Obituary -Elogio di Lucianon.85, 2020, pp. 3746

Luciano fu Presidente della Conferenza dal 1995 al 1997 ma ne era stato assiduo frequentatore sin dalla sua fondazione, giusto a metà degli anni 80, quando Ludovico Scuro era il presidente della sede di Verona e Luciano l’uomo della didattica nella stessa.

Faceva parte di una “parrocchia veneta” che, lungo l’asse Padova-Verona, univa Luciano a Paolo Benciolini, Cesare Scandellari, Giovanni Federspil, Giuseppe Realdi, con un prolungamento a Roma Campus da Paola Binetti, riconosciuti punti di riferimento per etica, pedagogia e metodologia medica nel nostro Paese.

In Conferenza ebbe spazio e tempo, prima e dopo il biennio di presidenza, per sviluppare tutto il suo temperamento e dimostrare la propria competenza specifica; possedeva la virtù dell’umiltà, la fede nella conoscenza, la visione del futuro; era il profeta dell’apprendimento e non dell’insegnamento ed aveva posto lo Studente al centro degli interessi del Docente; preparava ogni suo intervento con estrema responsabilità e meticolosità, i suoi scritti, che non erano mai improvvisazioni ma l’esito di un faticoso lavoro, divenivano libri di testo per noi presidenti e per i nostri docenti.

Erano quelli d’altra parte, anni di intenso fervore formativo. Nascemmo come Conferenza dei Presidenti nell’85 ed un anno dopo veniva promulgata la legge che rinnovava completamente il corso di studio ancora legato alla Riforma Gentile del 33; a quella prima riforma ne fecero seguito altre due, l’ultima del 1966, proprio l’anno in cui Luciano era presidente. Ne derivò per lui e per noi il compito di applicare al corso di laurea la nuova versione della storica Tabella XVIII, una tavola sinottica che ordinava gli insegnamenti del corso di studi e ne sanciva la successione temporale.

Cambiavano l’accesso, rigorosamente a numero chiuso, si istituivano i crediti formativi, i cicli di lezione e le sessioni d’esame divenivano due per anno, nascevano i corsi integrati e l’attività didattica (poi formativa) professionalizzante, si riservava agli studenti, con l’istituzione delle attività elettive, la possibilità di personalizzare il proprio piano di studi, si disegnava il cammino da percorrere (core curriculum) e tanto altro.

Eravamo giovani, determinati e sicuri di cambiare il mondo.

In tutto questo fervore di idee e di realizzazioni, Luciano non conosceva pause e non si concedeva riposo; lanciava il cuore oltre l’ostacolo, guardava al futuro e ripeteva a me, segretario della Conferenza, “seminiamo, seminiamo, qualcosa resterà”.

E molto è restato. A cominciare dalla Guida all’applicazione del nuovo ordinamento didattico, un manuale pratico, scritto da Luciano nel 1996 fondamentalmente a quattro mani con Guido Coggi (che sarebbe stato il suo successore alla presidenza), un manuale nel quale si fornivano ai Docenti di Medicina le chiavi per entrare nello spirito della Riforma e per applicarne razionalmente i contenuti.

Per continuare con il Core curriculum che, dopo un modello sperimentale di Cesare Scandellari del 1989, si presentava come la guida sicura che la Conferenza metteva a disposizione degli Studenti per condurli all’acquisizione dei saperi irrinunciabili.

Infine il disegno strutturato per la realizzazione di un proficuo programma di apprendimento pratico al letto del malato, tuttora in vigore anche se ovviamente ripetutamente aggiornato.

Così Luciano ha lasciato il segno nella formazione universitaria del medico e nei nostri cuori.

Il ricordo indelebile di un Amico caro, leale, prezioso, con il quale abbiamo felicemente condiviso momenti di impegno accademico e di affettuosa amicizia.

Giovanni Danieli ricorda Claudio Marcello Caldarera84, 2019, p. 3744

Con Claudio Marcello Caldarera scompare uno dei Padri fondatori della nostra Conferenza.

Nella seconda metà degli anni ’80, in pieno fervore per il rinnovamento globale dell’Ordinamento didattico che ci accingevamo a realizzare, Claudio ed io ci incontrammo casualmente a Bologna, lui grande biochimico nell’Alma mater, io ex-bolognese in quel momento patologo medico ad Ancona, entrambi Presidenti di fresca nomina, entrambi eccitati ma anche preoccupati per l’incarico che ci era stato appena conferito. Fu allora che gli proposi, uniamoci, parliamone insieme, questo faciliterà la nostra missione.

Ci incontrammo tutti, scolaretti al primo giorno di scuola, nell’Hotel Emilia di Portonovo di Ancona; l’anno dopo e per trent’anni sarebbero stati Il for-tino Napoleonico e La fonte nella stessa località la sede rituale della Conferenza.

Costituimmo il Collegio dei Presidenti dei Corsi di laurea in Medicina che doveva poi divenire, e proprio per suggerimento di Marcello, una Conferenza permanente, lui Presidente, io Segretario.

Marcello era uomo che aveva le idee molto chiare e l’energia per realizzarle, era persona serena, equilibrata, saggia, legato all’Istituzione ed alla tradizione, gentile e nello stesso tempo determinato.

Con lui il Collegio visse un anno felice e molto redditizio; poi, al termine dei dodici mesi, considerati l’irresistibile ascesa di Luigi Frati all’epoca astro nascente della politica accademica nazionale ed il ruolo dominante che Luigi aveva raggiunto nel nostro sodalizio, fece spontaneamente un passo indietro e mise nelle mani di Luigi I destini della Conferenza. Un gesto di rara umiltà che confermava la sua gran-dezza.

Apparteneva Marcello ad una famosa scuola medica bolognese sorta intorno a Giovanni Moruzzi principe della biochimica nazionale nella seconda metà del ventesimo secolo; divenuto poi biochimico a Parma Marcello costruì egli stesso un prestigioso Gruppo di Allievi dal quale era destinato ad emergere Amos Casti suo successore nella stessa sede e futuro segretario della Conferenza.

Oggi in Amos ritroviamo intatte le qualità di passione per l’insegnamento, serietà, signorilità, discrezione, capacità organizzativa, efficacia che sono state proprie del suo Maestro. I grandi uomini lasciano il segno. E questo ci consola della loro perdita.

Ricordiamolo con ammirazione ed affetto

Giovanni Danieli

Il saluton.72, 2016, pp.3262

Schermata 2017-01-31 alle 14.59.23Nella seconda metà degli anni Ottanta veniva avvertita in tutte le facoltà di Medicina del nostro Paese, così come in quelle di tutta Europa,  l’esigenza di un rinnovamento globale dei processi formativi. In realtà – è una citazione storica, ma la ripeto volentieri –  in quegli anni  la formazione in medicina seguiva ancora i principi contenuti nella Riforma Gentile, nella quale le discipline oggetto di  prove di verifica erano  elencate in quella che nel testo appariva come tabella diciottesima, divenuta poi tabella diciotto nel linguaggio corrente.

Iniziava in quegli anni un acceso dibattito che doveva successivamente portare ad alcune importanti innovazioni nei corsi di laurea. Cito tra queste: istituzione dei semestri, tempo pieno e definito per lo studente, riduzione spiccata della didattica frontale in favore di quella pratica e del tirocinio ospedaliero, fusione delle discipline in corsi integrati, core curriculum, strumenti diversi di valutazione dell’efficacia didattica.

Ora la tabella diciotto è stata superata dal nuovo Ordinamento, ma per molti anni fu al centro dei lavori della Conferenza dei Presidenti dei corsi di laurea in Medicina, che dapprima ne curò l’applicazione coerente al testo, in un secondo tempo e sulla base dell’esperienza vissuta ne fece oggetto di critica e quindi di proposte migliorative.

In questo grande fervore di studi, in questo ritrovato entusiasmo per la formazione medica, nacquero i Quaderni, voluti da Luigi Frati all’epoca nostro straordinario Presidente, per far giungere a tutti i corsi di laurea i suggerimenti che la Conferenza forniva con il fine di ottenere un armonico sviluppo della formazione in tutte le sedi. Venivano prodotti in realtà, sotto la spinta di Luigi Frati e attraverso l’opera di gruppi di lavoro, più documenti che presentavano risultati di ricerche, inchieste, proposte di modelli didattici innovativi, raccomandazioni periodiche, guide alla corretta lettura ed applicazione del nuovo Ordinamento didattico. Quest’opera di informazione e allo stesso tempo di formazione continuò sotto le presidenze di Luciano Vettore, Guido Coggi e di chi scrive, mentre la rivista espandeva le proprie radici divenendo nel contempo anche il periodico della Conferenza dei Presidi, della Conferenza dei corsi di laurea in Odontoiatria e, appena  istituiti, dei corsi di laurea delle Professioni sanitarie. Assumeva infine  nell’anno 2000 l’attuale veste tipografica.

Si è assistito poi, con la presidenza di Andrea Lenzi,  ad una fase di ulteriore crescita della Conferenza e, in parallelo, dei Quaderni che si sono arricchiti di nuove rubriche ed hanno visto la definizione delle nuove norme editoriali, periodicità trimestrale, acquisizione dell’ISSN,  sommario e riassunti in lingua inglese, edizione on line della rivista. Accogliendo poi in apposite rubriche gli interventi in Conferenza di esperti della formazione in medicina o di personalità della Sanità o di altri settori il nostro periodico  è progressivamente divenuto la sede di un proficuo dibattito inter-istituzionale.

Ora per me  è il momento di lasciare la rivista dopo circa trent’anni, lasciare con la serenità di chi sente di aver svolto il  compito con la passione che mi proviene dalla terra d’origine ed il metodo di lavoro che ho appreso dal mio Maestro; lasciare facendo mie le parole di San Paolo a Timoteo, Bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi.  Lasciare ringraziando ex abundantia cordis Luigi ed Andrea che mi hanno concesso il privilegio della loro amicizia, del loro affetto e della loro stima e l’opportunità di condividere con Loro in letizia e lealtà trent’anni per me esaltanti di impegno per una Università migliore; mi hanno fornito il modello di uomini che vivono nell’Istituzione per l’Istituzione e non li dimenticherò mai. Ringrazio infine, con affetto, riconoscenza e commozione, tutti gli amici Colleghi che mi hanno offerto con grande generosità quella preziosa collaborazione senza la quale tutto quello che per la rivista è stato fatto non si sarebbe realizzato.

Giovanni

La storia della Conferenza vista attraverso i suoi Protagonistin.67, 2015, pp.3014-3027

Introduzione

Per oltre nove secoli le Facoltà di Medicina hanno prodotto un solo tipo di laureato, il Medico, il Dottore per antonomasia, ma nei primi anni ’80 dello scorso secolo emerse l’idea che nove anni di studio, sei di laurea più tre di specializzazione, potevano essere eccessivi per formare un buon odontoiatra. Per tale considerazione e per permettere ai giovani che avevano scelto questa professione un più precoce ingresso nel mondo del lavoro, si pensò di sdoppiare la formazione disegnando due diversi percorsi, quello del medico, contenuto nei sei anni, e quello dell’odontoiatra per il quale quattro anni potevano essere sufficienti ad acquisire una competenza adeguata. Emerse anche la necessità di costituire, per la formazione delle due figure professionali, Consigli di Corso di Laurea distinti, ciascuno con un proprio presidente e con la delega della facoltà a coordinare l’attività formativa.

Negli stessi anni venne avvertita anche l’ esigenza di riformare l’ordinamento didattico che si basava ancora sul Regio Decreto del 1935, noto come legge Gentile dal nome del ministro che l’aveva proposta, nel quale era contenuta una tabella sintetica, la tabella XVIII, che definiva la tipologia e la successione temporale degli insegnamenti. Si lavorò quindi per costruire un nuovo ordinamento con una nuova tabella XVIII, che doveva divenire, prima della sua definizione, luogo di incontro e talvolta di scontro tra presidi di facoltà, presidenti di corso di laurea, esperti di formazione medica.

L’ordinamento approvato (DPR 95 del 28 febbraio 1986) apportava alcune profonde modificazioni del percorso formativo, tra le più significative i limiti d’accesso ed il debito formativo, il core curriculum e la didattica elettiva, i seminari e l’attività formativa professionalizzante, i tutori personali e didattici.

Indubbi protagonisti del rinnovamento sono stati Gaetano Salvatore e Lugi Frati, oltre ad alcuni clinici medici tra cui Alberico Borghetti, Ugo Teodori, Bruno Bonati e Ludovico Scuro.

Gaetano Salvatore, patologo generale in quel di Napoli, della sua terra campana aveva portato in questa impresa tutto il calore e il colore, nonché l’entusiasmo e la passione, cui si associavano coerenza e determinazione sino ad un vero autoritarismo. Gaetano era un tipo sanguigno, la sua natura espansiva poteva divenire a volte prevaricatrice, la sua contrarietà poteva trasformarsi in ira, ma certamente questo straordinario personaggio deve essere considerato, con Luigi, il padre del nuovo ordinamento.

Luigi nutriva per Salvatore amicizia e rispetto, anche perché collega più anziano ed esponente di spicco della loro disciplina. Il loro rapporto, di assoluta collaborazione, doveva, come vedremo, evolvere negli anni sino a capovolgersi e fare di Luigi uno dei principali protagonisti del rinnovamento.

La nascita della Conferenza e la presidenza Caldarera

Fu in questo clima di fervore innovativo, nel quale si intrecciavano uomini ed idee, proposte e controproposte, commissioni ufficiali ed ufficiose che, nel corso di un convegno a Bologna, nella primavera dell’85, ci incontrammo, Claudio Marcello Caldarera ed io, freschi presidenti dei rispettivi corsi di laurea di Bologna e di Ancona, fieri del nostro nuovo ruolo, ma anche preoccupati della responsabilità che ci assumevamo e delle difficoltà che avremmo dovuto affrontare.

Pensammo allora di incontrare i presidenti delle altre sedi, che certamente condividevano gli stessi entusiasmi ma anche le stesse ansie, per confrontare le rispettive opinioni ed approfondire e dibattere insieme l’ ordinamento che si stava costruendo. Decidemmo così di promuovere una riunione nazionale di tutti i presidenti in carica e di invitare, nelle facoltà in cui non erano ancora stati eletti, i loro Presidi. Scegliemmo come sede di incontro Portonovo di Ancona perchè luogo ameno e fuori dalle mura cittadine, quindi sede ideale per familiarizzare, riflettere ed assumere decisioni.

Volli sentire per primo Luigi Frati, allora presidente del CdL di Roma ed astro nascente dell’accademia medica italiana. Luigi “benedì” l’impresa, l’incontro si fece ed i neo-presidenti, un po’ con l’aria di scolaretti al primo giorno di scuola, si ritrovarono il 6 ottobre del 1985 presso l’Hotel Emilia di Portonovo, alle pendici del monte Conero, in uno splendido isolamento.

Raggiunsero Portonovo i presidenti G. Danieli (Ancona), C.M. Caldarera (Bologna), G. Ragnotti (Brescia), A. Balestrieri (Cagliari), A. Migliore (Ferrara), L.F. Signorini (Firenze), S. Pontremoli (Genova), P. Campa (L’Aquila), S. Navarra (Messina), L. Allegra (Milano), B. Bonati (Modena), C. Giordani (Napoli I), F. Rinaldi (Napoli II), A. Salerno (Palermo), G. Bo (Pavia), E. Rinonapoli (Perugia), L. Frati (Roma La Sapienza), E. Miele (Sassari), C. Fruschelli (Siena). S. Curtoni (Torino), M. Marigo (Verona). Dei presidi invitati nessuno potè intervenire. Si costituì il Collegio dei Presidenti che, un anno dopo, doveva divenire Conferenza permanente dei Presidenti di Consiglio dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, in analogia con le già esistenti Conferenze permanenti dei Rettori e dei Presidi di Facoltà.

Quando fu il momento di procedere alla nomina del presidente, Luigi, naturale candidato, non accettò l’investitura perché molto impegnato nel CUN. Non si ebbe allora esitazione alcuna nel nominare Marcello Caldarera Presidente e chi scrive Segretario.

La prima occupazione della neonata Conferenza , oltre quella di redigere un Regolamento, fu di conoscere, approfondire e dibattere il modello di ordinamento proposto e di esprimere per ciascun punto di esso il proprio giudizio; si pensò allora di costituire dei Gruppi di lavoro, cui fu demandato il compito di analizzare determinati aspetti dell’Ordinamento che stava delineandosi e di fornire su di essi conferme, critiche, proposte.

Un’altra esigenza subito avvertita fu quella di un incontro con i Presidi per conoscere i loro orientamenti e per offrire piena disponibilità. Nacque così la prima di una serie di Conferenze congiunte, che si svolse a S. Miniato al Tedesco (Pisa) il 2-3 giugno 1986. Da una parte vi erano Ugo Teodori, Presidente della Conferenza dei Presidi e Paolo Carinci, bolognese ma istologo a Ferrara che di Teodori prima, di Salvatore poi, sarebbe stato fedele e scrupoloso collaboratore; dall’altra Marcello Caldarera ed io. Vi fu un confronto di opinioni e ci si accordò sui futuri adempimenti.

In tutta questa azione, Claudio Marcello Caldarera aveva guidato la Conferenza con stile impeccabile, serenità, fermezza, intervenendo su ogni problema con lucidità e spirito critico e dimostrando sempre profondo attaccamento ai valori della tradizione universitaria.

La presidenza di Luigi Frati

Due anni dopo, ottobre 1987, Luigi, su invito di Marcello Caldarera, assunse la presidenza. Seguì una fase felice di grande fervore, di produttività e sviluppo. Luigi nominò vice-presidenti Aldo Pinchera e Ludovico Scuro; nel 1990 Italo Pannella subentrò a Scuro e nel ’93 Salvatore Navarra a Pannella; fui confermato come segretario ed ebbi così l’occasione di stabilire con Luigi un rapporto di intensa e fattiva collaborazione, ma anche di amicizia e di piena lealtà, che doveva restare immodificato in tutti questi anni.

Luigi Frati è persona di grande talento, dotata di straordinaria intelligenza, memoria prodigiosa, chiarezza di idee, acume politico, preveggenza; possiede un formidabile capacità di lavoro e di coordinamento. La sua disponibilità verso tutti lo portava a ricevere ogni giorno un numero rilevante di colleghi. Ricordo al proposito una scena che si ripeteva spesso e che mi colpì: accoglieva molti docenti nel suo studio, ognuno con il proprio problema di carriera, ma poteva succedergli – e succedeva spesso – di dover, per altri impegni non rinviabili, lasciare frettolosamente lo studio; continuava allora il colloquio lungo i corridoi sino all’uscita del dipartimento, ascoltando i colleghi che per ragioni di tempo non avevano avuto accesso e che di corsa, magari con affanno se l’età lo induceva, gli esponevano il proprio problema; per tutti aveva risposta immediata, completa di date, luoghi, persone, e così fino a raggiungere la sua macchina, una semplice 500, che doveva portarlo altrove.

Come s’è detto, un anno prima che Luigi salisse alla presidenza, sulla Gazzetta ufficiale era stata pubblicata la nuova tabella XVIII e tutti ci accingevamo alla sua applicazione.

La prima scelta di Luigi fu quella di attivare numerosi Gruppi di lavoro guidati da un Coordinatore e di affidare loro l’analisi, l’interpretazione dei singoli articoli e la formulazione di modelli applicativi.

Vennero in successione esaminati dai Gruppi diversi argomenti e prodotti altrettanti documenti, che mi piace ricordare, citando solo il nome del primo autore: obbiettivi della didattica formale e teorico-pratica (Cesare Scandellari 1989, Ludovico A. Scuro 1989, L. Federico Signorini 1989, Federico Manenti 1989, Luciano Vettore 1989-1992-1993, Bruno Bonati 1991, Claudio M. Caldarera 1993, Sergio Curtoni 1995); propedeuticità, sbarramenti e trasferimenti (Domenico Mancino 1989, 1990, Sergio Curtoni 1990, Aldo Pinchera 1993); strumenti didattici (Sergio Curtoni 1989); tesi ed esame di laurea (Giovanni Bo 1989, Sergio Curtoni 1991, Giuseppe Realdi 1994); prove di selezione (Sergio Curtoni 1989, Corradino Fruschelli 1989); didattica integrativa (Fausto Grignani 1989); osservatorio sulla formazione (Sergio Curtoni 1990-1992-1993-1994, Giovanni Danieli 1991, Aldo Pinchera 1994, Luigi Frati 1995); insegnamento tutoriale (Francesco Saverio Ambesi Impiombato 1990, Arnaldo Capelli 1992, Saverio Cinti 1993); piani di studio (Carmelo Fersini 1990); corsi monografici (Arnaldo Capelli 1991); Regolamento (Luigi Frati 1990); insegnamento di Anatomia patologica (Arnaldo Capelli 1991); spazi didattici (Carmelo Fersini 1992, Corradino Fruschelli 1992); valutazione dei docenti (Luciano Fiore Donati 1992, Sergio Curtoni 1992, Amos Casti 1994); relazione triennale (Amos Casti 1992); tirocinio post-laurea (L.Federico Signorini 1993); studio guidato (Giuseppe Realdi 1993); crediti didattici (Cesare Scandellari 1994-1995); esami di profitto (Luciano Vettore 1994, Giuseppe Realdi 1994, Saverio Cinti 1994); nuova tabella XVIII (Vittorio E. Andreucci 1995, Luciano Vettore 1995, Guido Coggi 1995).

Giunti ad un anno dall’applicazione tabellare, avvertimmo l’esigenza di verificare quando, come e quanto il nuovo ordinamento fosse stato recepito e Luigi pensò di istituire un Osservatorio permanente sulla formazione affidandone la guida a Sergio Curtoni. Sergio ebbe dapprima la collaborazione di Amos Casti e di Saverio Cinti, poi di tutti i presidenti e fu così in grado per molti anni di raccogliere ed elaborare i dati, fondamentali per monitorare il cambiamento, che gli provenivano da ogni parte d’ Italia.

Luigi si rese poi conto che era tempo di stabilire un ponte, una via di comunicazione diretta tra Conferenza e Docenti; pensò ad una rivista e me ne affidò la realizzazione. I fondi iniziali provenirono dal Ministero della Pubblica Istruzione. La rivista si proponeva, come Luigi aveva ben precisato nella presentazione, di “informare, dibattere, affrontare insieme, le difficoltà rappresentate dall’applicazione del nuovo ordinamento didattico, nonché le nuove metodologie educative, i rapporti con altri Corsi di Laurea e l’inserimento del nostro sistema formativo nel contesto europeo”. Il primo numero di Medicina e Chirurgia vedeva la luce nella primavera del 1989; da allora la rivista ha mantenuto la sua regolare pubblicazione.

La lungimiranza era una caratteristica di Luigi. In un weekend della primavera del 1990, ci portò a Travedona Monate, in provincia di Varese, per un incontro con i Medici di Medicina Generale, “di base” come allora venivano definiti, il cui coordinatore era Aldo Pagni, medico fiorentino. Si discusse a lungo e si posero, in quella sede ed in quell’occasione, le basi della collaborazione tra le Facoltà di Medicina e la Società Italiana di Medicina Generale, in favore della formazione nel territorio dei discenti; alcuni anni dopo questo progetto doveva trovare piena realizzazione nel tirocinio pre-laurea dei nostri studenti presso gli ambulatori dei medici di medicina generale.

Tornando alle realizzazioni di quel periodo, di grande rilievo è stata, nel settembre 1991, la preparazione di un Programma nazionale di riferimento ideato da Cesare Scandellari (MedChir 1991; 6:158-203) e rivisto dallo stesso in una successiva edizione (Med Chir 1993; 8: 263-65). Presentava tre livelli, che configuravano ciascuno modelli didattici sempre più dettagliati, dall’essenziale al particolare, quest’ultimo possibile ponte di integrazione con gli altri insegnamenti. Nella seconda edizione aveva proposto uno schema in sei sezioni, che costituiva per gli insegnamenti (integrati) una guida da seguire nella compilazione del programma didattico.

Cesare, Scuola Austoni, è il più grande metodologo italiano e capostipite di una serie di metodologi che onora il nostro paese. Persona illuminata, sensibile, umana, ha intriso di filosofia il suo pensiero e la sua pratica di vita. Nulla in lui è lasciato all’improvvisazione, tutto è frutto di lunga riflessione e di cultura e di saggezza. Personaggio irripetibile, ha illustrato la Conferenza.

I rapporti dell’Osservatorio dimostravano però che la nuova tabella non aveva portato i risultati attesi per la mancanza di obbiettivi specifici definiti, l’espansione intollerabile di una didattica tradizionalmente formale, la sua rigidità, l’eccessivo numero di esami, la mancanza di una efficace integrazione tra discipline e tra corsi ed il ritardo accumulato dagli studenti nel compiere il proprio iter.

Venne diffuso nel 1992 un documento (Report and Recommendations on undergraduated medical Education dell’Advisory Committee in medical Training – Bruxelles, 27-28 ottobre 1992) del Comitato consultivo per la formazione del Medico di cui facevano parte i nostri Gaetano Salvatore e Paolo Carinci, documento che sottolineava per tutti i paesi europei i tre aspetti fondamentali del percorso formativo, l’accesso, il core curriculum e la valutazione, a cui tutti dovevamo uniformarci.

L’insoddisfazione di quanto conseguito e l’ulteriore invito al rinnovamento convinsero Luigi a procedere ad una revisione della nuova tabella XVIII ed a proporne un’altra in sua sostituzione. Questo lavoro, che impegnò tutta la Conferenza, si protrasse per circa due anni finchè, nel maggio ’93, la Conferenza fu in grado di presentare una nuova configurazione tabellare; la proposta venne dibattuta dalle facoltà e dai consigli di corso di laurea, riveduta e perfezionata da una Commissione mista di cui facevano parte cinque presidi (Paolo Carinci Coordinatore, Gaetano Salvatore, Fabrizio Bresadola, Almerico Novarini e Pietro Tosi) e cinque presidenti (Luigi Frati, Aldo Pinchera, Giuseppe Realdi Luciano Vettore ed io); i lavori di questa commissione vennero quindi sottoposti ad un attento esame e ad alcune sostanziali integrazioni da parte di una Commissione ministeriale coordinata da Nicola Dioguardi. Dopo la definitiva approvazione del CUN la nuova tabella XVIII, tramite la nostra rivista, veniva diffusa ai colleghi di tutte le facoltà mediche nel luglio del 1995. Oltre un anno dopo, il 30 ottobre 1996, le innovazioni didattiche apparivano in Gazzetta Ufficiale.

La grande flessibilità di questa nuova tabella poteva tuttavia far correre al nostro paese il rischio di un’eccessiva eterogeneità nella formazione del medico. Luigi allora ci chiese di preparare in tempi brevi un “ manuale” contenente le indicazioni necessarie per l’applicazione del nuovo ordinamento e di inserire in esso alcuni modelli didattici di riferimento. Questo programma fu realizzato alcuni mesi dopo, durante la sua presidenza, da Luciano Vettore che potè godere della straordinaria collaborazione di Guido Coggi; il manuale che si sarebbe costruito avrebbe contenuto, come Luigi aveva chiesto, sia il commento alle norme sia modelli applicativi delle stesse.

Il programma, di cui ho fornito solo pochi cenni, fu conseguito grazie alla grande personalità di Luigi ed all’ impegno generoso e qualificato di tutti i presidenti che si succedettero nell’incarico. Impossibile ricordarli tutti. Il lettore potrà trovare segno della loro opera sfogliando l’elenco delle pubblicazioni presentato nel terzo capitolo. Mi limiterò a citare alcune figure straordinarie e indimenticabili.

Corradino Fuschelli, anatomista di Siena, uomo che univa ad una singolare competenza una gentilezza di modi ed una eleganza di essere; Federico Signorini, igienista di Firenze, figura aristocratica dell’accademia e non solo, nel quale cultura ed umanità erano così mirabilmente fuse da farne un interlocutore gradevolissimo; Carlo Bo, igienista a Pavia ed Italo Pannella, ginecologo a Catania, all’epoca non più giovanissimi e quindi portatori di saggezza e di esperienza di altri tempi; Federico Manenti di Modena, dinamico, intelligente, entusiasta trascinatore.

Altri grandi personaggi della presidenza Frati furono Aldo Pinchera, Salvatore Navarra e Giuseppe Realdi.

Aldo era uomo di Gaetano Salvatore, e questo non era certo per lui il miglior biglietto da visita in una Conferenza tutta fratiana. Ma Luigi lo accolse benissimo e così quest’uomo, geniale, brillante, sagace, esuberante, seppe dimostrare tutto il suo altissimo valore in numerosi interventi ed in più documenti.

Salvatore Navarra: immaginate un ometto piccolo e rotondeggiante, comportamento austero e umano insieme, sguardo puntuto e penetrante come in certi quadri del Goya, parlare pacato, scandito, deciso.

Siciliano, rappresentante di una baronia accademica d’antan, è l’uomo dei principi che non si tradiscono, delle tradizioni che si conservano e si tramandano, del potere efficace; è l’uomo che aveva fatto dell’onore il fondamento del vivere.

Una volta, mi raccontò Luigi, si recò da un Ministro, non ricordo più quale, che non potè o non volle riceverlo. Lui non si scompose, non si spostò di una virgola, si sedette in anticamera e all’esterrefatto segretario disse: “io qui sto” e non si mosse finchè non fu accolto.

Altre voci, altre stanze…

Giuseppe Realdi è uno tra i più grandi clinici medici che il nostro paese abbia avuto negli ultimi trent’anni. Personaggio dallo stile inconfondibile, ha coniugato competenza clinica ed attitudine didattica, ha assecondato entrambe ponendo al centro della sua attenzione e la persona da assistere e lo studente da trasformare in medico. Ha sempre creduto che la competenza fa il dottore, ma che occorrono competenza ed umanità per fare il medico. Così ha fornito un modello ed un insegnamento.

La sua partecipazione alla Conferenza è stata colta, continua, entusiastica, ma anche sofferta. Sofferta quando s’accorgeva che l’università non era quella dei suoi ideali (Med Chir 1994; 9; 315-19). Ricordo che Giuseppe, come Mosè che scendeva dal Monte Sinai con le tavole dei Dieci comandamenti, veniva in Conferenza portando con sé le Recommendations della Comunità Europea già ricordate, che citava sempre e di cui aveva evidenziato con diversi colori le parti più significative. C’erano nei tanti colori di quei fogli tutto lo studio del presidente e tutta la passione del docente.

Dopo sei anni, chiamato da altri impegni, Luigi lasciava la Presidenza per passare a ricoprire diversi posti apicali, in successione nel CUN, nella Conferenza permanente dei Presidi di Facoltà, nell’Istituto Superiore di Sanità, alla Sapienza ove è stato Rettore, sempre esibendo genio, umanità e consumata esperienza che hanno fatto di lui una delle personalità di maggior spicco nell’accademia medica italiana.

La presidenza di Luciano Vettore

Non avemmo troppe difficoltà nella scelta del successore.

Luciano Vettore, clinico medico di Verona, aveva dimostrato, durante la presidenza di Luigi, tutto il suo temperamento e la sua competenza specifica; aveva alle spalle una profonda cultura pedagogica ed una grande maturità di pensiero; preparava ogni suo intervento con estreme responsabilità e meticolosità; i suoi documenti erano frutto di profondo studio, le sue costruzioni erano di una logicità e lucidità esemplari, di una chiarezza assoluta, le sue affermazioni di grande razionalità; guardava al futuro, che poteva sembrare anche di difficile realizzazione, ma soleva ripetere “seminiamo, seminiamo, qualcosa resterà”. E’ stato un grande presidente e un grande maestro, ed enorme è stato il suo impatto nella formazione pedagogica di noi presidenti. Invito a rileggere i suoi scritti, si ritroverà la storia di un pensiero coerente e costante che nessuno oserà ritenere superato.

Nel suo Direttivo volle quali vice-presidenti Salvatore Navarra e Saverio Cinti e me quale segretario.

La sua presidenza durò solo due anni perché nel 1997 venne per statuto a scadere il suo secondo triennio di presidenza del Consiglio del Corso Laurea di Verona; i suoi anni sono stati di piena continuità con i precedenti e in armonia con quelli che sarebbero venuti, tutti connotati da un impegno costante a formulare proposte sia pedagogiche che didattiche, le prime vigorosamente sostenute a fondamento di una formazione student centered dei futuri medici, le seconde formalizzate durante il suo mandato in modo definitivo nella terza edizione della riforma dell’Ordinamento didattico (G.U. n. 255 del 30.10.1996). Giova ricordare che questa edizione migliorava le versioni precedenti grazie ad alcune innovazioni sostanziali: l’apprendimento posto al centro del processo educativo degli studenti, quantificato con lo strumento dei crediti e finalizzato alla formazione di un profilo professionale ben definito; la flessibilità dell’Ordinamento; la responsabilizzazione sia dei docenti come facilitatori dell’apprendimento sia degli studenti, attivamente partecipi della propria formazione.

Tali principi sono stati declinati e illustrati con grande chiarezza nella “Guida alla applicazione del nuovo Ordinamento didattico”, un documento ricco di indicazioni e suggerimenti, cui dedicammo un numero speciale di Medicina e Chirurgia (12/1996) realizzato da Luciano con la straordinaria collaborazione di Guido Coggi.

Il documento richiese per la sua preparazione non poche fatiche e notevole impegno; gran parte della sua ispirazione fu poi trasfusa nei Decreti d’Area e alla realizzazione dei suoi elementi qualificanti Luciano diede in tutti gli anni successivi il suo apporto da Past President con innumerevoli contributi, dei quali meritano particolare menzione la definizione del core curriculum e la promozione della didattica professionalizzante.

La presidenza di Guido Coggi

Guido Coggi, brillante patologo milanese, era persona molto esperta della gestione universitaria e dell’organizzazione didattica; possedeva importante carisma, autorità espansa, consapevolezza del potere accademico, fedeltà all’ istituzione. Non fece molte riunioni né costituì gruppi di studio, ma fu grande protagonista nella preparazione della Guida all’ordinamento didattico già citata, ed ospitò nella rivista un importante contributo della neonata Conferenza delle Professioni sanitarie che faceva così il suo ingresso nell’agone accademico.

La Guida Vettore/Coggi nasceva, come s’è detto, al termine di un periodo di intenso dibattito culturale, di pensamenti e ripensamenti , di un grande fervore di rinnovamento che, recepite anche le istanze dal nostro Osservatorio ripetutamente fornite, doveva portare alla nascita della nuova tabella XVIII. Questa Guida è uno dei documenti più significativi che la Conferenza abbia mai prodotto e, se dipendesse da me, la indicherei come libro di testo per i neo-presidenti o aspiranti tali; è infatti indispensabile conoscere i problemi ed i tentativi di soluzione del passato per costruire il futuro. La Guida aveva ripreso punto per punto tutti i dettami della legge e per ognuno aveva offerto un commento e direttive per la sua applicazione. Anche la presentazione grafica fu felice; seguendo le indicazioni di Guido, preparai per la rivista un testo che occupava due terzi di ciascuna pagina, riservando la restante parte sia ai titoletti che indicavano l’argomento trattato, sia ad eventuali appunti e note a margine; così la Guida diveniva utile strumento di formazione oltre di informazione.

Fu poi fu la volta di Medicina e Chirurgia n° 13. In quegli anni la preparazione delle Professioni sanitarie era passata dalla Regione all’Università, e mai scelta fu più benefica; si erano attivati i primi corsi di diploma, infermieristica, fisioterapia e alcuni altri, ben presto trasformati in Corsi di laurea universitari, oggi nel numero di ventidue. In questo nuovo scenario che si apriva, si avvertì immediata la necessità di creare una struttura di coordinamento per le neonate Istituzioni, cosicchè Luigi ed io attivammo, sul modello della nostra Conferenza, un analogo organismo per le nuove classi di laurea. L’iniziativa trovò immediato consenso sia nella componente universitaria della costruenda Conferenza (Paola Binetti, Antonio Pagano, Roberto Delsignore, Gianni Renga e Leandro Provinciali), sia in quella ospedaliera (Luisa Saiani ed Alvisa Palese – ora divenute rispettivamente presidente e segretario della Conferenza succedendo a Frati/Danieli -, Marcello Bozzi ed Angelo Mastrillo, Silvia Bielli e Donatella Valente, Valerio Dimonte, Maria Matarese e molti altri).

Nasceva così nel novembre 1997 la Conferenza delle Classi di laurea delle Professioni sanitarie. Guido dedicò a questa nuova struttura un intero numero di Medicina e Chirurgia (13/1999) che è oggi interessante rileggere per scoprire l’origine e valutare lo sviluppo di tanti idee e progetti, che hanno fatto delle Professioni sanitarie una realtà universitaria.

La presidenza di Giovanni Danieli

Gli anni 1998-2000 videro, come s’è detto, una pausa di riflessione nella vita della Conferenza, nella quale tuttavia vennero prodotte, sotto la presidenza di Guido Coggi, la Guida Vettore/Coggi, appunto, e la presentazione scientifica della Conferenza permanente delle Classi di laurea delle Professioni sanitarie. Ma non si fermò certamente l’ attività legislativa, che portò in pochi anni, dopo la presentazione della nuova tabella XVIII, alla pubblicazione dei DM 509/1999 e 28 novembre 2000, corollario della cosiddetta Legge Bassanini, leggi che si producevano in piena armonia con lo spirito di rinnovamento che in quegli anni in Europa aleggiava intorno all’istruzione superiore.

Fu, questo, un quinquennio di intensa attività e di significative realizzazioni. Vice-presidenti erano Renzo Celesti ed Alfred Tenore, Amos Casti era l’insostituibile segretario.

Il primo atto della Conferenza fu di dotarsi di alcuni strumenti operativi. Iniziammo con il redigere un Manifesto di intenti nel quale si dichiaravano l’obbiettivo generale della Conferenza – stimolare nel Paese una formazione medica essenziale, integrata e professionalizzante – e gli obbiettivi specifici del triennio, la cui realizzazione era demandata ai riproposti Gruppi di studio, guidati da un Coordinatore e regolamentati da una specifica Normativa che preliminarmente la Conferenza si era preoccupata di redigere.

La Conferenza si diede poi un nuovo Statuto (Med Chir 2004; 26: 1013-14) in sostituzione dell’ormai vecchio regolamento del 1985 e preparò una proposta nazionale di Regolamento didattico, conforme alla L.241/1990 ed al Regolamento didattico d’Ateneo, con l’idea di fornire uno strumento utile a tutti i Corsi di Laurea; conteneva le norme concernenti l’articolazione dei Corsi, il piano di studi, i moduli didattici, la tipologia delle diverse attività formative, le commissioni di esame, la frequenza, i fuori corso, la propedeuticità, le diverse forme di attività pratica, il tirocinio ed altro ancora.

Fu quindi la volta della riattivazione dell’ Osservatorio permanente sulla formazione, che Sergio Curtoni aveva realizzato anni prima su invito di Luigi Frati e che Amos Casti volle ripristinare per raccogliere i dati, provenienti da tutti i corsi di laurea, testimonianti il grado di adesione al nuovo ordinamento dopo tre anni dalla sua applicazione. Le informazioni, ottenute da Amos tramite un’inchiesta basata su cinque questionari e realizzata con la collaborazione di tutti i presidenti di CdL, vennero pubblicate su Med Chir (2003; 20: 749-80).

Medicina e Chirurgia intanto aveva ripreso le sue pubblicazioni; rinnovammo la veste editoriale e ponemmo in copertina l’ immagine – che poi doveva divenire il logo della Conferenza – di un bassorilievo presente nel Museo civico medievale di Bologna, Monumento funebre di Giovanni da Legnano, raffigurante degli studenti intenti ad ascoltare il loro maestro; cambiò la sua intestazione, da Quaderni della Conferenza permanente dei Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgia divenne Quaderni delle Conferenze permanenti delle Facoltà (oggi Facoltà/Scuole) di Medicina.

Vennero affrontati alcuni aspetti peculiari dell’organizzazione didattica, che costituirono altrettanti progetti strategici della Conferenza.

La prova d’ammissione apparve subito insoddisfacente, non selezionava, accoglieva tutti nel numero di posti disponibili, non costituiva una valutazione globale perché non teneva conto del rendimento scolastico dello studente prima dell’ accesso, si limitava a sollecitare risposte su quiz di chimica, fisica, biologia e logica, finendo con l’essere solo un esercizio mnemonico. Su questo tema così importante e che peraltro non ha ricevuto ancora una soluzione, si è molto soffermato Giuseppe Familiari, la cui continua azione in questo campo doveva portarlo ad una nuova proposta, definita da sette criteri, relativa all’ammissione in medicina (Med Chir 2005; 29: 1099-1101).

Dopo la pubblicazione dell’ ormai storico Piano nazionale di riferimento, elaborato da Cesare Scandellari nel 1991 e ripresentato nel 1993, la Conferenza ritenne giunto il momento di riprendere l’esame del core curriculum (Eugenio Gaudio, Med Chir 2007; 37-38: 1528-32 e 2007; 40-41: 1694-97). Il lavoro fu affidato ad un gruppo di studio di cui Aldo Tomasi era l’intelligente e trascinante coordinatore, Giovanni Delrio, Umberto Massa, Luigi Murri, Alfred Tenore, Antonio Terranova i membri competenti, mentre Luciano Vettore, all’epoca Presidente SIPeM, portava la sua grande conoscenza metodologica ed Antonio Gaddi, instancabile animatore, la sua abilità informatica con la quale si prefiggeva di diffondere i lavori del gruppo non solo ai corsi di laurea specialistica italiani ma anche ad alcuni stranieri ed alle società scientifiche. Si ebbero due successive edizioni del core curriculum: nella prima edizione del 2002 venivano identificate la unità didattiche di base, cioè i saperi minimi irrinunciabili, distinte in ambiti culturali e tema generale e caratterizzate ciascuna da diversi livelli tassonomici di apprendimento; nella seconda, tre anni dopo, si introducevano nuove unità didattiche elementari (UDE) e i livelli di valutazione venivano limitati a tre componenti , conoscenza, competenza ed abilità.

La Conferenza, con i gruppi di lavoro (qui ne citiamo solo alcuni ed esclusivamente con il nome del Coordinatore) ha costantemente seguito il processo formativo, analizzandone i punti essenziali e definendo per essi precise norme di comportamento.

Paola Binetti e il suo gruppo specificavano l’identità e il ruolo dei Coordinatori di corso integrato, che avevano ciascuno il compito di fondere in un unicum gli obbiettivi, i programmi, gli strumenti didattici e le modalità di verifica dei diversi insegnamenti che componevano il corso; Alberto Calatroni aveva intanto provveduto a precisare il ruolo dei Tutori che in origine – ma in buona parte il soggetto si è perduto per strada – distingueva il tutore consigliere da quello didattico e clinico; Saverio Cinti aveva offerto una brillante presentazione dei Seminari, nella quale gli stessi appaiono occasioni di incontro tra scienze di base e scienze cliniche e, in queste, tra discipline generali e specialistiche; Luciano Vettore ed Alfred Tenore avevano definito l’attività didattica pratica (ADP), relativa al conseguimento di abilità gestuali e comportamentali, svolta come lavoro a piccoli gruppi in laboratorio o in altre strutture didattiche, mentre modello sperimentale di OSCE (Objective Structured Medical Examination) è stato presentato dalla sede di Ancona; l’attività formativa professionalizzante (AFP) che consentiva agli studenti di poter, tra il terzo e il sesto anno del percorso, apprendere sul campo – il reparto clinico più che il laboratorio – conoscenze ed abilità necessarie e raggiungere la competenza clinica, fu oggetto di un’analisi accurata da parte di Aldo Tomasi; il progetto per una Didattica multiprofessionale, destinata a fornire momenti di formazione comune per studenti di CdL diversi ma sicuramente in futuro cooperanti, venne preparato da Paola Binetti; le attività didattiche elettive (ADE) che rappresentavano per lo studente approfondimenti su campi di proprio interesse, furono studiate da Giuseppe Borgia che propose per le stesse un calendario nazionale.

Il 2004 è stato l’anno in cui la Conferenza ha contribuito, per merito di Alfred Tenore e Paola Binetti, all’allestimento dei quiz a risposta multipla che le Facoltà, sotto il coordinamento di Almerico Novarini, preparavano per il nuovo Esame di Stato. Alfred, inoltre, aveva preparato un libretto-diario ad uso degli studenti tirocinanti negli ambulatori di medicina generale.

Il discorso sull’Etica e più in generale sulle Scienze umane è stato sempre, in Conferenza e fuori di essa, il motivo conduttore dell’azione di Paola Binetti. Ma la riflessione sul tema ha radici più antiche. C’era all’origine una corrente patavina di pensiero che coniugava scienze umane e scienze naturali, umanesimo e medicina e che si rifaceva a Paolo Benciolini, Oreste Terranova e Giovanni Federspil. Giovanni e Cesare Scandellari rappresentarono per tanti anni due personaggi “storici” della cultura italiana e certamente non solo di quella scientifica.

Paola Binetti è una di quelle rare persone nelle quali colpisce l’estrema coerenza tra idee e comportamenti, principi e stili di vita; in lei l’etica non è una definizione filosofica, ma una pratica di esistenza. Paola ha il coraggio delle sue idee e la grinta per difenderle; sa quello che vuole e lo persegue con decisione, senza scendere a compromessi; non conosce stanchezza né altri cedimenti, è sempre pronta, quando richiesta, a svolgere una relazione, scrivere un articolo o un libro, reggere il più turbolento dei dibattiti politici. Ha introdotto i “valori” nella sua professione di docente e, più estesamente, in tutti i suoi comportamenti. La sua ascesa è stata repentina, ed io sono felice di pensare che la sua partecipazione alla Conferenza, che ha vissuto con grande intensità, possa esserle risultata proficua per gli straordinari sviluppi della sua carriera.

Tra le iniziative di Paola desidero ricordare, per la singolarità della sede, una tornata della Conferenza che tenemmo a Fermo il 16 settembre 2004, dedicandola interamente al tema delle Scienze umane in Medicina; la svolgemmo nella ex- Chiesa di San Martino, dove la sala – e questo risultò molto suggestivo – fungeva da Auditorium e le cappelle laterali sedi dei gruppi di lavoro. Anche Scienze umane è una fede!

Al tema dell’Etica Giuseppe Familiari è stato molto vicino, tra l’altro con un serie di interventi sull’etica del docente (Med Chir 2012; 54:2407-2411). Invito a leggerli o a rileggerli perché certe raccomandazioni non debbono vivere lo spazio di un articolo o il tempo di un trimestrale.

Giuseppe è il presidente che più di altri ha perseguito l’umanizzazione della Medicina, nelle strutture didattiche come al letto della persona assistita. Ha inteso il rapporto medico/paziente basato non solo sulla irrinunciabile competenza, ma anche sull’empatia, il farsi carico dei problemi dell’altro e non solo di quelli sanitari.

Da questa fede è nato il suo impegno, testimoniato da numerosi interventi ed altrettanti scritti, nello studiare l’accesso al Corso di Laurea, perché la selezione è il primo passo per fare un buon medico; per questo ha dato al Corso di Laurea da lui presieduto un deciso indirizzo bio-medico-psico-sociale, dove le scienze umane concorrono con quelle naturali al progetto formativo; per questo ha ricordato a tutti noi i principi etici che devono guidare il comportamento del docente.

Giuseppe ha voce suadente e pacata, sorriso dolce, sguardo con una sottile vena di ironia, ma dietro a questa apparente seraficità vi sono idee chiare e ferrea volontà realizzativa.

Giuseppe in quegli anni aveva dato inizio, come prima s’è detto, alla costruzione di un corso di laurea ad indirizzo bio-medico-psico-sociale in cui il programma era “orientato per problemi, centrato sullo studente, sull’importanza dell’uomo malato e non della malattia e sul rapporto docente/studente di tipo collaborativo ed interattivo”.

Agli inizi degli anni ’80 cominciò a svilupparsi in Italia l’interesse per la pedagogia medica, grazie soprattutto alla diffusione del pensiero di Jean Jacques Guilbert, un grande pedagogista francese, la cui Guide pédagogique (Guilbert J.J., Guida pedagogica, terza edizione, Armando editore 1981, Roma) fu il testo sacro sul quale teorie di studiosi hanno appreso i principi pedagogici e le regole di un efficace insegnamento. Alle idee di Guilbert aveva fatto cassa di risonanza la fondazione Smith Kline, che aveva fornito spazi e mezzi perché i neo-pedagogisti italiani potessero incontrarsi . Vi erano all’epoca, tra i nostri presidenti, alcuni guilbertiani doc, come Federico Manenti, Gianni Renga, Mario Coltorti, pochi altri; di questi Sergio Curtoni era l’indiscusso leader.

Scuola Ceppellini, Sergio Curtoni con Angelo Carbonara aveva costituito un sodalizio culturale che doveva imprimere grande impulso allo sviluppo della genetica medica e dell’immunoematologia. Nella Fondazione S. K. Sergio era l’enfant prodige del gruppo; esuberante, allegro, voce tonante, sempre pronto alla battuta, grande gourmet, ma autoritario quando occorreva, rigoroso nella ricerca, severo nei giudizi, era l’ animatore di ogni dibattito, il trascinatore di molte imprese. Rappresentante di Guilbert in Italia, aveva diffuso la sua dottrina nella nostra Conferenza e, più ampiamente, nel modo scientifico. Si considerava di casa al Ministero perché in più occasioni aveva fatto parte della commissione per la preparazione dei quiz destinati alla prova di accesso. Pedagogista della prima ora, aveva portato questa dottrina anche in Conferenza.

Nasceva anche in quegli anni la Società Italiana di Pedagogia Medica e Sergio, che ne era stato uno dei promotori, istituì subito stretti legami tra la Società e la nostra Conferenza; da ciò derivarono reciproci vantaggi ed è significativo ricordare che tre degli otto presidenti che questa società ha avuto, Paola Binetti, Luciano Vettore, Pietro Gallo, sono stati nostri presidenti e che Giovanni Renga e l’attuale presidente Fabrizio Consorti partecipano con costanza ai nostri lavori.

La valutazione dell’efficacia didattica è stata continuo oggetto di studi da parte di Massimo Casacchia, studi che sono culminati nella pubblicazione di uno straordinario Manuale – Questionario di accreditamento tra pari (Med Chir 2004; 24; 936-949), una delle opere fondamentali prodotte dalla Conferenza; il modello proposto, che Massimo aveva preparato in collaborazione con Pier Luigi Morosini dell’Istituto Superiore di Sanità, si basava su un questionario di autovalutazione dei corsi di laurea, diviso in due parti destinate rispettivamente a presidenti e docenti.

Massimo Casacchia è un gentiluomo antico dalle idee moderne. Del primo ha lo stile, l’eleganza, il senso della tradizione, il garbo oratorio, delle seconde le innovazioni proposte e realizzate in favore della migliore offerta didattica. Ha dato tanto e per tanto tempo alla Conferenza e fu tra i primi a comprendere e diffondere il principio che valutare significa migliorare l’insegnamento. Così, è stato il paladino della verifica, il profeta dei questionari di valutazione. Il suo studio, che deborda ampiamente dai confini della medicina, costituisce modello applicabile a più sistemi.

Nel novembre 2004 Andrea Lenzi e Sabrina Luccarini presentavano una relazione sulle On-Site Visit. Era questo il resoconto della prima applicazione sperimentale di un grande progetto di studio dedicato alla valutazione e all’accreditamento in medicina, concepito da Andrea; il progetto prevedeva che tutti i corsi di laurea italiani ricevessero sia un questionario sia la visita di commissioni composte da tre o più presidenti o past-presidenti, realizzandosi così autovalutazione e valutazione tra pari. La ricerca, di estremo interesse, assunse tale validità da essere ripetuta, notevolmente arricchita come vedremo, negli anni successivi sotto la presidenza di Andrea.

La prima a parlare di Progress Test fu Paola Binetti, che nella riunione del 13 dicembre 2004 riferì su un nuovo test in grado di valutare non quanto lo studente sapeva, ma quanto ricordava degli insegnamenti precedenti e quanto degli stessi utilizzava negli anni successivi. Paola, poi, passò a servire il Paese a più alti livelli, ma Andrea, consapevole del valore di questo straordinario strumento di valutazione e dei suoi possibili sviluppi, affidò ad Alfred Tenore il compito di preparare un progetto operativo.

Alfred era un tipo singolare; dalle sue origini traeva la creatività italica, negli States aveva preso confidenza con il pragmatismo proprio di quel paese. Era venuto in Italia a distribuire salute e ad insegnare Pediatria ad Udine, ove operò per molti anni; quando terminò l’insegnamento attivo, giusto un anno fa, Alfred fece ritorno nel lontano ovest per divenire Associate Dean del College of Medicine della California Northstate University. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo esportato cervelli.

Alfred era un progettatore nato, per ogni impresa, per ogni progetto disegnava le sue geometrie; nei suoi schemi il pensiero si snodava in una successione logica e razionale di momenti ed i dati che presentava danzavano sullo schermo mossi dalla bacchetta di questo straordinario direttore d’orchestra.

Era anche uno show man, il suo spettacolo era di alta qualità, gli piaceva raccontare, godeva ad essere ascoltato, gioiva dell’applauso finale al quale rispondeva con un breve inchino ed un sorriso felice. Chissà se negli States lo amano quanto noi lo abbiamo amato.

Attivammo sulla rivista una rubrica dal titolo Irnerio, lumen juris, dedicata agli aspetti giuridici ed amministrativi della carriera universitaria; la definimmo così perché all’esordio fu “bolognese” in quanto realizzata da Maria Paola Landini, all’epoca Preside della Dotta, e Paolo De Angelis.

In Conferenza poi avevamo un sicuro punto di riferimento per gli aspetti amministrativi che ci concernevano ed era Massimo Malcovati, Presidente di Milano, personaggio di classe, competenza elevata, elegante parlatore; ha precisato tra l’altro in un suo scritto (Med Chir 2005; 29: 1096-98) le competenze proprie ai consigli dei corsi di laurea. Lo indicherei, sempre se dipendesse da me, e dopo la Guida Vettore/Coggi, quale testo per i neo-Presidenti perché abbiano piena consapevolezza del ruolo e delle funzioni dei Consigli di Corso di Laurea.

Sempre nell’ambito di atti amministrativi Giovanni Delrio, Presidente colto, brillante e molto attivo in Conferenza, aveva preparato un modello di convenzione tra Università e Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici per regolamentare la presenza degli studenti negli ambulatori di Medicina generale; ancora nel campo normativo, Tullio Manzoni per l’Università di Ancona e Gian Franco Gensini per le Università di Firenze, Pisa, Siena, avevano presentato modelli di Protocolli di intesa Università/Regione. Il nostro Irnerio è stato invece Eugenio Gaudio.

Cultura e saggezza e tante altre virtù sono proprie di Eugenio Gaudio, ora Rettore alla Sapienza, prima Preside e Presidente della Conferenza dei Presidi, prima ancora presidente di CdL e quindi membro della nostra Conferenza, che non ha mai abbandonato anche quando il cursus honorum l’ha portato più in alto. E’ stato il nostro Irnerio, perché la sua lunga militanza da Preside gli aveva permesso di accumulare conoscenze ed esperienze sugli aspetti normativi e giuridici dell’amministrazione universitaria.

Quando Eugenio prende la parola, è un piacere ascoltarlo perché dalla sua bocca, come diceva Cicerone di Nestore, melle dulcior fluebat oratio; nelle sue presentazioni l’argomento, il più complesso che sia, si divide nelle sue componenti e si offre in piena chiarezza per ricomporsi in una sintesi finale esaustiva. Eugenio possiede una cultura globale, sa leggere di greco e di latino, ama l’arte e coltiva la musica; è un uomo nel quale la figura del grande personaggio si mescola ad un calore umano che rievoca antichi scenari calabresi.

Guardando alla Medicina per il territorio, ci siamo occupati di Economia e Management sanitario (Gian Mario Raggetti), di Sanità pubblica e Medicina (Giuseppe Nardi), mentre Alfred Tenore, Angela Becchi e Giovanni Renga si sono rivolti alla Medicina di Comunità. Il tema dell’’insegnamento di Medicina generale, argomento sul quale più volte è ritornato Eugenio Gaudio, fu presentato in una riunione ad Alghero il 2 maggio 2004 da Giuseppe Delitala; in quell’occasione la Conferenza congiunta Presidi-Presidenti espresse parere favorevole all’inserimento di argomenti di Medicina generale in alcune discipline di riferimento e ritenne opportuno l’espletamento di parte del tirocinio nel territorio; sempre in ambito di medicina generale, Alessandro Lechi e Italo Vantini hanno dibattuto più volte il tema e concluso per l’opportunità di una loro citazione in alcune discipline pertinenti (Metodologia clinica, Farmacologia, Medicina interna).

Ci siamo occupati di internazionalizzazione, dibattendo l’apprendimento e il perfezionamento della lingua inglese. Pietro Gallo ha presentato a tale proposito un originale modello di insegnamento quinquennale, articolato in cinque moduli diversi, ciascuno con la sua valutazione finale; i progetti Socrates/Erasmus hanno richiamato l’attenzione di Rita Roncone; per sei anni Sergio Curtoni è stato il rappresentante italiano nella Association of Medical School in Europe (Giuseppe Familiari lo sarà alcuni anni dopo). Sergio fondò, in lingua italiana, un prestigioso Bollettino AMSE , che permise a tutti noi di conoscere le attività formative ed i programmi didattici dei diversi paesi europei.

***

Ci trovammo insieme in treno Luigi, Andrea ed io, un pomeriggio, finiva l’inverno 2004; rientravamo da Milano dove avevamo avuto la rituale Conferenza; io cambiavo a Bologna, loro proseguivano per Roma. Dissi: “Al prossimo ottobre andrò fuori ruolo, è tempo di pensare alla mia successione, ma non avremo alcun problema, Andrea è un uomo straordinario e farà meglio di me”. Luigi fu immediatamente d’accordo.

Nacque così la sesta presidenza.

La presidenza di Andrea Lenzi

Andrea è veramente un uomo straordinario, un uomo, ad esempio, che può compiere contemporaneamente più azioni, non so, leggere e parlare insieme, scrivere e rispondere, ascoltare ed intervenire prontamente in un dibattito; queste capacità non sono di tutti. D’altra parte, non è certo un caso se oggi è, contemporaneamente, Direttore di Sezione in un Dipartimento di Medicina universitaria, Presidente del Consiglio Universitario Nazionale, Presidente della V Sezione del Consiglio Superiore di Sanità, Presidente della Società italiana di Endocrinologia, Presidente della nostra Conferenza.

Eppure, quando viene da noi, è come se la Conferenza fosse l’unica sua occupazione: sa tutto di tutti, di quello che si fa e di quello che sarà.

Di grande intelligenza, ambizione misurata, creatività e costanza nel realizzare quel che si prefigge, signorilità, Andrea conosce bene il momento di servire e quello di comandare; conosce l’arte di governare, guida la Conferenza con autorità e semplicità insieme e l’Assemblea è tutta con lui e lo segue compatta, trascinata dalla sua personalità e dal suo esempio.

Andrea ha aperto il suo mandato con tre significative imprese, un Manifesto di intenti con la dichiarazione, nero su bianco, del programma che si accingeva a realizzare nel triennio (l’azione si sarebbe ripetuta puntualmente ad ogni nuovo mandato); un Forum di discussione tra Presidi e Presidenti per fare il punto sullo stato di applicazione del nuovo ordinamento; la convocazione di tutte le Conferenze permanenti attivate o in via di attivazione.

Nel primo manifesto aveva distinto i progetti del passato da completare o implementare (core curriculum, progress test, site visit, selezione all’accesso, innovazione pedagogica) dai nuovi (AFP, propedeuticità e sbarramenti, distribuzione CFU, integrazione, informazione e comunicazione, medicina del territorio, area linguistica, area diagnostica di laboratorio, valutazione esame di laurea). Per ciascuno di essi aveva compilato la declaratoria e definito i Gruppi di studio. Da sottolineare la sensibilità e l’acume tattico di Andrea: non aveva ignorato quanto di buono compiuto dai suoi predecessori ed iniziato tutto daccapo, ma aveva valorizzato il passato e costruito su di esso. Così, mattone su mattone, l’edificio è cresciuto.

Al Forum sullo stato dell’arte del nuovo ordinamento, erano intervenuti Gabriella Aggazzotti, Pietro Apostoli, Gian Battista Azzena, Massimo Casacchia, Saverio Cinti, Pietro Gallo, Marzia Galli Kienle, Alessandro Rappelli, Gian Luca Vago, Maurizio Vanelli e Luciano Vettore. Il Forum risultò molto utile per individuare i punti critici del rinnovamento che si stava attuando e proporre iniziative comuni e risolutive.

Poi vennero gli stati generali convocati da Andrea con l’obbiettivo di riunire tutte le forze attive responsabili in Italia della formazione universitaria dei medici, degli odontoiatri e dei professionisti della salute ed evidenziare insieme luci ed ombre del percorso formativo, gli aspetti positivi raggiunti e le criticità rilevate. Andrea, Eugenio ed io articolammo l’incontro in due grandi sezioni, dedicate rispettivamente alla formazione ed alla valutazione nelle scienze della salute. Si svolse nella capitale, nell’ aula di Clinica Medica, il 21 novembre 2007; si riunirono, sotto la presidenza di Luigi, le Conferenze permanenti delle Facoltà di Medicina e Chirurgia che all’epoca erano Conferenza dei Presidi, dei CLM in Medicina e Chirurgia, in Odontoiatria e PD, delle Classi di laurea delle Professioni sanitarie. Parteciparono Giuliano Pizzini e Paolo Parisi per le Scienze motorie, Ranieri Cancedda per le Biotecnologie, in un momento in cui questi due corsi di laurea sembravano legarsi alla Facoltà di Medicina. Per i Presidi svolsero relazioni Eugenio Gaudio e Virgilio F. Ferrario, per i Presidenti di CLM in Medicina Aldo Pinchera e Andrea Lenzi, per Odontoiatria Antonella Polimeni e, per le Professioni sanitarie, Luisa Saiani. Luigi aprì e chiuse il convegno. Fu un grande successo ed alla fine si respirava aria da abbiamo fatto l’Italia, facciamo gli Italiani.

A questi eventi iniziali Andrea aveva fatto seguire una serie di imprese che si dipanarono anno dopo anno senza soluzione di continuità; ne citerò alcune, iniziando dai progetti strategici della Conferenza.

Dopo la seconda edizione del 2005, il core curriculum andò incontro ad un’opera di manutenzione continua guidata da Eugenio Gaudio, cui ha fatto seguito più di recente una completa revisione del documento operata da un nuovo Gruppo di lavoro coordinato da Calogero Caruso, che ha affrontato con grande competenza ed entusiasmo l’impresa. Obbiettivi fondamentali della rilettura di Calogero sono stati, da una parte, quelli di accentuare il carattere professionalizzante del core curriculum – e quindi acquisizione di competenze oltre che di conoscenze – e, dall’altra, inserire in esso, tra le unità didattiche elementari, patologie emergenti o cambiamenti sociali di cui i futuri medici devono avere contezza (ad esempio cure palliative, malattie rare, farmacovigilanza, dipendenze, e-health, vaccinologia, medicina predittiva, medicina di genere, medicine complementari).

Andrea aveva già guidato la prima sperimentazione del Progress Test del 2004-2005 che coinvolse 3.496 studenti di cinque corsi di laurea, mentre la prima diffusa applicazione di questo prezioso metodo di valutazione longitudinale delle conoscenze avvenne sotto la sua guida il 15 novembre 2006, su un modello presentato da Alfred Tenore e Paola Binetti. Da allora il Progress Test, sin dall’inizio coordinato da Alfred Tenore, si è ripetuto puntualmente ogni anno e nella sua ultima edizione, 12 novembre 2014, ha interessato 22.955 studenti di 44 su 45 sedi. Dall’edizione 2011, Stefania Basili condivide con Alfred la preparazione ed organizzazione del test.

Negli anni 2007-2008 si diede avvio, nell’ambito del progetto Site visit ideato da Andrea, alla seconda esperienza del primo ciclo di valutazione tra pari e di autovalutazione che faceva seguito alla fase sperimentale ed alla prima esperienza del primo ciclo degli anni 2004-2005-2006. Questo nuovo progetto, sempre guidato da Andrea, si svolse con la collaborazione di Sabrina Luccarini, Carlo Della Rocca, Roberto Dandi e Claudio Rossetti della LUISS Guido Carli di Roma. Ai risultati della seconda esperienza del primo ciclo di visite è stato dedicato l’intero fascicolo 45 di Medicina e Chirurgia. Seguirà la terza esperienza del primo ciclo, svolta nel 2010-2011, che ha visto sempre la collaborazione con la LUISS (Roberto Dandi), mentre Carlo Della Rocca subentrava ad Andrea nell’ organizzare ed impostare il programma di visite; la prima esperienza del secondo ciclo si è svolta nel 2013-2014, coordinata da Carlo Della Rocca sempre con la regia di Andrea.

Altra iniziativa di grande rilievo è stata l’attivazione di tutto un progetto culturale finalizzato a conferire ai membri della Conferenza una competenza pedagogica essenziale per il loro ruolo docente. Ideatore e promotore di questa proposta è stato Pietro Gallo che, con l’aiuto di validissimi collaboratori, ha costruito delle trilogie, così lui le definisce, nelle quali mini-conferenze (pillole pedagogiche), atelier e forum si susseguono lungo un unico filo conduttore.

C’è una certa sacralità nelle presentazioni di Pietro; come in un rito, all’inizio di ogni relazione, serra gli occhi, china il capo, si concentra qualche secondo, quindi solleva la testa, guarda il cielo e inizia a parlare; voce dapprima flebile, poi sempre più decisa e suadente; c’è tanta passione nelle sue descrizioni che chi lo ascolta si sente preso per mano e guidato negli sterminati, verdi pascoli del sapere.

Uomo di grande fede, di cultura globale, di forti sentimenti, nutre ideali troppo grandi per essere contenuti in un mondo così ristretto.

Di rivista e di sito si parla in altra parte di questo fascicolo. Vorrei ora sottolineare che la rivista, di cui Andrea ha assicurato la sopravvivenza, ha mantenuto alte la qualità dell’informazione e la cura della formazione dei suoi lettori ed ha registrato in questi anni un’ulteriore crescita, con una pubblicazione che da trimestrale si è trasformata in quadrimestrale, l’acquisizione di ISSN e la traduzione in inglese del sommario e dei riassunti. La rivista è ora presente anche nella versione on line, nel sito web della Conferenza, che Stefania Basili ha riattivato dopo la sua prima fase di funzionamento dedicata alla diffusione del core curriculum.

Stefania è un docente affermato, intelligente e determinato, capace di affrontare e risolvere i problemi più complessi, dotato di spiccate capacità organizzative e di attitudine al coordinamento di gruppo. Nella Conferenza, oltre a guidare numerose Commissioni, ricopre l’incarico di vice-presidente delegato ed è Coordinatore del Comitato editoriale di Medicina e Chirurgia; ha inoltre creato, con i suoi collaboratori, il sito web della Conferenza, l’edizione on-line della rivista e l’archivio della stessa. Svolge tutte queste mansioni con passione e competenza ed ha contribuito molto alla crescita della Conferenza.

Il sito, che contiene anche l’archivio di tutti i numeri della rivista, non ha personale proprio, ma si regge sull’opera volontaria di ricercatori del gruppo Lenzi che generosamente hanno fornito, Michele Toscano in testa, idee ed energie per realizzarlo.

Dell’insegnamento a distanza Andrea è stato un pioniere e numerose sono le sperimentazioni portate avanti in questi anni dal suo gruppo. E fu proprio a causa di questa esperienza che la Conferenza ottenne il PRIN 2004 cofinanziato dal MIUR che venne realizzato nelle tre sedi consociate di Ancona, Chieti e Roma La Sapienza. Al di là delle imprese realizzate vi sono state, nei dieci anni della presidenza di Andrea, altre iniziative quasi sempre affidate a Gruppi di lavoro, tanto numerose che è impossibile ricordarle tutte.

Ne cito solo alcune: Studiare medicina in Europa e ricerca scientifica in medicina (Riccardo Zucchi), Simulatore paziente (Antonello Ganau), Innovazione didattica (Antonio Lanzone), Valutazione del docente (Francesco Curcio), Quale formazione per i laureati in medicina? (Giuseppe Realdi e Fausto Grignani), Medicina del territorio (Gabriella Aggazzotti), Medicina di laboratorio (Pier Francesco Marconi), Relazione d’aiuto (Eugenio Torre), Distribuzione CFU (Amos Casti), Feed-back strumento formativo (Oliviero Riggio), Lingua inglese (Gilda Caruso), Peer education (Rosa Valanzano), Percorsi formativi (G.B. Azzena), e-learning (Stefania Basili).

Vorrei invece raccontare come sotto la presidenza di Andrea si svolge una giornata della Conferenza.

Vi sono dei riti nello svolgimento della Conferenza, alcuni d’apertura, altri di chiusura.

Si apre spesso con l’intervento di personalità esterne alla Conferenza, invitate da Andrea per svolgere una lectio d’apertura; è questo uno sguardo sul mondo, una finestra aperta attraverso la quale penetrano idee ed opinioni, realtà e progetti, un aggiornamento ad alto livello sui fermenti culturali in Italia e all’estero. Si è parlato, in queste letture, di problemi sociali: Medicina di Comunità (P. Facchin), Rischio clinico (Gruppo di lavoro del Ministero della Salute), Competenze relazionali degli studenti (E. Moja), Tabagismo (R. Pacifici, P.G. Zuccaro, ISS, M.C. Grassi, P. Falaschi), Medicina di genere (G. Baggio), Inter-professionalità (M.G. De Marinis, Gian Franco Gensini), Responsabilità medica e Consenso informato (N. Callipari). Altri temi trattati sono stati: Nuovi insegnamenti o nuovi obbiettivi di vecchi insegnamenti sollecitati dalla necessità di adeguare la formazione ai bisogni di salute emergenti: Cure palliative (G. Biasco e G.L. Cetto, Esperti del Tavolo tecnico MIUR-Ministero della Salute, M. Pandolfi ); Farmacovigilanza (L. Pani, AIFA, L. Valvo, ISS); Vaccinologia (L. Bia); Malattie rare (M. De Bac); Organizzazione e valutazione didattica: Accesso al CLM ( V. Svelto, A. Castagnaro), Ospedale di insegnamento e ricerca (N. Delli Quadri, G. Deferrari); Etica (L. Arru); Scienza e Pseudoscienza (G. Corbellini, M. Tognetti CAM, F. Macrì FISMS, CAM).

Altri aspetti del dialogo con personalità della cultura esterne alla Conferenza si sono realizzati mediante contributi alla rivista. Ne cito alcuni: Cure primarie, Medicina generale, di famiglia e della comunità, Domenico Berardi e Marcello Salera (Med Chir 2007; 36: 1473-76), Mariangela Becchi e Gabriella Aggazzotti (Med Chir 2008; 42: 1785-89); Etica, Gianfranco Tonnarini e Valentina Gazzaniga (Med Chir 2011; 53: 2363-65), Stefano Semplici (Med Chir 2015; 66: 2969-73).

Sempre in apertura, le Notizie dal fronte, o Hot Topics. In questo spazio il Presidente informa l’uditorio sui più recenti lavori del CUN, del MIUR, di istituzioni culturali, un utile aggiornamento su quello che si muove fuori dalla Conferenza intorno alla formazione medica in Italia. Segue la consegna dell’ultimo numero della rivista, che ha cadenza trimestrale, così come le riunioni della Conferenza.

Se questi sono i riti d’apertura, vi sono quelli di chiusura che comprendono, ad ogni riunione, la relazione dell’Editor, che può essere svolta anche dal Presidente in persona, sullo stato di preparazione del nuovo numero e quella del Segretario, che precisa date e luoghi dei prossimi appuntamenti.

In mezzo, tra riti d’apertura e di chiusura, il core della Conferenza, lo spazio centrale nel quale si succedono i resoconti concernenti le grandi “campagne” della Conferenza stessa, l’opera svolta dai Gruppi di lavoro, l’esito delle sperimentazioni didattiche nelle diverse sedi, le proposte di nuovi modelli applicativi, le novità negli ordinamenti, i problemi quotidiani dell’organizzazione didattica, un lavoro che ha impegnato 46 Gruppi e che ha portato ad una importante produzione di documenti che il lettore interessato potrà ritrovare tra le aree tematiche del terzo capitolo.

Tutto sotto la regia di Andrea, che introduce il tema, lo commenta, e “trova” sempre la sintesi ideale che chiude la discussione.

E questo in concretezza e letizia, sino al suono della “campanella”, quando si chiudono borse e computer e tutti si avviano al sontuoso buffet offerto dal Presidente.

Conclusioni

Dei sei presidenti della Conferenza Luigi è già nel mito, Andrea sta per entrarci e noi restanti non abbiamo dormito sugli allori.

Dei segretari, chi scrive lo è stato per i primi dodici anni, Amos Casti per gli ultimi diciotto. Amos è uomo di grande competenza ed esperienza, culturalmente onesto, sempre affidabile, efficiente, amabile. L’ho avuto segretario per cinque anni, una felicità lavorare con lui.

Molti presidenti di CdL sono divenuti presidi di facoltà o presidenti di scuola, altri magnifici rettori, altri ancora hanno raggiunto nuovi importanti traguardi.

Siamo stati una fucina di uomini, oltre che di idee !

Abbiamo posto l’anima nell’impresa, l’entusiasmo del neofita, la passione dell’amante fedele, tutta la competenza di cui disponevamo; siamo uomini di buona volontà, che hanno operato nell’Istituzione esclusivamente per l’Istituzione.

Non è, come sapete, cosa di poco conto di questi tempi.

Materiali per lo studio del Sistema Sanitario Nazionale

cop_frontcover-500x500In un momento di grande crisi dello Stato sociale, ove la tutela della salute rappresenta il settore che maggiormente incide sulla spesa dei bilanci pubblici, sempre più soggetti a tagli a piani di rientro, è indispensabile per lo studente conoscere e capire i meccanismi su cui si basa l’organizzazione sanitaria della quale aspira in futuro a far parte, allo scopo di poterne analizzare i molteplici processi decisionali che lo riguarderanno.

Il testo che ho il piacere di presentare risponde pienamente a tale esigenza, ed ha in più il pregio di essere stato pensato e redatto precipuamente per soggetti che non hanno una formazione giuridica. La prima parte, sui principi di diritto sanitario, è infatti trattata in modo lineare e basilare, permettendo un migliore apprendimento dei concetti giuridici implicati, grazie anche all’ausilio di un apparato didattico di rinforzo costituito da finestre che spiegano i termini giuridici fondamentali. Si vuole, in tal modo, dotare lo studente di strumenti cognitivi volti all’obiettivo della conoscenza e della capacità di comprensione knowledge and understanding nella terminologia corrente. Gli approfondimenti sul federalismo e i controlli consentono, invece, di analizzare subito problematiche attuali che un sistema sanitario deve fronteggiare. Gli studenti sono così posti, sin dal loro esordio universitario, in condizione di misurarsi con la complessità del reale e di educarsi al pensiero critico (capacità di applicare conoscenza e comprensione – applying knowledge and understanding – nonché autonomia di giudizio – making judgements). Un apposito capitolo è dedicato all’organizzazione della sanità nella Regione Marche. Lo scopo è stato quello di instaurare un’ importante osmosi costruttiva con il tessuto territoriale del quale i discenti andranno a far parte dopo la laurea, prevenendo così lo scollamento con la realtà ed il territorio, spesso oggetto di critiche da parte di osservatori extra-universitari. Un’altra sezione, parimenti stimolante, è dedicata alla giurisprudenza che, grazie allo studio casistico, consente agli studenti di apprendere in modo immediato e sul campo le problematiche giuridiche riguardanti settori delicati come quelli della procreazione medicalmente assistita o della responsabilità amministrativa.

Tali temi permettono di verificare molte delle conoscenze acquisite, osservando come i principi di diritto pubblico e sanitario operino in modo sinergico e forniscano anche, visti i temi coinvolti, le solide basi per una visione etica delle professioni sanitarie.

Infine, il testo è corredato da un apparato di verifica nel quale è inserito il fac-simile della prova finale prevista per i discenti. Questo è particolarmente valido per la scienza giuridica, che non potrà mai privarsi di verificare anche le abilità comunicative (communication skills) degli studenti, elemento sconosciuto per le verifiche nelle scienze esatte.

Il volume si prefigge pertanto l’obiettivo finale di conferire ai discenti capacità di apprendimento (learning skills) tali da renderli in grado , dopo il corso universitario, di poter proseguire in maniera sufficientemente autonoma lo studio delle materie giuridiche.

Concludendo, il testo è ricco di contenuti scientifici, presenta metodologie didattiche molteplici, innovative e d’avanguardia (deduttive, inferenziali, case law, problem solving) ed è stato pensato per i futuri professionisti sanitari che non hanno oggi un bagaglio giuridico alle spalle.

Il personale universitario, docente e non docente, che svolge attività assistenziale. Inquadramento giuridico e questioni applicative

cop.aspx-2Il volume realizzato dal Paolo De Angelis ripercorre e analizza le principali problematiche normative ed interpretative in tema di personale universitario che svolge attività assistenziale. L’autore offre un’analisi cronologica giungendo ad individuare le caratteristiche dell’attuale integrazione tra le diverse funzioni assistenziali ed universitarie.

La trattazione si suddivide in tre parti.

La prima offre allo studioso le basi per la comprensione della casistica e delle tematiche affrontate, disegnando il contesto di riferimento. In tale parte introduttiva, l’autore si sofferma sull’evoluzione dei rapporti tra Istituzioni universitarie e sanitarie, che accompagna l’evoluzione dei soggetti pubblici coinvolti. Viene, così, dedicato spazio al modello gestionale di Azienda ospedaliero-universitaria e agli strumenti di raccordo con le parti del servizio offerto, nella scoperta convinzione che le AOU debbano avere una finalità specifica, ulteriore e distinta dalle Aziende ospedaliere “ordinarie”.

Nella seconda parte l’autore si sofferma sulle peculiarità del rapporto di lavoro dei docenti di materie cliniche che svolgono attività assistenziale, sulle modalità di conferimento di incarichi, sulle possibilità di svolgere attività libero professionale e sui profili di incompatibilità tra le funzioni. L’aspetto più complesso, al riguardo, è certamente quello inerente l’inquadramento giuridico del personale e l’individuazione delle prestazioni lavorative riconducibili alle diverse qualifiche. La gestione del personale necessariamente deve tener conto dell’impegno assistenziale nel definire gli obiettivi didattici e di ricerca, senza che il primo renda impossibile la cura di questi ultimi. Nella terza parte, l’autore analizza gli strumenti di intesa e di accordo tra Università e ospedali, illustrando l’impianto precedente, commentando la disciplina attuale e proponendo soluzioni future.

Il volume realizzato da Paolo De Angelis offre un’analisi complessa, frutto dell’esperienza quotidiana di chi progressivamente è stato chiamato a risolvere problematiche e a fornire chiarimenti su fattispecie spesso di incerta soluzione, per difficoltà attuative in concreto o opacità legislative. Dalla lettura del volume emerge il desiderio dell’autore di proporre terapie e soluzioni, frutto dell’esperienza applicativa e che trovano espressione nelle sue riflessioni conclusive; emerge, in sostanza, una visione ottimistica e propositiva, non solo nell’auspicio di una maggiore chiarezza della normativa futura ma, soprattutto, nella consapevolezza che rilevanti passi in avanti potrebbero anche essere compiuti, a normazione invariata, grazie alla possibile volontà collaborativa delle parti.

In definitiva, il volume rappresenta una rara e felice occasione di riflessione e approfondimento del funzionamento della prestazione sanitaria offerta da personale universitario, frutto dell’esperienza concreta e del confronto con problematiche reali. E gli operatori del settore sanitario, come anche gli studiosi delle aree ad esso trasversali, troveranno nel lavoro di De Angelis un concreto e valido strumento per comprendere le tensioni e le criticità interne ai servizi offerti nelle strutture sanitarie ove insistano attività universitarie.

Eugenio Gaudio, nuovo Rettore dell’Università di Roma La Sapienzan.64, 2014, p.2873

Già alla seconda votazione e con il sessanta per cento dei voti disponibili, Eugenio Gaudio è stato eletto Rettore della Sapienza per il sessennio 2014-2020.

Succede ad una figura carismatica dell’Accademia italiana, quella di Lugi Frati che è stato uno dei principali innovatori della formazione universitaria dei Medici e dei Professionisti della Sanità e che, quale Rettore della Sapienza, nei sei anni appena trascorsi ha promosso la crescita dell’Ateneo ottenendo nel contempo il risanamento del bilancio finanziario.

Eugenio ha tutte le caratteristiche per essere un grande Rettore, e di questo siamo assolutamente convinti, anche se la competizione elettorale ha messo uno di noi, che firmiamo questa nota, in competizione con lui. Fortunatamente l’evoluzione del voto, la saggezza dei due candidati di area medica in competizione e l’amicizia fraterna che prescinde dai momenti contingenti ha portato, dopo la prima votazione, a decisioni condivise, ad evitare scontri diretti e, quindi, a confermare una alleanza che ne è uscita, se possibile, rafforzata a dispetto di tutto e di tutti.

Eugenio possiede un saldo retroterra scientifico ed una grande esperienza didattica ed organizzativa; sia nella nostra Conferenza che unisce i Presidenti dei CLM italiani in Medicina e Chirurgia che nel Comitato editoriale di questa rivista, è stato sempre un protagonista brillante, attivo e concreto.

Ha inoltre alle spalle un lungo coinvolgimento nella gestione accademica; Preside di Medicina per più mandati, prima a l’Aquila e poi in Sapienza, negli ultimi sei anni è stato Presidente della Conferenza permanente dei Presidi e dei Direttori di Scuola di Medicina e Chirurgia. E’ quindi, in questo campo, persona di solida esperienza che, unita alla sua vasta conoscenza di leggi e di ordinamenti, alla sua umanità, farà di lui un Rettore sicuro ed efficace.

Noi di Medicina e Chirurgia formuliamo per lui l’augurio che possa realizzare il programma che si è prefisso e gli confermiamo la nostra amicizia.

Decidere in Terapian.60, 2013, pp.2714

-Cop Misoginia

Decidere in terapia – Dialogo sul Metodo nella Cura di Giacomo Delvecchio e Luciano Vettore Edito da “Liberodiscrivere” della Libreria Internazionale Medico Scientifica Frasconi di Genova, 2013, p. 296 e 24,00

Il libro non ha la forma e lo stile del trattato; al contrario è costruito come un dialogo, un confronto dialettico tra i due autori, che scambiano, condividono e confrontano le loro opinioni su una serie di temi che riguardano il metodo nella cura; si propone di colmare una carenza nella letteratura medico-scientifica, dove sono numerose le trattazioni del metodo nella diagnosi (Poli, Scandellari, Federspil …), ma ha finora trascurato la metodologia della terapia, o meglio la metodologia nella cura, che la comprende, essendo quest’ultima significativamente più ampia del solo ambito delle prescrizioni terapeutiche.

Nei dodici capitoli del libro vengono discussi i connotati di questa metodologia, declinati in molti temi e corroborati da una vasta bibliografia: viene così trattata l’evoluzione storica del concetto e della pratica della cura; vengono considerate le molteplici e differenti tipologie di terapia; è oggetto di discussione ampia e argomentata il quesito se, attualmente, nel processo clinico debba essere prioritario il momento diagnostico o quello terapeutico; un intero capitolo è dedicato alla logica nelle decisioni terapeutiche e un altro alla epistemologia della terapia; il “cuore “ del libro probabilmente si trova nel capitolo più breve, quello dedicato al giudizio clinico, inteso come sintesi tra il momento della diagnosi complessiva dello stato di salute del paziente (spesso con polipatologia) e l’armonizzazione delle conseguenti decisioni terapeutiche, pure molteplici.

I rimanenti capitoli riguardano: la libertà di cura nell’ottica del paziente e in quella del medico; l’educazione terapeutica del paziente e l’educazione alla salute del soggetto sano con fini essenzialmente preventivi; la gestione dell’incertezza nelle scelte terapeutiche; gli errori di terapia; l’etica della cura.

All’interno dei vari capitoli gli autori discutono problemi concettualmente rilevanti come, per esempio, le medicine alternative, il rapporto tra medicina delle evidenze e medicina narrativa, il problema del consenso informato e quello dell’accanimento e dell’abbandono terapeutico; nonché concetti fondamentali come il concetto di salute, di malattia, di guarigione, di cronicità, la prospettiva della “medicina partecipativa” e del “paziente esperto”,  e molti altri. Sarebbe tuttavia troppo lungo scriverne esaurientemente in questa sede, senza contare che ciò toglierebbe al lettore il piacere della scoperta.

Ciò che si può dire è che problemi e concetti non sono trattati in modo sistematico, bensì riconsiderati in capitoli diversi perché con ottiche differenti, ma sempre con un atteggiamento problematico e dialettico; questa apparente ridondanza è giustificata – come dichiarano gli stessi autori – dal fatto che questo libro non ha lo scopo di trasferire conoscenze, bensì quelli di maturare competenze stimolando l’impegno del lettore alla riflessione personale e al pensiero critico, anche grazie al confronto della propria esperienza con ciò che sta leggendo: infatti il suo fine esplicito non è quello di insegnare la terapia delle varie malattie, bensì quello di quello di aiutare l’acquisizione di una “forma mentis” nell’approccio di cura, e quindi di una strategia mentale: cioè di “fornire al lettore – potenziale curante – una guida al ragionamento terapeutico metodologicamente corretto, antropologicamente ed eticamente fondato”.

Nel rispetto di questa scelta, solo nell’ultimo capitolo gli autori si sono concessi una “digressione pratica”, fornendo brevi ma sostanziosi consigli sulla condotta prescrittiva, che sono resi pregnanti grazie proprio alla precedente “educazione metodologica”.

Il testo nella sua complessità è dedicato ai medici in formazione, siano essi studenti in medicina o specializzandi, ma anche ai medici già formati e desiderosi di migliorare la loro performance professionale, e – perché no – pure agli altri professionisti della salute che hanno ruolo nel processo di cura. Per questo auspico l’adozione di questo prezioso volumetto nei corsi di laurea e di specializzazione, come insostituibile strumento di apprendimento attivo e partecipato.

La Scuola bolognese di Domenico Campanacci

Il Prof. Campanacci giunse nell’Università di Bologna – Cattedra di Patologia speciale medica e Metodologia clinica – nell’ottobre del 1953; proveniva dall’Università di Parma e portava con sé alcuni Allievi, tra i quali Ugo Butturini, Bruno Magnani, Giuseppe D’Antuono, Giuseppe Gunella e Mario Passeri.

Era uomo di grande cultura, leggeva di tutto e su tutto amava dissertare; brillantissimo oratore, era capace di stabilire un immediato e solido rapporto con gli uditori; medico di enorme successo, dotato di straordinario carisma, esercitava un grande fascino su Pazienti, Allievi, Studenti; nell’insegnamento distribuiva scienza, ma anche professionalità, umanità e rigore morale.

Era consapevole che la grande espansione della medicina non consentiva ad un solo internista di risolvere tutto l’insieme dei  problemi di salute, per cui la sua prima preoccupazione fu quella di inviare all’estero, uno o due per anno, i propri allievi, che partendo da una solida base internistica, poterono perfezionarsi in un determinato settore.

Nacque così il primo Dipartimento di Medicina interna articolato in Sezioni e da queste si costituirono successivamente i primi Reparti di Medicina Interna specialistica nel Policlinico S. Orsola di Bologna.

Dalla nostra Patologia medica derivarono infatti a Bologna l’Istituto di Cardiologia (Bruno Magnani prima e dopo Angelo Branzi, con la Cardiologia pediatrica di Fernando Picchio), quello di Ematologia (Sante Tura prima e Michele Baccarani dopo), i Reparti ospedalieri a direzione universitaria, Nefrologia (Vittorio Bonomini prima e Sergio Stefoni poi), Pneumologia (Giuseppe Gunella), Angiologia (Sergio Coccheri), Farmacologia clinica (Ettore Ambrosioni). Fuori da Bologna, Clinica medica (Ugo Butturini prima, Mario Passeri dopo) ed Endocrinologia (Angelo Gnudi) a Parma; Clinica Medica, Ematologia ed Immunologia clinica ad Ancona (Giovanni Danieli prima, Armando Gabrielli oggi; Pietro Leoni, Maria Montroni) e numerosi Primari portarono ovunque lo stile del loro Maestro, da Biella (Giorgio Casa) a Lecce (Augusto Melica), passando da Codogno (Giovanni Capretti), Bologna (Daniele Bracchetti, Pier Roberto Dalmonte, Carlo Giro, Mario Sanguinetti, Gianangelo Zampa, Pietro Zucchelli). In Romagna furono primari Walter Telò a Cervia, Maurizio Fusaroli e Aleardo Maresta a Ravenna, Enzo Pretolani e Salvatore Pignatari a Forlì, Francesco Pasi a Faenza, Gian Domenico Geminiani a Lugo, Edoardo Spada a Conselice; in Toscana Enrico Pieragnoli (Firenze), Mauro Sasdelli (Arezzo), Antonio Petrella (Prato); nelle Marche Filippo Altilia e Clara Lamieri (Ascoli Piceno), Vittorio Mioli e Luigi Miti (Ancona), Gianni Verlicchi (Loreto); infine a Foggia Alberto Cavalli.

La scuola produsse dell’ottima ricerca ed un Manuale di Patologia medica in cinque volumi – segretario scientifico ed editoriale Bruno Magnani – che almeno per venti anni è stato il principale testo di riferimento in molte Facoltà mediche italiane.

Disegno acquarellato a mano della pittrice Marisa Calisti (www.marisa-calisti.it)