L’insegnamento della Vaccinologia nei CLM in Medicina e Chirurgia. Stato dell’arten.69, 2016, pp. 3122-3126, DOI: 10.4487/medchir2016-69-2

Abstract

Vaccinology is a multidisciplinary science including different biological (microbiology, immunology, epidemiology, etc.) and social subjects (public health, economy, ethics, communication, etc.). Despite the evident and indisputable epidemiological and social-economic impact of vaccination, a small percentage of the population refuses vaccines for themselves and/or their children, for religious, ideological or others reasons. A much ampler percentage approaches vaccination with hesitation and indecision, conditioned by the opinions of experts, but also non-experts of the sector. It deals with different opinions, variegated, often among them conflicting and diffused through the new media (Internet and social media). This is producing a negative effect on the coverage rates of almost all vaccinations. Reduction of coverage is observed also in Italy: according to the data from Ministry of Health, not only the new, but also the traditional vaccinations are suffering an evident decrease. Approaching these issues is among the objectives of the new National Vaccination Plan (PNPV 2016-18) which is now close to the final agreement between Government and Regions. The present situation reinforces the importance of a University teaching in Vaccinology, over the simple learning of the composition and indications of the vaccines, to provide the students with the knowledge and awareness of the value of primary prevention, of the national vaccination programs, objectives and priorities, and of their own role as future medicine doctors.

Articolo

Attualità della Vaccinologia

Nel 2013 la Conferenza Permanente dei Presidenti di CLM in Medicina e Chirurgia prese in considerazione la possibilità di istituire corsi di insegnamento in vaccinologia per studenti al 5°/6° anno del corso di laurea. Data l’eterogeneità degli insegnamenti impartiti appariva infatti opportuno ed importante che in ciascun corso di studi il Presidente, assieme ai docenti più direttamente interessati e sensibilizzati al problema, proponesse un iter formativo all’interno dei core curricula esistenti che soddisfacesse quella che appare una imprescindibile esigenza formativa del medico, a tutt’oggi non sempre soddisfatta (Biasio L.R., L’insegnamento della Vaccinologia  nei CLM in Medicina e Chirurgia,  Medicina e Chirurgia, 59: 2630-2636, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-59-3). Da allora alcuni corsi e seminari sono stati organizzati in varie sedi Universitarie. L’argomento rimane estremamente importante, anche per le recenti evoluzioni riguardanti le vaccinazioni.

La vaccinologia è una vera e propria scienza che esplora ogni aspetto delle vaccinazioni, integrando tutte le questioni che queste pratiche pongono: essa si occupa della metodologia dello sviluppo e dell’impiego dei vaccini, con un approccio multidisciplinare e trasversale che coinvolge materie biologiche (microbiologia, immunologia, epidemiologia, etc.) e sociali (sanità pubblica, economia, etica, comunicazione, etc.). Una tale diversificazione le consente di occupare un posto peculiare in campo scientifico. Infatti il motivo per cui la vaccinologia può considerarsi una scienza a sé, malgrado anche altre discipline si occupino di vaccini, risiede anche nel fatto che l’impiego di questi va al di là della semplice somministrazione ed osservazione della relativa risposta immunitaria, ma coinvolge anche aspetti organizzativi, sociali, economici. La vaccinologia segue tutte le fasi della produzione, autorizzazione e raccomandazione di un vaccino, fino alla sua utilizzazione sul singolo e sulla popolazione, secondo i programmi di vaccinazione raccomandati dalle Autorità.

L’attualità di questa nuova scienza si collega anche al fatto che tra i vaccini di ieri e quelli di oggi esistono marcate differenze, non solo dal punto di vista della ricerca e della produzione, ma anche dal punto di vista economico e sociale. In passato erano disponibili pochi vaccini che venivano prodotti con tecniche semplici ed erano concepiti soprattutto per prevenire i decessi causati dalle gravi malattie infettive; per essere utilizzati non dovevano essere sottoposti a valutazioni farmaco-economiche ed avevano senz’altro un’accettabilità elevata tra la popolazione.

I vaccini di oggi seguono lo sviluppo delle tecniche moderne: sono prodotti di alta tecnologia e sono sempre più numerosi (attualmente le malattie vaccino-prevenibili sono una trentina). Sono concepiti non solo per prevenire il decesso, ma anche per garantire un buono stato di salute della popolazione. Prima di essere impiegati in campagne vaccinali debbono sottostare a raccomandazioni ufficiali da parte delle Autorità preposte e a valutazioni farmaco-economiche. Sono sensibilmente più cari rispetto al passato a causa dei costi elevati della ricerca e delle nuove tecniche di produzione, nonché di quelli legati all’ampio sviluppo farmaceutico e clinico. E’ evidente come i nuovi vaccini sollevino tra la popolazione e i gruppi di opinione molte più discussioni relative alla loro accettabilità, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza d’uso: considerati in passato come inevitabili, data l’importanza e l’universalità dei programmi di immunizzazione, oggi gli eventi indesiderati osservati a seguito di vaccinazione, seppur molto rari, rappresentano qualcosa di non accettabile. Questo è uno dei principali motivi – anche se non l’unico – che è alla base di un fenomeno sempre più diffuso tra la popolazione, definito come “vaccine hesitancy” (traducibile in italiano come “indecisione vaccinale”).

L’indecisione vaccinale: un problema diffuso e importante

A fronte di una percentuale assai esigua della popolazione che rifiuta in maniera assoluta di far vaccinare i propri figli o di essere vaccinata, per motivi religiosi, ideologici od altri ancora, ve ne è una molto più ampia che si avvicina alla vaccinazione con esitazione ed indecisione, condizionata dalle opinioni di esperti del settore, ma anche di non esperti. Si tratta di opinioni diffuse, variegate, spesso tra loro contrastanti e commentate attraverso i moderni mezzi di comunicazione, soprattutto il Web 2.0. Alla fine le vaccinazioni vengono accettate e effettuate dalla grande maggioranza, ma a fronte di diversi dubbi, timori e ritardi e a volte in maniera parziale (alcune vaccinazioni sì, altre no).

Secondo un’indagine condotta pochi anni fa sui determinanti del rifiuto vaccinale nella Regione Veneto (http://prevenzione.ulss20.verona.it/indagine_scelta_vaccinale.html) si è visto come i genitori possano essere identificati come non vaccinatori, oltre che come vaccinatori totali o parziali (cioè rispettivamente quelli che accettano tutti i vaccini proposti dal centro vaccinale o che fanno una scelta dei vaccini da somministrare ai propri figli). Dall’inchiesta è emerso che buona parte dei genitori – anche i vaccinatori totali – mostra davanti all’atto vaccinale ansia e trepidazione, anche se con esiti decisionali diversi. Inoltre, molti – sia tra i non vaccinatori che i vaccinatori – sono attivi nella ricerca di informazioni oltre a quelle ricevute dal pediatra di famiglia e/o dal centro vaccinale dell’Azienda Sanitaria Locale. Infine non c’è differenza nell’atteggiamento dei tre gruppi di genitori indipendentemente dal fatto che il pediatra di famiglia abbia affrontato con loro il tema delle vaccinazioni, come se l’argomento non fosse stato trattato dal medico.

 

Questa osservazione apre una delle questioni oggi più importanti nei rapporti tra operatore sanitario e utenza, quella cioè relativa alle capacità di comunicazione del medico, oltre che alle sue conoscenze ed expertise in campo vaccinale.

Infatti, al di là delle competenze ed attitudini dei medici, l’approccio e le metodologie di comunicazione dei sistemi sanitari andrebbero probabilmente riviste e migliorate: al proposito sono  indicativi i risultati di uno studio condotto in USA (Nyhan B. et al., Pediatrics 2014;133:1–8) che aveva l’obiettivo di testare l’efficacia dei messaggi destinati alla popolazione con l’intenzione di ridurre i dubbi ed aumentare il tasso di accettazione della vaccinazione anti Morbillo-Parotite-Rosolia. Nessuno dei messaggi proposti alla popolazione – dalla dimostrazione della mancanza di causalità vaccinazione/autismo, all’esposizione visiva dei terribili danni che possono essere causati da malattie vaccino-prevenibili – ha portato ad un incremento della volontà dei genitori di vaccinare i propri figli. Tanto che gli Autori concludono che le attuali tecniche di comunicazione sull’accettazione dei vaccini potrebbero essere non efficaci: per alcuni genitori potrebbero addirittura aumentare le percezioni erronee e ridurre l’intenzione di vaccinare. Ulteriori studi sono certamente necessari per meglio comprendere questa preoccupante ed attuale problematica.

Fig.1

Fig. 1 – Percentuali dei genitori (vaccinatori e non) che hanno ricevuto informazioni dal pediatra sul tema delle vaccinazioni – http://prevenzione.ulss20.verona.it/indagine scelta vaccinale.html

Recentemente è stata pubblicata da parte dell’OMS un’ampia review riguardante l’esitazione vaccinale (Editorial, Special Issue on Vaccine Hesitancy, Vaccine 33 (2015): 4155-4156): infatti nonostante la disponibilità di vaccini efficaci e sicuri che hanno mostrato impatto positivo sulla salute mondiale, l’OMS si è dovuta confrontare ripetutamente e in diverse aree geografiche con situazioni di esitazione o rifiuto vaccinale verso la totalità o verso specifici programmi di vaccinazione.

Le cause determinanti questa situazione sono molteplici e possono presentarsi in maniera più o meno evidente nei vari Paesi: sono state riassunte (Fig. 2) in tre principali aree: a) quella della mancanza di fiducia da parte della popolazione verso l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e verso il sistema che li eroga (servizi ed operatori sanitari; decisori politici); b) quella della compiacenza (scarsa percezione dei rischi reali delle malattie prevenibili da vaccino); c) quella della convenienza (relativa cioè all’organizzazione dei programmi vaccinali da parte delle strutture sanitarie, alle difficoltà logistiche e di erogazione, ai costi, etc). Chiaramente queste cause possono sovrapporsi tra loro ed intensificare così gli effetti negativi.

Fig.2_1

L’OMS ha proposto diverse soluzioni rivolte verso ciascuno dei determinanti sopra riportati, per risolvere o almeno migliorare l’esitazione vaccinale, compreso l’impiego delle tecniche di social marketing: è probabile che non una sola, ma un insieme di azioni siano necessarie per affrontare adeguatamente il problema, in funzione delle diverse aree geografiche e delle caratteristiche delle varie popolazioni. Comunque un aspetto rimane importante, cioè quello del ruolo dell’operatore sanitario, in particolare del medico, nel portare adeguate informazioni alla popolazione, sapendo comunicare adeguatamente. E’ riconosciuto dall’OMS stessa che le capacità comunicative oggi debbono essere un pre-requisito per l’introduzione di nuovi vaccini, ma anche per il mantenimento delle coperture vaccinali di quelli già offerti.

Infatti, quanto sopra descritto sta producendo un effetto negativo sulle coperture di un po’ tutte le vaccinazioni, malgrado l’evidente e indiscutibile impatto epidemiologico e socio-economico della pratica vaccinale: va infatti ricordato che, con l’eccezione dell’acqua potabile, nessun’altra innovazione, antibiotici inclusi, ha avuto e tuttora ha un effetto così importante sulla riduzione della mortalità umana. A titolo di esempio: più di 2.5 milioni di morti / anno prevenuti in tutto il mondo; eradicazione del vaiolo (avvenuta nel 1980) che era causa di circa 5 milioni di morti ogni anno; eliminazione della poliomielite in Europa, dichiarata dall’OMS nel giugno 2002 (Plotkin S, Orenstein W, Offit PA. Vaccines, 5th edition, Philadelphia: Saunders, 2008; http://www.who.int/immunization/global_vaccine_action_plan/GVAP_doc_2011_2020/en/index.htm)

La riduzione delle coperture si osserva anche in Italia: secondo i dati raccolti dal Ministero della Salute (Fig. 3), non solo le nuove vaccinazioni stentano a raggiungere livelli di copertura adeguati, ma anche quelle che vengono da tempo raccomandate ed erogate attivamente e gratuitamente stanno subendo un calo evidente, un po’ in tutte le Regioni italiane.

Fig.3_1

Il valore della prevenzione

In Italia la percezione del valore della prevenzione sembra essere più bassa che in altri Paesi: sono state identificate motivazioni storiche e culturali che possono essere alla radice di questa problematica, una risposta alla quale può consistere nella formazione delle nuove generazioni, in ambito scolastico e universitario.

A fronte dell’indubbio e dimostrato beneficio derivante dall’impiego dei vaccini, non vi è un adeguato impiego di risorse finanziarie destinate all’utilizzo degli stessi. Infatti, in Italia, la spesa destinata alla prevenzione in generale è sempre stata inferiore al 5% del totale della spesa sanitaria, teoricamente indicato come il limite minimo accettabile. In termini di percentuale l’Italia si pone di molto al di sotto di altri Paesi europei (http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=SHA) e le prospettive non sono favorevoli. Questo rappresenta una questione politica, oltreché sociale.

Inoltre, emerge nel panorama italiano una diffusa disinformazione o cattiva informazione sia da parte dei cittadini che degli stessi professionisti sanitari riguardo le tematiche vaccinali, che alimenta l’indecisione vaccinale e porta ad un evidente scetticismo nei confronti dell’efficacia e della sicurezza di alcune vaccinazioni e, quindi, ad una sottoutilizzazione. L’atteggiamento di diffidenza si è maggiormente manifestato a seguito di episodi più o meno recenti come la pandemia influenzale H1N1 del 2009, per cui gli operatori sanitari stessi manifestarono una scarsissima adesione alle campagne di vaccinazione e resistenza alla promozione della stessa. Esistono infatti scarso coinvolgimento e partecipazione della classe medica (specialisti, medici e pediatri di famiglia) ai programmi vaccinali, ed anche una scarsa disponibilità ad essere loro stessi vaccinati, quando per alcune vaccinazioni, come quella contro l’influenza, sarebbe importante per motivi organizzativi ed epidemiologici avere elevate coperture tra gli operatori sanitari.

Ma, a parte la pandemia influenzale, altre situazioni ed avvenimenti sono stati mal comunicati, come quelli dei ritiri da parte delle Autorità sanitarie di alcuni lotti di vaccini o alla divulgazione a mezzo stampa di sentenze relative ad indennizzi di presunti danni da vaccino.

Nuovo PNPV e alcune questioni aperte

Il contenimento delle problematiche di cui sopra è tra gli obiettivi del nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2016-18 (http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1955037.pdf) che, approvato lo scorso novembre dalla Conferenza delle Regioni, attende ora il via libera della Conferenza Stato-Regioni per diventare operativo. Rispetto al piano  precedente, relativo al triennio 2012-14 (http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/dettaglioAtto?id=42048&completo=true), il prossimo PNPV, oltre che inserire diverse nuove vaccinazioni in offerta attiva e gratuita sulla base di quanto proposto dal Calendario predisposto dalle Società Scientifiche Italiane (http://www.epiprev.it/materiali/2014/EP6/SITI/5_1_Calendario_vaccinale.pdf), intende curare in particolare il problema della comunicazione e dell’accettazione vaccinale, attraverso l’elaborazione di un piano piano istituzionale di comunicazione sulle vaccinazioni, e quello delle coperture vaccinali, continuando a garantire l’offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni, l’accesso ai servizi e la disponibilità dei vaccini.

Più in dettaglio, gli obiettivi proposti per il PNPV 2016-18 e il nuovo calendario vaccinale sono di seguito elencati:

  1. Mantenere lo stato polio-free;
  2. Raggiungere lo stato morbillo-free e rosolia-free;
  3. Garantire l’offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni nelle fasce d’età e popolazioni a rischio indicate anche attraverso forme di revisione e di miglioramento dell’efficienza dell’approvvigionamento e della logistica del sistema vaccinale aventi come obiettivo il raggiungimento e il mantenimento delle coperture vaccinali;
  4. Aumentare l’adesione consapevole alle vaccinazioni nella popolazione generale anche attraverso la conduzione di campagne di vaccinazione per il consolidamento della copertura vaccinale;
  5. Contrastare le disuguaglianze, promuovendo interventi vaccinali nei gruppi di popolazioni marginalizzati o particolarmente vulnerabili:
  6. Completare l’informatizzazione delle anagrafi vaccinali interoperabili a livello regionale e nazionale tra di loro e con altre basi di dati (malattie infettive, eventi avversi, residente/assistiti);
  7. Migliorare la sorveglianza delle malattie prevenibili con vaccinazione;
  8. Promuovere, nella popolazione generale e nei professionisti sanitari, una cultura delle vaccinazioni coerente con i principi guida del presente Piano, descritti come “10 punti per il futuro delle vaccinazioni in Italia”;
  9. Sostenere, a tutti i livelli, il senso di responsabilità degli operatori sanitari, dipendenti e convenzionati con il SSN, e la piena adesione alle finalità di tutela della salute collettiva che si realizzano attraverso i programmi vaccinali, prevedendo adeguati interventi sanzionatori qualora sia identificato un comportamento di inadempienza;
  10. Attivare un percorso di revisione e standardizzazione dei criteri per l’individuazione del nesso di causalità ai fini del riconoscimento dell’indennizzo, ai sensi della legge 210/1992, per i danneggiati da vaccinazione, coinvolgendo le altre istituzioni competenti;
  11. Favorire, attraverso una collaborazione tra le Istituzioni Nazionali e le Società Scientifiche, la ricerca e l’informazione scientifica indipendente sui vaccini.

Fig.4_1

Anche se tra le vaccinazioni erogate gratuitamente in Italia ve ne sono ancora quattro “obbligatorie” per legge (difterite, tetano, polio, epatite B) – ad eccezione del Veneto che ha sospeso l’obbligo vaccinale nel 2008 –  in realtà tutte le vaccinazioni di cui alla figura 4 sarebbero da raccomandare. La concezione dell’obbligo vaccinale per sole quattro vaccinazioni rimane infatti un’anomalia su cui si poggiano spesso le posizioni dei movimenti anti- vaccinali, alcuni dei quali, va detto, non si esprimono contro la vaccinazione come tale, ma contro le modalità di offerta e di sistema. E’ vero che in Europa e anche in Italia esistono programmi per indennizzare i cittadini che hanno subito danni in seguito a una vaccinazione, ma il sistema sembra migliorabile.

Un’altra criticità de sistema vaccinale italiano è rappresentata dalla scarsa attitudine vaccinale degli adulti e degli anziani, nonché delle categorie a rischio, malgrado siano oggi questi target fondamentali della prevenzione, considerando l’invecchiamento generale della popolazione e la riduzione delle risorse economiche destinate alla spesa sanitaria. L’Italia è al secondo posto per numerosità degli over 65 (20,4% di persone di 65 anni e oltre) alle spalle del Giappone (22,8%) e ben al di sopra della media OCSE che è del 17,3% (http://www.oecd-ilibrary.org/economics/oecd-factbook-2010_factbook-2010-en). Questo aspetto è importante ed evidenzia la priorità per il SSN italiano di fronteggiare la sostenibilità finanziaria di questo fenomeno e considerare la vaccinazione quale utile strumento per il contenimento della spesa.

L’insegnamento della Vaccinologia nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia rimane attuale

Da tutte le considerazioni sopra esposte e dall’’attualità del tema prevenzione primaria/vaccinazioni deriva l’importanza per lo studente del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia di apprendere nozioni che debbono interessare in generale tutti i medici. Alcune della materie dei Corsi di Laurea trattano i vaccini e le vaccinazioni (Igiene e Sanità pubblica, Pediatria, Malattie Infettive, Microbiologia, etc) a cura di diversi Settori Scientifico-disciplinari. Al di là degli insegnamenti specifici – in grado di andare bene in profondità nell’erogazione delle informazioni allo studente, dalle esperienze condotte negli ultimi due anni attraverso l’effettuazione di seminari e lezioni di vaccinologia, è emerso come tali insegnamenti – in quanto sintesi di quanto appreso dalle varie materie, siano risultati interessanti ed utili per gli studenti e come il momento più utile per somministrarli sia il  6° anno, in prossimità del conseguimento del titolo di studio e dell’avvio alla professione medica, al fine di facilitare la comprensione del proprio ruolo nel complesso ambito della prevenzione primaria.

Cita questo articolo

Biasio, L. R.,  L’insegnamento della Vaccinologia nei CLM in Medicina e Chirurgia. Stato dell’arte, Medicina e Chirurgia, 69: 3122-3126, 2016. DOI:10.4487/medchir2016-69-2

L’insegnamento della Vaccinologia nei CLM in Medicina e Chirurgian.59, 2013, pp.2630-2636, DOI: 10.4487/medchir2013-59-3

Abstract

Vaccinology is the science of vaccine development: it represents a multidisciplinary science including different subjects, biological (microbiology, immunology, epidemiology, etc.) and social (public health, economy, ethics, etc.). Differences exist between “old” and  “new” vaccines, not only regarding their development and production, but also perception and acceptance. Vaccines are different from drugs not only because they are biological products aimed at disease prevention in healthy people, but also because they are public health tools, bringing benefits to the individual but also the entire population from the epidemiological and economic point of view. With the exception of drinkable water, no other innovation, including antibiotics, has had such an important effect on the reduction of the human mortality. In Italy the vaccines considered as a priority are included into a national childhood immunization schedule, being offered actively and free-of charge. Heterogeneity concerning coverage rates between age classes exists. The role of health care professionals (specialists, family physicians and pediatricians) is essential to support vaccination programs. It is important to consider an University teaching in vaccinology, over the simple learning of the composition and indications of the vaccines, to provide the students with the knowledge and awareness of the value of primary prevention, of the national vaccination programs, objectives and priorities, the characteristics of the vaccination system, and of his/her own role as future medicine doctor.

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Cos’è la Vaccinologia

Il termine vaccinologia fu creato nel 1977 da Jonas Salk (1914-1995), l’inventore del vaccino antipoliomielitico inattivato e esperto conoscitore di quelle tecniche che dalla metà del secolo scorso portarono profonda innovazione in ambito di ricerca e produzione dei vaccini.

Questo neologismo si diffuse rapidamente e la vaccinologia divenne una vera e propria scienza che, superando definitivamente gli empirismi del passato, esplora oggi metodicamente ogni aspetto della vaccinazione, integrando tutte le questioni che essa pone. Mentre la vaccinazione, termine che risale all’epoca del vaccino anti-vaioloso di Edward Jenner (1749-1823), è definita come l’introduzione nell’organismo di sostanze atte a provocare una reazione di difesa specifica, la vaccinologia si occupa della metodologia dello sviluppo e dell’impiego dei vaccini: rappresenta una scienza multidisciplinare che vede coinvolte numerose materie biologiche (microbiologia, immunologia, epidemiologia, etc.) e sociali (sanità pubblica, economia, etica, etc.). Una tale diversità le consente di occupare un posto peculiare in campo scientifico. Il motivo per cui la vaccinologia può considerarsi una scienza a sé, malgrado anche altre discipline si occupino di vaccini e argomenti collegati, risiede anche nel fatto che l’impiego dei vaccini va al di là della semplice somministrazione e relativa risposta immunitaria, ma coinvolge appunto anche aspetti organizzativi, sociali, economici. La vaccinologia segue tutte le fasi della produzione, autorizzazione e raccomandazione di un vaccino, fino alla sua utilizzazione sul singolo e sulla popolazione, secondo i programmi di vaccinazione definiti dalle Autorità sanitarie.

Tra i vaccini di ieri e quelli di oggi esistono marcate differenze, non solo dal punto di vista dello sviluppo e della produzione, ma anche dal punto di vista economico e sociale.

In passato erano disponibili pochi vaccini che venivano prodotti con tecniche semplici: venivano concepiti soprattutto per prevenire i decessi causati dalle gravi malattie infettive; per essere utilizzati non dovevano essere sottoposti a valutazioni economiche (anche perché il loro costo di produzione era basso); avevano un’accettabilità elevata tra la popolazione.

I vaccini di oggi seguono lo sviluppo moderno: sono prodotti di alta tecnologia e sono sempre più numerosi (attualmente le malattie vaccino-prevenibili sono una trentina). Sono concepiti non solo per prevenire il decesso, ma anche per garantire un buono stato di salute della popolazione. Prima di essere impiegati in campagne vaccinali debbono sottostare a raccomandazioni ufficiali da parte delle Autorità preposte e a valutazioni economiche (come l’Health Technology Assessment – HTA). Sono sensibilmente più cari rispetto al passato: ciò è dovuto ai costi elevati delle nuove tecniche di ricerca e produzione e soprattutto dello sviluppo farmaceutico e clinico. I nuovi vaccini sollevano tra la popolazione e i gruppi di opinione molte più discussioni relative all’accettabilità, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza d’uso: considerati in passato come inevitabili, data l’importanza e l’universalità dei programmi di immunizzazione, gli eventi indesiderati a seguito di vaccinazione, seppur molto rari, rappresentano oggi qualcosa di non accettabile.

Caratteristiche e storia dei vaccini

Al di là delle varie classificazioni (vaccini batterici e virali, attenuati e inattivati, interi e purificati, etc.), le caratteristiche di questi prodotti sono comunque peculiari, collocandosi tra gli strumenti di prevenzione primaria, focalizzata sull’adozione di interventi e comportamenti in grado di evitare o ridurre l’insorgenza e lo sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole.

I vaccini sono prodotti biologici: in quanto tali la loro produzione risente di variabilità (ciascun lotto di produzione deve essere controllato dal produttore e dalle Autorità prima di essere “rilasciato” e utilizzato): i cicli di produzione e di controllo di un lotto di vaccino sono molto lunghi. La produzione di vaccini necessita di un’”expertise” specifica ed elevata (vi sono molti pochi produttori al mondo).

Inoltre essi vengono somministrati a soggetti sani: i dati di efficacia e di sicurezza pre- e post-registrativi sono perciò essenziali, al fine di dimostrare sempre, nel corso della vita del prodotto e del suo impiego nei programmi vaccinali, un adeguato rapporto beneficio/rischio.

Infine, sono uno strumento di Sanità pubblica: portano un beneficio individuale, proteggendo il singolo soggetto, ma anche alla popolazione tutta, fornendo un beneficio epidemiologico ed economico: per questo i nuovi vaccini, oltre alla registrazione, sono soggetti a raccomandazioni d’uso che in Italia vengono emanate attraverso documenti di intesa Stato-Regioni, come il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale che prevede quali vaccinazioni erogare alla popolazione, in regime di gratuità, come sarà illustrato più avanti.

Fig. 1 – Rappresentazione schematica della produzione dei vaccini.

Come detto, i vaccini di oggi sono prodotti altamente tecnologici: dopo il vaccino anti-vaioloso (Jenner, 1798) e quello anti-rabbico (Pasteur, 1885), il loro sviluppo si è giovato dall’inizio del Novecento della conoscenza dell’immunologia, in particolare dell’acquisizione di cognizioni di Immunità cellulare (Élie Metchnikoff, 1845-1916) e Immunità attiva e passiva (Paul Erhlich, 1854-1915). I primi immunologi evidenziarono come il sistema immunitario abbia il compito di controllare gli agenti patogeni presenti nell’ambiente e all’interno dell’organismo. Prima di questo la vaccinazione si era basata sull’empirismo e poi sulle intuizioni di Jenner e Pasteur.

La messa a punto delle colture cellulari, a partire dagli anni cinquanta, permise la produzione di vaccini virali su larga scala. Successivamente, dopo le scoperte sul DNA e la fabbricazione di proteine, la produzione di vaccini ha attraversato una fase di ricerca molecolare.

Ciò ha portato a una migliore conoscenza della risposta immunitaria indotta dall’esposizione di un antigene al sistema immunitario. A differenza dei vaccini storici, costituiti o dal batterio intero, inattivato od attenuato (come il BCG), o da estratti grezzi (come le tossine del tetano o della difterite), quelli ‘molecolari’ sono vaccini per i quali si conosce e si utilizza con precisione la parte del microorganismo che immunizza. Il primo di questi vaccini fu, quello contro l’epatite B, prodotto nel 1984 mediante la tecnica del DNA-ricombinante. Questi vaccini rispondono all’esigenza di elevata purezza chimica e maggiore sicurezza, garantendo al tempo stesso una risposta immunitaria altamente specifica e di conseguenza un’efficacia elevata. Altre tecniche di produzione, ancora più moderne, sono già praticate (riassortimento genetico, coniugazione degli antigeni polisaccaridici, vaccinologia inversa, etc.). Inoltre, lo sviluppo dei vaccini cosiddetti combinati, ha permesso una riduzione dei tempi e una semplificazione dei calendari di vaccinazione.

Nel corso del secolo la vaccinazione ha molto contribuito al declino delle malattie infettive, svolgendo un ruolo diverso a seconda della malattia. In alcuni casi, essa è stata l’unico strumento di lotta, come è avvenuto con il vaiolo. L’eradicazionedi questa malattia – dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS – WHO) nel 1980 – ha rafforzato la fiducia nella vaccinazione quale efficace mezzo per il controllo di gravi malattie infettive endemiche od epidemiche.

Altri vaccini, come quello contro il tetano (1921), hanno ugualmente fortemente contribuito al declino di gravissime patologie. Risulta più difficile valutare il ruolo svolto dalla terapia antibiotica e dalla vaccinazione nel controllo della difterite.

Per quanto riguarda il vaccino antipolio, dopo aver eliminato la poliomielite dall’Europa, l’obiettivo è ora quello di poterla eradicare entro il 2020 in tutto il mondo, associando nelle aree ancora endemiche al vaccino attenuato (creato da Sabin nel 1956), oltre a quello inattivato (realizzato da Salk nel 1954).

Comunque sia e in un quadro generale, con l’eccezione dell’acqua potabile, nessun’altra innovazione, antibiotici inclusi, ha avuto e tuttora ha un effetto così importante sulla riduzione della mortalità umana1, vale a dire:

– più di 2.5 milioni di morti / anno prevenuti2

– eradicazione del vaiolo, avvenuta nel 1980:  era causa di circa 5 milioni di morti ogni anno nel mondo3

– eliminazione della poliomielite in Europa, dichiarata dall’OMS nel giugno 2002: oggi la polio è rimasta endemica solo in 3 Paesi4.

Fig. 2 – Casi di polio nel mondo nel 2013 (4).

Il valore della prevenzione e il sistema vaccinale italiano

Il valore della prevenzione sembra essere scarsamente percepito in Italia, comunque meno che in altri Paesi: sono state identificate motivazioni storiche e culturali che possono essere alla radice di questa problematica, una risposta alla quale può consistere nella formazione delle nuove generazioni, in ambito scolastico e universitario.

A fronte dell’indubbio e dimostrato beneficio derivante dall’impiego dei vaccini, non vi è un adeguato impiego di risorse finanziarie destinate all’utilizzo degli stessi. Infatti, in Italia, la spesa sanitaria destinata alla prevenzione in generale, ed ai vaccini in particolare, è sempre stata inferiore al 5% del totale, teoricamente indicato come il limite minimo accettabile. In termini di percentuale di spesa per la prevenzione l’Italia si pone di molto al di sotto di altri Paesi europei5 e le prospettive non sono favorevoli. Questo rappresenta una questione politica, oltreché sociale.

La spesa riferibile a tutti i vaccini, per tutte le età, è attualmente in Italia inferiore a quella del quinto farmaco antibiotico più venduto6. Inoltre, emerge nel panorama italiano una diffusa disinformazione sia da parte dei cittadini che degli stessi professionisti sanitari riguardo le tematiche vaccinali, che porta ad un evidente scetticismo nei confronti dell’efficacia e della sicurezza di alcune vaccinazioni e, quindi, ad una sottoutilizzazione. L’atteggiamento di diffidenza si sta ancora maggiormente manifestando a seguito alla recente pandemia influenzale per cui gli operatori sanitari stessi hanno manifestato una scarsissima adesione alle campagne di vaccinazione e resistenza alla promozione delle stesse6.

Esistono infatti scarso coinvolgimento e partecipazione della classe medica (specialisti, medici e pediatri di famiglia) ai programmi vaccinali, ed anche una scarsa disponibilità ad essere loro stessi vaccinati, mentre per alcune vaccinazioni, come quella contro l’influenza, sarebbe importante per motivi organizzativi ed epidemiologici avere elevate coperture tra gli operatori sanitari.

Questa situazione è probabilmente accresciuta da aspetti di sistema e logistici. I vari Paesi si sono dotati di sistemi di vaccinazione diversi: alcuni sono pubblici, altri privati, altri basati sul rimborso assicurativo. Quello italiano è un sistema pubblico, abbastanza uniforme sul territorio – pur se con marcate differenze tra Regione e Regione – senz’altro più efficiente per le vaccinazioni dell’infanzia e adolescenza, dove si osservano buone coperture vaccinali, che per quelle dell’adulto, dell’anziano e delle categorie a rischio. I livelli di copertura assicurati nelle diverse realtà geografiche sono eterogenei e non tutti gli obiettivi di controllo delle malattie prevenibili vengono raggiunti7.

La riforma del Titolo V della Costituzione (2001), ha modificato l’assetto dei rapporti istituzionali tra Stato e Regioni, introducendo un quadro di devoluzione delle competenze e delle responsabilità in materia sanitaria: le Regioni hanno assunto la responsabilità, pressoché esclusiva, dell’organizzazione e gestione del servizio sanitario, mentre lo Stato ha la responsabilità di stabilire quali sono le prestazioni sanitarie “essenziali” (LEA) che tutte le Regioni devono offrire ai cittadini, ovunque residenti.

Le modalità di introduzione dei nuovi vaccini (Tab. 1) sono critiche, non tanto in termini di registrazione (che, come per tutte le specialità medicinali, è a cura dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) e di quella italiana (AIFA), quanto di raccomandazioni d’uso e rimborsabilità, che hanno spesso latenza lunga, essendo definite con atti unici dalla Conferenza Stato-Regioni (vedi il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale – PNPV – del 2012)7: attraverso questi accordi, in base al diritto garantito a tutti i cittadini del Paese alla prevenzione di malattie per le quali esistono vaccini efficaci e sicuri, ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione, vengono definiti i vaccini erogati gratuitamente nei distretti vaccinali delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e il relativo calendario vaccinale: si tratta vaccinazioni dell’infanzia, e di quella anti-influenzale per le categorie a rischio (vedi Tab. 2).

Queste vaccinazioni sono appunto incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ed offerte attivamente in tutto il Paese. Forse anche per questo, nell’accezione comune della popolazione italiana vaccino “raccomandato” equivale a vaccino “gratuito”. La crescente disponibilità di nuove tecnologie vaccinali, pone la necessità di operare delle scelte al fine di razionalizzare l’impiego delle risorse disponibili e massimizzare i risultati in termini di salute, dando priorità a un nuovo vaccino piuttosto che ad un altro. Perciò alcuni vaccini seppur innovativi spesso non sono utilizzati se non a distanza dalla loro registrazione.

Tab. 2 – Calendario nazionale delle vaccinazioni offerte attivamente a tutta la popolazione (7).

Note:
1) Dopo il compimento dei 7 anni è necessario utilizzare la formulazione con vaccino antidifto-tetanico-pertossico acellulare di tipo adolescenziale-adulto (dTpa).

2) Gli adulti con anamnesi incerta per il ciclo primario di vaccinazione con dT devono iniziare o completare la vaccinazione primaria. Un ciclo primario per adulti è composto da 2 dosi di vaccino contenente tetano e difterite (dT) e una terza dose con vaccino dTpa. Le prime 2 dosi devono essere somministrate a distanza di almeno 4 settimane l’una dall’altra e la terza dose 6-12 mesi dopo la seconda. I successivi richiami devono essere effettuati ogni 10 anni (a partire dal completamento della serie primaria) e almeno una delle dosi booster di vaccino dT dovrebbe essere rimpiazzata da 1 dose di vaccino dTpa.
3) Per i bambini nati da madri positive per HbsAg: somministrare entro le prime 12-24 ore di vita, contemporaneamente alle immunoglobuline specifiche antiepatite B, la prima dose di vaccino anti-HBV; il ciclo andrà completato con una seconda dose a distanza di 4 settimane dalla prima, con una terza dose dopo il compimento della ottava settimana e con la quarta dose in un periodo compreso tra l’undicesimo ed il dodicesimo mese di vita, anche in concomitanza con le altre vaccinazioni.

4) In riferimento ai focolai epidemici in corso, si ritiene opportuno, oltre al recupero dei soggetti suscettibili in questa fascia d’età (catch up) anche una ricerca attiva ed immunizzazione dei soggetti conviventi/contatto, non vaccinati (mop up).
5) Dose singola. La somministrazione a 11-18 anni va considerata nei soggetti non vaccinati nell’infanzia
6) Per il sesso femminile, nel corso del 12° anno di vita, seguendo una scheda a 3 dosi. Vaccino bivalente (contro i genotipi 16 e 18 di HPV): 0, 1 e 6 mesi; vaccino quadrivalente (contro i genotipi 6, 11, 16 e 18 di HPV): 0, 2 e 6 mesi.
7) Nei soggetti anamnesticamente negativi e non precedentemente vaccinati è prevista la somministrazione di due dosi a distanza di un mese l’una dall’altra.

Alcune questioni aperte in Vaccinologia

Innovazione e nuove tecnologie

Riguardano la complessità e i costi dello sviluppo dei vaccini moderni: il costo crescente – seppur giustificato – tende a rendere problematico il loro uso nel Terzo mondo, ma talora anche in altri Paesi. La vaccinologia presenta quindi anche una dimensione etica e politica, oltre a quella sociologica conosciuta da tempo.

Immunogenicità ed efficacia

Se un nuovo vaccino è immunogeno (induce cioè una risposta immunitaria specifica contro un agente patogeno), non è detto che sia anche efficace a lungo termine nel prevenire la malattia causata da questo agente. Gli studi condotti prima della registrazione sono sufficienti per consentire l’uso del vaccino, ma sono poi necessari studi di campo che confermino nel tempo l’efficacia di quel vaccino ed eventualmente decidere dosi di richiamo.

Farmacovigilanza

Esistono ruoli e responsabilità di tutti gli attori (Autorità sanitarie, classe medica, ASL, cittadinanza, produttori) ridefiniti recentemente in una nuova normativa europea8. La vaccinologia, come la medicina nel suo insieme, deve radicarsi in un sistema di prove e dotarsi progressivamente di ingranaggi istituzionali. L’OMS ha creato il Global Advisory Committee on Vaccine Safety, formato da esperti indipendenti e da ditte produttrici di vaccini che valutano i rischi di una vaccinazione e consigliano i governi.

Obbligo vaccinale

Tra le vaccinazioni ad oggi raccomandate in Italia, come da PNPV, ve ne sono ancora quattro “obbligatorie” per legge (difterite, tetano, polio, epatite B), ad eccezione del Veneto che ha sospeso l’obbligo vaccinale nel 2007. Su questa anomalia si poggiano spesso le posizioni dei movimenti anti-vaccinali, alcuni dei quali, va detto, non si esprimono contro la vaccinazione come tale, ma contro le modalità di offerta e di sistema. In Europa e anche in Italia esistono programmi per indennizzare i cittadini che hanno subito danni in seguito a una vaccinazione, ma talora il sistema sembra migliorabile.

Nuovi gruppi target di vaccinazione adulti e anziani.

Le coperture vaccinali nella popolazione giovane italiana sono elevate, anche se migliorabili in alcune aree (adolescenti). Così non è per le coperture vaccinali negli adulti e negli anziani e nelle categorie a rischio, malgrado siano oggi questi target fondamentali della prevenzione, considerando l’invecchiamento generale della popolazione e la riduzione delle risorse economiche destinate alla spesa sanitaria. L’Italia è al secondo posto per numerosità degli over 65 (20,4% di persone di 65 anni e oltre) alle spalle del Giappone (22,8%) e ben al di sopra della media OCSE (17,3%)9. Questo aspetto è importante ed evidenzia la priorità per il SSN italiano (e per tutti i sistemi sanitari dei Paesi occidentali) di fronteggiare la sostenibilità finanziaria di questo fenomeno e considerare la vaccinazione quale utile strumento per il contenimento della spesa10.

Perché un insegnamento di Vaccinologia nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia

Dalle considerazioni sopra descritte emerge l’importanza per lo studente del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia di apprendere nozioni che interessano in generale tutti i medici e nello specifico gli specialisti di alcune discipline come l’Igiene e la Medicina preventiva, la Pediatria, l’Infettivologia, la Microbiologia, la Medicina del lavoro, la Geriatria nonché la Medicina di famiglia.

Oggi alcune materie dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia trattano di vaccini e vaccinazioni (Igiene e Sanità pubblica, Pediatria, Malattie Infettive, Microbiologia, etc) che coinvolgono altrettanti Settori Scientifico-disciplinari (SSD), anche se non sempre le conoscenze e le esperienze dei docenti in vaccinologia consentono gli auspicati approfondimenti.

Da quanto è stato sopra descritto, è evidente come i confini della vaccinologia siano molto ampi, ma ben definibili al tempo stesso e rendono questa nuova scienza degna di insegnamento specifico universitario o post-universitario. In particolare un insegnamento in vaccinologia – ovvero una serie di moduli coordinati all’interno di corsi integrati – sembra utile perché i laureandi e i giovani medici acquisiscano per tempo competenze adeguate non solo biologiche, ma anche sociali, in ambito di prevenzione primaria e di vaccinazione, come:

– Il valore delle prevenzione vaccinale, in termini epidemiologici, economici e sociali;

– le caratteristiche dei vaccini, dal punto di vista della ricerca e produzione, ma anche quale strumento di sanità pubblica e individuale, e il razionale del loro impiego;

– le caratteristiche del sistema vaccinale italiano e le problematiche connesse (accesso alla vaccinazione, coperture vaccinali, priorità, etc.);

– il ruolo dei medici e degli operatori sanitari in ambito vaccinale (verso se stessi, oltreché verso il sistema e la popolazione)

Data l’eterogeneità degli insegnamenti impartiti nei diversi corsi di Laurea appare opportuno che in ciascun corso di studi il Presidente, assieme ai docenti più direttamente interessati e sensibilizzati al problema, studi un iter formativo all’interno dei core curricula esistenti per la formazione del futuro medico che soddisfi quella che appare una imprescindibile esigenza formativa a tutt’oggi non sempre soddisfatta.

Bibliografia

1) Plotkin SL, Plotkin SA. “A short history of vaccination,” In: Plotkin S, Orenstein W, Offit PA. Vaccines, 5th edition, Philadelphia: Saunders, 2008

2) WHO – Global Vaccine Action Plan 2011 – 2020 – accessed June 2013 http://www.who.int/immunization/global_vaccine_action_plan/GVAP_doc_2011_2020/en/index.html

3) WHO, September 2005: Cases of vaccine-preventable diseases in the WHO European region http://www.euro.who.int/document/mediacentre/fs0705e.pdf

4) WHO – The Global Polio Eradication Initiative – accessed June 2013 http://www.polioeradication.org/Infectedcountries.aspx

5) OECD StatExtracts – accessed June 2013
http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=SHA

6) Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane – – accessed June 2013
http://www.osservasalute.it/index.php/aisv/contesto

7) Ministero della Salute – Piano nazionale prevenzione vaccinale 2012-2014 – – accessed June 2013
http://www.trovanorme.salute.gov.it/dettaglioAtto?id=42048&completo=true

8) Aifa La nuova legislazione di farmacovigilanza – accessed June 2013
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/la-nuova-legislazione-di-farmacovigilanza

9) OECD Factbook 2010 – accessed June 2013
http://www.oecd-ilibrary.org/economics/oecd-factbook-2010_factbook-2010-en

10)  Ehreth J. The global value of vaccination. Vaccine 2003; 21: 596-600.

11)  Testo di consultazione:  enciclopedia italiana Treccani – Storia della Scienza (2012) – Scienze biologiche e la medicina: La genesi della vaccinologia – AM Moulin

Cita questo articolo

Biasio L.R., L’insegnamento della Vaccinologia  nei CLM in Medicina e Chirurgia, Medicina e Chirurgia, 59: 2630-2636, 2013. DOI:  10.4487/medchir2013-59-3