The World Health Organization (WHO) considers tobacco smoke as the leading cause of preventable death in industrialized countries. In Italy, smokers are 22% adult population. Although the smoker is aware of the damage caused by smoking cigarettes, this is not enough to make him quit. In this context, the role of the physician can be crucial to counteract tobacco addiction, even just through brief interventions, because of the relationship of trust between him and his patient. It is therefore necessary that the physician develops adequate knowledge and appropriate attitudes and skills in the context of a specific training on these matters.
Introduzione
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), il fumo di tabacco è la singola causa di morte maggiormente prevenibile ed uccide circa 6 milioni di persone ogni anno1. Un rapido sguardo alla situazione nel mondo ci dimostra che in 22 anni è diminuita la prevalenza dei fumatori di circa 10 punti percentuali e delle fumatrici di circa 4 punti percentuali, ma il numero assoluto di fumatori, a causa dell’incremento della popolazione generale, è aumentato di circa 250 milioni di fumatori. Così è aumentato il numero di sigarette fumate (+26%) e il mercato globale delle sigarette continua a crescere2. L’Italia, insieme ai Paesi orientali, si colloca tra i Paesi con la maggior prevalenza di consumi giornalieri superiori al pacchetto di sigarette2. In Italia il fumo di tabacco è responsabile di circa 71.500 morti all’anno, pari al 12,5% della mortalità totale3. Il fumo è dannoso a ogni età, e il rischio di contrarre una patologia ad esso correlata (cardiovascolare, oncologica, pneumologica) è strettamente dipendente dall’età di inizio: un ragazzo che comincia a fumare a 15 anni ha una probabilità tre volte superiore di ammalarsi di tumore rispetto a un individuo che inizia a fumare a 20 anni4-5. Inoltre, è stato dimostrato che l’uso precoce di tabacco è in grado di modificare lo sviluppo polmonare nell’adolescenza con un’induzione precoce della crescita neoplastica6.
La raccomandazione a smettere di fumare, il supporto alla motivazione e l’offerta del necessario sostegno dovrebbero essere quanto più possibile puntuali e incisivi soprattutto in presenza di particolari categorie di fumatori: i giovani, le donne in gravidanza e i pazienti con gravi patologie fumo-correlate (tumore, BPCO, enfisema, insufficienza respiratoria etc..). In particolare, viene data molta importanza agli interventi che favoriscono la disassuefazione dal fumo, tramite il contributo dei Medici e dei Centri Antifumo già operanti su tutto il territorio nazionale.
Epidemiologia nel tabagismo in Italia
L’indagine DOXA effettuata per conto dell’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri rivela che nel 2014 in Italia i fumatori sono 11,3 milioni (il 22% della popolazione adulta di età superiore ai 15 anni): di questi il 25,4% sono uomini e il 18,9% sono donne7.
Nel corso degli ultimi anni la prevalenza del fumo di sigarette nella popolazione è rimasta sostanzialmente invariata. Nel 2014 tuttavia si assiste ad un incremento di 1,4 punti nella percentuale dei fumatori, che passano dal 20,6% del 2013 al 22,0% del 2014. Questo incremento è da attribuirsi alle fumatrici la cui prevalenza subisce un aumento di ben 3,6 punti percentuali (15,3% nel 2013 versus 18,9% nel 2014) (Fig.1).
Stratificando i fumatori in funzione delle diverse fasce d’età si osserva come la prevalenza di fumatori è costantemente superiore a quella delle fumatrici in tutte le fasce d’età. Inoltre, la percentuale maggiore di fumatori si riscontra tra gli uomini di età compresa tra i 25 e 44 anni mentre la percentuale minore tra le donne di età superiore ai 65 anni. L’analisi relativa all’andamento della prevalenza dei fumatori suddivisi per classi d’età individua nella fascia 25-44 anni quella dove nel 2014 si è registrato l’aumento principale di fumatori.
Per quanto riguarda invece la distribuzione dei fumatori italiani rispetto alle varie aree geografiche, è possibile notare che nel Centro Italia si registra la prevalenza maggiore di fumatori (29,2%) e la prevalenza minore di fumatrici (17,4%).
Gli italiani fumano mediamente 13 sigarette al giorno: tale consumo medio si è mantenuto stabile nel corso degli ultimi 3 anni. Va sottolineato tuttavia che a fronte di un consumo medio di 13 sigarette/die, oltre il 69% dei fumatori fuma più di 10 sigarette al giorno e che di questi fumatori, il 28,5% fuma più di 1 pacchetto al dì.
Un dato particolarmente preoccupante riguarda la fascia di età tra i 15 ed i 24 anni. Sebbene infatti i giovani fumino mediamente meno di 15 sigarette al giorno, i dati DOXA per il 2014 mostrano che tale consumo medio è in deciso calo rispetto all’anno precedente passando dall’ 80,7% al 67,8%. L’1,3% dei giovani inoltre dichiara di fumare più di 25 sigarette al giorno.
L’età media in cui si inizia a fumare è 17,8 anni: le ragazze iniziano 1 anno e 4 mesi in ritardo rispetto ai ragazzi. Comunque, oltre il 72% dei fumatori inizia a fumare tra i 15 e i 20 anni, ed un 13,2% inizia prima dei 15 anni.
Fra i principali motivi che hanno spinto il 59% dei fumatori ad iniziare a fumare troviamo l’influenza degli amici: tale motivazione non mostra differenze di genere e rimane costante nel corso del tempo (era valida per il 60,5% degli intervistati nel 2009).
Cosa e come si fuma
Secondo l’ultima indagine DOXA, circa il 95% dei fumatori fuma quotidianamente sigarette tradizionali: questa tipologia di consumo si è consolidata nel corso degli anni. Probabilmente a causa del minor costo del tabacco trinciato, tuttavia, si registra nel 2014 un raddoppio della percentuale di chi fuma (occasionalmente o abitualmente) sigarette fatte a mano (9,6% nel 2013, 18,0% nel 2014): tale tipologia di consumo è significativamente più diffusa tra i giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni. Il dato storico relativo al fumo di sigarette fatte a mano indica inoltre che negli ultimi 5 anni è quasi triplicato il consumo prevalente di tali sigarette (2,7% nel 2009, 7,8% nel 2014)7.
Tra i diversi canali di acquisto delle sigarette, i fumatori italiani prediligono rivolgersi ai tabaccai (89,0%), sebbene il 7,8% di essi acquisti le sigarette ai distributori automatici e il 3,6% utilizzi “altri canali”, presumibilmente Internet o il contrabbando illegale.
La sigaretta elettronica
La sigaretta elettronica (o electronic cigarette, e-cig) è un prodotto commerciale inventato con lo scopo di imitare il sistema di inalazione della nicotina della sigaretta di tabacco convenzionale. Esistono attualmente molti tipi di sigarette elettroniche, con diverse forme estetiche e cartucce per il funzionamento contenenti miscele di sostanze che vengono vaporizzate e che possono contenere aromi e nicotina. In pochi anni le e-cig sono diventate molto popolari nei Paesi ad alto reddito e dal 2010 hanno conquistato il mercato italiano. Dall’ultima indagine DOXA, tuttavia, risulta che nel 2014 l’uso della sigaretta elettronica in Italia si è più che dimezzato: gli utilizzatori (occasionali o abituali) sono passati infatti dal 4,2% del 2013 all’1,6% del 2014. Gli “svapatori” che la usavano abitualmente nel 2013 erano circa 510 mila persone (l’1% della popolazione): nel 2014 sono passati a circa 255 mila (lo 0,5%). I consumatori occasionali, che erano 1,6 milioni nel 2013 (il 3,2%) sono passati a circa 550 mila (l’1,1%) nel 2014.
Gli utilizzatori della e-cig hanno mediamente 42 anni e sono soprattutto uomini (66%). Questo prodotto viene utilizzato principalmente da giovani adulti e adulti poiché l’84,4% dei consumatori ha un’età compresa tra i 25 e 64 anni. La e-cig più utilizzata è quella contenente nicotina (66,2%).
Nel 2014 sono mutate rispetto al passato le preferenze dei consumatori circa il canale di acquisto delle sigarette elettroniche: diminuiscono infatti gli acquisti presso i rivenditori specializzati e aumentano quelli presso i tabaccai e le farmacie.
L’utilizzo della e-cig come ausilio per smettere di fumare è ad oggi molto dibattuto8-10.
Dall’indagine DOXA emerge un aumento, tra gli utilizzatori della e-cig, della percentuale di chi ha dichiarato di aver smesso di fumare le sigarette tradizionali (18,8% nel 2014, 10,6 % nel 2013). Diminuisce invece la percentuale di chi ha dichiarato di aver ridotto leggermente o drasticamente il numero di sigarette fumate (41,8% nel 2014 rispetto al 67,3% nel 2013). Una osservazione interessante riguarda il dato relativo ad un quarto dei fumatori di e-cig che ha dichiarato di non aver modificato le proprie abitudini tabagiche, aggiungendo quindi l’uso della e-cig allo stesso numero di sigarette tradizionali fumate (25,1% nel 2014, 22,1% nel 2013). Preoccupante inoltre la percentuale relativa agli utilizzatori della e-cig che hanno dichiarato di aver aumentato il numero di sigarette tradizionali (1,7%) e che hanno iniziato a fumare sigarette tradizionali sebbene prima non avessero questa abitudine (12,1%).
Smettere di fumare
Il fumatore è consapevole dei danni provocati dal fumo (non solo alla propria salute): spesa economica costante, senso di dipendenza dalla sigaretta, alito e odore cattivi, fastidio e danno alla salute delle persone vicine, difficoltà respiratorie e rischio di gravi malattie. Tutti sanno che fumare ha conseguenze più o meno importanti, eppure questo non basta per smettere.
Mediamente ogni anno tentano di smettere di fumare senza successo il 30% dei fumatori e lo fanno nella maggior parte dei casi senza alcun supporto. Infatti, poco più del 5% utilizza prodotti farmaceutici indicati per sostenere il percorso della disassuefazione. A questo problema si unisce il dato che oltre la metà dei fumatori dichiara di non aver mai ricevuto un consiglio circa l’opportunità di smetter di fumare da parte del proprio medico di base7. Inoltre poco conosciuti sono i servizi territoriali per la cessazione dal fumo di tabacco (Centri Antifumo) che sono dei servizi del SSN distribuiti su tutto il territorio nazionale e dedicati alla cura del tabagismo e dei problemi fumo-correlati. Eppure è ormai dimostrato11 che un intervento breve di pochi minuti da parte di un operatore sanitario può avere un rilevante impatto nello spingere le persone a smettere di fumare o comunque a prendere in considerazione la possibilità di farlo: un approccio mirato da parte di un medico o del personale sanitario può essere un forte incentivo a tentare o comunque a prendere coscienza del problema. Tale approccio riporta un generale apprezzamento da parte dei pazienti, anche se può sembrare aggiuntivo rispetto al motivo della consultazione. Il rapporto costo/beneficio è decisamente favorevole: 3 soli minuti, utilizzati per affrontare l’argomento fumo, permettono di avere un incremento delle cessazioni pari al 3%11.
Il ruolo del medico
Il medico può essere determinante per combattere la dipendenza da tabacco, anche semplicemente attraverso interventi brevi, attuabili nel corso della propria attività clinica quotidiana. Le linee guida per il trattamento del tabagismo raccomandano di inserire, nei protocolli ambulatoriali e ospedalieri, la valutazione dello status di ogni paziente riguardo al fumo e indicano quale approccio adottare per rendere quanto più possibile efficace ed incisivo un intervento preliminare di pochi minuti. Tale intervento è conosciuto con la sigla 5A: – Ask (chiedere) – Advice (raccomandare) – Assess (identificare) – Assist (assistere) – Arrange (pianificare)
Ad ogni visita il medico dovrebbe chiedere (ASK) al paziente in maniera chiara e diretta (Fig. 2), se è un fumatore o meno ed indicarlo nella cartella clinica. Già questo primo passo veicola implicitamente un’importante informazione trasversale al motivo della consultazione medica: “L’essere o meno un fumatore incide sul tuo stato di salute!”. Di fronte ad un paziente fumatore la raccomandazione (ADVICE) di smettere deve essere fatta in maniera chiara e diretta, spiegando che è la cosa più importante che può fare per la sua salute. Dopo il primo approccio va valutato se la persona ha intenzione di smettere (ASSESS) e, in caso positivo, va fornito l’aiuto necessario (ASSIST), concordando con il soggetto stesso la strategia (ARRANGE) in modo che sia quanto più possibile rispondente alle sue capacità.
Si ricordi che tra le patologie maggiormente chiamate in causa dal fumo di tabacco troviamo la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), il tumore al polmone e le malattie cardiovascolari13. I pazienti con malattie respiratorie (ma non solo essi) hanno un più grande e più urgente bisogno di smettere di fumare rispetto alla media dei fumatori. Il trattamento per la cessazione del fumo dovrebbe essere considerato parte integrante della gestione di pazienti con malattie respiratorie.
Considerazioni conclusive
Gli interventi brevi sul fumatore, la cui efficacia è ampiamente dimostrata dalla letteratura, sono di importanza fondamentale soprattutto se attuati dal personale medico in generale e dal medico di famiglia in particolare, a causa del particolare rapporto di fiducia che lo lega al paziente. Nel fornire risposte, il medico dovrebbe lasciar percepire l’offerta di comprensione e l’accettazione dei dubbi, delle difficoltà o delle paure del fumatore, cercando di spiegare che ciò fa purtroppo parte integrante del percorso di disassuefazione e non è una conferma di debolezza. Come è ovvio, tali strategie di intervento impongono al medico adeguate conoscenze ed appropriate attitudini e capacità, ovvero una sensibilizzazione sulle tematiche del tabacco e sulle modalità di intervento sul paziente che non possono essere lasciate all’improvvisazione, ma che rendono piuttosto necessaria una formazione specifica su tali tematiche che dovrebbe essere fornita secondo standard professionali di elevato livello.
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