Analisi delle cause del ritardo studentesco nel CLM in Medicinan.74, 2017, pp. 3366-3371, DOI: 10.4487/medchir2017-74-2.

Abstract

Although the number of inactive students is rather high in Italian University (35%), the figures are distinctively lower for medical students (14% of inactive students and 3-5% of renouncing). A recent survey among medical students at La Sapienza University of Rome has singled out the following as the main causes of graduation delay: difficulties in studying (43%); delayed matriculation (due to controversies in the application competition) (16%); psychological upset (13%); family (6%) or health (3%) problems; and economical difficulties (3%).

The causes of graduation delay have been debated by the National Conference of the Undergraduate Curricula Presidents in a Forum held in Novara. Four types of causes and solutions have been discussed: i) teaching causes and active tutoring; ii) psychological upset and counselling; iii) social, cultural and economic hardships and counter window interventions; and iv) disproportion between didactic load and learning capabilities, and educational interventions.

In conclusion, the need for monitoring student upset and for reducing disciplinary learning objects (subject to quick obsolescence) in favour of methodological ones (that favour a lifelong learning) has been assessed.

Key words: Medical Education; Graduation Delay; Tutoring; Counselling

Parole chiave: Pedagogia Medica; Ritardo Studentesco; Tutoraggio; Assistenza Psicologica

Questo articolo riferisce sui risultati del Forum “Le cause del ritardo studentesco” che si è tenuto durante la riunione della Conferenza Permanente dei Presidenti di CCLM in Medicina che si è svolta presso l’Università del Piemonte Orientale il 31 marzo 2017.

Articolo

Introduzione

Una notevole percentuale degli studenti in Medicina arriva alla laurea con “ritardo” (dati 2013-14, fonte: Sapienza, Università di Roma): il 60% degli studenti si laurea in medicina con oltre 1 anno di ritardo.

Nel 2011 un gruppo di lavoro della commissione “Medical Education” della Sapienza, ha svolto una indagine su 50 studenti “inattivi” che non avevano effettuato esami da almeno 12 mesi. (Merli et al., 2012). I principali problemi rilevati risultarono prevalentemente di carattere logistico (pendolarismo, difficoltà a frequentare i corsi, studenti lavoratori) o amministrativo-burocratico (soprattutto per gli studenti stranieri). Nel 2016 abbiamo voluto ripetere questa indagine rivolgendo la nostra attenzione agli studenti “irregolari” che, pur avendo effettuato esami negli ultimi 12 mesi, risultavano carenti per il numero di crediti raggiunti rispetto agli attesi. La situazione dei crediti individuali è stata richiesta alla “banca dati di Infostud” al termine dell’AA per gli iscritti al 2°, 3° e 4° anno. La carenza di crediti è stata definita la situazione in cui lo studente non raggiunge il totale dei crediti acquisibili nell’anno precedente (uno studen-te che alla fine del 3° anno non ha ancora raggiunto i crediti ottenibili alla fine del 2° anno). Sono stati individuati 170 studenti “irregolari” (su 648 iscritti) ed è stata loro inviata una mail con un breve questionario per individuare il principale motivo del ritardo. Le risposte (ottenute dal 27%) hanno individuato come cause prin-cipali le “difficoltà nello studio” (56%), l’essere “entrati con ritardo” per problemi di scorrimento della gradua-toria o ricorsi legali (16%), cause familiari (6%), motivi di salute (3%), motivi economico lavorativi (3%).

In conclusione, il ritardo si instaura già dai primi anni di studio e l’università dovrebbe concentrare in questa fase uno specifico supporto alle “difficoltà nello studio” (Manuela Merli).

I  Laboratorio: Ritardo per cause didattiche: interventi di tutoring

Relazioni introduttive

Sicuramente, il passaggio dal mondo scolastico a quello universitario è un punto cruciale per uno studente in medicina: in molti riescono ad affrontarlo, mentre per altri rappresenta un ostacolo. “Classi” più grandi, la necessità di uno studio autonomo e di conseguenza di un metodo di studio efficace che però non da tutti è posseduto, la difficoltà del nuovo rapporto studente-docente, diverse modalità di apprendimento, sono tutte possibili situazioni che possono portare al ritardo, in particolare proprio nei primi anni. Per questo forse è necessario un accompagnamento degli studenti nel loro percorso, e il tutorato può rappresentare uno strumento utile a questo scopo (Federica Viola).

Il ritardo studentesco per cause didattiche nasce nei primi anni di corso dove si concentrano le scienze di base, impegnative e non molto attrattive per un aspirante medico, cui si aggiungono carenze nelle conoscenze preliminari, disagi sia nell’affrontare il passaggio dalla scuola superiore all’università sia legati allo scorrimento della graduatoria nazionale. È importante mettere in atto varie azioni di tutorato per ridurre il rischio di ritardo e rendere più agevole l’ingresso nella vita universitaria. Un primo intervento è puramente didattico, volto a colmare carenze derivate dal percorso pre-universitario o da iscrizioni a semestre inoltrato. È però altrettanto importante modificare l’approccio allo studio, “imparare a studiare” e stimolare la formazione di una comunità studentesca che consenta l’apprendimento attraverso un confronto tra pari. Gli studenti sono parte attiva, presen-tano e discutono tra loro un argomento del programma, il docente ha il ruolo di moderatore e interviene solo per correggere e puntualizzare (Maurizia Valli).

Il ritardo medio nazionale alla Laurea rilevato da Alma Laurea si declina in modo diverso nelle varie sedi, rendendo necessario identificare strumenti e interventi correttivi “confezionati su misura”.

Il PdQ dell’Università di Chieti ha sviluppato due sistemi S.I.Ca.S. e M.E.P. che, estraendo i dati da Esse3, forniscono di default un’analisi delle carriere studenti, per criteri specifici, consentendo di individuare studenti in ritardo o “a rischio” ed aiutando nell’identificazione della/e causa/e. Questa analisi, condotta già dai primi anni di corso sta permettendoci di effettuare interventi mirati di “tutorato attivo”. Nel nostro CdL coesistono diverse tipologie di tutor: docenti-consiglieri che seguono lo studente fino alla Laurea; docenti-tutor che su richiesta svolgono attività didattiche mirate; e infine, più re-centemente, studenti-tutor, impegnati in attività didattiche di supporto, di counselling e di studio guidato.

La nostra esperienza suggerisce che uno stretto monitoraggio delle carriere degli studenti può consentire interventi precoci e mirati di tutorato attivo svolto da docenti e/o studenti più anziani (Raffaella Muraro).

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel I laboratorio

Indicatori del ritardo studentesco: Dal laboratorio sono emerse diverse criticità, che sono particolarmente sensibili nei primi anni di corso:

  • il disagio provocato negli studenti dal cambiamento del metodo di studio dalla scuola secondaria all’univer-sità e dalla delusione per un biennio di base che non viene avvertito come realmente finalizzato al percorso clinico;
  • la difficoltà nell’affrontare gli esami di profitto, che spesso non tengono conto del patto formativo e dipen-dono troppo dalla soggettività del docente.

Metodi di rilevazione del ritardo studentesco: I migliori risultati sembrano emergere dalle osservazioni personali messe in atto dai Presidenti di CLM e dai docenti, anche tramite le esperienze di orientamento. La scheda del riesame dovrebbe essere uno strumento utile anche se le domande poste dall’ANVUR non sono sem-pre adeguate al rilevamento del disagio studentesco. Rimane essenziale il monitoraggio delle carriere messo in atto dal singolo Presidente di CLM, che permette di valutare anche l’influenza socio-culturale specifica del proprio territorio.

Possibili strumenti di intervento sul ritardo studentesco: Accanto alle attività di orientamento, il tutorato è unanimemente considerato la strategia più efficace, purché venga messo in atto un tutorato attivo con la creazione di piccole comunità di studenti assistite da docenti, studenti anziani e counsellor (Licia Montagna: testo non rivisto dall’Autore).

Laboratorio: Ritardo per cause di disagio psichico: interventi di counselling

Relazioni introduttive

Durante gli anni di Medicina, il tipo di disagio psi-chico che noi studenti più sentiamo come vicino noi è quello della “ipocondria”, che da alcuni è stata definita come la “sindrome dello studente di Medicina”. Si inizia-no a studiare i sintomi, la semeiotica, le patologie ma la nostra abilità diagnostica è limitata, forse molto sensibile a captare qualsiasi minimo sintomo ma altamente aspe-cifica per qualsivoglia reale malattia. Da ciò, nasce che studenti che percepiscono un minimo tremore o una lieve miochimia possano convincersi di essere affetti da malattie neurologiche gravi come la SLA. In studenti fuori sede, con pochi amici, con una scarsa rete di sup-porto e con una determinazione non troppo stabile, tale convinzione può portare facilmente ad ansia debilitante e ritardo studentesco (Adolfo Mazzeo).

La compromissione della salute psichica può influire grandemente sull’andamento della carriera universitaria fino a spingere lo studente ad abbandonare gli studi o a rimanere fermo, inattivo, incapace di riprendere il cammino.

I quadri clinici più frequenti, come d’altra parte nella popolazione generale, sono rappresentati da stati depressivi e vissuti ansiosi, spesso correlati a fatti perso-nali della loro vita ma anche alla difficoltà di studiare in modo soddisfacente e di superare le prove d’esame. Queste condizioni possono influenzare le funzioni cognitive di base come la memoria, l’attenzione, la capacità di concentrazione, rendendo ancora più laborioso l’apprendimento e mettendo a rischio la possibilità di superare con serenità gli esami. Da ciò spesso insorge una vera fobia dell’esame. La difficoltà di superare gli esami a sua volta può indurre uno stato di demoralizzazione e di sfiducia che comporta spesso una diminuzione della propria autostima. Più raramente, gli studenti presentano patologie psichiatriche particolarmente invalidanti che necessitano di un supporto farmacologico.

Per questi studenti problematici va programmato un percorso di tutorato attivo, su misura e personalizzato, che consiste nell’aiutare lo studente nella preparazione dell’esame e nell’accompagnarlo in sede di esame.

Come si fa ad intercettare il malessere psicologico dello studente? La prima persona che può cogliere uno stato di disagio dello studente è tutor clinico o il docente, sia durante le lezioni, sia durante le ore di ricevimento, ma soprattutto durante lo svolgimento dell’esame, che permette di conoscere più a fondo la reattività emotiva e lo stile relazionale dello studente. Il docente può indirizzare lo studente verso servizi dedicati, come il Servizio di Ascolto e di Consultazione (SACS) che dal 1991 è attivo presso l’Università dell’Aquila.

Il Ritardo studentesco viene preso come un indicatore di efficienza del sistema ma in realtà va ribadito che spesso le cause che portano una persona a ritardare il suo percorso universitario possono essere oggettive, quali per esempio una malattia fisica, metabolica, neurologica, psichiatrica, o condizioni socioeconomiche che spesso comportano la necessità per lo studente di lavorare durante gli studi (Massimo Casacchia).

Negli ultimi anni la raccolta del profilo e delle caratteristiche degli studenti che accedono ai servizi di counselling psicologico si è fatta sempre più sistematica (Strepparava et a., in stampa, Strepparava et al., 2016, Monti et al., 2014; Menozzi et al., 2016; Biasi et al., 2017) e ha evidenziato come, accanto a difficoltà di transizione evolutiva, vengano portate sempre più spesso problematiche di natura clinica.

Analizzando i dati di circa 300 studenti che hanno avuto accesso al nostro servizio di counselling psicologico, circa una metà degli studenti si presenta all’ingresso con una sofferenza di livello medio basso, in linea con la tipologia di difficoltà che questo tipo di servizio dovrebbe gestire, ma l’altra metà porta invece una sofferenza di livello medio alto, non di rado anche con un elevato ri-schio auto o etero lesivo. È quindi evidente che, proprio sulla base della rilevanza clinica di buona parte delle richieste di counselling, i servizi universitari debbano i) essere di fatto pensati e strutturati in modo tale da pre-vedere interventi differenziati, validati e adeguati ai vari gradi di sofferenza, ii) essere adeguatamente inseriti e collegati con gli altri servizi pubblici della rete territoriale per la salute mentale e soprattutto iii) avere operatori adeguatamente formati per fronteggiare questo tipo di casistica e saper lavorare in rete. I servizi universitari di counselling costituiscono spesso un primo (quando non l’unico) punto di accesso all’intervento e alla cura per giovani adulti che non arriverebbero all’attenzione dei servizi di salute mentale, in una fase di vita in cui i percorsi evolutivi patologici o di sofferenza possono ancora essere cambiati per una risoluzione più positiva.

La formazione degli operatori e l’organizzazione (sia interna che con la rete dei servizi territoriali) sono una delle sfide del futuro per i servizi di counselling: attualmente non vi sono linee guida comuni e ogni Ateneo ha strutturato i propri servizi in modo autonomo, sulla base delle diverse sensibilità dei coordinatori dei servizi, privilegiando in molti casi la dimensione tutoriale o degli interventi legati al sostegno allo studio, aspetti sicuramente rilevanti, ma non sufficienti alla gestione adeguata degli utenti. La formazione degli operatori deve, a nostro avviso, essere primariamente clinica, per garantire la sufficiente competenza nella diagnosi e nell’identificare le situazioni di maggiore gravità; la for-mazione clinica è importante soprattutto per evitare il rischio di sottostimare situazioni critiche e di ritardare interventi necessari. Anche la formazione dei docenti, che costituiscono le principali figure di riferimento per gli studenti, può facilitare il riconoscimento di situazioni di crisi e l’invio al servizio, anche se solo in poche occasioni gli Atenei riescono a lavorare con i docenti per fornire loro adeguate chiavi di lettura atte a riconoscere i campanelli di allarme, identificare chi può aver bisogno di aiuto e indirizzare nel modo più adeguato gli studenti ai servizi adatti.

Un ulteriore elemento di riflessione è dato dal legame tra la performance accademica e il disagio psichico: solo due studenti su 10 che accedono al servizio di counselling sono fuori corso; circa la metà riferisce di essere in ritardo con gli esami; questo significa che al servizio di counselling non si rivolgono solo «cattivi studenti», come una visione un po’ ingenua a volte sostiene: gli interventi devono essere sufficientemente articolati da prevedere anche un focus sulla performance acca-demica, ma la valutazione dell’efficacia dell’intervento non può passare solo attraverso la verifica del ripristino della carriera accademica (Maria Grazia Strepparava e Marco Bani).

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel II laboratorio

Dalle relazioni introduttive e dal dibattito, sono emersi i seguenti spunti:

Indicatori del ritardo studentesco: Il disagio psicologico è particolarmente diffuso tra gli studenti dei corsi di laurea delle professioni di cura e insorge in studenti vulnerabili. Si manifesta con ansia, da cui disturbi cognitivi che portano a difficoltà nello studio e a fallimento negli esami, con riduzione dell’autostima.

Metodi di rilevazione del ritardo studentesco: Docenti e tutor dovrebbero cogliere anomalie di comportamento dello studente come la difficoltà di relazione con il paziente. Gli strumenti sono l’osservazione diretta durante il tirocinio o l’invito a produrre scritti riflessivi.

Possibili strumenti di intervento sul ritardo studentesco: Docenti e tutor dovrebbero dare: a) consigli sulla metodologia di studio; b) suggerimenti per migliorare lo stile di vita; c) stimoli all’autovalutazione delle proprie difficoltà; d) inviti al ricorso ai servizi di counselling psicologico per la “gestione del fallimento”, o a interventi di terapia psicologica o ai servizi psichiatrici di secondo livello (Pietro Gallo).

III Laboratorio: Ritardo per cause di disagio sociale, culturale e scolastico: interventi di sportello studentesco

Relazioni introduttive

L’Università di oggi è un ambiente in cui gli studenti sono meno seguiti, la mole di studio è elevata, i professori giustamente poco flessibili, gli esami lunghi da preparare. Poco adatta quindi a studenti lavoratori come sono tuttora io, al mio settimo anno di Medicina. Pur rendendomi conto che le mie esperienze lavorative mi hanno resa una persona indipendente e capace di muoversi nel mondo del lavoro, gestirlo insieme allo studio non è stato semplice.

Credo quindi che sia necessario rendere sostenibile per tutti il carico di studi, anche per chi lavora. D’altronde, il primo passo, nonché il più difficile, per risolvere un problema, è ammetterne l’esistenza (Martina Cavagnero)

L’esperienza di Sapienza sul disagio sociale, culturale e scolastico si è centrata sul modo più efficace per intercettare il disagio sociale e culturale, sperimentando modelli tendenti a risolverne gli effetti sul rendimento accademico.

Sono state descritte, in estrema sintesi, due iniziative, tra le tante attualmente in corso.

La prima riguarda l’istituzione di una Mentoring Committee, operante da tre anni accademici, costituita da tre Docenti molto motivati a dialogare con gli stu-denti ed a coglierne i diversi problemi attraverso una prospettiva molto ampia, utilizzando le metodiche di tutoring, mentoring e remediation, cercando di personalizzarle sui singoli studenti, anche in collaborazione con il centro di Counselling Psicologico e con i docenti per concordare piani di recupero personalizzati.

La seconda, centrata sulla prevenzione del ritardo scolastico, riguarda il “programma orientamento in rete” (Falaschi et al., 2017), attivo da 18 anni, che fornisce risultati di successo e di allineamento efficace degli studenti soprattutto nei primi due anni di corso (Familiari et al., 2016) (Giuseppe Familiari).

Disagio scolastico: riguarda i debiti formativi che lo studente accumula quando rimane indietro con lo svol-gimento degli esami. Un peculiare debito formativo, che può incidere notevolmente al I anno di corso, è quello che deriva dalla diversa efficacia degli studi secondari. A questo si fa fronte con gli OFA (Obblighi Formativi Aggiuntivi). Questi possono essere attribuiti dai Corsi di Studio a quegli studenti che hanno superato il test d’ingresso a Medicina ma con un basso punteggio in aree tematiche quali la Biologia, la Chimica e la Matematica/ Fisica. Al termine di un corso di recupero, gli OFA si intendono assolti con il superamento della prova di profitto nella relativa area disciplinare, o in alternativa con il superamento di un test specifico.

Disagio culturale: è in genere imputabile alla difficoltà di adattamento, da parte dello studente, al contesto socio-culturale nel quale viene a situarsi, specie se fuori sede o straniero. Difficoltà ulteriori possono derivare da abusi e dipendenze. La strategia per farvi fronte parte da iniziative di supporto e indirizzo e, in particolare, dai servizi di counselling. Alla Sapienza è in elaborazione un servizio di sportello telematico che indirizza gli studenti con determinate problematiche verso servizi specifici in modo autogestito e con la possibilità di conservare l’anonimato.

Disagio socio-economico: può essere facilmente individuato grazie alla valutazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) e la principale strategia per affrontarlo è l’attribuzione di un bonus fiscale. A questo proposito, si riferiscono i risultati di uno studio condotto sui 120 studenti del IV anno di corso del polo Pontino della Sapienza. Tra gli studenti ripetenti e fuori corso, un terzo apparteneva alla fascia con ISEE ≤ 10.000 € e un ulteriore 17.6 % a quella con ISEE ≤ 20.000 €, mentre non vi erano studenti con ISEE ˃70.000 €. L’entità dell’ISEE, tuttavia, non ha mostrato correlazioni significative con il numero di esami soste-nuti. In definitiva se ne deduce che il bonus fiscale è un giusto intervento “di sistema”, che aiuta ma non risolve il ritardo studentesco, per il quale rimangono determinanti interventi di tipo pedagogico.

In conclusione, l’approccio al disagio scolastico, culturale e sociale:

  • deve essere di sistema
  • deve prevedere una precoce individuazione del pro-blema
  • deve essere integrato da interventi pedagogici mirati

(Carlo Della Rocca)

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel III laboratorio

Importanti indicatori di questo tipo di ritardo studentesco sono:

  • la frequenza degli studenti ripetenti/anno
  • il rapporto tra il numero di esami effettuati/numero esami attesi
  • il numero di studenti lavoratori

I metodi di rilevazione sono il monitoraggio delle carriere da parte del Consiglio di Corso di Studi, anche tramite analisi ISEE e il rilevamento dei debiti formativi (OFA).

Il disagio adattativo e relazionale può essere intercettato precocemente con analisi mirate e counselling psicologico Per il disagio scolastico sono utili tutor metodologici e una maggiore flessibilità delle date degli esami. Per gli studenti lavoratori è utile l’utilizzo di piattaforme online di recupero.

Resta comunque fondamentale un approccio precoce “di sistema”, allestendo un portale che censisca il disagio studentesco e lo indirizzi verso lo sportello più congruo (Tiziana Bellini).

IV Laboratorio: Ritardo per cause di sproporzione tra carico didattico e capacità di apprendimento: interventi pedagogici

Relazioni introduttive

La sproporzione fra carico didattico e capacità dello studente si può certo intendere come “quantità di studio eccessiva” ma anche come “qualità dell’insegnamento non adeguata”.

Il punto più critico, e su cui l’intervento durante il Laboratorio si è soffermato maggiormente, riguarda la formazione dei docenti in quanto pedagoghi. Quasi sempre, in particolare durante il triennio clinico, le lezioni sono tenute da professionisti o da giovani docenti privi della necessaria esperienza. Purtroppo, conoscere a fondo una materia non significa automaticamente possedere l’abilità di trasmetterla. Uno standard pedagogico non adeguato non può che complicare lo studio, allungando i tempi di preparazione degli esami e portando dunque al ritardo (Umberto Rosso).

Il contenimento/recupero del ritardo nel percorso di studi può essere perseguito con due tipi di intervento.

  • intervento sul carico didattico. Mentre appare difficile contrarre gli obiettivi formativi a causa del continuo progresso delle conoscenze, vi è ampio margine per una razionalizzazione nel raccordo tra obiettivi -> risultati di apprendimento attesi -> programmi di insegnamento, attraverso un uso appropriato del core curriculum nella (ri)progettazione del corso di studi.
  • Rafforzamento dell’apprendimento durante le ore di docenza.

– Il ritardo nell’avanzamento di carriera obbliga lo studente a seguire corsi per i quali non ha ancora acquisito conoscenze propedeutiche. Un oculato ricorso alla iscrizione part time (guidato da un tutor) può favorire la frequenza degli studenti in aula coerente con la loro capacità di comprendere/apprendere gli argomenti trattati.

– Investimenti sulla formazione pedagogica dei docenti consentirebbero l’adozione sistematica di modalità di insegnamento attivo che facilitino l’apprendimento in aula (maggiore efficacia delle ore di didattica in presenza del docente) (Bruno Moncharmont).

Sintesi per il debriefing di quanto emerso nel IV laboratorio

Il laboratorio ha identificato i seguenti punti per con-trastare il ritardo studentesco:

–  ridimensionamento del numero degli obiettivi formativi privilegiando l’insegnamento metodologico rispetto ai contenuti disciplinari.

– applicazione del Core Curriculum che tenga conto dei successivi anni di studio dopo la scuola di medicina, che sono ormai la regola per la maggior parte degli studenti

– ridimensionamento del numero dei docenti coinvol-ti nei vari corsi considerando che gli specialisti tendono ad allargare il numero degli obiettivi formativi.

–  una didattica per competenza che faciliti l’apprendimento in aula.

– esami adeguati, obiettivi e leali superabili con una buona preparazione alla fine di corsi altrettanto leali e con obiettivi educativi ben esplicitati

– ridimensionamento dei blocchi annuali e della propedeuticità:

– attivazione di un tutorato vero (Oliviero Riggio).

Conclusioni del Forum

Dalle relazioni presentate nei laboratori e dal dibattito finale in assemblea plenaria sono emersi due ordini di cause di ritardo studentesco:

– cause strutturali che esulano dall’ambito di intervento dei Presidenti di CLM:
Negli ultimi anni il ritardo studentesco è stato fortemente alimentato dalla graduatoria nazionale per l’accesso al CLM in Medicina che, con il suo lento scorrimento, ha portato ad immatricolazioni tardive, con conseguente ritardo nella progressione degli esami. Questa condizione è stata esasperata dall’esito di ricorsi al TAR da parte degli studenti esclusi che ha non solo accentuato i ritardi ma anche provocato un rilevante numero di abbandoni.

– cause che sfidano l’organizzazione didattica e la struttura del curriculum studiorum del CLM:
La struttura del curriculum medico dovrebbe sfron-dare gli obiettivi disciplinari (soggetti a rapida obsolescenza) e privilegiare gli obiettivi metodologici (che favoriscono il lifelong learning) e rivedere il numero di CFU assegnati ai corsi, in funzione dei reali tempi di apprendimento dello studente. Inoltre, il curriculum dovrebbe prevedere elementi di flessibilità in funzione della capacità di apprendimento degli studenti.

Vista la correlazione esistente tra basso reddito dello studente e insuccesso scolastico, occorre anche monito-rare precocemente il disagio economico dello studente.

Cruciale rimane, infine, la formazione pedagogica dei docenti, che dovrebbero essere in grado di svolgere un tutorato attivo e di cogliere il disagio emozionale degli studenti, osservandoli durante il tirocinio e stimolandoli al pensiero riflessivo (Pietro Gallo).

Bibliografia

Biasi V, Cerutti R, Mallia L, Menozzi F, Patrizi N, Violani C. (2017). (Mal)adaptive psychological functioning of students utilizing university counseling services. Frontiers in Psychology, 8, 403. DOI: 10.3389/fpsyg.2017.00403

Falaschi P, Familiari G, Longo F, Relucenti M, Eleuteri S, Volpe M, Filetti S, Vullo V, Gaudio E. (2017). Programma Orientamento in rete: http://www.uniroma1.it/didattica/orientamento/orientamentorete

Familiari G, Eleuteri S, Longo F, Ditoma C, Barbaranelli C, Falaschi P. (2016). The impact of specific preparatory courses upon academic success during Medical Degree-Course Studies at Sapienza University of Rome. AMEE Conference, Barcelona, Abstract Book, p. 86.

Menozzi F, Gizzi N, Tucci MT, Patrizi N, Mosca M. (2016). Emotional dysregulation: The clinical intervention of psychodynamic university counselling. Journal of Educational, Cultural and Psychological Studies, (14), pp. 169-182. DOI: 10.7358/ecps-2016-014-meno

Merli M, Cavaggioni G, Colosimo A, Della Rocca C, Lai E, Marceca M, enzi P, Romanelli F (2012): Motivazioni del ritardo nella Facoltà di Medicina. Analisi qualitativa e al-cune riflessioni per un tutoraggio attivo. Medicina e Chirurgia 54, 2392-2395. DOI: 10.4425/medchir2012-54-4

Monti F, Tonetti L, Ricci Bitti PE. (2014). Comparison of cognitive-behavioural therapy and psychodynamic therapy in the treatment of anxiety among university students: An effectiveness study. British Journal of Guidance & Counselling, 42(3), 233–244.

Strepparava MG, Bani M, Corrias D, Dolce R, Zorzi F, Rezzonico G. (2016). Cognitive counseling intervention: treatment effectiveness in an Italian university center. British Journal of Guidance and Counselling. 44, 4, 423-433. doi: 10.1080/03069885.2015.1110561

Strepparava MG, Bani M, Zorzi F, Mazza U, Barile F, Rezzonico G. (in stampa). Does the severity of psychopathology of Italian students receiving counseling services increase over time? A 5 year analysis and a comparison with a clinical and non-clinical sample. Clinical Psychology & Psychotherapy, DOI:10.1002/cpp.2096

Cita questo articolo

Gallo P., Bani M., Bellini T., et al, Analisi delle cause del ritardo studentesco nel CLM in Medicina, Medicina e Chirurgia, 74: 3366-3371, 2017. DOI: 10.4487/medchir2017-74-2

La Cassetta degli attrezzi del Presidente del Corso di Laurea – Il ruolo del Coordinatore di Semestren.73, 2017, pp. 3225-3228, DOI: 10.4487/medchir2017-73-4.

Abstract

The Semester Coordinator (SC) plays a crucial role in the organization and in the realization of the pedagogical project of the italian course degrees in medicine and surgery. Its presence is increasingly widespread and now more than 2/3 of the courses in Italy uses such figure. The organizational and the pedagogical actions are really intermingled and they can benefit of the utilization of several instruments. A number of these are here suggested to start filling the SC toolbox.

Key words: Semester Coordinator, Organization, Pedagogical Project, Toolbox

Parole chiave: Coordinatore di semestre, Organizzazione, Progetto Pedagogico, Cassetta degli attrezzi

Articolo

Introduzione

Il Coordinatore di Semestre (CS) è figura cruciale nell’organizzazione del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia sebbene, a livello dei CLMMC italiani, essa non sia ancora completamente consolidata. In questo senso sembra che l’intervento della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia in termini di sensibilizzazione delle singole realtà stia portando a una progressiva diffusione della presenza del CS in tutte le sedi1, ma l’ultimo ciclo di site visit effettuato2 dimostra che, a differenza delle altre fondamentali strutture/figure organizzative, il CS non è presente ancora in quasi 1/3 dei corsi (Fig 1).

Classicamente, al Coordinatore di Semestre sono attribuiti un ruolo didattico organizzativo e un ruolo pedagogico3. Il fatto che il ruolo didattico-organizzativo del CS sia oggi particolarmente rilevante ai fini della funzionalità del CdL, è paradossalmente in sé un limite in quanto testimone dell’esistenza di semestri costruiti per mero assemblaggio di corsi tra loro separati, senza un progetto pedagogico unitario di semestre. Prova di ciò è, da una parte la difficoltà di introdurre iniziative di reale integrazione tra i corsi, quali ad esempio l’esame di semestre, e dall’altra la frequente mancanza di consapevolezza del CS di aver anche un ruolo pedagogico.

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Fig. 1

I due ruoli, nei fatti, sono inestricabilmente integrati e, se è vero che compiti organizzativi ben eseguiti facilitano di fatto l’attività pedagogica, è altrettanto vero che il CS acquista un reale ruolo pedagogico se il curriculum è stato programmato secondo un progetto che abbia individuato, per ciascun semestre, un quadro coerente di obiettivi a livello di CLM. In mancanza di un progetto pedagogico di semestre stabilito centralmente, il CS può e deve elaborare un proprio progetto da integrare in modo longitudinale, tramite il confronto con gli altri CS del CdL, all’interno del percorso formativo globale, cosa questa estremamente facilitata dalla partecipazione attiva nella CTP della quale il CS dovrebbe essere sempre membro di diritto.

Ruolo didattico-organizzativo del Coordinatore di Semestre

Il ruolo didattico-organizzativo del Coordinatore Didattico di Semestre (CS) è di notevole importanza e lo rimarrà almeno fino a quando non sarà possibile arrivare ad una integrazione dei corsi tale da far coincidere il coordinatore di semestre con il coordinatore di corso integrato (per esempio, se vi fosse un unico corso integrato a semestre con obbiettivi didattici ed esame di semestre). Di fatto, l’attuale situazione di coesistenza di un numero variabile di corsi con differenti quantità di crediti all’interno di ciascun semestre, rende indispensabile il ruolo del CS, il quale, in questo senso, rappresenta la figura di collegamento tra i Coordinatori di Corso Integrato (CCI), gli studenti del semestre e la CTP. I compiti principali del CS sono:

  • convocare i CCI e/o i docenti dei CI del semestre due volte/anno (prima dell’inizio, per organizzare e, alla fine, per verificare e valutare complessivamente il semestre);
  • definire l’orario dei singoli corsi e gli eventuali “cunei didattici” (per cuneo didattico si intende una forma organizzativa del semestre che prevede lo svolgimento dei corsi integrati non in parallelo, ma in serie, molto utile, ad esempio, quando si affrontano le patologie d’organo nelle patologie integrate o dove si ritiene opportuna una propedeuticità di apprendimento all’interno dello stesso semestre), eventualmente raccogliendo anche, in un unico orario aggiuntivo di semestre, la suddivisione in moduli interna dei singoli corsi integrati; tale orario dovrebbe essere costruito non come mero assemblaggio di diversi moduli, ma raccogliendo le risorse disciplinari su obbiettivi didattici realmente integrati, stimolando in questo senso il lavoro dei CCI;
  • organizzare in collaborazione con i CCI il calendario degli esami per evitare sovrapposizioni e nella logica di una “corsia preferenziale” rispettosa delle eventuali propedeuticità;
  • definire, ove possibile, e coordinare le prove di valutazione di semestre (esame pratico di semestre-OSCE, esame di semestre);
  • proporre alla CTP eventuali modifiche dell’organizzazione dei Corsi Integrati del semestre, sentiti i CCI e i docenti interessati;
  • proporre annualmente la conferma/nomina dei CCI alla CTP che ne investe il CCLM;
  • verificare la disponibilità dell’aula assegnata per il semestre e la presenza di tutti i supporti didattici, individuando il referente della stessa per la soluzione, in tempi reali, di ogni eventuale problema che ne possa compromettere la fruibilità;
  • curare l’organizzazione delle Attività Didattiche Professionalizzanti (ADP) del semestre e/o dell’intero corso, in collaborazione con gli altri CS o eventualmente con figure individuate “ad hoc”, (a seconda delle modalità di erogazione delle ADP scelte dal CdL) e verificarne l’effettiva esecuzione;
  • curare l’offerta delle Attività Didattiche Elettive (ADE) del semestre e/o dell’intero corso, in collaborazione con gli altri CS (a seconda delle modalità di erogazione delle ADE scelte dal CdL), precisandone le procedure d’accesso e di organizzazione (iscrizione, limiti numerici di partecipazione, tempi, valore in crediti, ecc);
  • presentare l’organizzazione del semestre agli studenti il primo giorno di lezione del semestre stesso.

Per adempiere in modo soddisfacente ai compiti descritti, il Coordinatore di semestre può, e dovrebbe, allestire e utilizzare gli strumenti indicati nella tabella 1.

Tab 1

* Organizzare un elenco aggiornato di tutti i docenti del semestre con indirizzi e-mail e telefono fisso e mobile
* Predisporre almeno le due seguenti mailing list: • Coordinatori di         Corso Integrato del semestre  + Presidente e Vicepresidente CLM • Docenti del semestre + Presidente e Vicepresidente CLM
* Essere rintracciabile nelle 24 h da docenti e rappresentanti degli studenti (via telefono o via posta elettronica)
* Curare e aggiornare l’informazione relativa alle attività del semestre tramite una bacheca fisica e una virtuale.

 

Ruolo pedagogico del Coordinatore di Semestre

Come già ricordato, non v’è dubbio che una corretta organizzazione del semestre faciliti di per sé l’attività pedagogica, ma il CS acquista un reale ruolo pedagogico qualora il curriculum sia stato programmato secondo un progetto che preveda, per ciascun semestre, il raggiungimento di obiettivi coerenti con il percorso formativo stabilito a livello centrale dal CdLM. In mancanza di ciò, è auspicabile che il CS elabori un proprio progetto che, comunque, corre il rischio di rimanere isolato se non in presenza di un’integrazione longitudinale di quanto elaborato dai singoli semestri; questo può avvenire solo tramite la partecipazione attiva dei CS nella CTP della quale, si ribadisce, sarebbe indispensabile che fossero membri di diritto.

Volendo cercare di delineare alcuni tra i principali compiti pedagogici del CS che possano essere utili alla costituzione di un reale progetto di semestre, si ritiene di potere far riferimento ai seguenti:

  • creare una comunità formativa di studenti e docenti (utilizzando piattaforme interattive tipo “Moodle”, liste di discussione, ecc) centrata sulla trasparenza del patto formativo che va sancito fin dall’inizio del semestre mediante presentazione dello stesso da parte del CS e, fin dall’inizio dei CI, mediante presentazione del Corso Integrato da parte del CCI (il CS assume il compito di verificare che questo avvenga);
  • agire affinché sia applicato il concetto fondamentale che le attività didattiche debbano essere pianificate collegialmente in funzione degli obiettivi didattici del semestre ed eseguite in modo coordinato e interdisciplinare. Agire, inoltre, affinché la preparazione dello studente sia valutata in modo pertinente ed obiettivo;
  • valutare i contenuti didattici, integrarli e disporli in una progressione di apprendimento;
  • suggerire una corsia preferenziale di esami, in funzione della progressione dell’apprendimento;
  • imparare a valutare l’efficacia dei propri interventi organizzativi e pedagogici:

– con indicatori soggettivi (i giudizi degli studenti e dei docenti);

– oggettivi: di processo (acquisizione di competenze pedagogiche da parte dei docenti, ecc) e di risultato (valutazioni formative, il progress test, il flusso degli studenti nel semestre, ecc).

Si suggeriscono nella tabella 2 alcuni strumenti utili all’assolvimento dei compiti delineati.

 

Tab 2

* Attivare liste di discussione e/o piattaforme informatiche interattive tipo “Moodle” per fare “gruppo” e scambiare notizie e opinioni in tempo reale
* Preparare e condividere modelli di presentazione (power-point, key-note) del semestre e dei corsi integrati da utilizzare all’inizio del semestre/corso per informareglistudentidell’organizzazione, degli obiettivi e dei sistemi di verifica che saranno adottati
* Allestire e condividere griglie • di comparazione degli obbiettivi didattici dei corsi integrati per facilitarne il confronto • di distribuzione e “presa in carico”, da parte dei corsi, degli obbiettivi professionalizzanti (chi cura l’erogazione delle “skills” e ne verifica l’apprendimento)
* Allestire modelli di calendari di esame che prevedano “fasce” di tempi/date dedicate per le verifiche dei singoli corsi, secondo una logica di “corsia preferenziale” rispettosa anche delle propedeuticità di apprendimento
* Elaborare i risultati delle valutazioni soggettive (questionari di valutazione degli studenti) e oggettive (progresstest; tasso di superamento degli esami di semestre) e prevedere momenti di discussione periodica collettiva

 

Considerazioni conclusive

Nello spirito della destinazione di questo breve scritto, cioè quello di far parte di una cassetta degli attrezzi utile per il lavoro pratico di chi crede che nonostante tutto si possa realmente fare “buona” didattica nei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia italiani, lo stesso non ha la pretesa di essere esaustivo del dibattito che da anni esiste sul ruolo del Coordinatore di Semestre all’interno dei CLMMC (3). Certo è che il ruolo del CS oggi è sempre più indispensabile sia per l’organizzazione pratica dei CdL, sia per la realizzazione e l’implementazione continua del progetto pedagogico che dovrebbe essere alla base di ogni CdL. In questo senso il ruolo organizzativo e quello pedagogico del CS si intrecciano intimamente e il primo funge da facilitatore per l’attuazione e l’efficacia del secondo. Negli ultimi dieci anni, inoltre, probabilmente anche grazie al lavoro della CPPCLMMC, la figura del CS si è consolidata e oggi si può giovare anche di strumenti, se non completamente nuovi, certamente ormai capillarmente diffusi e migliorati (informatizzazione di dati relativi alle carriere degli studenti e loro fruibilità, informatizzazione della raccolta delle opinioni degli studenti e conseguente maggior disponibilità dei dati e facilità di elaborazione, disponibilità di piattaforme informatiche interattive semplici e intuitive da utilizzare, adozione del progress test in tutti i CdL italiani, ecc). Tali strumenti non devono rimanere inutilizzati, ma vanno sfruttati al massimo delle loro potenzialità. Tutto ciò costa fatica e poiché il CS, a fronte del molto lavoro che svolge, gode di scarsa visibilità, non è difficile che tale figura possa soffrire di difficoltà “motivazionali”. In tal senso è indispensabile che il ruolo del CS sia valorizzato, valutato e gratificato per le attività più efficaci nell’ambito di un sistema di valutazione dell’attività didattica della cui necessità, finalmente, sembra esserci sempre più consapevolezza.

Bibliografia

1) Della Rocca C., Lenzi A., Dossier: Il progetto site visit. L’esperienza di dieci anni di lavoro, Medicina e Chirurgia, 2016; 69: 3138-3149. DOI:10.4487/medchir2016-69-4

2) Della Rocca C., Lenzi A., On site visit 20042014. Risultati del primo esercizio del secondo ciclo, Medicina e Chirurgia, 2015; 68: 3094-3104. DOI: 10.4487/medchir2015-68-4

3) Gallo P., Binetti P., Della Rocca C., Familiari G., Maroder M., Valanzano V. e Vettore L. (Gruppo di Studio Innovazione Pedagogica della Conferenza Permanentedei Presidenti di CLM in Medicina) con il contributo di Attili A., Basili S., Consorti F., d’Amati G. e Fantoni A. Il ruolo didattico e pedagogico del Coordinatore di CorsoIntegrato e di Semestre, 2006; 35: 1454-1458. DOI: 10.4487/medchir2006-35-4

Ringraziamenti

Si ringrazia la Dott.ssa Maria Carmen Mazzitelli per la rilettura critica del testo.

Cita questo articolo

Della Rocca C., Angeloni A., Calogero A., Del Ben M., Familiari G., Merli M., Riggio O., Gallo P., La Cassetta degli attrezzi del Presidente del Corso di Laurea – Il ruolo del Coordinatore di Semestre, Medicina e Chirurgia, 73: 3325-3328, 2017. DOI:  10.4487/medchir2017-73-4

Notiziario

AMEE 2016 a Barcellona

l’innovazione nell’educazione medica

Il congresso

Anche quest’anno, dal 27 al 31 Agosto 2016, si è tenuto a Barcellona il Congresso internazionale della International Association for Medical Education (AMEE – https://www.amee.org/home), sicuramente uno dei più importanti eventi di pedagogia medica internazionale. A questo congresso, il sedicesimo di una lunga serie, hanno partecipato ben 3.500 delegati da 92 paesi del mondo (Fig. 1). Alcuni paesi hanno contribuito con un numero elevatissimo di partecipanti, altri (Angola o Antigua and Barbuda,ad esempio) con un numero molto limitato; la delegazione Italiana era composta da un numero molto limitato, ma qualificato di partecipanti (escluso chi scrive). I partecipanti comprendevano un elevatissimo numero di Presidi, Vice-Presidi, Presidenti di Corso, ma anche Docenti e 357 studenti, tra cui, ovviamente, alcuni Italiani (Fig. 2).

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Il Congresso, come al solito molto ricco di eventi, ha offerto 11 sessioni plenarie (Fig. 3), 25 Simposi tematici, 505 comunicazioni brevi, 54 “research papers”, 12 “PhD reports”, 915 poster (Fig. 4) e ben 68 Conferenze organizzate in forma di “Workshops”, con un altro grado di interattività e discussione tra i partecipanti.

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Le sessioni più importanti erano inoltre visibili in diretta streaming sul sito AMEE, con un allargamento notevole della platea mondiale. Era chiaro che la partecipazione al Congresso avrebbe dovuto prevedere una accurata selezione degli eventi da seguire (a parte le 11 sessioni plenarie, vi erano poi ben 18 eventi in simultanea); partecipando ad una sessione, si aveva il rammarico che se ne sarebbero perse tante altre altrettanto interessanti.

A corollario degli eventi scientifici debbono essere citati anche l’elevatissimo numero di espositori, comprendente non solo l’industria, ma anche altre Società scientifiche nella pedagogia medica o prestigiose Università (Harward, ad esempio).

Non potendo essere esaustivo nel descrivere un evento così grande per dimensioni e per qualità (chi avesse curiosità può consultare l’abstract book sul sito AMEE) mi limiterò a ricordare le due letture iniziali, e una nuova iniziativa: “Wisdom of our Crowd”.

Il riferimento alle due letture plenarie iniziali

La lettura plenaria iniziale tenuta da Graham Brown-Martin (Education Design Labs, UK), potente innovatore nel campo pedagogia e della tecnologia, è stata un eccitante viaggio nel mondo del futuro, dell’innovazione, del “Learning Re-Imagined”, pensando al futuro dei prossimi 80 anni. Là dove il Docente non sarà sostituito dalla tecnologia, ma da un docente che debba essere padrone della tecnologia; da un docente che, nei contesti sociali diversi, sappia essere in grado di saper riconoscere e promuovere l’eccellenza degli altri, con questo impegno: “the purpose of education is to equipe our children with the skills to reimmagine society, to meet the challenges of their generation, for the benefit of all”.

Non abuserò della pazienza di chi legge, ma credo sia interessante anche riportare una citazione di Paulo Freire (1990), fatta da Brown-Martin durante la sua relazione, e che definisce un ruolo per il docente; citazione innovativa in quegli anni, altrettanto innovativa anche oggi dopo 26 anni: “The Teacher is of course an artist, but being an artist does not mean that he or she can make the profile, can shape the students. What the educator does in teaching is to make it possible for the students to become themselves”. Ritengo ancor più importante questa citazione, quella di un grande pedagogista ed educatore del passato, quando essa costituisce la base del pensiero di un grande innovatore di oggi; debbo, però, far anche notare come, quando tale citazione viene proposta da un grande innovatore perché essa può essere ancora innovativa oggi, è pur vero che forse, nel mondo, su questo tema, tante cose sono ancora da fare.

L’insegnamento non è un FedEx, afferma sempre Brown-Martin, alludendo ad una pur molto efficiente agenzia di consegna pacchi internazionale, quanto invece esso deve essere considerato “as reconstruction, rather than as a transmission of knowledge”.

Molto interessante infine, ai fini di un futuro dibattito, la sua personale dicotomia tra le attuali politiche di insegnamento (Global Education Reform Movement) e quelle che lui definisce “politiche alternative”: Teaching core subjects VS broad and creative learning; standardization VS personalization; Test-based accountability VS professional responsibility; Market-based management VS Educational leadership; data and control VS collaboration and trust. Sono fermamente convinto, a questo riguardo, che quelle sopra descritte non debbano essere considerate come “alternative”, ma che tra i due modi di vedere l’insegnamento del futuro debba essere messo in campo il massimo sforzo per individuare il giusto punto di incontro verso l’alternativa, non dimenticando necessariamente quanto di buono vi sia nell’attuale modo, già avanzato, di pensare.

Anche la seconda lettura, tenuta da Glenda Eoyang (Human Systems Dynamics Institute, USA), è stata molto interessante e dedicata alle teorie sull’incertezza. L’incertezza è infatti una costante della vita nelle professioni mediche, anche se appare raramente nei programmi educativi per gli operatori sanitari. La teoria e la pratica per operare con l’incertezza sono stati a lungo relegati nel mondo dell’intuizione e della fortuna. Al contrario, gli sviluppi recenti nelle scienze del caos e della complessità hanno introdotto approcci rigorosi e disciplinati per poterla affrontare. In questa lettura sono stati trattati i principi fondamentali della dinamica dei sistemi umani e tre distinzioni fondamentali che informano teoria e pratica per migliorare i risultati educativi degli studenti, i risultati delle prestazioni per la salute pubblica e i risultati riguardanti la salute dei singoli pazienti.

Wisdom of our Crowd

La saggezza della nostra folla, tradotto letteralmente, è stato un modo interessante di porre dei quesiti molto generali al termine delle letture plenarie, acquisendone immediatamente le risposte ottenuti attraverso i sistemi multimediali dei comuni telefonini. La conduzione del sondaggio è stata condotta nell’aula delle riunioni plenarie, pertanto le risposte comprendono un grande numero di docenti presenti.

Vi riporto, sinteticamente, tre domande di ordine molto generale, e le percentuali più significative delle risposte.

La prima domanda era: “What is the role of lectures in the medical education programme?” Il 42,5% delle risposte era “Some traditional lectures replaced with alternative approaches”, mentre il 43,6% rispondeva: “the majority of all traditional lectures replaced by alternative approaches”. E’ ovvio dedurne una scarsa importanza per le lezioni teoriche, oggi ancora largamente usate nel nostro sistema didattico.

La seconda domanda era: “What is the most important attribute of a good teacher?” In questo caso vi era una assoluta maggioranza (80,7%) su una delle alternative proposte: “A passion for teaching students and supporting their learning”. Anche questa è una affermazione da condividere assolutamente con i nostri Docenti Italiani, nella convinzione che a tanti di loro questa qualità non manchi.

La terza domanda era centrata sull’uso della multimedialità nel proprio lavoro di docente. Era chiesto: “Which of the following do You make most use in your teaching programme?”. Le opzioni e le relative percentuali di risposta erano: Twitter (2,3%); Facebook (10,6%); You Tube (34,7%); Skipe (6,0%); Other Platform (29,2%); None (17,6%). Anche in questo caso, prevale una maggioranza significativa, pari all’82,4%, di docenti che utilizzano tecnologia multimediale, mentre il 17,6% dichiara di non usare alcuna multimedialità. Credo che una simile percentuale potremmo averla se rivolgessimo la stessa domanda ai nostri Docenti Italiani.

Giuseppe Familiari

Notizie dal Consiglio Universitario Nazionale

Tra ottobre e novembre il CUN ha si è occupato di diversi argomenti. Nella adunanza di metà ottobre è stata formulata una raccomandazione sui  «Dottorati Innovativi, attuazione del Programma Nazionale per la Ricerca 2015-2020 e indicazioni con riferimento al DM n.552/2016 (art. 10, comma 1, lett. e) » contenente alcune indicazioni preliminari e in via di definizione sulla caratterizzazione dei Dottorati Innovativi, nell’intento di collaborare al processo di definizione dei Dottorati Innovativi stessi, propone alcune le osservazioni allo scopo di favorire l’integrazione e l’armonizzazione dei principi richiamati dal documento dell’Unione Europea sui ‘Principles for Innovative Doctoral Training’  nei dottorati esistenti. Un’altra raccomandazione ha riguardato il Decreto legislativo recante semplificazione delle attività degli Enti Pubblici di ricerca (Atto Camera 329)”Il CUN ha approvato un testo con il quale ha chiesto che siano estese al sistema universitario le semplificazioni previste per le attività degli Enti Pubblici di ricerca e che, anche per le Università statali, sia anticipata al 2017 la possibilità di assunzione del personale fino al 100% delle risorse liberatesi con le cessazioni e si provveda alla separazione del fondo di finanziamento ordinario da quello premiale.

Il Consiglio si è inoltre espresso su un altro argomento di grande attualità.

E’ stato infatti approvato un testo con il quale, vista la previsione contenuta nella legge di stabilità 2016 (art. 1, commi 207 e ss l. n. 208/2015) con la quale s’istituisce un Fondo per le «Cattedre universitarie del merito Giulio Natta», confermando le valutazioni in precedenza espresse sulle disposizioni dedicate all’università contenute nella legge di stabilità 2016, sottopone in urgenza all’attenzione della Ministra Giannini alcune considerazioni, chiedendo che di queste si faccia interprete presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Su questo stesso argomento il CUN ha successivamente ha approvato un testo con il quale esprime apprezzamento per l’attenzione prestata dal Consiglio di Stato alle esigenze  di promozione e libertà della ricerca scientifica e di tutela delle autonomie universitarie, condividendone le preoccupazioni. Ribadisce inoltre che ogni intervento sull’articolazione e la sistemazione dei saperi e delle discipline è assegnato dalla legge alle competenze del Consiglio Universitario Nazionale.

Il CUN ha poi approvato un testo nel quale, in riferimento alla sua Determinazione del 10/09/2014 sui passaggi di settore scientifico-disciplinare e concorsuale dei ricercatori a tempo determinato, precisa che la richiesta di passaggio di SSD possa ritenersi ammissibile nel caso in cui il passaggio sia richiesto verso un SSD la cui declaratoria sia coerente con le attività di ricerca previste dal contratto.

Infine Il Consiglio Universitario Nazionale, visto il disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019», ha approvato un testo con il quale, pur manifestando apprezzamento per il maggior impegno finanziario dello Stato a favore del sistema universitario, esprime preoccupazione per la crescente centralizzazione delle scelte di destinazione dei finanziamenti, per la tendenza alla verticalizzazione delle determinazioni che investono il settore dell’Università e della Ricerca e all’accentramento dei processi decisionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri; il testo evidenzia inoltre gli aspetti del disegno sotteso agli interventi della legge di bilancio, nel settore Università e Ricerca, sia quelli meritevoli di positive valutazioni sia quelli che, invece, suscitano perplessità.

Si ricorda inoltre che tra il 19 ed il 25 gennaio 2017 le votazioni per l’elezione dei componenti del Consiglio Universitario Nazionale, in rappresentanza delle seguenti aree scientifico – disciplinari : 01,  02, 04, 06, 08, 11 e 14.

Per ciascuna delle predette aree sono eletti :

– n. 1 professore di I fascia;

– n. 1 professore di II fascia;

– n. 1 ricercatore, anche a tempo determinato.

Le votazioni avranno luogo tra le ore 9,00 e le ore 17,00, escluso il sabato. Il giorno 25 gennaio 2017 le operazioni di voto termineranno alle ore 14.00.

Quindi anche l’area Medica dovrà nuovamente eleggere i propri rappresentanti.

Manuela Di Franco

Consigliere CUN area 06, Segretario Generale

Agenzia Nazionale della Valutazione e della Ricerca – ANVUR

In questa settimana l’Agenzia Nazionale della Valutazione e della Ricerca (ANVUR) consegna al Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca , senatrice Stefania Giannini i dati relativi alla seconda VQR, imponente esercizio di valutazione della ricerca all’interno del sistema universitario e degli Enti di Ricerca vigilati dal MIUR. Questa senza dubbio la novità più rilevante dal “pianeta ANVUR”. Nel mese di Dicembre i dati saranno resi noti dal Ministero mentre le relazioni, sia quelle per Area CUN che quella generale appariranno nel mese di Febbraio.

Sono disponibili sul relativo sito ministeriale, da pochissimi giorni, i “titoli e relativi criteri di valutazione per l’attribuzione dell’Abilitazione alle funzioni di professore” che ciascuna Commissione era tenuta a scegliere fra gli undici del bando, in numero non inferiore a 6 ma di cui il candidato è tenuto a soddisfarne non meno di 3.

Il giorno 30 Novembre andranno a definitiva approvazione da parte del Consiglio Direttivo le Linee Guida relative all’Accreditamento Periodico delle Sedi  delle Università e dei Corsi di Studio. Il documento diventa quindi parte integrante del sistema di Accreditamento-Valutazione-Autovalutazione, noto come AVA. Si ricorda che l’accreditamento  viene concesso dal MIUR dopo un verifica di qualità basato sui criteri definiti appunto dall’ANVUR. L’accreditamento è almeno quinquennale per le sedi e almeno triennale per i Corsi di Studio.

La nuova AVA o AVA 2.0 si distingue per una ampia revisione dei Requisiti e degli Indicatori di Qualità. I Requisiti sono scesi da 7 a 4 ed altre modifiche sono state introdotte per giungere ad un giudizio finale più equilibrato e di più agevole interpretazione finale.

Nel corso del 2017, applicando appunto i nuovi requisiti di AVA 2.0, riprenderanno le visite alle sedi da parte dei CEV (Comitati Esperti Valutatori): per facilitare il passaggio dai requisiti di AVA 1.0 ad AVA 2.0 le visite saranno concentrate nel corso del secondo semestre dell’anno. Verranno visitati fra gli altri alcuni fra i più grossi Atenei italiani come Bologna e Napoli Federico II. Per garantire al massimo la migliore qualità dei CEV è stato fatto un bando per il reclutamento di circa 100  nuovi Esperti di Sistema: il bando è scaduto da poco e la Commissione nominata ad hoc procederà alla scelta finale prima della metà di Dicembre.

Proseguono poi i lavori del Gruppo di Lavoro sulle Professioni e Professionalità, nato sul presupposto della necessità di valorizzare il contenuto professionale di vaste aree dell’Università e sulla convinzione che non  bastino la valutazione della ricerca e della didattica, ma che sia invece opportuno affiancare loro anche una specifica valutazione della presenza e della qualità della professionalità nell’Università. Il GdL terminerà entro Dicembre i lavori relativi alle Professioni di Veterinaria e di Agraria mentre sono in fase avanzata le acquisizioni dei pareri nelle altre Aree (Medicina, Giurisprudenza, Ingegneria, Architettura ecc.).

E’ anche iniziato un processo di censimento delle Scuole di Specializzazione in Psicologia che dovrebbe portare ad un percorso valutativo da parte dell’ANVUR sia delle Scuole pubbliche di appartenenza universitaria che di quelle private.

Per finire vorrei qui ribadire il ruolo cruciale che la componente tecnico-amministrativa degli Atenei riveste in tutti questi processi valutativi. Tale componente deve oggi essere valorizzata all’interno della intera filiera di questi processi e per questo motivo è improrogabile la necessità di far emergere con maggior forza il Ciclo della Performance come uno degli aspetti qualificanti delle attività dell’ANVUR.

Paolo Miccoli

Direttivo ANVUR

Conferenza permanente dei Presidenti di Consiglio di CLM in Medicina e Chirurgia

Attività Editoriale

“Dottori, domani. Storie, dialoghi e riflessioni per una nuova educazione alle cure” e l’ultimo libro che il nostro past Presidente Luciano Vettore ha scritto con la collaborazione di Giacomo De Vecchio ed il contributo di Giuseppe Parisi

“Dottori, domani” considera con stile narrativo le basi pedagogiche e i problemi concreti che riguardano l’insegnamento e l’apprendimento nelle Scienze della salute e della cura in Italia. Tutti i capitoli – con l’intento di stimolare nei lettori una riflessione creativa – iniziano con un racconto, proiettato in un futuro abbastanza prossimo, nel presupposto che la formazione di oggi deve rispondere adeguatamente alle domande di salute che incontreranno i professionisti di domani; segue un dialogo tra gli autori, che fa emergere gli aspetti problematici narrati nel racconto; ogni capitolo si conclude con numerosi approfondimenti teorici di natura pedagogica e con una sintesi dei contenuti.

Il libro si propone come il primo testo italiano dedicato alla “formazione dei formatori” in ambito sanitario.

Antonio Delfino Editore, Roma – ottobre 2016

264 pagine,  E 18; anche in formato e-book

Acquisibile anche da Amazon

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Valentina Gazzaniga, che coordina la rubrica di Scienze umane di questa rivista, ha curato insieme ad A. Piccioli, P. Catalano, il volume Bones. Orthopaedic Pathologies in Roman Imperial Age. (Springer-Verlag Gmbh, 2015). Il libro presenta i risultati di studio di un gruppo di ricerca interdisciplinare composto da antropologi, ortopedici e storici della medicina, che hanno ricostruito la storia delle pratiche ortopediche nella Roma di età Imperiale, lavorando su una estesa campionatura di materiali ossei provenienti dagli scavi di necropoli romane di età imperiale curati dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’Area Archeologica Centrale di Roma. L’uso combinato di fonti osteologiche e mediche, insieme all’impiego tecniche di imaging di recentissima generazione,  ha consentito di tracciare un quadro chiaro delle patologie orto-traumatologiche nella Roma Imperiale e delle tecniche medico-chirurgiche e degli strumenti impiegati per la loro correzione. L’omogeneità del campione studiato e l’alto numero di individui esaminati costituisce un importante valore aggiunto del testo.

Bones. Orthopaedic Pathologies in Roman Imperial Age, a cura di V. Gazzaniga, Springer-Verlag Gmbh, 2015).

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Medicina nei secoli ospita nel suo Supplemento speciale del 2016 una serie di articoli apparsi su questa rivista tra il 2014 e il 2016  nella rubrica dal titolo Libri che hanno fatto la storia della medicina. Il volume omonimo presenta, nel loro contesto storico, le opere più significative dall’antichità ai nostri giorni di alcuni grandi medici e scienziati, da Ippocrate a Oliver Sacks passando per Galeno, Avicenna, Al Zahrawi, Andrea Vesalio, William Harvey, Marcello Malpighi , Bernardino Ramazzini, Giambattista Morgagni, Rudolph Virchow, Claude Bernard, Augusto Murri e  gli Autori americani dell’ultimo DSM. Il volume si apre con la presentazione di Andrea Lenzi e di Giovanni Danieli e si chiude con la post-fazione di Gilberto Corbellini.

I libri che hanno fatto la storia della medicina. A cura di Giovanni Danieli e Valentina Gazzaniga. Medicina nei Secoli –Arte e Scienza, Supplemento speciale 2016, Sapienza Università Editrice, 2016, ISBN 978-88-98533-97-8)

Conferenza permanente delle Classi di Laurea delle Professioni sanitarie

Dopo il Meeting di Bologna dello scorso settembre, in cui sono stati affrontati e discussi gli aspetti di sostenibilità dei Corsi di studio delle professioni sanitarie a vent’anni dalla loro attivazione, nonché i processi di accreditamento ANVUR, le Commissioni Nazionali stanno affrontando le tematiche prioritarie definite nella loro programmazione.  Tra i numerosi aspetti emersi negli ultimi due mesi, riteniamo importante segnalare due importanti novità di interesse trasversale:

  1. a) In accordo all’impegno assunto dalla dott.ssa Ugenti nel corso del Meeting annuale della Conferenza, al fine di assicurare il corretto svolgimento delle prove finali dei Corsi di Laurea delle professioni sanitarie, tenuto conto delle Linee di Indirizzo approvate in materia dalla nostra Conferenza (12 settembre 2013) ed acquisito il parere favorevole dell’Osservatorio Nazionale delle professioni sanitarie (28 settembre 2016), con Circolare Interministeriale dello scorso 30 settembre us sono state definite indicazioni operative. In particolare, come riporta la Circolare, “la prova finale dei Corsi di Laurea è unica; si compone di due momenti di valutazione diversi, cioè di una prova pratica e di una prova che consiste nella redazione dalla tesi e della conseguente dissertazione. La prova pratica può svolgersi secondo due modalità:

1) simulazione pratica, strutturata in modo da permettere al candidato di dimostrare di avere acquisito le conoscenze e abilità pratiche, tecniche e relazionali inserite nel contesto operativo previsto dal proprio profilo professionale;

2) prova con domande a risposta chiusa e a risposta aperta su casi clinici o situazioni paradigmatiche della pratica professionale.

Entrambe le modalità possono essere integrate con un colloquio ove la Commissione – in accordo ai Collegi/Associazioni di categoria – lo ritengano necessario. Pertanto NON sono considerate valide eventuali prove scritte con quiz valutativi delle sole conoscenze teoriche”.

La Circolare è stata inviata a tutti i Presidenti di Commissione nazionale di Corsi di studi triennali con preghiera di assicurarne la più ampia diffusione.

  1. b) È possibile fare qualche bilancio sulle prove di ammissione ai Corsi di Studio delle lauree sanitarie. Mastrillo ha prodotto un articolato report, disponibile sul sito de Il sole 24 Ore Sanità del 20 ottobre 2016, in cui evidenziano i seguenti aspetti:

1) le domande (vendi tabella 1) sono rimaste stabili rispetto all’anno accademico precedente. Si sono infatti registrate 86.709 domande di ammissione ai 22 corsi di laurea delle Professioni sanitarie, mentre l’anno precedente vi era stato un calo del -2,2% mentre due anni fa del -16,2%. Quindi, i corsi delle professioni sanitarie stanno registrando una media di 3.4 candidati/posto (in generale) per i complessivi 439 corsi di studio (-4 rispetto all’aa precedente) e le complessive 719 sedi (diminuite da 741, -22 rispetto all’anno precedente). Nella tabella sono descritte le domande pervenute per ciascun profilo professionale.

2) Il tasso di occupazione, a un anno è invece in aumento del 2.2%, dal 61% del 2011 e 2012 al 63% del 2014, come da elaborazione di Mastrillo sui dati rilevati da Alma Laurea.

Alvisa Palese

Segretario generale

3a dispensa – Il Codice Etico di Comportamento del Docente e dello Studente in Medicina e Chirurgian.71, 2016, pp. 3283-3286

Il Gruppo di Studio Innovazione Pedagogica, in occasione della 104a riunione della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, tenutasi a Parma il 19 Novembre 2011, tenne un “Atelier Pedagogico” su un argomento di grande importanza, quello dell’etica della docenza. All’atelier pedagogico fecero seguito una “Pillola Pedagogica” e un “Forum” allargato a esperienze concrete su iniziative riferite da diversi Corsi di Laurea. Da questi eventi ne originò Il Codice Etico di comportamento del Docente e dello Studente in Medicina e Chirurgia, che è stato formalmente approvato dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea In Medicina e Chirurgia a Padova, il 12 Aprile 2012, e dalla Conferenza Permanente dei Presidi/Presidenti delle Facoltà/Scuole di Medicina e Chirurgia a Roma, il 19 Aprile 2012 (Med Chir 54: 2383-2391, 2012; Med. Chir. 55: 2465-2474, 2012). Ancora oggi, il Codice Etico appare un documento attuale e se ne auspica la sua applicazione e soprattutto il suo rispetto nei Corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia Italiani, allo scopo di promuovere un vero raggiungimento della “consapevolezza della professionalità” nei nostri studenti, alla laurea.

Stefania Basili

  1. Premessa

Un reale rinnovamento curriculare e organizzativo del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia non può prescindere da un impegno forte e costante dei docenti e degli studenti, all’interno di una vera e propria comunità educante che sappia condividere uno spirito di piena collaborazione nell’interesse superiore del doversi prendere cura di una persona e del suo pieno benessere psico-fisico e sociale. Docenti e studenti, insieme, debbono pertanto condividere intenti, valori e doveri nello svolgimento delle attività tutoriali condotte all’interno delle strutture assistenziali e del territorio.

  1. I fondamenti etici

L’etica come base di azione del Docente e dello Studente

La comunità accademica si dovrà avvalere di docenti che siano consapevoli della loro missione ed osservino nel loro comportamento professionale l’etica dell’impegno, l’etica della responsabilità, l’etica della comunicazione e l’etica della relazione; la dialettica tra le forme etiche troverà il giusto baricentro nella responsabilità, per poter essere organicamente costruttiva.

L’etica dell’impegno consisterà nell’assunzione di un compito formativo, nel partecipare attivamente a un processo che deve coinvolgere il docente e l’allievo. Impegnarsi significa collaborare, pianificare obiettivi e darsi compiti.

L’etica della responsabilità vedrà il docente disponibile, efficiente, valutabile, una risorsa per lo studente e per il suo futuro.

L’etica della comunicazione dovrà essere intesa come capacità di ascolto, dialogo, argomentazione, conversazione, che sono la dimensione tipica dell’insegnare.

L’etica della relazione parte dal rispetto e dalla conferma dell’altro come interlocutore paritario (partner). I docenti devono essere testimoni di una relazione costruttiva e rispettosa con gli altri docenti, con tutti i professionisti della salute che collaborano al benessere del paziente, con gli studenti (evitando qualsiasi forma di “didattica per umiliazione”), e con i pazienti. I docenti devono mostrare e insegnare rispetto per il paziente, per la sua persona, e insegnare a vedere in lui un interlocutore competente del processo di cura. I docenti devono presentare gli studenti ai pazienti come futuri membri della professione medica, e responsabilizzarli a collaborare nel loro processo formativo. Gli studenti devono sviluppare una relazione positiva e rispettosa con gli altri studenti (apprendimento cooperativo), con i docenti e i professionisti della salute ed, evidentemente, con i pazienti.

Il Rapporto con il Paziente: norme di etica “essenziale”

Nei rapporti con i pazienti, sia gli studenti che i docenti saranno ispirati ai diritti irrinunciabili dei pazienti stessi. Questi comprendono non solo la salute come diritto umano fondamentale e l’equa distribuzione di tale diritto pianificata dal Governo Nazionale, Regionale e dalle Istituzioni Universitarie e Ospedaliere, ma anche e soprattutto il rapporto individuale con il professionista che sia basato sui principi della beneficenza, della non maleficenza, del rispetto dell’autonomia del paziente e secondo le norme del codice deontologico e quelle più importanti dell’etica sociale.

Questi principi dovranno essere quindi insegnati agli studenti da docenti che dovranno essere modello di comportamento professionale nell’evidenziare, oltre il corretto agire clinico, i diritti dei pazienti con particolare riferimento ai rischi di perdita della dignità personale o della fiducia, soprattutto quando il paziente è confinato all’interno di un reparto di degenza.

Il tirocinio clinico, pertanto, oltre al raggiungimento degli obiettivi clinici specifici del “saper fare” previsti nel core curriculum, assicurerà anche le basi del “saper essere” attraverso una pratica clinica che sappia mettere in evidenza i diritti fondamentali dei pazienti in termini di:

– dignità della persona come riconoscimento dei valori individuali di ogni singolo paziente;

– rispetto del paziente soprattutto in considerazione della vulnerabilità che accompagna l’uomo ammalato diminuendone l’autonomia, specie all’interno di un ambiente spersonalizzato come il contesto ospedaliero;

– impegno ad agire nell’interesse del paziente, come base fondante della professionalità medica;

– corretta informazione del paziente, come base irrinunciabile di ogni decisione di cura della salute, sia per il medico sia per il paziente;

– fiducia del paziente, come fiducia nella competenza, integrità, abilità e cortesia del medico e dello studente.

  1. Aspetti didattici e pedagogici

Competenza e responsabilità crescenti

Gli studenti iscritti al corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, nel loro percorso formativo e sotto la guida attenta del docente tutore, debbono essere in grado di assumersi un livello crescente di responsabilità di cura del paziente, in accordo con l’accrescersi del loro livello di preparazione teorica e della loro abilità clinica. Gli studenti non possono, in ogni caso, assumersi dirette responsabilità cliniche che eccedano il loro grado di autonomia, così come previsto nell’ordinamento didattico, né sostituirsi impropriamente in azioni cliniche di competenza dei docenti di ruolo o altro personale sanitario del SSN.

Contemporaneamente alle opportunità legate all’incremento delle loro abilità cliniche e di competenza professionale, gli studenti debbono poter avere ampie opportunità di consolidare le loro conoscenze attraverso la concessione di un tempo adeguato per la revisione critica di quanto appreso (il fine del CL è quello di formare un professionista riflessivo), per lo studio autonomo, e per la preparazione delle prove di esame, nonché del giusto tempo libero da dedicare alle attività extrauniversitarie ed alla cura della propria persona.

Obblighi di frequenza

Gli studenti sono tenuti alla frequenza delle attività cliniche per le ore pianificate dal Consiglio di Corso di Laurea. Essi sono inoltre tenuti a rispettare la loro assegnazione ai docenti tutor clinici, così come previsto nell’Ordine degli Studi. L’osservanza della puntualità agli impegni clinici pianificati è obbligatoria per studenti e docenti, ed eventuali eccezioni, da parte di studenti, debbono essere limitate e avere il carattere della circostanza unica o essere seriamente giustificate. Eccezioni da parte dei docenti debbono essere comunicate agli organi di coordinamento del corso ed agli stessi studenti interessati con anticipo, rispetto al calendario degli incontri previsti. L’impegno orario complessivo, pianificato settimanalmente, deve essere congruo con quanto previsto nell’Ordinamento didattico.

  1. Per un Codice di condotta dello Studente

Gli studenti dovranno, durante la loro frequenza clinica e sotto la guida del docente tutor, sviluppare le capacità per saper condurre una relazione “medico-paziente” competente, che sappia riflettere il livello di pari dignità tra l’uno e l’altro, tenendo conto della naturale asimmetria, sia sul piano della competenza professionale che su quello del diverso coinvolgimento emotivo ed esistenziale. Al termine del loro percorso di formazione clinica, gli studenti dovranno quindi raggiungere la consapevolezza che nel rapporto medico-paziente il nucleo centrale dell’alleanza terapeutica è rappresentato da due elementi fondamentali: competenza scientifico-professionale e disponibilità umana del medico, che dimostra di essere in grado di suscitare la fiducia del paziente, che quindi gli riconosce capacità di cura (cure) e volontà di prendersi cura di lui e della sua malattia (care).

Gli studenti dovranno dar prova del livello di competenza e consapevolezza professionale raggiunto nell’intero periodo della formazione clinica, attraverso la discussione delle esperienze raccolte nel portfolio, una prova pratica che sia oggettiva, strutturata e ripetibile (uso di pazienti simulati e standardizzati, prove bedside, esame clinico strutturato – OSCE), e l’esame orale.

Nel periodo della formazione clinica gli studenti sono pertanto tenuti al rispetto delle seguenti norme di condotta generale:

Saper rispettare il paziente e l’équipe sanitaria. Lo studente avrà rispetto per gli “altri attori della relazione didattica e di cura”: pazienti, professionisti della salute, docenti e altri studenti. Ogni studente è tenuto a trattare i pazienti con considerazione e pieno rispetto del loro punto di vista, della loro privacy e della loro dignità. In tutte le attività riguardanti la relazione con i pazienti, i colleghi e i docenti, gli studenti agiranno senza alcuna discriminazione che possa riguardare l’identità di genere, l’età, la nazionalità, le etnie, lo stato socio-economico, la razza, l’orientamento sessuale, il credo religioso, la disabilità, la malattia.

Saper essere un efficace e attento comunicatore. Lo studente dovrà sempre tenere bene a mente di essere uno studente e non un medico abilitato alla professione. Dovrà pertanto essere consapevole delle proprie limitazioni e non eccedere dalle proprie prerogative quando si forniscono informazioni ai pazienti. Lo studente accetterà e osserverà strettamente il principio della confidenzialità dei dati che riguardano i pazienti. Lo studente non discuterà dei pazienti con altri studenti o professionisti, al di fuori del proprio reparto clinico, se non in forma del tutto anonima.

Saper osservare e rispettare i regolamenti, le procedure e le linee guida. Lo studente dovrà essere a conoscenza, osservandone il pieno rispetto, dei regolamenti e delle procedure prescritte dall’Università e dall’Azienda Ospedaliera. In particolare, conoscerà le norme e le procedure riguardanti la sicurezza, osserverà gli obblighi sulle prescrizioni vaccinali, e si sottometterà, quando prescritto, alle procedure di accertamento da parte del Medico Competente.

Acquisire un comportamento aperto, chiaro ed onesto. Lo studente non infrangerà la legge per alcun motivo, non avrà per nessun motivo atteggiamenti violenti, o userà la violenza contro altri o agirà disonestamente. Sono assolutamente esecrabili anche i comportamenti truffaldini durante gli esami, che non sono degni della professione medica.

Aver cura del proprio aspetto. Lo studente dovrà avere cura del proprio aspetto, della propria igiene personale e del proprio comportamento che dovrà essere improntato alla modestia, alla sobrietà e ai costumi correnti. L’aspetto dello studente, così come quello del docente, dovrà essere tale da non influire negativamente sulla fiducia del paziente.

Saper agire con prontezza in risposta a qualsiasi problema. Lo studente dovrà immediatamente informare il Responsabile medico del Reparto e/o il docente tutor cui è affidato su qualsiasi tipo di problema personale o del paziente che possa presentarsi e che sia tale da mettere a rischio la propria salute e quella del paziente stesso. Lo studente è tenuto inoltre a riferire e chiedere consiglio al proprio docente tutor se pensa che altri studenti o medici non abbiano agito correttamente.

Non abusare di alcolici; non assumere sostanze stupefacenti, evitare il fumo di sigaretta. L’abuso di alcolici come pure l’assunzione di sostanze stupefacenti, da parte di docenti e studenti, può comportare rischio grave per i pazienti; le problematiche legate a tali abusi ed ai comportamenti aggressivi e scorretti che ne conseguono possono essere tali da compromettere la futura carriera professionale. Si osserveranno scrupolosamente, parimenti, le leggi vigenti sul divieto di fumo all’interno dell’Ospedale. Anche se non espressamente vietato dalla legge, sarebbe auspicabile evitare il fumo di sigaretta anche negli spazi aperti interni all’Ospedale, nel rispetto dei pazienti che transitano in questi luoghi.

  1. Aspetti normativi finali

Si auspica che il presente Codice di condotta, approvato dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgia, e dalla Conferenza Permanente dei Presidi/Presidenti delle Facoltà/Scuole di Medicina e Chirurgia, divenga parte integrante del Regolamento Didattico dei CLM in Medicina e Chirurgia.

L’Arte dell’osservazione, dall’opera artistica alla diagnosi Le prime esperienze in Sapienza Università di Roma, a Medicina e Chirurgian.72, 2016, pp. 3269-3273, DOI: 10.4487/medchir2016-72-2

Abstract

This study describes how Visual Thinking Strategies (VTS) as a methodological practice can help medical students learn and acquire analytical ability. This ability, capable of improving observational acumen and generally acquired only after years of clinical experience, may be achieved also by recourse to the systematic and reasoned examination of the visual arts, in particular paintings.

Students attending the third year Medicine and Surgery degree-course, within the ambit of the faculty’s integrated  medical-scientific and humanities teaching-learning activities, followed an elective course which began with a preparatory-explanatory lecture on the analytical methodologies applied to the study of art, followed by a practical workshop held at Rome’s Galleria Borghese and ended with a third and final lecture where the students themselves provided the teachers who conducted the course with direct feedback regarding the three phases of the course.

The students’ appraisal of the experiences was positive; the experiment is on-going and has been extended to embrace other courses held by the Sapienza University.

Further observations are needed at present to validate the effectiveness to medical training of this kind of course in the long term, even though the limited number of experiments carried out in other countries, whose historical and artistic heritages are undoubtedly not so rich as Italy’s, attest to their undeniable usefulness to students of medicine and surgery at both analytical and, no less important, humanistic-educational level.

Parole chiave: Strategie di pensiero visivo, arte e medicina, medicina narrativa, scienze umane

Keywords: Visual thinking strategies, art and medicine, narrative medicine, medical humanities

Articolo

Introduzione

A partire dagli anni sessanta si sviluppa la disciplina delle Medical Humanities, dall’esigenza di arricchire gli studi nelle scienze mediche con le discipline umanistiche (Polianski, 2012). Nella convinzione che la medicina sia qualcosa di più che un insieme di conoscenze e di abilità tecniche, gli educatori medici hanno ritenuto importante inserire materie umanistiche come arte, letteratura, filosofia, etica e storia, nel curriculum formativo di un buon medico (Familiari et al., 2001; Binetti e Terranova, 2005; Snelgrove et al., 2009; Familiari et al., 2010a, b; Binetti, 2011a, b; Tonnarini e Gazzaniga, 2011; Vettore, 2014).

Uno degli elementi alla base del processo decisionale medico è l’osservazione, intesa come percezione ed identificazione  di aspetti e segni rilevanti, utile per la loro interpretazione in chiave diagnostica. Purtroppo con l’introduzione di test diagnostici strumentali e di laboratorio avvenuta alla fine degli anni settanta si è assistito alla graduale perdita dell’esercizio dei cinque sensi da parte del medico ai fini diagnostici e dello spirito critico per l’interpretazione delle possibili correlazioni con il contesto ambientale del paziente (Braverman, 2011).

Per affinare l’acuità di osservazione, generalmente acquisita solo dopo anni di esperienza clinica, periodicamente i formatori hanno sperimentato l’utilizzo dell’arte per insegnare tale abilità mediante la visione sistematica di dipinti (Dolev et al., 2001). In questo contesto si inserisce l’utilizzo del metodo della Visual Thinking Strategies da parte di alcune Facoltà di Medicina per il miglioramento delle competenze diagnostiche.

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L’Arte dell’Osservazione

Quando ci si confronta con l’arte, nell’intelletto si costituiscono pensieri e giudizi in ragione del sorgere di emozioni e sensazioni che portano ad un’interpretazione soggettiva. Importante in questo ambito è la ricerca di Rudolf Arnheim, che spiega in modo convincente la connessione tra la percezione visiva e il pensiero. Identificare ciò che vediamo, secondo Arnheim, è un atto di conoscenza. Quando si guarda qualcosa, si attuano rapidamente dei meccanismi di comprensione per riconoscere e afferrare il senso di ciò che ci viene messo dinanzi agli occhi. Inoltre grazie agli stimoli visivi si mettono in moto automaticamente pensieri e abilità atti a risolvere problemi (Arnheim,  1974).

A metà degli anni settanta, negli Stati Uniti, Abigail Housen, psicologa cognitivista, figlia di una psicologa e di uno storico dell’arte, dà inizio ad un importante studio basato sui comportamenti dei visitatori in un museo e incentrato sui pensieri che vengono stimolati di fronte ad un’opera d’arte.

Housen adotta come strumento d’indagine un’intervista indiretta con la quale i fruitori del museo sono invitati a raccontare ciò che vedono nell’opera e i pensieri che questa gli suscita. Le domande sono aperte e sono volte a non influenzare lo spettatore. Nel corso del tempo, questo strumento d’indagine, chiamato Aesthetic Development Interviews (ADI), permette alla Housen di raccogliere un ampio campione di dati e di avere una panoramica complessa sulle idee di molte persone di fronte a un’opera (Housen, 2002).

La complessità del pensiero che l’arte è in grado di suscitare fa notare alla Housen che, comunque, anche lo spettatore meno abituato alla fruizione dell’arte, utilizza una serie di meccanismi psichici per trarre conclusioni che sono fondamentali per la comprensione e l’apprendimento. Questi meccanismi vengono generati da associazioni, ricordi, fatti e sentimenti che l’immagine è capace di far emergere in modo inconsapevole dall’osservazione.

Dai risultati dei sui studi e dal confronto con altre ricerche su questo tema, la Housen inizia a sviluppare una strategia didattica interamente basata sulla forza della comunicazione visiva e mette a punto il metodo della Visual Thinking Strategies (VTS), capace di aiutare concretamente gli studenti nell’apprendimento e nell’acquisizione di capacità di analisi. Tale metodo, come strumento conoscitivo per sviluppare la capacità di osservazione e descrizione, viene applicato per la prima volta in un corso di laurea in medicina e chirurgia all’università di Harvard nell’anno accademico 2003-2004 agli studenti del 3° anno, con un corso elettivo di 9 settimane dal titolo Training the eye (Shapiro et al.,  2006).

Negli anni successivi, tale strategia è stata adottata da altre Università statunitensi come ad esempio la University of Texas (Klugman et al., 2011) o l’esperienza del Dipartimento di Dermatologia di Dallas e il museo d’arte della città che hanno inaugurato un corso in cui gli studenti divisi in piccoli gruppi di discussione vengono messi di fronte ad opere d’arte e vengono guidati nel focalizzare la loro attenzione sull’osservazione e la descrizione dell’opera, nonché a discutere insieme con l’aiuto di un facilitatore (Stutzman e Wickless, 2014). Seguendo la linea di pensiero della VTS della Housen, è stata ideata una rubrica del pensiero critico per guidare l’analisi delle opere, chiamata ODIP, acronimo di “Osservare, Descrivere, Interpretare, Provare” presso l’Università dell’Ohio in collaborazione con il museo d’arte di Colombo (Jacques et al.,  2012).

L’arte, mediante le attività di osservazione, analisi, confronto e discussione date dalla VTS, consente allo studente di medicina di acquisire un metodo da applicare anche nell’attività clinica, migliorando le competenze nell’esame obiettivo del paziente, implementando le capacità di problem solving e pensiero critico, abituandosi al lavoro di gruppo, coltivando l’empatia verso il paziente e il rispetto dell’altro (Jacques et al., 2012).

Ritenendo l’approccio VTS interessante, è stata avviata, nell’anno accademico 2014-2015, una attività di sperimentazione di tale pratica nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia della Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università “La Sapienza” in collaborazione con la Galleria Borghese di Roma. Tale metodo è stato inserito nelle attività elettive collegate al corso integrato di Metodologia Medico-Scientifica e Scienze Umane,  per gli studenti del 3° anno di corso.

Nell’ambito della sperimentazione è stato realizzato uno studio qualitativo, con l’obiettivo di valutare il gradimento e la percezione dell’utilità di tale metodica da parte degli studenti per la loro formazione clinica.

Metodo di studio e analisi dei dati

Tutti gli studenti del 3°anno di medicina sono stati invitati a partecipare ad una attività didattica elettiva dal titolo “L’arte dell’osservazione: dall’osservazione dell’opera artistica alla diagnosi” inserita nel corso integrato di Metodologia Medico-Scientifica e Scienze Umane, nel secondo semestre del terzo anno di corso dell’anno accademico 2014-2015.

Hanno scelto di partecipare 41 studenti.

Il corso è stato complessivamente strutturato in 2 lezioni in aula e in un pomeriggio di pratica laboratoriale svolta all’interno della Galleria Borghese di Roma.

 

Prima dell’inizio del corso è stato somministrato un questionario per la valutazione della capacità di osservazione ed analisi di immagini mediche.

Nell’ambito della prima lezione è stato introdotto il tema della relazione tra Arte e Medicina nei secoli, citando alcune applicazioni contemporanee; è stato introdotto il metodo VTS e, con una esperienza in aula, mediante la visione dell’opera “Susanna e i Vecchioni” di Tintoretto (Fig. 1), è stato applicato il metodo ODIP. Si è infatti ritenuto utile attivare la pratica di osservazione, di descrizione e successiva interpretazione e prova nell’ambiente museale per lasciare maggiore autonomia agli studenti. Tale approccio permette di simulare maggiormente i processi relazionali del team medico con la possibilità di migliorare non solo le capacità di osservazione ma anche quelle di rispetto del pensiero altrui e di collaborazione per la soluzione di un problema comune.

L’attività all’interno della Galleria Borghese ha compreso la visita guidata, una pratica laboratoriale con un facilitatore e un’attività laboratoriale autonoma individuale a a piccolo gruppo degli studenti.

Per la pratica laboratoriale al Museo gli studenti sono stati suddivisi in gruppi di 4-6 persone per un totale di 9 gruppi; le visite presso il Museo sono state svolte in diversi giorni.

Ad ogni gruppo è stata assegnata un’opera della Galleria Borghese per attivare la pratica dell’ODIP, consegnando un questionario (Scheda A) che gli studenti hanno compilato individualmente davanti all’opera, per un tempo di osservazione di 20 minuti e successivamente in modo collettivo discutendone con il gruppo alla presenza di un facilitatore (Figs. 2, 3).

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La seconda pratica laboratoriale autonoma è stata denominata “Caccia all’Opera”. Ogni gruppo è tornato autonomamente al Museo per rintracciare un’opera con evidenti segni patognomonici, guidato da una scheda appositamente strutturata (Scheda B). Affiancando alle evidenze riscontrate nell’opera le evidenze cliniche atte a dimostrare la presunta diagnosi, durante la lezione conclusiva in aula, ogni gruppo di studenti ha presentato in modo autonomo i dati raccolti.

Durante la lezione conclusiva, oltre alla presentazione delle relazioni di ogni gruppo, la specialista di storia dell’arte ha esposto l’analisi storico-artistica delle opere assegnate agli studenti.

Durante l’ultima lezione è stato somministrato agli studenti un questionario di gradimento, in forma anonima, integrato da domande utili al fine di valutare la percezione dell’approccio proposto e il feedback degli stessi. Le domande erano sia a risposta multipla che aperte, consentendo la raccolta di osservazioni e commenti liberi.

La scheda A, la scheda B e il questionario di valutazione non sono descritti per brevità, ma sono a disposizione dei lettori.

Risultati

Hanno partecipato alla compilazione del questionario 31 studenti, sui 41 aderenti al corso.

Sono state quindi analizzate le risposte alle domande qualitative.

Per il 93,5% degli studenti, la VTS ha contribuito a migliorare la loro capacità di osservazione clinica.

La maggior parte degli studenti ha espresso giudizio positivo nei riguardi del corso (96,7%), indicando in particolare la visita al Museo (32,3%), la pratica laboratoriale legata alla sperimentazione di iconodiagnostica (“caccia all’opera”) (34,5%) e l’integrazione tra arte e medicina come interessanti e utili ai fini della formazione medica e alcune volte addirittura sorprendenti (29,0%).

Gli studenti hanno anche apprezzato il metodo di insegnamento proposto, indicando come innovative e stimolanti:

– la modalità di lavoro in equipe;

– il confronto tra i componenti del gruppo;

– il coinvolgimento attivo degli studenti anche durante la lezione in aula;

– l’autonomia dell’apprendimento  durante le attività proposte al museo;

– la molteplicità di interpretazioni che possono emergere da un’opera d’arte e il lavoro di sintesi da parte del gruppo.

Gli studenti, in relazione alle opere da loro scelte con segni patognomonici, hanno poi presentato in aula le opere, la “presunta” patologia e le evidenze mediche, attraverso immagini atte a dimostrare le loro ipotesi. Tale attività è stata ritenuta interessante e stimolante (96,7%) e tale da costituire utile esercizio per lo sviluppo delle abilità di problem solving (64,5%) e del pensiero critico utile al ragionamento clinico (25,8%).

Discussione e Conclusioni

I primi risultati di questa sperimentazione, così come si evidenzia dai commenti degli studenti, sembrano confermare le abilità implementate dall’approccio VTS come lavoro in Team, capacità di ascolto e rispetto reciproco tra colleghi, di pensiero critico e di problem solving emerse in precedenti simili esperienze di formazione medica (Reilly et al., 2005).

Oltre all’apprezzamento dell’approccio VTS e in generale dell’inserimento della conoscenza dell’arte all’interno di un corso di Medicina, gli studenti hanno apprezzato il metodo d’insegnamento basato sull’approccio “learner centered” (Harden e Laidlaw, 2017) e che ha posto lo studente come protagonista del processo di apprendimento.

E’ proprio in questa chiave che è stata scelta la strategia ODIP, che fornisce gli strumenti di osservazione ed analisi di un’opera mediante una scheda, rendendo il gruppo di studenti autonomo durante l’attività al Museo. L’esperto mantiene il ruolo di facilitatore durante la discussione successiva all’osservazione dell’opera, incoraggiando un ambiente sicuro in cui lo studente si sente incentivato e “libero” di esprimere il proprio pensiero.

Tale processo può essere paragonato alle attività che un team di medici è chiamato a svolgere durante la pratica clinica. In gruppo si osserva il paziente già esaminato singolarmente e ogni membro del team può esprimere la propria opinione con il medico esperto che ha un ruolo di facilitatore nel guidare il team alla sintesi e alla formulazione di una ipotesi comune. Il limite di questo studio iniziale è legato alla mancanza di un gruppo di controllo e alla tipologia puramente qualitativa dei dati relativi al questionario di gradimento.

Per quanto riguarda il questionario di valutazione dell’impatto dell’esperienza del corso sulle capacità di osservazione, non sono disponibili al momento i dati relativi alla somministrazione successiva alle attività. Il consenso ricevuto dagli studenti ha posto l’attenzione sulla necessità di proseguire nell’utilizzo dell’approccio sperimentato. Altri studi (Klugman et al., 2015) e gli stessi studenti suggeriscono di ripetere l’esperienza legata all’osservazione dell’arte più volte durante il corso di studi per aumentare il miglioramento delle capacità legate all’arte medica.

Tale metodica, utilizzata in Sapienza inizialmente nel Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia della Facoltà di Medicina e Psicologia, è oggi utilizzata anche nel Corso di Laurea “C” della Facoltà di Medicina e Odontoiatria dello stesso Ateneo, allo scopo di implementarne e perfezionarne l’utilizzo a beneficio degli studenti, ottenere dati più consistenti per uno studio prospettico che renda ulteriori evidenze sui risultati ottenibili nella formazione degli studenti di medicina e chirurgia e infine calibrarne le migliori modalità attuazione.

Ringraziamenti

Si ringrazia la Dott.ssa Anna Coliva, Direttrice del Museo Galleria Borghese di Roma, per aver concesso le visite degli studenti e l’uso delle aule didattiche del museo che hanno consentito la discussione ai piccoli gruppi di studenti.

Bibliografia

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21) Vettore L. Medicina narrativa e counselling. Strumenti di educazione alla medicina partecipativa per il miglioramento della relazione tra medico e paziente. Med Chir 2014; 64: 2874-2880.

Cita questo articolo

Ferrara V., De Santis S., Giuliani C., et al., L’Arte dell’osservazione, dall’opera artistica alla diagnosi Le prime esperienze in Sapienza Università di Roma, a Medicina e Chirurgia, Medicina e Chirurgia, 72: 3269-3273, 2016. DOI: 10.4487/medchir2016-72-2.

Esperienze di lavoro di gruppon.71, 2016, pp. 3242-3250, DOI: 10.4487/medchir2016-71-6

Abstract

This Forum is a part of the tetralogy of educational events devoted to “Training of teachers, supervisors and students to leadership and teamwork”. In a tetralogy the so called “Pedagogical pills” are mini-lectures, the workshops are based on experiential learning, forums are the privileged environment in which the Conference co-constructs its shared knowledge, since they are small group activities focused on sharing and discussion of real life experience.

In this forum we identified some critical situations in which teamwork asks for a special attention, specially when the team is inter-professional. The following articles report on the most significant and common elements emerged from the discussion. The considered environments were the team of teachers of an integrated course, the relationship between teachers and administrative- technical personnel dn the inter-professional collaboration, probably the most challenging context in the near future.

Parole chiave: lavoro a piccoli gruppi – corsi integrati – collaborazione interprofessionale

Key Words: small group activities – integrated course – inter-professional collaboration

Articolo

  1. Introduzione

Questo Forum è parte della tetralogia di eventi formativi dedicati a “Formazione dei docenti, dei tutor e degli studenti alla leadership e al lavoro di gruppo”. Se le “pillole pedagogiche” sono  mini-letture informative-formative  e gli atelier sono attività di apprendimento esperienziale, i forum sono il luogo privilegiato in cui la Conferenza co-costruisce la sua conoscenza condivisa, essendo attività per piccolo gruppo centrate sulla condivisione e discussione di esperienze reali.

In questo caso abbiamo individuato alcuni ambiti critici in cui il team work esige attenzione, specie quando il team è interprofessionale. Gli articoli che seguono riportano gli elementi  più significativi emersi a fattore comune dalle discussioni e condivisioni delle esperienze. Gli ambiti considerati sono stati il team di docenti di un corso integrato, la relazione tra docenti e personale tecnico-amministrativo e il lavoro di gruppo inter-professionale, forse il più sfidante contesto del prossimo futuro.

Fabrizio Consorti

  1. Lavoro di gruppo nella gestione del corso integrato

Giuseppe Familiari (Conduttore), Licia Montagna, Roberta Misasi e Maria Filomena Caiaffa

Premessa

Il lavoro di gruppo nella gestione del corso integrato (CI) riveste un aspetto cruciale per il corretto svolgimento del CI, soprattutto quando debbano essere integrate in modo efficace competenze multidisciplinari, interdisciplinari e transdisciplinari. Esso deve essere calibrato in relazione ai modelli organizzativi diversi dei CI dell’intero Corso di Laurea, soprattutto in riguardo alla fase iniziale (scienze di base), alla fase intermedia (fase pre-clinica) e alla fase finale del percorso formativo (fase clinica).

Debbono essere inoltre tenuti presenti i diversi modelli organizzativi dei CI nei confronti dell’organizzazione generale del Corso di Laurea, che può essere di tipo “tradizionale”, con maggiore attenzione all’integrazione orizzontale o di tipo “innovativo” con maggiore attenzione all’integrazione verticale. Deve ancora essere fatto riferimento ai modelli organizzativi diversi di integrazione nelle attività teoriche in aula, in relazione maggiormente con il sapere dello studente (Knowledge) e nelle attività pratiche a piccoli gruppi, molto più importanti, in relazione al saper fare e al saper essere dello studente (Competence, Performance, Action, Identity).

Asse centrale, nel gioco delle relazioni interpersonali in contesti complessi come quello medico, è senza dubbio la gestione del core curriculum del corso integrato, in riferimento a quei contenuti dell’apprendimento che debbono condurre alle abilità e alle competenze richieste alla laurea, con raggiungimento di un buon livello di professionalità (professionalism) o identità professionale (professional identity).

La gestione del core curriculum del CI deve infine rispettare due paradigmi importanti, deve cioè concordare, in relazione all’assetto generale specifico di ogni Corso di Laurea, con:

L’assetto verticale del curriculum, concordato come presupposto formativo dei CI in sequenza temporale, in riferimento al metodo scientifico, alla rilevanza fisio-patologica, al ragionamento clinico, alla consapevolezza del proprio ruolo;

L’assetto orizzontale del curriculum, inteso come sub-analisi del curriculum verticale, in relazione ai contenuti, alle propedeuticità, alle competenze dei docenti, alla progressione nei semestri, agli approfondimenti concordati.

Una integrazione efficace del core curriculum è alla base ed è basata sulla effettiva collaborazione tra docenti e studenti, presupposto irrinunciabile per condurre alla costruzione dell’ identità professionale di questi ultimi.

E’ importante sottolineare come il lavoro di gruppo all’interno del singolo CI, in piena sintonia con gli Studenti, debba essere condotto sui principi di collaborazione franca e leale con gli Studenti, utilizzando i principi di base della pedagogia (FAIR):

Feedback: monitorizzare la progressione degli Studenti sull’effettivo raggiungimento degli obiettivi formativi;

Activity: lavorare “con” gli Studenti per un apprendimento attivo e non passivo;

Individualization: porre attenzione ai bisogni individuali di ogni singolo Studente, in relazione al raggiungimento degli obiettivi didattici;

Relevance: rendere l’insegnamento strettamente correlato agli obiettivi generali di apprendimento/competenze del Corso di Laurea.

Ovviamente, anche i rapporti tra i Docenti del CI debbono essere pienamente funzionali e basati sul rispetto, la lealtà e la correttezza reciproca, utilizzando i principi del modello SPICES di Harden, là dove la scala dell’integrazione (The integration ladder) prevede che vi sia: “greater central planning, greater communication between teachers, less emphasis on disciplines”.

La gestione di un CI è obbligatoriamente non facile e tale da richiedere grande attenzione; la sintesi dei punti fondamentali per una gestione di qualità deve prevedere:

– La pianificazione del CI, partendo dalle unità didattiche elementari (UDE), che sia davvero integrato (copresenza, correlazione pianificata in anticipo, ecc.);

– La pianificazione delle modalità di esame e valutazione coerente con gli obiettivi formativi del corso (esame veramente integrato e non prove singole, modalità di esame congrue con le conoscenze, le abilità e le competenze definite nel core curriculum,ecc.);

– Il ruolo centrale del coordinatore del CI che deve essere affidato a un Docente fortemente motivato (non è un notaio che prende atto dell’orario nell’aula, ma rende fattiva e possibile l’integrazione vera delle UDE, scioglie i contrasti, pianifica e concorda le copresenze, ecc.).

Le esperienze delle sedi

Nell’ambito del Laboratorio Pedagogico, sono state presentate e discusse le esperienze di tre sedi, che sono qui di seguito riassunte.

“Sapienza” Università di Roma, Corso di Laurea “C”

E’ stata presentata una interessante esperienza di lavoro di gruppo nella ristrutturazione del biennio clinico a maggiore caratterizzazione professionalizzante, per lo sviluppo della competenza medica.

L’idea è nata da una esigenza di dare un senso maggiormente compiuto alla struttura delle Medicine e Chirurgie I, II, III, CI del quinto/sesto anno di corso; Medicina e Chirurgia I integrata con l’Oncologia, Medicina e Chirurgia II con le Patologie Geriatriche, Medicina e Chirurgia III comprendente tutto il resto ma senza un programma ed un’organizzazione definiti.

In una serie di riunioni nella Commissione Tecnico Pedagogica è stato costruito un percorso di formazione per competenze, utile a garantire, a tutti gli studenti, un periodo di internato in medicina, chirurgia, medicina generale.

Vi sono state due fasi, una prima, dedicata al lavoro di gruppo in CTP per organizzare i CI e una seconda fase di lavoro di gruppo fra i docenti coinvolti nella realizzazione delle diverse attività. Sono state individuate la metodologia per l’attività frontale, la suddivisione dei problemi clinici essenziali, i metodi didattici specifici, la metodologia dell’attività pratica, i compiti dei tutor clinici, i compiti degli studenti.

Tra le attività di programmazione svolte debbono essere citati: lo studio in simulazione dei problemi clinici essenziali; la pianificazione in aula di metodologie didattiche specifiche, con discussione e metodologie di tipo professionalizzante; la raccolta  di casi clinici visti nei vari reparti frequentati durante il biennio clinico inclusa la frequenza dal MMG; la raccolta di schede narrative e brevi racconti di episodi vissuti durante il biennio clinico particolarmente significativi per quanto riguarda lo sviluppo della professionalità medica; l’acquisizione in autonomia delle abilità essenziali previste dal libretto delle attività pratiche.

Il lavoro iniziale di reclutamento dei docenti è stato lungo e faticoso, in quanto essi dovevano avere disponibilità di reparto, conoscenze, passioni e attitudini diverse, voglia di partecipare. Malgrado le continue riunioni, continua però ad essere difficile mantenere una rigida distribuzione di compiti che eviti sovrapposizioni ed inutili ripetizioni.

Milano Humanitas, Corso internazionale in lingua inglese

L’esperienza presentata si riferisce alla ristrutturazione del corso, in riguardo alla organizzazione integrata del primo anno di corso. Viene, nello specifico presentato il lavoro svolto nella organizzazione di due CI.

Nel CI Body at Work (Fisica, Anatomia Umana, Biochimica, Fisiologia) è stato in particolare istituito un CdCI; vi è stata piena condivisione dei contenuti e dei metodi del corso, condivisione dei temi longitudinali del Priority Presenting Problems Portfolio (PPPP), la stesura di un syllabus, la definizione delle modalità d’esame.

I CI sono stati migliorati estendendo  la condivisione dei temi longitudinali del PPPP agli altri CI, lavorando sulla stesura di un syllabus integrato anche sugli altri corsi.

Grande lavoro di gruppo è stato fatto sulle modalità d’esame, prevedendo, sempre per lo stesso corso in esempio, un esame scritto tramite multiple choice test, il cui superamento garantisce l’accesso all’esame orale con i docenti, la revisione del compito e la discussione di un argomento del PPPP.

In questo processo di rinnovamento è stata data particolare enfasi al ruolo del coordinatore di CI, che condivide i principi e i metodi didattici del corso, sa costruire committment tra i colleghi e si confronta con il presidente del CDL e l’ Office for medical Education, supervisiona il syllabus, lavora a stretto contatto con il responsabile della pianificazione e con i colleghi del CI durante la pianificazione, supervisiona le domande d’esame, redige la prova d’esame finale, è referente diretto per gli studenti (domande, chiarimenti ecc..), riceve la valutazione del corso e si fa promotore di modifiche e miglioramenti.

Ateneo di Foggia, Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

L’esperienza presentata per il CLM di Foggia fa riferimento soprattutto alla situazione attuale e agli sforzi che il Presidente del Corso di Laurea sta mettendo in atto per il suo miglioramento. L’Università di Foggia è un Ateneo di media dimensione, con 16 Corsi di Studio di Area Medica (5 decentrati), 56 professori e 57 ricercatori/prof aggregati. Al Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia frequentano 80 studenti per anno. I CI sono organizzati sulla base di un modello tradizionale con «integrazione orizzontale».

Dall’analisi SWOT della situazione attuale emergono dei punti di forza, caratterizzati dalla omogeneità nell’organizzazione dei CI della fase iniziale, intermedia e finale; da una buona pianificazione dei CI e chiari obiettivi formativi; una evoluzione positiva del ruolo dei coordinatori di CI; l’integrazione dei contenuti e dei programmi dei CI in via di miglioramento; alcune criticità evidenziate anche dalla site-visit della CPCLMMC 2014, sono state obiettivo di miglioramento del Rapporto di Riesame annuale e ciclico 2016.

La stessa analisi SWOT evidenzia delle criticità quali le modalità di esame da migliorare (nell’integrazione); l’approccio individualistico nell’insegnamento della disciplina in alcuni moduli didattici; difficoltà a gestire la co-presenza dei docenti a lezione, in relazione al numero limitato di docenti con carico didattico importante nei diversi CdL.

E’ stata pertanto ribadita l’utilità reale del rapporto del riesame annuale e ciclico, da interpretare correttamente non come impegno burocratico, ma come effettivo strumento per il miglioramento della qualità didattica.

  1. Lavoro di gruppo interprofessionale

Davide Festi, (Conduttore), Maria Grazia De Marinis, Lorenza Garrino, Paolo Leombruni, Daniele Santini. Erano inoltre presenti: Fabrizio Consorti, Pietro Gallo e Rappresentati del SISM.

Dopo una breve introduzione incentrata  sulle definizioni di educazione interprofessionale, sia quella dell’OMS del 1988 che quelle del  CAIPE del 1997 e del 2006, sulla normativa  esistente  e sulle scarse evidenze scientifiche disponibili relative all’impatto della educazione interprofessionale sugli esiti clinici, sono state riportate alcune esperienze effettuate a Roma ed a Torino.

Maria Grazia De Marinis e Daniele Santini, del Campus Biomedico di Roma hanno presentato una esperienza di didattica simulata interprofessionale, che ha coinvolto studenti di Medicina e Chirurgia e studenti di Infermieristica, con l’obbiettivo  di esplorare i differenti ruoli professionali; valorizzare le diverse competenze, incoraggiare la comunicazione e la fiducia  tra i membri del gruppo; imparare ad esprimere emozioni, stati d’animo e necessità di aiuto nel gruppo; riflettere sulle difficoltà a ricevere e riferire commenti/apprezzamenti sul proprio lavoro.

Il seminario si è svolto attraverso le seguenti fasi:

  1. Analisi di un incidente critico: con l’obiettivo di offrire ai ragazzi la possibilità di riflettere, in gruppi di 6 persone, su una situazione di interprofessionalità in cui direttamente o indirettamente hanno partecipato nel loro tirocinio.

Gli è stato chiesto di descrivere una situazione ritenuta critica, che pensavano potesse essere gestita diversamente, attraverso la ricostruzione di emozioni, azioni, clima e modalità di lavoro, fornendo esempi chiari e concreti di comportamenti o parole osservate e di spiegare perché  dal loro punto di vista la situazione è stata ritenuta critica.

  1. Scrittura della trama per il Role Playing: il gruppo ha ricevuto l’invito a definire una semplice trama, utilizzando il contenuto dell’incidente critico e stabilendo cosa doveva essere detto e fatto  dai personaggi. In particolare, la trama richiedeva la descrizione di: dove accade; quando accade; a chi accade; che rapporti ci sono tra queste persone (relazione); di cosa si tratta (problema).
  2. c) Realizzazione del Role Play in quattro fasi:

due studenti hanno interpretato rispettivamente il ruolo del medico e dell’infermiere cercando di risolvere la situazione critica, così come descritto preliminarmente nella trama

“inversione dei ruoli”: il ragazzo che prima ha interpretato il medico ha poi interpretato l’infermiere e viceversa;

introduzione  dell’”io ausiliare”: è servito per suggerire ai due protagonisti nuovi punti di vista e nuovi comportamenti;

“sostituzione” dei ruoli: due nuovi ragazzi interpretano la scena per cercare di affrontare il problema con dinamiche differenti dalla precedente.

  1. d) Il feedback: è stata analizzata la registrazione della scena, sono stati raccolti i feedback dei partecipanti, si sono confrontate le differenti prospettive di analisi e i vari punti di vista conclusivi.

Da parte degli studenti è emerso: un’indicazione ad una comunicazione più chiara e diretta tra le diverse figure professionali; una considerazione sulle capacità di mettersi nei panni dell’altro per comprenderlo meglio;  la necessità di ri-conoscere il proprio ruolo e quello dell’altro e  di non essere intimoriti nel chiedere aiuto quando si sta gestendo una situazione critica.

La seconda realtà discussa all’interno del Laboratorio ha riguardato l’esperienza maturata in questi ultimi anni presso l’Università di Torino.

Lorenza Garrino e Paolo Leombruni hanno presentato alcune iniziative promosse dalla SIPeM sezione Piemonte  e VdA e realizzate come prima ricaduta del Congresso Nazionale svoltosi a Torino nel Maggio 2010. Sono stati tenuti, nel corso di più anni, workshop volti ad analizzare l’importanza dello sviluppo di una collaborazione interarea tra le varie figure sanitarie con simulazioni volte a stimolare il lavoro di gruppo e una maggiore consapevolezza delle capacità e responsabilità del proprio ruolo al fine di riuscire nella risoluzione di situazioni critiche. In particolare sono state organizzate due giornate di studio e lavoro, il 24 settembre 2010 e 11 settembre 2011, dal titolo ”Formazione alla interprofessionalità nei corsi di base della Facoltà di Medicina” alla quale hanno partecipato più di sessanta docenti universitari  e professionisti delle aree socio-sanitarie ed educative. Ai partecipanti sono stati proposti gruppi di studio interprofessionali da sperimentare nelle sedi appropriate, con la finalità anche di realizzare un percorso  triennale all’interno del corso di Medicina.  Obiettivi del percorso, partendo dai bisogni evidenziati, erano quelli di rendere lo studente in grado di descrivere le regole della comunicazione (grammatica della comunicazione, ascolto attivo); negoziare nel gruppo soluzioni condivise; utilizzare strumenti comunicativi efficaci. Una ulteriore iniziativa sull’interprofessionalità  ha riguardato la realizzazione di laboratori gesti o skill lab, gestiti da tutor infermieristici ai quali partecipano gli studenti di Medicina del primo triennio. A partire dall’Anno Accademico 2011-2012 è stata realizzata presso i corsi di laurea delle professioni sanitarie e il corso di laurea in medicina una attività elettiva interprofessionale  dal titolo “ Il caregiver : l’alleanza terapeutica nell’assistenza domiciliare in una prospettiva interprofessionale”, indirizzata alle professioni infermieristica, medica, riabilitative (fisioterapista, logopedista) ed agli educatori professionali.

Una ulteriore esperienza riguarda la collaborazione tra il corso di laurea in infermieristica di Torino e l’Università  Modena –Reggio, nata all’interno del master “Metodi e strumenti per l’insegnamento clinico della medicina generale nelle cure primarie” relativa alla partecipazione del paziente esperto nella formazione e nelle cure, in una ottica di interprofessionalità. Il presupposto è la sempre maggiore valorizzazione dell’esperienza che il paziente porta con sé quando arriva al professionista,  delle sue preoccupazioni, dei suoi desideri, delle sue conoscenze e della sua consapevolezza sulla sua situazione. IN un tale approccio il paziente diventa alleato, partner e viene valorizzata la sua esperienza nel percorso di cura ed a una migliore qualità di vita nelle diverse fasi di malattia.

L’esperienza fatta a Torino consente di concludere e prospettare la necessità di:

– implementare la formazione interprofessionale nei corsi di base per migliorare la comunicazione interprofessionale;

– una progettazione formativa interprofessionale attraverso l’identificazione di interventi mirati a favorire la conoscenza degli altri professionisti, la realizzazione di percorsi di tirocinio comune tra studenti di discipline diverse, incontri per favorire la comunicazione interprofessionale ed il confronto

– valorizzare e sviluppare il partenariato con i pazienti ed i care giver nella formazione e nelle cure.

In ultimo il gruppo di lavoro, rispondendo alla richiesta fatta dalla Presidenza, ha identificato:

1)  le cinque parole  relative al buon funzionamento dei gruppi: comunicazione, affiatamento, definizione dei ruoli, inclinazione alla leadership, sperimentazione.

2) le cinque parole relative alla criticità dei gruppi: necessità di una valutazione delle esperienze realizzate, numerosità (difficoltà nel rendere queste esperienze accessibili a più studenti dei corsi di laurea, valutazione della possibilità di inserire anche dei corsi ADE nel piano di studi, strutturati su più anni al fine di permettere in base alle competenze sviluppate dagli studenti analisi di problemi differenti); diffidenza (tra le figure in questione);

3) le cose da NON fare: mettere in un’aula tutti gli studenti; chiamare una lezione frontale “lezione sull’interprofessionalità”;

4) le cose da fare: necessità di esperienze di simulazione condivise; identificare gli spazi più idonei (es. tavoli tondi dove più studenti possono lavorare insieme); identificare le strategie di collaborazione più idonee e concrete; conoscenza dei valori reciproci delle diverse figure sanitarie.

  1. Lavoro di gruppo con il personale tecnico-amministrativo

Bruno Moncharmont (Conduttore), Maurizia Valli, Tiziana Bellini ed Anna Bossi

I normali processi di progettazione e gestione dei corsi di studi prevedono numerosi interazioni tra i docenti con ruoli di responsabilità (presidente del corso di studio, componenti della commissione tecnico pedagogica, gruppi per l’assicurazione della qualità) e tra il personale tecnico amministrativo della segreteria didattica, della segreteria studenti e degli altri uffici centrali dell’ateneo. Lo svolgimento armonico dei processi implica, però, frequenti e fondamentali interazioni tra i docenti e personale tecnico amministrativo. L’esperienza ci mostra che tale interazioni sono quasi sempre estreme: in alcuni casi armoniche, perfettamente funzionali e collaborative in altri disastrose, con il risultato di creare sovente ingiustificati ritardi nei processi. Il mandato del laboratorio era quello di comprendere, attraverso una analisi delle esperienze riferite da alcune sedi, quali erano gli elementi che costituivano un ostacolo all’instaurarsi di un rapporto operativo di gruppo tra docenti con ruoli di responsabilità nella gestione del corso di studi ed il personale tecnico amministrativo coinvolto nei processi di progettazione e gestione delle attività didattiche.

Maurizia Valli presidente del CL M di Pavia ha presentato le esperienze con la Segreteria studenti, Tiziana Bellini, presidente del CLM di Ferrara, quelle con la Segreteria didattica, con una particolare enfasi sull’importanza della funzione del manager didattico, ed infine Anna Bossi presidente del CLM di Milano statale-polo centrale quelle con Ufficio statistico di ateneo. Dalla animata discussione con gli altri partecipanti al laboratorio è emerso che una parte delle principali cause che ostacolano l’armonico sviluppo delle interazioni in un lavoro di gruppo sono di tipo strutturale-organizzativo:

– difficoltà di accesso ai dati (tipologie differenti di database ed aggiornamento non sincrono)

– scarsa integrazione tra sistemi software;

– rigidità nell’utilizzo delle applicazioni per la mancanza di manuali utente e per una insufficiente o inadeguata formazione;

– linguaggio utilizzato nella gestione degli aspetti didattici non sempre corrispondente a quello utilizzato per gli aspetti amministrativi;

– poca formalizzazione delle procedure e prevalente ricorso alla memoria storica;

– sostituzione di ruoli tra docenti e PTA su particolari aspetti.

L’altra parte delle criticità sono da annoverarsi sul lato relazionale:

– input e/o richieste antitetiche al personale tecnico amministrativo da parte del corso di studi e della struttura amministrativa;

– prevalenza della dimensione relazionale rispetto a quella organizzativa;

– formale divisione scientifica del lavoro;

– personalizzazione delle priorità lavorative;

– pregressi ed irrisolti conflitti intragruppo e di categoria;

– conflitti personali di relazione (componenti emozionali ed affettive) ed incompatibilità caratteriale;

– ambivalenza del peso dell’anzianità nella posizione;

– utilizzo del know-how talvolta capzioso e strumentale;

– rigidità nella sostituibilità professionale delle risorse disponibili;

– mancanza di strumenti premiali o punitivi.

Sebbene la durata limitata del laboratorio non abbia consentito di analizzare tutti questi aspetti con il dovuto approfondimento, è comunque chiaramente emerso che alcune semplici azioni (sottoelencate) potrebbero consentire di sfruttare al meglio le opportunità che lavoro di gruppo può offrire (conoscenza dei problemi degli altri, condivisione delle criticità, configurazione di soluzione ottimale);

– analisi puntuale dei processi, con definizione di procedure che indichino chiaramente tempi, strumenti e responsabilità;

– formazione ed aggiornamento contestuale del personale tecnico amministrativo e dei docenti con ruoli di responsabilità sugli strumenti di gestione della didattica e di assicurazione della qualità (ad esempio procedura esse3, SUA-csa).

  1. Considerazioni conclusive

Maria Grazia Strepparava (Milano Bicocca)

I lavori pomeridiani sulle dinamiche di gruppo sono stati pensati con uno scopo esplicito ed uno implicito. Lo scopo esplicito, ed esplicitato, ai partecipanti era innescare la riflessione condivisa sui diversi ambiti in cui i Presidenti si trovano a utilizzare il lavoro di gruppo. Lo scopo implicito, meno facile da trattare e soprattutto più complesso da trasformare in un oggetto di lavoro, era portare all’evidenza dei partecipanti l’importanza e la centralità che gli aspetti di comunicazione, interazione e relazione hanno nel facilitare, rallentare, ostacolare o promuovere il lavoro di  un  gruppo di persone.

Nella fase di progettazione di queste attività è stato immediatamente evidente che non sarebbe stato eccessivamente difficile aiutare i partecipanti ad individuare e portare poi alla discussione in plenaria gli aspetti relativi  al tipo e ai contenuti delle attività svolte in gruppo nei diversi luoghi del sistema formativo universitario: gli “oggetti” intorno ai quali si strutturano le diverse situazioni in cui si lavora in gruppo sono ben definibili e si va dallo sviluppo delle pratiche interprofessionali nella formazione e nel lavoro clinico, al lavoro di gruppo per la gestione di tutto ciò che entra nel campo di attività della CTP, ai molteplici oggetti di lavoro che portano la componente universitaria a interfacciarsi con il personale tecnico e amministrativo, per arrivare al lavoro collettivo dei docenti intorno alla progettazione dei corsi integrati. Altrettanto chiaro era che ben più complesso e poco ovvio sarebbe stato facilitare l’emergere delle rappresentazioni individuali che sono lo sfondo delle pratiche condivise (Wenger, 1996) del lavoro in gruppo: il modo in cui ciascuno – docente, studente o tecnico – pensa al proprio ruolo, ai propri compiti, ai propri obiettivi a breve e a lungo termine e agli obiettivi dell’istituzione stessa, è un sistema di immagini che orienta l’agire quotidiano di ognuno. Ugualmente nascoste sullo sfondo sono le caratteristiche dell’interazione e della relazione che si imposta e progressivamente si sviluppa tra persone che lavorano insieme. Queste dinamiche sono determinate dalle rappresentazioni di sé e dell’altro, dalle aspettative sui comportamenti altrui e propri, dal clima emotivo che si crea nel gruppo di lavoro e dai meccanismi individuali e collettivi di regolazione affettiva, in poche parole costituiscono il profilo relazionale del gruppo stesso e determinano lo stile di lavoro del sistema (Wenger, 1998).

Per favorire il lavoro sugli aspetti della conoscenza tacita, meno immediatamente accessibili alla riflessione individuale e condivisa, si è deciso di utilizzare stimoli che spostassero l’attenzione dalle rappresentazioni cristallizzate e consapevoli, facilitando l’accesso anche alla qualità emotiva dell’esperienza: come ci si sente nel trovarsi in una data situazione o nel vivere una certa esperienza. È stato così dato mandato ai quattro conduttori – dopo aver dedicato agli aspetti espliciti la parte iniziale del tempo a disposizione – di proporre al gruppo le domande sotto elencate.

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Pensando alle situazioni di lavoro che avete trattato nel vostro gruppo (CTP; Corso Integrato; Interprofessionalità; Personale tecnico-amministrativo) individuate:

– quali sono le cinque parole per definire le criticità,

– quali sono le cinque parole per definire il  “buon lavorare”

– quale immagine descrive quando le cose “vanno male” nel lavoro di gruppo

– quale immagine descrive quando il gruppo “funziona bene”

– quali sono le tre cose da NON fare

– quali sono le tre cose da fare

Alla base queste richieste ci sono alcune considerazioni: le parole sono etichette linguistiche che usiamo per condensare esperienze complesse e sono rappresentate in modo distribuito nella mente (Barsalou, 2008; Lakoff, Johnson, 1999); i termini del linguaggio o le metafore e le analogie che usiamo nel discorso evidenziano le dimensioni per noi salienti di ciò a cui ci riferiamo, il senso dell’esperienza (Lakoff, 1987) e le parole corrispondono a stati mentali e alla loro controparte fisica di cui spesso non siamo del tutto consapevoli, ma che orientano le nostre reazioni alle diverse situazioni in modo implicito (Gallagher, Hutto, 2008): un conto è “parlare degli aspetti del lavoro in gruppo con il personale tecnico-amministrativo” e un altro e ben diverso conto è “parlare dei problemi del lavoro in gruppo con il personale tecnico-amministrativo”: la rappresentazione costruita nella mente di chi parla e nella mente di chi ascolta è differente; non sempre chi parla e seleziona i termini del linguaggio, è consapevole delle sfumature che la sua scelta linguistica ha e dell’effetto sugli altri. Le parole da un certo punto di vista sono dei “punti di vista” sul mondo, possono chiudere o aprire prospettive, definire percezioni, far emergere in trasparenza modi di sentire, sono alla base della nostra costruzione della realtà .

Associare un’immagine a un concetto è un’altra strategia per avere accesso alle nostre conoscenze tacite – sempre sulla base dei principi del modello della embodied cognition, o grounded cognition per spiegare la rappresentazione della conoscenza (Varela, Thompson, Rosh, 1991; Damasio 1999; Gallagher, 2007). La richiesta di visualizzare specifiche azioni ha l’obiettivo di spostare l’attenzione dal piano semantico, astratto, al piano della memoria episodica, che è appunto memoria che integra, contestualizzandola, percezione e azione, facilitando l’accesso alla ricostruzione soggettiva dell’esperienza.

Nella tabella 1 sono riportate le sintesi delle risposte dei quattro gruppi. È facile vedere che vi sono alcune parole che ricorrono trasversalmente tra tutti i quattro gruppi di lavoro, permettendo di individuare alcuni campi semantici condivisi. Ugualmente però ogni gruppo presenta una sorta di filo rosso, di trama di significato che in un certo senso ne costituisce il profilo.

Un sistema di termini che ricorre in tutte le risposte ha per core il concetto di “condivisione”, sia concettuale (concertare, programma condiviso, conoscenza reciproca, strategie di collaborazione), sia fisico/emotiva (affiancamento, contatto quotidiano, condividere, senso di appartenenza, partecipazione):  partecipare non è solo mettere insieme le cose, ma agire insieme e nell’agire sentirsi insieme.

Un altro tema ricorrente, solo all’apparenza contrapposto al sentirsi-con con è la delimitazione dei ruoli, il mantenimento del senso della propria identità e della propria funzione dentro la percezione collettiva. I gruppi vivono anche della delicata dinamica tra il senso di appartenenza e, di fusione collettiva, di mancanza di confini, e la definizione di sé e il mantenimento della propria identità: per un buon funzionamento gruppale i processi intragruppo (io nel gruppo in relazione con gli altri componenti del gruppo) e intergruppo (noi in quanto gruppo verso altri gruppi o altri individui),  devono essere in equilibrio dinamico. L’identità di ruolo emerge come un aspetto costitutivo della percezione professionale di sé, aprendo alla domanda se vi sia e quale sia il legame tra l’assunzione di ruolo e il potere, cui non è certo possibile dare qui una risposta.

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Ancora più interessante rispetto alle riflessioni sul linguaggio, le considerazioni che possiamo fare sulla scelta delle immagini. La prima, e più evidente, è che tra i moltissimi quadri possibili ben due gruppi su quattro hanno scelto esattamente la stessa immagine (l’Urlo di Munch, Fig. 1) per rappresentare “quando il gruppo va male”. La formulazione della frase è stata lasciata volutamente ambigua, generale e fatta in uno stile colloquiale, per dare ai partecipanti quanti più gradi di libertà possibili. Sarebbe interessante chiedere ai componenti dei gruppi come sono giunti a questa scelta, a cosa hanno associato l’immagine (disperazione o impotenza davanti al conflitto? sconforto per l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi? assoluta mancanza di senso davanti alla confusione? pura emozione?), ma certamente la convergenza ci dice che c’è un tessuto di esperienza condivisa e significativa. In fondo anche nell’immagine del manicomio c’è la mancanza di senso, il caos, la disperazione, l’impotenza. Più variegate le immagini del gruppo ben funzionante: il popolo unito, un ingranaggio che funziona senza intoppi, qualcosa in cui ogni parte ha un posto ed è al suo posto. In alcune immagini c’è movimento e azione, in altre un quadro statico e organizzato. Stasi e movimento che ritroviamo nelle parole che ciascun gruppo ha scelto e nelle azioni indicate: il puzzle si accompagna alle parole integrazione, pianificazione, programma, riproducibilità; il meccanismo a funzioni, organizzazione, comunicazione, ruoli. Un ingranaggio è un sistema di parti che si muovono con sincronia, fisicamente connesse, e questo è proprio il gruppo che fa riferimento alla presenza e vicinanza fisica. Nel gruppo che ha scelto il Quarto Stato (Fig. 2), e la Battaglia di Anghiari (Fig. 3) il campo semantico delle azioni ci porta invece alla contrapposizione tra partecipazione/concertazione e accentramento/sopraffazione, che bene riflette il senso della lotta di popolo delle due immagini.

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Si potrebbe proseguire ancora nell’identificare i rimandi che legano parole concetti e immagini, ad esempio il filo dell’agire sperimentante (ricerca, sperimentazione, strategie, azione collettiva) che caratterizza la rappresentazione che sta sullo sfondo della riflessione di uno dei gruppi. Ma non dobbiamo dimenticare un punto essenziale: se ci poniamo nell’orizzonte filosofico e concettuale  del costruttivismo (Von Glaserfeld, 1984) ogni descrizione di un fenomeno avviene da una specifica prospettiva, è fatto da un lettore/narratore, parte da un certo punto vista: non esiste una sola verità assoluta, ma molteplici prospettive e la conoscenza quel sistema complesso che integra prospettive differenti, nessuna più vera di un’altra.

Il mio invito quindi ai lettori è guardare le griglie dal loro punto di vista e vedere quale rete di rimandi si delinea nella loro mente. Buon divertimento.

Bibliografia

1) Barsalou L., 2008, Grounded Cognition, W. Annu. Rev. Psychol. . 59:617–45

2) Damasio A. R., 1999, The Feeling of What Happens. Body and Emotion in the Making of Consciousness [trad. it. Emozione e coscienza, Adelphi, Milano 2000].

3) Gallagher S.,  Hutto D. 2008, Understanding Others through Primary Interaction and Narrative Practice, in J. Zlatev, T. Racine, C. Sinha e E. Itkonen (a cura di), The Shared Mind: Perspectives on Intersubjectivity, John Benjamins, Amsterdam, pp. 17-38.

4) Gallagher S. , 2007, Phenomenological and Experimental Research on Embodied Experience, in T. Ziemke, J. Zlatev, R. Frank e R. Dirven (a cura di), Body, Language and Mind, vol. I, Mouton de Gruyter, Berlin, pp. 241- 63.

5) Lakoff, G. , 1987,. Women, fire and dangerous things: what categories reveal about the mind. Chicago and London: The University of Chicago Press.

6) Lakoff, George. Johnson Mark., 1999. Philosophy in the flesh. The embodied mind and its challenge to Western thought. New York: Basic Books.

7) Varela FJ, Thompson E, Rosh E. 1991. The Embodied Mind. Cognitive Science and Human Experience, MIT press, Cambridge, Mass.

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9) Wenger E. Communities of practice: learning, meaning and identity, Cambridge University Press, New York 1998; tr. it. Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità, Raffaello Cortina, Milano 2006

10) Wenger E., 1996, Communities of practice: the social fabric of a learning organization,

11) Wenger E., 1996. How we learn. Communities of practice. The social fabric of a learning organization. Healthc Forum J. 1996 Jul-Aug;39(4):20-6.

Cita questo articolo

Consorti F., Familiari G., Festi D., et al., Esperienze di lavoro di gruppo, Medicina e Chirurgia, 71: 3242-3250, 2016. DOI:  10.4487/medchir2016-71-6

Studio longitudinale sul benessere e le attitudini degli Studenti di Medicina. Primi risultati della Fase 1 – Le caratteristiche degli Studenti selezionatin.70, 2016, pp. 3176-3180, DOI: 10.4487/medchir2016-70-4

Claudio Barbaranelli, Giuseppe Familiari, Valerio Ghezzi, Maurizia Valli, Sabino De Placido, Raffaella Muraro, Francesco Maria Bandello, Vittorio Locatelli, Salvatore Bozzaro, Italia Di Liegro, Maria Filomena Caiaffa, Sergio Morini, Maria Grazia Strepparava e Gabriele Cavaggioni

(Gruppo di Lavoro Accesso a Medicina e Test Attitudinali: riforma e monitoraggio)

Abstract

We present the first results of a longitudinal study for the recognition and assessment of non-cognitive aspects of the candidates access to medicine course, and throughout the course. This study considered 8 CLMs equally distributed throughout the country and 980 students enrolled in the first year, in the academic year 2013-2014.

Preliminary results obtained from the analysis of the questionnaire used in the research show that students expect a profession characterized by the aid for patients and socially useful, while they do not expect a low pay as well as a work activity risky for health. Students are motivated to the academic course mainly by the desire to care for others, while variously opportunistic aspects are much less relevant.

Students show high capacity of self-regulation, a high level of empathy in its both aspects of propensity to engagement with others in their difficult moments, as well as of tendency to spontaneously take the perspective of others, while they are able to maintain a goal directed behavior even in the presence of suffering others. These students are basically satisfied, they show a confident and positive attitude towards life and a substantial psychological health.

However, it is possible to identify a sub-group of students showing signals of psychological fragility who must be carefully monitored: their profiles will be analyzed in more detail, through in-depth interviews scheduled for the third/fourth year as part of faculties counselling services.

Articolo

Introduzione

Un buon “processo di selezione” si raggiunge attraverso ricerche scientifiche applicate ai metodi utilizzati, allo scopo di produrre evidenze in grado di rendere quei termini irrinunciabili di validity, reliability, feasibility e acceptability alla selezione (Familiari et al., 2002a, b; 2003, 2005; 2014; Patterson et al., 2016).

In particolare, una importante revisione sistematica della letteratura sull’argomento ha chiaramente dimostrato che le evidenze correnti dimostrano come gli “academic records, interviews and multiple mini-interviews, aptitude test, situational judgement tests and selection centres are more effective selection methoods and are generally fairer than traditional interviews, references and personal statements” (Patterson et al., pag.36, 2016).

Il Gruppo di Lavoro della Conferenza ha proposto uno studio longitudinale sul benessere e le attitudini degli studenti di Medicina, i cui risultati, nelle 4 fasi dello studio previste (all’inizio del corso, all’inizio del terzo anno, alla fine del quarto anno e alla fine del sesto anno) e nel a due anni dopo la laurea, dovrebbero dare importanti indicazioni sul migliore riconoscimento delle caratteristiche psicoattitudinali dei candidati, sul migliore orientamento professionale per gli stessi, finalizzato a fornire evidenze per la costruzione di un migliore processo di selezione a Medicina in Italia (Cavaggioni et al., 2013; Familiari et al., 2014; Barbaranelli et al., 2014).

I risultati attesi da questo studio sono anche finalizzati al miglioramento della qualità della professione, alla diminuzione del drop out e quindi i tempi di latenza tra la fine della scuola superiore e l’ingresso nel lavoro, alla rilevazione dei potenziali studenti che potrebbero presentare condizioni di disagio e avere necessità di aiuto psicologico durante il percorso di studio (Cavaggioni et al., 2013; Familiari et al., 2014; Barbaranelli et al., 2014).

In questo lavoro sono sinteticamente presentati i risultati relativi alle caratteristiche sociodemografiche del campione, le aspettative sulla professione e le caratteristiche motivazionali che hanno guidato la scelta di iscriversi ad un corso di laurea di medicina, le caratteristiche individuali psicosociali e gli aspetti psicologico-clinici che caratterizzano il campione degli studenti in entrata (Fase 1 dello studio).

Il questionario e le caratteristiche socio-demografiche del campione

Hanno partecipato alla prima fase del progetto di ricerca 980 studenti provenienti da 8 corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia equamente distribuiti sul territorio (Figura 1). L’età degli studenti è compresa tra i 18 e i 30 anni (M =19.71, DS = 1.05), con il 60% del campione di sesso femminile. Gli studenti provengono principalmente dal Liceo Scientifico (Figura 2), mentre la media del loro voto di maturità è 91.4 centesimi (SD = 9.7). Il 56% degli studenti ha conseguito la maturità nel 2013, il 29% nel 2012 . La quasi totalità è celibe/nubile. Circa il 9% degli studenti lavorava contemporaneamente agli studi, sebbene l’attività di studio venga considerata comunque l’occupazione principale.

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Circa l’85% degli studenti proviene da famiglie in cui i genitori sono ancora sposati. La maggioranza dei genitori possiede almeno il diploma di maturità (Figura 3). La maggioranza dei padri è rappresentata da liberi professionisti o impiegati, così come lo sono le madri, dove anche la categoria dell’insegnante è consistentemente rappresentata (Figura 4). Oltre l’80% degli studenti ritiene che il proprio reddito familiare sia sufficiente o più che sufficiente.

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Il questionario distribuito durante il primo semestre del primo anno di frequenza, oltre ad analizzare le caratteristiche socio demografiche degli studenti, conteneva i seguenti strumenti di misura: scale di auto efficacia (Caprara, 2001), una versione semplificata del Big Five Questionnaire 2 (Caprara et al., 2008), l’indice di reattività personale (IRI, Davis, 1983), l’SCL-90R (Derogatis, 1994), la scala di positività (Caprara et al., 2012) e altre scale motivazionali costruite ad hoc per questo studio. Il questionario era approvato dalla Conferenza Permanente e dai Comitati Etici delle diverse sedi, e veniva distribuito con il consenso informato degli studenti che autorizzavano la diffusione ai fini scientifici dei soli dati aggregati dello studio stesso.

Risultati

Per quanto riguarda le aspettative degli studenti sulla professione, prevale nettamente il desiderio di aiutare gli altri e di fare un lavoro utile per la società (Figura 5) mentre per quanto riguarda le loro caratteristiche motivazionali prevale l’altruismo sull’opportunismo e la mancanza di alternative (Figura 6).

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Per quanto riguarda le caratteristiche psicosociali degli studenti, sono stati considerati i tratti di personalità, le convinzioni di autoefficacia, l’empatia, la soddisfazione di vita e la positività.

In particolare, per quanto riguarda i tratti di personalità, sono stati valutati:

  1. l’energia (tendenza ad affrontare situazioni e contesti di vita di vita differenti con vigore);
  2. l’amicalità (orientamento alla socialità e all’atteggiamento positivo nei confronti degli altri);
  3. la coscienziosità (disposizione all’ordine, al metodo e alla perseveranza nelle attività che si intraprendono);
  4. la stabilità emotiva (propensione al mantenimento costante del controllo delle emozioni negative);
  5. l’apertura mentale (tendenza all’apertura alle novità e agli stimoli non conformi alle abitudini personali).

I risultati generali mostrano valori sopra la media teorica in tutte le dimensioni: in particolare sembrano elevati i valori relativi all’amicalità, alla coscienziosità e all’apertura mentale (Figura 7).

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Per quanto riguarda le convinzioni di autoefficacia sono stati valutati i risultati:

  1. nelle attività accademiche (percezioni della propria efficacia nella gestione dello studio, delle attività di gruppo e nelle relazioni con docenti e colleghi);
  2. nell’essere assertivi (capacità percepite di esprimere e sostenere con forza le proprie opinioni e i propri diritti);
  3. nella gestione delle emozioni ( capacità percepita nella gestione degli effetti delle emozioni negative come la paura e la tristezza);
  4. nell’empatia (percezioni relative alla propria competenza di aiutare e comprendere gli altri nei loro momenti di difficoltà);
  5. nella sfera sociale (percepirsi in grado di stringere nuove amicizie e partecipare attivamente nelle occasioni sociali);
  6. nella regolazione delle condotte trasgressive (percepirsi capaci di resistere alla pressioni degli altri e a persistere in attività in cui non ci si sente coinvolti);
  7. nel problem solving (percezioni delle proprie competenze nella risoluzione dei problemi e nella ricerca di strategie alternative per contribuire alla loro risoluzione).

Anche in questo caso, i risultati mostrano che gli studenti si percepiscono come capaci di agire efficacemente nei diversi domini considerati dalle scale: di particolare rilevanza sono i punteggi nell’autoefficacia empatica e nell’autoefficacia nella regolazione delle condotte trasgressive (Figura 8).

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La valutazione delle dimensioni psico-sociale è completata dalle seguenti dimensioni:

  1. Empatia – fantasia (tendenza a trasporre i propri sentimenti e le proprie azioni in quelle di personaggi non reali, come gli eroi dei film e dei fumetti);
  2. Empatia – considerazione empatica (propensione a sentirsi coinvolto e vicino agli altri nei loro momenti difficili);
  3. Empatia – perspective taking (tendenza ad assumere spontaneamente la prospettiva degli altri circa un problema o una situazione);
  4. Empatia – disagio personale (sperimentare sentimenti di discomfort quando gli altri stanno soffrendo o si trovano in difficoltà, non riuscire a mantenere un comportamento finalizzato allo scopo in tali situazioni);
  5. Soddisfazione di vita generale (valutazione globale della propria vita al momento della compilazione del questionario);
  6. Positività (tendenza ad assumere un approccio e una visione positiva della vita e delle proprie esperienze).

Nelle quattro dimensioni dell’empatia spiccano gli elevati punteggi nelle scale di considerazione empatica e perspective taking, e il punteggio decisamente più basso nella scala relativa alla sperimentazione di disagio personale di fronte alle difficoltà altrui. I punteggi nelle scale di Soddisfazione di vita e di Positività evidenziano infine un vissuto di sostanziale benessere individuale e un atteggiamento largamente positivo verso la vita (Figura 9).

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Per quanto riguarda le dimensioni psicologico-cliniche, sono strati valutati i risultati derivanti dalla somministrazione della scala SCL-90 R (Derogatis, 1994). Tale scala fornisce punteggi in 9 differenti scale relative ad altrettante tendenze verso specifici disturbi psicologici (Somatizzazione, Ossessività-compulsività, Ipersensibilità personale, Depressione, Ansia, Ostilità, Ansia fobica, Ideazione paranoide, Psicoticismo); tramite l’SCL-90 è possibile ricavare anche un punteggio complessivo, il Global Severity Index (GSI), che rappresenta il migliore indice generale dell’intensità o della profondità attuale del disturbo, e combina informazioni riguardanti il numero di sintomi riferiti e l’intensità del disagio percepito, e che può essere utilizzato come singolo indice riassuntivo.

I punteggi nelle 9 scale dell’SCL-90 evidenziano  valori tendenzialmente bassi che fotografano un quadro di sostanziale salute psicologica del gruppo di studenti considerati in questo studio. Anche se tutti i punteggi risultano abbondantemente inferiori alla media teorica, le scale nelle quali si evidenziano punteggi meno bassi sono quelle relative alla ossessività-compulsività e  alla ipersensibilità personale (Figura 10).

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Se si considera il punteggio nell’indice globale GSI il quadro evidenziato dalle 9 scale specifiche viene confermato, poiché circa il 90% dei partecipanti non mostra alcun segno di disagio psicologico, o mostra segni di disagio nella norma o comunque sotto livelli di attenzione critica. Vi è tuttavia un numero di giovani partecipanti che riporta un livello generale di disagio oltre la soglia di attenzione critica (definita da un punteggio standardizzato T nel GSI maggiore di 65). La percentuale di tali giovani è compresa tra circa il 9% e circa l’11% (da 85 a 110 studenti). Si tratta di un numero di studenti sicuramente minoritario, ma che andrebbe seguito con grande attenzione da parte dei servizi di sostegno e counselling delle diverse sedi coinvolte nella ricerca.

A questo riguardo emergono delle interessanti e significative differenze tra gli studenti che presentano  maggiore disagio e quelli che non mostrano alcun segno di disagio psicologico, se si considerano le dimensioni che sono state indagate in questo studio e che sono state riportate nelle figure precedenti. In particolare, gli studenti che presentano maggiori livelli di disagio:

–   Si aspettano maggiormente che il lavoro del medico sia caratterizzato da aspetti negativi per la salute (es. turni pesanti) e legati al coinvolgimento emotivo con i pazienti;

–   Si sentono maggiormente guidati dalla mancanza di alternative (es. disoccupazione,  scarsa confidenza nel futuro) e dall’opportunismo nella scelta del corso di laurea (es. vantaggi economici, carriera, parenti già nell’ambiente);

–   Sognano più facilmente ad occhi aperti (sono più facilmente trasportabile dall’immaginazione);

–   Si sentono maggiormente a disagio nel contatto umano che comporta il coinvolgimento emotivo con l’altro.

–   Si sentono meno capaci nella autoregolazione dell’apprendimento e nelle attività accademiche, nella regolazione delle emozioni negativi, nell’essere assertivi, nell’essere empatici, nelle attività sociali e nel resistere alle pressioni e alle trasgressioni, e nella risoluzione dei problemi;

–   Si percepiscono come meno energici, amicali , stabili emotivamente, e aperti mentalmente;

–   Si percepiscono come meno adatti ad assumere la prospettiva dell’altro nei momenti di difficoltà;

–   Ritengono  di affrontare la vita e i suoi avvenimenti in modo meno positivo;

–   Sono  meno soddisfatti della propria vita in generale.

Conclusioni

Gli studenti si aspettano principalmente che la loro professione futura sarà caratterizzata dall’aiuto per i pazienti e che il loro lavoro avrà una utilità sociale. Tendenzialmente, si aspettano in maniera minore di avere una retribuzione scarsa e che la professione rappresenti un’attività lavorativa rischiosa per la salute.

Gli studenti selezionati sono motivati al percorso accademico per diventare medici, principalmente dalla volontà di prendersi cura degli altri, mentre aspetti opportunistici o legati alla mancanza percepita di opportunità risultano caratteristiche motivazionali meno rilevanti ai fini della scelta di tale carriera accademica.

Gli studenti evidenziano inoltre una discreta capacità di autoregolazione della condotta, soprattutto nelle dimensioni connesse con l’empatia e con la capacità di non mettere in atto comportamenti trasgressivi. Essi evidenziano un profilo di personalità nel quale spiccano le dimensioni dell’Amicalità, della Coscienziosità e dell’Apertura Mentale.

I dati raccolti evidenziano che gli studenti ammessi a medicina presentano un livello elevato di empatia, sia per quanto riguarda la propensione a sentirsi coinvolto e vicino agli altri nei loro momenti difficili, sia per quanto riguarda la tendenza ad assumere spontaneamente la prospettiva degli altri circa un problema o una situazione, mentre riescono a mantenere un comportamento finalizzato allo scopo, anche in presenza di segnali di sofferenza altrui.

Si tratta quindi di studenti sostanzialmente soddisfatti di sé stessi e che mostrano un atteggiamento fiducioso e positivo verso la vita. Essi evidenziano pertanto uno stato di sostanziale “salute psicologica”, con punteggi sotto la media in tutte le dimensioni connesse con il disagio psicologico.

È possibile tuttavia identificare un gruppo di studenti (85-110 studenti) che denota una fragilità da monitorare con attenzione, il cui profilo verrà analizzato in modo più dettagliato, e che sono candidati ai colloqui di approfondimento pianificati per il terzo anno da parte dei Servizi di supporto/counselling.

Le prossime fasi dello studio

Le attività previste per il terzo anno di studio (la fase 2) sono attualmente in corso di realizzazione. Esse comprendono:

1)   La Somministrazione del questionario “Fase 2”, tutt’ora in corso di distribuzione agli studenti arruolati, ora iscritti al terzo anno di corso. Nel questionario della Fase 2, approvato nella Riunione della Conferenza Permanente dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia che si è recentemente tenuta a Siena l’8 e il 9 Aprile 2016, sono stati eliminati gli item relativi alle motivazioni della scelta di Medicina, mantenuti gli item per misurare le dimensioni personali, e aggiunti item per misurare la soddisfazione verso l’esperienza accademica, le attività sociali extra-accademiche, lo stress, l’atteggiamento verso lo studio;

2)   La raccolta e la valutazione degli indicatori di successo accademico, quali il numero di CFU ottenuti nei primi due anni di corso, il numero degli esami sostenuti e la media dei voti ottenuti agli esami;

3)   Lo svolgimento e la pianificazione dei colloqui con gli studenti, con particolare attenzione a chi ha ottenuto punteggi elevati nell’indice GSI, sulla base di uno schema tipo che sarà discusso nella prossima riunione del Gruppo di Lavoro.

Una considerazione conclusiva

Come si evince dalla lettura della review sistematica recentemente pubblicata da Fiona Patterson (2016) i test attitudinali sembrano un buon metodo di selezione. Nella letteratura analizzata in questo studio sono stati considerati 55 studi, di cui 6 reviews, 34 studi longitudinali e 15 di tipo cross-sectional. Alcune evidenze suggeriscono che “students selected using an aptitude test may be more able and better motivated to study medicine than those selected using a process not including an aptitude test” (pag. 40), mentre è pur vero che in uno studio viene riportato che “Section 2 (science knowledge and applications) of the BMAT was predictive of medical school performance, whereas Section 1 (aptitude and skills) was not” (pag. 40).

Non esiste, ad oggi, letteratura internazionale Italiana su questo argomento, su cui ancora debbono essere prodotte convincenti evidenze di validity, reliability, feasibility e acceptability nel contesto internazionale del processo di selezione. Con questo studio longitudinale, il primo su scala nazionale in Italia, pensiamo di dare un contributo su questo tema sempre di attualità e importante per la Società Civile.

Bibliografia

1) Barbaranelli C, Cavaggioni G, et al. Selection of Medical Students and non-cognitive skills: A national, longitudinal written-test validation study. AMEE International Conference, Milan, Italy 2014. Abstract Book, pp 899, 2014.

2) Caprara GV.  (a cura di) La valutazione dell’autoefficacia. Trento: Edizioni Erickson.

3) Caprara GV, Barbaranelli C, Borgogni L, Vecchione M. Big Five Questionnaire 2: Manuale. Organizzazioni Speciali, Firenze, 2008.

4) Caprara GV, Alessandri G, et al. The Positivity Scale. Psychol Assess 2012: 24, 701–712.

5) Cavaggioni G, Barbaranelli C, et al.  Proposta di un modello sperimentale per la selezione e l’accesso ai Corsi di Studio in Medicina e Chirurgia. Med Chir 2013; 57: 2555-2558.

6) Davis MH. Measuring individual differences in empathy: Evidence for a multidimensional approach.  J Pers Soc Psychol 1983: 44, 113–126.

7) Derogatis LR. Symptom Checklist 90–R: Administration, scoring, and procedures manual (3rd ed.). Minneapolis, MN: National Computer Systems, 1994.

8) Familiari G, Binetti P, et al. Selezionare gli studenti delle Facoltà di Medicina, stato attuale e prospettive future. Med Chir 2002a; 17: 600-608.

9) Familiari G, Binetti P, et al. Orientamento, accesso a Medicina e debito formativo. Ipotesi di studio e prospettive future. Med Chir 2002b; 19: 695-703.

10) Familiari G, Binetti P, et al. L’accesso a Medicina, il miglioramento del processo di selezione. Med Chir 2003; 22: 840-845.

11) Familiari G, Binetti P, et al. Scegliere i medici del futuro: è possibile migliorare il metodo di selezione? Med Chir 2005; 29: 1099-1102.

12) Familiari G. Scegliere i Medici del futuro, proposta per l’aggiornamento del test d’ingresso. Med Chir 2006; 33: 1325-1327.

13) Familiari G, Barbaranelli C, et al. L’accesso a Medicina. Best evidence-based practice, requisito indispensabile per una ipotesi di “Processo di Selezione” centrato sulla realtà formativa italiana e di caratura internazionale. Med Chir 2014; 63: 2853-2858.

14) Patterson F, Knight A, et al. How effective are selection methods in medical education? A systematic review. Med Educ 2016; 50:36-60.

Cita questo articolo

Barbaranelli C., Familiari G., et al., Studio longitudinale sul benessere e le attitudini degli Studenti di Medicina. Primi risultati della Fase 1 – Le caratteristiche degli Studenti selezionati, Medicina e Chirurgia, 70: 3176-3180, 2016. DOI:  10.4487/medchir2016-70-4

La Storia della Conferenza vista attraverso gli articoli pubblicati su Medicina e Chirurgian.67, 2015, pp.3047-3071

Introduzione

La Rivista “Medicina e Chirurgia” è nata per iniziativa di Luigi Frati e Giovanni Danieli nel 1989, con il nome di 75012 Medicina e Chirurgia – 75012 essendo allora un codice universitario della Facoltà di Medicina – come espressione della Conferenza permanente dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, istituita quattro anni prima.

Come Luigi Frati scrisse nell’introduzione al primo numero, la rivista si proponeva come strumento utile per informare, dibattere, affrontare insieme le difficoltà incontrate nell’applicazione del nuovo ordinamento didattico, la ormai storica nuova tabella XVIII presentata nell’86 ed applicata nell’88; si proponeva come ulteriori obiettivi quelli di diffondere nuove metodologie educative, curare i rapporti tra i diversi corsi di laurea, adeguare la formazione del Medico al modello europeo e soprattutto alle nuove esigenze scaturite da una società in evoluzione.

Nel 2000 si è completata, sotto la presidenza del Prof. Andrea Lenzi, con l’ingresso nella redazione delle Conferenze dei Presidi, dei Corsi in Odontoiatria e delle Professioni sanitarie, venendo così a costituire la voce delle Facoltà/Scuole di Medicina.

E’ stata ed è lo strumento di informazione e di formazione italiano, informazione su quanto prodotto perché fosse utilizzabile da tutti, formazione perché, attraverso la diffusione di sperimentazioni, modelli didattici ed atelier pedagogici, ha contribuito e contribuisce all’arricchimento didattico dei docenti, fornendo loro momenti di riflessione e di confronto.

Come potrà facilmente essere verificato, gli articoli pubblicati in questi anni, dalle origini a oggi, connotano fortemente la rivista Medicina e Chirurgia come un autorevole e importante strumento pedagogico. Deve essere anche notato come, da una analisi comparativa con quanto prodotto a livello internazionale, i contenuti siano assolutamente al pari, per innovazione, attualità e approfondimento dei temi trattati, con quanto pubblicato sulle riviste scientifiche di settore oggi consultabili.

L’acquisizione dell’ISSN (ISSN 2279 – 7068), in epoca più recente, ne fa un vero e proprio periodico scientifico di innovazione pedagogica. Il tentativo di classificazione per aree tematiche, è bene precisarlo, è stato fatto con la massima attenzione, anche se qualche occhio più attento potrebbe cogliere imperfezioni o errori. Lo scopo di questa catalogazione sistematica degli articoli pubblicati su Medicina e Chirurgia è anche quello di fornire le basi bibliografiche utili di quanto prodotto in Italia su questo tema, per coloro che volessero dedicare parte del loro tempo alla ricerca scientifica nell’argomento della pedagogia medica.

Le Aree Tematiche

La rivoluzione didattica inizia con la nuova Tabella XVIII

La “nuova tabella XVIII” è stata così definita nel DM 10.7.1996, pubblicato in GU il 30.10.1996, che sopprimeva il precedente ordinamento tabellare del 1986 (DPR 28.2.1986, n. 95; GU 10.4.1986; modificato con DPR nel 1989; GU 20.10.1989), che a sua volta aveva portato modifiche rilevanti al RD del 30.9.1938 (GU 29.10.1938). La nuova tabella, adeguandosi alle direttive europee, specificava lo scopo del corso di laurea, definiva la durata e l’articolazione del corso, stabiliva l’ordinamento didattico nelle aree didattico formative del primo e del secondo ciclo triennale con i relativi corsi integrati e le discipline afferenti, precisava i crediti formativi e demandava ai singoli CCL la formulazione di una specifica e autonoma programmazione didattica. Successive innovazioni e perfezionamenti vennero attuati con l’istituzione della Laurea specialistica 46/s (DM 509/99 e DM 28.11.2000) e della Laurea magistrale LM41 (DM 270/04 e DM 16.3.2007). La Conferenza dei Presidenti di CCL presentò sulla rivista della Conferenza (Lenzi et al: Med Chir 43, 1816-1836, 2008) una proposta di Ordinamento didattico per la banca dati RaD-DM 270/04, contenente gli obiettivi formativi specifici del corso e la descrizione del percorso formativo. Altri articoli sono apparsi sulla rivista a sottolineare gli aspetti innovativi e qualificanti della nuovo curriculum formativo, pienamente pertinente alla missione specifica del CL, quella della formazione di un medico a livello professionale iniziale, con una cultura biomedico-psico sociale e una visione multidisciplinare e integrata dei problemi più comuni della salute e delle malattie.

Giuseppe Realdi

Articoli pubblicati

1) Didattica formale, didattica teorico-pratica e verifiche di profitto. Federico Signorini, Carmelo Fersini, Corradino Fruschelli, Fausto Grignani, Almerico Novarini. 75012 Med Chir 1989; 1: 23-28.

2) Propedeuticità e sbarramenti, fuoricorso e ripetenti. Domenico Mancino. 75012 Med Chir 1989; 1: 29-31.

3) La tesi di Laurea. Giovanni Bo. 75012 Med Chir 1989; 1: 35-42.

4) Didattica integrativa. Fausto Grignani. 75012 Med Chir 1989; 2: 57-60.

5) Proseguire nel rinnovamento. Luigi Frati. 75012 Med Chir 1990; 3: 97-98.

6) Indagine sul primo anno di applicazione del nuovo ordinamento. Emilio Sergio Curtoni. 75012 Med Chir 1990; 3: 99-102.

7) Piani di studio: problemi e proposte. Carmelo Fersini, Cesare Scandellari. 75012 Med Chir 1990; 3: 111-114.

8) La disciplina del trasferimento degli studenti in relazione al nuovo ordinamento didattico. Domenico Mancino. 75012 Med Chir 1990; 3: 115-118.

9) L’insegnamento post-laurea. Aldo Pinchera. 75012 Med Chir 1990; 3: 119-122.

10) Appunti per un regolamento. Luigi Frati, Giovanni Danieli, Sergio Curtoni, Carmelo Fersini, Domenico Mancino, Giovanni Danieli. 75012 Med Chir 1990; 4: 131-139.

11) Esami, frequenze e altri problemi: soluzioni adottate dai corsi di laurea. Sergio Curtoni, Domenico Mancino, Giovanni Danieli. 75012 Med Chir 1990; 4: 140-147.

12) Riflessioni sui dipartimenti nella Facoltà di Medicina. Claudio M. Calderara, Luigi Fiore Donati. 75012 Med Chir 1991; 5: 159-160.

13) Il nuovo ordinamento al termine del primo triennio. Giovanni Danieli, Sergio E.Curtoni, Carmelo Fersini, Domenico Mancino. 75012 Med Chir 1991; 5: 169-173.

14) Proposta di uno schema tipo per la relazione triennale sull’applicazione del DPR 95/86. Amos Casti. 75012 Med Chir 1992; 7: 222-224.

15) L’esperienza di applicazione della riforma del corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Sergio Curtoni. 75012 Med Chir 1993; 8: 244-256.

16) Ostacoli che si frappongono all’applicazione della Tabella XVIII e proposte per superarli. Claudio Calderara, Amos casti, Francesco Marotti, Giuseppe Realdi. 75012 Med Chir 1993; 8: 257-262.

17) Modifiche alla tabella XVIII: I criteri ispiratori. Luigi Frati. 75012 Med Chir 1994; 9: 301-302.

18) Nuovo ordinamento didattico: considerazioni per un adattamento della Tabella XVIII alla luce dell’esperienza acquisita. Aldo Pinchera. 75012 Med Chir 1994; 9: 309-310.

19) Verso il nuovo ordinamento didattico. Luigi Frati. 75012 Med Chir 1995; 10: 357-358.

20) La Tabella XVIII. Chi tutela lo studente? Vittorio Andreucci. 75012 Med Chir 1995; 10: 359-361.

21) Flessibilità della nuova tabella XVIII. Guido Coggi. 75012 Med Chir 1995; 10: 375-376.

22.L’osservatorio sull’attuazione della riforma: una realizzazione della conferenza dei presidenti. Luigi Frati. 75012 Med Chir 1995; 11: 391-392.

L’Organizzazione Universitaria, gli Ordinamenti Didattici successivi al 1996, i rapporti con le Istituzioni

L’innovazione nel campo dell’organizzazione universitaria, così come la elaborazione di nuovi ordinamenti didattici e i rapporti con le Istituzioni regolatorie centrali quali il MIUR in prima istanza, ma anche il Ministero della Salute e le Regioni (in relazione alle attività assistenziali correlate inscindibilmente all’attività di ricerca scientifica e di insegnamento), hanno sempre rappresentato un punto di efficace proposizione e di forte innovazione sin dall’inizio delle attività della Conferenza permanente.

Il grande numero di articoli catalogabili in questa area tematica è testimone dell’impegno profuso dalla Conferenza permanente, sul tema del rinnovamento dell’organizzazione e degli ordinamenti universitari. La lettura di quanto prodotto, evidenzia come sia stata sempre privilegiata la metodologia dello studio e della ricerca di “evidenze” in grado di porre le basi forti del cambiamento, in relazione appunto a evidenze scientifiche prodotte e non già a pure indicazioni aneddotiche o di principio.

La lunga serie di articoli sotto riportata rappresenta pertanto quella irrinunciabile base scientifica, che è stata messa a disposizione degli organi legislativi, e che ha rappresentato e rappresenta, ancor più oggi, quel valido e irrinunciabile strumento di analisi e studio che deve essere alla base del rinnovamento del sistema universitario.

Andrea Lenzi, Eugenio Gaudio

Articoli pubblicati

1) Guida all’applicazione del nuovo ordinamento didattico (G.U. n. 255 del 30.10.1996). Guido Coggi, Sergio Curtoni, Giovanni Danieli, Gian Franco Gensini, Giuseppe Realdi, Cesare Scandellari, Luciano Vettore, Lucia Zannini. 75012 Med Chir 1996; 12: 1-133.

2) Per un nuovo regolamento del corso di laurea. Luciano Binaglia. Med Chir 2000; 14: 502-503.

3) Il nuovo esame di stato. Luciano Vettore. Med Chir 2000; 14: 504-507.

4) Regolamento didattico, proposta di sommario. Luciano Binaglia. Med Chir 2000; 15: 546-548.

5) Il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria dalla sua istituzione al curriculum europeo. Elettra Dorigo. Med Chir 2003: 21: 808-809.

6) L’iter di riforma degli Ordinamenti didattici. Eugenio Gaudio. Med Chir 2003: 21: 789-792.

7) Proposta di riassetto delle Scuole di Specializzazione di area sanitaria. Aldo Pinchera, Andrea Lenzi. Med Chir 2003: 21: Med Chir 2003: 21: 793-801.

8) Le competenze dei Consigli di Corso di Laurea. Massimo Malcovati. Med Chir 2003: 21: 802-804.

9) Il nuovo Esame di Stato, timori ed aspettative. Paola Binetti. Med Chir 2003; 22: 857-866.

10) Prima relazione sullo stato delle Università italiane. Pietro Tosi. Med Chir 2003; 22: 830-839.

11) Il tirocinio valutativo, parte integrante del nuovo Esame di Stato. Alfred Tenore. Med Chir 2004; 23: 898-903.

12) Esame di Stato, rifessioni e proposte. Paola Binetti. Med Chir 2004; 23: 904-906.

13) La formazione medica specialistica in Italia, il punto di vista degli Specializzandi. Lorenzo Dagna, Luca Iorio e Michele Russo. Med Chir 2004; 23: 914-917.

14) Protocollo d’intesa tra la Regione Marche e l’Università Politecnica delle Marche. Tullio Manzoni. Med Chir 2004; 26: 1001-1008.

15) Introduzione alla proposta di pubblicare una serie di documenti relativi agli atti aziendali della Regione Toscana. Gian Franco Gensini, Antonio Conti, Andrea Des Dorides, Andrea Alberto Conti. Med Chir 2005; 27: 1046-1054.

16) La Facoltà di Medicina e Chirurgia in una società che cambia. Pasquale Marano. Med Chir 2005; 28: 1056-1060.

17) La riforma delle riforme: il nuovissimo Ordinamento Didattico delle Università. Eugenio Gaudio. Med Chir 2005; 28: 1061-1062.

18) Il nuovo Esame di Stato: l’inizio di una fine o la fine di un nuovo inizio? Alfred Tenore, Luciano Vettore, Paola Binetti. Med Chir 2005; 29: 1136-1139.

19) Le competenze dei Consigli di Corso di Laurea. Massimo Malcovati. Med Chir 2005; 29: 1096-1098.

20) L’applicazione a Medicina del nuovo Ordinamento didattico, punto di arrivo di un processo di lunga data e punto di partenza per nuove sperimentazioni didattiche. Luigi Frati, Pietro Gallo, Andrea Lenzi, Enrico De Antoni, Marella Maroder, Eugenio Gaudio. Med Chir 2006; 31: 1200-1203.

21) Manifesto di intenti triennio 2005-2008. Andrea Lenzi. Med Chir 2006; 31: 1236-1241.

22) I decreti attuativi per le valutazioni comparative. Antonello Masia. Med Chir 2006; 33: 1312-1318.

23) Verso la riforma dei Corsi di Laurea delle Professioni sanitarie. Il nuovo sistema formativo secondo il DM 270/2004. Dal “3+2” all’“1+2+2”, cosiddetto “a Y”, a partire dall’A.A. 2007-08. Angelo Mastrillo, Andrea Lenzi e Luigi Frati. Med Chir 2006; 33: 1319-1324.

24) Rilevamento di propedeuticità e sbarramenti. Una proposta di linee guida, Marzia Kienle, Pierfrancesco Marconi, Roberto Sitia, Giancarlo Torre, Maurizio Vanelli. Med Chir 2006; 34: 1393-1396.

25) La Conferenza Permanente dei Referenti delle Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria. Aldo Pinchera. Med Chir 2006; 34: 1344-1345.

26) Un nuovo Ordinamento per le Scuole di Specializzazione dell’Area Odontoiatrica. Antonella Polimeni. Med Chir 2006; 34: 1346-1347.

27) In arrivo il DM su Lauree e Lauree Magistrali previste dal DM 270/04. Andrea Lenzi. Med Chir 2007; 36: 1464.

28.Il nuovo CUN. Andrea Lenzi. Med Chir 2007; 40-41: 1664-1669.

29) Una proposta unitaria della Conferenza dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia per il RaD – DM 270/04. Andrea Lenzi, Giuseppe Familiari, Massimo Casacchia, Raffaele De Caro, Eugenio Gaudio, Luigi Frati. Med Chir 2008; 43: 1816-1836.

30) Formazione nelle Facoltà di Medicina e Chirurgia: le diverse professionalità. Luigi Frati. Med Chir 2008; 43: 1837-1840.

31) Università e Regione per il CL delle Professioni Sanitarie. Il punto di vista delle Regioni. Franco Toniolo. Med Chir 2008; 43: 1841-1846.

32) Università e Regione per il CL delle Professioni Sanitarie. Il punto di vista della Conferenza. Lamberto Briziarelli. Med Chir 2008; 43: 1847-1850.

33) Conferenza Permanente dei CLM in Medicina e Chirurgia – Manifesto di Intenti – Triennio 2009-2011. Andrea Lenzi. Med Chir 2009; 46: 1968-1969.

34) Riforma dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie. Alcuni riferimenti applicativi a confronto fra i decreti 2/4/2001 e 19/2/2009. Angelo Mastrillo, Andrea Lenzi, Luigi Frati. Med Chir 2009; 46: 1970-1972.

35) Riordino dei Settori Scientifico Disciplinari. Fabio Naro. Med Chir 2009; 47: 2020-2021.

36) Gli accordi tra Sanità e Università. Paolo De Angelis, Sergio Stefoni. Med Chir 2010; 49: 2164-2172.

37) Conferenza Permanente dei Presidenti dei CLM in Odontoiatria e P.D., Manifesto di intenti. Marco Ferrari. Med Chir 2010; 48: 2078.

38) I requisiti minimi. Paolo De Angelis. Med Chir 2011; 51: 2258-2260.

39) I cento incontri della Conferenza, Andrea Lenzi, Amos Casti, Giovanni Danieli. Med Chir 2011; 51: 2267-2274.

40) Standard di qualità dei candidati del SSN e a contratto esterno alla docenza universitaria. Alvisa Palese. Med Chir 2011; 52: 2297-2299.

41) Lauree triennali delle Professioni sanitarie. I migliori sbocchi occupazionali fra i vari gruppi disciplinari. Angelo Mastrillo. Med Chir 2011; 52: 2300-2301.

42) Proposta di regolamento didattico del Corso di Laurea in Infermieristica. Luisa Saiani, Alvisa Palese, Adriana dal Ponte, Oliva Marognolli, Duilio Manara, Anna Maria De Rossi, Giuseppe Marmo, Brigitte Stamfll, Manuela Marcucci, Rosalia Milan, Patrizia Massariello, Paola Bernardi, Elisa Magna, Rosanna Lombardi, Alessandro Delli Poggi, Daniela Mecugni, Suor Pasqualina Poddighe, Valerio Dimonte, Anne Destrebecq, Paola Ferri, Laura Cunico, Assunta Biasi, Alberto Dal Molin, Ginetto Menarello, Luigi Cirio. Med Chir 2011; 52: 2302-2305.

43) La realtà occupazionale del laureato magistrale in Scienze Infermieristiche, Alessia Miconi, Daniele De Nuzzo, Gianfranco Tarsitani, Vincenzo Ziparo, Giuseppe Familiari, Paola Pierantognetti. Med Chir 2011; 53: 2355-2359.

44) L’applicazione del Nuovo Ordinamento del CLM in Medicina e Chirurgia. Le ragioni di un percorso e di una proposta innovativa di Piano di studi della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma. Antonio Lanzone, Maria Luisa Eboli, Gigliola Sica, Raffaele Landolfi, Gabriele Sganga, Alvaro Mordente, Bruno Giardina, Antonio Gasbarrini, Alfredo Pontecorvi, Walter Ricciardi, Rocco Bellantone. Med Chir 2011; 53: 2339-2340.

45) La legge 240/10 di riforma dell’Università. Prime riflessioni relative alle implicazioni che concernono le Facoltà di Medicina e Chirurgia, Paolo De Angelis. Med Chir 2011; 53: 2325-2330.

46) Ripensare la Facoltà di Medicina. Elio Cardinale, Paola Binetti, Eugenio Gaudio, Andrea Lenzi, Walter Ricciardi, Giuseppe Armocida, Luigi Frati. Med Chir 2012; 54: 2399-2406.

47) Lo stato di attuazione della legge di riforma delle università. Sergio Stefoni, Paolo De Angelis. Med Chir 2012; 54: 2381-2382.

48) Odontoiatria e Protesi Dentaria tra presente e futuro. Marco Ferrari. Med Chir 2012; 55:2428-2429.

49) Manifesto di intenti per il triennio 2011-2014. Andrea Lenzi. Med Chir 2012; 55:2427-2428.

50) Le sfide per l’innovazione didattica nei corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Andrea Lenzi. Med Chir 2012; 56: 2475.

51) Le realtà e le sfide nei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Andrea Lenzi, Stefania Basili. Med Chir 2013; 60: 2667.

Accesso a Medicina e Chirurgia e test psico attitudinali

Un “processo di selezione” di buona qualità si raggiunge attraverso ricerche scientifiche applicate ai metodi di selezione utilizzati, allo scopo di produrre evidenze che siano in grado di rendere quei termini irrinunciabili di validity, reliability, feasibility e acceptability alla selezione degli studenti.

La Conferenza dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia ha prodotto numerosi studi, nel tempo, riferibili alla realtà italiana, rilevando alcune evidenze sulle problematiche dell’orientamento e sul test di accesso attualmente in uso. Tali evidenze potrebbero essere utilizzate come utile strumento di lavoro per un miglioramento reale del test di selezione e come punto di inizio per ulteriori studi, utili a trasformare l’attuale test in un vero e proprio “processo di selezione”.

Sulla base di uno studio longitudinale prospettico già in atto, che vede sei Università italiane impegnate nel riconoscimento e nella valutazione degli aspetti non cognitivi dei candidati all’accesso a Medicina e durante il percorso formativo dei sei anni, il MIUR, in collaborazione con la Conferenza stessa, ha introdotto l’uso sperimentale di test attitudinali, a scopo di autovalutazione, già a partire dal concorso di ammissione del prossimo anno accademico 2015-2016.

Tale test è a disposizione, sul sito di Universitaly, di tutti quanti, aspiranti matricole, vorranno servirsene e fornirà importanti indicazioni sulla reale utilità di tali test alla comunità internazionale.

Giuseppe Familiari

Articoli pubblicati

1) Prove di selezione per l’iscrizione al corso di laurea. Emilio S. Curtoni, Fausto Grignani, Gianfranco Pagano, Cesare Scandellari, Antonio Vuolo. 75012 Med Chir 1989; 1: 43-46.

2) Prove di selezione per l’ammissione al corso di laurea. Emilio S. Curtoni, Cesare Scandellari. 75012 Med Chir 1989; 2: 69-72.

3) Un test di efficienza intellettiva come possibile prova di accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Saulo Sirigatti, Corradino Fruschelli, Ezio Menoni, Cristina Stefanilo. 75012 Med Chir 1989; 2: 73-78.

4) Un’indagine europea sul numero dei medici e degli studenti ammessi alle Facoltà di Medicina. Sergio Curtoni. 75012 Med Chir 1994; 9: 343-348.

5) Selezionare gli studenti delle Facoltà di Medicina, stato attuale e prospettive future. Giuseppe Familiari, Gian Battista Azzena, Paola binetti, Lorenzo Bonomo, Alberto Calatroni, Massimo Casacchia, Enrico De Antoni, Pietro Gallo,Raffaele Geremia, Andrea Lenzi, Marella Maroder, Marcello Negri. Med Chir 2002; 17: 600-608.

6) Orientamento, accesso a Medicina e debito formativo. Ipotesi di studio e prospettive future. Giuseppe Familiari, Gian Battista Azzena, Paola Binetti, Lorenzo Bonomo, Alberto Calatroni, Massimo Casacchia, Enrico De Antoni, Pietro Gallo, Raffaele Geremia, Andrea Lenzi, Marella Maroder, Marcello Negri, Evangelista Sagnelli, Guglielmo Borgia, Giovanni Delrio. Med Chir 2002; 19: 695-703.

7) L’accesso a Medicina, il miglioramento del processo di selezione, Giuseppe Familiari, Gian Battista Azzena, Paola Binetti, Massimo Casacchia, Enrico De Antoni, Pietro Gallo, Eugenio Gaudio, Andrea Lenzi, Marella Maroder, Guglielmo Borgia, Giovanni Delrio, Evangelista Sagnelli, Giovanni Danieli. Med Chir 2003; 22: 840-845.

8) Indagine nazionale su “ingresso a medicina e risultati del primo e secondo anno”. Dati preliminari sulla correlazione tra maturità, test di ingresso ministeriale e media degli esami del primo e secondo anno. Giuseppe Familiari, Gian Battista Azzena, Paola Binetti, Massimo Casacchia, Enrico DeAntoni, Pietro Gallo, Eugenio Gaudio, Andrea Lenzi, Marella Maroder, Guglielmo Borgia, Giovanni Delrio, Emanuele Sagnelli, Giovanni Danieli e Luigi Frati. Med Chir 2004; 25: 943-947.

9) Indagine nazionale su Ingresso a Medicina e risultati I e II anno. Correlazione tra maturità, test d’ingresso ministeriale, media degli esami I e II anno ed esami di fisica, chimica e biologia. Giuseppe Familiari, Gian Battista Azzena, Paola Binetti, Massimo Casacchia, Enrico DeAntoni, Pietro Gallo, Eugenio Gaudio, Andrea Lenzi, Marella Maroder, Guglielmo Borgia, Giovanni Del Rio, Evangelista Sagnelli, Giovanni Danieli, Luigi Frati, Franco Culasso,Michela Relucenti, Tiziana Stallone, Teresa Matrone e Paolo Falaschi. Med Chir 2005; 28: 1068-1073.

10) Scegliere i medici del futuro: è possibile migliorare il metodo di selezione? Giuseppe Familiari, Gian Battista Azzena, Paola Binetti, Massimo Casacchia, Enrico DeAntoni, Pietro Gallo, Eugenio Gaudio, Andrea Lenzi, Marella Maroder, Guglielmo Borgia, Giovanni Del Rio, Evangelista Sagnelli, Giovanni Danieli e Luigi Frati. Med Chir 2005; 29: 1099-1102.

11) Scegliere i Medici del futuro, proposta per l’aggiornamento del test d’ingresso. Giuseppe Familiari. Med Chir 2006; 33: 1325-1327.

12) L’ammissione 2006 a Medicina. Alcune riflessioni per un diario di bordo, Giuseppe Familiari ed Amos Casti. Med Chir 2006; 34: 1375-1376.

13) Corsi di orientamento in preparazione alle prove di accesso ai Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e nelle Professioni sanitarie: una proposta di cooperazione Scuola-Università. Giuseppe Familiari, Paolo Falaschi, Laura Morisani, Livia Brienza, Eugenio Gaudio, Luigi Frati, Vincenzo Ziparo e Andrea Lenzi. Med Chir 2006; 35: 1413-1417.

14) La legge n. 1 dell’11 gennaio 2007, novità in tema di rapporti Scuola – Università e di ammissione a Medicina e Chirurgia. Giuseppe Familiari, Achille Cittadini, Gilda Caruso, Carmine Panella, Andrea Lenzi, Flavia Di Donato. Med Chir 2007; 36: 1492-1493.

15) Valutare la maturità ed il percorso scolastico per l’accesso a Medicina: alcune proposte in discussione. Giuseppe Familiari, Achille Cittadini, Gilda Caruso, Carmine Panella, Giuseppe Midiri, Michela Relucenti, Flavia Di Donato, Rosemarie Heyn, Vincenzo Ziparo, Maria Laura Morisani, Andrea Lenzi e Luigi Frati. Med Chir 2007; 37-38: 1533-1542.

16) Ammissione a Medicina 2005-2008. Alcune riflessioni per una discussione aperta. Giuseppe Familiari, Achille Cittadini, Gilda Caruso, Carmine Panella, Giuseppe Midiri, Michela Relucenti, Rosemarie Heyn, Rossella Baldini, Vincenzo Ziparo, Andrea Lenzi e Luigi Frati. Med Chir 2008; 44: 1872-1878.

17) Selezione dei migliori futuri medici. Vito D’Andrea, Kyriacos A. Kyriacou. Med Chir 2010; 48: 2111-2112.

18) L’ammissione ai Corsi di laurea e numero programmato dell’area sanitaria. Vito Svelto. Med Chir 2011; 52: 2276-2279.

19) L’accesso a Medicina 2012. A quando un “processo” di selezione? Giuseppe Familiari, Antonio Lanzone, Italia Di Liegro, Vittorio Locatelli, Sergio Morini, Raffaella Muraro, Maurizia Valli, Gabriele Cavaggioni, Claudio Barbaranelli, Rossella Baldini, Michela Relucenti, Rosemarie Heyn, Andrea Lenzi, Eugenio Gaudio. Med Chir 2012; 56: 2517-2519.

20) Proposta di un modello sperimentale per la selezione e l’accesso ai Corsi di Studio in Medicina e Chirurgia. Gabriele Cavaggioni, Claudio Barbaranelli, Italia Di Liegro, Antonio Lanzone, Vittorio Locatelli, Sergio Morini, Raffaella Muraro, Maurizia Valli e Giuseppe Familiari. Med Chir 2013; 57: 2555-2558.

21) I punteggi soglia del concorso di accesso nazionale a Medicina e Chirurgia per ripartizione geografica. Analisi dei dati negli ultimo otto anni. Giuseppe Familiari, Rossella Baldini, Claudio Barbaranelli, Gabriele Cavaggioni, Antonio Lanzone, Italia Di Liegro, Vittorio Locatelli, Sergio Morini, Raffaella Muraro, Maurizia Valli, Rosemarie Heyn, Michela Relucenti, Eugenio Gaudio e Andrea Lenzi. Med Chir 2013; 58: 2575-2577.

22) Studio osservazionale comparativo su un campione di studenti del Nord, del Centro e del Sud con valutazione della Maturità, del Test di accesso e delle scelte di sede effettuate al concorso con graduatoria nazionale 2013-2014. Osservazioni preliminari. Giuseppe Familiari, Rossella Baldini, Antonio Lanzone, Maurizia Valli, Italia Di Liegro, Vittorio Locatelli, Sergio Morini, Raffaella Muraro, Maria Grazia Strepparava, Gabriele Cavaggioni, Claudio Barbaranelli, Rosemarie Heyn, Michela Relucenti ed Eugenio Gaudio. Med Chir 2014; 62: 2794-2796.

23) L’accesso a Medicina. Best evidence-based practice, requisito indispensabile per una ipotesi di “Processo di Selezione” centrato sulla realtà formativa italiana e di caratura internazionale. Giuseppe Familiari, Claudio Barbaranelli, Italia Di Liegro, Antonio Lanzone, Vittorio Locatelli, Sergio Morini, Raffaella Muraro, Maria Grazia Strepparava, Maurizia Valli e Gabriele Cavaggioni. Med Chir 2014; 63: 2853-2858.

24) Accesso a Medicina e condizioni minime di formazione. Andrea Lenzi. Med Chir 2014; 63: 2825.

Innovazione didattica in Medicina e Chirurgia

Uno degli obiettivi strategici della Conferenza Permanente è sempre stato quello della ricerca pedagogica e della formazione permanente dei Presidenti di Corso di Laurea. Medicina e Chirurgia ha raccolto molti articoli scritti dai membri del Gruppo di Lavoro “Innovazione Pedagogica”, ma anche molti altri che raccontano le sperimentazioni didattiche di diverse sedi, segno di grande attività su questo tema fondamentale.

Le principali aree tematiche di intervento pedagogico sono qui brevemente riportate.

Curriculum planning: gli articoli hanno riguardato gli ordinamenti didattici, le strategie per pianificare un curriculum degli studi, l’integrazione didattica trasversale e longitudinale, l’integrazione Università-Territorio nella definizione del curriculum e l’organizzazione delle Attività Didattica Elettiva.

Modalità di inegnamento e di valutazione dell’apprendimento: sono stati sviluppati diversi filoni, come la valutazione, certificativa e formativa, dell’apprendimento, l’organizzazione delle Attività Formative Professionalizzanti e modalità di insegnamento come la medicina narrativa l’e-learning o le modalità di insegnamento dell’Inglese Medico.

Qualità e valutazione della didattica: dagli aspetti generali della valutazione della qualità della didattica, alla valuatazione da parte degli studenti, all’autovalutazione di un Corso di Laurea Magistrale in Medicina.

Staff development e strutture di coordinamento didattico: molteplici gli argomenti trattati, dal ruolo organizzativo e pedagogico del Presidente di CCLM, alle finalità della Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica, al coordinamento didattico di Corso Integrato e di Semestre, alle attività della Commissione Medical Education.

Pietro Gallo

Articoli pubblicati

1) Strumenti didattici: panorama generale e proposte di lavoro. Emilio S. Curtoni. 75012 Med Chir 1989; 1: 32-34.

2) L’insegnamento della medicina interna oggi. Bruno Bonati. 75012 Med Chir 1991; 5: 157-158.

3) Situazione degli esami di laurea in Medicina e Chirurgia dopo il secondo anno di applicazione del nuovo ordinamento. Sergio E. Curtoni. 75012 Med Chir 1991; 5: 161-166.

4) L’insegnamento dell’anatomia patologica in base alla nuova Tabella XVIII. Arnaldo Capelli. 75012 Med Chir 1991; 5: 167-168.

5) I corsi monografici. Arnaldo Capelli. 75012 Med Chir 1991; 5: 174-175.

6) Spazi didattici. Carmelo Fersini. 75012 Med Chir 1992; 7: 207-208.

7) Modelli di orario didattico. Corradino Fuschelli, Carmelo Fersini. 75012 Med Chir 1992; 7: 217-218.

8) Tirocinio post- laurea. Federico Signorini. 75012 Med Chir 1993; 8: 275-279.

9) Lezione e seminario di psicologia clinica a confronto: un’indagine psicometrica con gli studenti. G. Trombini, R. Chattat, C. M. Calderara. 75012 Med Chir 1993; 8: 283-284.

10) L’impostazione del secondo triennio del corsi di laurea in Medicina e Chirurgia. Commenti sull’esperienza di applicazione della nuova Tabella XVIII. Emilio Sergio Curtoni, Adele Alciati. 75012 Med Chir 1994; 9: 303-308.

11) Proposta di modifica degli esami per la laurea in Medicina e Chirurgia. Giuseppe Realdi. 75012 Med Chir 1994; 9: 315-320.

12) La Facoltà d’oggi per il medico di domani. Modificare gli esami per modificare la preparazione professionale. Luciano Vettore. 75012 Med Chir 1994; 9: 321-330.

13) Gli esami del corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Considerazioni su alcune proposte. Saverio Cinti. 75012 Med Chir 1994; 9: 331-334.

14) Il Corso integrato di oncologia clinica. Francesco Marotti, Giorgio Mustacchi. 75012 Med Chir 1994; 9: 339-342.

15) Medicina Materno-infantile. Giovanni Marietti, Carla bizzarri, Federica Ferrazzoli, Stefano Petrucci, Alessia tempera, Alessandra Schiavino. 75012 Med Chir, 1999; 13: 452-454.

16) L’insegnamento della medicina basata sulle evidenze nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Gian Franco Gensini, Antonio Conti, Andrea Conti. Med Chir 2000; 14: 479-482.

17) Alla ricerca della best evidence medical education. Paola Binetti. Med Chir 2000; 14: 487-493.

18) Corsi di introduzione alla medicina ad Ancona e Milano. Med Chir 2000; 15: 552-553.

19) Innovazioni didattiche a Napoli, Secondo Ateneo. Giovanni Delrio. Med Chir 2000; 15: 554.

20) Il piano di studi a Foggia. Vincenzo Neri. Med Chir 2000; 15: 555-556.

21) Profilo Bio-Psico-Sociale a Roma La sapienza, Seconda Facoltà. Giuseppe Familiari. Med Chir 2000; 15: 557-561.

22) I corsi integrati come modello concettuale orientato all’unità del sapere. Paola Binetti. Med Chir 2000; 15: 531-538.

23) La nuova laurea specialistica in Medicina e Chirurgia e la formazione di un medico con una cultura biomedico-psico-sociale. Giuseppe Familiari, Paolo Falaschi, Aldo Vecchione. Med Chir 2001; 16: 591-596.

24) Integrazione trasversale e longitudinale degli insegnamenti, un percorso tra prospettive e limiti. Pietro Gallo, Fabio Capani ed Amos Casti. Med Chir 2003: 21: 805-807.

25) La formazione pedagogica dei docenti. Luciano Vettore. Med Chir 2003: 21: 784-788.

26) Valutazione comparativa del risultato di un campione di esami di profitto in sedici diversi corsi di laurea. Pietro Gallo, Eugenio Gaudio, Giuseppe Familiari, Carlo Della Rocca, Andrea Lenzi. Med Chir 2004; 25: 948-952.

27) Un’esperienza di mini-atelier pedagogici organizzati all’interno di un Corso di Laurea Magistrale in Medicina. Pietro Gallo, Antonio Fantoni, Fabrizio Consorti. Med Chir 2004; 26: 981-983.

28) L’integrazione degli insegnamenti nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia: un’analisi preliminare. Alessandro Lechi. Med Chir 2005; 27: 1024-1026.

29) Le prove di valutazione nei Corsi di Laurea della Facoltà di Medicina: imparare a scegliere in una cassetta d’attrezzi piena di strumenti diversi. Pietro Gallo. Med Chir 2005; 28: 1074-1076.

30) Educazione Continua in Medicina, un progetto FAD: approccio clinico e terapia del diabete mellito. Fabio Capani. Med Chir 2005; 28: 1077-1079.

31) Valutazione dell’apprendimento. Pietro Gallo e il Gruppo VEDI. Med Chir 2005; 29: 1128-1130.

32) Considerazioni sul processo formativo dei laureati in Medicina e Chirurgia. Cesare Meloni. Med Chir 2006; 31: 1204-1210.

33) Pubblica e parla, o perisci. La necessità di insegnare la comunicazione nelle facoltà mediche Michael John e Roberto Sitia. Med Chir 2006; 32: 1248-1250.

34) L’esame di semestre. Pietro Gallo, Paola Binetti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Marella Maroder, Rosa Valanzano e Luciano Vettore. Med Chir 2006; 32: 1251-1256.

35) Il Syllabus dell’Università Politecnica delle Marche e la sua particolarizzazione per la Facoltà di Medicina e Chirurgia. Tommaso Leo, Giovanna Battistini, Carla Falsetti, Sultana Ramazzotti, Giovanni Danieli. Med Chir 2006; 32: 1257-1266.

36) Forum di discussione sul percorso formativo dei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Andrea Lenzi, Gabriella Aggazzotti, Pietro apostoli, Massimo Casacchia, Saverio Cinti, Pietro Gallo, Marzia Galli Kienle, Alessandro rappelli, Gianluca Vago, Maurizio Vannelli, Luciano Vettore. Med Chir 2006; 32: 1267-1290.

37) L’organizzazione didattica del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, Roma “La Sapienza”, II Facoltà. Giuseppe Familiari, Paolo Falaschi, Vincenzo Ziparo. Med Chir 2006; 32: 1291-1293.

38) Finalità, composizione e modalità di lavoro della Commissione Tecnica di Programmazione didattico-pedagogica. Pietro Gallo, Paola Binetti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Marella Maroder, Rosa Valanzano e Luciano Vettore. Med Chir 2006; 33: 1337-1340.

39) Innovazione e qualità della didattica, Pietro Gallo, Paola Binetti, Massimo Casacchia, Carlo Della Rocca, Alessandro Lechi, Flavia Petrini, Mario Piga, Rosa Valanzano. Med Chir 2006; 34: 1389-1392.

40) Modalità d’insegnamento. Gilda Caruso, Giuseppe Delitala, Pierfrancesco Marconi, Oreste Terranova, Luciano Vettore. Med Chir 2006; 34: 1397-1398.

41) Il futuro dell’insegnamento di Pediatria Generale e Specialistica nel corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Alfred Tenore. Med Chir 2006; 34: 1357-1366.

42) Pillole pedagogiche: il ruolo didattico e pedagogico del Coordinatore di Corso Integrato e di Semestre. Pietro Gallo, Paola Binetti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Marella Maroder, Rosa Valanzano e Luciano Vettore. Med Chir 2006; 35: 1454-1458.

43) L’insegnamento della Chirurgia nel Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. Rosa Valanzano. Med Chir 2006; 35: 1459-1460.

44) Finalità, fattibilità, composizione e compiti di una Commissione Medical Education di Corso di Laurea. Pietro Gallo, Paola Binetti, Achille Cittadini, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Rosa Valanzano, Luciano Vettore. Med Chir 2007; 36: 1494-1497.

45) Tirocinio ed e-portfolio, Pierluigi Sapelli, Corrado Paganelli. Med Chir 2007; 36: 1498-1501.

46) La cassetta degli attrezzi per una valutazione dell’apprendimento pertinente ed obiettiva. Oliviero Riggio, Alfredo Colosimo, Fabrizio Consorti, Franco Burla, Antongiulio Scarno, Stefania Basili, Elena Mattia, Elio Ziparo, Antonio Fantoni, Pietro Gallo. Med Chir 2007; 40-41: 1739-1743.

47) L’integrazione “verticale” delle conoscenze e delle competenze nella formazione professionale dei medici: sintesi di un mini-atelier pedagogico organizzato per la Conferenza Permanente dei Presidenti di CCLM in Medicina e Chirurgia. Pietro Gallo, Luciano Vettore, Achille Cittadini, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Marella Maroder, Pierluigi Tocco, Gianluca Vago, Rosa Valanzano. Med Chir 2008; 43: 1851-1861.

48) L’Esame Integrato, premessa e guida alla programmazione del Corso Integrato. Pietro Gallo, Achille Cittadini, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Marella Maroder, Pierluigi Tocco, Gianluca Vago, Rosa Valanzano, Luciano Vettore. Med Chir 2009; 46: 1999-2001.

49) Un’esperienza di peer education nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia: gli studenti come risorsa per il soccorso nelle grandi emergenze in area ospedaliera. Rosa Valanzano, Roberto Miniati, Lorenzo Tattini, Sergio Boncinelli. Med Chir 2009; 47: 2022-2025.

50) Progetto Accoglienza. L’esperienza della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Brescia. Carlo Cristini, Antonio Imbasciati, Alberto Ghilardi, Loredana Cena, Anna Maria Della Vedova, Chiara Buizzi, Roberto Bresciani, Pietro Apostoli. Med Chir 2009; 47: 2027-2029.

51) Mirroring ed apprendimento. Adriano Ferrari. Med Chir 2010; 49: 2131-2136.

52) Il feedback come strumento formativo. Potenzialità e applicazioni nel Corso di Laurea in Medicina. Oliviero Riggio. Med Chir 2010; 49: 2151-2154.

53) La valutazione formativa nella formazione medica. Riflessioni ed esperienze. Sonia Visioli, Lucia Zannini, Massimo Roncalli, Gianluca Vago. Med Chir 2010; 49: 2155-2161.

54) Valutazione “formativa”. Nuovi attrezzi per la nostra cassetta. Luciano Vettore, Pietro Gallo, Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Oliviero Riggio, Alfred Tenore, Gianluca Vago, Rosa Valanzano, Sonia Visioli. Med Chir 2011; 51: 2261-2266.

55) Il Centro di Medical Education a Genova. Giancarlo Torre, Antonella Lotti, Carlo Maganza, Loredana Sasso, Anna Siri. Med Chir 2011; 52: 2316-2317.

56.Preparazione dei test di valutazione integrata. Luciano Vettore. Med Chir 2012; 54: 2420-2425.

57) Strategie per pianificare un curriculum degli studi. Le SPICES di Harden. Pietro Gallo, Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Rosa Valanzano, Luciano Vettore. Med Chir 2012; 56: 2481-2484.

58) Evolution based medicine e futuro dell’insegnamento medico. Gilberto Corbellini. Med Chir 2013; 59: 2619-2623.

59) Il CLM in Medicina e Chirurgia del San Luigi Gonzaga, curriculum verticale, approccio clinico anticipato e apprendimento nel territorio. Pier Maria Furlan. Med Chir 2013; 59: 2624-2629.

60) Il ruolo organizzativo e pedagogico del Presidente di Corso di Laurea Magistrale in Medicina. Pietro Gallo, Stefania Basili, Maria Filomena Caiaffa, Fabrizio Consorti, Carlo della Rocca, Luigi Demelia, Giuseppe Familiari, Pier Maria Furlan, Bruno Moncharmont, Licia Montagna, Silvio Scarone, Rosa Valanzano. Med Chir 2013; 60: 2683-2698.

61) Il Gruppo di lavoro Innovazione Pedagogica. Pietro Gallo. Med Chir 2014; 61: 2735.

62) Nuovi orientamenti per la formazione del Medico. Andrea Lenzi. Med Chir 2015; 65: 2921, 2015.

63) Innovazione didattica: qualità e formazione pedagogica interdisciplinare per i docenti dei Corsi di studio della Scuola di Medicina. Fabrizio Consorti, Tiziana Bellini, Leonardo Trombelli. Med Chir 2015; 66: 2985-2988.

Le attività didattiche elettive

L’Attività Didattica Elettiva (ADE) fu istituita dalla Nuova Laurea Specialistica – ai sensi del Decreti Ministeriali n.509/99 e n.269/2004 concernenti l’autonomia didattica degli Atenei – nella misura di 15 crediti su 360¹, assecondando inclinazioni professionali e culturali in ambito preclinico e clinico attuando estensioni non contenute nel core curriculum dei Corsi ad Insegnamento Integrato. L’ADE, sebbene a scelta dello studente, rappresenta didattica ufficiale da parte dei Docenti¹. L’ADE è basata soprattutto su corsi monografici, discussione dei casi clinici, seminari, internati clinici e di laboratorio universitario sia in Italia che all’Estero.

E’ possibile inoltre seguire corsi ADE interfacoltà. All’uopo è stata istituita una Banca Nazionale ADE e proposta la formazione totalmente a distanza online o in forma “blended”.

Le Proposte di ADE, previa autorizzazione da parte degli organi competenti e soggette a valutazione qualitativa, sono registrate utilizzando un apposito verbale o altro sistema di verifica.

L’ADE è stata, fino ad un anno fa, valutata anche per l’ammissione alla Scuola di Specializzazione e, malgrado sia stata ridotta dall’ introduzione della Laurea Magistrale a 8 crediti su 360, non ha perso la sua importanza come parte integrante del curriculum formativo.

Guglielmo Borgia

Articoli pubblicati

1) Linee guida per la costruzione dell’attività didattica elettiva. Guglielmo Borgia. Med Chir 2002; 19: 720-722.

2) L’Attività Didattica Elettiva interfacoltà. Guglielmo Borgia. Med Chir 2005; 27:1022-1023.

3) Attività Didattica Elettiva. Guglielmo Borgia, Alfred Tenore, Giuseppe Familiari, Pietro Gallo, Giovanni Del Rio, Evangelista Sagnelli. Med Chir 2005; 29: 1106-1108.

Innovazione didattica nelle Professioni Sanitarie

I primi corsi di laurea delle professioni sanitarie (all’inizio erano Diplomi Universitari) sono nati nel 1993 e dal 1997 si è costituita la Conferenza che ha riunito Presidenti e Coordinatori suddivisi in 22 commissioni nazionali per specifico profilo professionale.

Da allora si è attivato un fiorire di gruppi di lavoro che hanno dibattuto tematiche relative all’offerta formativa e alla governance dei corsi.

I nostri contributi relativi all’innovazione della didattica sono stati numerosi ed i circa cinquanta articoli pubblicati su Medicina e Chirurgia ne sono un’importante testimonianza.

Analizzandoli retrospettivamente, possiamo individuare le linee più seguite.

All’inizio l’attenzione era focalizzata soprattutto sugli insegnamenti, ci si confrontava per esempio sul livello di approfondimento delle scienze di base, delle scienze umane e delle discipline cliniche. La tensione era quella di trovare i concetti core per la costruzione di una solida preparazione scientifica pur in presenza di un numero limitato di crediti formativi dedicati.

Successivamente l’attenzione si è spostata sui piani di studio, sia per l’evoluzione normativa che introduceva nuovi scenari, sia per la preoccupazione di un’elevata disomogeneità degli stessi a livello nazionale a causa della forte autonomia degli Atenei.

Su questo versante la Conferenza ha lavorato intensamente, attraverso confronti con le esperienze e la letteratura internazionali , attraverso indagini comparative sui corsi attivati in Italia – per documentare elementi comuni e variabilità – e la stesura di documenti di consenso su core curriculum e core competence, su regolamenti didattici e piani di studio.

L’integrazione degli insegnamenti, i metodi per rendere l’offerta didattica più interattiva, le strategie di supporto allo studio guidato e la gestione di laboratori per lo sviluppo di skill professionali in preparazione del tirocinio clinico sono state le tematiche via via più dibattute.

Non poteva mancare una seria riflessione concettuale e progettuale sui tirocini professionali che rappresentano in questi corsi di laurea un terzo dei crediti formativi. Gli aspetti più critici – e sui quali l’elaborazione di studi e documenti è stata più ricca – riguardano gli standard di qualità dei tirocini e i metodi di valutazione clinica delle competenze (objective structured clinical examination, mini Clinical Evaluation Exercise) e questo sia per la verifica del percorso che a scopo certificativo.

Contributi più recenti sono stati focalizzati sulle lauree magistrali e sui master e sull’ esame finale che prevede, oltre alla tesi, una prova pratica abilitante.

Luisa Saiani

Articoli pubblicati

1) Lo studio guidato nei corsi di diploma universitario. Giuseppe realdi. 75012 Med Chir 1993; 8: 283-284.

2) Perché la Conferenza Permanente dei Diplomi Universitari di area sanitaria propone come percorsi prioritari di lavoro la definizione del core curriculum, la didattica interattiva e integrata, la riflessione metodologica sull’esame finale. Luigi frati, Luisa Saiani. 75012 Med Chir, 1999; 13: 423-425.

3) Diploma universitario di infermiere: anatomia umana. Giovanni Mazzotti, Pietro Gobbi, Mirella Falconi. 75012 Med Chir, 1999; 13: 426-435.

4) Il corso di scienze umane nel DU di infermiere nell’ottica della didattica interattiva. Paola Binetti. 75012 Med Chir, 1999; 13: 436-444.

5) Proposta di un modello didattico per l’insegnamento delle tecniche e delle procedure dell’emergenza intra- e extra- ospedaliera, nel corso integrato di medicina d’urgenza e terapia intensiva del DUI. Maurizio Chiaranda. 75012 Med Chir, 1999; 13: 445-451.

6) Linee guida metodologiche per la preparazione della prova scritta e pratica per l’’esame di abilitazione professionale nei diplomi universitari. Maria Matarese. 75012 Med Chir, 1999; 13: 457-466.

7) Lauree triennali delle Professioni Sanitarie. L’accesso ai corsi e le modalità di iscrizione nell’A.A. 2003-2004. Angelo Mastrillo. Med Chir 2003; 22: 873-878.

8) La valutazione del tirocinio nel Corso di laurea in Infermieristica dell’Università di Milano. Anne Destrebecq, Marta Nucchi, Fabrizio Vezzoli e Antonio Pagano. Med Chir 2004; 23: 910-913.

9) Coordinatore teorico-pratico nel Corso di Laurea in Infermieristica: definizione, ruolo e funzioni. Giovanna Artioli e Alfonso Colombatti. Med Chir 2004; 24: 962-968.

10) I criteri di selezione dei candidati nella formazione infermieristica avanzata: l’esperienza dei paesi nord-americani ed europei. Alvisa Palese, Vittorio Bresadola. Med Chir 2004; 26: 995-1000.

11) Progettare e realizzare i nuovi corsi per le Lauree Specialistiche di area sanitaria: l’esempio dell’insegnamento delle discipline pedagogiche. Lucia Zannini. Med Chir 2005; 27: 1029-1034.

12) Il Tirocinio nei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie. Luisa Saiani, Daniele Palla, Laura Cunico. Med Chir 2005; 27: 1035-1041.

13) L’utilizzo dell’objective structured clinical examination nella prova finale abilitante del Corso di Laurea in Infermieristica del Campus Bio Medico di Roma. Maria Matarese. Med Chir 2005; 28: 1080-1082.

14.Guida alla preparazione dei Corsi di Laurea Magistrale delle Professioni Sanitarie. Giovanni Danieli e Luisa Saiani. Med Chir 2006; 31: 1215-1235.

15) L’offerta formativa dei Master in Funzioni di coordinamento per le professioni sanitarie. Paolo Pillastrini, Paolo Chiari, Angelo Mastrillo, Francesca Pasqui. Med Chir 2006; 34: 1379-1384.

16) Problematiche relative alla gestione e allo sviluppo della formazione di base e post-base delle professioni sanitarie e possibili strategie e iniziative della Conferenza Permanente. Valerio Dimonte, Luisa Saiani. Med Chir 2007; 36: 1502-1504.

17) Lauree triennali delle professioni sanitarie. L’accesso ai corsi e la programmazione dei posti nell’A.A. 2006-2007. Angelo Mastrillo. Med Chir 2007; 36: 1505-1513.

18) Il tirocinio clinico. Indagine sull’organizzazione del tirocinio nei corsi di laurea in Infermieristica. Paola Bernardi, Ornella Bonso, Mara Dorigo, Rosalia Milan. Med Chir 2007; 36: 1514-1520.

19) Riflessioni sull’applicazione del nuovo ordinamento didattico del Corso di Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche e Ostetriche nei primi tre anni di avvio (A.A. 2004-2007). Julita Sansoni, Luisa Saiani, Oliva Marognolli et Al. Med Chir 2007; 39: 1608-1616.

20) Indagine comparativa dei Piani di studi del Corso di Laurea Specialistica in Scienze delle Professioni Sanitarie della Riabilitazione in Italia e proposta di un piano di studi. Manuela Cappuccini, Maria Gloria Ferrari, Antonio Fiaschi et Al. Med Chir 2007; 39: 1617-1627.

21) Variabilità e tendenze dei Piani di studio del Corso di Laurea in Infermieristica. Alvisa Palese, Adriana Dalponte et Al. Med Chir 2007; 39: 1628-1634.

22) Alla vigilia della seconda riforma. Le ragioni di un percorso e di una proposta innovativa di Piano di studi in infermieristica. Alvisa Palese, Adriana Dalponte et Al. Med Chir 2007; 39: 1635-1643.

23) Confronto sui Piani di studi dei corso di laurea in Tecniche di laboratorio biomedico: un primo bilancio e proposte. Maria Rosaria Giovagnoli et Al. Med Chir 2007; 39: 1644-1648.

24) Indagine sull’offerta formativa dei master di primo livello in Management delle funzioni di coordinamento delle professioni sanitarie attivati in ventiquattro università italiane nell’A.A. 2006-2007. Lamberto Briziarelli, Loredana Filosi et Al. Med Chir 2007; 39: 1649-1659.

25) Corsi di Diploma e di Laurea delle Professioni Sanitarie. La programmazione dei posti in undici anni dal 1997 al 2007. Angelo Mastrillo. Med Chir 2007; 39: 1660-1662.

26) Su alcuni aspetti riguardanti la richiesta infermieristica di accesso ai Master. L’esperienza del Master in Area Critica per Infermieri. Giuliano Bertazzoni, Mario Bianchini. Med Chir 2007; 40-41: 1681-1684.

27) Master universitario di primo livello in e-learning in area sanitaria: l’esperienza romana del primo anno di istituzione. Fabrizio Consorti, Stefania Basili, Sabrina Luccarini, Antongiulio Scarlo, Francesco Romanelli, Andrea Lenzi. Med Chir 2007; 40-41: 1685-1690.

28) Lauree triennali delle Professioni Sanitarie. L’accesso ai corsi e la programmazione dei posti nell’A.A. 2008-2009. Angelo Mastrillo Med Chir 2008; 44: 1901-1910.

29) Il mini Clinical Evaluation Exercise (mini-CEX). Laura Furri, Elena M. Ravagni Probizer, Maria Gloria Ferrari, Luisa Saiani, Giancarlo Tassinari, Lucia Zannini. Med Chir 2009; 46: 1992-1993.

30) La specializzazione nelle Professioni Sanitarie. Master, pro e contro. Lucia Bertozzi, Maria Grazia Maioli, Paolo Pillastrini. Med Chir 2009; 46: 1994-1995.

31) Consensus Conference sull’organizzazione didattica dei Master di 1° livello in Management per le funzioni di coordinamento delle Professioni Sanitarie, Luisa Saiani, Lamberto Briziarelli. Med Chir 2009; 46: 2009-2013.

32) Lauree triennali delle Professioni Sanitarie. Dati sull’accesso ai Corsi e programmazione posti nell’A.A. 2009-2010. Angelo Mastrillo. Med Chir 2009; 47: 2068-2070.

33) Documento di indirizzo su standard e principi del tirocinio nei CL delle Professioni Sanitarie. Luisa Saiani, Silvia Bielli, Oliva Marognolli, Anna Brugnolli. Med Chir 2009; 47: 2036-2045.

34) La validazione di un intervento formativo in Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva. Fiorenza Broggi, Monica Bomba, Maria Angela Mazza, Mario Bertolini, Francesca Neri, Renata Nacinovich, Chiara Ricci, Michela Rimondini. Med Chir 2009; 47: 2052-2057.

35) Il curriculum nascosto nella formazione infermieristica. Lucia Zannini, Giulia Randon, Luisa Saiani. Med Chir 2011; 52: 2292-2296.

36) Il tirocinio e i laboratori nel curriculum del Corso di Laurea Specialistica/Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Survey nelle Università italiane. Caterina Galletti, Renzo Zanotti, Emanuela Merlo, Maria Luisa Rega. Med Chir 2012; 55: 2459-2464.

37) La prova finale per il conseguimento della laurea in Infermieristica: studio trasversale. Anne Destrebecq, Silvia Vitali, Valerio Dimonte, Stefano Terzoni, Pietro Altini, Saverio Ambesi, Maria Caiaffa, Alessandro Delli Poggi, Annamaria De Rossi, Anto De Pol, Loreto Lancia, Rosanna Lombardi, Maria Matarese, Oliva Marognolli, Bruno Moncharmont, Alvisa Palese, Daniela Tartaglini. Med Chir 2013; 57: 2564-2566.

38) Il Portfolio. Studio preliminare dell’Entering behaviuor delle competenze, conoscenze e aspettative degli Studenti del CLM in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie dell’Università di Milano. Giuseppina Bernardelli, Laura Vizzotto, Daniela Mari, Beatrice Bernabè, Federico Filippini, Moscheni Claudia. Med Chir 2013; 59: 2637-2641.

39) Il Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Riflessioni e prospettive sul percorso formativo e sulla figura del laureato magistrale. Alberto Dal Molin et al. Med Chir 2014; 61: 2747-2752.

40) Linee di indirizzo per la prova finale dei Corsi di Laurea afferenti alle Classi delle Professioni Sanitarie avente valore di esame di stato per l’esercizio professionale. Conferenza delle Professioni Sanitarie, 12 Settembre 2013. Med Chir 2014; 61: 2736-2738.

41) Documento di indirizzo per la definizione dei programmi di insegnamento di Infermieristica. Anna Brugnolli, Oliva Marognolli, Alvisa Palese, Valerio Dimonte. Med Chir 2014; 62: 2805-2810.

42) La scheda di valutazione dell’esperienza di tirocinio: uno strumento di classe. Studio osservazionale nel CLM in Scienze riabilitative delle Professioni Sanitarie, Università degli Studi di Milano. Daniela Mari, Chiara Grasso, Antonella Freddi, Lisa Karen Baratelli, Giuseppina Bernardelli. Med Chir 2015; 65: 2942-2945.

43) Un’esperienza di laboratorio professionale condotta nel corso di laurea in Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia. Giovanni Mazzoni, Luigi La Riccia, Daniele Aramini, Barbara Damen, Andrea Giovagnoni. Med Chir 2015; 66: 2989-2993.

Gli sforzi verso una formazione ed una pratica interprofessionale

Il concetto di interprofessionalità e la sua pratica hanno attraversato la storia delle Conferenze Nazionali, delle ex Facoltà di Medicina e Chirurgia e, più di recente, delle Scuole di Medicina. Il primo contributo culturale/scientifico sul tema risale al 1999, quando si iniziava a discutere sul ruolo delle evidenze scientifiche quale occasione per implementare approcci integrati ai problemi dei pazienti. Erano gli anni in cui la Medicina Basata sulle Evidenze, il Nursing basato sulle evidenze, ed altre prospettive disciplinari ciascuna basata sulle evidenze, iniziavano a dare segni di ‘rinuncia’ della propria specificità per abbracciare la pratica (e con essa i problemi dei pazienti) che aveva (ed ha) bisogno di un metodo comune (quello della ricerca e della valutazione critica delle migliori evidenze disponibili).

Suggerendo un ‘abbraccio dei problemi dei pazienti’, l’articolo di Giovanni Pomponio e di Giovanni Danieli, iniziava ad introdurre una nuova sfida – in un contesto ancora fortemente legato alle discipline ed alle professioni: valeva la pena sperimentare un insegnamento delle evidenze capace di coinvolgere tutti i professionisti che assumono decisioni, proprio perché dalla integrazione delle diverse prospettive disciplinari, i risultati clinici sono migliori. Fu uno dei primi passi culturali – ma anche nel terreno concreto della sperimentazione didattica condotta presso la Facoltà di Medicina di Ancona – che apriva alla formazione interprofessionale coinvolgendo studenti afferenti a diversi livelli formativi (di laurea, specializzazione) e disciplinari (di area medica e di area sanitaria).

Arrivò poco dopo la prima grande riforma degli ordinamenti didattici disciplinata dalla Legge 509/99 che introduceva e stabilizzava, nell’alveo della ex Facoltà di Medicina e Chirurgia, la formazione delle professioni sanitarie. La struttura universitaria stava affrontando un profondo cambiamento: non solo gli studenti erano cambiati (da studenti prevalentemente di Medicina, a studenti delle health science) ma anche il profilo dei docenti iniziava a cambiare (iniziarono ad essere reclutati professori di discipline sanitarie). Inoltre, era forte la sollecitazione ad includere negli ordinamenti crediti ‘integrativi’ e nuove forme di didattica ‘mutuata’. Iniziava infatti a configurarsi in alcuni Atenei la didattica condivisa, capace di mettere in aula studenti afferenti a corsi diversi. Senza dubbio alcuni di queste sperimentazioni erano ispirate, per dirla con Binetti (2002), alla efficienza ed alla sostenibilità dei corsi; tuttavia, hanno rappresentato anche la concreta realizzazione dei principi dell’OMS (1998) che raccomandava fortemente una formazione multiprofessionale in cui gli operatori sanitari avessero la possibilità di imparare insieme.

Almeno dieci anni dopo, come documentato da Gallo e colleghi (2011) nell’ambito di un progetto di innovazione pedagogica e nel contesto della progressiva riduzione della rilevanza dei corsi monografici, divenne più consolidata la pratica dei corsi integrati inter-disciplinari, in cui doveva realizzarsi (alcune volte con successo, altre meno) la vera integrazione dei saperi. Non si trattava solo di integrare gli studenti (‘stare insieme per imparare’) ma di coinvolgere anche i docenti (‘stare insieme per progettare il corso, valutare i risultati di apprendimento e condurlo con sequenza facilitante l’apprendimento’). Divenne strategico per le Conferenze disegnare e approvare core curriculum di ciascun corso al fine di assicurare standard di riferimento e aiutare i docenti nella selezione dei contenuti da proporre ed integrare.

Seguirono numerosi sforzi di programmazione e progettazione didattica dei corsi mutuati e dei corsi integrati finalizzati a comprendere le logiche della integrazione, sperimentarle e valutarle nella loro tenuta tra coloro fermamente convinti, tra i scettici e i resistenti.

Via via si faceva più chiara l’esigenza non tanto (o non solo) di formare in modo interdisciplinare mettendo insieme studenti e docenti, ma soprattutto di formare alla pratica clinica condivisa/cooperativa. Quella pratica, come riportano Maria Grazia De Marinis e Maria Concetta De Marinis (2013) che è necessaria nel quadro attuale dei problemi prioritari di salute dei nostri assistiti dove l’intervento di un singolo professionista non è più esaustivo. Al ‘learning togheter’, si era nel frattempo aggiunta la raccomandazione dell’OMS (2010) del ‘working toghether for better health’. Il DNA che anche la Società Italiana di Pedagogica Medica (SIPEM) nell’articolo di Fabrizio Consorti ha fatto proprio e che deve tenere conto dei numerosi fattori ostacolanti alla sua completa realizzazione, ancora presenti nel quotidiano. E’ molto difficile trasformare una visione auto-centrica ad una condivisa: gli sforzi affaticano coloro che ogni giorno sono impegnati nel tentativo di realizzarla. Un approccio resiliente e la possibilità di confrontarsi – per ritemprare le energie – con le Conferenze e la SIPEM, e tra le Conferenze e la SIPEM, continuano ad essere le strategie per proseguire il faticoso cammino della interdisciplinarietà quale prospettiva culturale e scientifica irrinunciabile nella formazione e nella pratica delle future generazioni.

Alvisa Palese

Articoli pubblicati

1) Didattica interprofessionale orientata alla pratica clinica basata sulle evidenze. Giovanni Pomponio, Giovanni Danieli. 75012 Med Chir, 1999; 13: 455-456.

2) Quali prospettive per la formazione multiprofessionale alla luce del nuovo Ordinamento? Paola Binetti. Med Chir 2002; 19: 726-733.

3) Le logiche dell’integrazione interdisciplinare ed interprofessionale. Pietro Gallo, Fabrizio Consorti, Giuseppe Familiari, Antonio Fantoni, Oliviero Riggio, Luciano Vettore. Med Chir 2011; 52: 2280-2282.

4) L’interprofessionalità come risposta unitaria e globale ai problemi di salute: obiettivi, metodologie e contesti formativi. Maria Grazia De Marinis, Maria Concetta De Marinis. Med Chir 2013; 58: 2586-2591.

5) Sassi e stelle. Idee sull’interprofessionalità al margine del Congresso SIPeM 2014. Fabrizio Consorti. Med Chir 2014; 64: 2905-2906.

Core curriculum

L’elaborazione del “core curriculum” di riferimento nazionale è un’operazione importante, tutt’oggi in corso d’opera, affrontata, negli ultimi anni, da una Commissione della conferenza permanente. Il “core curriculum” può essere definito come il complesso di contenuti essenziali (conoscenze, competenze, abilità e comportamenti) che tutti i neo-laureati debbono acquisire in modo completo e permanente per l’esercizio iniziale della professione, e che saranno le fondamenta della formazione permanente.

Nel lungo percorso che ha portato alla sua elaborazione, per trasformare i programmi d’insegnamento in programmi di apprendimento, fu introdotto il concetto di obiettivo educativo specifico, inteso come “ciò che lo studente deve diventare capace di realizzare grazie all’apporto del corso” e non come ciò che il docente deve insegnare. Il programma per obiettivi ha preso poi rapidamente la forma delle unità didattiche elementari (UDE), definite come “particelle del sapere medico con un contenuto tematico circoscrivibile e coerente, caratteristiche didattico-pedagogiche omogenee, descritte in un linguaggio comprensibile in modo univoco dagli studenti e dai docenti e verificabili nel grado di apprendimento”. Come loro connotato peculiare, proprio degli obiettivi specifici, le UDE coincidono con un’azione – e quindi con un verbo – che indica per l’appunto che cosa lo studente debba dimostrare di aver appreso e quindi di saper realizzare.

L’operazione in cui è coinvolta oggi la Conferenza è quella di trasformare un “core di conoscenze” in un “core di competenze professionali” con una procedura “bottom-up”: partendo dai problemi, andranno costruite “a ritroso” le UDE, che con i loro livelli tassonomici individuano le conoscenze, le competenze, le abilità e i comportamenti effettivamente utili a risolvere quei problemi; questo approccio aiuterà nella scelta dei contenuti teorici anche delle scienze di base, che costituiscono i presupposti culturali indispensabili per fondare su basi scientifiche le capacità professionali.

Luciano Vettore

Articoli pubblicati

1) Gli obiettivi della didattica teorico-pratica. Cesare Scandellari. 75012 Med Chir 1989; 1: 3-18.

2) Obiettivi didattici specifici in medicina e chirurgia generale. Ludovico A. Scuro, Luciano Vettore. 75012 Med Chir 1989; 1: 19-22.

3) Programmi di riferimento nazionale per la medicina clinica. Ludovico Antonio Scuro. 75012 Med Chir 1989; 2: 51-56.

4) Guida per la preparazione degli obiettivi educativi in medicina e chirurgia generale. Luciano Vettore, Tania Savarin. 75012 Med Chir 1989; 2: 61-66.

5) Elaborazione di un programma comune di esercitazioni. Federico Manenti. 75012 Med Chir 1989; 2: 67-68.

6) Proposte per un programma nazionale di riferimento. Cesare Scandellari. 75012 Med Chir 1990; 3: 103-106.

7) Proposta per un programma nazionale di riferimento. Cesare Scandellari. 75012 Med Chir 1991; 6: 158-203.

8) Un nuovo progetto di stesura dei programmi nazionali di riferimento per i corsi di laurea in medicina e chirurgia. Cesare Scandellari, Federico Manenti. 75012 Med Chir 1993; 8: 263-265.

9) Nuovi programmi per medici migliori. Luciano Vettore. 75012 Med Chir 1995; 10: 363-370.

10) Il core curriculum degli studi medici. AldoTomasi, Antonio Gaddi, Luciano Vettore. Med Chir 2001; 16: 566-573.

11) L’evidence based medicine nel curriculum medico: breve panoramica storica e linee guida per la didattica universitaria. Gian Franco Gensini, Antonio Conti, Andrea Conti. Med Chir 2001; 16: 574-575.

12) Suggerimenti per progettare un corso di economia e management sanitario nelle Facoltà di Medicina. Gian Mario Raggetti. Med Chir 2001; 16: 580-583.

13) Risultati della revisione della Commissione core curriculum. Aldo Tomasi. Med Chir 2002; 17: 599.

14) Core curriculum del corso di laurea specialistica in medicina e chirurgia. Suggerimenti e Considerazioni per la sua Utilizzazione. Antonio Gaddi, Aldo Tomasi, Luciano Vettore. Med Chir 2002: 18: 629-693.

15) Il Core curriculum degli studi medici. Il suo significato e qualche suggerimento per costruirlo e applicarlo. Luciano Vettore, Antonio Gaddi ed Aldo Tomasi. Med Chir 2002; 19: 704-709.

16) Seminari, un’innovazione del Core curriculum. Saverio Cinti. Med Chir 2002; 19: 710-711.

17) Il Core curriculum, tra specificità di Corso di laurea e condivisione di obiettivi tra le diverse classi. Paola Binetti, Donatella Valente. Med Chir 2003: 21: 810-815.

18) Core curriculum degli studi medici, proposta metodologica per una sua prima revisione. Antonio Gaddi, Luciano Vettore, Aldo Tomasi. Med Chir 2003; 22: 846-848.

19) Presentazione del core curriculum per le abilità pratiche. Luciano Vettore ed Alfred Tenore. Med Chir 2004; 24: 955-961.

20) Il core curriculum degli studi medici, il lavoro continua. Aldo Tomasi, Antonio Gaddi, Luciano Vettore. Med Chir 2004; 26: 968-973.

21) La revisione del core curriculum. Luciano Vettore, Antonio Gaddi, Aldo Tomasi. Med Chir 2005; 29: 1103-1105.

22) Core curriculum del Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia: Seconda Edizione. Giovanni Danieli, Saverio Cinti, Gilda Caruso, Domenico Berardi, Giuseppe Nardi), Amedeo Columbano, Enrico Vasquez, Francesco Saverio Costanzo, Fabio Capani, Gioacchino Mollica, Alessandro Mugelli, Carmine Panella, Giancarlo Torre, Massimo Casacchia, Alfredo Artenisio Carducci, Massimo Malcovati, Roberto Sitia, Marzia Kienle, Guglielmo Borgia, Giovanni Delrio, Evangelista Sagnelli, Eugenio Torre, Oreste Terranova, Antonino Bono, Maurizio Vanelli, Maria Scappatticci, Pierfrancesco Marconi, Brunello Ghelarducci, Eugenio Gaudio, Enrico De Antoni, Pietro Gallo, Andrea Lenzi, Marella Maroder, Giuseppe Familiari, Andrea Modesti, Paola Binetti, Gian Battista Azzena, Giuseppe Delitala, Gian Maria Rossolini, Luca Cordero di Montezemolo, Giuseppe Saglio, Emanuele Belgrano, Alfred Tenore, Francesco Pasquali, Alessandro Lechi. Med Chir 2005; 30: 1143-1198.

23) La Medicina di Laboratorio, attualità e prospettive future,Pier Francesco Marconi, Amos Casti, Giovanni Del Rio, Marzia Kienle, Andrea Lenzi, Andrea Modesti, Carmelo Tassi. Med Chir 2007; 36: 1465-1472.

24) Il Core Curriculum: una sfida applicativa. Eugenio Gaudio. Med Chir 2007; 37-38: 1528-1532.

25) Il core curriculum, una sfida pedagogica. Eugenio Gaudio, Luciano Vettore. Med Chir 2007; 40-41: 1694-1697.

26) Il curriculum esennale per una moderna formazione in Odontoiatria. Antonella Polimeni. Med Chir 2007; 40-41: 1698-1701.

27) Formazione del laureato in Scienze Motorie Ruolo delle discipline biomediche. Giuliano Pizzini. Med Chir 2007; 40-41: 1702-1704.

28) Ruolo delle discipline biomediche nella formazionedei laureati in Scienze motorie. Paolo Parisi. Med Chir 2007; 40-41: 1705-1708.

29) La Laurea triennale in Biotecnologie e le Biotecnologie Mediche in Italia. L’opinione della Conferenza Nazionale Permanente delle Facoltà e dei Corsi di Laurea in Biotecnologie. Ranieri Cancedda. Med Chir 2007; 40-41: 1709-1719.

30) Il core curriculum per l’insegnamento degli argomenti di Medicina Generale nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. M. Andreoni, A. Arullani, M. Cavallini, A. Chiriatti, A. Cittadini, C. Della Rocca, G. Donato, M. Mazzilli, G. Nati, A. Nigro, A. Nobile, G. Tarsitani, F. Traditi. Med Chir 2009; 46: I-IV.

31) Nuove Unità Didattiche per il CLM in Medicina e Chirurgia. Antonio Gaddi, Marina Dachà, Paolo Nencini, Luigi Manso. Med Chir 2009; 46: 1976-1978.

32) Il Core Curriculum degli studi di Medicina. Stato dell’arte e prospettive. Antonio Gaddi, Stefania Basili, Claudio Rizzo, Andrea Lenzi, Calogero Caruso. Med Chir 2014; 62: 2791-2793.

Simulazione didattica, E-learning

E-Learning e Simulazione avanzata sono entrambi “figli” della tecnologia digitale e si sono via via dimostrate tecniche didattiche sempre più adeguate a rispondere alla richiesta formativa dei futuri operatori della salute.

Ora l’e-learning permette di progettare ed erogare corsi di formazione che consentono l’acquisizione di competenze procedurali proprie della pratica medico-sanitaria, svolta in strutture ad alta complessità, caratterizzate da continui cambiamenti organizzativi, da un elevato turnover e dall’introduzione di nuove apparecchiature e modalità operative.

La Simulazione, acquisita dalla Medicina dal mondo della aeronautica, trova la sua motivazione nell’assioma “mai per la prima volta sul malato”. A favorirne la diffusione, ha contribuito la diversa organizzazione dei percorsi di di cura con riduzione dei tempi di degenza e del numero dei letti e conseguente riduzione del “potere didattico” dei pazienti. Procedimenti sempre più invasivi e l’incremento del contenzioso medico legale ha spinto ad acquisire competenze tecnico-pratiche e relazionali in condizioni di sicurezza. I progressi tecnologici, infine, hanno fornito simulatori ad alta fedeltà in grado di riprodurre scenari altamente realistici che consentono di valutare il grado di competenza acquisito prima di trasferirla sul malato.

Giancarlo Torre, Stefania Basili

Articoli pubblicati

1) La didattica informatizzata. Noè Battistini. Med Chir 2000; 14: 494-498.

2) La telemedicina che verrà. Laura Totti. Med Chir 2000; 14: 499.

3) Telemedicina. Francesca Galeazzi. Med Chir 2002; 17: 626-628.

4) Formazione a distanza. Pietro Gallo, Huon Snelgrove, Luciano Vettore, Gilda Caruso, Marcella Cintorino e Giuseppe Familiari. Med Chir 2002; 19: 739-743.

5) Considerazioni su e-learning e formazione a distanza in Medicina. Andrea Lenzi, Sabrina Luccarini. Med Chir 2003; 22: 867-872.

6) Indagine sull’e-learning nei CLS in Medicina e Chirurgia. Andrea Lenzi, Fabio Capani, Gian Battista Azzena, Huon Snelgrove, Sabrina Luccarini. Med Chir 2004; 23: 893-897.

7) Opportunità e sfide per la piattaforma e-learning nella prima Facoltà di Medicina e Chirurgia. Sabrina Luccarini, Andrea Lenzi, Huon Snelgrove. Med Chir 2004; 25: 953-958.

8) Introduzione dell’e-learning nella didattica, presentazione di un modello. Edoardo Ferranti, Eugenio Gaudio. Med Chir 2004; 26: 974-980.

9) E-learning in medicina, applicabilità e sperimentazione. Andrea Lenzi, Fabio Capani, Sabrina Luccarini, Giovanni Danieli. Med Chir 2005; 29: 1119-1121.

10) UNIDAV, l’Università telematica Leonardo da Vinci: Prime esperienze. Fabio Capani, Filomena Polidori, Tiziana Vicentini e Franco Cuccurullo. Med Chir 2006; 35: 1408-1412.

11) E-learning in Medicina: una corsa ad ostacoli? Fabrizio Consorti, Stefania Basili, Francesco Romanelli, Pietro Gallo e Andrea Lenzi. Med Chir 2006; 35: 1423-1425.

12) Il futuro è passato da qui: e-learning in Medicina: Considerazioni su una esperienza. Stefania Basili, Huon Snelgrove, Italo Nofroni, Francesco Romanelli e Andrea Lenzi. Med Chir 2006; 35: 1426-1429.

13) E-learning in medicina. Prove di trasmissione: la comunicazione Medico/Paziente. Sabrina Luccarini, Antongiulio Scarno, Marco Proietti, Francesco Romanelli e Andrea Lenzi. Med Chir 2006; 35: 1430-1435.

14) L’aula virtuale della “Leonardo da Vinci”. Fabio Capani, Filomena Polidori e Tiziana Vicentini. Med Chir 2006; 35: 1436-1441.

15) Simulatore Haptico per la Chirurgia odontoiatrica impiantare. Massimiliano Li Vigni, Fabio Capani e Sergio Caputi. Med Chir 2006; 35: 1442-1446.

16) Dal paziente reale al simulatore-paziente. Come la tecnologia migliora la formazione medica e la sicurezza del paziente, Antonello Ganau. Med Chir 2015; 66: 2974-2977.

Progress test

La continua ricerca pedagogica che avviene da moltissimi anni all’interno della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia ha fatto emergere sempre di più la necessità di un metodo di valutazione interna e di confronto tra curricula.

Anche l’incremento della mobilità internazionale, necessita di un modello di valutazione di ampio respiro internazionale, quale quello del “progress testing”, utilizzato, attualmente, da tutte le Facoltà/Scuole di Medicina Italiane. Il “progress testing” rappresenta un metodo per valutare l’acquisizione e la ritenzione, tempo-dipendente, delle conoscenze riguardo agli scopi e obiettivi del curriculum formativo globale e non del singolo corso. In altre parole, un metodo per valutare la quantità di conoscenze accumulate dagli studenti, rispetto al dominio di conoscenze richieste del “prodotto finito delle Scuole di Medicina”, ossia il laureato ideale di un programma di formazione.

Poiché gli studenti di tutti gli anni di corso fanno lo stesso esame, i risultati di tutti gli anni permettono inoltre di seguire la crescita delle conoscenze di ciascuno studente nel corso di tutti gli anni della sua educazione medica, e allo stesso tempo di trarre delle conclusioni che riguardano il curriculum o parti del curriculum formativo.

I risultati sino a ora ottenuti, presentati al Simposio AMEE 2014, dimostrano come l’esperienza italiana sia assolutamente di esempio alla comunità internazionale.

Alfred Tenore, Stefania Basili

Articoli pubblicati

1) Il progress test come forma di monitoraggio dell’apprendimento personale e istituzionale. Paola Binetti. Med Chir 2004; 26: 989-994.

2) Il Progress Test come modello di sperimentazione. Paola Binetti. Med Chir 2005; 29: 1131-1134.

3) Introduzione del Progress test nelle Facoltà di Medicina italiane. Alfred Tenore e Paola Binetti. Med Chir 2006; 34: 1377-1378.

4) Il Progress Test, un ulteriore tentativo della “Conferenza” per migliorare la formazione del medico. Alfred Tenore, Luciano Vettore. Med Chir 2007; 36: 1481-1488.

5) Il Progress Test, strumento di valutazione dell’insegnamento/apprendimento nelle Facoltà di Medicina. Alfred Tenore. Med Chir 2008; 44: 1979-1890.

6) La possibile trasferibilità del Progress Test nei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie. Paolo Pillastrini, Lucia Bertozzi, Viviana Montevecchi, Maria Teresa Naldi. Med Chir 2008; 44: 1891-1894.

7) Progress test nelle Lauree Sanitarie. Metodologia e risultati nel Corso di Laurea in Ostetricia. Mario Rende, Anna Maria Stabile, Maria Cristina Bartoli, Milena Baschieri, Mariangela Bianco, Michela Bonacorsi, Pamela Campanile, Rosaria Cappadona, Nicola Colacurci, Anna Maria Di Paolo, Gian Carlo Di Renzo, Claudia Montagnoli, Rosa Oro, Alfredo Patella, Alessandra Pistilli, Nicola Rizzo, Marianna Salzano, Giovanna Sepe, Maria Vicario, Maria Vigliotti. Med Chir 2009; 47: 2046-2051.

8) Il Progress Test. Considerazioni e speranze per il futuro delle Facoltà di Medicina italiane. Alfred Tenore. Med Chir 2010; 49: 2123-2130.

9) Elaborazione dei dati relativi al nuovo Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi del Molise. I risultati del Progress Test. Laura Recchia, Bruno Moncharmont. Med Chir 2011; 51: 2237-2242.

10) Il Progress Test 2010. Alfred Tenore, Stefania Basili. Med Chir 2011; 52: 2283-2288.

11) Il Progress Test 2011. Alfred Tenore, Stefania Basili, Andrea Lenzi. Med Chir 2012; 56: 2487-2510.

12) Il Progress Test 2012. Alfred Tenore, Stefania Basili, Marco Proietti. Med Chir 2013; 60: 2699-2704.

13) Il Progress Test 2013. Alfred Tenore, Stefania Basili, Andrea Lenzi. Med Chir 2014; 64: 2893-2900.

Site visit

Il progetto On Site Visit della CPPCLMMC, insieme al Progress Test, rappresenta la testimonianza dell’impegno della Conferenza, e di tutti i corsi di laurea magistrale di medicina e chirurgia italiani, nella ricerca di sistemi di autovalutazione sempre più obiettivi e affidabili sulla qualità nella formazione della figura del medico. Attualmente si è appena concluso il I esercizio del II ciclo (2013-2014). Il precedente ciclo di On Site Visit, articolato in tre diversi esercizi, ha proposto e realizzato un metodo, sempre più affinato nel succedersi delle esperienze, per costruire un vero e proprio sistema di accreditamento basato sul rispetto di requisiti minimi realmente raggiungibili, proteso al continuo miglioramento dell’attività dei corsi tramite la progressiva eliminazione delle criticità e la condivisione delle eccellenze riscontrate e serenamente divulgate. Tale esperienza nel suo complesso ha permesso, in base alle simulazioni effettuate, di stilare i requisiti minimi per un possibile accreditamento e ha impegnato tutti i corsi di laurea a lavorare per il loro raggiungimento e mantenimento in modo “sostenibile”. Tali ambizioni sembrano confermate dai risultati dell’ultima esperienza da poco terminata.

Carlo Della Rocca

Articoli pubblicati

1) Nota introduttiva al progetto di site visit fra pari per la valutazione della qualità nei CLS. Andrea Lenzi, Pietro Gallo e Sabrina Luccarini. Med Chir 2004; 23: 886-888.

2) L’auto valutazione del Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia: Fase sperimentale del programma di site visits tra pari per la valutazione dei CLS in Medicina e Chirurgia. Andrea Lenzi, Pietro Gallo, Eugenio Gaudio, Sabrina Luccarini, Massimo Casacchia. Med Chir 2004; 24: 950-954.

3) Rapporto sui primi risultati delle site visit fra pari. Andrea Lenzi, Sabrina Luccarini. Med Chir 2004; 26: 984-988.

4) Dalla valutazione della qualità del sistema ai principi di accreditamento. Il modello di Medicina e Chirurgia: on site visit di valutazione fra pari. Andrea Lenzi, Sabrina Luccarini, Giovanni Danieli. Med Chir 2005; 28: 1063-1067.

5) On site visit di valutazione fra pari. Andrea Lenzi, Sabrina Luccarini, Giovanni Danieli e i Presidenti della Conferenza Permanente dei CLM in Medicina e Chirurgia. Med Chir 2005; 29: 1125-1127.

6) Il secondo programma di auto-valutazione dei CLM 2007-2008. Il progetto, il questionario e le prime riflessioni. Andrea Lenzi, Sabrina Luccarini, Roberto Dandi, Claudio Rossetti. Med Chir 2007; 40-41: 1732-1736.

7) Aggiornamento sul progetto 2007-2008 di autovalutazione dei CLM: al via le site visit. Sabrina Luccarini, Carlo Della Rocca, Andrea Lenzi. Med Chir 2008; 42: 1796-1797.

8) Il modello di valutazione fra pari. Lugi Biggeri, Andrea Lenzi. Med Chir 2009; 45: 1911-1912.

9) Esercizio on site visit 2004-2005. Risultati della prima esperienza. Andrea Lenzi, Sabrina Luccarini, Giovanni Danieli ed i Presidenti dei CLM in Medicna e Chirurgia 2005. Med Chir 2009; 45: 1913-1916.

10) Esercizio on site visit 2007-2008. Metodologia della ricerca, elaborazione ed analisi dei dati. Roberto Dandi, Claudio Rossetti, Sabrina Luccarini ed i Presidenti dei CLM in Medicina e Chirurgia 2008. Med Chir 2009; 45: 1917-1934.

11) Esercizio on site visit 2007-2008. Relazioni dei Coordinatori delle Commissioni visitatrici, Conclusioni generali. Andrea Lenzi. Med Chir 2009: 1935-1954.

12) Esperienze di didattica integrata a confronto. La lezione delle on site visit, Luciano Vettore, Pietro Gallo, Carlo Alberto Porro, Massimo Casacchia, Carlo Della Rocca, Fabrizio Consorti, Giuseppe Familiari, Michela Relucenti, Carlo Maganza, Rosa Valanzano, Maria Grazia De Marinis, Antonella Lotti, Anna Rita Vestri, Gianfranco Tarsitani, Giovanni Renga. Med Chir 2011; 53: 2370-2378.

13) Site visit. Esercizio on site visit 2010-2011. Risultati del terzo esercizio, primo ciclo. Carlo Della Rocca, Roberto Dandi, Andrea Lenzi. Med Chir 2012; 55: 2443-2458.

14) Site visit 2013-2014. Il primo esercizio del secondo ciclo, stato dell’arte. Carlo Della Rocca, Andrea Lenzi. Med Chir 2014; 64: 2888-2892.

Valutazione della didattica, Sistema qualità ed accreditamento

Negli anni 1999-2000 la Conferenza ha attivato, fra gli altri, un gruppo di lavoro sulla valutazione, coordinato prima da Gaddi e poi da chi scrive (M.C.), in un periodo in cui gli ordinamenti didattici erano appena abbozzati ed il core curriculum stava lentamente prendendo corpo (Casacchia 2000 a, b). L’impegno della Conferenza nei riguardi della valutazione del sistema formativo fu sancito nel manifesto degli intenti della Conferenza, che identificava, tra le altre, una macro area, definita “valutazione”, che al suo interno prevedeva 4 gruppi di studio legati da un filo evidente e coerente (Casacchia et al., 2003), quali:

  1. elaborazione di uno strumento di autovalutazione ispirato al modello di Campus One (M. Casacchia)
  2. valutazione dell’efficacia didattica e criteri di incentivazione (P. Gallo con E. De Antoni, G. Familiari, E. Gaudio, A. Lenzi, e M. Maroder)
  3. sperimentazione delle nuove modalità di conduzione dell’Esame di Stato (P. Binetti)
  4. Diploma Supplement (G.B. Azzena).

L’amplificazione dell’interesse e delle energie riservate dalla Conferenza alla macroarea valutazione era una risposta non casuale, ma consapevole, all’accelerazione progressiva e alla pressione dell’istituzione Ministeriale, della Commissione Nazionale Valutazione del Sistema Universitario e della CRUI.

Le strategie di valutazione venivano sollecitate quale mezzo per il miglioramento continuo di qualità per quanto attiene l’istituzione CRUI e, quale parametro di distribuzione di finanziamenti, per quanto attiene il MIUR ed il suo organo di consulenza: il Comitato Nazionale di Valutazione.

L’attenzione alla qualità del “prodotto” fornito dal sistema universitario e all’allocazione delle risorse hanno segnato una modificazione dei rapporti tra Università e Ministero, tra Università e Mondo del Lavoro, tra Università ed altre istituzioni interessate alla qualità della formazione. Tali modificazioni hanno permesso di cogliere l’esigenza crescente di una valutazione multidimensionale del sistema formativo, per prevenire eventuali interventi cosiddetti “punitivi” da parte degli Organi di Controllo e per garantire una preparazione idonea degli studenti.

Si era inteso che le attività delle singole università e del sistema nel suo complesso dovevano essere misurate attraverso indicatori specifici per ciascuna performance e per ciascuna area scientifica attraverso l’analisi, anche qualitativa, dei rapporti tra obiettivi, risorse e risultati effettivamente raggiunti. Le università dovevano prepararsi ad affrontare la valutazione esterna attraverso processi di auto-valutazione o di certificazione volontaria di eccellenza tra pari (Casacchia, 2005).

In questo panorama avevo contribuito a sviluppare il Manuale-Questionario di accreditamento tra pari (Casacchia & Morosini, 2004). Il questionario di auto-valutazione andava inteso quale fonte di idee, su cui gradualmente lavorare in gruppo o singolarmente per migliorare l’offerta formativa; quale sprone per il Consiglio di Corso di Laurea, per la Commissione Didattica e le varie sottocommissioni a rivedere o stilare brevi documenti scritti e procedure chiare per garantire uniformità di comportamenti; intendeva porsi come un utile strumento di stimolo, di riferimento per uno scambio di visite reciproche, in un’ottica di addestramento all’auto-valutazione, di diffusione delle iniziative migliori e di formazione reciproca (Casacchia & Morosini, 2004; Lenzi et al., 2004).

Anche a seguito di tale percorso è nata la sperimentazione delle site visit fra pari, promosse dal Prof. Lenzi, che di fatto ha permesso e permette di monitorare numerose variabili che caratterizzano un corso di laurea.

Ho avuto molta fortuna nella vita, tra cui quella di aver potuto frequentare con il massimo impegno la Conferenza Permanente dei Presidenti dei Corsi di Laurea Magistrali in Medicina e Chirurgia per circa 20 anni e aver potuto respirare aria pura, disinteressata, costruttiva, recepire idee, innovazioni orientate al miglioramento concreto della qualità della didattica e alla crescita culturale ed organizzativa di tale corso di studio. L’esperienza che ho maturato con la frequentazione della Conferenza mi è stata di grande aiuto per raggiungere la certificazione di qualità ISO 9001/ UNI EN ISO 9001:2008 per il Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia dell’Università dell’Aquila nell’ottobre 2013.

La lunga strada della qualità e dell’amore per la didattica mi ha visto camminare con numero rilevante di colleghi, sotto la guida illuminante dei Proff. Giovanni Danieli e Andrea Lenzi, che ringrazio per questo privilegio.

Massimo Casacchia

Articoli pubblicati

1) Il problema della valutazione didattica dei docenti universitari. Luciano Fiore Donati. 75012 Med Chir 1992; 7: 209-210.

2) Gli studenti giudicano la loro Facoltà. Camillo Rossi, Rosalia Genova, Cristina Bonetti, Emilio Sergio Curtoni. 75012 Med Chir 1992; 7: 219-221.

3) Valutazione qualitativa dell’efficienza didattica. Amos Casti. 75012 Med Chir 1994; 9: 335-338.

4) La valutazione vista da docenti e discenti. Massimo Casacchia, Gian Battista Azzena, Paola Binetti, Lorenzo Bonomo, Giuseppe Familiari, Roberto Filipo, Raffaele Geremia, Vincenzo Martinelli, Marcello Negri. Med Chir 2000; 14: 508-510.

5) Accreditamento e Certificazione. Antonio Gaddi, Renzo Celesti, Massimo Casacchia, Amos Casti, Gioacchino Mollica, Antonio Tomasi, Francesco Marotti. Med Chir 2000; 14: 483-486.

6) I percorsi di valutazione della formazione universitaria: si può fare meglio? Massimo Casacchia. 539-542.

7) Progetto MED2000, un approccio interdisciplinare all’accreditamento. Antonio Gaddi. Med Chir 2000; 15: 543-545.

8) La macroarea Valutazione del sistema formativo, una sfida per il futuro. Massimo Casacchia, Gian Battista Azzena, Paola Binetti, Marcella Cintorino, Enrico De Antoni, Giuseppe Familiari, Pietro Gallo, Eugenio Gaudio, Andrea Lenzi, Marella Maroder. Med Chir 2003; 22: 854-856.

9) Studio preliminare di comparazione tra questionario di valutazione studenti e questionario di valutazione docenti. Sabrina Luccarini, Pietro Gallo, Andrea Lenzi. Med Chir 2004; 24: 929-934.

10) L’auto valutazione del Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia: Manuale-Questionario di accreditamento tra pari. Massimo Casacchia e Pierluigi Morosini. Med Chir 2004; 24: 935-949.

11) Lenzi A, Gallo P, Gaudio E, Luccarini S, Casacchia M (2004). L’auto-valutazione del Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia. 2. Fase sperimentale del programma di site visits fra pari per la valutazione dei CLS in Medicina e Chirurgia. MEDICINA E CHIRURGIA, p. 950-954

12) Autovalutazione e accreditamento. Massimo Casacchia. Med Chir 2005; 29: 1122-1124.

13) Profitto accademico nella Facoltà di Medicina e Chirurgia. Giuseppe Boncori, Paola Binetti, Mario Rende, Chiara Maddaloni. Med Chir 2006; 34: 1367-1374.

14) Controllo di qualità nelle Facoltà di Medicina Una ricerca bibliometrica. Virgilio Ferruccio Ferrario. Med Chir 2007; 40-41: 1720-1725.

15) Controllo di qualità nelle Facoltà di Medicina. Valutazione dell’assistenza. Daniela Celin. Med Chir 2007; 40-41: 1726-1729.

16) Ranking e valutazione della didattica per le Facoltà di Medicina e Chirurgia. Francesco Russo. Med Chir 2007; 40-41: 1730-1731.

17) Verso il monitoraggio dell’efficienza universitaria. Fattori di rischio di abbandono e di insuccesso accademico nei Corsi di Laurea in Infermieristica. Alvisa Palese, Angelo Dante, Graziella Valoppi, Gabriella Sandri. Med Chir 2009; 46: 1988-1991.

18) La valutazione della didattica da parte degli studenti nella I Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma La Sapienza mediante tecniche di scaling multidimensionale, Antonella Polimeni, Anna Rita Vestri. Med Chir 2009; 46: 2002.

19) Valutazione della didattica. L’esperienza della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Brescia, Bruno Mario Cesana, Giuseppe Pea, Corrado Paganelli, Pietro Apostoli. Med Chir 2011; 53: 2333-2338.

20) Valutazione universitaria: chi giudica chi? Andrea Lenzi. Med Chir 2011; 53: 2324.

21) L’insuccesso accademico nei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie e il monitoraggio dell’efficienza formativa. Angelo Dante, Luisa Saiani. Med Chir 2013; 58: 2592-2595.

22) La via italiana all’autovalutazione della didattica e della ricerca. Massimo Castagnaro, Stefania Capogna. Med Chir 2014; 61: 2715-2719.

23) Criteri e parametri di valutazione della didattica ai fini della valutazione del docente. Francesco Curcio, Laura Recchia, Enrico Tonin, Laura Vizzotto, Tiziana Bellini, Massimo Casacchia, Maria Luisa Eboli, Manuela Merli e Anna Paola Mitterhofer. Med Chir 2014; 63: 2830-2841.

L’attività professionalizzante e il tutoraggio, le “competenze professionali”, la “professionalità”

L’espressione “attività formativa professionalizzante” (AFP) entra in maniera ufficiale nel lessico dei corsi di laurea in Medicina nel 2000, con i decreti attuativi del DM 509/99, che istituiscono le classi dei corsi di laurea. Per il corso di laurea in Medicina si stabilisce che dei 360 CFU, almeno 60 siano da acquisire in attività formative “volte alla maturazione di specifiche capacità professionali”.

Da allora le AFP, variamente denominate come “esercitazioni” o “tirocinio”, spesso condotte in maniera un po’ spontaneistica, sono state oggetto di una riflessione costante da parte della Conferenza, come testimonia l’elevato numero di contributi rintracciabili negli anni. Di particolare valore sono i report degli atelier svolti nel 2009 e nel 2014, che dimostrano come fosse già presente l’idea di un’integrazione verticale delle AFP lungo tutto il curriculum (2009), fino alle evoluzioni più recenti che focalizzano i problemi implementativi concreti, di integrazione Università-ospedale-territorio ed inter-professionale (2014).

Più recentemente la Conferenza ha anche focalizzato l’attenzione sui temi delle “competenze professionali” e sta oggi affrontanndo il dibattito sul tema, molto complesso, della “professionalità”.

Fabrizio Consorti

Articoli pubblicati

1) L’insegnamento tutoriale. Francesco S. Ambesi Impiombato, Franco Cuccurullo, Guido Filogamo, Pietro Li Voti. 75012 Med Chir 1990; 3: 107-110.

2) Figura e ruolo didattico del tutore. Arnaldo Capelli. 75012 Med Chir 1992; 7: 205-206.

3) La didattica pratica in medicina interna. Progetto sperimentale presso il corso di laurea in medicina. Luciano Vettore, Franco Benini, Maria Carla Capelli, Tania Savarin. 75012 Med Chir 1992; 7: 230-234.

4) Obiettivi specifici di didattica pratica in medicina interna e chirurgia generale. Luciano Vettore. 75012 Med Chir 1993; 8: 266-270.

5) Considerazioni sul tutore universitario. Saverio Cinti, Giovanni Danieli. 75012 Med Chir 1993; 8: 271-272.

6) L’apprendimento pratico nel triennio clinico. Importanza di una ricerca sulla didattica pratica in medicina. Sergio Curtoni, Amos Casti, Saverio Cinti. 75012 Med Chir 1995; 11: 393-394.

7) I risultati della ricerca nazionale sull’insegnamento pratico nel triennio clinico di medicina e chirurgia. Sergio Curtoni, Daniela Ansaloni. 75012 Med Chir 1995; 11: 395-412.

8) Come individuare le competenze essenziali per conseguire la laurea in medicina? Una proposta di metodo. Luciano Vettore e Cesare Scandellari. Med Chir 2000; 15: 518-525.

9) La funzione “tutore personale”: proposta di interventi pratici finalizzati al miglioramento della situazione attuale. Alberto Calatroni, Antonino Bono, Amedeo Columbano, Giuseppe Delitala, Enrico Vasquez. Med Chir 2002; 17: 609-613.

10) Linee guida per l’attività formativa proofessioonalizzante. Alfred Tenore, Marzia Kienle, Alessandro Lechi, Massimo Malcovati, Giuseppe Nardi, Francesco Pasquali, Claudio Rugarli, Gianluigi Sottocasa, Oreste Terranova. Med Chir 2002; 17: 620-625.

11) Didattica non formale ed attività professionalizzanti, dove finisce la prima ed iniziano le seconde? Massimo Malcovati. Med Chir 2002; 19: 712-713.

12) Obiettivi, strumenti e modelli tutoriali. Alberto Calatroni, Paola Binetti, Antonino Bono, Amedeo Columbano, Giuseppe Delitala, Enrico Vasquez. Med Chir 2002; 19: 714-719.

13) La didattica pratica. Maria Matarese. Med Chir 2003: 21: 816-822.

14) Didattica pratica, Attività Formativa Professionalizzante e Tirocinio valutativo, un percorso formativo integrato favorito dal nuovo Ordinamento. Alfred Tenore. Med Chir 2003; 22: 849-853.

15) Valutazione obiettiva e strutturata della competenza clinica (OSCE). Giovanni Danieli, Eduardo Landi e Luciano Vettore. Med Chir 2004; 23: 889-892.

16) La formazione alla competenza relazionale in Medicina. Riflessioni e proposte per la valutazione. Giorgio Giorgi, Carlo Maganza. Med Chir 2004; 25: 959-963.

17) Il laboratorio di formazione personale nei corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie. Donatella Valente. Med Chir 2004; 25: 964-966.

18) Il Core values, un modello pedagogico per la valutazione dei comportamenti professionali. Paolo Pillastrini, Lucia Bertozzi, Viviana Montevecchi. Med Chir 2005; 28: 1083-1086.

19) Tutorship e piccolo gruppo facilitano l’apprendimento dell’evidence-based medicine negli Studenti in Infermieristica in uno studio di coorte prospettico controllato. Giovanni Pomponio, Gilda Pelusi, Marina Frattini, Fabio Mascella, Giovanni Danieli. Med Chir 2006; 31: 1242-1246.

20) Il Corso di Comunicazione e relazione in Medicina del Polo San Paolo della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano. Loredana Odone, Sabrina Ferrari, Elena Vegni, Egidio Aldo Moja. Med Chir 2006; 33: 1328-1334.

21) Valutazione delle competenze sul tema “dolore”, un progetto da sviluppare a livello nazionale, di Francesco Orso, Giulio Masotti, Alessandro Mugelli. Med Chir 2006; 33: 1335-1336.

22) Attività didattiche professionalizzanti: una proposta applicativa. Luciano Vettore, Pietro Apostoli, Alfredo Carducci, Alfred Tenore e Enrico Vasquez. Med Chir 2006; 35: 1418-1422.

23) La valutazione delle attività professionalizzanti nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia: luci ed ombre. Massimo Casacchia. Med Chir 2006; 35: 1447-1453.

24) Quale formazione per la relazione d’aiuto? Eugenio Torre. Med Chir 2007; 36: 1477-1480.

25) La relazione d’aiuto in epilessia. Eugenio Torre. Med Chir 2007; 37-38: 1602-1607.

26) Dalle competenze-esito al piano di studi del CL in Infermieristica. Una proposta orientata ai learning outcomes, Alvisa Palese, Adriana Dalponte e il gruppo di lavoro Revisione del piano degli Studi dei Corsi di laurea in Infermieristica. Med Chir 2008; 42: 1794-1804.

27) La formazione professionale nel corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. Proposta didattica nell’area dell’emergenza. Maria Gioffrè Florio. Med Chir 2008; 42: 1805-1806.

28) La valutazione delle competenze professionali acquisite in tirocinio nel Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia. Luigi Cei, Giuseppe Bardo, Maurilio Bessone, Giuseppe Bertoli. Med Chir 2008; 42: 1807-1810.

29) Il rischio clinico nella formazione universitaria. Mario Amore, Rosetta Cardone, Angelo De Feo, Alessandro Ghirardini. Med Chir 2008; 42: 1778-1789.

30) Formazione e professione medica nella società della conoscenza. Pasquale Marano. Med Chir 2008; 42: 1768-1777.

31) Il tirocinio pratico e la valutazione delle competenze professionali acquisite nel Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia. Giovanni Mazzoni. Med Chir 2008; 44: 1895-1900.

32) Primo percorso nei luoghi di cura. Un tirocinio al I anno del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. Rosa Valanzano, Giovanni Guerra, Maria Claudia Valdini. Med Chir 2009; 46: 1979-1981.

33) Early patient contact nel curriculum di Medicina. Esperienze a confronto. Giuseppe Familiari, Giulio Nati, Vincenzo Ziparo, Maria Stella Padula, Gabriella Aggazzotti. Med Chir 2009; 46: 1982-1987.

34) Le attività didattiche professionalizzanti. Massimo Casacchia, Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Pietro Gallo, Carlo Maganza, Oliviero Riggio, Gianluca Vago, Rosa Valanzano, Italo Vantini, Luciano Vettore. Med Chir 2009; 47: 2058-2063.

35) Modelli di gestione dei laboratori professionalizzanti. Alvisa Palese, Luisa Saiani. Med Chir 2010; 48: 2097-2099.

36) La formazione dei tutori per le attività didattiche professionalizzanti. Luciano Vettore. Med Chir 2010; 48: 2091-2093.

37) Sulle attività didattiche professionalizzanti. Luciano Vettore, Pietro Gallo, Massimo Casacchia, Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Carlo Maganza, Carlo Adolfo Porro, Oliviero Riggio, Gianluca Vago, Rosa Valanzano, Italo Vantini. Med Chir 2010; 49: 2137-2142.

38) Formazione alla professionalità, una sfida antica e nuova per il CLM in Medicina. Fabrizio Consorti, Laura Potasso, Emanuele Toscano. Med Chir 2011; 52: 2307-2311.

39) Consensus Conference: Documento di indirizzo sulla valutazione dell’apprendimento delle competenze professionali acquisite in tirocinio dagli Studenti dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie. Luisa Saiani, Silvia Bielli, Anna Brugnolli. Med Chir 2011; 53: 2347-2354.

40) Motivazioni del ritardo nella Facoltà di Medicina. Una analisi qualitativa ed alcune riflessioni per un tutoraggio attivo. Manuela Merli, Gabriele Cavaggioni, Alfredo Colosimo, Carlo Della Rocca, Eliana Lai, Maurizio Marceca, Paolo Renzi, Francesco Romanelli. Med Chir 2012; 54: 2392-2395.

41) Verso una Laurea professionalizzante. 1° Acquisizione delle competenze professionali. Pietro Gallo, Giulia Casoli, Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Maria Renza Guelfi, Stefano Guicciardi, Eleonora Leopardi, Riccardo Lubrano, Marco Masoni, Egidio A. Moja, Marco Nicolazzi, Oliviero Riggio, Felice Sperandeo, Rosa Valanzano, Laura Vivalda. Med Chir 2014; 62: 2797-2804.

42) Il professionalism, teoria e attualità. Fabrizio Consorti. Med Chir 2014; 62: 2811-2813.

43) Formazione per competenze. Quadri di riferimento nazionali ed internazionali. Fabrizio Consorti. Med Chir 2014; 63: 2826-2829.

44) Atelier: Verso una Laurea professionalizzante. Certificazione delle competenze professionali. Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Pietro Gallo, Oliviero Riggio, Felice Sperandeo, Rosa Valanzano. Med Chir 2015; 65: 2931-2941.

La ricerca scientifica in Medicina

Il percorso formativo previsto nel nostro paese per gli studenti interessati alla ricerca medica appare particolarmente prolungato e al contempo poco specifico. Le conseguenze sono un ritardato ingresso nel mondo della ricerca e la dispersione di potenziali risorse, soprattutto nei settori più vicini alle scienze di base. La Conferenza ha individuato questa criticità e avviato una riflessione per sviluppare adeguate strategie di intervento, che si ispirano a quanto già sperimentato in altri paesi, ove sono stati ideati curricula universitari opzionali, definiti “MD-PhD programmes”, che mirano specificamente a formare figure di medico-scienziato.

Gli articoli riportati in questa sezione hanno affrontato la questione di diversi punti di vista, svolgendo anche una accurata analisi di esperienze-pilota svolte da alcuni CdL. I risultati di questa riflessione sono stati presentati in sede europea e hanno contribuito alla stesura del documento “Medical Research Education in Europe”, pubblicato nel 2013 dalla European Science Foundation.

Va anche sottolineato che la recente approvazione della norma che consente di sovrapporre al Dottorato di Ricerca l’ultimo anno delle Scuole di Specializzazione può essere considerata come una prima ricaduta legislativa degli sforzi della Conferenza.

Roberto Zucchi

Articoli pubblicati

1) Modelli e strategie per la formazione alla ricerca, Paola Di Giulio, Giovanna Artioli, Chiara Boggio, Valerio Dimonte, Paolo Motta, Alvisa Palese, Giovanni Pomponio, Luisa Saiani, Giovanni Renga. Med Chir 2003: 21: 823-826.

2) I dottorati di ricerca nelle Professioni sanitarie. Uno sguardo all’esperienza degli altri Paesi, Alvisa Palese, Marco Tomietto, Stefano Dalt, Luisa Saiani. Med Chir 2008; 44: 1864-1868.

3) La formazione alla ricerca in Medicina. Riccardo Zucchi, Sabrina Luccarini. Med Chir 2010; 49: 2118-2122.

4) Futuri Ricercatori in Medicina e Strutture amministrative a supporto della Ricerca. L’unione fa innovazione! Sabrina Luccarini, Catia Malatesta. Med Chir 2010; 50: 2179-2226.

5) Medical Research Education in Europe, by European Science Foundation (Published with the permission of European Science Foundation (Science Policy Briefing 46 “Medical Research Education in Europe”, September 2012, ISBN: 978-2-918428-79-4). Med Chir 2013; 57: 2539-2554.

6) La Terza Missione per l’Università Italiana. Una nuova occasione per crescere? Giuseppe Novelli, Maurizio Talamo. Med Chir 2014; 61: 2739-2746.

Corsi di inglese, corsi in inglese

L’inglese è da anni la lingua della scienza e da anni lo insegniamo nei nostri corsi, ma quando negli ultimi decenni è esplosa la mobilità studentesca internazionale, l’Italia è rimasta ai margini di questo flusso, in parte per la lingua. L’ultima riforma degli ordinamenti didattici ha aperto la possibilità di offrire corsi di studio in inglese e la scelta è sembrata naturale per alcuni corsi, mentre per Medicina la discussione è stata più accesa, per la lunghezza e complessità del percorso e della formazione professionale e infine per le procedure d’ammissione normate.

Quest’ultima è stato lo scoglio iniziale per le università statali, ci sono voluti due anni, con Pavia e Milano già attive, per avere il test in inglese. Ora le sedi sono 7 e a luglio ci sono stati i primi laureati. E’ il momento di tentare un primo bilancio e di dare una precisa connotazione a Medicine & Surgery, ma le scelte per essere vincenti devono essere condivise e nascere da un confronto nella nostra comunità.

Maurizia Valli

Articoli pubblicati

1) To be or not to be? Il corso di inglese medico alla ricerca di una propria identità tra missioni, obiettivi e realtà diverse. Pietro Gallo, Pauline Webber, Philippa Mungra, Houn Snelgrove, Holly ferriter, Antonio Gaddi, Giuliana Gardellini, Alberto Calatroni, Maria Concettina Tripoli, Giuseppe Familiari. Med Chir 2002; 17: 616-619.

2) L’insegnamento della lingua inglese nel Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia. Maria Grazia Albano e Pietro Gallo. Med Chir 2002; 19: 744-748.

3) L’insegnamento dell’Inglese Medico nel CLM in Medicina e Chirurgia. Gilda Caruso, Carmine Panella, Huon Snelgrove. 1790-1795.

4) Medical English. New prospectives in academic teaching. Anna Loiacono. Med Chir 2009; 47: 2030-2032.

5) L’insegnamento dell’Inglese Scientifico. Fattori che favoriscono o impediscono la motivazione a studiare la lingua nel contesto della laurea in Medicina e Chirurgia alla Sapienza. Kyriacos Andreas Kyriacou. Med Chir 2009; 47: 2033-2035.

6) Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia svolto in lingua inglese. Gilda Caruso, Domenico Scannicchio. Med Chir 2010; 48: 2089-2090.

Distribuzione CFU nei Corsi

I crediti didattici compaiono già nella G.U. n. 255 del 30.10.1996, successivamente vengono normati dal Decreto 509/1999 e infine dal DM 270/04. In queste occasioni, la Conferenza ha promosso delle indagini conoscitive sulla distribuzione dei CFU in tutti i Corsi di Laurea.

Il quadro della distribuzione dei CFU ai SSD nelle varie Sedi appare alquanto variegato e differenziato e rappresenta l’espressione delle migliori competenze e capacità presenti all’interno delle Facoltà di Medicina e Chirurgia.

Questa, che appare una grande risorsa, non deve però andare a scapito della preparazione generale del medico e quindi è necessario affiancare altri strumenti che permettano a tutti gli studenti iscritti nelle varie Sedi di acquisire lo stesso grado di competenza.

Pertanto, il core curriculum, i progress test e l’esame di stato sono alcuni dei momenti unificanti nel percorso formativo dello studente, che permettono di superare eventuali pericoli dovuti alla frammentarietà o disparità culturali dei diversi piani di studio.

Amos Casti

Articoli pubblicati

1) I crediti e il riconoscimento reciproco nei percorsi formativi. Aldo Pinchera. 75012 Med Chir 1993; 8: 273-274.

2) Per un sistema di crediti didattici. Cesare Scandellari. 75012 Med Chir 1994; 9: 311-314.

3) Ancora sui crediti didattici. Cesare Scandellari. 75012 Med Chir 1995; 10: 371-374.

4) Un osservatorio permanente sulla formazione. Amos Casti, Renzo Celesti, Antonio Gaddi, Gian Carlo mollica, Antonio Tomasi. Med Chir 2000; 14: 500-501.

5) L’Osservatorio permanente sulla formazione (OFP). Prime linee guida. Amos casti. Med Chir 2000; 15: 549-551.

6) Prima indagine conoscitiva sullo stato di attuazione del nuovo ordinamento didattico. AmosCasti. Med Chir 2001; 16: 587-590.

7) Indagine sull’applicazione del nuovo ordinamento didattico del Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia nei primi anni dall’avvio della riforma sull’autonomia didattica. Amos Casti Med Chir 2003; 20: 749-780.

8) Archivio e pagina web della Conferenza Permanente dei Presidenti dei CCLM in Medicina e Chirurgia. Amos Casti. Med Chir 2005; 27: 1027-1028.

9) Indagine conoscitiva sulla distribuzione dei crediti formativi universitari (CFU) tra i settori scientifico-disciplinari (SSD) nei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Amos Casti, Luca Cordero di Montezemolo, Carmine Panella, Riccardo Zucchi e Alessandro Mugelli. Med Chir 2007; 37-38: 1543-1590.

10) Distribuzione dei CFU nei diversi SSD. Confronto tra il DM 509/1999 e il DM 270/2004. Amos Casti. Med Chir 2011; 51: 2247-2254.

11) Distribuzione dei CFU negli SSD dei CLM in Medicina e Chirurgia. Luigi Demelia, Italo Angelillo, Amos Casti, Rossana Cavallo, Rossella Fulceri, Graziella Migliorati, Laura Recchia, Anna Spada, Rosa Valanzano. Med Chir 2013; 58: 2578-2579.

L’integrazione nel Territorio e la Medicina di famiglia

L’attenzione sempre crescente del mondo della sanità nei confronti dell’assistenza da erogare al di fuori delle strutture ospedaliere implica che la formazione professionalizzante del medico, tradizionalmente condotta essenzialmente in ospedale, debba prevedere esperienze da condurre direttamente nei nuovi setting di cura, quali l’ambulatorio del medico di famiglia, le strutture del territorio, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, i consultori, ed infine le case dove sempre più spesso i familiari debbono prendersi cura di conviventi bisognosi di assistenza.

Il tema è stato oggetto di numerosi contributi nell’ambito della Conferenza Permanente; a partire da esperienze condotte in alcune sedi accademiche a partire dai primi anni 90 sono state discusse proposte differenziate per la realizzazione di questi periodi di formazione, da singoli moduli di insegnamento ad un Corso Integrato articolato sugli ultimi quattro anni di corso come quello previsto nel CLM in Medicina e Chirurgia dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che oltre a docenti accademici coinvolge medici di famiglia in qualità di docenti e di tutor degli studenti, e i cui contenuti riguardano aspetti clinici ed epidemiologici, relazionali ed organizzativi relativi alle modalità con le quali offrire la migliore assistenza al paziente e se necessario la sua presa in carico da parte dei servizi sanitari territoriali.

Carlo Adolfo Porro, Gabriella Aggazzotti

Articoli pubblicati

1) Accademia e Territorio, prime riflessioni di un gruppo di studio. Giovanni Delrio. Med Chir 2000; 15: 526.

2) Medicina di comunità, obiettivi e contenuti. Angela Becchi, Aldo Tomasi, Giovanni Renga, Roberto Russo, Fabrizio Faggiano, Roberta Siliquini, Elisabetta Versino, Giorgio Visca. Med Chir 2001; 16: 584-586.

3) Medicina di Famiglia e del Territorio, una proposta di convenzione. Giovanni Delrio. Med Chir 2002; 17: 614-615.

4) Attività formativa professionalizzante in Medicina Generale. Fausto Grignani e Giovanni Delrio. Med Chir 2002; 19: 734-738.

5) Sanità Pubblica e Management. Risultati di un’inchiesta nelle facoltà mediche italiane. Giuseppe Nardi. Med Chir 2004; 24: 927-928.

6) L’insegnamento della Medicina Generale nella formazione universitaria del Medico-Chirurgo in Italia. Eugenio Gaudio. Med Chir 2004; 25: 936.

7) L’insegnamento della Medicina di Famiglia nel corso di laurea specialistica in medicina e chirurgia. Giuseppe Delitala, Paolo Tomasi, Giovanni Del Rio. Med Chir 2004; 25: 937-940.

8) Sanità Pubblica e Management nelle Facoltà mediche italiane. Giuseppe Nardi. Med Chir 2005; 29: 1117-1118.

9) L’insegnamento della Medicina Generale nella formazione universitaria del medico chirurgo in Italia. Eugenio Gaudio. Med Chir 2005; 29: 1114.

10) La Medicina di famiglia nel corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. L’esperienza di Bologna. Domenico Berardi, Marcello Salera. Med Chir 2007; 36: 1473-1476.

11) Indagine sull’insegnamento della Medicina del territorio e di famiglia nei CLM in Medicina e Chirurgia. Riflessioni e proposte. Giuseppe Delitala, Gabriella Aggazzotti, Emanuele Belgrano, Evangelista Sagnelli. Med Chir 2007; 40-41: 1676-1680.

12) Progetto “Insegnamento della Medicina Generale e delle Cure Primarie” nel CLM in Medicina e Chirurgia dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Maria Angela Becchi, Gabriella Aggazzotti. Med Chir 2008; 42: 1785-1789.

13) La formazione in Cure Primarie e la Medicina di Comunità. Un’opportunità per i futuri CLM riformati secondo il DM 270/2004. Paola Facchin. Med Chir 2008; 42: 1780-1784.

14) Indagine nazionale sull’insegnamento delle cure primarie nel Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. Italo Vantini, Alfredo Carducci, Carlo Della Rocca, Andrea Lenzi. Med Chir 2010; 48: 2079-2088.

15) La scuola post laurea di Sanità Pubblica Senese. Quindici anni di attività. Nicola Nante, Giuseppe Battista, Simonetta Sancasciani, Giancarlo Rolla, Roberto Di Pietra, Fulvio Moirano, Gian Maria Rossolini, Angelo Riccaboni. Med Chir 2013; 57: 2559-2563.

16) L’integrazione del territorio nel sistema delle cure. Ricadute sul processo formativo. Parte prima Pietro Gallo, Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Massimo Casacchia, Anna Paola Mitterhofer, Giulio Nati, Maria Stella Padula, Loris Pagano, Maria Luisa Sacchetti, Carlo Saitto, Gianluca Vago, Rosa Valanzano, Italo Vantini, Luciano Vettore. Med Chir 2013; 58: 2599-2605.

17) L’integrazione del territorio nel sistema delle cure. Parte 2a – Proposta di un curriculum “verticale”. Pietro Gallo, Maria Angela Becchi, Fabrizio Consorti, Carlo Della Rocca, Giuseppe Familiari, Pier Maria Furlan, Agostino Palmeri, Carla Palumbo, Rosa Valanzano. Med Chir 2013; 59: 2642-2649.

18) Ospedali di Ricerca e Ospedali di Insegnamento nell’educazione medica. È necessario un dibattito? Giuseppe Familiari, Eugenio Gaudio. Med Chir 2014; 61: 2723-2727.

19) Dalle idee ai fatti. Una proposta (realizzata) per l’introduzione di un percorso longitudinale di Medicina Generale nel curriculum di un Corso di Laurea in Medicina. Pietro Gallo, Loris Pagano, Maurizio Marceca, Giuseppe La Torre. Med Chir 2014; 63: 2842-2844.

Scienze Umane e Medicina

Non è stato facile ripensare la formazione dei medici del terzo millennio senza restare sedotti dallo sviluppo scientifico e tecnologico che continuamente offre nuove soluzioni e nuove opportunità per i pazienti, mentre impone ai medici nuove responsabilità nello sviluppo e nella acquisizione di nuove competenze. Ma presto è emersa la difficoltà di tradurre i nuovi saperi in una relazione di cura sempre più efficace e significativa, sia per il medico che per il paziente. Anzi spesso si è creato l’equivoco, che il sapere disponibile nella comunità scientifica e il livello di soddisfazione del paziente fossero inversamente proporzionali.

Con le Scienze umane non si tratta di imporre agli studenti una particolare dimensione valoriale, ma di farli uscire da quel relativismo anonimo con cui oggi evitano di interrogarsi sul senso della vita e della morte, del dolore e della disabilità; sulla differenza che c’è tra abbandono e accanimento terapeutico; tra responsabilità personale e responsabilità condivisa. Quando in un futuro ormai alle porte, con budget sempre più limitati, dovranno decidere a chi permettere di accedere ad un trattamento particolarmente caro, ma risolutivo, come accade attualmente per l’epatite C, e dovranno dolorosamente decidere tra una persona e l’altra, non saranno solo le competenze tecnico scientifiche a venir loro in aiuto, ma dovranno far riferimento alla loro umanità, alla loro stessa coscienza. Ecco l’obiettivo vero delle Scienze umane: ottenere che il medico agisca sempre in scienza e coscienza, senza concentrarsi solo sulla prima dimenticando la seconda.

Paola Binetti

Articoli pubblicati

1) Istanze per uno sviluppo delle scienze umane. Gian Mario Mariuzzi. Med Chir 2000; 14: 476-478.

2) L’apertura alle scienze umane nel nuovo curriculum. Paolo Benciolini. Med Chir 2000; 15: 527-530.

3) Educazione medica e Scienze umane. Oreste Terranova, Giovanni Federspil, Paola Binetti. Med Chir 2001; 16: 576-579.

4) Medicina e scienze umane, una riflessione. Giovanni Federspil e Oreste Terranova. Med Chir 2002; 19: 723-726.

5) Si possono apprendere e insegnare le Medical Humanities? Luciano Vettore. Med Chir 2005; 27: 1016-1021.

6) Le Scienze Umane, come nuova frontiera della formazione in medicina. Paola Binetti, Oreste Terranova. Med Chir 2005; 29: 1109-1113.

7) Medicina narrativa. Luciano Vettore e Franca Parizzi. Med Chir 2006; 34: 1348-1356.

8) Miniatelier pedagogico sulla Medicina narrativa. Pietro Gallo, Lorenza Garrino, Franca Parizzi, Maria Grazia Strepparava e Luciano Vettore. Med Chir 2007; 37-38: 1595-1601.

9) A proposito di La vita è uguale per tutti. Paola Binetti. Med Chir 2009; 46: 1973-1975.

10) In tema di spiritualità della Medicina. Brevi riflessioni ed una proposta. Giuseppe Familiari, Giuseppe Midiri, Luciano De Biase, Paolo Marchetti, Pietro Gallo. Med Chir 2010; 48: 2094-2096.

11) Arti figurative e formazione in Medicina. Potenzialità e prospettive. Giuseppe Familiari, Vincenzo Ziparo, Rosemarie Heyn, Michela Relucenti, Luciano De Biase, Pietro Gallo, Luigi Frati. Med Chir 2010; 49: 2143-2150.

12) Le Scienze Umane in Medicina. Medical Education & Medical Humanities. Prima parte. Paola Binetti. Med Chir 2011; 52: 2312-2315.

13) Il Corso sperimentale di Etica Clinica alla Facoltà di Medicina della Sapienza, Università di Roma. Gianfranco Tonnarini, Valentina Gazzaniga. Med Chir 2011; 53: 2363-2365.

14) Medical Education & Medical Humanities, 2a parte. Paola Binetti. Med Chir 2011; 53: 2366-2369.

15) ll contributo delle Scienze Umane nella formazione delle Professioni Sanitarie della riabilitazione, Adriano Ferrari, Vittoria Mamoli. Med Chir 2011; 53: 2343-2346.

16) Malato per un giorno. Rosa Valanzano, Giovanni Guerra. Med Chir 2012; 54: 2396-2398.

17) La “cura” in una prospettiva antropologica. Mariella Pandolfi. Med Chir 2013; 57: 2528-2531.

18) Medicina narrativa e counselling. Strumenti di educazione alla medicina partecipativa per il miglioramento della relazione tra medico e paziente. Luciano Vettore. Med Chir 2014; 64: 2874-2880.

L’etica del docente e dell’Insegnamento

Quest’area tematica è relativamente recente, ed è strettamente correlata all’area dedicata all’insegnamento delle scienze umane in medicina. E’ un tema importante in ambito internazionale, percepito come problema su cui deve essere posta grande attenzione, perché basilare per una funzione docente efficace ed efficiente.

La Funzione docente deve rappresentare il punto di partenza di un processo di formazione, per i nostri studenti, che non si esaurisca negli anni di corso, ma che sia la base metodologica, etica e riflessiva che duri tutta la vita; per una vita professionale corretta.

L’insegnante infatti educa (saperi, cultura, norme), valuta (l’apprendimento e la formazione), orienta, guida e sostiene l’allievo, modellando su di lui tutto il suo operato; il docente opera all’interno di una micro-comunità (il Corso integrato, il Corso di Laurea, la Facoltà/Scuola, l’Università) e partecipa attivamente ai suoi processi, ai suoi problemi, alle sue pratiche; progetta, svolge un ruolo di programmatore, di costruttore di itinerari teorici e pratici, didattici e formativi. E’ quindi necessario che il docente si ponga il compito di fissare la propria etica, di esplicitarla, di articolarla a sua volta e di pubblicizzarla in modo adeguato.

L’etica del docente si colloca nel punto di unione e di tensione di tre forme etiche: l’etica dell’impegno, l’etica della responsabilità e l’etica della comunicazione; anche se la dialettica tra le forme etiche deve trovare il giusto baricentro sulla responsabilità per poter essere organicamente costruttiva.

Giuseppe Familiari

Articoli pubblicati

1) La Carta di Firenze. Gian Franco Gensini, Alessandro Mugelli. Med Chir 2005; 28: 1092-1094.

2) La comunicazione e la relazione con il malato: quale formazione nelle Facoltà mediche italiane? Presentazione del Progetto Gargnano. Gruppo Gargnano. Med Chir 2007; 40-41: 1670-1675.

3) Indagine sulla conoscenza e sull’insegnamento dei “valori della professione medica” nel CLM in Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova. Domenico Montemurro, Michele Negrello, Edgardo Picardi, Caterina Chiminazzo, Dania El Mazloum, Tommaso Cirillo, Anna Chiara Frigo, Paola Arslan, Maurizio Benato, Giorgio Palù, Raffaele De Caro. Med Chir 2011; 52: 2289-2291.

4) Etica della docenza: Per un insegnamento eticamente fondato nei CLM in Medicina e Chirurgia. Giuseppe Familiari, Fabrizio Consorti, Rosa Valanzano, Luciano Vettore, Massimo Casacchia, Gilda Caruso, Carlo Della Rocca, Pietro Gallo. Med Chir 2012; 54: 2383-2391.

5) Sportello counselling, accoglienza studenti “fatti vivo!”. Un’opportunità per gli studenti della Sapienza. Gabriele Cavaggioni, Claudia Lia, Eliana Lai. Med Chir 2012; 54: 2407-2411.

6) Proposta di Codice di comportamento del Docente tutor e dello Studente. Giuseppe Familiari, Pietro Gallo, Vincenzo Ziparo, Andrea Lenzi ed Eugenio Gaudio. Med Chir 2012; 55: 2468-2470.

7) Indagine sulla conoscenza e sull’insegnamento dei Valori della professione medica nel CLM in Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova. Domenico Montemurro, Michele Negrello, Edgardo Picardi, Caterina Chiminazzo, Dania El Mazloum, Tommaso Cirillo, Anna Chiara Frigo, Paola Arslan, Veronica Macchi, Andrea Porzionato, Maurizio Benato, Giorgio Palù, Raffaele De Caro. Med Chir 2012; 55: 2439-2442.

8) La salute globale. Stefano Semplici. Med Chir 2012; 55: 2430-2435

9) Il Corso di Comunicazione e Relazione in Medicina. Punti fermi, cambiamenti e sfide aperte a dieci anni dalla sua introduzione. Daniela Leone, Elena Vegni, Egidio A. Moja. Med Chir 2012; 56: 2511-2514.

10) “Progetto accoglienza”. Partecipazione e valutazione del livello di gradimento degli studenti coinvolti. Pietro Apostoli, Antonio Imbasciati, Alberto Ghilardi, Roberto Bresciani, Anna Maria della Vedova, Chiara Buizza, Carlo Cristini. Med Chir 2013; 57:2532-2535.

11) Il dialogo e la comunicazione tra paziente, medico e professionisti dell’area sanitaria. Adelfio Elio Cardinale. Med Chir 2013; 57: 2524-2527.

12) Studio individuale e studio guidato. Concetti, bisogni e approcci. Alvisa Palese, Lucia Cadorin. Med Chir 2013; 58: 2596-2598.

13) Il Servizio di Ascolto e Consultazione per Studenti. L’esperienza del S.A.C.S. dell’Università degli studi dell’Aquila. Ida De Lauretis, Natascia Giordani Paesani, Chiara Di Venanzio, Rocco Pollice, Rita Roncone, Massimo Casacchia. Med Chir 2013; 58: 2582-2585.

14) Quale formazione per i laureati in Medicina? Scienziati applicati al malato o Medici che si prendono cura della persona? Giuseppe Realdi. Med Chir 2014; 61: 2720-2722.

15) Il Medico del 3° Millennio. Proposta di una “Carta dei valori e delle competenze degli studenti”, in un curriculum formativo rinnovato, in Italia. Giuseppe Familiari, Massimo Volpe. Med Chir 2015; 65: 2925-2930.

16) Tentazioni, codici, esempi. L’etica del docente nell’Università della docenza umiliata. Stefano Semplici. Med Chir 2015; 66: 2969-2973.

17) Responsabilità sociale, salute e formazione in medicina. La proposta della RIISG e un’esperienza con i richiedenti protezione internazionale e rifugiati presso la Sapienza Università di Roma. Giulia Civitelli, Giuseppe Familiari, Alessandro Rinaldi, Maurizio Marceca, Gianfranco Tarsitani e la RIISG. Med Chir 2015; 66: 2978-2984.

Le scuole Mediche: un’introduzione

Tra gli insegnamenti che Giovanni Federspil – indimenticato Clinico Medico all’Università di Padova, e valente studioso si metodologia medica, prematuramente scomparso nel 2010 – rivolgeva ai suoi allievi ed estendeva ai suoi collaboratori, c’è una considerazione riguardante le storiografia scientifica in genere e la storia della medicina in particolare che, a distanza di qualche anno dalla Sua scomparsa, ha dato origine ad un’originale ricerca sul significato e il ruolo delle Scuole Cliniche Italiane, ricerca che Lui non riuscì a portare a termine venendo pertanto portati alla stampa a cura di alcuni suoi Colleghi (tra cui chi scrive) [GiovannFedersppil – Le Scuole Cliniche Italiane. A cura di Giuseppe Realdi, Cesare Scndellari, Nicola Sicolo Roberto Vettor. Padova University Press, 2011. Ristampa ampliata nel 2014]

La considerazione è la seguente: La Storia della scienza, e in particolare la Storia della Medicina- è stata in massima parte scritta sulla base delle figure dei maggiori ricercatori scientifici e delle loro scoperte. Questo modo di concepire e di scrivere la Storia della Medicina è strettamente connesso ad un particolare modo di intendere l’evoluzione della l’attività dello scienziato secondo il quale, il progresso della scienza sarebbe sostanzialmente opera di menti creative o di ricercatori dotati di speciali caratteristiche, quali capacità di lavoro, abilità sperimentali, fortuna, spirito sistematico, ecc. Sotto questa concezione, i risultati osservativi o sperimentali che appaiono particolarmente importanti e innovatori, ricevono il nome di ‘scoperte’ e trovano spazio nei manuali di storia come acquisizioni definitive della conoscenza medica. Siffatte ‘scoperte’ – presentate come costituenti l’ossatura fondamentale del sapere scientifico – vengono per lo più attribuite a singoli Autori di particolare lustro mentre agli scienziati ‘minori’ viene attribuito il solo merito di aver eventualmente aggiunto qualche particolare mancante, necessario a completare il quadro generale.

Come si è detto, anche la storia della medicina non fa eccezione a questa descrizione storiografica essendo stata generalmente descritta soprattutto come una storia di grandi ingegni, operanti in solitudine in un contesto isolato, in grado di giungere ad importanti conquiste per proprio esclusivo merito. Le conquiste di Vesalio, D’Acquapendente, Harvey, Morgagni, Mendel, Bernard, Pasteur, Koch, Ehrlich rappresentano – nella tradizionale storiografia – altrettanti esempi di questa visione del progresso medico, tendente a dedicare invece poca attenzione alle relazioni che si vengono a creare fra gruppi di ricercatori che lavorano all’interno di un medesimo orizzonte teorico e ai risultati che questo lavoro comune produce o ha prodotto.

In realtà,continuoava Federspil, basta uno sguardo anche molto superficiale alla riflessione critica contemporanea sulla scienza e sulla storia della scienza negli ultimi quattro secoli, per convincersi facilmente che le cose non vanno affatto come ritiene la concezione standard, appena ricordata.

Ogni impresa umana – anche se attribuita ad un solo Autore, – è opera di collaboratori che a vario titolo hanno contribuito al successo dell’impresa stessa. La scoperta dell’America – per fare un esempio del tutto banale – è attribuita al solo Cristoforo Colombo anche se l’impresa non sarebbe stata possibile senza il lavoro di tutti i componenti dell’equipaggio, dai primi ufficiali ai più umili marinai o – per fare un esempio più vicino alla attività medicina – non è pensabile che la complessità delle tecniche di laboratorio impiegate da Claude Bernard per lo studio della sua Medicina Sperimentale potessero essere programmate e portate termine senza il contributo di colleghi e/ o collaboratori, che tuttavia non compaiono nelle relaioni storiografiche.

Ma non è solo una questione di priorità versonei confronti di una o l’altra scoperta. Ogni semplificazione comporta perdita di dettagli e, nei casi consederati la perdita di informazioni e di dettagli facilmente consistono in perdita di idee, di concetti e di pensieri.

In realtà, l’avanzamento della medicina non è soltanto il frutto dell’opera di isolati studiosi quanto piuttosto il risultato di relazioni intellettuali all’interno di gruppi di ricerca e di lavoro, ciò che chiamiamo ‘scuole cliniche’. Pertanto, l’analisi approfondita di queste realtà non rappresenta solo uno studio limitato alle vicende del passato potendo mettere in luce aspetti della storia della ricerca biomedica finora trascurati o sfuggiti e fare emergere molto elementi finora trascurati ma di grande rilievo storico.

Come tutte le realtà umane, le Scuole mediche si sono evolute nei secoli, determinando talora anche rivalità e contrapposizioni finendo anche per influenzare i principi stessi dell’agire medico.

Quello che inizialmente era stato un fenomeno puramente culturale e scientifico, ha finito per essere pesantemente – per non dire completamente trasformato – anche da fattori sociali. Il progressi stessi della medicina e della clinica avanza su numerosissimi fronti, in continua evoluzione e rapida trasformazione, strettamente interconnessi. L’eterogeneità degli interessi e dei progetti, ha finito per rendere non solo anacronistico ma addirittura impensabile l’esistenza di un unico indirizzo di pensieroo un’unico maestro. La quantità dei riultati è divenuto un aspetto tassativo nella ricrca, compresa quello medica e quella clinica. Ricerca con il risultato che i numeri prevalgono sui pensieri, le tecniche si impongono sui ragionamenti metodologici. i protocolli e le linee guida sostituiscono l’esperienza del Maestro

Rappresentano, le attuali Scuole Mediche solo i resti di una battaglia persa? E’ augurabile di no. La speranza è infatti quella che un riflessione sul concetto originale di scuola e sulle vicende che ne hanno accompagnato – se non determinato – il suo scadimento – possa ridare forza e significato e al concetto di scuola di pensiero e aiutare a recupera valori attualmente considerati obsoleti ed inutili al miglioramento della Medicina.

Questa speranza non può che passare per una riqualificazione della figura del Caposcuola ch per primo deve essere convinto che la scuola deve essere strumento i cultura e solo secondariamente di potere accademico, considerando gli altri componenti – in particolare gli allievi – non tanto come persone sempre in semplice ascolto, poiché – citando Claudio Rugarli- un Maestro non è chi solo insegna qualcosa agli altri, ma è anche capace di influenzarli in grado e si propone che li influenza lasciando in loro un’impronta perman ente per quanto riguarda il comportamento e lo stile del pensiero.

Cesare Scandellari

Articoli pubblicati

1) La Scuola bolognese di Domenico Campanacci. Giovanni Danieli. Med Chir 2012; 56: 2522.

2) La Scuola biochimica bolognese di Giovanni Moruzzi. Amos Casti. Med Chir 2013; 58: 2617-2618.

3) La Scuola internistico-metodologica padovana di Mario Austoni. Cesare Scandellari. Med Chir 2013; 59: 2659-2661.

4) La scuola internistica padovana di medicina clinica e sperimentale di Gino Patrassi. Giuseppe Realdi, Achille Cesare Pessina. Med Chir 2013; 60: 2710-2711.

5) La Scuola internistica di Alessandro Beretta Anguissola. Alessandro Rappelli ed Ettore Bartoli. Med Chir 2014; 61: 2760-2762.

6) Cataldo Cassano, il Personaggio, la Scuola e l’Università. Domenico Andreani. Med Chir 2014; 62: 2819-2822.

7) La Scuola di Lorenzo Bonomo. Franco Dammacco. Med Chir 2014; 63: 2864-2865.

8) La Scuola di Melli Zanussi. Claudio Rugarli. Med Chir 2014; 64: 2907-2912.

9) Luigi Migone, un Maestro da ricordare. Almerico Novarini con la collaborazione di Alberico Borghetti, Giorgio Cocconi, Pier Paolo Dall’Aglio, Mario Savi. Med Chir 2015; 65: 2955-2958.

10) La Scuola (Ferrata, Introzzi) Larizza. Fabrizio Grignani. Med Chir 2015; 66: 2994-2997.

I libri che hanno fatto la storia della Medicina

Nell’era della medicina genomica, quando in pratica nessun medico o ricercatore legge più un libro, ma aggiorna quotidianamente le proprie conoscenze e competenze rincorrendo freneticamente articoli o capitoli accessibili online mesi prima della pubblicazione cartacea, che senso può avere conoscere o a leggere i classici della storia della medicina?

E’ facile rispondere. Anche se le sfide per il pensiero medico sono cambiate nel tempo, le caratteristiche del ragionamento e delle risposte emotive umane sono rimaste le stesse, per cui le diverse applicazioni, in tempi e ambiti differenti, dell’intelligenza e dell’etica dei medici del passato alla soluzione di problemi intellettuali, morali o sociosanitari contengono ancora insegnamenti formidabili. Trasmettono, a secoli di distanza, argomenti, metodi, regole di comportamento, sensibilità verso i pazienti e i colleghi, etc. che sono o invarianti o acquisizioni stabili per la medicina scientifica e per l’etica medica.

I medici non accrescono soltanto la loro erudizione leggendo o riflettendo sui libri che hanno fatto la storia della medicina, ma rafforzano anche l’intelligenza e la qualità morale della loro pratica.

Gilberto Corbellini

Articoli pubblicati

1) Il giuramento di Ippocrate. Vivian Nutton, Med Chir 2013; 58: 2609-2615.

2) Anatomia, libri e auctoritas: Galeno di Pergamo. Valentina Gazzaniga. Med Chir 2013; 59: 2652-2658.

3) De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio. Stefania Fortuna. Med Chir 2013; 60: 2705-2709.

4) Il libro per chi fa a meno dei (degli altri) libri, di Abū’l-Qāsim Khalaf ibn ‘Abbās al-Zahrāwī. Paola Carusi. Med Chir 2014; 61: 2753-2759.

5) Il De motu cordis di William Harvery: scienza, medicina, politica. Maria Conforti. Med Chir 2014; 62: 2814-2818.

6) L’Opera omnia di Marcello Malpighi (1628-1694). Stefano Arieti. Med Chir 2014; 63: 2859-2863.

7) Le Tabulae anatomicae di Bartolomeo Eustachio. Stefania Fortuna Med Chir 2014; 64: 2913-2917.

8) Il Canone di Medicina di Avicenna. Paola Carusi. Med Chir 2015; 65: 2946-2954.

9) Questa mia senile fatica. Giovan Battista Morgagni e il De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis. Valentina Gazzaniga. Med Chir 2015; 66: 2998-3003.

10) Patologia di Rudolph Wirchow. Anne Droscher. Med Chir 2015, 67 in corso di stampa

11) Introduzione alla medicina sperimentale di Claude Bernard. Fiorenzo Conti. Med Chir 2015; 67 in corso di stampa.

Le problematiche giuridiche – Irnerio Lumen Juris

La conoscenza degli aspetti legislativi della professione medica costituisce un punto essenziale per il corretto raggiungimento della stessa competenza professionale. In questo ambito, nella rivista sono stati trattati numerosi argomenti, tra cui spiccano quelli sulla responsabilità del medico, e la serie di articoli sul consenso informato, o meglio del consenso “condiviso”.

Possiamo leggere, in uno degli articoli pubblicati su questo tema (Callipari N. Med Chir 2012; 54: 2417-2419): “la relazione tra medico e paziente si inserisce in un contesto culturale del tutto diverso rispetto a qualche decennio fa. Nella moderna società il cittadino conosce, infatti, gli enormi successi e progressi della medicina, che ha raggiunto un grande livello scientifico-tecnico. La medicina contemporanea, infatti, rende possibili e plausibili molteplici iniziative diagnostiche e cure terapeutiche di diversa invasività e rischiosità che esigono la ponderazione di una molteplicità di elementi valutativi che non sempre sono di esclusiva competenza medica, ma che implicano necessariamente il coinvolgimento del paziente. Sicuramente per ottenere un consenso consapevole e partecipato, è necessario che esso sia preceduto da un attento ascolto da parte del medico e da un effettivo dialogo con il paziente. Il consenso deve essere, dunque, non solo informato ma anche condiviso.

Oggi il paziente ha bisogno di condivisione più che si semplice informazione, nel senso che egli sente sempre più l’esigenza che la decisione sulla cura sia adottata insieme al medico, attraverso un rapporto dialogico. Consenso informato-condiviso significa, dunque, che il paziente esprime la propria volontà di sottoporsi o meno ad una determinata terapia soltanto a seguito di un dialogo con il medico che lo abbia informato sulla diagnosi, sulle conseguenze, sui rischi e sulle scelte terapeutiche alternative”. Parole che tutti i nostri colleghi e i nostri studenti dovrebbero ben conoscere.

Giuseppe Familiari

Articoli pubblicati

1) La riforma didattica. Maria Paola Landini, Paolo De Angelis. Med Chir 2003; 22: 879-885.

2) Nuovi strumenti di integrazione didattica nell’Unione Europea del sapere. Maria Paola Landini e Paolo De Angelis. Med Chir 2004; 24: 924-926.

3) Anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università. Maria Paola Landini e Paolo De Angelis. Med Chir 2004; 25: 941-942.

4) Gli Organi principali del Sistema Universitario Italiano. Maria Paola Landini e Paolo De Angelis. Med Chir 2004; 26: 1009-1012.

5) L’accesso agli atti prima della legge 15/05. Maria Paola Landini e Paolo De Angelis. Med Chir 2005; 27: 1042-1045.

6) Il responsabile del procedimento. Maria Paola Landini e Paolo De Angelis. Med Chir 2005; 28: 1087-1091.

7) L’accesso ai documenti amministrativi dopo le leggi numeri 15 e 80 del 2005 Maria Paola Landini, Paolo De Angelis. Med Chir 2006; 32: 1294-1310.

8) Le autorità amministrative indipendenti (Authority) nell’Ordinamento giuridico italiano. Maria Paola Landini, Paolo De Angelis. Med Chir 2006; 34: 1385-1388.

9) La responsabilità medica. Maria Paola Landini, Paolo De Angelis. Med Chir 2007; 36: 1521-1527.

10) Associazioni e Fondazioni: dal Codice Civile alla legislazione speciale. Paolo De Angelis, Sergio Stefoni. Med Chir 2008; 42: 1811-1814.

11) La responsabilità medica. Analisi della più recente giurisprudenza, Sergio Stefoni, Paolo De Angelis. Med Chir 2009; 47: 2064-2067.

12) Il consenso informato quale parte integrante della prestazione sanitaria. Natale Callipari. Med Chir 2010; 48: 2107-2110.

13) La responsabilità medica. Responsabilità del medico, responsabilità per omesso consenso informato e responsabilità della struttura sanitaria. Natale Callipari. Med Chir 2010; 49: 2173-2174.

14) Il consenso informato. Fonti normative e contenuto dell’informazione. Natale Callipari. Med Chir 2011; 51: 2255-2257.

15) La forma del Consenso Informato. Natale Callipari. Med Chir 2011; 53: 2360-2362.

16) Dal concetto di consenso informato a quello di consenso condiviso. Nicola Callipari. Med Chir 2012; 54: 2417-2419.

17) Il consenso informato e i soggetti fragili. Natale Callipari Med Chir 2012; 56: 2485-2486.

18) Le linee guida e i loro effetti sulla colpa penale medica. Natale Callipari. Med Chir 2013; 59: 2650-2651.

Medicine alternative e complementari

Le cosiddette “Medicine Alternative e Complementari” (CAM) rappresentano un folto, ma disomogeneo e non ben definito insieme di pratiche mediche e paramediche e di tecniche ed approcci alla salute ed alla malattia non integrate nel “corpus” delle conoscenze della medicina scientifica odierna.

La Conferenza permanente ha affrontato questa problematica senza pregiudizio, attraverso ampie ricerche ed analisi delle fonti. La Conferenza ha preso atto che le CAM sono pratiche diffuse e di ampia popolarità, che vengono praticate anche da laureati in medicina, e che esiste una ricerca, sviluppata in anni più recenti, promossa da istituzioni ed agenzie pubbliche.

La Conferenza ha sempre affermato il dovere e la responsabilità dei Corsi di Medicina e Chirurgia nel formare un medico con competenze capaci di rispondere ai bisogni di una società moderna attraverso un percorso educativo coerente con l’ordinamento della Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Questo si identifica in un articolato progetto formativo di caratura internazionale, finalizzato all’acquisizione di criteri scientifici e metodologici nell’ambito di una logica interdisciplinare e che fa riferimento alle relazioni tra metodo scientifico e clinica, alla Medicina Basata sulle Evidenze come strumento formativo, alle prove di efficacia dei trattamenti. La Conferenza ha anche sottolineato come l’approccio basato sulle evidenze non sia meccanicistico né riduzionistico e che, applicato correttamente, consideri l’individualità del paziente, la sua complessità ed il valore professionale dell’esperienza come componenti qualificanti.

La Conferenza ha pertanto ritenuto che le CAM siano in genere incoerenti con questi principi e che l’acquisizione di specifiche competenze in questo settore non rappresenti obiettivo didattico per lo studente del CLM.

Peraltro, la diffusione delle CAM impone che il laureato sia in grado di fornire informazioni sulle più comuni CAM al paziente, aiutandolo ad esercitare in modo consapevole il proprio diritto ad una libera scelta e, nello specifico contesto clinico, di delinearne limiti ed eventuali rischi.

Italo Vantini

Articoli pubblicati

1) Riflessioni sulle medicine alternative e complementari ed il Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia Alessandro Lechi e Italo Vantini. Med Chir 2004; 24: 919-923.

2) Riflessioni sulle medicine alternative e complementari ed il corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia. Alessandro Lechi, Italo Vantini. Med Chir 2005; 29: 1115-1116.

3) L’insegnamento delle Medicine non Convenzionali nell’Università: l’esperienza di Firenze. Alfredo Vannacci, Pierangelo Geppetti, Gian Franco Gensini e Alessandro Mugelli. Med Chir 2007; 37-38: 1591-1594.

4) L’insegnamento delle Medicine Alternative e Complementari (CAM) nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Posizione della Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM. Italo Vantini, Calogero Caruso, Antonio Craxì. Med Chir 2011; 53: 2331-2332.

5) Insegnare nelle Università la Fitoterapia e l’Agopuntura? Calogero Caruso, Claudio Rizzo, Italo Vantini. Med Chir 2013; 60: 2668-2678.

6) Perchè la pseudoscienza trova ascolto. Gilberto Corbellini. Medicina e Chirurgia 65: 2922-2924, 2015.

Aspetti regolatori, sociali e argomenti di attualità nell’insegnamento della medicina

L’insegnamento e l’apprendimento della medicina, in un’ottica legata all’acquisizione delle competenze professionali, non può prescindere dalla conoscenza reale di quelli che possono essere definiti come aspetti regolatori e psico-sociali della medicina. In molti casi, si tratta di veri e propri argomenti di attualità, in grado di contestualizzare l’apprendimento della medicina con le istanze e le esigenze sociali di oggi.

Per quanto riguarda gli aspetti regolatori, basti fare riferimento alla farmacovigilanza e alla contraffazione dei medicinali, mentre per quanto riguarda i teni psico sociali, sono stati affrontati i temi delle dipendenze, del tabagismo, della medicina di genere, quelli legati alle malattie rare, alle cure palliative, alla vaccinologia. Temi di grande impatto sociale, in cui debbono essere coinvolti direttamente gli studenti, anche con esperienze dirette all’interno di setting privilegiati quali quello della medicina di comunità e la medicina delle aree rurali e disagiate.

L’impegno della conferenza permanente su questo tema è stato massiccio, denso di contributi interessanti, dai quali sono scaturiti applicazioni concrete nell’ambito delle diverse sedi Universitarie italiane.

E’ questo un tema relativamente recente, sul quale andranno concentrati ulteriori sforzi della Conferenza.

Andrea Lenzi, Amos Casti

Articoli pubblicati

1) L’insegnamento della Farmacovigilanza nella Facoltà di Medicina e Chirurgia. Alfredo Vannacci, Francesco Lapi, Alessandro Mugelli. Med Chir 2007; 36: 1489-1491.

2) Proposta di inserimento dell’insegnamento della disciplina Tabagismo e problemi fumo-correlati nelle Facoltà mediche. Domenico Enea, Giacomo Mangiaracina. Med Chir 2008; 44: 1869-1871.

3) La formazione alle cure palliative. Gianluigi Cetto. Med Chir 2011; 51: 2228-2231.

4) Un’esperienza didattica di promozione della salute per le matricole dei Corsi di Laurea della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Francesco Donato, Andrea Festa, Deodato Assanelli, Daniela Cocchi, Gianpiero Carosi, Guido Ferretti, Alberto Matteelli, Claudio Orizio, Corrado Paganelli, Emilio Sacchetti, Sandra Sigala, Antonio Vita, Claudia Zani, Roberta Benedetti, Lorenzo Alessio. Med Chir 2011; 51: 2232-2236.

5) I master di cure palliative e terapia del dolore.Guido Biasco, Francesco Amato, Mario Amore, Gianluigi Cetto, Maria Grazia de Marinis, Rita Maria Melotti. Med Chir 2012; 55: 2436-2438.

6) La contraffazione dei medicinali. Cosa insegnare allo studente in medicina del terzo millennio. Luisa Valvo. Med Chir 2012; 56: 2476-2480.

7) Le tematiche didattico-pedagogiche delle Cure Palliative. Silvio Scarone, Guido Biasco, Gianluigi Cetto, Mario De Marchi, Francesco Di Virgilio, Paolo Golino, Laura Mazzanti. Med Chir 2013; 58: 2580-2581.

8) Corsi di Laurea e post-Laurea di Formazione in Farmacovigilanza. Luca Pani. Med Chir 2013; 58: 2571-2574.

9) L’insegnamento della Vaccinologia nei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Luigi Roberto Biasio. Med Chir 2013; 59: 2630-2636.

10) Le tematiche didattico-pedagogiche delle Malattie Rare. Guido Biasco, Gianluigi Cetto, Mario De Marchi, Laura Mazzanti, Silvio Scarone. Med Chir 2013; 60: 2679-2682.

11) Identificazione precoce e intervento breve nei confronti del bere a rischio. Cosa insegnare ai futuri medici. Maria Fiore, Gaetano Catania, Maria Grazia D’Agati, Vito Margherita, Luca Leon, Roberto Fallico, Gian Battista Modonutti, Margherita Ferrante. Med Chir 2014; 61: 2728-2731.

12) Il Master di secondo livello in Medicina d’Emergenza-Urgenza. Esperienza dopo tre anni di attivazione. Giuliano Bertazzoni, Riccardo Pini. Med Chir 2014; 61: 2732-2734.

13) Medicina di genere. Una nuova sfida per la formazione del medico. Giovannella Baggio, Stefania Basili, Andrea Lenzi. Med Chir 2014; 62: 2778-2782.

14) Il tabagismo e le strategie di cessazione. Roberta Pacifici, Ilaria Palmi. Med Chir 2014; 63: 2845-2848.

15) Dipendenza da nicotina e terapia del tabagismo. Come formare una cultura medica per l’epidemia da fumo del XXI secolo. Maria Caterina Grassi. Med Chir 2014; 63: 2849-2852.

Internazionalizzazione della Medicina

La reale internazionalizzazione della medicina è un tema importante, nel quale la Conferenza, sin dalle origini, ha contribuito nel dare le giuste e concrete indicazioni. Deve essere notato che i nostri laureati in medicina e chirurgia acquisiscono il loro titolo accademico sulla scorta di regolamenti della Comunità Europea; è quindi di stretta importanza l’interesse a che l’insegnamento/apprendimento della Medicina in Italia sia svolto con criteri di eccellenza e sia garantito da standard di qualità di tipo internazionale.

La internazionalizzazione non si raggiunge semplicemente erogando la didattica del corso in lingua inglese, anche se l’insegnamento in inglese costituisce un forte incentivo per il reclutamento di studenti stranieri. Vera internazionalizzazione si raggiunge con l’acquisizione della qualità di eccellenza della didattica e della ricerca scientifica, riscontrabile nei migliori Atenei internazionali. L’internazionalizzazione si raggiunge con la condivisione internazionale dei metodi della ricerca scientifica e della pedagogia avanzata, come nei più accreditati Atenei internazionali, con la partecipazione ai grandi network internazionali, con l’apertura nel territorio e con una maggiore mobilità internazionale, come negli Atenei più prestigiosi.

Al termine di uno degli articoli più recenti pubblicati su Medicina e Chirurgia (n. 10) una studentessa scrive: In conclusione riteniamo di poter auspicare che i punti di forza del sistema formativo italiano, costituiti dal rilievo dato alla formazione scientifica e fisiopatologica, vengano preservati, ma che lo spazio dedicato alla didattica frontale tradizionale venga ridotto per favorire lo sviluppo di modelli innovativi di pedagogia medica e garantire una più precoce ed estesa interazione con il paziente.

Andrea Lenzi, Giuseppe Familiari

Articoli pubblicati

1) Association of Medical Deans in Europe: appunti sulla conferenza. Sergio Curtoni. 75012 Med Chir 1990; 4: 148-151.

2) Verso l’Europa. Luigi Frati. 75012 Med Chir 1993; 8: 237-238.

3) Report and Recommendations on undergraduate medical education. Paolo Carinci, Gaetano Salvatore. 75012 Med Chir 1993; 8: 239-243.

4) La mobilità internazionale nell’ambito della didattica dei Corsi di laurea delle Professioni sanitarie. Rita Roncone. Med Chir 2004; 23: 907-909.

5) Association for Medical Education in Europe (AMEE). Condividere risorse ed esperienze. Giuseppe Familiari. Med Chir 2009; 47: 2071.

6) The international dimensions of Medical Education. Giuseppe Familiari. Med Chir 2013; 57: 2537-2538.

7) Best evidence medical education and essential medical teaching skills. Two important keys to the internationalization of medical education. Giuseppe Familiari, Fabrizio Consorti. Med Chir 2013; 59: 2662-2663.

8) AMEE 2014: Excellence in Education – The 21st Century Teacher. Giuseppe Familiari, Fabrizio Consorti. Med Chir 2014; 61: 2763-2765.

9) Studiare Medicina in Europa. Andrea Lenzi. Med Chir 2014; 62: 2777.

10) Studiare Medicina in Europa. Dai piani di studio all’esperienza sul campo. Alice Accorroni, Riccardo Zucchi. Med Chir 2014; 62: 2783-2790.

11) AMEE 2014. International Conference, Milan, Italy. Excellence in Education – The 21st Century Teacher. A brief Report. Giuseppe Familiari, Fabrizio Consorti. Medicina e Chirurgia 2014; 64: 2901-2904.

12) Il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia di fronte alla direttiva europea 2013/55/UE. Riccardo Zucchi. Medicina e Chirurgia 2014; 64: 2881-2887.

Responsabilità sociale, salute e formazione in medicina. La proposta della RIISG e un’esperienza con i richiedenti protezione internazionale e rifugiati presso la Sapienza Università di Roman.66, 2015, pp.2978-2984, DOI: 10.4487/medchir2015-66-3

Abstract

The situations of crisis and social injustice of the globalized world call the people who deal with education in health to think again about the educational model of medical schools. The objective should be to capacitate social and health professionals to face with responsibility the challenges that wait them. On this point, the Italian Network for Global Health Education (RIISG) has recently published a document in which it express its contribution to the recent national debate about medical education. Experiences which allow a direct knowledge of realities on the fringe of society, as the one which takes place with asylum seekers and refugees at Sapienza University of Rome, can contribute to develop student’s critical reasoning and ethical conduct.

Articolo

Le sfide della società globalizzata: il caso studio dei migranti forzati

Sono purtroppo diventate quotidiane nei mezzi di comunicazione le immagini dei barconi stracolmi che attraversano il Mediterraneo e, se sono tra i più fortunati, raggiungono le coste della nostra penisola. Sbarcano volti provati da un viaggio estenuante; si tratta per lo più di persone in fuga da contesti di povertà, guerra e violenza. Migranti forzati, richiedenti protezione internazionale che hanno diritto a trovare un Paese che li accolga dove poter iniziare una nuova vita.

Se ci si sofferma per un attimo a riflettere sui fattori che influenzano la salute di queste persone, il pensiero va subito ai determinanti sociali, economici e politici che da un lato li costringono ad abbandonare le loro patrie e dall’altro modellano sistemi di accoglienza poco attenti ai singoli individui e alle fragilità che li caratterizzano. È proprio di questi giorni il dibattito portato avanti presso l’Unione Europea sulle politiche da mettere in atto per far fronte alla realtà delle migrazioni: si cercano risposte ad un fenomeno che non può essere più definito un’emergenza. La complessità dei fattori in gioco potrebbe provocare, in chi si lascia disturbare da questa provocatoria realtà, una sensazione di scoraggiamento ed impotenza; si potrebbe facilmente cadere in una chiusura nel proprio ruolo specialistico – qualsiasi esso sia – rinunciando a mettersi in discussione e a cercare con creatività nuove strade per promuovere una società più umana.

Appare però impossibile, soprattutto per chi si occupa di formazione in medicina (e in senso più ampio di formazione in salute) chiudere gli occhi e andare avanti. Sembra quanto mai urgente mettere a fuoco e riportare anche al centro del dibattito pedagogico lo stretto legame esistente tra responsabilità sociale e salute, sottolineando l’importanza di stimolare studenti e operatori ad un posizionamento etico proprio nei confronti di quei fattori che, nel macro come nel micro, influenzano la salute di tante persone. In altre parole prendere posizione di fronte alle situazioni di crisi, ingiustizia sociale ed emarginazione provocate dall’attuale sistema globalizzato. Come dimostrato anche dal dibattito presente nella letteratura internazionale (1;2) e nazionale (3-7), la domanda sulla capacità delle attuali scuole di medicina di far fronte alle grandi sfide del mondo contemporaneo e di formare professionisti capaci di rispondere ai bisogni di salute delle persone e delle comunità che andranno a servire non è più procrastinabile.

Le riflessioni della RIISG sulla formazione in medicina

Proprio da questo interrogativo è partita la RIISG – Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale[1] – (8) per elaborare un recente documento relativo alla formazione medica (9) (vedi allegato); in esso, sottolineando la componente etica intrinseca alla pratica della medicina e riconoscendo la complessità che connota la nostra epoca, viene affermata l’importanza di ridurre l’iperspecializzazione che caratterizza la formazione medica e di accompagnare lo sviluppo del pensiero critico degli studenti stimolando la riflessione anche con l’apporto di diverse discipline. Si tratta di direzioni indicate anche da un recente documento pubblicato su Lancet dal significativo titolo “Health professionals for a new century: transforming education to strengthen health systems in an interdependent world” (10). La RIISG ritiene inoltre che sia possibile stimolare il senso di responsabilità sociale degli attuali e futuri operatori sanitari soprattutto attraverso esperienze di conoscenza diretta del contesto nel quale questi si troveranno a lavorare. Momenti dunque di “uscita” dalle aule ma anche dagli ospedali universitari, per conoscere sia tutta quella grande parte di assistenza che avviene a livello territoriale sia i luoghi di vita quotidiana delle persone, in particolare di quelle che si trovano ai margini della società. Simili opportunità permettono infatti agli studenti di fare esperienza diretta dei fattori che influenzano la salute delle persone; aiutano a rendersi subito conto dei limiti non solo dell’approccio biomedico ma della stessa pratica medica, e dunque della necessità di mettersi in collegamento con altri saperi, professioni e discipline per promuovere veramente migliori condizioni di vita per tutti. I valori e le proposte contenute nel documento elaborato dalla RIISG appaiono in linea con le riflessioni riportate nel recente articolo su “Il medico del Terzo Millennio”, in particolare quando si sottolinea l’importanza di una “pratica attiva delle scienze umane” (11)

Teorie di pedagogia cui fare riferimento

A livello pedagogico[2] abbondante è la letteratura che si muove in questa direzione, e che qui verrà certamente accennata solo in parte. Appare particolarmente interessante in questo senso la teoria sociale dell’apprendimento elaborata da Etienne Wenger. “Le nostre istituzioni, nella misura in cui affrontano esplicitamente i problemi dell’apprendimento, si basano prevalentemente sull’assunto che esso sia un processo individuale, con un inizio e una fine, e che sia il prodotto dell’insegnamento. Di conseguenza predisponiamo aule dove gli studenti – liberi dalle distrazioni che comporta la partecipazione al mondo esterno -1 possono seguire un insegnante o concentrarsi sullo svolgimento di un esercizio. (…) E se adottassimo una prospettiva diversa, che inserisse l’apprendimento nel contesto della nostra esperienza concreta di partecipazione alla vita reale? (…) Se ci convincessimo che l’apprendimento, in buona sostanza, è un fenomeno fondamentalmente sociale che riflette la nostra natura profondamente sociale di esseri umani in grado di conoscere?“ (12). Tale teoria si concentra prevalentemente sull’apprendimento come partecipazione sociale, legato cioè all’essere partecipanti attivi nelle pratiche di comunità sociali e nella costruzione di identità in relazione a queste comunità.

L’apprendimento esperienziale (termine con il quale in letteratura viene indicato l’apprendimento attraverso l’esperienza) è strettamente connesso a quello riflessivo, e dunque alla possibilità di sviluppare un pensiero critico (13;14).

Nell’ambito delle Scuole di Medicina larga parte dell’apprendimento esperienziale avviene nel contesto universitario e ospedaliero anche attraverso quello che a livello di letteratura viene definito “curriculum nascosto”. Si tratta in altre parole degli atteggiamenti che gli studenti di medicina possono cogliere e sono portati ad assumere nel corso della loro formazione sia durante le ore di didattica frontale (quando si trovano per la maggior parte del tempo ad ascoltare passivamente quanto viene detto dal professore), sia al momento dell’esame (quando ai fini del suo superamento sono spinti a ripetere nozioni spesso imparate meccanicamente e passivamente) sia nel corso del tirocinio pratico nei reparti dell’ospedale universitario. Tra le principali e più diffuse conseguenze del curriculum nascosto sugli atteggiamenti degli studenti si possono citare la perdita di idealismo, la neutralizzazione emotiva, l’accettazione della gerarchia e il cambiamento dell’integrità etica (15).

Non mancano però esperienze di apprendimento nei contesti di vita della comunità. Si parla ad esempio di community based education (CBE) per indicare quelle esperienze formative che considerano la comunità un luogo di apprendimento dove studenti, insegnanti, singoli membri, rappresentanti di altri settori sono tutti coinvolti. La CBE offre la possibilità di coinvolgersi in modo crescente rispetto alle problematiche di salute della comunità, impegnandosi in modo creativo nei loro confronti (16).

In America Latina, e in particolare in Brasile, è molto diffusa l’estensione universitaria, termine con il quale si intende un processo interdisciplinare, educativo, culturale, scientifico e politico che promuove l’interazione (in grado di generare cambiamento) tra l’università e gli altri settori della società. Tale interazione è mediata dagli studenti di diversi corsi di laurea guidati da uno o più professori. Si tratta dunque di una strategia educativa che mira a sfumare le barriere tra università, servizi sociali e sanitari, e comunità, creando uno spazio in cui i saperi e le attività si “estendono” da un contesto all’altro.

Alla base di proposte formative di questo genere possono essere certamente riconosciute le teorie pedagogiche di Paulo Freire[3] e di John Dewey[4].

Nel modello problematizzante dell’educazione teorizzato da Freire l’insegnante e gli studenti sono insieme, ricercatori di verità e creatori di conoscenza. Non ci sono più lezioni da memorizzare, ma problemi da affrontare: problemi che riguardano la vita di tutti. “L’educazione problematizzante, di carattere autenticamente riflessivo, comporta un atto permanente di rivelazione della realtà. (…) (Essa) si sforza di far emergere le coscienze, da cui risulta la loro inserzione critica nella realtà”. Il pedagogista brasiliano arriva dunque ad affermare che l’educazione è un atto politico, anche quando si dichiara neutrale: in quel caso infatti va semplicemente ad affermare o a non contraddire la realtà dominante. “La formazione dell’individuo deve mirare alla crescita di una mentalità critica che liberi il campo all’etica della responsabilità dell’uomo verso l’altro uomo e dell’uomo verso l’ambiente vitale che lo circonda” (17).

La teoria dell’apprendimento attraverso l’esperienza di John Dewey nasce proprio dalla sua preoccupazione per il mancato coinvolgimento politico dei suoi concittadini (18). Il filosofo americano denuncia quel processo di frammentazione sociale e di anonimizzazione (si pensi alla più recente diffusione dei non-luoghi) che oggi è giunto a piena maturazione, mostrando in modo inequivocabile le difficoltà di una democrazia autentica in un sistema economico che spezza i legami comunitari ed isola nella ricerca individuale del benessere. Per Dewey è urgente ricostruire la vita comunitaria, in primo luogo favorendo un dibattito aperto ed una indagine seria e documentata sulle questioni di interesse pubblico e poi riallacciando i vincoli comunitari a partire dal vicinato. Esperienze dirette del contesto sociale e delle realtà di marginalità sembrano essere quelle che meglio possono favorire l’attenzione delle nuove generazioni verso i problemi della loro comunità ed il superamento del disimpegno politico e dell’indifferenza per le questioni riguardanti la sfera pubblica.

Conoscere e sperimentarsi in contesti formativi non familiari ed incerti può aiutare lo sviluppo di capacità necessarie per muoversi da persone e professionisti nella contemporanea società complessa (19). È significativo che il progetto International Medical School Label 2020 individui, tra le sei dimensioni per valutare l’internazionalità e l’internazionalizzazione[5] di una Facoltà di Medicina, anche il social engagement e il service learning (20). Particolarmente importante appare inoltre, proprio per la complessità dei bisogni di salute, la possibilità di interfacciarsi con studenti e operatori di altre professioni socio-sanitarie; l’interprofessionalità è da molti riconosciuta come una caratteristica sempre più necessaria proprio a cominciare dalla formazione di base (21).

Il progetto “Conoscere la realtà dei richiedenti asilo e rifugiati” presso la Sapienza Università di Roma

Nell’ambito di un progetto il cui scopo era quello di confrontare le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati in Italia, Germania e Svizzera e la loro influenza sulla salute, si è aperta per gli studenti di medicina e chirurgia, servizio sociale e scienze infermieristiche della Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza Università di Roma la possibilità di fare esperienza di tale realtà grazie alla collaborazione e ad una convenzione stipulata con l’associazione Centro Astalli[6]. L’accordo con il SISM – Segretariato Italiano Studenti di Medicina – ha permesso di estendere la proposta formativa anche agli studenti degli altri Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia presenti presso la stessa università e presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Università di Tor Vergata. Gli studenti, selezionati attraverso un bando, hanno potuto frequentare un Centro di Accoglienza gestito dall’associazione e oggi parte della rete SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). La formazione iniziale, svoltasi in tre giornate in maniera itinerante in università, presso la sede centrale del Centro Astalli e presso il centro di accoglienza, è stata caratterizzata da un’introduzione alle tematiche della salute globale e alla realtà dei richiedenti asilo e rifugiati. Il gruppo di quindici studenti sta frequentando (da novembre 2014 a giugno 2015) il centro fornendo agli ospiti un supporto nell’apprendimento dell’italiano. Obiettivo dichiarato del progetto è infatti quello di far conoscere agli studenti di medicina e di altre professioni socio-sanitarie la realtà dei richiedenti asilo e rifugiati sia attraverso la centrale esperienza di relazione con i migranti ospiti nel centro di accoglienza sia tramite l’approfondimento e la riflessione teorica sulla tematica. Questa riflessione non vuole limitarsi solo all’aspetto tecnico ma anche aprire discussioni sugli orizzonti di significato che tale realtà dischiude e sulla necessità di un chiaro posizionamento etico rispetto ad essa.

L’esperienza, valutata attraverso indicatori di processo quali la presenza presso il centro di accoglienza e agli incontri di revisione periodica degli studenti, i feedback degli operatori del centro stesso, il diario che è stato chiesto di tenere agli studenti, sta risultando particolarmente apprezzata sia tra i partecipanti che tra gli ospiti e gli operatori del centro di accoglienza. La presenza di ragazzi italiani (e non solo) già integrati nella società e di età paragonabile a quella dei migranti accolti ha generato relazioni nuove, rispetto alle quali l’affiancamento nell’esecuzione dei compiti di italiano risultava per lo più un mezzo per entrare in contatto e dialogare su diversi aspetti. Un modo semplice e sicuramente iniziale per promuovere la crescita del capitale sociale, importante determinante di salute in particolare per chi si trova ai margini della società.

Sono i partecipanti stessi ad esprimere l’importanza che per loro ha avuto una simile esperienza. Eccone alcuni esempi:

“La partecipazione al progetto mi sta lasciando tante emozioni e soddisfazioni. Ogni incontro con i ragazzi è un arricchimento sia a livello personale che professionale: pian piano si è instaurato un rapporto di fiducia con loro, mi raccontano la propria storia o i loro problemi, ridiamo e scherziamo insieme proprio come un gruppo di amici. Dall’Università ho imparato il “sapere” ossia le conoscenze tecniche, dal progetto San Saba, invece, sto imparando il “saper fare” ossia applicare le conoscenze tecniche e il “saper essere” ossia la maturità e la capacità di relazione.”

“Oltre alla bellezza del mettersi in relazione con l’altro e di scoprire nuove culture, mi sto accorgendo di quanto sia complessa e delicata l’assistenza e la cura di chi ha subito traumi, soprattutto, dal punto di vista psicologico. Perciò, per quanto mi riguarda, il contatto costante con gli ospiti del centro ha aumentato la mia consapevolezza rispetto a questa realtà e la mia attenzione verso tutti quelli che sono i fattori che incidono,negativamente o positivamente sulla salute dei migranti forzati.”

“La consiglierei soprattutto alle studentesse e studenti in medicina per fargli toccare con mano come la salute e la vita delle persone si sviluppi all’interno di spazi e contesti molto differenti da quelli previsti dalla corsia dell’ospedale o dal lettino dell’ambulatorio. In questi contesti quello che conta è scoprire se stessi attraverso l’incontro con l’altro, una volta fatto provare a condividersi. Nella relazione terapeutica gli studenti imparano troppo in fretta che il camice e il ruolo che questo simboleggia dà loro la possibilità e quindi il potere di non esporsi come persone e di limitare il loro intervento alla sola prestazione. È importante che imparino a considerarsi medici anche in contesti diversi da quelli dell’ospedale e dell’ambulatorio perché così potranno essere persone nella relazione di cura.”

Conclusioni aperte

Quello riportato è solo un esempio di esperienze formative che “si svolgono al di fuori dell’aula universitaria e che permettono di approfondire la conoscenza del contesto, dei processi sociali che determinano lo stato di salute e malattia e delle risorse presenti nelle comunità[7]”. La RIISG sta portando avanti sia un approfondimento teorico-metodologico sia un lavoro di mappatura di simili opportunità fornite agli studenti a livello nazionale e internazionale. Si è infatti consapevoli che proposte del genere per gli studenti di medicina e delle altre professioni socio-sanitarie sono solo in fase iniziale e che molto è ancora necessario elaborare anche per una loro corretta valutazione[8]. Anche su questo la RIISG sta riflettendo e lavorando.

Si è convinti, per i motivi etici ed umani solo accennati in questo articolo, che esperienze di conoscenza del contesto, e in particolare delle realtà di marginalità sociale, siano necessarie e non rinviabili per formare “non solo professionisti ma prima di tutto cittadini, anzi persone” (9) pronti a prendere posizione e ad impegnarsi per una società più equa e più giusta – e dunque promotrice di salute – per tutti.

Note

1. La Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG) è un network nazionale che comprende istituzioni accademiche, società scientifiche, organizzazioni non governative, associazioni, gruppi, studenti e singoli individui impegnati nella formazione in salute globale, sia a livello universitario sia di società civile. Sito web: http://www.educationglobalhealth.eu/it/

2. Si utilizza qui il termine pedagogia, nella consapevolezza che a livello educativo in un contesto universitario e di formazione degli adulti il termine più corretto è in realtà quello di andragogia.

3. Paulo Feire (1921-1997) è stato un noto pedagogista brasiliano e un importante teorico dell’educazione.

4. John Dewey (1859-1952) è stato un filosofo e pedagogista statunitense.

5. Per internazionalità (internationality) si intende lo stato di un’istituzione rispetto alle attività internazionali in un dato momento. Per internazionalizzazione (internationalisation) si intende il processo attraverso il quale un’istituzione si muove da uno stato di internazionalità ad un tempo x ad uno stato di internazionalità più estesa al tempo x+n.

6. Il Centro Astalli è la sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati-JRS. Da oltre trent’anni è impegnato in numerose attività e servizi che hanno l’obiettivo di accompagnare, servire e difendere i diritti di chi arriva in Italia in fuga da guerre e violenze, non di rado anche dalla tortura. Il Centro Astalli si impegna inoltre a far conoscere all’opinione pubblica chi sono i rifugiati, la loro storia e i motivi che li hanno portati fin qui.

7. Definizione RIISG

8. Sembra utile a tale proposito riferirsi alle parole di Dewey che afferma: L’effetto di un’esperienza non lo si può conoscere subito. Pone un problema all’educatore. È suo compito disporre le cose in modo che le esperienze pur non allontanando il discente e impegnando anzi la sua attività non si limitino a essere immediatamente gradevoli e promuovano nel futuro esperienze che si desiderano. (…) Ne consegue che il problema centrale di un’educazione basata sull’esperienza è quello di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno (22).

Bibliografia

1) Bateman C, Baker T, Hoornenborg El, Ericsson U. Bringing global issues to medical teaching. The Lancet 2001; 358: 1539-42

2) Drain PK, Primack A, Hunt DD, Fawzi WW, Holmes KK, Gardner P. Global health in medical education: a call for more training and opportunities. Acad Med 2007;82:226-30

3) Rosso A, Civitelli G, Marceca M. Global health, international health and public health: which relationship? Ann Ig 2012; 24: 263-267

4) Rinaldi A, Civitelli G, Silvestrini G, Gilardi F, Carovillano S, Furia G, et al. Perché dovremmo insegnare la Salute Globale alle studentesse e agli studenti di medicina? Il percorso della RIISG e l’esperienza di tre Università romane. Tutor 2012; Vol 12, n 3: 61-69

5) Bruno S, Silvestrini G, Carovillano S, Rinaldi A, Civitelli G, Frisicale E et al. L’insegnamento della Salute Globale nelle Facoltà di medicina e Chirurgia in Italia: l’offerta formativa nel triennio 2007-2010. Ann Ig. 2011 Sep-Oct; 23(5):357-65.

6) Semplici S., La Salute Globale, Medicina e Chirurgia, 55: 2430-2435, 2012. DOI:  10.4487/medchir2012-55-1

7) Familiari G, Violani C, Relucenti M, Heyn R, Della Rocca C, De Biase L et al. La realtà internazionale della formazione medica. Medic 2013; 21(1): 53-59

8) Rinaldi A, Civitelli G, Marceca M, Tarsitani G. L’esperienza della Rete Italiana Insegnamento Salute Globale (RIISG). Salute e territorio 2014; 202: 401-404

9) RIISG (Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale). Ripensare la formazione medica. Disponibile alla URL: http://www.educationglobalhealth.eu/it/news/320-ripensare-la-formazione-medica (vedi allegato)

10) Frenk J, Chen L et al. Health professionals for a new century: transforming education to strengthen health systems in an interdependent world. Lancet 2010; 376: 1923–58

11) Familiari F., Volpe M., Il Medico del Terzo Millennio. Proposta di una “Carta dei valori e delle competenze degli studenti”, in un curriculum formativo rinnovato, in Italia, Medicina e Chirurgia, 65: 2925-2930, 2014. DOI:  10.4487/medchir2015-65-2

12) Wenger E. Comunità di pratica. Apprendimento, significato, identità. Raffaello Cortina Editore. Milano, 2006

13) Moon JA. Esperienza, riflessione, apprendimento. Manuale per una formazione innovativa. Carocci Editore, Roma 2012

14) Kolb D, Boyatzis R, Mainemelis C. Experiential Learning Theory: previous Research and New Directions. In: R. J. Sternberg and L. F. Zhang (Eds.), Perspectives on cognitive, learning, and thinking styles. NJ: Lawrence Erlbaum, 2000. Disponibile alla URL: http://www.medizin1.uk-erlangen.de/e113/e191/e1223/e1228/e989/inhalt990/erfahrungslernen_2004_ger.pdf

15) Lempp H, Seale C. The hidden curriculum in undergraduate medical education: qualitative study of medical students’perceptions of teaching. BMJ 2004; 329: 770–3

16) Kelly L, Walters L, Rosenthal D. Community-based Medical Education: Is Success a Result of Meaningful Personal Learning Experiences? Education for health 2014; 27, 1: 47-50; Mennin S, Petroni-Mennin R. Community based medical education. The clinical teacher 2006; 3: 90-96

17) Freire P. La pedagogia degli oppressi, tr. it., Edizioni Gruppo Abele, Torino 2002

18) Dewey J. Comunità e potere, tr. it., La Nuova Italia, Firenze 1971

19) Fraser S, Greenhalgh T. Coping with complexity: educating for capability. BMJ 2001;323:799–803

20) International Medical School Label 2020. The International Medical School (IMS) Label Methodology draft. Disponibile alla URL: http://www.ims-2020.eu/downloads/label_methodology.pdf

21) de Marinis M.G., de Marinis M.C., L’interprofessionalità come risposta unitaria e globale ai problemi di salute: obiettivi, metodologie e contesti formativi L’interprofessionalità come risposta unitaria e globale ai problemi di salute: obiettivi, metodologie e contesti formativi, Medicina e Chirurgia, 58: 2586-2591, 2013. DOI: 10.4487/medchir2013-58-6

22) Dewey J. Esperienza e educazione. Raffaello Cortina Editore. Milano 2014

Allegato

Allegato: RIPENSARE LA FORMAZIONE MEDICA

Il contributo della Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale

Il documento allegato all’articolo, sotto riportato, è stato pensato, nel Marzo 2015, dalla “Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale”, come nota programmatica di ripensamento della formazione medica. Deve essere uno strumento utile a fornire spunti di confronto, discussione e dibattito aperto in quanti pianificano e organizzano i corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia.

Le scuole di medicina sono in grado di formare professionisti capaci di rispondere ai bisogni di salute delle persone e delle comunità che andranno a servire? Come rispondono alle sfide che l’epoca della globalizzazione e della complessità pone? Come affrontano il tema della responsabilità sociale (in altre parole, che ruolo intendono assumere nei confronti dell’ingiustizia sociale e il suo impatto sulla salute)? La Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG) ritiene che tali domande debbano essere prese in considerazione ed esprime in questo documento un contributo relativo al dibattito sulla formazione medica recentemente innescatosi a livello nazionale. Si fa in particolare riferimento al documento del Centro Studi e Documentazione FNOMCeO “Professione medica nel terzo millennio”, alla mozione del Consiglio Nazionale della FNOMCeO “Salviamo la formazione medica”, alla lettera inviata al Ministro MIUR e al Ministro della Salute dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e alla risposta del presidente della FNOMCeO dott. Amedeo Bianco.

Di seguito sono riportate alcune riflessioni elaborate dalla RIISG, esposte più in dettaglio nel testo e intese come spunti di confronto, discussione e dibattito aperto.

  • Ogni azione e decisione presa in campo medico non è eticamente neutrale. La medicina prevede degli aspetti etici intrinseci e deve essere studiata e insegnata a partire dalla sua componente etica.
  • Il paradigma della complessità che caratterizza la nostra epoca spinge a riconoscere i limiti intrinseci a ogni pratica umana, compresa quella medica, e invita a creare spazi di dialogo e confronto tra saperi, professioni e discipline.
  • È necessario, nel corso della formazione, accompagnare lo sviluppo di un pensiero critico e incoraggiare il posizionamento etico, prevedendo l’apporto di diverse discipline e stimolando la riflessione di carattere morale. Si ritiene che questo possa avvenire anche attraverso esperienze di conoscenza e radicamento nell’ambiente sociale nel quale i futuri professionisti saranno inseriti.
  • È necessario ridurre l’iperspecializzazione dando spazio ad un “nuovo generalismo”, cioè ad un approccio più ampio che veda salute e malattia nel contesto dell’intera vita delle persone.
  • È necessario richiamare gli attuali e futuri medici alla responsabilità sociale, intesa anche come risposta che deve essere data di fronte alle situazioni di crisi, ingiustizia sociale ed emarginazione provocate dall’attuale sistema globalizzato. Si ritiene che tale responsabilità non sia definita a priori ma debba essere cercata personalmente e contestualmente in un confronto con tutti coloro che “hanno sinceramente a cuore” tali questioni.

Dalla salute globale alla formazione in salute

La Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG) è un network nazionale che comprende istituzioni accademiche, società scientifiche, organizzazioni non governative, associazioni, gruppi, studenti e singoli individui impegnati nella formazione in salute globale, sia a livello universitario sia di società civile. Sin dall’inizio importante parte attiva della RIISG è il SISM – Segretariato Italiano Studenti Medicina.

La RIISG sta seguendo con particolare interesse il dibattito sulla formazione medica accesosi in quest’ultimo periodo. Come realtà nata dal basso, accogliendo e facendo proprie le esigenze e le richieste degli studenti, protagonisti e destinatari di tale formazione, la Rete condivide le preoccupazioni riguardo all’attuale impostazione del sistema formativo per i futuri medici 1,2.

La riflessione e il lavoro culturale portati avanti dalla RIISG in questi anni non si sono, infatti, limitati a elaborare un nucleo di contenuti da aggiungere ai curricula già molto ricchi delle facoltà mediche ma, soprattutto nei tempi più recenti, si sono indirizzati ad aprire uno spazio di confronto nazionale sulla formazione in salute in senso più ampio.

Come componenti della RIISG riteniamo che fare formazione in salute globale voglia dire “introdurre un nuovo modo di pensare e agire la salute per generare reali cambiamenti sia nella comunità sia nell’intera società, colmando il divario esistente tra evidenza scientifica e decisioni operative”. Per questo il lavoro della RIISG, partito da riflessioni attinenti alla sola formazione medica, ha riconosciuto la necessità di prendere in considerazione i processi formativi di tutte le persone che – a vario titolo – concorrono alla promozione e alla tutela della salute.

La RIISG ritiene di poter dare il suo apporto propositivo e costruttivo al confronto auspicato sia dalla FNOMCeO sia dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Proponendosi tra gli obiettivi quello di contribuire a “preparare una figura di Medico sempre più adeguata alla trasformazione dell’assistenza sanitaria del nostro paese, correttamente protesa verso la medicina territoriale e di prossimità”, la RIISG concorda con il Centro Studi FNOMCeO nel ritenere necessaria “una riforma non tanto della facoltà di medicina ma dei suoi paradigmi formativi”.

La medicina come pratica etica

La riforma auspicata dovrebbe partire dalla consapevolezza che pensare alla medicina semplicemente come a una scienza o a un’attività scientifica sia non soltanto riduttivo ma sostanzialmente sbagliato. La medicina, in quanto pratica, prevede azioni che esprimono una trama di significati e fini. Gli aspetti etici non possono essere visti come giustapposti, ma debbono essere considerati intrinseci a essa. Ogni decisione e ogni azione portate avanti in questo settore non sono neutrali, cioè non possono prescindere dalla dimensione etica; ciò significa che la natura della medicina deve essere studiata e insegnata a partire da una prospettiva etica.

Tale approccio non si dovrebbe limitare a riflettere su quanto avviene nel rapporto medico-paziente ma anche, ad esempio, sulla relazione della pratica medica con altri saperi, professioni, discipline. Un atteggiamento di questo genere aiuterebbe a mettere in luce le carenze e i punti deboli su cui diventa sempre più necessario prendere posizione.

Sembra dunque non banale né trascurabile porsi la domanda: le attuali scuole di medicina preparano futuri medici dotati di adeguati strumenti conoscitivi ed etici per muoversi come persone e cittadini consapevoli, prima ancora che come professionisti, all’interno dei sistemi complessi nei quali si trovano ogni giorno a vivere?

Per un nuovo generalismo

In un’epoca caratterizzata dall’aumento esponenziale delle conoscenze scientifiche e tecniche, i curricula universitari sono divenuti per lo più contenitori di nozioni da apprendere meccanicamente al fine di superare gli esami. Inoltre, l’impostazione sempre più orientata verso l’iperspecializzazione contribuisce a una situazione di “ricatto formativo”, che obbliga lo studente neolaureato a proseguire nel percorso di studi attraversando un “limbo di dequalificazione professionale e lavorativa”, un vuoto formativo, istituzionale e lavorativo tra università e scuola di specializzazione.

Il sapere diviene dunque sempre più iperspecialistico e frammentato, e il medico rischia di trasformarsi esclusivamente in un tecnico competente. Tale impostazione riduzionista e nozionistica, che risente della frattura tipica della cultura positivista tra scienza e agire morale, appare incapace di formare professionisti in grado di affrontare i bisogni delle persone e delle comunità che andranno a servire.

L’iperspecializzazione determina un sempre maggiore allontanamento del (futuro) medico dai luoghi di vita delle persone; la formazione si svolge per lo più in un contesto racchiuso tra ospedale e aule universitarie, impedendo di prendere consapevolezza dei tanti fattori che influenzano la salute nei differenti contesti sociali. L’invecchiamento della popolazione e la crescente prevalenza delle patologie croniche rendono necessario un approccio più ampio, nel quale dare centralità ad aspetti come quelli della prevenzione, della promozione della salute, delle cure primarie e dell’integrazione socio-sanitaria. Per questo riteniamo importante ridurre l’iperspecializzazione per dare spazio a un “nuovo generalismo” che veda salute e malattia nel contesto dell’intera vita delle persone

La necessità di scelte sagge

L’aumento vertiginoso delle possibilità diagnostiche e terapeutiche e la costruzione sociale dell’onnipotenza della biomedicina hanno alimentato un’ingenua fiducia che attribuisce a tale professione la capacità di liberare dal dolore, dalla sofferenza, dalla morte. La pressione sempre maggiore dell’industria farmaceutica e biomedicale contribuisce a una progressiva medicalizzazione di ogni aspetto della vita umana, a fenomeni come quello del disease mongering e alla conseguente induzione di falsi bisogni.

Crescono le aspettative di chi ai servizi sanitari si rivolge, ma cresce anche l’inappropriatezza delle prestazioni, e con essa la spesa sanitaria.

Il contesto di crisi economica e di scarsità (relativa) di risorse richiede invece, con sempre maggiore urgenza, che vengano fatte scelte di priorità nell’allocazione di tale spesa. Crediamo che tali scelte non possano che andare nella direzione dell’equità e dell’universalità nell’accesso alle cure, rifiutando un approccio utilitaristico che segue criteri esclusivamente economici e ricercando giustificazioni prima di tutto sul piano etico e sociale. Riteniamo che, a partire dalla formazione, sia importante lavorare sul concetto di limite e sulla necessità di scelte sagge ed eticamente fondate, orientate a evitare gli sprechi e a lottare contro la corruzione e i conflitti di interesse.

La responsabilità sociale del medico

Sono numerose le evidenze scientifiche che mostrano la diseguale distribuzione delle patologie tra le diverse nazioni e, all’interno delle stesse nazioni, in relazione alla classe sociale (espressa attraverso diversi tipi di indicatori di posizione socio-economica). Queste rimandano alla teoria dei determinanti sociali di salute e alla necessità di agire su tutti i fattori (non semplicemente quelli biologici) in grado di influenzare lo stato di salute dei singoli e delle comunità. Senza voler caricare la medicina di un compito eccessivo, riteniamo necessario richiamare i futuri medici a una più ampia responsabilità sociale, che non si esaurisca all’interno del rapporto medico-paziente, ma che comporti uno sguardo sull’intera società.

Crediamo, infatti, che la figura professionale del medico, proprio in quanto capace di riconoscere e documentare scientificamente le conseguenze concrete del sistema economico e politico sulla vita e la salute delle persone, non possa ritenersi neutrale di fronte alle cause di tali diseguaglianze.

Per questo i medici, e più in generale tutti gli operatori della salute, non possono rinunciare a entrare in relazione con i settori della società e con le discipline che lavorano alla ricerca del bene comune. Riteniamo che tale compito non costituisca un aspetto tecnico e facoltativo, quanto piuttosto un imperativo etico.

Ripensare la formazione medica, una questione sociale

Quelli citati sono solo alcuni esempi che mostrano come la formazione dei futuri medici debba necessariamente implicare sia elementi conoscitivi di natura più ampia sia riflessioni di carattere etico. In altre parole, crediamo che essa debba fornire strumenti per sviluppare un pensiero critico necessario ad affrontare la complessità del reale, e offrire occasioni di esperienze che stimolino una risposta libera e responsabile alle problematiche dell’attuale mondo globalizzato.

Tali problematiche, incorporate esemplarmente in coloro che rimangono ai margini della società e del sistema di cure, mettono anche in luce il limite di ogni agire individuale, legato alla propria persona, al proprio ruolo e alla propria formazione. Per questo ogni risposta, fondata su un reale e critico posizionamento etico, non dovrebbe ispirarsi a coscienze eroiche o volontarismi esasperati, ma riconoscere la necessità di cooperare in senso ampio con tutti i soggetti e le realtà coinvolte. Pensiamo che riflessioni ed esperienze pratiche relative a concetti come solidarietà, responsabilità, giustizia, uguaglianza, limite, pensiero cooperativo abbiano “diritto di cittadinanza” all’interno della formazione medica tanto quanto i classici argomenti della bioetica.

Siamo convinti che la riforma del sistema formativo di area medica non sia un argomento settoriale da affrontare in ambiti specialistici; per questo auspichiamo che si realizzi davvero quel “confronto ampio di tutti gli attori coinvolti” a cui invita la Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia.

Vista l’attenzione che ciascun componente della RIISG (professionisti sanitari, accademici, studenti, associazioni) dedica al tema della formazione e alla proposta di riforma dei curricula di corsi di laurea che si occupano a vario titolo di salute, ci sentiamo parte in causa in questo confronto e intendiamo partecipare con competenza e motivazione. Crediamo essenziale un forte coinvolgimento degli studenti, principali destinatari dei modelli didattici, quali protagonisti attivi e non semplici fruitori della propria formazione.

Siamo inoltre convinti dell’importanza di far tesoro di punti di vista di altre discipline, che aiutino ad analizzare il contesto di crisi economica ma soprattutto culturale, etica e antropologica nel quale le facoltà di medicina (e più in generale le università) sono coinvolte. Riteniamo tale confronto non un “di più”, ma una necessità legata ai limiti della medicina (così come di ogni altra disciplina), limiti sempre più evidenti all’interno dei sistemi complessi in cui si è chiamati ad agire.

Crediamo sia necessario mettere le basi per una nuova pedagogia della salute e siamo consapevoli che si tratta di un’impresa “culturale, organizzativa, etica, civile e professionale”. Si tratta di prepararsi a formare non solo professionisti ma prima di tutto cittadini, anzi persone, per una società in cui equità e giustizia sociale siano a pieno titolo “strumenti di salute”.

RIISG

(Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale)

marzo 2015

Cita questo articolo

Civitelli G., Familiari G., Rinaldi A., Marceca M., Tarsitani G., RIISG, Responsabilità sociale, salute e formazione in medicina. La proposta della RIISG e un’esperienza con i richiedenti protezione internazionale e rifugiati presso la Sapienza Università di Roma, 66: 2978-2984, 2015. DOI:  10.4487/medchir2015-66-3

Verso una Laurea professionalizzante. Certificazione delle Competenze professionalin.65, 2015, pp.2931-2941, DOI: 10.4487/medchir2015-65-3

Abstract

The assessment of clinical competency in undergraduate students is a complex task, which is preferably achieved by assessing a mix of components of the whole construct of competency. The latter in fact can only be assessed through the direct observation of physicians on the job.

If we frame the process of evaluation with the Kirkpatrick model, we can consider testing of self-efficacy of students as level 1 of the model, the ability of clinical problem solving in written of simulated clinical scenarios as levels 2 and 3 (immediate learning and persistence). A level 4 evaluation could only be achieved through on the job observation or through outcomes indicators at the level of population or career development. In this framework, key features problems, OSCE, mini-CEX and multi-source feedback are the most suitable methods of assessment.

During the workshop, these principles were embedded in four exercises of educational design, in which participants – divided in 4 small groups – identified two competencies relevant for different terms of the Italian medical curriculum and drafted examples of appropriate methods of assessment for those competencies.

Articolo

Introduzione: come valutare le competenze

Fabrizio Consorti (SIPeM e Roma Sapienza “C”)

A conclusione del percorso intrapreso durante tutto il 2014, nel quale abbiamo approfondito il concetto di competenza professionale e abbiamo riflettuto su come si potesse applicare in maniera realistica nei nostri corsi di laurea, in questo articolo introduttivo all’inserto speciale sull’atelier tenuto ad Alghero mi propongo di discutere come si possano valutare le competenze.

Ricordiamo che per competenza clinica intendiamo “l’abitudine all’uso giudizioso di conoscenze, ragionamento clinico, abilità tecniche, capacità comunicative, emozioni e valori da ripensare continuamente nella pratica quotidiana per il beneficio dell’individuo e della comunità di cui ci si occupa”, secondo la traduzione fatta nel Manifesto della SIPeM di una classica definizione di letteratura1. In questa definizione dobbiamo sottolineare come la competenza risieda soprattutto nella capacità di “usare”, in maniera fondata su giudizio critico, una serie di contenuti (conoscenze, abilità, …) per risolvere problemi professionali specifici. In questo senso la competenza non è direttamente valutabile negli studenti, che per definizione non possono essere assoggettati alla risoluzione reale di veri problemi clinici, altrimenti sarebbero già medici abilitati. Come vedremo più avanti, il costrutto di competenza clinica può essere osservato solo in un medico che lavora realmente e anche così è difficile coglierlo nella sua interezza ai fini valutativi. Questa obiezione introduce un concetto fondamentale: non esiste un modello assoluto di valutazione di efficacia di un intervento formativo, ma ogni valutazione è valida all’interno di un sistema di regole, limiti e condizioni. Se nell’ambito generale della valutazione ci si volge poi alla misura dell’effetto, si aggiunge anche l’imperfezione intrinseca di qualsiasi strumento di misura, ma questo ultimo aspetto non verrà considerato in questo articolo.

Uno dei modelli di valutazione di efficacia degli effetti di un intervento formativo  più diffusi nella letteratura internazionale – e non solo di medical education – è stato proposto da Donald Kirkpatrick2.

Il modello di Kirkpatrick prevede 4 livelli di valutazione:

1 – valutazione della reazione che i discenti hanno avuto al corso: lo strumento tipico di misura per questo livello è il questionario di gradimento. Non c’è necessariamente una correlazione fra il gradimento percepito ed espresso e il fatto che i discenti abbiano appreso, ma il gradimento viene comunque considerato un elemento positivo di apprendimento;

2 – valutazione dell’apprendimento in senso stretto: viene eseguita con tutto l’armamentario di metodi strutturati per la misura delle conoscenze teoriche, delle abilità pratiche e degli atteggiamenti (quiz e altri test scritti, prove pratiche e questionari);

3 – valutazione del trasferimento: in questo livello si valuta la persistenza a distanza di tempo di quanto appreso, cioè quanto il processo di formazione abbia prodotto costrutti che si sono stabilmente trasferiti nel comportamento e negli atteggiamenti del discente. Si tratta in sostanza di ripetere le stesse valutazioni del livello precedente a distanza di tempo;

4 – valutazione di impatto: soprattutto nella logica di una formazione professionale o aziendale, questo livello valuta gli eventuali cambiamenti intervenuti nelle prassi o nei risultati produttivi a seguito dell’intervento di formazione.

Se applichiamo questi livelli ad una valutazione orientata alle competenze, possiamo esprimerli nel modo seguente:

1 – valutazione della reazione: in questo caso più che la reazione di gradimento del corso ci interessa la reazione in termini di percezione di competenza conseguita. Ciò viene espresso come auto-valutazione della sicurezza con cui si affrontano certi compiti professionali. Il termine usato in letteratura internazionale è self-efficacy e in [3] è mostrato un esempio;

2 – valutazione dell’apprendimento: in questo caso sarà necessario usare strumenti di valutazione della “capacità di usare”, applicabili specificamente alle conoscenze (come ad esempio la soluzione di problemi diagnostici o terapeutici), alle abilità e agli atteggiamenti (attraverso simulazioni di atti o l’osservazione in contesti reali o realistici): simulazione/osservazione in contesti reali o realistici);

3 – valutazione del trasferimento: in questo livello si valuterà la persistenza a distanza ripetendo le stesse valutazioni del livello precedente a distanza di tempo o osservando il comportamento nel periodo successivo alla formazione;

4 – valutazione di impatto: a questo livello la misura è molto più difficile, anche se sarebbe la valutazione decisiva per giudicare dell’efficacia di un intervento formativo. Si tratta infatti di dimostrare un impatto sulla salute e/o sui costi e/o sulla qualità del lavoro.

Esamineremo ora nei dettagli alcuni metodi congruenti a fornire misure per aspetti correlati con la competenza, ai livelli due e tre del modello di Kirkpatrick.

a. valutazione dell’uso delle conoscenze

Sono coerenti con questo scopo le domande a scelta multipla in cui si chiede di decidere di fronte ad una condizione clinica, come nei  seguenti esempi di schemi di domande.

Un (descrizione del paziente) ha (dati anamnestici) e sta assumendo (farmaci). Quale dei suoi farmaci è la causa più probabile di (rilievo anamnestico, dato dell’es. obiettivo o di laboratorio)?

Un (descrizione del paziente) ha (rilievi anormali). Quali ulteriori dati clinici aiuterebbero a discriminare fra la (diagnosi1) e la (diagnosi 2)?

Una lista completa di formati idonei per domande a scelta multipla ad impostazione clinica può essere trovata in4.

I “test delle caratteristiche principali” (key feature problem – KFP) sono tipi di test a domande basati su casi clinici, in cui a sezioni narrative si alternano le sezioni con le domande. Le sezioni narrative espongono i dati del problema (anamnesi, esame obiettivo, risultati di esami diagnostici, terapie e loro esiti), mentre le sezioni con le domande esplorano la conoscenza che il discente ha delle azioni o scelte fondamentali da fare nella circostanza illustrata, come snodi critici del processo decisionale. A differenza delle domande a scelta multipla, i KFPs possono ammettere più di una risposta corretta per gruppo di domande e anche risposte aperte brevi5.

Da ultimo, anche stazioni di Objective Structured Clinical Examination (OSCE)6 in cui si richieda l’interpretazione di referti o di risultati di esami sono adatte alla valutazione di competenza, come nei seguenti esempi:

– osserva questo tracciato ECG di un <descrizione del paziente>, descrivine il ritmo, la frequenza, l’orientamento dell’asse, onde e intervalli  e suggerisci una diagnosi elettrocardiografica

–  un <descrizione del paziente>  ha questa batteria di esami di laboratorio: suggerisci una possibile condizione patologica correlata.

– orienta e osserva questa radiografia standard AP del torace di un <descrizione del paziente>, descrivi l’alterazione morfologica presente e suggerisci una possibile condizione patologica.

b. valutazione dell’uso delle abilità pratiche e degli atteggiamenti

Sono coerenti con questo scopo stazioni di OSCE basate sull’interazione con manichini avanzati o pazienti simulati, come ad es.:

– BLS-D o ALS in scenari clinici di emergenza medica

– manovre (misura della pressione, prelievo venoso)  nel contesto di visita ambulatoriale

– raccolta dell’anamnesi anamnesi, spiegazioni o prescrizioni a un paziente simulato

In queste situazioni può essere valutata la capacità tecnica (manovre di rianimazione cardio-polmonare), ma contestualmente anche la capacità di comunicazione e di lavoro in team. In effetti sono prove realistiche, in cui più ci si avvicina a quelle situazioni reali che sarebbero l’unico vero banco di misura della competenza clinica.

Va in questo senso la tecnica di valutazione denominata mini-CEX7, in cui un incontro con un paziente vero viene valutato da un osservatore. Se al feed-back dell’osservatore-valutatore si aggiungono anche quelli del paziente, di altri discenti presenti alla performance e magari di altri componenti del personale di cura, si parla allora di Multi-Source Feed-back (MSF)8. Quest’ultimo metodo può essere considerato utile nelle situazioni di tirocinio abilitante. Le figure 1 e 2 mostrano esempi di schede di valutazione per il mini-CEX e per il MSF.

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Rimane un ultimo punto da discutere, che ci rimanda all’argomento della congruità, fondamentale quando si parla di valutazione. Innanzi tutto, come già detto, i metodi di valutazione devono essere congruenti col tipo di costrutto che si vuol valutare e misurare. Inoltre, affinché sia possibile valutare in maniera valida gli elementi della competenza clinica, è indispensabile che gli studenti abbiano seguito un percorso di insegnamento/apprendimento orientato alla risoluzione di problemi e con ampio ricorso alle simulazioni. Non si vuol certo negare l’importanza della didattica frontale, specie per l’insegnamento dei fondamenti, ma le conoscenze teoriche e nosografiche costituiscono solo il materiale con cui viene poi costruita la competenza. Questo processo di costruzione passa attraverso l’impegno attivo degli studenti, cimentati con compiti di difficoltà crescente, nella soluzione di problemi clinici su carta o con pazienti virtuali in ambiente elettronico9,10 e con simulazioni sia basate su manichini che su pazienti simulati11. Da ultimo, la valutazione delle ancora acerbe competenze di gestione relazionale e clinica dei pazienti potrà essere valutato “on the job” solo consentendo un periodo congruo di pratica clinica, con compiti di crescente autonomia, pur nei limiti di ciò che uno studente può fare in ossequio alla legge. E’ questa l’ultima sfida in vista di un esame laurea abilitante, insieme alla formazione di tutor efficaci sia come sostegno formativo che come valutatori.

Laboratorio No. 1

Tema: Quali competenze nel I biennio di Medicina, e come si valutano
Esperto: Giuseppe Familiari (Roma Sapienza “S. Andrea”)
Moderatore: Maurizia Valli

Partecipanti: Vittorio Locatelli, Maria Filomena Caiaffa, Tiziana Bellini, Mauro Tognon, Francesco Balata.

Mandato per i Laboratori: I partecipanti di ciascun laboratorio definiscano il contenuto delle competenze trattate nel loro laboratorio in termini di conoscenze, abilità e atteggiamenti. Propongano come valutare le competenze nel loro complesso

Dall’Elenco delle competenze TUNING:

1. Comunicare con i pazienti;

2. Definire e portare a compimento un’appropriata ricerca sulla letteratura.

Perché queste due competenze nel primo biennio

La realtà della formazione in Medicina e Chirurgia in Italia ha visto applicare un approccio, in molti Corsi di Laurea tra cui Sapienza Università di Roma, un profilo di tipo biomedico-psico sociale, che prevede anche l’early clinical contact nei primi due anni di corso; in questo ambito la competenza del comunicare con i pazienti, pur se squisitamente di tipo verticale, assume una importanza di tipo strategico anche nel primo biennio del corso di laurea (Familiari, 2000; Familiari et al., 2001, 2006, 2013; Torsoli et al., 2000; Snelgrove et al., 2009).

Inoltre, nei primi due anni di corso, le discipline di base sono generalmente apprese attraverso il progresso della ricerca scientifica e, in diversi Corsi di Laurea, sono presenti diverse esperienze che possono identificare l’acquisizione di una competenza importante quale quella del definire e portare a compimento un’appropriata ricerca sulla letteratura (Relucenti et al., 2014).

Non deve essere infine dimenticata l’importanza della dimensione internazionale della nostra formazione del medico, e l’importanza che, in questo ambito, possano avere linee guida accreditate a livello internazionale (Familiari, 2013; Familiari et al., 2013; Familiari e Consorti, 2013; Consorti, 2014)

Comunicare con i pazienti

Nell’elenco delle competenze TUNING, quella denominata “comunicare con i pazienti” è la prima del secondo livello in un quadro molto complesso che prevede, come competenza generale di primo livello, quella in cui i: “Graduates in medicine will have the ability to communicate effectively in a medical context”. 

Le competenze correlate di secondo livello sono rappresentate da un elenco analitico che richiede un percorso verticale nell’intero corso di medicina per l’acquisizione completa (tabella 1).

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Tabella 1

Su questo argomento, vi è stata una prima consultazione per capire se questo tema, così specialistico in apparenza, fosse adatto in un primo biennio affollato di materie di base, il cui ruolo, almeno per alcune come chimica e fisica non é spesso compreso dagli studenti nella loro importanza per la costruzione delle basi metodologiche del ragionamento scientifico. Il risultato del primo giro di consultazione é stato che bisogna far comprendere che le scienze di base sono fondamentali per la formazione medica e che quindi devono essere strettamente insegnate in modo finalizzato alla formazione clinica. Una prima conclusione di tipo generale è quella che, già dal primo anno di corso, un insegnamento finalizzato con la presentazione di aspetti clinici potrebbe contribuire all’acquisizione di un linguaggio corretto da parte degli studenti; acquisizione precoce che è stata ritenuta indispensabile come base per una buona comunicazione interpersonale.

Sempre dalla discussione del gruppo di lavoro è emerso come, in molti Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia italiani, ci siano, nei primi anni di corso, corsi integrati di Metodologia Medico Scientifica e/o di Scienze Umane, dove si inizia a affrontare la tematica del rapporto medico paziente; questo tipo di organizzazione di tipo verticale, ancora non applicato sistematicamente nella realtà italiana, sembra essere molto importante per indirizzare precocemente gli studenti su questa competenza in modo corretto.

Il gruppo di lavoro ha giudicato questa competenza sia di tipo trasversale che di tipo verticale, in grado di costruirsi validamente nei sei anni di corso e con il contributo di tutti i corsi integrati già dal primo anno.

Non deve essere sottovalutata, soprattutto per quei corsi di laurea ancora con organizzazione di tipo tradizionale, l’importanza del rapporto interpersonale tra docente e studente, nei corsi delle scienze di base. Da un corretto rapporto tra studente e docente, che non sia di tipo autoritario ma, al contrario sia improntato alla cordialità e alla collaborazione, può trovarsi la radice di quelle che saranno poi le abilità comunicative che lo studente riuscirà ad acquisire lungo l’intero percorso formativo. Anche l’esame orale potrebbe rappresentare un’altra possibilità di imparare la comunicazione: lo studente impara ad usare un linguaggio appropriato e soprattutto chiaramente comprensibile.

La valutazione corretta di questa competenza deve comprendere i diversi metodi di valutazione idonei, quali l’OSCE, il mini-CEX, il feedback, l’uso del paziente standardizzato, l’osservazione diretta e il portfolio (Dornan et al., 2011). Naturalmente questi metodi di valutazione sono strutturati per diversi livelli valutativi e possono essere utilizzati nell’intero percorso formativo, con modalità di valutazione a complessità crescente. Debbono anche essere tenute in considerazione le possibilità organizzative del Corso in merito a disponibilità di docenti dedicati e alle risorse economiche da potervi destinare. Per gli studenti dei primi anni di corso è sembrato maggiormente utilizzabile il metodo dell’osservazione diretta e il portfolio come utile strumento di raccolta delle esperienze fatte dallo studente stesso.

Definire e portare a compimento un’appropriata ricerca sulla letteratura 

Questa è una competenza di primo livello, così definita da TUNING: “Graduates in medicine will have the ability to apply scientific principles, method and knowledge to medical practice and research”. Per questa competenza non sono specificate competenze specifiche di secondo livello.

In questo caso, la discussione nel gruppo di lavoro é stata breve e con un accordo immediato. E’ facile comprendere come tutti i corsi del primo biennio si prestino a mostrare allo studente come si conduca una ricerca di letteratura, come si applichino principi scientifici e metodologie innovative. Sono stati discussi diversi casi esplicativi: a esempio, l’insegnamento della genetica medica non può prescindere da laboratori in cui si impari ad usare data base specifici quali PubMed e OMIM. E’ stata citata anche una esperienza di laboratorio, nel campo dell’anatomia micro strutturale, come metodo precoce per offrire agli studenti di Medicina e Chirurgia uno scenario reale di metodo di ricerca scientifica in argomenti comprensibili già dal primo anno di corso (Relucenti et al., 2014). La conclusione del gruppo di lavoro è stata quella che su questa competenza sia più semplice impostare un approccio pedagogico corretto, anche se vi deve essere comunque posta la giusta tensione organizzativa.

I mezzi di valutazione, in questo caso, possono essere compresi all’interno delle usuali prove d’esame orali e scritte dei corsi integrati del primo biennio. Anche per la valutazione di questa competenza, l’uso del portfolio sembra essere molto interessante per iniziare, insieme con lo studente, quel percorso virtuoso di pratica riflessiva, anche sul metodo della ricerca scientifica, che lo dovrà accompagnare per l’intero iter formativo.

Bibliografia

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Relucenti M, Battaglione E, Miglietta S, Petruzziello L, Familiari G. Early Electron-Microscopy laboratory attendance an efficacious way of introducing medical students to scientific research. In: Microscopy, Advances in Scientific Research and Education, A. Méndez-Vilas Ed., pp. 1145-1150, Formatex, 2014.

Snelgrove H, Familiari G, Gallo P, Gaudio G, Lenzi A, Ziparo V, Frati L. The challenge of reform: 10 years of curricular changes in Italian Medical Schools. Med Teach 31: 1047-1055, 2009.

Torsoli A, Cascino A, Familiari G, Gallo P, Gazzaniga P, Rinaldi C, Della Rocca C, Renda T, Serra P, Frati L. Un’ipotesi di curriculum integrato pre-laurea. MEDIC 20: 204-210, 2000.

Laboratorio No. 2

Tema: Quali competenze al III anno di Medicina, e come si valutano
Esperto: Carlo Della Rocca (Roma Sapienza “E”)

Ai lavori del Laboratorio hanno partecipato: Anna Bossi (Milano Polo Centrale), Calogero Caruso (Palermo), Bruno Moncharmant (Campobasso), Giulia Morace (Milano San Paolo), Raffaella Muraro (Chieti), Giovanni Murialdo (Genova), Sonia Nardulli (Sassari Sism), Riccardo Zucchi (Pisa)

Contenuti del Laboratorio

Inizialmente la discussione si è incentrata sul problema generale della valutazione e, nello specifico, si è sottolineato come la valutazione stessa sia strumento di valorizzazione dell’apprendimento oltre che volano per lo studio strutturato; in particolare si è sottolineto che le modalità stesse della valutazione determinano il tipo di apprendimento e che quindi una valutazione per competenze può aiutare in modo determinante la realizzazione di un apprendimento/insegnamento per competenze. Successivamente la discussione ha affrontato il problema degli strumenti di valutazione rilevando la necessità di stabilirne a livello operativo le modalità di costruzione di utilizzazione oltre che di interpretazione dei risultati della loro applicazione. Nel contestualizzare i concetti espressi è apparso necessario individuare le caratteristiche della condizione del III anno del corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia.

Pur con le dovute differenze locali è apparso chiaro che al III anno:

– si conclude il triennio pre-clinico

– generalmente si concludono i corsi di metodologia clinica

– lo studente dovrebbe aver appreso/sviluppato competenze soprattutto di ordine metodologico e relazionale

– le valutazioni dell’apprendimento dovrebbero misurare la capacità dello studente di applicare – tali competenze nel senso di:

• saper usare le conoscenze acquisite nello studio delle materie di base

• saper usare le abilità metodologiche apprese nello studio delle metodologie di base e cliniche

• saper usare le abilità relazionali sviluppate tramite lo studio delle “humanities”.

In questo contesto sono stati individuati come strumenti di valutazione adeguati:

– una tipologia di esame scritto, con key feature problems per indagare la capacità di usare le conoscenze acquisite

– l’OSCE (objective structured clinical examination) per indagare la capacità di usare le abilità metodologiche

– l’OSVE (objective structured video examination) per indagare la capacità di usare le abilità relazionali

Si è infine passati all’esecuzione del mandato

L’elaborazione del mandato

Sono stati proposti due esempi di competenze:

Condurre un esame obiettivo

Fornire spiegazioni e consigli

Il Laboratorio ha scelto l’esempio “Fornire spiegazioni e consigli” e ha individuato il contesto di “interagire con un assistito che si è sottoposto a un test di screening e ha ricevuto un risultato di positività”.

Preliminarmente è stato individuato il core curriculum necessario per aver sviluppato tale competenza così come di seguito riportato:

– conoscenze epidemiologiche

– conoscenze etio-patogenetiche e fisiopatologiche

– conoscenze relative alla sensibilità e specificità dei test

– abilità “pratiche”

– saper interpretare il valore del test positivo

– abilità relazionali

– saper metter a proprio agio l’assistito

– entrare in empatia con l’assistito

– saper usare un linguaggio adeguato

– saper interagire con il team multiprofessionale

– contestualizzare il risultato del test all’interno del quadro anamnestico

– saper raccogliere l’anamnesi.

Quindi è stato impostato il seguente key feature problem:

Maschio di 35 anni, fumatore, normo-peso con familiarità per cardiopatia ischemica, effettua test di “piazza” nella giornata del diabete con risultato di glicemia = 190 mg/dl. Tu sei il suo medico di famiglia a cui l’assistito si rivolge, spaventato, per spiegazioni.

Come corollario al lavoro svolto è stato notato che una volta seguita la metodologia corretta, in particolare tramite l’individuazione preliminare del core curriculum necessario per formare la competenza indagata, è possibile costruire infiniti contesti anche per un’unica competenza e che lo stesso percorso per costruire un sistema di valutazione per competenze rappresenta un forte strumento “politico” per indurre ad insegnare e ad apprendere per competenza oltre che, inevitabilmente, condurre ad un reale approccio multidisciplinare anche nella formazione del core curriculum.

Laboratorio No. 3

Tema: Quali competenze al IV-V anno di Medicina, e come si valutano
Esperto: Rosa Valanzano (Firenze)

Contenuti del Laboratorio

L’attività formativa professionalizzante (AFP), conosciuta in genere come tirocinio pratico, rappresenta un’attività specifica ed obbligatoria, come prevista  dal DM del 2001.

Non meno di 60 crediti sono destinati alle attività formative professionalizzanti (tirocini) che dovrebbero essere svolti  a piccoli gruppi  con l’esecuzione di attività pratiche, gestuali e relazionali sia al letto della persona malata, sia eventualmente, in un contesto di simulazione, tramite  ad esempio l’impiego di manichini (anche tecnologicamente avanzati) ovviamente disponibili in base alle risorse strutturali ed economiche e del  CLM .

Tale tirocinio è finalizzato a far acquisire la piena padronanza di tutte le necessarie competenze del futuro medico che includono: il percorso intellettivo, le abilità comunicative e quelle pratiche coordinate ed integrate.

Le caratteristiche qualificanti del medico che si intende formare comprendono dunque:

a) buona capacità al contatto umano (communication skills);

b) capacità di autoapprendimento e di autovalutazione (continuing education);

c) abilità ad analizzare e risolvere in piena autonomia i problemi connessi con la pratica medica insieme ad una buona pratica clinica basata sulle evidenze scientifiche (evidence based medicine);

d) abitudine all’aggiornamento costante delle conoscenze e delle abilità, ed il possesso delle basi metodologiche e culturali atte all’acquisizione autonoma ed alla valutazione critica delle nuove conoscenze ed abilità (continuing professional development);

e) buona pratica di lavoro interdisciplinare ed interprofessionale (interprofessional education);

f) conoscenza approfondita dei fondamenti metodologici necessari per un corretto approccio alla ricerca scientifica in campo medico, insieme all’autonomo

g) uso delle tecnologie informatiche.

L’elaborazione del mandato

Lo studente viene messo al centro del proprio percorso formativo, in una posizione attiva che lo porterà gradualmente a gestire le sue stesse attività di apprendimento:

– adeguata accoglienza della persona malata

– appropriata relazione con la persona malata.

Alcuni casi, inerenti procedure  specialistiche (quali l’ inserzione di un catetere venoso centrale o l’esecuzione di una paracentesi) non possono essere necessariamente obbligatori,  essendo pertinenti alla formazione specialistica, benchè  lo studente sarebbe comunque agevolato nel suo successivo iter formativo.

Nell’esperienza del CLM di Firenze le attività professionalizzanti del V anno sono concentrate nel II semestre del V anno, durante il quale non sono previste lezioni frontali.

Sono dunque svolti i seguenti internati:

Medicina interna

Chirurgia generale

Terapia intensiva e subintensiva

Ginecologia ed Ostetricia

DEA (Dipartimento di emergenza-urgenza)

A causa dell’enorme numero di studenti (in media  250) è stato necessario stringere accordi con  i dirigenti di struttura complessa (primari)  di tutta l’Area Vasta , tramite accordi diretti del Presidente del CLM, senza alcuna retribuzione onerosa, ma attribuendo loro  il titolo di tutor.

Attualmente il numero complessivo di docenti e tutors ammonta a 44 unità.

In caso di modifica  di uno dei tutors (per quiescenza o trasferimento) il Presidente ricontatta direttamente il nuovo tutor.

Al fine di assicurare  la qualità della rete formativa viene sottoposto agli studenti  un test di gradimento che include il giudizio su gradimento e frequenza:

Gradimento: ottimo, buono, discreto, sufficiente, insufficiente

Frequenza, come sotto esemplificato.

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Non è invece previsto nessun tirocinio nel VI anno al fine di  consentire agli studenti  di  lavorare  in maniera  approfondita  ma pacata per la compilazione della Tesi di Laurea

Laboratorio No. 4

Tema: Quali competenze alla fine dei sei anni di Medicina, e come si valutano
Esperto: Oliviero Riggio (Roma Sapienza “B” e “C”)

Contenuti del Laboratorio

Il laboratorio è partito dalla definizione di competenza medica come “the habitual and judicious use of communication, knowledge, technical skills, clinical reasoning, emotions, values, and reflection in daily practice for the benefit of the individuals and communities being served” fornita da RM Epstein (N Engl J Med 2007;356:387-96). La competenza medica quindi non può essere considerata una qualità acquisibile una volta per tutte ma piuttosto un habitus mentale all’apprendimento continuo, alla contestualizzazione e alla riflessione continua sulla propria esperienza professionale. Quindi non una condizione da apprendere durante la “Scuola di Medicina” ma acquisibile soprattutto attraverso le successive esperienze di studio e pratica professionale. Inoltre essendo la competenza una attitudine a svolgere efficacemente una attività finalizzata riconosciuta socialmente -nel nostro caso l’attività del medico- è anche evidente come gli studenti di medicina non possano acquisire, per definizione, la competenza medica durante i loro studi. Infine, considerando che la competenza comporta mobilizzare apprendimenti (conoscenze, procedure e logiche disciplinari) per risolvere problemi e per affrontare situazioni nuove e significative e che per realizzarsi comporta il saper agire (mobilizzare le proprie risorse in situazione) il voler agire (motivazione personale) e soprattutto il poter agire (nel contesto che consente e legittima la possibilità di assumere responsabilità e rischi) è evidente il concetto che lo studente di medicina può solo essere introdotto alla “competenza medica”.

Ciò premesso, è evidente che progettare l’attività didattica “per competenza” vuol dire  1) centrare la didattica sulle situazioni/compiti in forma di problemi complessi che lo studente deve imparare ad affrontare, 2) contestualizzare gli apprendimenti in relazione alle situazioni da affrontare e infine 3) valutare soprattutto le potenzialità d’impiego integrato e autonomo di quanto appreso. Questo rende molto diversa la didattica per la competenza dalla didattica per la conoscenza in cui la centratura è sui contenuti scientifico-disciplinari che lo studente deve fare propri, in genere, in forma decontestualizzata.

Nella pratica il professionista della salute parte da un problema, (un disturbo, un dato laboratoristico), che il paziente porta alla sua attenzione, analizza il problema mediante la raccolta mirata di dati (anamnesi, esame obiettivo e indagini diagnostiche) e, al raggiungimento della diagnosi (competenza diagnostica) prende decisioni e fornisce consigli terapeutici/gestionali (ripetere gli esami, a cadenza variabile, ecc.) (competenza diagnostico/gestionale) comunicando e condividendo decisioni e consigli col paziente (competenza comunicativa/relazionale). Il laboratorio ha quindi concordato che alla fine dei sei anni di medicina, dopo che le conoscenze, le logiche disciplinari e le abilità delle singole discipline mediche sono state acquisite nel corso degli anni precedenti, lo studente debba essere introdotto alla competenza medica sostanzialmente facendolo interagire in maniera necessariamente simulata e controllata ma con il massimo grado di verosimiglianza e di responsabilità personale (e naturalmente in ambiente protetto) con situazioni/problemi che possano essere emblematici di un certo contesto clinico (medicina, chirurgia, emergenza, ecc.) e/o sistematici cioè ritenuti talmente rilevanti da dover essere affrontati almeno una volta da tutti gli studenti del corso, indipendentemente dalla loro futura specializzazione.

L’elaborazione del mandato 

I partecipanti di ciascun laboratorio definiscano il contenuto delle competenze trattate nel loro laboratorio in termini di conoscenze, abilità e atteggiamenti. Propongano come valutare le competenze nel loro complesso.

Il gruppo si è quindi chiesto come identificare “problemi core” e quale metodologia didattica fosse la più adatta a farli affrontare dagli studenti secondo le caratteristiche sopra riportate (verosimiglianza, responsabilità personale, e sistematicità). In questo senso ci si è trovati d’accordo nel sottolineare che, a tale scopo, la semplice frequenza di uno o più reparti (medicina, chirurgia, emergenze, ecc.) non può essere sufficiente a   soddisfare il carattere di sistematicità dei problemi selezionati. La didattica in reparto è infatti contingente ai casi effettivamente presenti in quel momento ed è pertanto non adatta a soddisfare la possibilità che tutti gli studenti del corso affrontino almeno una volta tutti i “problemi core”. Alla frequenza in reparto, necessaria per avvertire la logica generale di una certa attività professionale, occorre affiancare metodi didattici specifici (lavoro a piccoli gruppi, discussione dei casi clinici, studio delle differenze, ecc.) che possano far realizzare la sistematicità dei problemi affrontati. Specialmente in ambito di emergenza la simulazione deve quindi affiancare il reparto e consentire l’apprendimento delle tecniche con il massimo della verosimiglianza ma anche della protezione dello studente in formazione.

Il gruppo di lavoro si è quindi dedicato a scegliere da un pool di problemi quelli “core” mediante l’utilizzo del PUIGER: una griglia di valutazione che permette di identificare le situazioni/problema sulla base della loro Prevalenza, Urgenza, possibilità di Intervento efficace, Gravità, Esemplarità pedagogica e Ripercussione sociale. Infine, a titolo di esempio, per uno specifico problema clinico come “la valutazione della gravità di una emorragia digestiva superiore”, il gruppo ha compilato una matrice per lo sviluppo di un modulo didattico comprendente l’ambito di competenza, la competenza attesa, il compito/i complesso/i che lo studente deve saper affrontare al termine del percorso, i prerequisiti in termini di conoscenze e abilità che lo studente deve aver acquisito in precedenza, gli apprendimenti/risorsa da sviluppare in funzione della competenza complessa e infine, la metodologia didattica e la metodologia di valutazione da impiegare in fase di apprendimento e di valutazione dell’apprendimento. Per quest’ultima fase i metodi di valutazione contestualizzati come il key feature problem è apparso particolarmente adatto.

Conclusioni

Pietro Gallo (Sapienza Università di Roma)

La discussione nei laboratori è partita da tre punti-cardine:

– la definizione di competenza professionale clinica come la capacità di utilizzare conoscenze, abilità e atteggiamenti in un contesto clinico reale o realistico;

– la consapevolezza che per poter valutare per competenze occorre aver prima insegnato per problemi;

– la conoscenza della cassetta degli attrezzi a disposizione per valutare l’acquisizione delle competenze professionali, in termini di quesiti a scelta multipla con problemi clinici, key feature problems, stazioni dell’Objective Structured Clinical Examination (OSCE), osservazione in tirocinio valutativo.

Dalla presentazione degli esperti e, ancor più, dai laboratori, sono emerse alcune conclusioni condivise:

– per insegnare e valutare per problemi occorre formare tanto i docenti (con iniziative di insegnare a insegnare non solo per le lezioni frontali ma anche per la didattica a piccoli gruppi, e per l’esecuzione di prove di valutazione obiettive, pertinenti e coerenti) che i tutor clinici (formazione alle attività didattiche professionalizzanti a piccoli gruppi, al tirocinio clinico, alla valutazione in contesto reale o realistico);

– occorre imparare a conoscere e a utilizzare nel migliore dei modi gli strumenti della valutazione. Dai laboratori emerge la necessità di analizzare le singole componenti delle competenze professionali e di utilizzare strumenti di insegnamento e di valutazione come i key features problems e la simulazione;

– la valutazione per competenze impone un core curriculum concordato in un contesto multi- e inter-disciplinare. Occorre decidere quali sono le core competences da insegnare e di cui è necessario valutare l’apprendimento;

– occorre creare un cultura dell’apprendimento attivo, insegnando agli studenti a venire “preparati alla lezione” che diventa un’occasione non tanto di apprendimento passivo quanto di verifica e completamento delle conoscenze;

– la formazione per competenze richiede contesti clinici meta-disciplinari come il tirocinio; infatti la valutazione per competenze mal si applica al contesto disciplinare (l’esame finale del corso) mentre si presta meglio o alla valutazione formativa (feedback, portfolio) o a forme meno parcellizzate di valutazione certificativa, come l’esame di semestre, l’OCE di biennio, o l’esame di laurea abilitante;

– molte competenze devono essere acquisite in modo longitudinale (secondo la spirale di Hardeni) definendo livelli definiti di acquisizione. Per una valutazione longitudinale sono utili strumenti di valutazione formativa come il portfolio e di valutazione certificativa come un progress test delle competenze.

In conclusione, intanto è opportuno notare che dal dibattito nei laboratori non sono emerse particolari criticità per cui i tempi sembrano maturi, anche nel corso di laurea in Medicina, per addivenire alla formazione e alla valutazione per competenze cliniche.

Dal dibattito è emerso uno specifico mandato per la Conferenza Permanente dei Presidenti di CCLM in Medicina, in termini di:

– contribuire alla definizione di ruolo, funzione e reclutamento dei tutor clinici;

– coordinare un lavoro di definizione delle competenze in uscita del laureato in Medicina e Chirurgia (il profilo del medico “normale” Italiano);

– contribuire alla definizione di una valutazione per competenze delle studente in Medicina, durante il corso degli studi e in sede di esame di laurea abilitante.

Bibliografia

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12. Harden RM, Stamper N: What is a spiral curriculm? Medical Teacher 21: 141-143, 1999.

Cita questo articolo

Consorti F., Della Rocca C., Familiari G., Gallo P., Riggio O., Sperandeo F., Valanzano R., Verso una Laurea professionalizzante. Certificazione delle Competenze professionali, Medicina e Chirurgia, 65: 2931-2941, 2015. DOI:  10.4487/medchir2015-65-3