti), stabiliscono che le indicazioni relative al bere a basso rischio non devono essere utilizzate per situazioni e gruppi di popolazione ad alto rischio, in particolare i minori, per i quali l’opzione più sicura da comunicare e quella di non bere affatto.

Anche la legge dell’8 novembre 2012 n. 189 e il Decreto- Legge 20 febbraio 2017 n. 14 prescrivono il divieto di vendere e somministrare alcolici ai minori di 18 anni in qualsiasi esercizio commerciale, sia esso luogo di vendita al dettaglio o pubblico esercizio, con annesso obbligo di richiesta da parte del venditore del documento di identità.

Le informazioni appena riassunte mostrano come la fascia di popolazione che maggiormente detiene abitudini rischiose per la salute e rappresentata dai giovani adolescenti. Pochi studi, pero, si preoccupano di indagare tali abitudini in giovani adulti, come gli studenti universitari, i quali nonostante il maggior accesso alle conoscenze relative alla salute, presentano consumi alcolici potenzialmente a rischio.

In ambito europeo, una review sistematica del 2016 prende in esame 29 articoli scientifici che indagano i consumi alcolici di studenti universitari irlandesi ed inglesi, dimostra che circa i due terzi degli studenti risultano essere bevitori ad alto rischio, sulla base delle categorie dell’AUDIT, e circa il 20% degli studenti dichiara consumi alcolici elevati durante la settimana. Uno studio successivo sempre a cura di Davoren e colleghi sul consumo di alcolici tra studenti universitari irlandesi, si interroga sui motivi che conducono a un consumo a rischio. I risultati individuano quattro categorie di consumo fra gli studenti universitari, che hanno riferito di consumare alcol sulla base delle domande dell’AUDIT: (i) i bevitori controllati, ovvero coloro che sono attenti alle regole relative ai consumi, (ii) gli edonisti, ovvero coloro che bevono per divertimento; (iii) gli studenti che consumano alcolici in situazioni sociali perche influenzati dai pari; (iv) i non controllati che usano l’alcol per gestire situazioni negative (Davoren, Cronin, Perry, & O’Connor, 2016). Un’ulteriore studio condotto su 2275 studenti universitari irlandesi, ha indagato come queste motivazioni al bere si distribuissero tra uomini e donne, dimostrando che il 65% degli uomini e il 68% delle donne risultano essere bevitori ad alto rischio sulla base delle categorie dell’AUDIT. In particolare, le donne bevono maggiormente perche influenzate dai pari in situazioni sociali.

In Italia, una ricerca condotta nel 2011 presso l’Università di Camerino ha osservato che tra 345 studenti universitari, di varie Facoltà, che hanno compilato un questionario anonimo sui consumi, solo il 14,4% dichiara di essere astinente, invece, tra chi ha dichiarato di fare uso abituale di sostanze alcoliche una percentuale del 34,4% dei maschi e il 14,9% delle femmine dichiara di assumere alcolici diverse volte alla settimana o al giorno. Inoltre, il 50,4% dei partecipanti avevano già fatto uso di sostanze psicotrope illegali e il 53,1% era un fumatore . Un altro studio condotto sugli studenti di scienze infermieristiche , rivela che alla domanda “pensa a una ipotetica serata tra amici ed indica la qualità e la quantità di bevande utilizzate”, i giovani adulti riferiscono di bere piu di 2/3 bicchieri e prevalentemente vino e birra, indicando un consumo a rischio. Tuttavia, questi due studi condotti su popolazione di studenti universitari italiani, non utilizzano strumenti standardizzati per la rilevazione dei consumi alcolici.

I dati mostrati indicano la presenza, nei giovani, di un comportamento abituale nel consumo di alcol suggerendo la presenza di un rischio elevato di sviluppare conseguenti problematiche di dipendenza, patologie psicologiche e psichiatriche.

Lo scopo del presente studio e stato quello di valutare le abitudini e i consumi di alcol, l’atteggiamento verso queste sostanza, le credenze e le conoscenze di base relative ai rischi per la salute di studenti universitari di differenti Atenei, per la maggior parte italiani, al fine di trarre conclusioni circa i comportamenti degli studenti universitari per determinare se ci sia la necessita di attuare specifici interventi finalizzati alla corretta formazione, informazione e promozione della salute di questa fascia di popolazione.

Metodi Partecipanti

Lo studio e stato condotto attraverso l’utilizzo di un questionario anonimo diffuso online agli studenti universitari.

Sono stati contattati 1928 studenti di diversi Corsi di Laurea. Come mostra la Tabella 1, il 25,7% del campione frequenta un corso di laurea appartenente all’area umanistica (Lettere, Filosofia, DAMS, Turismo, Lingue, Scenografia, Comunicazione, Formazione, Beni culturali, Scienze Politiche, Sociologia, Antropologia), il 25,1% all’area medica (Medicina, Odontoiatria), il 23,4% all’area scientifica-tecnologica (Informatica, Ingegneria, Grafica, Architettura, CTF, Fisica, Agraria, Design, Geologia, Matematica, Biologia, Biotecnologia, Veterinaria, Chimica, Farmacia, Statistica, Ottica, Enologia, Scienze Motorie, Aviazione), il 12,2% all’area delle professioni sanitarie (Infermieristica, Fisioterapia, Psicologia, Ostetricia, Igiene dentale, Radiologia, Neuropsicomotricita, Riabilitazione), il 7,8% all’area economica (Economia, Marketing, Management, Scienze bancarie, Finanza), il 3,5% all’area giuridica (Giurisprudenza, Servizi giuridici), il 0,7% all’area artistica (Accademia delle Belle Arti, Arti multimediali, Conservatorio), il 1,6% non ha fornito indicazioni circa il corso di laurea frequentato. Il 42,8% del campione frequenta un’università del Centro Italia, il 38,8% del Nord Italia, il 12,7% del Sud e Isole, il 4,7% non ha dichiarato l’università di provenienza e l’1% afferisce ad un’università Estera

Tabella 1 Distribuzione corsi di laurea Suddivisi per aree di interesse

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Quindi circa il 37% degli studenti intervistati frequenta un corso di laurea che formerà i diversi professionisti della salute.

Figura 1. Distribuzione del campione in base al sesso

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L’età media degli “studenti” e di 21.8 ± 2.4 anni con un range compreso tra i 18 e i 51 anni. Il campione e composto dal 79,9% da donne e per il 20,1% di uomini, in linea con i dati ISTAT che indicano una maggiore presenza femminile in tutte le tipologie di corso di laurea (Figura 1)

L’Anova One-Way con correzione di Tamhane, ha dimostrato che non ci sono differenze tra le aree universitarie relativamente all’eta degli studenti. Inoltre, non sono state rilevate differenze nemmeno per quanto riguarda il sesso

Strumenti

Ai partecipanti e stato chiesto di rispondere a un questionario online anonimo che comprendeva: – Informazioni socio-demografiche; – L’Alcohol Use Disorders Identification Test-Consumption (AUDIT-C; : questionario di screening, usato a livello internazionale, finalizzato ad individuare coloro che riferiscono un consumo di alcol dannoso per la salute o coloro che sono in una situazione di alcol-dipendenza

Il punteggio per ogni risposta va da 0 a 4

  • Un punteggio ≥4 per l’uomo e ≥3 per la donna rivela la presenza di un bere ad alto rischio o la presenza di un Disturbo da Uso di Alcol
  • Un punteggio compreso tra 1 e 3 per l’uomo e tra 1 e 2 per la donna indica la presenza di un consumo di alcol a basso rischio
  • Un punteggio pari a 0 indica che non si consumano alcolici
  • Infine, se il punteggio ottenuto si riferisce interamente al punteggio dell’item 1 (e quindi, le risposte sugli item 2 e 3 sono uguali a zero) siamo in presenza di un bevitore a basso rischio. Relativamente all’AUDIT-C, uno studio recente, ha dimostrato che, in Italia, tale test sottostima i consumi di alcol in alcune popolazioni a rischio (Bazzo et al., 2015)

– Un questionario creato ad hoc per indagare le motivazioni relative ai consumi, l’atteggiamento verso i consumi e le credenze relative ai rischi per la salute e le loro conoscenze scientifiche su questi specifici argomenti

– Inoltre agli studenti e stato chiesto, inoltre, se avessero mai frequentato una lezione o qualunque altro evento formativo su temi riguardanti i rischi dell’alcol.

Risultati Abitudini e consumi di alcol

I consumi alcolici sono stati valutati attraverso il questionario AUDIT-C

Gli studenti che non bevono sono solo 135, il 7,0% della popolazione intervistata, il 39,5% (N=761) risulta essere un bevitore a basso rischio, il 53.5% (N=1031) risulta un bevitore ad alto rischio (un solo soggetto non ha risposto al questionario)

Figura 2 Distribuzione per genere tra le categorie dell’AUDIT-C

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Esiste una differenza statisticamente significativa nella distribuzione tra maschi e femmine rispetto al consumo di alcol (chi-quadro= 9,76; p<0,008), in particolare, come mostra la Figura 2, la frequenza di maschi e maggiore rispetto alle femmine tra i bevitori a basso rischio (N=177).

Inoltre, non si riscontrano differenze significative relativamente al corso di studi frequentato e al consumo di alcol.

Esiste invece una differenza statisticamente significativa nella distribuzione tra i consumi alcolici rispetto alla località dell’Università che si frequenta (chi-quadro= 20,1; p=0,003); in particolare, la frequenza dei bevitori ad alto rischio e maggiore nelle università del Nord rispetto a quelle del Centro (Figura 3).

Figura 3. Distribuzione università di provenienza tra le categorie dell’AUDIT-C

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Gli studenti bevono solitamente birra (65,9%), vino (60,9%), cocktail (58,2%) superalcolico (31,0%) e soft drink (18,4%).

Solo il 15,0% consuma solo una bevanda, il 35,2% almeno due bevande, il 28,8% consuma tre tipologie di bevanda alcolica, il 10,8% ne consuma quattro e il 3,9% consuma cinque tipologie di bevande (Figura 4).

Figura 4. Distribuzione del campione in base al tipo di bevanda consumata

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Luoghi di consumo, comportamenti a rischio e motivazioni

Storicamente, e a partire dagli anni ’90 che cominciano a diffondersi i pub in Italia e, conseguentemente, comincia a modificarsi il modello di consumo dell’alcol: si riduce la scelta di bere vino e birra durante i pasti mentre si prediligono aperitivi alcolici e superalcolici consumati fuori pasto, in compagnia degli amici, non solo in occasioni speciali. Inoltre, i luoghi in cui si registra più frequentemente l’abuso di alcol non sono le discoteche, ma le feste private, dove l’alcol e disponibile in quantità notevoli e a basso costo. Tra i 18-24enni che frequentano questi luoghi i comportamenti più diffusi sono: un consumo abituale maggiore di quello concesso dalle indicazioni internazionale e la presenza di binge drinking (32,2%) rispetto ai coetanei che non li frequentano (6,5%).

I risultati dello studio confermano che i luoghi in cui generalmente vengono consumate le bevande alcoliche sono: il bar/pub (85,3%), le feste (69,2%), la casa di amici (53,7%), la propria casa (34,1%), in discoteca (32,1%), oppure altri luoghi (11%).

Tra gli studenti che dichiarano di consumare alcolici (n=1791), lo 0,6% degli studenti ha ammesso comportamenti di binge drinking almeno una volta al giorno, tutti i giorni; il 3,3% almeno 1 volta a settimana, il 13,1% pratica “abbuffate” alcoliche 1 volta al mese mentre il 45.8% più di 1 volta al mese. Il 37.2% riferisce di non avere comportamenti di binge drinking (Figura 5).

Figura 5- Distribuzione del campione in base ai comportamenti di binge drinking

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Relativamente alla motivazione per cui gli studenti consumano bevande alcoliche possiamo evidenziare quattro dimensioni: 1. Enhancement: legato a rinforzi positivi interni. Si utilizza l’alcol per ricercare sensazioni forti, per facilitare il divertimento e per raggiungere un obiettivo; 2. Coping: legato a rinforzi negativi interni. Si utilizza l’alcol per gestire le proprie emozioni e i propri stati d’animo interni; 3. Social: legato a rinforzi positivi esterni. Si utilizza l’alcol per sentirsi parte del gruppo e per divertirsi insieme agli altri; 4. Conformity: legato a rinforzi negativi esterni. Si utilizza l’alcol per evitare quel senso di esclusione dal gruppo quando con ci si uniforma alle abitudini degli altri.

Sono state condotte quattro distinte Analisi della Varianza in cui i fattori erano le categorie dell’AUDIT, il sesso e le variabili dipendenti da ciascuna delle quattro dimensioni della motivazione al bere. I risultati dimostrano che, i bevitori ad alto rischio bevono maggiormente rispetto ai bevitori a basso rischio per Coping (F= 79,9, p<0,001), Social (F= 95,6; p<0,001) e Enhancement (F= 81,9; p<0,001). I bevitori a basso rischio, invece, bevono maggiormente per Conformity (F= 7,4, p<0,001) rispetto ai bevitori al alto rischio. Relativamente al sesso, invece, esiste una differenza statisticamente significativa nella dimensione Social, che indica una maggiore motivazione a bere per rinforzi positivi esterni negli uomini rispetto alle donne.

Atteggiamenti, credenze e conoscenze scientifiche

Relativamente agli atteggiamenti, credenze e conoscenze scientifiche relative all’alcol, sono state poste agli studenti le domande riportate nella Tabella 2.

Gli studenti che hanno partecipato a un corso su questi argomenti risultano essere il 43,8%.

Nella Figura 6 sono mostrate le percentuali di risposte corrette per ciascun item.

Tabella 2. Domande del questionario

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Figura 6. Percentuale di risposte corrette per ciascun item

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Discussione

Il consumo di alcol risulta essere una delle principali preoccupazioni della sanità pubblica per la popolazione giovanile. In particolare, adolescenti e giovani adulti riferiscono di consumare bevande alcoliche con una modalità rischiosa per la salute. A nostra conoscenza, pochi studi in Italia si sono occupati di valutare cosa accade nella popolazione di studenti universitari al fine di mettere in atto interventi per affrontare efficacemente il fenomeno.

Il presente studio ha valutato, attraverso strumenti validati a livello internazionale, i consumi e le abitudini relative al consumo di bevande alcoliche, l’atteggiamento verso l’alcol e le credenze e le conoscenze di base relative ai rischi per la salute in un campione di 1928 studenti universitari, afferenti a differenti atenei per la maggior parte italiani diffusi su tutto il territorio italiano e frequentanti diverse facoltà. I risultati ottenuti forniscono dati utili per comprendere le abitudini relative al consumo di alcol degli studenti universitari frequentanti differenti corsi di laurea. Inoltre, ci danno indicazioni sul “Disturbo da Uso di Alcol” (American Psychiatric Association, 2013) nella popolazione esaminata e della relativa mancanza di informazione e conoscenza delle problematiche legate al consumo di alcol. Ciò e particolarmente grave considerando che questi stessi studenti saranno i professionisti di domani, alcuni dei quali saranno chiamati ad intervenire su questi problemi per informare, promuovere stili di vita salutari e curare. Per tale motivo, i dati rilevati in questo studio, suggeriscono di incrementare e indirizzare in maniera più specifica il fabbisogno formativo degli studenti per renderli capaci di comprendere, individuare, intervenire correttamente nella promozione della salute propria e delle persone che a loro si affideranno alla ricerca di soluzioni ai propri problemi di salute. Rispetto al consumo generale di alcol nei giovani italiani (Istat, 2017; Ministero della salute, 2016), il nostro campione di studenti universitari mostra una percentuale più elevata di consumi (93% vs. 72,8%). Allo stesso modo, il nostro campione mostra comportamenti di binge drinking piu frequenti rispetto agli italiani di età compresa tra i 18 e i 24 anni (45,8% vs. 17%) (ISTAT, 2017). Infine, coerentemente con i dati presenti nella letteratura internazionale (Davoren, Demant, et al., 2016), il 53,5% risulta essere un bevitore ad alto rischio. Sorprendentemente, inoltre, tra i bevitori a basso rischio si trova una percentuale maggiore di maschi, mentre non ci sono differenze in base al sesso tra i bevitori ad alto rischio, evidenziando consumi pericolosi tra le femmine. Questo dato potrebbe risultare preoccupante in quanto, come indicato dalla letteratura e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’organismo femminile, rispetto a quello maschile, risulta essere più vulnerabile agli effetti dell’alcol. Le linee guida nutrizionali raccomandano che una donna adulta e in buona salute non superi un consumo giornaliero di 1 unita alcolica, mentre l’uomo non deve superare le 2 unita alcoliche (WHO – World Health Organization, 2014). Questa differenza dipende dal fatto che l’organismo femminile presenta meno efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell’alcol. Coerentemente con i dati Italiani la frequenza dei bevitori ad alto rischio e maggiore al Nord (ISTAT, 2017). Inoltre, nel nostro campione e coerente anche la tipologia di bevanda consumata tra i giovani, cosi come il luogo. In particolare, gli studenti del nostro campione bevono prevalentemente birra e vino, nei bar e nei pub ed in generale lontano dai pasti (ISTAT, 2017; Ministero della salute, 2016).

Relativamente ai motivi per i quali i giovani consumano alcol, e preoccupante il fatto che una grande percentuale di bevitori ad alto rischio consuma alcolici per gestire le emozioni negative, non solo per socializzare e divertirsi. Invece, tra i bevitori a basso rischio i nostri dati riportano che la motivazione principale e quella di uniformarsi al gruppo, mostrando quindi una maggiore capacita di gestione dei consumi finalizzata all’accettazione da parte del gruppo di riferimento.

Relativamente alle conoscenze e credenze, i risultati ottenuti mostrano che gli studenti intervistati non sono sufficientemente informati circa i rischi che comporta l’assunzione di elevate quantità di alcol, infatti meno del 50% del campione analizzato risponde correttamente a queste domande. E da sottolineare il fatto che e non vi sono differenze rispetto alla facoltà frequentata. Ciò comporta una riflessione in merito al fatto che frequentare un’università appartenente all’area medica o delle professioni sanitarie non tutela rispetto alla messa in atto di stili di vita poco salutari e quindi dannosi. Possiamo inferire che la conduzione di stili di vita non salutari da parte degli studenti, potrebbe essere legata sia alla giovane età che alle scarse conoscenze che gli studenti possiedono circa la salute e i corretti stili di vita. All’interno di alcuni corsi di Laurea queste tematiche vengono affrontate ma, evidentemente, la sola conoscenza di determinati argomenti non evita che gli studenti continuino a praticare stili di vita potenzialmente rischiosi.

Conclusioni

Le ricerche citate mostrano che esiste una relazione diretta fra utilizzo dannoso di alcol e problemi relativi alla propria salute, i quali comportano una notevole perdita sociale ed economica.

Tra gli studenti presi in esame nel nostro studio, troviamo coloro i quali saranno i futuri dirigenti della nostra società. Ad oggi, essi presentano un consumo di alcol superiore alla media italiana e sono, quindi, esposti ad un rischio maggiore di sviluppare problematiche legate proprio all’assunzione di alcol. Inoltre, i dati rilevati nel nostro studio mostrano che questi studenti hanno un bagaglio di conoscenze inferiori rispetto a quelle necessarie per erogare una corretta informazione con conseguente atteggiamento verso l’utilizzo dell’alcol che non corrisponde alla pericolosità della sostanza stessa.

In particolare, anche gli studenti appartenenti all’area medica e a quella delle professioni sanitarie, non conoscono e non comprendono i dati relativi al danno provocato dall’uso incongruo dell’alcol, tradendo cosi lo spirito della tabella XVIII. Tale tabella indicava chiaramente che l’università doveva avere il compito di individuare le nuove problematiche di salute per formare i futuri professionisti e renderli capaci di affrontare le emergenze sanitarie. Tra queste, veniva chiaramente indicato che dovevano essere affrontati i temi relativi all’oncologia, alla geriatria ed alle dipendenze. A tal fine, la legge del 30 marzo 2001, n.125 “Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcol correlati” (G. U. n. 90, 18-04-2001), propone la modifica degli ordinamenti didattici dei corsi di laurea in medicina e chirurgia, in psicologia, di quelli relativi alle professioni sanitarie e di quelli ad indirizzo sociale allo scopo di assicurare l’apprendimento dell’alcologia. Di tutto ciò non si ha traccia.

A nostro avviso, sarebbe necessario riprendere in considerazione queste necessita attraverso l’inserimento nei curricula formativi di tutti i corsi di laurea di specifici riferimenti alla dipendenza da alcol, da sostanze psicoattive e da comportamenti di dipendenza, ricercando modalità di intervento sempre piu aggiornate e insegnandole ai discenti al fine di istruire e formare professionisti in grado di curare se stessi e affrontare adeguatamente queste tematiche.

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WHO – World Health Organization. (2014). Global status report on alcohol and health 2014

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Battagliese G., Pisciotta F., Tramonte L., Nofroni I., Basili S., Ceccanti M., Universitari oggi, professionisti domani: indagine sui consumi dell’alcol, Medicina e Chirurgia, 76: 3424-3431, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-76-2

Come valutano gli studenti la qualità della formazione della Sapienza?n.75, 2017, pp.3394-3400, DOI: 10.4487/medchir2017-75-4.

Abstract

Nowadays, the evaluation of quality in the university system is a key topic. In Italy, the institution that has this role is the National Agency for the University System Evaluation and Research (ANVUR). The annual survey on students’ opinions of the Sapienza is called “OPIS on-line “ and is realized through the adoption of the questionnaire drawn up by ANVUR.

These surveys are conducted to identify some problematic issues that arise in the conduction of educational activities in order to improve the educational offer of the universities. The definition of an abstract concept such as quality, it’s a pretty difficult task, since summarizes a set of intrinsic features, which make a service that meets certain requirements. This concept, in order to be inferred from the data, therefore requires quantification.

Until today, different statistical techniques have been used, both simple and more sophisticated. A further and more refined analysis method is based on the use of structural equation models (SEM) proposed here.

Keywords: Quality education, OPIS on-line, structural equation model.

Parole chiave: Qualità della formazione, OPIS online, modelli ad equazioni strutturali.

Articolo

Introduzione

Recentemente la cultura della valutazione e della qualità nel Sistema Universitario è divenuta un argomento sempre più oggetto di interesse. Essa rappresenta un prerequisito indispensabile per garantire efficienza ed efficacia nel perseguimento degli obiettivi, della promozione e sviluppo della ricerca e dell’elaborazione e trasmissione delle conoscenze, attraverso i quali l’Ateneo concorre ai processi di innovazione culturale, educativa, tecnologica ed organizzativa della società.

Dal 1998 al 2010 dopo una serie di accordi ministeriali, correlati ad attività politiche e istituzionali che hanno caratterizzato la politica europea dell’istruzione superiore, è nato, in occasione di una specifica riunione tra i 47 ministri dei paesi aderenti al Processo di Bologna (sistema di riforma internazionale dei sistemi di istruzione superiore dell’Unione Europea), lo Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore.

Grazie a questo accordo intergovernativo di collaborazione, l’European Network for Quality Assurance in Higher Education (ENQA) su richiesta dei ministri dei paesi aderenti, sviluppò un insieme di standard e linee guida per assicurare la qualità all’interno di istituzioni universitarie, nonché l’istituzione di agenzie esterne per verificare le attuazioni in materia.

Nel Consiglio di Bergen (2005) furono adottate, tenendo in considerazione i diversi assetti istituzionali, metodiche comuni per assicurare standard di qualità in grado di accomunare l’istruzione superiore dei diversi paesi europei, definite Standards and Guidelines for Quality Assurance in the European Higher Education Area (ESG).

In Italia è stata istituita nel 2011 l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) che oltre a verificare e valutare il sistema di assicurazione della qualità ha anche la funzione di accreditamento degli atenei italiani [1], sviluppando, sulla base delle norme e delle linee guida europee, il sistema AVA (Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento).

A tal fine, è richiesto ai responsabili dei corsi di studio di stabilire i contenuti degli insegnamenti coerenti con gli obiettivi del corso, e far si che le modalità di verifica siano in grado di garantire che lo studente acquisisca le competenze dichiarate nel programma didattico. Inoltre, annualmente i responsabili devono effettuare un riesame del corso in base agli obiettivi dichiarati, al monitoraggio effettuato ed a eventuali criticità che possano emergere sia da loro stessi che da considerazioni da parte di studenti.

Tutto ciò si rende necessario, al fine di elevare la qualità dei processi formativi e fronteggiare alcuni problemi persistenti dell’ambito accademico, emersi da un rapporto ANVUR (2013) sullo stato del sistema universitario e della ricerca [2]. Uno dei procedimenti atti alla valutazione della formazione, prevede di esaminare le opinioni espresse dagli studenti attraverso la somministrazione di questionari, su un insieme di aspetti inerenti i corsi da essi frequentati.

In questo ambito, Sapienza si è attivamente impegnata dall’a.a. 2003/2004 avviando un proprio sistema di Assicurazione della Qualità (AQ), che è stato successivamente riorganizzato per tener conto della normativa vigente riguardo il sistema di valutazione e accreditamento adottato dall’ANVUR. Secondo la normativa vigente, i questionari con le opinioni degli studenti frequentanti mantengono grande rilevanza sia a fini di accreditamento sia come quota premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) da assegnare agli Atenei, inoltre costituiscono la base informativa per il Rapporto del Riesame, atto essenziale del sistema di AQ.

La rilevazione annuale della Sapienza sulle opinioni degli studenti è denominata “OPIS on-line” e viene realizzata attraverso l’adozione del questionario predisposto dall’ANVUR (v. Allegato). La compilazione avviene, attraverso il sistema informatico della Sapienza, sulla piattaforma Infostud, in cui gli studenti esprimono il proprio giudizio, con una scala ordinale, su vari aspetti relativi agli insegnamenti presenti nel loro corso di studi.

In particolare, i dati analizzati in questo lavoro, sono stati raccolti presso la Facoltà di Farmacia e Medicina, nello specifico per i corsi di laurea: Biotecnologie, Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, Farmacia, Fisioterapia, Infermieristica, Medicina e Chirurgia, Scienze Farmaceutiche Applicate, Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro, Tecniche di Laboratorio Biomedico, Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia, analizzati nel periodo temporale relativo agli anni accademici 2013/2014.

Tali rilevazioni sono effettuate in modo da individuare eventuali aspetti problematici che possano presentarsi nello svolgimento delle attività didattiche con lo scopo di migliorare l’offerta formativa dell’ateneo.

Riuscire a definire un concetto astratto come la qualità, è un compito abbastanza arduo, poiché sintetizza un insieme di caratteristiche intrinseche che rendono un servizio conforme a determinati requisiti.

Tale concetto, per poter essere desunto dai dati, necessita quindi di una quantificazione.

Fino ad oggi sono state utilizzate diverse tecniche statistiche sia semplici che più sofisticate [3,4]. Un ulteriore e più raffinato metodo di analisi è basato sull’utilizzo di modelli ad equazioni strutturali (Structural Equation Model, SEM) [4] qui proposto. Con i SEM i fenomeni complessi oggetto di indagine possono essere determinati utilizzando le relazioni causali tra Variabili Latenti (VL), cioè non osservate, ciascuna delle quali viene “misurata” da un pool Variabili Manifeste (VM), cioè osservate.

Obiettivi

Lo scopo di questo lavoro è la misurazione sincretica della qualità della formazione universitaria, analizzata attraverso il livello di soddisfazione espresso dagli studenti.

A tal proposito, è necessario individuare e misurare le potenziali cause dell’insoddisfazione, in modo da identificare leve sulle quali agire per migliorare la performance complessiva.

Appendice metodologica

I metodi di analisi utilizzati riguardano modelli statistici in grado di analizzare le relazioni di causa effetto tra più variabili.

Tali modelli conducono ad una quantificazione dell’importanza delle cause poiché le relazioni sono formalizzate tramite equazioni.

La loro utilità è duplice perché riescono ad individuare le cause che agiscono su un fenomeno, ed inoltre, quantificano l’importanza di ogni specifica causa.

La modellazione ad equazioni strutturali nasce dalla combinazione di modelli di path analysis [5] e modelli di analisi fattoriale [6]. I primi consentono lo studio delle relazioni di causalità tra più variabili mentre i secondi consentono l’analisi di fenomeni complessi caratterizzati da un insieme di Variabili Latenti (VL) attraverso l’impiego di Variabili Manifeste (VM).

Pertanto, il ricorso ai modelli ad equazioni strutturali permette di analizzare contemporaneamente le strutture latenti sottostanti certi indicatori osservati e le loro potenziali relazioni causali, tenendo in considerazione non solo la molteplicità di cause che agiscono su variabili dipendenti, ma anche le connessioni tra diverse cause.

Nei SEM per identificare le variabili si utilizza la terminologia introdotta in econometria di variabili endogene ed esogene. Le esogene appaiono in tutto il sistema di equazioni del modello solo come variabili indipendenti, mentre quelle endogene risultano dipendenti in almeno una equazione.

I SEM sono rappresentabili graficamente tramite i path diagrams, in cui le VL sono raffigurate con ellissi, le VM con rettangoli e i legami tra VL con frecce orientate; la variabile che riceve la freccia è considerata endogena nella specifica relazione, mentre gli errori sono rappresentati con la corrispondente lettera senza essere cerchiati. Infine, la forza della relazione è espressa, in corrispondenza della freccia, tramite il coefficiente di regressione se la freccia è causale, cioè orientata, oppure tramite quello di correlazione o di covarianza se non è indicata la direzione causale.

La duplice natura di questo approccio è rilevabile nelle due parti che lo costituiscono: il modello strutturale e quello di misurazione. Il primo specifica le relazioni tra le VL; in termini formali, indicando con η un vettore (m x 1) di variabili latenti endogene, con ξ un vettore di variabili latenti esogene (n x 1), con Β (m x m) e Γ (m x n) le rispettive matrici dei coefficienti e con ζ (m x 1) un vettore casuale dei termini di errore, la parte strutturale è definita dalla seguente equazione: η = Bη + Γξ + ζ Il modello di misura, invece, definisce le relazioni tra le VL e le VM ed è formulato nel seguente modo: Y = Λyη + ε X = Λxξ + δ dove Y e X sono vettori di variabili osservate rispettivamente endogene ed esogene, η e ξ i vettori delle variabili latenti sottostanti, Λy (p x m) e Λx (q x m) le matrici dei coefficienti dei termini di errore.

Nella figura 1 possiamo osservare 5 blocchi di VM sintetizzate attraverso 5 VL, evidenziati in rosa, che rappresentano il modello di misurazione, mentre evidenziate in verde le relazioni tra VL che rappresentano il modello strutturale.

Figura 1: path diagram

Nella letteratura sui SEM, per la stima dei parametri possono essere considerati due diversi metodi: tecniche basate sulla covarianza e le tecniche basate sulle componenti. Il primo approccio, che comprende il metodo della massima verosimiglianza (SEM-ML o LISREL) [7], è stato, per molti anni, l’unico metodo di stima. Esso mira a riprodurre la matrice di covarianze campionarie delle variabili osservate attraverso i parametri del modello. Il secondo approccio, noto anche come PLS Path Modelling (PLS-PM) [8], è stato sviluppato come alternativo al LISREL. Costituisce una tecnica più flessibile per il trattamento di una quantità enorme di dati caratterizzati da campioni di piccole dimensioni rispetto al numero delle variabili e richiede ipotesi meno restrittive rispetto ai classici approcci basati sulla covarianza in termini di distribuzioni e scale di misurazione. Esso fornisce stime delle LV in modo tale che siano le più correlate fra loro, secondo la struttura del path diagram, e le più rappresentative di ogni corrispondente blocco di VM.

Una recente metodologia, appartenente a questo secondo approccio, è il Non-Metric PLS [9] ed è basata sul concetto di optimal scaling applicato all’algoritmo del PLS-PM.

Grazie alla sua introduzione si possono analizzare con il PLS-PM anche variabili con scale di misura non quantitative. Infatti, utilizzando l’optimal scaling, ogni osservazione categoriale viene rappresentata attraverso un parametro di scaling. In questo caso devono essere ottimizzati due set di parametri: quelli del modello e quelli di scaling. Per questo motivo è stato sviluppato un nuovo algoritmo denominato NM-PLS.

Risultati

I dati analizzati riguardano i questionari compilati da 1020 studenti di Farmacia e Medicina, frequentanti i 10 corsi di Laurea, riguardanti le 12 domande del questionario sulla qualità della formazione percepita dagli stessi (tabella 1).

Il modello strutturale, adottato per l’analisi, ripartisce le 12 domande del questionario in 3 VL corrispondenti alle 3 sezioni individuate dall’ANVUR, ossia:

  1. Organizzazione del modulo
  2. Attività didattiche e studio
  3. Interesse e soddisfazione

Tabella 1: descrizione delle VL e VM del data-set

Schermata 2017-10-02 alle 13.56.02

due tipi di relazioni:

  • di tipo riflessivo, in cui si ipotizza che le VM siano la conseguenza logica della propria VL
  • di tipo formativo, in cui si considera la VL come combinazione lineare delle proprie VM Per la VL Interesse e Soddisfazione si è utilizzato un legame di tipo formativo, mentre per le altre due VL si è utilizzata una relazione di tipo riflessivo.

Inoltre, per il modello strutturale si è considerata endogena la VL Interesse e Soddisfazione, mentre le altre due VL sono state considerate come esogene.

Quindi si ipotizza che la VL Interesse e Soddisfazione sia spiegata dalle altre due VL considerate (figura 2).

Figura 2: path diagram del modello strutturale

Una prima analisi esplorativa è stata condotta riguardo la consistenza interna dei blocchi riflessivi.

In tabella 2, possiamo verificare, attraverso gli indici alpha di Cronbach e Rho di Dillon-Golstain, che tutti i blocchi riflessivi (come si può riscontrare in tabella identificati con mode A) sono unidimensionali, infatti hanno tutti valori molto elevati per questi due indici.

Tabella 2
Schermata 2017-10-02 alle 13.57.29

In particolare, si prende come riferimento l’indice Rho di Dillon-Golstain, in quanto è stato dimostrato essere un indicatore migliore rispetto all’ alpha di Cronbach, poiché è basato sui loadings che risultano dal modello piuttosto che sulle correlazioni osservate tra le VM presenti nel dataset [10]. Per esso si riscontrano valori maggiori del valore soglia 0,70 [11]. Un secondo step riguarda l’analisi delle relazioni tra ogni VM con la propria VL.

Nella tabella 3 sono riportati i pesi delle relazioni tra tutte le VM con le rispettive VL e l’indice di comunalità che indica la capacità della VL di spiegare le proprie VM.

Schermata 2017-10-02 alle 13.57.40

Si può osservare che per la VL Attività didattica e studio le VM che hanno un peso maggiore rispetto altre dello stesso blocco nella costruzione della VL sono “Il docente espone gli argomenti in modo chiaro?”, “Il docente stimola/motiva l’interesse verso la disciplina?”, e “Il materiale didattico (indicato e disponibile) è adeguato per lo studio della materia?”, con i seguenti loadings rispettivamente pari a 0,879; 0,890; 0,786.

Queste relazioni sono rappresentabili graficamente tramite i path diagrams relativi al modello di misurazione (figura3).

Figura 3: path diagrams del modello di misurazione

Per quanto riguarda il modello interno, si analizzano i risultati dell’analisi relativi ai path coefficients, all’R2 e all’Average Variance Extracted (AVE).

Dall’analisi dei path coefficients, (tabella 4) si può osservare che interesse e soddisfazione di uno studente dipendono dalla VL Attività didattica e studio (path coefficient = 0,730) e marginalmente dalla VL Organizzazione del modulo (path coefficient = 0,175).

Tabella 4: effetti totali
Schermata 2017-10-02 alle 13.57.52

Il modello strutturale viene rappresentato graficamente mediante il seguente path diagram (figura 4).

Figura 4

Figura 4: path diagram del modello strutturale con i path coefficient  Dalla tabella 5 è possibile notare, invece, l’analisi riferita al modello strutturale, in particolare gli indici riferiti all’R2, alla comunalità media e all’AVE.

Tabella 5
Schermata 2017-10-02 alle 13.58.03

Il coefficiente di determinazione R2, per le VL endogene, ci indica l’ammontare di varianza nella VL endogena spiegato dalle proprie VL indipendenti.

In questo caso, possiamo osservare un valore di R2 per la VL Interesse e Soddisfazione pari a 0,751.

Il secondo indice è la comunalità media, che indica quanta parte della variabilità del blocco è riproducibile dalla VL.

L’ultimo indicatore riguarda l’AVE che misura l’ammontare di varianza che una VL cattura dai propri indicatori (VM) in relazione ad un ammontare di varianza dovuto all’errore di misura. In generale, un AVE maggiore di 0,50 indica che è rappresentato più del 50% della varianza dell’indicatore.

Infine, un indicatore della bontà di adattamento, che consideri sia la qualità del modello strutturale che quella del modello di misurazione, è fornito dal Goodness of Fit (GoF) [12], il cui calcolo è basato sia sull’indice di comunalità che sul coefficiente R2.

In questo studio si sono ottenuti risultati molto soddisfacenti, in particolare un valore di R2 di 0,751 come mostrato in tabella 5 e un valore assoluto del GoF di 0,6547.

In ultimo, possiamo individuare la relazione che caratterizza il modello strutturale: Interesse e Soddisfazione = 0,175 × Organizzazione del modulo + 0,73 × Attività didattiche e studio

Conclusioni

Si è utilizzata una nuova metodologia per valutare la soddisfazione, da parte degli studenti, dei corsi di studio ed i fattori che l’hanno generata. L’analisi della valutazione degli studenti necessita di tecniche speciali in grado di considerare la natura ordinale delle valutazioni nonché la natura multivariata dei dati.

I SEM sono stati applicati ai dati raccolti attraverso i questionari OPIS on-line dell’Università Sapienza nell’anno accademico 2013-2014. In questo ambito, in cui i fenomeni da studiare sono più complessi e articolati di quelli tradizionalmente affrontati con modelli di regressione o di riduzione dimensionale, l’utilizzo dei modelli ad equazioni strutturali, appare particolarmente appropriato.

In particolare si è mostrato che si deve operare prevalentemente sulla VL Attività didattiche e studio per incrementare la soddisfazione complessiva degli studenti.

Infine, grazie all’utilizzo dei modelli ad equazioni strutturali è possibile costruire un indicatore composito della qualità della formazione.

Bibliografia

1. ANVUR (2014). Il modello italiano di accreditamento e valutazione degli atenei nel quadro dei sistemi di assicurazione della qualità promossi dal processo di Bologna. Audizione presso la Commissione 7° della Camera dei deputati del 12/06/2014.

2. Rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca 2013. http://www.anvur.org

3. Polimeni A., Vestri A.R. (2009). La valutazione della didattica da parte degli studenti nella I Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma la Sapienza mediante tecniche di scaling multidimensionale.

4. V. Capursi, M. Porcu (2001) “La didattica universitaria valutata dagli studenti: un indicatore basato su misure di distanza fra distribuzioni di giudizi” Atti del Convegno Intermedio della SIS, pag. 17-20.

5. Bollen K.A. (1989). Structural equations with latent variables. Wiley, New York, NY.

6. Wright S. (1921). Correlation and causation. Jour. Agric. Res. 20.

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8. Jöreskog K. G. (1970). A general method for analysis of covariance structures, Biometrika 57, pp. 239– 251. doi:10.1093/biomet/57.2.239

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13. Amato S., Esposito Vinzi V., Tenenhaus M. (2005). A global goodness-of-fit index for PLS structural equation modeling. Technical report HEC School of Management, France.

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Ferrara C., Nofroni I., Polimeni A., Vestri A., Come valutano gli studenti la qualità della formazione della Sapienza?, Medicina e Chirurgia, 75: 3394-3400, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-75-4